Indice
La rappresentazione
9
Il rilievo ed il disegno del reperto archeologico di piccole dimensioni
Serafino Casu
23
Modello fotografico e modello grafico
Marisa Lallai
33
Esempi di documentazione grafica digitale
per la restituzione del rilievo
Paola Casu
41
Applicazione di tecniche di rappresentazione architettonica
tradizionale e contemporanee
Sandro Catta, Paola Casu, Paolo Goriani
Il rilievo
55
L'architettura gotica in Sardegna: rilievo ed analisi
degli elementi costruttivi della chiesa di San Pietro in Assemini
Paolo Lallai, Giulio Mostallino
85
Il Palazzo Cugia nel Castello di Cagliari
Marino Dalu, Gianni Montaldo, Luciano Ramon
107
I portali di San Sperate
Vincenzo Bagnolo
121
Bosa e la Planargia. Il sistema dei percorsi
e l'individuazione della forma urbana
Andrea Pirinu
La storia
131
Proporzioni e significati semantici nella composizione
architettonica Piemontese del Settecento in Sardegna
Marcello Schirru
163
Le vicende costruttive della Parrocchiale San Carlo Borromeo di Carloforte
Rita Piras
La costruzione
191
Architecture 2 light
Marco Pittaluga
217
Il Silo Granario del Consorzio Agrario di Cagliari
Gianraffaele Loddo
L’ architettura e la città
243
Parigi e lo spazio pubblico dopo il Parc de la Villette.
Il Parc André Citroën
Cesarina Siddi
275
Gli spazi aperti e il moderno. Due paesaggisti a confronto
Cesarina Siddi
309
Spazio urbano attraverso l’infrastruttura: nuovi assetti relazionali
con il territorio
Vanna Madama
319
Adalberto Libera nel dopoguerra. L’esperienza di Cagliari. Mostra e Convegno
Luca Tuveri
327
Abitare il Barigadu:
laboratorio e convegno sullo sviluppo delle aree interne
Giovanni Battista Cocco
Gianraffaele Loddo
Introduzione
La conversione dei grandi contenitori urbani legati alle
attività produttive attualmente in disuso, o non più
proficuamente sfruttati, rappresenta uno dei temi centrali in vista di un razionale utilizzo delle aree un
tempo di margine ed oggi ormai totalmente inglobate
nei tessuti consolidati.
La programmata dismissione da parte del Consorzio
Agrario Provinciale di Cagliari delle proprie strutture
esistenti nell’area alla confluenza del viale Monastir
con il viale Elmas si configura in tal senso come
un’importante occasione per la rivitalizzazione di una
parte della città particolarmente carente di spazi di
relazione e, allo stesso tempo, ricca di volumetrie di
grande potenzialità funzionale1.
Tra gli episodi esistenti particolarmente significativa è
la presenza del grande Silo Granario che ancora oggi,
benché la struttura non emerga più isolata come in
Il Silo Granario
del Consorzio Agrario di Cagliari
217
Fig. 1. Sezione verticale e pianta del piano terra e di un piano tipo.
Il disegno rappresenta l’unico elaborato rintracciato e collocabile, per grafica e tecnica di rappresentazione,
all’epoca del progetto. In realtà, la sua analisi, ci porta ad alcune considerazioni. La tavola non presenta
alcune indicazioni fondamentali, mancano sia il nome del committente che del progettista, e pare quanto
meno strano che elaborati di un progetto, oggetto peraltro di un complicato iter di finanziamento, non contenessero queste indicazioni.
La tavola non è minimamente quotata e non contiene neppure indicazioni sulla destinazione dei locali. La
sezione non è completata, è addirittura incoerente, dal punto di vista grafico: mancano infatti un piano di
deposito e il piano attico. Le campiture delle parti sezionate non sono corrispondenti alla realtà. In sede
ipotetica si può forse sostenere che ci troviamo di fronte ad un elaborato d’epoca, testimoniato dalla grafica
e dai caratteri delle scritte, facente parte o di un progetto preliminare, poi abbandonato, oppure di una
tavola, non completata, predisposta per altri motivi (forse una pubblicazione?). Il mancato reperimento di
elaborati a questo collegabili e, soprattutto, il fatto che il ritrovamento riguardi non l’originale ma la riproduzione della tavola, ad opera del fotografo Alfredo Ferri di Cagliari, non consente la formulazione di ulteriori ipotesi che sarebbero potute giungere, ad esempio, dall’analisi del supporto.
(Immagine cortesemente offerta dall’arch. Franco Masala)
218
origine, rappresenta dal punto di vista semantico un
elemento di grande impatto e riconoscibilità in quanto
coniuga all’importanza architettonica dell’edificio, realizzato secondo canoni Moderni, la memoria storica
cagliaritana configurando uno degli ultimi atti edificatori realizzati in città nell’imminenza dello scoppio
della seconda guerra mondiale.
La questione agraria durante il Fascismo
La produzione agricola italiana risentiva, al volgere tra
‘800 e ‘900, di gravi carenze infrastrutturali ed organizzative. La fine della prima guerra mondiale e l’ascesa del Fascismo crearono nel settore grandi aspettative di espansione ed il regime dimostrò da subito
grande attenzione nei confronti di questo comparto
produttivo2.
Le misure antiinflazionistiche e miranti ad attenuare il
deficit pubblico e quello commerciale con l’estero portarono all’adozione di una serie di manovre economiche, come l’introduzione di dazi e la limitazione delle
importazioni, tese al miglioramento dei saldi economici. È in questo clima che nel 1925 Mussolini lanciò la
cosiddetta Battaglia del Grano con cui si intendeva
raggiungere la piena autosufficienza cerealicola con la
conseguente minor dipendenza dall’approvvigionamento estero. Nel giro di pochi anni la produzione
passò, mantenendo pressoché invariata la superficie
coltivata, da 51 a circa 80 milioni di quintali annui e le
importazioni si ridussero da 38 a 10 milioni di quintali3.
Nonostante la crisi mondiale del 1929 l’economia
nazionale compì alcuni effimeri progressi sino alla metà
degli anni ‘30 quando l’Italia, prima con la guerra in
Etiopia e poi con quella di Spagna, cominciò a prepararsi alla tragedia della seconda guerra mondiale.
Tra gli eventi che consentirono al regime di proseguire
la sua pesante politica economica4 fondamentali furono le Sanzioni decise nel 1937 dalla Società delle
Nazioni in risposta all’occupazione italiana
dell’Etiopia5. Nella popolazione il contraccolpo psicologico di queste restrizioni fu inaspettato: probabilmente fu una delle poche occasioni in cui lo spirito
nazionale ferito fece compiere, almeno nell’immediatezza, un ulteriore notevole salto qualitativo e quantitativo alla nazione. Gli italiani interpretarono le sanzioni come un sopruso che aveva lo scopo di affamare la
popolazione prima che soffocare l’economia e contrastare il regime6. L’effetto fu esattamente l’opposto di
quello previsto dalla Società delle Nazioni e anzi grazie a queste misure il Fascismo riuscì molto rafforzato
vedendo sempre più consolidato sia il consenso interno sia il rapporto con la Germania nazista. I successi
ottenuti cominciarono inevitabilmente a declinare man
mano che tutto il sistema si avviava verso la guerra: le
misure adottate, orientate proprio in questa direzione,
portarono ben presto la popolazione, specie quella
rurale, ad una situazione di estrema sofferenza se
non ancora di piena indigenza. Decisiva fu in questo
senso la decisione di procedere, alla metà del 1936,
all’ammasso obbligatorio del grano7: questa la ragione per cui negli anni immediatamente precedenti la
seconda guerra mondiale, in varie parti d’Italia, furono costruiti numerosi silos granari destinati proprio
allo stoccaggio dei cereali8.
L’associazionismo agricolo
Le prime forme organizzate di associazione cooperativa di acquisto tra operatori agrari risale al 1882 per
iniziativa del Comizio agrario di Brescia9: nasceva allora, sulla scia delle esperienze francesi, un primo
embrione solidaristico finalizzato, ai suoi esordi,
all’acquisto collettivo dei concimi chimici e, dai primi
anni del ‘900, a quello delle macchine. In questo
periodo l’attività dei Comizi era limitata dunque agli
aspetti tecnici e commerciali tralasciando la più generale difesa degli interessi e la rappresentanza a livello
istituzionale della categoria10. In questo senso fondamentale fu l’opera di coordinamento svolta da
Giovanni Raineri che, eletto parlamentare nel 1904,
divenne qualche tempo dopo presidente della
Federazione dei Consorzi Agrari: in tale duplice veste
si adoperò per la formazione del Comitato agrario parlamentare composto da un gruppo di deputati, oggi
diremmo bipartisan, vicino agli interessi della nuova
agricoltura produttiva ed aperto anche ai tecnici11.
Lentamente si formò così quella borghesia agraria in
cui Renzo De Felice individuò la saldatura tra reazione e movimento fascista avvenuta tra il 1920 e il
1921. Da quel momento in poi la rete dei Consorzi
Agrari divenne, via via in maniera sempre più completa, il braccio tecnico amministrativo con cui il regi-
me indirizzò, e controllò, le politiche e le strategie
agrarie nazionali.
Il Consorzio Agrario di Cagliari
Il quadro dell’economia rurale della Sardegna, e del
meridione d’Italia, tra la fine dell’800 e i primi decenni del ‘900 non era certamente paragonabile a quello
delle regioni del centro nord. La mancanza di capitali
e gli antiquati metodi di coltivazione non consentivano
lo sviluppo di un’agricoltura razionale, rendendo le
condizioni di vita dei braccianti realmente drammatiche.
Questi i presupposti su cui fu fondato nel 1921, ad
opera di Francesco Gessa, il Consorzio Agrario
Cooperativo di Cagliari. Specchio fedele dell’arretrata
mentalità locale i primi anni di attività del Consorzio
furono contraddistinti unicamente da una debolissima
219
Fig. 1bis. Sezione verticale (dettaglio dalla fig.1).
L’analisi del dettaglio permette di mettere in evidenza ulteriori elementi.
Le fondazioni sono rappresentate a plinti contrariamente a quanto descritto in Architettura Italiana dove si parla
di platea generale ad archi rovesci (e non c’è ragione per non ritenere vera quella descrizione sicuramente fornita dal progettista).
Manca tutta la struttura riferita ai piani intermedi di deposito (pilastri, travi e solai): il disegno sembra non esser
stato, in questo senso, completato.
La parete di destra (in corrispondenza del torrino) è a bandiera e la sezione non è conclusa.
Il disegno evidenzia la presenza di una matrice compositiva basata su un doppio reticolato a maglia quadrata e
rettangolare. In corrispondenza della testata est si trova una breve pensilina che non è mai stata realizzata.
Anche queste osservazioni sembrano suffragare l’ipotesi che probabilmente la tavola, sicuramente d’epoca, fa
parte di uno studio preliminare, che si avvicina molto a quello definitivo, che verosimilmente fu predisposta per
una presentazione ma poi, prima del completamento, abbandonata. (Immagine cortesemente offerta dall’arch.
Franco Masala)
220
opera di intermediazione. Le direzioni di Prospero
Simoncini (1923-1929), di Sante Cettolini (19301931) e di Gino Tellini (1931-1936) non riuscirono a
portare al definitivo decollo l’organizzazione. Nel luglio
del 1936 si creò poi una frattura insanabile, relativa
alla inefficiente gestione dell’ammasso del grano, tra
il presidente Francesco Coni ed il direttore Tellini con
conseguenti dimissioni, in sequenza, dei due: venne
nominato un commissario per la straordinaria amministrazione nella figura di Ernesto Corongiu che si
avvalse per alcuni mesi dell’opera, in qualità di direttore, di Licio Serra (1936-1937). La situazione non
migliorò in maniera significativa sino a quando la
Regia Prefettura di Cagliari, il 12 dicembre 1936, non
nominò l’ing. Antonio Salis quale Commissario
Prefettizio con ampi poteri.
Alla figura dell’ing. Salis12, ovviamente strettamente
legata al Partito Nazionale Fascista, si deve una fondamentale opera di impulso e di risanamento orga-
nizzativo, contabile e finanziario dell’Ente: in particolare, ed in linea con le disposizioni del governo centrale, egli si impegnò con grande energia sul fronte
dell’ammasso del grano e della lana. Essendo responsabile unico della gestione del Consorzio le decisioni
del Commissario, che ricopriva il duplice ruolo di presidente e direttore, non dovevano passare al vaglio di
alcun Consiglio di Amministrazione diventando immediatamente esecutive e permettendo così il rapido
consolidamento l’Ente.
Questi in breve gli antefatti, nell’unica regione italiana
che all’epoca non possedeva alcun silo, alla costruzione del contenitore che, in poco tempo, sarebbe
diventato una delle icone Moderne più significative
della città di Cagliari.
Il Silo granario di Cagliari
Le vicende connesse alla realizzazione dell’importante infrastruttura sono indissolubilmente legate alle
figure di Tellini e Salis: il primo come iniziatore il
secondo in veste di propulsore dei lavori.
Il ruolo di Gino Tellini13 è centrale in quanto fu proprio
lui ad avviare l’iter per la costruzione del Silo: diede in
primo luogo incarico alla Ferrobeton di presentare un
progetto di massima con relativo preventivo ma, il 15
maggio 1933, egli stesso lamentava un ristagno dell’operazione imputabile al silenzio da parte dell’impresa nonostante la stessa fosse stata più volte sollecitata in tal senso. L’ubicazione iniziale del Silo era
stata individuata nell’area portuale ma, come comunicato dal presidente Marongiu il 6 agosto 1934, le
autorità centrali trovavano troppo dispendiosa tale
ipotesi e propendevano per una dislocazione più periferica dove il costo per la costruzione non avrebbe
Fig. 2. Vista d’epoca da nord ovest.
L’immagine è relativa al Silo in fase di imminente ultimazione. La pensilina di protezione dell’accesso non risulta infatti ancora completata mentre risultano già posizionate le travi rastremate destinate al
sostegno della stessa pensilina. (Archivio Fotografico del Consorzio Agrario di Cagliari)
Fig. 4. Vista d’epoca da sud est.
L’immagine è presumibilmente contemporanea della fig. 2:
anche in questo caso si nota che i lavori non sono stati ancora
completati (manca infatti la scritta apposta poi sulla parete di
destra). Nella foto è visibile, in contrasto evidente con la modernità della struttura, la lunga sequenza dei carri a trazione animale con cui il grano veniva trasportato dai luoghi di produzione
sino al Silo. (Archivio Fotografico del Consorzio Agrario di
Cagliari)
222
Fig. 3. Vista d’epoca da nord est.
L’immagine è probabilmente riferibile alla fig. 4: anche in questa
foto è visibile la teoria di carri a trazione animale in attesa di scaricare le granaglie. (Archivio Fotografico del Consorzio Agrario di
Cagliari)
Fig. 5. Vista d’epoca da nord ovest.
La foto è simile alla fig. 2 ma eseguita in tempi, anche se prossimi, sicuramente successivi: appare infatti definitivamente completata la pensilina di protezione dell’accesso e apposto il fascio
littorio e la data A XVI. (Archivio Fotografico del Consorzio Agrario
di Cagliari)
dovuto superare le 20 £/q di prodotto insilato e quella per l’acquisto del terreno le 6 £/mq. Si avviarono
così le ricerche per il reperimento del lotto che venne
rapidamente individuato in località Fangario: l’acquisto fu perfezionato il 3 giugno 1935 dai fratelli
Cesare, Albertina, Silvio ed Elvio Scaravaglio e riguardava un’area di 10.435 mq per una cifra di circa
70.000 £14; contestualmente fu affidato l’incarico per
la redazione del relativo progetto.
Nella fase esecutiva della vicenda si distinse invece
l’ing. Salis il quale, grazie a diretti e personali rapporti politici, riuscì a giungere alla veloce definizione di
tutte le pratiche di finanziamento che incomprensibilmente stentavano a concretizzarsi in un interminabile
scambio di corrispondenza. Fu così che egli ottenne in
tempi brevi un mutuo di 475.000 £ al tasso del 6% dal
Consorzio Nazionale per il Credito Agrario di
Miglioramento per la costruzione del Silo granario portando a garanzia del mutuo stesso l’ipoteca sul terreno.
Fig. 6. Vista d’epoca da sud ovest.
La foto è stata probabilmente realizzata insieme alla fig. 5: ma
oltre a riportare la pensilina di protezione dell’accesso mostra
anche l’apposizione della frase mussoliniana e dell’insegna CONSORZIO AGRARIO. Si può inoltre notare come il Silo insistesse su
un’area quasi priva di edifici di un certo rilievo. (Archivio
Fotografico del Consorzio Agrario di Cagliari)
L’incarico per il progetto del Silo era stato affidato, già
nel 1934, all’ing. Alberto Sanjust15 che, nel volgere di
pochi mesi presentò gli elaborati definitivi tanto che il
18 dicembre 1934 il dott. Tellini poteva informare
l’Istituto di Credito Agrario di Sassari di aver in corso,
con il Ministero dell’Agricoltura e Foreste, la pratica
per la costruzione del magazzino di Cagliari avente
una capacità di 52.000 q per una spesa inizialmente
preventivata di 1.299.000 £ e sollecitandone quindi la
copertura con un mutuo cui venne dato un benestare
di massima16. Dopo circa un anno il Consorzio comunicava l’approvazione definitiva del progetto da parte
del Ministero che però imponeva, viste le momentanee
difficoltà di approvvigionamento dei materiali, di attendere esplicite istruzioni prima dell’inizio dei lavori: il via
libera alla costruzione giunse ai primi di febbraio del
1936. L’impegno finanziario consentiva di far fronte,
oltre alle spese di costruzione, anche a quelle relative
all’acquisto del terreno e dei macchinari.
224
Figg. 7-8-9.
Vista d’epoca dei macchinari interni.
La sequenza è relativa al sistema di apparecchiature, fornite dalle officine Reggiane, deputato alla movimentazione interna delle granaglie e localizzate sul lato ovest del fabbricato
(in prossimità delle rampe di collegamento).
I macchinari, alcuni dei quali in legno, sono in
larga parte ancora presenti nell’impianto.
(Archivio Fotografico del Consorzio Agrario di
Cagliari)
La costruzione del Silo di Cagliari fu affidata, attraverso una gara d’appalto cui erano state invitate varie
ditte, all’Impresa dell’ing. Antonio Carcangiu risultata
vincitrice con un’offerta in aumento del 10% sulla base
d’asta maggiorabile del 2% per le spese di registrazione. Il relativo contratto fu stipulato il 6 giugno 1936: i
lavori procedettero, nonostante le preannunciate difficoltà nella fornitura del ferro per le armature, piuttosto
celermente tanto che il 12 settembre 1938 fu affidato
il collaudo dell’opera all’ing. Pietro Asquer che il 7 gennaio 1939 stilò il relativo verbale, mentre il prof.
Passino, Ispettore Compartimentale dell’Agricoltura,
eseguì il collaudo per conto del Ministero
dell’Agricoltura e Foreste chiudendo la contabilità finale delle opere, nel febbraio 1939, a 1.459.727,21 £. In
realtà con questi lavori si era provveduto alla costruzione del solo Silo e alla fornitura dei macchinari ad
esso funzionali: rimanevano da realizzare le paratie
interne di contenimento delle granaglie e tutte le siste-
mazioni esterne (recinzione, accessi e pavimentazioni), alcuni magazzini e la guardiola per il custode. Per
queste opere furono rapidamente predisposti ulteriori
progetti ma l’inizio del conflitto fece slittare la loro esecuzione all’immediato dopoguerra.
L’ammasso del grano era intanto divenuto ormai un
problema non solo per l’Amministrazione del
Consorzio ma anche per l’autorità pubblica tanto che,
nel maggio 1938, il Prefetto di Cagliari aveva sollecitato il Direttore del Consorzio affinché predisponesse i
progetti per la costruzione di un numero sufficiente di
silos nelle località prescelte come centri di raccolta17.
Morfologia dell’edificio
L’edificio è situato al centro del lotto ed è posto, rispetto al suo asse longitudinale, secondo il perfetto orientamento Est – Ovest, direzione secondo cui il terreno
225
Fig. 10. Vista aerea dell’area.
L’immagine risalente agli anni ‘60 riporta, oltre agli impianti del Consorzio, il tessuto
urbano adiacente che non risulta ancora totalmente edificato come avverrà nel volgere di alcuni anni. (Archivio Fotografico del Consorzio Agrario di Cagliari)
ha una leggera pendenza verso occidente: questa
disposizione, unitamente alle aperture sui prospetti
corrispondenti, consente lo sfruttamento ottimale dei
venti predominanti, dai quadranti Nord e Sud, su cui
si aprono i fronti maggiori in modo da garantire la controllata, naturale, continua ed economica ventilazione
degli ambienti interni fondamentale per la corretta
conservazione delle materie prime. Il fabbricato è
composto da un livello interrato per la movimentazione orizzontale delle granaglie in arrivo, un piano terra
libero per le operazioni di carico, 5 piani destinati al
deposito vero e proprio ed un piano attico adibito alla
distribuzione dall’alto per caduta ai piani inferiori.
Sulla testata est, incorporati nel fabbricato, sono presenti 6 contenitori a tutta altezza che possono essere
alimentati dai vari piani e scaricati, per mezzo di botole sul fondo, al piano terra; sul fronte opposto sono
disposti gli elementi di collegamento verticale18. La
pianta del piano terra ha una forma prossima al ret-
tangolo con lati di 42x14 m e altezza di 5.40 m; i livelli destinati al deposito, percorsi lungo il perimetro da
un corridoio di servizio, sono in leggero aggetto per cui
la larghezza è di 17.50 m e l’interpiano di 4.00 m; la
quota di copertura del torrino, massima altezza dell’edificio, è circa 35 m rispetto alla sistemazione del
piazzale. La struttura portante, impostata su fondazioni a platea generale ad archi rovesci, è composta da
un reticolo di 10x4 pilastri quadrati in cemento armato; sui montanti è realizzato il sistema di travi a doppia orditura che forma così l’intradosso a cassettoni
dei solai (eseguiti con solette in cemento); le pareti
sono realizzate con setti in cemento armato in cui è
ancora possibile, nei tratti non intonacati, leggere la
disposizione dei casseri in legno. Le travi disposte in
corrispondenza delle parti in aggetto sono notevolmente rastremate a testimonianza della grande attenzione riposta nel calcolo strutturale e all’ottimizzazione, e quindi al risparmio, dei materiali da costruzione.
Le coperture dell’edificio sono a terrazza ad eccezione
delle zone sovrastanti i sei elementi verticali di deposito coperte con due falde inclinate.
Il linguaggio utilizzato per la composizione del progetto fa chiaro riferimento al razionalismo italiano con un
limitato vocabolario geometrico e materico.
Schematicamente l’edificio è ottenuto dall’incastro tra
una sottile lama su cui è innestato un più largo volume parallelepipedo con i due spigoli anteriori curvilinei. Le diverse funzioni sono leggibili nell’articolazione
degli elementi: il volume a spigoli arrotondanti è destinato al deposito del materiale, la parte della lama che
pare supportare l’incastro ospita invece le zone di
movimentazione dei prodotti e degli addetti. L’ultimo
livello, in arretramento, contiene i nastri per il trasporto delle sementi. Dal punto di vista geometrico la composizione dei prospetti, nei campi e nelle bucature, è
ottenuta dalla combinazione di quadrati, cerchi e rettangoli: anche i semplici infissi di ferro, con pannelli
227
Fig. 11. Vista attuale da nord ovest.
La foto, confrontata con le fig. 2 e 4, consente di rilevare la
sostanziale conservazione della struttura rispetto all’epoca della
sua costruzione. L’unica modifica, in primo piano, è rappresentata dall’inserimento del volume per l’abbattimento delle polveri
realizzato in prossimità della zona di scarico delle granaglie.
(Foto dell’autore)
Fig. 12. Vista attuale del fronte est.
Il prospetto, contrariamente agli altri tre, è caratterizzato dalla
presenza di tre sole aperture al piano terra: due finestre ed una
serranda. L’effetto di volume pieno di tutta questa testata è dovuta al fatto che essa in realtà racchiude i 6 depositi verticali con
scarico dal fondo. (Foto dell’autore)
228
vetrati o a maglie ad aria passante, esaltano l’elementare e non banale scansione delle aperture. I
materiali di finitura esterni sono due: intonaco di graniglia per i grandi campi e mattoni faccia vista ad
accentuare, con un effetto chiaroscurale, la sequenza
di bucature ai piani di deposito offrendone così una
percezione di nastro. Anche le limitate cromíe utilizzate per la colorazione delle scabre superfici intonacate
contribuiscono a mettere in evidenza le diverse funzioni: il rosso pompeiano, che distingue il torrino, l’involucro dei 6 contenitori e il corsello in copertura, ed
il giallo ocra per tutti gli altri campi. Il 30 novembre
1938, su proposta dell’ing. Salis, fu autorizzata la
spesa per l’apposizione di un Fascio Littorio sulla torretta dell’edificio e per l’iscrizione di una frase del
duce su una parete.
Ottenuto facilmente e rapidamente il finanziamento
necessario la scelta tra le parole d’ordine del regime
cadde inevitabilmente su:
LA BATTAGLIA DEL GRANO
SIGNIFICA LIBERARE IL
POPOLO ITALIANO DALLA
SCHIAVITU’ DEL PANE
STRANIERO
MUSSOLINI
Contestualmente alle altre opere di abbellimento sulla
copertura fu realizzata, con grandi lettere verdi in
cemento ad armatura metallica, la scritta CONSORZIO
AGRARIO che ancora oggi campeggia sul fabbricato e
consente, nonostante la selva di edifici al contorno, di
distinguere inequivocabilmente la struttura: essa è
emblematicamente rivolta verso la città, e non in direzione dell’hinterland da cui provenivano i carri con le
granaglie.
Il funzionamento
Inizialmente il Silo fu destinato a contenere unicamente grano (delle diverse qualità): i 52.000 q.li di
capacità sono sempre stati sfruttati al massimo; questo volume corrisponde, approssimativamente, al carico di una nave da trasporto di medio tonnellaggio20.
Il sistema di stoccaggio prevede lo scarico delle granaglie direttamente dai mezzi al piano seminterrato,
da qui attraverso un sistema a tramoggia (tazze in
sequenza collegate ad una cinghia) trasportati ai diversi piani e con un sistema a elica scaricati nei quadrati di deposito (individuati tra 4 pilastri). Tutti i macchinari necessari alle movimentazioni interne, e tuttora in
gran parte presenti in loco, furono forniti dalle Officine
Meccaniche Reggiane, definite italianissime, dalla rivista Architettura Italiana nell’articolo dedicato all’impianto nel n.10 del 193821.
Lo svuotamento è reso possibile attraverso dei fori che
Figg. 13-14. Vista attuale di
due tipologie di aperture.
La geometria delle bucature,
come pure i materiali impiegati, è estremamente limitata. La
composizione è basata sul rettangolo e sul cerchio mentre le
pannellature sono in vetro retinato o griglie ad aria passante
(Foto dell’autore)
si trovano al centro del pavimento di ogni quadrato
che erano connessi, tra loro ed in sequenza verticale,
ai fori dei piani inferiori tramite tubi di ferro di 20 cm
di diametro. Naturalmente lo scarico avveniva liberando via via i piani più bassi.
I mucchi di granaglie sono contenuti al centro di ogni
piano di deposito da paratie ad arco che permettono
di tenere sgomberi i corridoi perimetrali di accesso e
movimento degli addetti e di proteggere le materie
stessa dalla ventilazione diretta: lo stoccaggio del
grano avviene classificando le caratteristiche dei chicchi22.
Le opere di completamento
Anche i progetti di tutte le opere di completamento
furono affidati ad Alberto Sanjust ma la loro esecuzione, come già osservato, fu rinviata alla fine della guer-
ra. Dell’emergenza di quel periodo, e dell’urgenza di
portare a termine i lavori, vi è ampia documentazione
nei carteggi tra alcune imprese operanti in città e lo
stesso Consorzio.
Su richiesta diretta di Sanjust ad esempio l’Impresa
dell’ing. Bosazza, evidentemente consultata direttamente, il 3 ottobre 1945 faceva pervenire l’offerta di
430 £/mq per la sistemazione con macadam del piazzale esterno.
Solo due giorni più tardi lo stesso tecnico, in una relazione inviata all’Ente, prospettava la necessità di comprendere in un unico appalto sia la pavimentazione
che la realizzazione delle paratie curve in mattoni per
facilitare il contenimento dei mucchi ai diversi piani.
Concludendo la relazione, che è in realtà una sorta di
schema di lettera di invito, il progettista consigliava di
contattare per l’esecuzione le imprese Ansoldi,
Bosazza, Ferrobeton, Scopi e Usai ed altre eventualmente a scelta del Consorzio23. Il 6 ottobre Sanjust
offriva la doppia opzione tra volte in mattoni (tipo
michettas) o pareti in calcestruzzo con una generatrice verticale di 2,30 m, corda di 4,00 m, saetta di 0,20
m e spessore di 6 cm esprimendo un parere più favorevole a questa seconda ipotesi. Tra le 11 imprese invitate fu la Erminio Putzu di Selargius ad aggiudicarsi i
lavori offrendo il prezzo di 3.720 £ per ciascuna paratia e 415 £/mq per la pavimentazione dei piazzali
esterni. L’importo complessivo dei lavori ammontava
così a 1.016.000 £24. L’estrema instabilità del mercato
provocò un rapido aumento dei prezzi per cui, non
volendo superare il budget iniziale, si decise di ridurre
la superficie da pavimentare: il contratto definitivo
venne sottoscritto il 23 maggio 1946.
Dopo la fine del conflitto anche le altre opere di completamento, ugualmente progettate prima dell’inizio
della guerra, poterono essere appaltate. Ad aggiudicarsi i lavori, per la sistemazione sul viale Elmas dell’accesso principale agli impianti e il muro di recinzio-
229
230
Fig. 15. Dettaglio attuale del fronte sud.
L’alternarsi dei pieni e dei vuoti nei nastri che identificano le aree
di deposito sono sottolineate dall’uso di cortine in mattoni faccia
vista. Il sistema si presta ad un doppio livello percettivo che,
soprattutto nella vista a distanza, tende a dilatare l’orizzontalità
delle bucature dando l’impressione che le aree con infissi abbiano una superficie maggiore di quanto non abbiano in realtà. È
possibile che la soluzione sia stata adottata per attenuare l’effetto
visivo di parete piena dovuto alla presenza di poche aperture.
(Foto dell’autore)
Fig. 16. Vista attuale di dettaglio del fronte ovest.
Il nastro verticale in corrispondenza della zona in cui si trovano
gli elementi di collegamento è realizzato in maniera semplice ma
con una serie di accorgimenti che mirano ad esaltare la verticalità della soluzione (in opposizione all’orizzontalità ottenuta nelle
scansioni sui fronti nord e sud). Il campo interno è giallo mentre
quello esterno è rosso, le aperture sono delimitate da una sorta
di lesena che contribuisce a separare i due campi, le singole
bucature sono realizzate con infissi a sette campi orizzontali, e
due ante, nella sequenza 1+3+3 (1 vetro + 3 griglia + 3 vetro).
(Foto dell’autore)
ne ad esso contermine e la costruzione di un magazzino - officina e della guardiola per il custode, fu ancora l’impresa Erminio Putzu25: il computo metrico estimativo di progetto, che riporta la data 25 settembre
1946, prevedeva una spesa di 3.320.000 £26. Alla fine
di settembre del 1947 i lavori, nonostante alcuni ritardi causati dal non tempestivo arrivo di alcune forniture supplementari, erano praticamente conclusi. La
relazione per la liquidazione, del 12 dicembre 1947,
riporta l’ammontare finale lievitato, sia a causa di
opere impreviste che per il rapido incremento dei prezzi dei materiali con conseguente revisione di quelli unitari, a 5.720.733,72 £27. Di tutti questi lavori la sola
guardiola è stata, successivamente, demolita: i
magazzini sono ancora funzionanti e ben conservati
nella loro originaria configurazione ma nel complesso
si tratta di elementi di non grande specificità.
Di un certo interesse è invece la sistemazione dell’ingresso sul viale Elmas che possiede discrete caratteri-
stiche formali; i pannelli, con disegno a greca allungata appoggiata su elementi sferici, sono infatti perfettamente coerenti con il linguaggio utilizzato per la composizione del volume del Silo granario.
Lo stato attuale
Tenendo anche conto del fatto che l’edificio non è mai
stato sottoposto a lavori di manutenzione di una qualche importanza, la struttura si presenta in buone condizioni di conservazione28: gli interni, realizzati in
modo da garantire una buona igiene con finiture a
calce delle pareti e pavimenti in cemento, sono ancora originali. Anche gli esterni hanno subito modifiche
non rilevanti: a parte il distacco di porzioni estese
degli intonaci in corrispondenza del rosso volume
avvolgente i sei contenitori (e inopportunamente in
parte risarciti con sottile strato di intonaco cementi-
Fig. 17. Vista attuale del fronte sud (dettaglio della parete a destra).
Sono ancora ben visibili i punti di ancoraggio, e le ombreggiature, della frase
riguardante la Battaglia del Grano rapidamente rimossa dopo la caduta del
Fascismo. Il distacco di una parte dell’intonaco ha riportato in luce la sottostante
parete in cemento armato in cui è possibile leggere la tessitura del legname
della carpenteria. (Foto dell’autore)
Fig. 18. Vista attuale della zona di scarico delle granaglie.
Sono visibili le due travi di sostegno della pensilina (vedi fig.2) e la griglia attraverso cui le granaglie sono portate nel piano interrato e da questo, attraverso un
sistema a tramoggia, ai diversi piani di deposito. Lo spazio è racchiuso dalla
struttura realizzata per impedire il diffondersi delle polveri volatili che si formano durante lo scarico delle granaglie. (Foto dell’autore)
zio), l’unica modifica di un certo rilievo ha riguardato
la costruzione di un volume nella zona di scarico delle
granaglie al piano interrato: la soluzione è stata adottata in epoca relativamente recente quando, divenuta
la zona tirante di espansione urbana, si sono levate le
proteste degli abitanti in relazione alla formazione di
fastidiose polveri in sospensione causate dallo scarico
del materiale. Il volume aggiunto, realizzato in pannelli metallici, è proprio funzionale all’abbattimento
del pulviscolo ed appare facilmente, e non problematicamente, rimovibile. Per quanto riguarda le opere
accessorie realizzate nel dopoguerra è da rilevare che
l’ingresso sul viale Elmas non è più utilizzato da
tempo (l’accesso agli impianti avviene unicamente dal
viale Monastir) mentre la recinzione è stata in parte
demolita o impedita alla vista dall’esterno con la
costruzione di una cortina di mattoni; i tratti residui,
ancora visibili dall’interno del lotto, potrebbero
comunque esser riportati facilmente alla luce.
Conclusioni
Gli interventi per il recupero degli edifici Moderni trovano, nel campo dell’archeologia industriale, numerosi episodi architettonici che per qualità, dimensioni e
posizione nel tessuto urbano ben si prestano ad interventi di riqualificazione.
Tra le altre strutture i silos granari, essendo in genere
contenitori molto spartani e funzionali, presentano un
elevato grado di trasformabilità che permette di classificare questi manufatti come estremamente idonei
ad ospitare attività che richiedano grande flessibilità
spaziale e d’uso.
L’impiego del cemento armato per la costruzione dei
silos risale, in Italia, ai primissimi anni del ‘900: tra
questi particolarmente interessanti sono quelli edificati, dalla ditta ing. Porcheddu G.A., nel porto di Genova
e nel complesso SEM di Cagliari29. Si deve però arrivare agli anni ‘30, dopo l’indizione della Battaglia del
231
Fig. 19. Vista attuale dell’intradosso dello sbalzo sul fronte nord.
Il sistema di travi rastremate in cemento armato è portato a sbalzo rispetto alla parete esterna e funge d’appoggio al sovrastante
volume che contiene le aree di deposito delle granaglie. La
dimensione dello sbalzo corrisponde alla larghezza dei corridoi
232
esterni che, ad ogni piano, circonda lo spazio destinato esclusivamente allo stoccaggio offrendo un’ulteriore esemplificazione dell’attento rapporto tra forma e funzione. (Foto dell’autore)
Fig. 20. Vista della scritta in copertura.
Gli esili elementi di ancoraggio e controventatura delle lettere
che compongono la scritta dimostra, ad oltre sessantacinque
anni dalla loro predisposizione, l’efficacia del sistema pur sottoposto ad importanti sollecitazioni dovute all’altezza ed al vento ed
assolutamente non visibili. (Foto dell’autore)
233
Fig. 21. Progetto della recinzione sul viale Elmas: pianta e prospetto.
(Archivio del Consorzio Agrario di Cagliari)
Fig. 22. Vista attuale della recinzione lato viale Elmas.
La sistemazione dell’ingresso sul viale Elmas prevedeva l’uso di pannelli prefabbricati per la definizione del
muro di recinzione nelle immediate adiacenze del cancello d’accesso. La greca stirata su sfere che caratterizza il
disegno è attualmente visibile solo dall’interno del lotto in quanto, probabilmente per ragioni di sicurezza, i pannelli sono stati in un secondo tempo celati alla vista dall’esterno con una cortina di mattoni. Dei sei campi che in
origine riportavano questa pannellatura quattro sono tuttora esistenti. (Foto dell’autore)
234
Fig. 23. Progetto nuovi magazzini: pianta e prospetto interno.
(Archivio del Consorzio Agrario di Cagliari)
Fig. 24. Progetto nuovi magazzini: sezioni e capriata.
(Archivio del Consorzio Agrario di Cagliari)
Grano, per assistere alla diffusa costruzione di questa
categoria edilizia con impiego assolutamente prevalente di sistemi costruttivi in conglomerato cementizio.
Nel vasto patrimonio nazionale riferibile a questa specifica tipologia già alcune operazioni di riconversione
sono state portate a compimento con successo: tra
tutte valga l’esempio del silo granario realizzato nel
1933 a Pieve di Cento (Bo). Acquistato da un industriale amante dell’arte, Giulio Bargellini, è stato trasformato in Museo d’Arte delle Generazioni Italiane
del ‘900 su progetto dell’arch. Giuseppe Davanzo,
allievo di Albini e Scarpa, ed inaugurato in questa sua
nuova veste il 27 febbraio 2000.
Anche il semplice raffronto tra gli aspetti dimensionali (2.500 mq di superficie distribuiti su quattro piani
nel caso di Pieve contro i 3.500 mq su cinque livelli
della struttura cagliaritana) e quelli linguistici dimostra
l’assoluta confrontabilità dei due episodi, e quindi la
fattibilità dell’intervento sulla struttura del Consorzio
Agrario di Cagliari, augurandosi che gli imprenditori
chiamati ad intervenire non ne ipotizzino la demolizione che dovrebbe essere in ogni caso fortemente contrastata.
Tav. I. Ricostruzione della situazione di progetto: piante ai diversi
livelli. (Elaborazione dell’autore)
Tav. II. Ricostruzione della situazione di progetto: prospetti sud e
est. (Elaborazione dell’autore)
Tav. III. Ricostruzione della situazione di progetto: prospetti ovest
e nord. (Elaborazione dell’autore)
Tav. IV. Ricostruzione della situazione di progetto: sezioni.
(Elaborazione dell’autore)
235
236
237
238
Note
1
Nella stessa zona sono ancora in funzione il mercato ortofrutticolo cittadino ed estese aree militari: poco distante sono
anche il grande complesso dell’ex Pastificio Costa, l’ex
Mattatoio e l’area, di prossima riconversione, dell’ex
Cementeria.
2
Tra i principali obbiettivi della politica agraria fascista vi fu la
sbracciantizzazione: con essa si intendeva contrastare la disoccupazione dando ai braccianti una terra propria da coltivare.
Queste terre vennero da qui in poi in gran parte reperite con
massicce opere di bonifica di terreni incolti o malsani.
3
La battaglia del grano ridusse effettivamente le importazioni
di questo cereale ma provocò, allo stesso tempo, l’abbandono
delle altre produzioni, da quelle ortofrutticole a quelle zootecniche con notevoli danni nel lungo termine.
4
Tra l’altro era in vigore il blocco dei salari ed erano normalmente praticati, in totale assenza di reali garanzie sindacali,
licenziamenti forzati.
5
In realtà le sanzioni erano da applicare con criteri di gradualità e non comprendevano le forniture di carbone, petrolio e
acciaio. I paesi che le avevano chieste con maggior veemenza
furono proprio quelli che realizzarono con l’Italia gli affari più
cospicui.
6
Uno degli effetti indotti dalle sanzioni fu il notevole impulso
dato all’autarchia che divenne in poco tempo una delle parole
d’ordine principali del regime.
zione occupandosi a tutto campo della difesa degli interessi
della categoria anche nei riguardi degli aspetti sociali e sindacali.
11
Sino al 1920 non esistevano Commissioni parlamentari permanenti e quindi, oltre ad essere impedita l’approfondita
discussione di leggi di settore, non vi erano strumenti utili al
reperimento autonomo delle informazioni tecniche necessarie
a legiferare.
12
L’ing. Antonio Salis (1895-1967) si laureò al Politecnico di
Milano in Ingegneria Industriale con una tesi sulle bonifiche.
Oltre che libero professionista diresse le saline Contivecchi di
Santa Gilla e nel 1939, conclusa l’esperienza al Consorzio di
Cagliari, si trasferì in Somalia dove diresse le locali saline.
8
L’importanza attribuita dal Fascismo a questo tipo di strutture
è dimostrata proprio dalla loro stessa edificazione negli anni in
cui, con la guerra alle porte, era ormai totale il blocco dell’attività edilizia dovuto sia a ragioni di evidente opportunità che
alle difficoltà di reperimento delle materie prime necessarie
(cemento e ferro in particolare).
9
All’esperienza di Brescia fecero rapidamente seguito quelle di
Piacenza, Modena e Udine. Fu proprio per l’associazione di
Piacenza che si decise, per la prima volta, la denominazione
di Consorzio.
10
In questo senso era notevole la differenza con le associazioni industriali che, da subito, qualificarono il proprio raggio d’a-
Le strette scale a due rampe originarie sono integrate da un
montacarichi.
19
La frase, apposta sul lato meridionale, fu prontamente
rimossa alla fine della guerra.
20
Questa specifica destinazione perdurò dalla costruzione del
Silo sino agli anni ‘60. In seguito la struttura è stata utilizzata
anche per la raccolta di altre varietà di cereali e materie prime
(orzo, avena, mais, fave, piselli).
21
13
Gino Tellini fu proclamato vincitore del concorso per
Direttore del Consorzio di Cagliari il 6 luglio 1931: all’epoca
ricopriva la carica di vice direttore del Consorzio Agrario di
Roma.
La Reggiane aveva iniziato la propria attività nel settore ferroviario e militare: nel 1920 la società, nonostante la grave crisi
economica, assorbì la S.A.M.L. di Monza che operava nel
campo dei molini, pastifici e laterizi, da qui la produzione relativa alle macchine utilizzate nel silo cagliaritano. La Reggiane
divenne poi particolarmente celebre dal 1935 quando, acquisita dal conte Giovanni Caproni, entrò nella storia dell’aviazione
militare italiana con la produzione del Ca 405 e del caccia
RE2000.
14
22
Il relativo rogito fu sottoscritto il 3 gennaio 1937. Il terreno
aveva un’area eccedente di molto le necessità contingenti ma
l’operazione venne comunque conclusa in quanto, con lungimiranza, si pensò che essa avrebbe nel tempo potuto ospitare,
come effettivamente avvenne, altre infrastrutture del
Consorzio.
15
L’ing. Alberto Sanjust di Teulada nacque a Cagliari l’8 gennaio 1896 e compì gli studi universitari a Roma dove si laureò
in ingegneria civile nel 1923. Progettò, tra l’altro, alcune scuole a Gesturi e S. Sperate, vari padiglioni dell’Ospedale Civile e
uno degli edifici che compongono la schiera di via Roma
(palazzo Devoto). Si spense in città il 26 aprile 1964.
7
L’ammasso del grano seguiva di pochi mesi quello della lana;
ad essi si aggiunsero poi anche quello delle mandorle, del formaggio e dell’olio.
18
16
L’importo totale di 1.299.000 £ doveva essere finanziato per
il 25 % (324.750 £) con contributo statale, ancora per il 25 %
con fondi del Consorzio e per il restante 50% (659.500 £) con
mutuo venticinquennale con rimborso da parte dello Stato del
2.50% sugli interessi. L’importo venne poi più precisamente
definito in 1.191.000 £ e portato infine, nel piano finanziario
conclusivo, a 1.393.750 £.
17
La conseguente delibera prevedeva la costruzione di 10 silos
da realizzarsi a Oristano (30.000 q), San Gavino (20.000 q),
Siliqua (10.000 q), Santadi (10.000 q), Ales (20.000 q),
Ussaramanna (20.000 q), Fordongianus (10.000 q),
Abbasanta (15.000 q), Muravera (10.000 q) e Senorbì
(30.000 q). Per tali progetti fu richiesto, il 21 ottobre 1938, un
finanziamento di 3.000.000 £ all’Istituto di Credito Agrario per
la Sardegna.
La classificazione è fatta in relazione al peso specifico e alla
percentuale di chicchi bianconati (cioè alla quantità più o
meno alta di glutine) che stabilisce il livello di pregio del prodotto.
23
L’elenco iniziale delle ditte fu integrato con l’aggiunta della
Cooperativa dei reduci e delle imprese Piras, Ostuni, Putzu,
Accardi e Manovella: la Ansoldi e la Ferrobeton, quindi le
imprese più importanti, declinarono gentilmente l’offerta.
24
Rispettivamente per le paratie erano previsti 186.000 £ e
830.000 £ per la sistemazione del macadam.
25
Il contratto fu sottoscritto il 24 marzo 1947. La stessa impresa fu chiamata a realizzare, contestualmente, un piccolo deposito per il fabbro e una scritta.
26
L’importo totale era così ripartito: 450.000 £ per la sistemazione dell’accesso, 2.600.000 £ per la costruzione dei magazzini e 270.000 £ per quella della guardiola del custode.
27
In realtà l’impresa E. Putzu avanzò delle riserve tanto che
per la risoluzione della controversia fu incaricato, il 7 aprile
1948, l’ing. Gustavo Carboni.
28
Sulla facciata a sud, a tale proposito, possono ancora notarsi
i punti in cui erano fissate le lettere che formavano la frase di
Mussolini relativa alla Battaglia del grano mentre sul fronte
ovest, sopra la pensilina, si intravede ancora l’ombra del fascio
littorio e dell’anno di costruzione (A XVI)
239
Riferimenti bibliografici
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1978.
FONTANA S. (a cura di), La Federconsorzi tra stato liberale e
fascismo, Laterza, Bari 1995.
LODDO G., Cagliari. Architetture dal 1900 al 1945, Coedisar,
Cagliari 1999.
MASALA F., Architetture dall’Unità d’Italia alla fine del ‘900,
Ilisso, Nuoro 2001.
SANNA A., Prime applicazioni del calcestruzzo armato in
Sardegna. Le opere cagliaritane dell’Ing. G.A. Porcheddu,
CUEC, Cagliari 2003.
SONEDDA E., Origini e sviluppo del Consorzio Agrario di
Cagliari (manoscritto), Cagliari 1999.
240
“Silos” del Consorzio Agrario di Cagliari, in ‘’Architettura
Italiana’’, n.10, 1938.