Il vero Vivente viene messo nella tomba. Umanamente parlando

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GESÙ È DEPOSTO NEL SEPOLCRO
Il vero Vivente viene messo nella tomba.
Umanamente parlando potrebbe essere il tempo
della disperazione, il tempo del tutto finito; il tempo
del silenzio, dell'annullamento, della fine, della
tragedia irreparabile. Sforziamoci sempre di vedere
le cose non soltanto e prima di tutto sotto il profilo
umano. Guai a noi se ragionassimo secondo gli
uomini, secondo il mondo, secondo le mode del
tempo. Guai a noi. Gesù addirittura dice a Pietro:
"Via da me satana, perché tu ragioni secondo gli
uomini e non secondo Dio" (Mt 16,23). La speranza
è ragionare, la fede è ragionare secondo Dio.
Sforziamoci, chiediamo con insistenza di saper
vedere le cose secondo Dio: "In verità, in verità vi
dico: se il chicco di grano caduto in terra non
muore, rimane solo; se invece muore, produce
molto frutto" (Gv 12,24).
Ecco, questa è la grande verità. Questa è la fede nel
senso che lui ci ha detto. La fede è credere in Dio,
nel senso che vogliamo mettere in pratica, tentare - con la sua grazia, con il suo aiuto - di mettere in
pratica quanto Lui ci ha detto.
Il seme che deve marcire. Cos’è che deve marcire nella nostra vita? Cos’è che deve mutarsi? Per far
nascere qualcosa di nuovo, bisogna che si consumi quello che abbiamo, quello che noi credevamo
indispensabile, quello che credevamo importante, quello che stimavamo essere indiscutibile. Questo forse
è quanto il Signore ci chiede. Che sia però un marcire per amore non per egoismo, non per rassegnazione,
non per fatalismo.
Dopo la morte di Gesù, il suo corpo viene messo in un sepolcro nuovo, ci viene detto dall'evangelista, e
sopra viene messo un macigno, una pietra.
In quante cose Gesù è stato archiviato, è stato polverizzato, è stato annientato ‘ Quante cose sembrano e
non sono. Non si può archiviare il dolore di Cristo, dei poveri. Non possiamo metterci sopra una pietra a
tutto quello che c’è stato nella nostra vita. Quante cose belle che ci sono state e che devono essere
risuscitate. Dobbiamo avere questo coraggio di ripensare, rivedere, ripescare tutto quello che può essere
resuscitato nella nostra vita, che il Signore ci ha dato.
Dopo la morte di Gesù, i suoi discepoli capiranno quello che lui ha detto, quello che Lui ha fatto, quello
che Lui ha proposto. Dopo risentiranno la sua voce, dopo sentiranno questo suo richiamo. Dopo che lui ha
pagato e rischiato tutto fino all'ultimo, dopo che ha pagato di persona, dopo che ha dato tutta la sua vita
per questo grande ideale: la salvezza di tutti gli uomini.
Ecco, carissimi, formiamoci per mezzo delle Beatitudini: Beati i poveri, beati i miti, beati i
misericordiosi, beati i puri di cuore, beati coloro che hanno fame e sete della giustizia.
Far nascere i grandi ideali: soltanto questo giustifica il nostro essere cristiani. Scoprire questi grandi
ideali, potenziarli, farli crescere e coinvolgere delle persone. E’ questa la vita che vogliamo vivere, la vita
cristiana.
Non è più ammissibile, oggi, una vita individuale, una vita da sacrestia, una vita da miscredente, una vita
di compromesso, proprio perché vogliamo creare la civiltà dell'amore. L'ultima parola non la può dire
questa pietra che è stata messa sul sepolcro di Gesù. L'ultima parola, se non la deve dire questa pietra, la
deve dire la nostra speranza e la nostra speranza sappiamo che è Lui, il Signore, il Cristo. Ed è Lui nella
misura in cui ci spendiamo per Lui, come Lui si è speso, consumato per noi, perché crediamo che è il
momento di creare questa civiltà nuova, la civiltà della vita, la civiltà dell'amore.
don Enzo Boschetti
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