audizione 14.2.2017 Contributo scritto

Senato della Repubblica
2 Commissione (Giustizia)
A
Audizione nell'ambito dell'esame dei disegni di legge n. 1628 e
connessi (disposizioni sul cognome dei figli)
Andrea Sassi - Stefania Stefanelli
Corte Cost. n. 208/2016 ha perentoriamente definito «indifferibile» l’intervento
legislativo in discussione, in quanto «destinato a disciplinare organicamente la
materia, secondo criteri finalmente consoni al principio di parità», incidendo
sulla residua applicabilità, «in assenza dell’accordo dei genitori», della
«generale previsione dell’attribuzione del cognome paterno».
La dichiarata incostituzionalità, infatti, non poteva che limitarsi all’oggetto del
giudizio a quo, ossia alla norma di sistema che «non consente ai coniugi, di
comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il
cognome materno», ed a quelle che dettano disposizioni identiche per il
riconoscimento di figlio non matrimoniale (art. 262, co. 1 c.c.) e per l’adozione
compiuta da entrambi i coniugi (art. 299, co. 3 c.c., che si applica anche
all’adozione parentale di minori ex art. 27 l. n. 184/ 1983, e all’adozione
genitoriale di minori in ragione del richiamo espresso nell’art. 55 l. adozione
cit.).
Con Circolare n. 1 del 19 gennaio 2017 il Ministero dell’Interno ha impartito
istruzioni agli organi dell’amministrazione, necessarie a garantire l’immediata
applicazione della citata pronuncia, stabilendo che «l’ufficiale dello stato civile
dovrà accogliere la richiesta dei genitori che, di comune accordo, intendano
attribuire il doppio cognome, paterno e materno, al momento della nascita o
dell’adozione».
All’esito dell’intervento della Consulta residua e reclama tutela dal legislatore
ordinario
una
pluralità
di
condizioni
soggettive,
nelle quali
la regola
dell’attribuzione automatica del solo cognome paterno realizza il medesimo
vulnus ai diritti fondamentali all’identità personale del figlio (art. 2 Cost.), ed
all’eguaglianza giuridica dei genitori (art. 3 Cost.), alcune delle quali già insorte
in sede applicativa della predetta Circolare e segnalate dall’Associazione
Nazionale degli Ufficiali di Stato Civile e di Anagrafe (ANUSCA):
a) difetto di accordo
b) accordo sull’attribuzione del solo cognome materno
c) ordine dei cognomi materno e paterno
d) cognome/i delle generazioni successive
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e) accertamento della filiazione in epoca successiva
f) cognome/i di più figli dei medesimi genitori
g) modificazione o integrazione del cognome originariamente attribuito.
***
Il DdL n. 1628 in discussione disciplina ciascuna delle citate condizioni.
a) Difetto di accordo
Secondo il diritto vigente, allorquando i genitori non raggiungano l’accordo
sull’attribuzione di entrambi i loro cognomi resta ineludibile per il figlio
matrimoniale ed adottivo la norma di sistema sull’attribuzione del cognome
paterno. Per il figlio nato fuori del matrimonio l’attribuzione del cognome
materno consegue esclusivamente alla costituzione dello status nei riguardi
della sola madre, mentre in caso di riconoscimento coevo senza accordo sul
doppio cognome rimane in vigore l’art. 262 c.c., con l’imposizione del cognome
paterno.
DdL n. 1628: (art. 1, istitutivo dell’art. 143 quater c.c., co. 2) in caso di mancato
accordo, dispone che al figlio di genitori coniugati siano attribuiti i cognomi di
entrambi, nell’ordine alfabetico; la stessa regola si applica al figlio non
matrimoniale riconosciuto contemporaneamente dai due genitori (art. 2, che
novella l’art. 262 c.c., co. 1 c.c.), al minorenne adottato con adozione parentale
(art. 3, co 2, che modifica l’art. 27 l. adozione) ed anche a quello adottato con
adozione genitoriale (art. 3, co. 1, che modifica l’art. 299, co. 2, c.c.).
La regola dell’ordine alfabetico consente di garantire l’eguaglianza tra i genitori,
in quanto ne garantisce il pari trattamento senza distinzione di sesso (art. 3
Cost.).
La possibilità di attribuire il cognome materno consente di evidenziare la
comune discendenza in caso di fratelli uterini.
b) Accordo sull’attribuzione del solo cognome materno
DdL n. 1628: in caso di accordo tra i genitori coniugati è possibile attribuire al
figlio matrimoniale il solo cognome della madre (art. 1, istitutivo dell’art. 143
quater c.c., co. 1); la stessa regola si applica ai figli non matrimoniali in caso di
riconoscimento congiunto (art. 2 co. 1 che novella l’art. 262 c.c., co. 1, c.c.) ed
ai figli adottivi parentali (art. 3, co 2, che modifica l’art. 27 l. adozione) e
genitoriali (art. 3, co. 1, con modifica dell’art. 299, co. 2, c.c.).
c) Ordine dei cognomi materno e paterno
DdL n. 1628: l’ordine dei due cognomi dipende dall’accordo tra i genitori
coniugati (art. 1, istitutivo dell’art. 143 quater c.c., co. 1), non coniugati (art.
2 co. 1 che novella l’art. 262 c.c., co. 1 c.c.), e adottivi (art. 3(art. 3, co 2, che
modifica l’art. 27 l. adozione). In mancanza di accordo, si applica in tutti i casi
l’ordine alfabetico.
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d) Cognome/i delle generazioni successive
DdL n. 1628: «Il figlio al quale è stato attribuito il cognome di entrambi i genitori
può trasmetterne al proprio figlio soltanto uno, a sua scelta» (art. 1, istitutivo
dell’art. 143 quater co.4, applicabile anche alla filiazione fuori del matrimonio e
adottiva, in ragione del richiamo contenuto nell’art. 2, che novella l’art. 262,
co. 6, c.c.; nell’art.3, che modifica l’art. 299, co. 1, c,c.; nell’art. 3, co. 2, che
novella l’art. 27 l. adozione richiamando l’art. 143 quater c.c.).
e) Accertamento della filiazione in epoca successiva
Il vigente sistema è retto dal principio di efficacia costitutiva dei titoli dello
status filiationis, nel senso che è necessario il titolo volontario – la dichiarazione
di nascita per la filiazione matrimoniale, il riconoscimento per quella fuori del
matrimonio – o quello giudiziale – le sentenze che accolgono le azioni di cui agli
artt. 239, 240, 269 c.c. – perché sia specificato nei confronti di persone
individuate il diritto fondamentale, di cui all’art. 30 Cost. e art. 24 Carta di
Nizza, di ricevere cura, educazione, istruzione, mantenimento, dai propri
genitori, costituendo quel peculiare vincolo in cui si compendia lo status1.
Nella filiazione matrimoniale, la dichiarazione di nascita effettuata anche da uno
solo dei genitori costituisce al figlio lo status anche nei confronti dell’altro, in
ragione dell’operatività delle finzioni e presunzioni di paternità e matrimonialità
di cui agli artt. 231 e 232 c.c.
Il figlio non matrimoniale acquista invece lo stato unicamente nei confronti del
genitore che effettua il riconoscimento, in epoca successiva alla nascita o al
concepimento, atto di autoresponsabilità che produce effetti nei soli confronti
dell’autore e dei suoi parenti. Di conseguenza, l’accertamento dello stato nei
confronti dell’altro genitore consegue necessariamente al successivo atto di
autoresponsabilità di costui, che riconosca il figlio con l’assenso dell’altro
genitore o autorizzazione del giudice competente, e quello ineludibile del figlio
che abbia compiuto i 14 anni (art. 250, co. 2-4, c.c.), ovvero alla sentenza che
dichiara la maternità o la paternità ai sensi degli artt. 269 ss. c.c. In entrambi
i casi l’accertamento produce effetti costitutivi dello status che retroagiscono
alla nascita.
Cfr. SASSI, Accertamento indiretto di stato e diritti successori nella riforma della
filiazione, in Riv. dir. civ., 2015, I, p. 611 ss.; SASSI-SCAGLIONE-STEFANELLI, La filiazione e
i minori, in Tratt. dir. civ. diretto da Sacco, 4, Le persone e la famiglia, Torino, 2015, p.
11 ss., sull’insegnamento di PALAZZO, La filiazione, in Comm. cod. civ. Cicu, Messineo,
Mengoni, Schelsinger, II ed., Milano, 2013, p. 251 ss. Per C.M. BIANCA, Diritto civile, 2.1,
La famiglia, V ed., Milano, 2014, p. 359 ss. la titolarità sostanziale dei diritti
fondamentale deriva automaticamente dal fatto naturale della procreazione, e tuttavia
secondo ID., op. cit., p. 332, nt. 21 i diritti stessi non sono esercitabili in via giudiziaria
finché il rapporto non sia formalmente accertato.
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In tali fattispecie, il figlio porta il cognome del genitore che per primo l’ha
conosciuto, e tale elemento ha concorso a formare la sua identità nella
proiezione dell’esperienza sociale, per tutto il tempo intercorso tra la nascita e
l’atto di accertamento successivo: per tale ragione la giurisprudenza di merito
di legittimità e costituzionale si è indirizzata alla conservazione del cognome
materno originariamente imposto, ed alla aggiunta di quello del padre nei cui
confronti lo stato si è costituito successivamente, già prima dell’intervento
novellatore attuato con d.lgs. n.154/2013. Il vigente art. 262, commi 3 e 4 c.c.,
dispone, per il caso in cui la filiazione sia originariamente accertata nei confronti
della sola madre e successivamente del padre, che «il figlio può assumere il
cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello
della madre». Nel caso in cui il nato sia stato registrato come figlio di ignoti,
allorquando la filiazione sia successivamente dichiarata o riconosciuta, il
cognome imposto dall’ufficiale di stato civile ai sensi dell’art. 38 D.P.R. n.
396/2000 può conservarsi quando sia divenuto autonomo segno identificativo.
Quando il figlio sia minore, la decisione è assunta dal giudice, dopo averlo
ascoltato se capace di discernimento.
Non è dunque possibile aggiungere il cognome materno al figlio che porti il
cognome paterno, quando la filiazione nei confronti della madre è stata
accertata in un momento successivo al padre.
Si conferma così il privilegio per il cognome paterno che già esprimeva la
formulazione
precedente2,
non
risultando
che
in
caso
di
prioritario
riconoscimento paterno, quello successivo della madre faccia acquistare al figlio
il cognome materno: il secondo comma dell’art. 262 riferisce, infatti, l’aggiunta
del cognome paterno, discutendo dell’accertamento della filiazione nei confronti
del padre, per dichiarazione giudiziale o riconoscimento, successivo al
riconoscimento materno.
DdL n. 1628: quando la filiazione non matrimoniale è riconosciuta o dichiarata
in un momento successivo nei confronti del secondo genitore (art. 2, che
novella l’art. 262 commi 3-4, c.c.) il relativo cognome si aggiunge a quello
originariamente attribuito, del primo genitore, se vi è il consenso dell’altro
genitore e del figlio che abbia compiuto i 14 anni. In difetto, dal silenzio della
norma sembra potersi desumere la conservazione del solo cognome originario.
L’accertamento della
filiazione matrimoniale è
invece,
come descritto,
caratterizzato dall’unitarietà dello status cui consegue l’applicazione della
Evidenziato da Corte Cost., ord. 27-4-2007, n. 145, che non pronunciava l’illegittimità,
al pari di quanto deciso per la filiazione matrimoniale, in ragione del vuoto normativo
che ne sarebbe derivato, e della competenza legislativa nella scelta tra le varie soluzioni
prospettabili.
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disciplina dettata dall’art. 1, che inserisce l’art. 143 quater c.c., sui cui v. supra,
a), b), c).
f) Cognome/i di più figli dei medesimi genitori
DdL n. 1628: i figli degli stessi genitori coniugati (art. 1, che inserisce l’art. 143
quater, co. 3, c.c.), non coniugati (art. 2, che modifica l’art. 262, co. 5, c.c.) o
adottivi parentali (art. 3, che modifica l’art. 27 l. adozione richiamando l’art.
143 quater c.c.) «portano lo stesso cognome attribuito al primo figlio»: viene
in tal guisa garantito il profilo identitario del cognome, sotto l’aspetto
dell’appartenenza al medesimo gruppo familiare, nonché il principio per cui tale
segno identificativo è precostituito fin dalla nascita del primo dei figli della
stessa coppia.
g) Modificazione o integrazione del cognome originariamente attribuito
DdL n. 1628: disciplina la fattispecie in cui al figlio cui sia stato attribuito un
solo cognome, in ragione della sua maggiore o minore età.
Il figlio maggiorenne può aggiungere il cognome dell’altro genitore, nei cui
confronti la filiazione è stata accertata, con dichiarazione resa all’ufficiale di
stato civile, che la autentica e la annota a margine dell’atto di nascita. Non si
applicano le disposizioni dettate dal Reg. di stato civile n. 396/2000 per i
cambiamenti o le modificazioni del cognome, che richiedono l’istanza ed il
decreto di concessione prefettizio, e sono ammantate da una serie di garanzie
di pubblicità a garanzia del diritto di qualsiasi interessato a proporre
opposizione.
In caso di figlio minore di età, cui la novella non sia applicabile perché lo status
si è costituito prima dell’entrata in vigore della legge e del regolamento delegato
da emanarsi entro un anno, ai sensi dell’art. 5, i genitori possono domandare
l’aggiunta del cognome materno di comune accordo, a meno che uno di essi sia
deceduto, e con l’assenso del figlio che abbia compiuto i 14 anni, secondo le
modalità da stabilirsi con il predetto regolamento.
Dall’aggiunta del cognome materno deriva la necessità che il figlio scelga quale
dei due cognomi trasmettere alla generazione successiva, secondo quanto
richiamato supra, sub d).
La scelta di precludere l’applicabilità della descritta procedura semplificata alla
sostituzione del cognome originariamente attribuito appare condivisibile,
trattandosi
di
intervento
su
un
segno
identificativo
della
persona
tendenzialmente consolidatosi quale elemento della sua identità attraverso le
relazioni sociali, rispetto al quale possono affacciarsi esigenze di tutela anche
pubblicistiche, alla cui valutazione è preposta l’autorità amministrativa, secondo
le forme dettate dal Titolo X del D.P.R. n. 396/2000.
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Alcune osservazioni devono essere dedicate al contenuto ed all’attuazione della
delega contenuta nell’art. 5 del DdL 1628 per l’adeguamento del
D.P.R. n.
396/2000 alle disposizioni della legge di riforma.
Necessita ricordare che il sistema di pubblicità immobiliare è regolato su base
personale, ed è dunque fondamentale adeguare l'organizzazione soggettiva dei
registri immobiliari, basata oggi sugli identificativi univoci e supposti costanti
nel tempo, di nome e cognome, ai fini della tutela individuale e sociale della
circolazione, e della sicurezza del traffico immobiliare e del credito ipotecario,
rispetto al mutamento del cognome introdotto dalla riforma, nell'ottica della
tutela individuale della identità personale.
È dunque opportuno prevedere che l’ufficiale di stato civile sia tenuto a dare
adeguata notizia, d'ufficio, al gerente dei registri immobiliari e catastali
dell'avvenuto cambio di cognome del soggetto, ferma rimanendo l'identità
personale dello stesso, e ciò a prescindere dal fatto che il soggetto che chiede
il mutamento di cognome sia già entrato o meno nella banca dati immobiliare
e catastale.
***
Disegni di legge collegati
Sostanzialmente analoghe a quelle descritte appaiono le disposizioni contenute
nel DdL 1227, il quale conserva tuttavia la dizione “figlio naturale”,
incompatibile con l’unificazione degli status filiationis dettata con la riforma del
2012-2013, in attuazione del canone paritario scolpito nell’art. 30 Cost. Il testo
non disciplina inoltre espressamente l’attribuzione del cognome al figlio
adottato con adozione parentale (ma solo all’adottato maggiorenne, e in
ragione del ricordato rinvio, dell’adottato con adozione in casi particolari);
innova, invece, l’art. 237 c.c. in tema di fatti costitutivi del possesso di stato
per adeguarla alla riforma del cognome. La disposizione non necessita di tale
integrazione, essendo caduto ogni riferimento al cognome paterno per
conseguenza della riforma con d.lgs. n. 154/2013.
Il DdL 1230 si estende al cognome della moglie, dettando la possibilità di
aggiungere il cognome maritale e conservarlo durante lo stato vedovile, fino
alle nuove nozze. La disposizione dettata dal vigente art. 143 bis c.c. è
comunque interpretata nel senso che è diritto, e non invece obbligo, della
moglie aggiungere il cognome del marito al proprio (cfr. Cass. del 13 luglio
1961). Nello stesso senso, il Consiglio di Stato nel parere n. 1746/97 del 10
dicembre 1997, ha ritenuto che «ai fini dell'identificazione della persona vale
esclusivamente il cognome da nubile»; secondo la Circolare dei Ministro degli
esteri n. 2 del 6 marzo 1998 sui passaporti a lettura ottica «l'apposizione del
cognome del marito nel passaporto della donna sposata deve intendersi essere
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facoltativa»; analogamente dispongono la L. n. 1064/1955, contenente
«Disposizioni relative alle generalità in estratti, atti e documenti dello Stato
Civile», ed il relativo regolamento di attuazione, adottato con D.P.R. 432/1957.
Il DdL conserva la superata dizione «figlio naturale» e non contiene organica
disciplina di tutte le descritte condizioni.
Il DdL 1226 novella la disciplina del cognome coniugale, prevedendo che ogni
coniuge conservi il proprio; riproduce, per il cognome dei figli nati nel
matrimonio e fuori di esso, regole sostanzialmente coincidenti col DdL 1628
riguardo alle condizioni sub a)-f), nulla disponendo riguardo alle modificazioni
del cognome già attribuito ed all’adeguamento del Reg. di stato civile.
Il DdL 1229 introduce la regola dell’accordo per la filiazione matrimoniale, senza
disciplinare le ulteriori descritte condizioni.
Il DdL 1245 anticipa al momento del matrimonio la scelta del cognome da
attribuire ai figli, che resta suscettibile di modifica fino alla nascita del primo di
essi; in caso di mancato accordo impone la precedenza del cognome paterno,
in violazione del canone costituzionale di eguaglianza.
Il DdL 1383 applica l’ordine alfabetico in caso di difetto di accordo, riproducendo
sostanzialmente i contenuti del DdL 1628, senza tuttavia disciplinare la
condizione sub g).
***
La regola dell’obbligatoria imposizione del cognome paterno appare avere una
dimensione regionale ed isolata, censurata anche dalla Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo3.
Corte EDU, 7-1-2014, Cusan e Fazzo c. Italia, in Famiglia e diritto, 2014, 205, con note
di V. Carbone, La disciplina italiana del cognome dei figli nati dal matrimonio, cit., e di
S. Stefanelli, Illegittimità dell’obbligo del cognome paterno e prospettive di riforma; in
Nuova giur. civ. comm., 2014, I, 515, con nota di S. Winkler, Sull’attribuzione del
cognome paterno in una recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo; in
Dir. famiglia persone, 2014, 537, con nota di M Alcuri, L’attribuzione del cognome
paterno al vaglio della Corte di Strasburgo. Questi i fatti: due coniugi milanesi, in sede
di dichiarazione di nascita domandano l’imposizione del solo cognome materno alla
propria figlia. Ricevuto il rifiuto, la domanda di rettificazione dell'atto di nascita viene
rigettata in primo ed in secondo grado, in applicazione della una norma consuetudinaria,
saldamente radicata nella coscienza sociale, che impone la trasmissione del cognome
paterno ai figli di genitori coniugati. La Corte di Cassazione interessata del gravame
solleva questione di legittimità della disposizione di sistema per contrasto con gli artt. 2,
3 e 39 Cost. in quanto lesiva del diritto all’identità personale e al nome, nonché del
principio di eguaglianza e pari dignità dei genitori, rispetto ai quali ha carattere
gravemente discriminatorio l’inderogabilità del patronimico. Sostanzialmente analoga la
posizione espressa nello stesso anno della giurisprudenza amministrativa, che in sede di
apprezzamento della legittimità del diniego di aggiunta del cognome materno aveva
definito la regola della riconoscibilità dell’individuo attraverso il solo cognome paterno
una «scelta legislativa contingente e modificabile». La Corte Costituzionale, pur
apprezzando la questione alla stregua degli obblighi nascenti dall’adesione alla
Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, e non mancando di censurare la regola quale
retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, che affonda le proprie radici nel
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Il code civil francese, artt. 311-21 e ss., riformato nel 2002 dalla Loi n. 2002304 relative au nom de famille, riconosce ai genitori, in sede di simultanea
dichiarazione di nascita ed indipendentemente dal vincolo di coniugio tra gli
stessi, la facoltà di scelta del cognome da attribuire al figlio, che sia quello del
padre, quello della madre o entrambi, nell’ordine preferito. In difetto di scelta
concorde, si trasmette il cognome del genitore nei cui confronti la filiazione
venga per primo stabilita, anche con accertamento giudiziale, ed il cognome
paterno è attribuito solo nell’accertamento simultaneo. Il doppio cognome, o il
mutamento di quello singolo originariamente attribuito, possono altresì derivare
dalla dichiarazione congiunta successiva all’accertamento del secondo legame
di filiazione, con il consenso necessario del minore che abbia compiuto i tredici
anni. Il cognome prescelto per il primogenito, nato dopo l’1-1-2005, si estende
agli altri figli della coppia, ed identiche regole valgono anche per l’adozione di
minorenni4.
Il BGB tedesco, § 1355 risolve la questione attraverso l’assegnazione ai figli
matrimoniali del cognome coniugale (Ehename) prescelto dai genitori al tempo
del matrimonio, tra quelli delle famiglie di origine, anche eventualmente
aggiunto ad essi. In difetto di scelta, ove la potestà spetto ad entrambi, i
genitori possono assegnare ai figli il cognome paterno o quello materno, con
dichiarazione resa all’Ufficiale di stato civile; mancando l’accordo entro un mese
dalla nascita del figlio, il tribunale della famiglia (Familiengericht) assegna un
termine ad uno dei genitori per la scelta, e nella sua perdurante inerzia il figlio
assume il cognome del costui. L’accordo, da prendersi al momento della nascita,
ed in sua mancanza l’intervento del tribunale, decidono il cognome anche
quando i genitori non sono coniugati (§1616-1618), mentre quando lo status
diritto di famiglia romanistico, e di una tramontata potestà maritale, incompatibile tanto
col principio di parità di cui agli artt. 3 e 30 Cost., quanto con le fonti internazionali
pertinenti, non pronuncia l’incostituzionalità, e rimette alla discrezionalità del legislatore
la scelta tra le differenti opzioni praticabili, ed effettivamente ipotizzate da diversi
progetti di legge sostanzialmente diretti ad eliminare l’obbligatorietà riconoscendo
facoltà di scelta ai genitori o introducendo il doppio cognome cosiddetto pariarcale .
Pur avendo ottenuto l’aggiunta del cognome materno con decreto del Prefetto di Milano,
i ricorrenti non abbandonavano le speranze, e introducevano ricorso presso la Corte di
Strasburgo lamentando il permanere della violazione del proprio diritto di imporre ai figli
il cognome materno, nell’esercizio del diritto al rispetto della vita privata e familiare, di
cui all’art.8 della Convenzione, e in attuazione del divieto di discriminazione di genere,
di cui all’art 14. Non è infatti comunque possibile, in forza della legislazione vigente,
imporre ai figli di genitori coniugati il solo cognome materno, fin dalla nascita, ma solo
aggiungerlo, eventualmente ed all’esito di un procedimento amministrativo
caratterizzato da discrezionalità, a quello, nativo, paterno.
4 Cfr. FORTE, La disciplina del cognome del figlio nato fuori dal matrimonio, in Famiglia e
Diritto, 2013, p.962 ss.; CARBONE, Crisi della famiglia e principio di solidarietà, in
www.comparazionedirittocivile.it; BUSACCA, Status filiationis ed attribuzione del
cognome. Situazione attuale e prospettive di riforma, in Humanities, 2015, 1 ss.; in
termini critici avverso una «uguaglianza ad ogni costo», FURGIUELE, Della recente novella
al Code civil in tema di uguaglianza tra coniugi, in Riv. dir. civ., 1986, 413 ss.
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filiationis è stabilito nei confronti di uno solo dei genitori il figlio riceve il
cognome che porta tale genitore al momento della nascita del figlio (§1617a) 5.
Parzialmente difforme è l’opzione accolta dal codice civile elvetico, artt. 270 e
270a riformati con l. 30 settembre 2011 (in vigore dal primo gennaio 2013) con
la limitazione della scelta del cognome coniugale a quello di uno solo degli sposi
o dei partner dell’unione domestica registrata, cognome che viene trasmesso ai
relativi figli; la scelta può essere modificata entro l’anno dalla nascita del figlio,
in favore del cognome di uno dei genitori. Al cambiamento, conseguente anche
all’applicazione del diritto transitorio, deve consentire il minore dodicenne. La
regola per il figlio di genitori non coniugati è il matronimico, con facoltà di
deroga per accordo tra i genitori nei cui confronti sia stabilita la filiazione, entro
il medesimo termine annuale; il padre a cui spetti esclusivamente l’autorità
parentale ha identica facoltà di scelta.
Il matronimico vige anche in Belgio in difetto di accordo, ovvero qualora non
sia accertata la paternità, e infine allorché il padre sia coniugato con donna
diversa dalla madre, ai sensi dell’art. 335 c.c.
Nel Regno Unito i genitori, investiti della parental responsibility, esercitano la
facoltà di scelta nell’attribuzione, in sede di dichiarazione della nascita ed a
prescindere dall’eventuale loro status coniugale, del cognome paterno, materno
o di entrambi, ovvero anche di un cognome diverso dai propri. Una nuova
registrazione è necessaria in caso di successivo matrimonio dei genitori.
L’adozione o l’accertamento della filiazione producono, con l’accordo dei genitori
ovvero per statuizione giudiziale, la modifica del cognome originario con la
formazione di un nuovo atto di nascita.
L’art. 109 del codigo civil spagnolo, novellato Ley 40/1999, sobre nombre y
appelidos y ordes de los mismo, adotta la regola del doppio cognome dei figli,
derivato dal primo cognome di entrambi i genitori coniugati, nell’ordine deciso
dal loro accordo6. In difetto, è data precedenza al primo cognome paterno, con
facoltà
di
modifica
su
istanza
del
figlio
maggiorenne.
Identica
la
Cfr. G. CATTANEO, Il cognome della moglie e dei figli, in Riv. dir. civ., 1997, I, 691 ss.;
E. JAIME, Cognome e diritto di famiglia nella recente riforma tedesca (con spunti di diritto
comparato), ivi, 1995, I, 73 ss.; ID., Cognome e protezione dell’identità della persona
(con particolare riguardo alla legislazione tedesca e con spunti di diritto internazionale
privato), ivi, 1994, II, 853 ss.; ad una bambina che portava il doppio cognome in forza
della legislazione francese si riferisce il caso deciso da A. Brescia, 2-4-2012.
6 Analoga la disciplina dei Paesi latino americani, compreso il Brasile, rispetto al quale si
legga la vicenda di una bambina, di cittadinanza italiana e brasiliana, alla quale spetta il
doppio cognome paterno e materno, in forza dei principi fondamentali dei due
ordinamenti statali e di quello comunitario secondo T. Lamezia Terme, decr. 25-1-2010,
in Famiglia e diritto, 2010, 1043, con nota di R.M. BOVA, Il cognome del figlio legittimo
con doppia cittadinanza: confronto tra l’ordinamento interno, il diritto sovranazionale e
le legislazioni degli stati europei. Sul mantenimento del doppio cognome attribuito
secondo la legislazione di altro Stato cfr. Cass., 17-7-2013, n. 17462, in Foro it., 2013,
I, c. 2807; Circ. Min. Interno, 18-2-2010, n. 4.
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cognominizzazione dei figli naturali, ove la filiazione sia stabilita nei confronti di
entrambi i genitori, mentre nell’alternativa il figlio assume entrambi i cognomi
del genitore che lo abbia riconosciuto. Analoghe disposizioni regolano
l’attribuzione del cognome del figlio adottato da una coppia o da una persona
singola. La scelta dell’unico cognome da tramandare ai discendenti è rimessa
all’accordo tra i genitori7.
In Portogallo (art. 1875 c.c.) vige analoga disciplina, ma i cognomi possono
essere anche quattro, due da ciascuno ramo genitoriale, i fratelli germani
possono portare cognomi differenti.
L’art. 1505 del codice civile greco accoglie l’opzione del cognome coniugale, da
scegliersi per i coniugi e per i figli tra quelli portati da ciascuno degli sposi o
nell’accostamento degli stessi; in mancanza di accordo prevale il cognome
paterno.
Si rappresenta, in relazione alla prosecuzione dell’esame parlamentare e
l’elaborazione
del
regolamento
delegato,
per
ogni
eventuale
ulteriore
chiarimento ed integrazione, piena disponibilità attuale e futura.
Roma, 14 febbraio 2017
Andrea Sassi
Stefania Stefanelli
G. AUTORINO STANZIONE, Autonomia familiare e attribuzione del cognome: i dubbi in Italia
e le certezze in Europa, in Corriere giur., 2009, p. 500.
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