Le notizie economiche nei telegiornali italiani

Laboratorio di giornalismo partecipativo
Le notizie economiche
nei telegiornali italiani
di Antonio Scafidi
4 marzo 2009 | www.altracitta.org | [email protected]
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Tutti concordano col fatto che l'economia non sia un argomento facile: sembra difficoltoso, per i
telegiornali, trovare il modo di rendere interessante la sua ricostruzione.
Spesso annoia il pubblico, richiede informazioni specifiche che in Italia la scuola è ben lungi dal
fornire; bisogna conoscere termini settoriali e un'innumerevole quantità di sigle, che spesso
scoraggiano i telespettatori non appena ci si azzarda a parlare di pil, di ocse, di derivati o di
trimestrali di cassa. I telegiornali dunque non l’affrontano spesso, nonostante essa sia un ambito
dell'esperienza umana di cui parlano costantemente e indirettamente parlando d'altro, di politica, di
attualità, di cultura o di politica estera.
Inoltre, La scarsa dimestichezza del pubblico italiano con l'economia e il ruolo strategico che
essa ricopre per le sorti di ognuno di noi implementa le possibilità per i media di divulgarne le più
distorte ricostruzioni.
L’economia infatti, è tanto presente nella nostra quotidianità, influenza e condiziona tanto le
nostre scelte e i nostri comportamenti, che sembra paradossale il fatto che essa quasi svanisca nella
sua dimensione routinaria e diffusa proprio a causa della rappresentazione che i telegiornali ne
danno, lasciando il posto solo a cifre, sigle e termini tecnici citati velocemente, quasi per dovere,
costruendo lo stereotipo di “faccenda di addetti ai lavori”.
Per queste ragioni ho concentrato la mia analisi sulle notizie di contenuto economico divulgate
dai telegiornali: la tv è il medium da cui la maggioranza dei cittadini pubblico trae le informazioni e
- dato ancor più significativo - è il medium a cui il pubblico accorda fiducia reputandolo completo
ed imparziale nella presentazione delle notizie. In più, come tutti sanno, è il medium più diffuso, di
più facile accesso e più a buon mercato che ci sia, dunque estremamente popolare (1).
Nei mesi di Marzo, Aprile e Maggio del 2006 ho videoregistrato un centinaio di edizioni di tg1,
tg3 e tg4, per analizzare la costruzione delle notizie di contenuto economico.
Ne è emerso, come dato di fondo, che in quel periodo si sono date notizie economiche solo nel
59% delle edizioni dei telegiornali, e che in quel 59% la media è stata di 1,4 per ciascuna edizione.
La frequenza di citazione di fonti certe o di dati oggettivizzabili nella presentazione delle notizie
economiche è del 35,7%: una percentuale bassa se si prende in considerazione il fatto che si tratta di
una materia facilmente quantificabile e che, quando se ne parla sugli organi d'informazione,
l'eccezione dovrebbe essere il non riportare fonti certe o dati oggettivizzabili.
La posizione mediamente occupata dall'economia nell'ordine di presentazione è la quinta, ma in
molte edizioni essa si colloca tra le ultime notizie o addirittura in chiusura.
Quasi tutte le volte in cui si parla di economia nelle prime tre posizioni, la ragione consiste nel
fatto che essa è legata a doppio filo al dibattito politico: i tg riportano le considerazioni, le opinioni
e i giudizi dei politici più in vista. L'economia dunque si trasforma in politica economica, della
quale per altro si parla in un'atmosfera dettata dalla quotidiana querelle e dall'ordinaria
sovreccitazione con la quale i politici sono soliti parlare.
Il linguaggio di tutti i telegiornali ricorre ad un'esposizione solo implicita della matrice degli
eventi e dei temi economici su cui intende informare il pubblico. Non si ammette facilmente la
presenza di visioni divergenti: ciò non solo necessiterebbe di più tempo, ma minerebbe alle basi il
messaggio che i telegiornali diffondono, cioè che l'economia è “oggettivamente” paragonabile ad
una macchina che basta far funzionare nel modo migliore.
La complessità della contrapposizione tra interessi di gruppi sociali diversi, tra opinioni basate su
ideali contrapposti e tra diverse concezioni del rapporto tra le forze produttive svanisce nella
prospettiva unica in cui l'economia viene percepita e catturata, in un frame in cui il conflitto lascia il
posto a solidali immagini astratte come l' "Azienda Italia" o il "Sistema paese".
Ad uno sguardo attento la complessità può essere desunta dalla cautela con la quale i telegiornali
evitano di delineare in modo esplicito relazioni causali.
La percentuale con la quale si presentano i temi di contenuto economico senza ricorrere a
relazioni causali tra fenomeni, ma solo facendo accostamenti impliciti tra concetti è del 64,3%,
mentre la percentuale di diffusione di una prospettiva alternativa rispetto agli accostamenti tra i
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temi economici, le loro cause ed i loro effetti è solo del 17,7%.
Per quanto riguarda i soggetti cui è consentito prendere la parola rispetto alle notizie di contenuto
economico, il primato tocca ai membri del governo col 25,7% delle opinioni espresse; l'opposizione
esprime opinioni solo nell' 11,5%, i sindacati nell' 8%, i direttori di testate giornalistiche e le
persone comuni nell'1,8%. I lavoratori dipendenti sono coloro che meno esprimono le proprie
opinioni (solo lo 0,9% dei casi), mentre la frequenza di parola degli economisti è del 3,5%, di
soggetti economici stranieri è del 2,6% e di amministratori delegati e di proprietari dei mezzi di
produzione è dell'11,5%.
In dettaglio, i soggetti che esprimono più frequentemente la propria opinione in materia
economica sono Silvio Berlusconi, Romano Prodi e Fausto Bertinotti, rispettivamente nel 13%,
nell'8,3% e nel 7,1% dei casi.
E’ agevole rilevare come non tutti i soggetti in disaccordo con il frame proposto dalle redazioni
esprimano un’opinione alternativa: il 28,6% si trova in disaccordo, ma solo al 17,8% è concesso di
proporre un punto di vista differente e di arricchire il telegiornale con una nuova prospettiva.
Se poi si tiene presente che ai cinque soggetti (Berlusconi, Montezemolo, Prodi, Bertinotti,
Rutelli) che hanno maggiormente espresso le proprie opinioni è attribuita una percentuale di
frequenza complessiva del 36,8% sul totale delle notizie, si può avere un’idea della tendenza a dare
all’informazione economica un carattere ordinario, in cui i politici e i rappresentanti di categoria
vengono resi quanto più familiari possibile al pubblico, nell'intento di stabilire un rapporto di
fidelizzazione che da un lato faciliti al telegiornale il compito di attirare la sua attenzione e
concentrare la sua fiducia e dall'altro possa conferire visibilità ai soggetti istituzionali.
Aggiungendo che il restante 63,2% è costituito delle opinioni espresse una tantum da una
cinquantina di politici ed esponenti di Confindustria e dei sindacati, è chiaro che le voci legittimate
a parlare di economia tendono da un lato a polarizzarsi su poche figure conosciute e stabili,
dall'altro a perdersi in mille rivoli.
Quando vengono espresse opinioni, la citazione e l'opinione stessa su un argomento attinente
all'economia, soprattutto se provengono da un soggetto che ricopre una carica autorevole, diventano
esse stesse notizie su cui a loro volta viene espresso un giro rituale di prese di posizione e critiche,
lasciando sbiadire il fenomeno, le sue cause e i suoi effetti sociali.
E la globalizzazione, di cui tanto si parla?
Per quanto riguarda gli organismi internazionali, la citazione avviene solo nel 20,7% dei casi. La
Banca Mondiale, l'Organizzazione Mondiale del Commercio, l'Organizzazione Mondiale del
Lavoro e il Fondo Monetario Internazionale non vengono citati neanche una volta.
L'orizzonte cognitivo che ne deriva è ristretto; degli attori che influenzano di più i processi di
globalizzazione dei mercati del lavoro, dei beni e dei servizi, favorendo la delocalizzazione della
produzione e la supremazia della finanzia, fattori tutti da cui l'economia italiana e le sue forze
produttive sono fortemente influenzate, non c’è traccia.
Neanche organismi che coinvolgono più direttamente i cittadini italiani trovano sufficiente spazio
all'interno dei telegiornali: l'Unione europea, la Commissione europea e la Banca centrale europea
sembrano rivestire un ruolo marginale. Perfino gli organismi istituzionali italiani non sono visibili,
se si pensa che la Banca d'Italia e la Corte dei Conti registrano solo due citazioni.
I soggetti e le organizzazioni di difesa degli interessi di categoria più presenti non sono le
associazioni dei consumatori, i lavoratori dipendenti, la Confartigianato, la Confesercenti o i
cittadini in generale, i quali vengono citati in media il 2% delle volte ciascuno, quanto la
Confcommercio che viene citata da sola il 3,9% delle volte, gli amministratori delegati e i
proprietari di impianti produttivi o di fornitura di servizi che vengono citati il 21,3% delle volte, la
Confindustria che viene citata il 5,8% delle volte e infine i sindacati confederali che vengono citati
il 27,2% delle volte.
A dispetto di questi ultimi dati però, i tg tendono a presentare i fenomeni economici come se tutte
le classi sociali ne subissero gli effetti allo stesso modo: l'immagine prevalente presenta l'economia
come un contesto di situazioni sociali ed umane che investe tutta la società allo stesso modo e non
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parti contrapposte o diverse di essa.
Ciò che i protagonisti dell’economia considerano positivamente diventa funzionale al benessere
di tutti i cittadini nel 72,6% delle notizie, siano essi operai di fabbrica, precari con contratti a
termine, oppure imprenditori o banchieri o brokers finanziari. Vengono presentati interessi
contrapposti tra classi sociali solo nel 5,9% dei casi, mentre il 50% delle volte in cui i tg parlano di
economia, essi identificano esplicitamente gli interessi ed il benessere della società e degli individui
con gli interessi delle imprese, sottolineando che l'aumento dei profitti per gli imprenditori
determina automaticamente un arricchimento di tutti.
La percentuale con la quale i tre tg esaminati fanno espliciti riferimenti in favore dei valori del
capitalismo e del libero mercato è del 71,4%, altissima se pensiamo che i valori del movimento dei
lavoratori, della cooperazione economica, della proprietà pubblica dei mezzi di produzione nei
settori strategici della riproduzione sociale e della produzione dei beni e dei servizi al cittadino non
vengono quasi mai esplicitati, benché siano anch'essi parte del patrimonio della cultura politica del
paese ed abbiano costituito gran parte dell'orientamento della sua opinione pubblica (2).
Ma scendiamo nel dettaglio.
Le idee generali considerate esplicitamente funzionali al benessere della società sono la bassa
pressione fiscale nel 7,8%, un generico “sviluppo” nel 6,8%, la competizione nel 6,8%, le
performance positive delle imprese italiane all'estero nel 5,8% e la proprietà privata nel 4,9% dei
casi. Il 15,1% è rappresento da uno dei più tipici valori del liberismo economico: il primato delle
esigenze del mercato sulle esigenze delle persone.
L'unico rapporto che la società e lo stato possono intraprendere con il mercato, manipolandone le
"leggi" interne, è giustificato dalla sua difesa e dal suo sostentamento, cioè dalla sua riproduzione
per mezzo di istituzioni create "ad hoc" per permetterne la persistenza a fronte del “rischio” di una
più stretta regolamentazione.
Le misure di politica economica o, come dicono, le "ricette" per “far ripartire" l'economia,
consistono nel 6,2% ciascuno nella "tutela degli investimenti" e nel "taglio delle tasse"; nel 4,3%
ciascuno nell' "assenza di vincoli all'economia di mercato" e nella "detassazione delle successioni e
delle donazioni"; nel 3,8% ciascuno nel "risanamento dei conti pubblici e nella “competizione tra le
aziende"; nel 3,3% nella "detassazione delle rendite"; nel 5,7% nel dialogo e nel 2,9% dei casi
ciascuno nella "concordia", in un "accordo", in "investimenti" e nella "tutela del lavoro" .
A questo punto la prospettiva generale delle "ricette" appare chiara: da una parte vi è un netto
richiamo alla concordia e al dialogo tra le classi sociali ed all'accordo "bipartisan" tra le coalizioni;
dall'altra parte questo dialogo dev’essere basato sulla comune accettazione di misure e di
programmi economici attagliati alle esigenze di massimizzazione dei profitti delle imprese tramite
l'alleggerimento del carico fiscale, la deregolamentazione del mercato e la tutela degli investimenti,
e attagliate alle esigenze dei proprietari di grandi fortune immobiliari tramite la detassazione delle
successioni e delle donazioni e la diminuzione delle tasse sulle proprietà e sulle rendite. La
competizione tra le imprese e il risanamento dei conti pubblici sono ambedue grandemente
auspicabili per il benessere della società, ma solo marginalmente sembra esserlo l’auspicio vago
alla tutela del lavoro.
In sintesi, è evidente la pervasività della dottrina liberista e di una politica economica fortemente
monetarista nella ricostruzione delle notizie economiche proposte dai tg analizzati.
Quali fenomeni economici i tg hanno proposto come temi centrali della ricostruzione
dell'economia? Quali cause e quali effetti hanno associato a questi fenomeni in modo più ricorrente
e quale giudizio hanno espresso sugli effetti prodotti ?
Secondo i risultati dei dati aggregati, gli scioperi e le rivendicazioni salariali e sindacali occupano
il 12,8% del totale dei fenomeni economici: nel 53% dei casi vengono considerati disfunzionali
rispetto al benessere generale, nel 29,4% dei casi le cause vengono individuate nelle leggi del
mercato, nel rapporto tra bassa offerta di lavoro da parte delle imprese e alto livello di domanda di
occupazione da parte dei cittadini, nel 17,6% dei casi non viene individuata nessuna causa e nel
23,5% dei casi la causa viene individuata nella tutela e nella difesa dei lavoratori.
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Quanto all’effetto associato agli scioperi e alle rivendicazioni salariali e sindacali, nel 52% dei
casi è il turbamento dell'ordine pubblico.
La maggior frequenza ottenuta dalle leggi di mercato rispetto alla difesa ed alla tutela dei
lavoratori sottolinea come la questione dei diritti, delle garanzie e dei salari sia inserita in una logica
economicista, più che politica: la causa dello scontro è ricondotta alla contrattazione di mercato, e i
licenziamenti, la disoccupazione e i tentativi di restringimento dei diritti e delle garanzie dei
lavoratori assomigliano ai rapporti di compravendita e di contrattazione tra venditore e cliente,
piuttosto che a rapporti fondamentali per la regolazione della redistribuzione delle ricchezze
prodotte dall'interazione tra lavoro e capitale.
Il rapporto di deficit tra debito pubblico e prodotto interno lordo rappresenta il 6% delle citazioni,
e viene considerato disfunzionale nel 75% dei casi: le cause per lo più non vengono esplicitate, né
vengono chiariti i termini del problema; per gli effetti, si parla nel 21% dei casi di un generale
impoverimento, nel 10,5% di un aumento del costo dei prodotti di prima necessità.
Nel 5,3% dei casi si parla di un aumento della spesa pubblica, considerato sempre disfunzionale.
Le cause vengono rintracciate nel 42,9% dei casi nell'azione del governo e in un altro 42,9% non
vengono esplicitate, ma gli effetti sono univoci: un generale impoverimento.
L'aumento della spesa pubblica costituisce una vera e propria ossessione, il male assoluto: non c'è
una sola volta in cui venga giustificato, sia per rafforzare il welfare, o per costruire asili nido, o per
ristrutturare ospedali o per costruire scuole o carceri più civili.
E' una "strana" economia quella di cui ci parlano i telegiornali italiani, un economia di cui non si
spiegano le ragioni d'esistenza, le mutazioni, i cicli e le congiunture internazionali, in cui non si
analizzano le ragioni dei rincari delle materie prime, delle fluttuazioni dei capitali, degli aumenti e
delle diminuzioni dei titoli azionari o degli indici di borsa.
Non sembrano però né il sistema capitalista, né tanto meno il libero mercato a determinare
fenomeni come la disoccupazione, la diminuzione dei salari e l'aumento del costo della vita: benché
venga ammesso che si possa determinare un impoverimento generale momentaneo della società,
subito viene ribadito che il neoliberismo è l’unica strada che possa garantire una sicurezza per il
futuro.
Nell'aumento della produzione viene ritrovata la panacea di ogni male: esso è sempre positivo,
ma nella maggioranza assoluta dei casi non si sa perché avvenga. E’ sicuro che porterà ad una
ripresa economica generale, alla sicurezza nel futuro e alla conquista di quote di mercato da parte
dei prodotti italiani all'estero; le esportazioni sono considerate i rimedi per un mercato interno poco
dinamico, ma sui lavoratori che producono di più, sulle condizioni nelle quali lo fanno, sulle
garanzie da cui sono tutelati, sui salari che percepiscono cala un silenzio totale.
Esaminiamo ora le prestazioni distinte dei tre tg.
Dai dati relativi a Tg1 si nota che il tema che più si discosta dall'analisi dei dati aggregati,
segnando una percentuale di frequenza ragguardevole come il 6%, è la deregolamentazione del
mercato del lavoro. L'economia in generale segna poi una brusca inversione di tendenza, venendo
considerata disfunzionale nel 75% dei casi.
Tg1 rispetto al totale dei tg ricorre ad una ricostruzione meno affermativa e perentoria. Le cause
dei problemi economici non vengono individuate, ad eccezione degli scioperi e delle rivendicazioni
salariali. Per quanto riguarda gli effetti, vengono citati solo per i temi meno controversi, come
l'aumento della spesa pubblica e il rapporto di deficit tra debito pubblico e prodotto interno lordo.
Dunque da una parte rileviamo nel maggior tg della Rai uno stile più generalista e meno incline a
tracciare relazioni causali all'interno della ricostruzione dell'economia. Fanno eccezione le
ricostruzioni dei fastidiosi ed inutili scioperi e delle rivendicazioni salariali, rispetto a cui vi è
un'esplicita condanna: sono ancor più negativi di quanto non lo fossero sui dati aggregati dei tre tg e
i loro effetti sono del tutto disfunzionali al benessere ed alla tranquillità della società, inoltre il tg1
non esprime giudizi neanche su un tema di cruciale importanza come la deregolamentazione del
mercato del lavoro.
Passando, in antitesi, a Tg3, gli unici fenomeni a cui sono associate delle cause sono gli scioperi
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e le rivendicazioni (a cui nel 40% dei casi viene attribuita la causa della difesa e la tutela degli
interessi dei lavoratori) e l'aumento della spesa pubblica (causata dall'azione del governo).
Le novità consistono in una più accentuata attenzione alle classi sociali subalterne, al precariato
in generale ed al proletariato di fabbrica in particolare: l'introduzione del livello dei salari dei
lavoratori dipendenti è uno dei temi economici più frequenti, il cui giudizio di funzionalità è
rappresentato non tanto dal fatto che i salari vengano considerati soddisfacenti, quanto dal fatto che
il livello dei salari sia funzionale alla crescita del paese.
Gli scioperi e le rivendicazioni salariali e sindacali nel 25% dei casi hanno l'effetto di produrre
manifestazioni di piazza e nel 37,5% dei casi sono associate con l'effetto del turbamento dell'ordine
pubblico, ma contrariamente ai risultati sui dati aggregati, rispetto a questi effetti la redazione non
prende posizione, non esprime giudizio, ma ricorda che essi accadano per difendere i diritti di classi
e gruppi sociali più svantaggiati.
In quest'ottica quindi non sarebbero un'azione arbitraria, quasi una scorciatoia per forzare a
proprio vantaggio il rapporto di mercato, come accade nel Tg1, bensì la reazione ad un attacco ai
livelli salariali, ai diritti ed alle tutele, troppo spesso insufficienti per contenere la polarizzazione
delle classi e il restringimento di quella che viene chiamata classe media (3).
Tg3 così come Tg1 non esplicita spesso le cause dei fenomeni economici di cui intende fornire
una ricostruzione, ma a differenza del Tg1 si concentra molto sull'associazione tra i temi centrali di
cui si occupa e i loro effetti sociali; i fenomeni sono più precisi e circoscritti, con più alte
percentuali di correlazione.
Per lo più Tg4 appoggia le notizie di contenuto economico soltanto sulla voce e sul volto di
Silvio Berlusconi, puntellato dai commenti di supporto di Emilio Fede. Queste notizie vengono
diffuse da un punto di vista che confonde descrizione, commento e valutazione: l’omissione della
presentazione di punti di vista alternativi è sistematica, e questo lo sanno tutti, essa è quasi il format
del tg.
La durata media delle notizie di contenuto economico è di 3 minuti e 15 secondi, ma in più di
un'occasione Tg4 ha proposto servizi di oltre 10 minuti. Andando a controllare a quali argomenti
elargisse tanto spazio da apparire il campione degli approfondimenti di giornalismo economico, si
nota che durante le edizioni del 18, del 19 e del 22 marzo, del 3 e del 24 aprile e del 24 maggio
2006 si parla di economia in media per ben 13 minuti. Come?
Il 18 marzo Berlusconi, nel corso della campagna elettorale, nonostante un forte attacco di
lombosciatalgia atterra con il suo elicottero privato nel luogo della riunione annuale di
Confindustria per esporre il suo programma di governo e per ricordare ciò che ha fatto di buono nei
cinque anni precedenti. Tg 4 riporta tutta la parte del discorso in cui attacca frontalmente
Confindustria accusando i vertici di parteggiare per la coalizione di centro-sinistra e lo stesso
centro-sinistra di considerare le imprese come "macchine di sfruttamento dell'uomo sull'uomo", "il
profitto come sterco del diavolo" e "il risparmio non come una virtù ma come qualcosa da
penalizzare".
Il 24 aprile Tg4 parla per ben 22 minuti di economia: l'argomento è - secondo le metafore di
Emilio Fede - "il dimagrimento di Mediaset" e la “spedizione” di Rete 4 sul satellite, cioè - fuori di
metafora - la liberazione delle frequenze conferite al canale Europa 7 secondo la sentenza della
corte di giustizia Europea. Anche in questo servizio non c'è contraddittorio. Fede si cimenta in una
difesa del diritto del gruppo Mediaset di conservare tutte e tre le Reti nel sistema radiotelevisivo
analogico, senza menzionare mai Europa 7 e parlando soprattutto dei rischi occupazionali che il
passaggio sul satellite di Rete 4 comporterebbe: questa peraltro sarà la prima e l’unica volta in cui
Tg4 si occuperà di licenziamenti nel corso del totale delle edizioni raccolte .
Il 26 marzo Tg4 propone un lunghissimo stralcio del discorso di Berlusconi alla fiera d'Oltremare
di Napoli: una voce fuori campo introduce affermando che egli "è stato in grado di alleggerire il
peso del fisco e abolire l'imposta di successione, nell'interesse comune di ogni cittadino; dall'altra
parte c'è una sinistra che punta a reintrodurre tutta una serie di tassazioni".
La diretta non serve per rendere più chiari temi ostici e poco conosciuti, né per presentare
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problemi particolari, ma per divulgare proposte politiche su come l'economia dovrebbe funzionare.
In diretta vengono trasmesse le uniche due interviste rilevate nel corso di tutta la ricerca, una al
direttore de Il Sole 24 ore, l'altra a quello de Il riformista: in entrambe si fa riferimento ad un
presunto carattere organico e meccanico dell'economia, descritta come qualcosa che funziona
secondo metodi e pratiche precisi e naturali, sulle quali è necessario un accordo tra i partiti al di là
delle differenze di schieramento; un'economia insomma che deve essere retta solo dal libero
mercato.
Le interviste vengono utilizzate nel 34,5% delle notizie: una percentuale considerevole, che
nasconde il fatto che si tratta di "sound-bites" (4) della durata di una manciata di secondi, che né
spiegano, né rendono più chiari gli argomenti, ma hanno la funzione di ribadire valori, idee e
opinioni particolari e di parte, presentati come generali e tesi a perseguire il bene comune.
Veniamo ora ai dati di massima del tg4: i temi di contenuto economico a cui viene dato maggiore
spazio sono l'economia in generale (14,3%) considerata funzionale nel 77,8% dei casi, gli scioperi e
le rivendicazioni salariali e sindacali(11,1%), considerati disfunzionali nel 100% dei casi, l'aumento
della tassazione sul reddito (7,9%), considerata disfunzionale nel 100% dei casi, l'aumento della
produzione (7,9%), considerato positivo nel 100% dei casi, l'aumento della tassazione sulle
proprietà immobiliari (6,3%), considerato negativo al 100%, infine l'aumento della tassazione sulle
rendite finanziarie (6,3%), considerato negativo nel 75% dei casi.
Sono due le relazioni - abbastanza contraddittorie - che emergono in modo chiaro: la prima è la
valutazione dell'economia, positiva nel 75% dei casi, e la compresenza di altri quattro temi, trattati
frequentemente, i quali vengono però giudicati molto negativamente nel 100% dei casi. La seconda
è l'associazione nel 28,6% dei casi di fenomeni considerati sempre negativi, come gli scioperi e le
rivendicazioni salariali e sindacali, con una causa come l'azione del governo, e nel 58,3% dei casi
con un effetto sociale quale il turbamento dell'ordine pubblico.
A prima vista sembrerebbe che Tg4 consideri la situazione economica generale positivamente ma
allo stesso tempo rilevi la responsabilità del governo nell’aumento delle tasse. Il governo sembra
avere una certa responsabilità anche nel verificarsi di scioperi, di manifestazioni di protesta e di
rivendicazione sociale, i quali vengono considerati in modo totalmente negativo insieme agli effetti
che essi producono.
Questo quadro dipende dalle conseguenze che il cambio di legislatura nell'aprile del 2006 ha
avuto sulla linea editoriale del Tg4 e di riflesso sui risultati della ricerca: mentre di economia si
parla positivamente durante la legislatura di centro-destra presentandola in modo funzionale al
benessere sociale, dopo la vittoria del centro-sinistra se ne parla molto meno, dando più spazio agli
scioperi ed alle rivendicazioni sociali. Allo steso tempo si presenta il centro-sinistra come la
coalizione che ha intenzione di aumentare le tasse sulle imprese, sulla proprietà e sui profitti
ricavati dalle azioni, con la stessa frequenza con cui lo si presentava prima delle elezioni politiche
del 9 e 10 Aprile 2006, rendendo omogenea la rilevazione di questi fenomeni contraddittori lungo
tutti e tre i mesi della ricerca.
Il messaggio è chiaro: l'impoverimento generale della società è l'effetto dell'aumento della
tassazione sui profitti delle aziende. La ricostruzione è attagliata agli interessi di quella che il Tg4
definisce classe media, ma che sembra assumere le caratteristiche di chi gode delle rendite costituite
da investimenti in borsa, di chi è interessato alla proprietà e alla gestione di patrimoni immobiliari
di milioni di euro e di chi è preoccupato da una possibile diminuzione dei profitti aziendali.
Tg4 non è diverso da Tg1 e Tg3, quando non si occupa di spiegare perché accadano i fenomeni
economici di cui più frequentemente ci informa. Se ne discosta nel caso dell'aumento delle tasse sui
profitti aziendali, quando la relazione causale è completa, con percentuali di associazione che
variano tra il 60% ed il 100%, e con valutazioni nettissime anche degli effetti: la causa dell'aumento
della tassazione sui profitti aziendali è l'azione del governo (di centro-sinistra); ciò è negativo e
produce una diminuzione dei profitti aziendali, un peggioramento delle condizioni della classe
media e un impoverimento generale della società.
Dunque, in sintesi, nella ricostruzione dell'economia Tg1 si focalizza sui fenomeni e sugli effetti
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sociali dando giudizi netti e chiari, ma con percentuali quasi nulle di correlazione tra cause ed
effetti, descrivendo ciò che è accaduto in modo implicito, ricorrendo spesso ad accostamenti di frasi
coordinate piuttosto che a proposizioni causali.
Tg3 non esplicita spesso le cause dell'esistenza di ciò che presenta, non fornisce valutazioni, ma
traccia un'associazione forte tra i fenomeni di cui si occupa e gli effetti sociali che essi producono,
senza però valutare questi ultimi in modo esplicito.
Tg4 infine, come gli altri due non chiarisce il motivo dell'esistenza dei fenomeni di cui si occupa,
ma valuta in modo assolutamente chiaro sia i fenomeni che reputa centrali, sia i loro effetti sulla
società, rendendo molto espliciti i messaggi sulle relazioni causali che propone.
Disaggregando i dati dei tre tg è possibile inoltre scoprire quanti e quali soggetti esprimano
un'opinione sulle notizie di contenuto economico e quanti esprimano un’opinione alternativa
rispetto ai punti di vista proposti dalle redazioni.
In tutti e tre i soggetti che hanno la possibilità di esprimere più frequentemente le proprie
opinioni non solo sono personalità politiche, ma sono soprattutto i membri del governo. Si
conferma l'ipotesi secondo cui i telegiornali hanno la tendenza a scegliere fonti governative per la
raccolta di informazioni di contenuto economico, tra cui avverrà la scelta di quelle che decideranno
di trasformare in notizie.
Tg4 ha una vocazione particolarmente governativa e padronale: più di un quarto delle volte in cui
viene espressa un'opinione essa è di un membro di Confindustria, di un amministratore delegato o
di un imprenditore, mentre i sindacati confederali riescono a parlare solo nel 3,4% dei casi, la stessa
percentuale che Tg4 concede ai passanti e ai bottegai. Silvio Berlusconi poi, rappresenta da solo il
25% delle opinioni espresse in materia economica.
Fausto Bertinotti, portatore di una concezione dell'economia e della società molto distante dalla
linea editoriale del tg, riesce ad esprimere le proprie opinioni in economia nel 10,7% dei casi,
superando di gran lunga le percentuali di molti esponenti moderati del centro-sinistra. La linea
editoriale polarizza il più possibile lo scontro politico tra Centro-Destra e Centro-Sinistra sui
programmi di politica economica, diffondendo l'idea che, se il Centro-Sinistra vincesse le elezioni
politiche, in realtà non attuerebbe tanto i programmi decisi da tutta la coalizione, quanto quelli
dettati dalle proposte di Rifondazione Comunista.
In Tg1 e Tg3 si registra un costante vantaggio delle opinioni espresse dalla maggioranza di
governo su quelle espresse dall'opposizione, sia durante la fine del governo di centro-destra, che
durante l'inizio del governo di centro-sinistra. E’ sempre il Ministro dell'economia che dà
comunicazione d'importanti dati di contabilità nazionale o di misure di politica economica e non
sempre esse danno vita ad uno scambio di opinioni, perché il servizio è troppo breve.
Nel Tg4 invece, la frequenza con la quale la maggioranza esprime delle opinioni su temi di
contenuto economico muta drasticamente dopo la vittoria del centro-sinistra.
Nel periodo precedente alle elezioni politiche, i soggetti politici che esprimevano maggiormente
le proprie opinioni facevano parte della maggioranza di governo guidata dalla coalizione di CentroDestra e rappresentavano il 53,3% delle opinioni espresse, i soggetti politici che si esprimevano di
meno facevano parte dell' opposizione formata da una coalizione di partiti di Centro-Sinistra e
rappresentavano il 6,6%.
Sul totale delle edizioni del Tg4 raccolte all'indomani della vittoria del Centro-Sinistra fino alla
fine di Maggio del 2006, la percentuale delle opinioni espresse dal nuovo governo crollava,
giungendo al 26,6% e la percentuale delle opinioni espresse dall'opposizione, stavolta rappresentata
dal Centro-Destra, saliva al 20%.
Infatti che il Tg4 sovresponga le opinioni del Centro Destra in economia, mutuandone il punto di
vista politico, le prospettive sulla società, le dottrine economiche e le politiche economiche, appare
chiaro in primo luogo sommando le percentuali delle opinioni espresse dalle coalizioni di CentroDestra e di Centro-Sinistra sia prima che dopo le elezioni politiche del 2006, secondo il cui calcolo
la percentuale delle opinioni espresse dal Centro-Destra sale al 73,3% e la percentuale delle
opinioni espresse dal Centro-Sinistra scende al 33,2%. Inoltre una vera e propria sovrapposizione
8
tra il punto di vista della coalizione di Centro-Destra e la linea editoriale del Tg4 è stata considerata
probabile anche in base al fatto che ben due dei sei temi di contenuto economico più
frequentemente affrontati dal Tg4, il quale ne sottolinea sempre gli effetti estremamente negativi
per la società, siano l'aumento della tassazione sulle donazioni e sulle successioni dei patrimoni
immobiliari e l'aumento della tassazione sulle rendite finanziarie, due temi presenti in primo piano
nel programma di governo del Centro-Sinistra e che in più non sono presenti tra i temi di contenuto
economico più frequentemente trattati né dal Tg1, né dal Tg3.
Chiara è invece la tendenza di Tg3 a dare più spazio alle opinioni dei sindacati confederali e dei
lavoratori dipendenti; compaiono inoltre le opinioni di soggetti stranieri come l' Ocse e i
commissari europei, denotando un'attenzione per qualcos’altro rispetto all'economia domestica
(trattati economici internazionali, leggi e regolamenti di politica monetaria ed economica).
L'economia che Tg1 ricostruisce è basata essenzialmente sulle informazioni provenienti da
quattro ambiti: dai programmi di politica economica dei partiti politici, dai dati di contabilità
nazionale o di macroeconomia provenienti dai dispacci periodici di istituzioni nazionali, dalle
dichiarazioni dei leader sindacali e dagli studi degli enti a loro collegati, e dalle misure di politica
economica auspicate dalla Confindustria.
Questo tipo di ricostruzione, così istituzionale, contribuisce a dare dell'economia un’immagine
tecnica, apolitica e aproblematica.
Giorno per giorno, i telespettatori si lasciano accompagnare nella comprensione di temi
complessi con i quali verosimilmente non hanno molta dimestichezza, da volti noti, in modo
tranquillizzante. I personaggi noti vengono utilizzati dal Tg1 e a loro volta lo utilizzano per stabilire
un ordine di priorità, di emergenze, di preoccupazioni e di auspici per il futuro rispetto al modello
economico nel quale siamo immersi: lungi dall'essere ricostruito come il risultato di scelte storiche,
politiche ed ideologiche, esso sembra assomigliare ad uno spicchio di vita quotidiana il cui
orientamento e la cui dinamica sembrano influenzati per la gran parte da cause accidentali, da
"rimedi" e "ricette" emergenziali, da contingenze politiche e da scelte obbligate.
Nei Tg Le metafore e le immagini vengono utilizzate come supporti preziosi nella ricostruzione
dell'economia: esse talvolta costituiscono un elemento cognitivo carico di significato di gran lunga
più importante, per l'interpretazione, di quanto possano essere le informazioni veicolate dal testo di
cui formalmente sono solo un supporto (5).
Le metafore più ricorrenti sono di stampo funzionalista: ricostruiscono un’economia concepita ed
interpretabile come un apparato che basta a se stesso, a volte ricorrendo all'immagine del corpo
umano, a volta a quella della macchina, congegno grazie a cui la società sarebbe in grado di
ravvisare leggi e modi di funzionamento ottimali e di sfruttarli nell'interesse di tutti attivando
speciali dispositivi.
"La macchina" dell'economia necessita di tecnici esperti che la facciano "funzionare", come gli
amministratori delegati, oppure di raffinati chirurghi che "aiutino a partorire" nuovi aiuti" per le
imprese senza "soffocarne in culla la ripresa", come i politici; senza parlare poi del fatto che per far
"funzionare la macchina" o far "sopravvivere l'organismo" servono ricette ed istruzioni, che
circoscrivano un problema e ne realizzino la "cura" o ne dispongano "la riparazione"; ecco che
fanno la loro comparsa altre metafore, utilizzate meno frequentemente, che rimandano alla
gastronomia, con parole come "ingredienti", "frutti", "ricette", "piatto succulento" e verbi come
"marcire" o "andare a male".
Spesso troviamo anche "il vento della ripresa economica" o "il ciclone della disoccupazione": a
prima vista ciò può apparire contraddittorio rispetto alle metafore di stampo organicista o
funzionalista, ma riflettendo in modo più ampio si comprende che per la stessa ragione per cui
l'economia è raccontata al pubblico come un pannello di controllo dotato di dispositivi e
funzionamenti automatici quando ne vengono ricostruiti gli aspetti di ordinaria amministrazione, ne
viene data un’immagine caratterizzata da fattori di disturbo e di disfunzione nel momento in cui
l'equilibrio omeostatico del sistema o il suo bioritmo organico vengano minacciati. Ecco allora
fenomeni economici ricostruiti utilizzando immagini di agenti esterni come "le malattie", "i
9
fenomeni metereologici" o "i disastri ambientali".
In sintesi, nella ricostruzione offerta dei fenomeni economici implicitamente vengono negate le
caratteristiche riconducibili ad attività umane costruite quotidianamente dagli individui all'interno
delle classi sociali e nel loro rapporto, favorendo la convinzione che si tratti invece di un insieme di
leggi, regolamenti, consuetudini e istituzioni oggettive, che pre-esistano rispetto alla volontà ed alle
intenzioni degli individui, e di cui gli stessi si avvalgano per organizzare la produzione, lo scambio
ed il consumo di beni, servizi e prestazioni (6).
Dipingere la disoccupazione come un "ciclone che si è abbattuto sull'Italia" offre due pregi: in
primo luogo la possibilità di assolvere il capitalismo dall'accusa di essere la causa di questo dramma
sociale e in secondo luogo la possibilità di spingere fuori dall'immagine dell'economia l'esistenza
della disoccupazione come elemento necessario al funzionamento dell'economia stessa, nonostante
tutti i manuali di economia affermino che essa abbia la funzione di calmierare il costo del lavoro sul
valore prodotto.
Le metafore sono un elemento indispensabile per operare questo tipo di riduzione e di
dissociazione, per dare costantemente l'impressione che ciò che di positivo il capitalismo produce
sia ascrivibile al suo corretto funzionamento e ciò che di negativo esso determina per le condizioni
degli individui sia invece riconducibile a forze imprecisate ed oscure, che lo assediano dal di fuori.
Le immagini per parte loro raramente rappresentano i precisi eventi sui quali i telegiornali
intendono informarci: esse tendono invece a rappresentare i soggetti che parlano di economia, o
intenti a disquisire di fronte ad un cespuglio di microfoni, o in procinto di salire su un palco, oppure
all'interno di edifici istituzionali.
Le immagini spettacolari, sensazionali alle quali i tg ci hanno abituati nei resoconti della cronaca
nera e in quelli di attualità e costume non sembrano affliggere la ricostruzione giornalistica
dell'economia, per almeno due ordini di motivi: perché spettacolarizzare l'informazione economica
è più arduo, e perché ciò colliderebbe con quell’immagine tecnocratica e neutrale dell'economia,
che i tg tentano di riprodurre (7).
Il montaggio delle immagini in relazione alle notizie di contenuto economico sembra essere
diretto verso tre obiettivi:
1- Concentrare l'attenzione del pubblico su simboli sul cui significato vi sia un alto consenso
sociale, per utilizzarli come chiavi di lettura e semplificare la spiegazione delle notizie considerate
di maggior importanza, banalizzando di conseguenza l'immagine dell'economia a causa di una sua
eccessiva semplificazione.
2- Dare l'opportunità ai soggetti che parlano di economia sia di ottenere un'alta visibilità che di
creare, attraverso una costante pubblicità, un rapporto fiduciario con il proprio pubblico,
personalizzando e quotidianizzando l'economia.
3- Poter utilizzare immagini del proprio archivio o provenienti da archivi di fonti come imprese,
sindacati e partiti, interessati ad ottenere pubblicità e poter utilizzare fonti come press agents,
agenzie pubblicitarie e agenzie di pubbliche relazioni, interessate a vendere ai tg i propri servizi
audio e video.
Così, mentre le metafore contribuiscono a creare un orizzonte cognitivo, le immagini intendono
offrire al pubblico punti d'ancoraggio e coordinate familiari per rendere riconoscibili e credibili le
diverse categorie all'interno delle quali catalogare le notizie concrete. Immagini e metafore si
prestano a rappresentare la griglia interpretativa costituita dal perimetro e dalle intersezioni in cui il
pubblico tenderà ad ordinare e a valutare i fenomeni economici di cui verrà informato, secondo le
modalità con cui le redazioni stesse auspicano che esso li interpreti e li valuti.
Solo nella ricostruzione degli scioperi e delle rivendicazioni salariali e sindacali si registra una
tendenza alla spettacolarizzazione delle immagini, alla drammatizzazione dei commenti e alla
predilezione per aspetti sensazionali, per via dei disordini e dei tafferugli che spesso accompagnano
questi fenomeni.
Il 18 marzo 2006, in Tg4, è stata trasmessa la notizia di una manifestazione contro il contratto di
primo impiego avvenuta in Francia durante il governo De Villepin: Emilio Fede dice testualmente
10
"per disciplinare il precariato", e vengono sottolineati gli scontri, gli arresti, gli incidenti occorsi in
tutta la Francia, attraverso immagini di manifestanti che marciano, ballano e cantano, di esterni di
piazze e strade parigine, di scontri tra manifestanti e polizia in assetto antisommossa, di vedute
dall'alto di folle di migliaia di persone e di cartelloni satirici.
Perfino quando durante gli scioperi e le rivendicazioni non si verificano scontri o disordini, le
immagini sembrano concentrarsi su aspetti teatrali e spettacolari. Lo stesso giorno la stessa notizia è
trasmessa daTg3, e il servizio si focalizza su un gruppo di clown manifestanti travestiti da poliziotti
che mimano una carica della polizia, per poi introdurre come quel mimo sarebbe diventato realtà a
Place d'Italie quando un centinaio di casseurs, giovani proletari delle periferie parigine, avrebbero
cominciato a lanciare sassi sulla polizia che a sua volta li avrebbe caricati ed arrestati. In compenso
non viene spiegato in cosa consista il contratto di primo impiego.
Il 5 aprile Tg1, nonostante le aperture verso il dialogo tra governo e sindacati francesi,
sottolineate dallo stesso commento, non riesce a fare a meno di accostare le immagini che
ritraggono riunioni di sindacalisti, il primo ministro in Parlamento, Sarkozy che dialoga con i
giornalisti ed una riunione di vertice del partito di governo con altre immagini, che ritraggono un
pugno di manifestanti isolati intenti a bloccare strade con cassonetti dell'immondizia e transenne,
oppure che illustrano le manifestazioni di piazza dei giorni passati.
Queste immagini sono le più dotate dei criteri di notiziabilità adottati dai telegiornali, devono
intrattenere il pubblico e rendere il consumo di informazione più piacevole ed interessante,
soprattutto se si suppone che il pubblico stesso non abbia le conoscenze, le competenze e le
informazioni di base per giudicare le notizie di contenuto economico di cui prende visione (8).
Le metafore in questi casi non sembrano molto utilizzate: la loro funzione viene resa meno utile
dalla disponibilità di immagini forti ed emozionanti, ulteriore prova di ciò è il fatto che in assenza
di queste ultime, le metafore tornano ad essere utilizzate, come avviene nel caso delle notizie sugli
scioperi nei servizi del trasporto pubblico.
Il 3 aprile 2006 su Tg1 viene diffusa una breve comunicazione sullo sciopero dei ferrotranvieri;
non vengono comunicati i motivi dello sciopero, ma si esortano tutti i cittadini "a stare molto
attenti" ai cambi di orario e alla possibile soppressione di alcuni convogli, sottolineando il grave
disagio che lo sciopero avrebbe significato.
Il 28 aprile 2006 lo speaker di Tg1 introduce la notizia di uno sciopero dichiarando che quel
giorno sarebbe stato "un venerdì nero per il trasporto pubblico locale"; nell'edizione di Tg1 del 18
maggio lo speaker ricorre ad una metafora che racchiude una citazione biblica, introducendo la
notizia sullo sciopero degli autoferrotranvieri come "un'altra giornata di passione per il trasporto
pubblico locale".
Il giorno successivo dopo un accenno alle ragioni, che secondo tutti e tre i tg consistono nella
richiesta di aumento salariale da parte degli autisti a cui le società del trasporto pubblico non
riconoscono nessuna legittimità, e dopo le consuete tabelle che riportano gli orari di sciopero, il Tg1
parla di "traffico praticamente paralizzato", il Tg4 di "un' altra giornata nera per il trasporto
pubblico locale" e di "una città rassegnata a subire il secondo sciopero in venti giorni e che subisce
ancora gravi disagi, anche economici", con primi piani degli automobilisti bloccati nel traffico,
visibilmente stanchi ed irritati, che si lamentano fortemente della situazione, mentre Tg3,
solitamente più sobrio, descrive "un inarrestabile fiume di macchine nelle città".
Quando si parla di economia in termini generali, sia l'omissione di importanti dettagli, che la
sovraesposizione di altri meno importanti, sembrano collegati all'intenzionale supporto o
all'avversione verso partiti politici, rappresentanti di associazioni di difesa d'interessi di categoria,
personalità della finanza, gruppi politici o classi sociali, che inevitabilmente contribuiscono a
rendere distorta tutta la ricostruzione dell'economia, insieme alla distorsione involontaria delle
notizie di contenuto economico, prodotta dalla tendenza ad utilizzare solo fonti istituzionali come
sindacati confederati, confindustria e partiti politici per acquisire informazioni e dettagli.
Le immagini di Tg4, ad esempio, utilizzate più frequentemente per illustrare l'economia
riguardano Berlusconi impegnato in comizi, interviste, vertici internazionali, manifestazioni
11
pubbliche e convention del partito: l'illustrazione dell'economia è utilizzata per conferire visibilità al
personaggio e non ha tanto a che vedere con ciò di cui si parla, quanto con chi esprime le proprie
opinioni. Le riprese sono tutte molto curate ed i momenti in cui egli viene ripreso sono sempre
collegati a luoghi e situazioni favorevoli, in cui il pubblico lo sostiene e lo supporta, lo acclama, lo
saluta, gli stringe le mani, gli porge i propri figli in fasce o si commuove e piange di gioia.
Le immagini utilizzate da tutti e tre i tg invece, per illustrare le notizie con cui viene ricostruita la
situazione economica in termini generali, hanno una funzione simbolica: ci ricordano gli elementi
fondamentali di cui l'economia è costituita, gli oggetti più comuni e familiari ed i soggetti che
compiono azioni in essa.
Le immagini che ricorrono più frequentemente e che non riguardano personalità della politica e
dell'economia, sono gli interni e gli esterni di palazzi istituzionali, come la Banca d'Italia, le
caserme della Guardia di Finanza, il Ministero dell'Economia, gli interni della Borsa dove frenetici
operatori sono impegnati in operazioni finanziarie ed infine gli interni della Zecca di Stato e le
immagini di operai al lavoro alla catena di montaggio o in altre attività in fabbrica.
Le immagini dei palazzi istituzionali della finanza e dell'economia e il fortissimo simbolo
elementare ed universale delle banconote, contribuiscono a costituire una sorta di cerniera tra
"vecchia" e "nuova" economia, rappresentando gli elementi di continuità tra l'epoca in cui le
relazioni economiche internazionali venivano ancora regolate dagli accordi di Bretton Woods, da un
regime di cambi fissi e dalle economie di scala e quella successiva, in cui la fluttuazione del valore
delle valute ha riportato la finanza ad essere protagonista dell'economia globale insieme agli
strumenti finanziari e alle imprese di fornitura di servizi alle multinazionali che la rendono
possibile.
La concettualizzazione dell'economia come entità neutrale, autonoma, oggettiva ed autoregolata
da precise misure tecniche di politica economica, indifferenti agli interessi delle classi sociali, è
deducibile anche dalle edizioni del Tg3 del 22 Marzo, nella quale Luca Cordero di Montezemolo
dichiara che " Confindustria non ha mai avuto nel suo "D.N.A. il collateralismo", del Tg4 del 24
Marzo in cui si parla di "un'economia di nuovo in crescita ed in buona salute, ma anche di moda e
tecnologia che corrono forte", del Tg4 del 29 Marzo in cui Berlusconi afferma che "nella sinistra
comunista pensano che l'impresa sia una macchina infernale", del Tg3 del 3 Aprile in cui si
comunica che "corre il mercato dell'auto", del Tg3 del 28 Aprile in cui si parla di "fare marcia
indietro", del Tg1 dell' 11 Maggio in cui si parla del fatto che "l'economia italiana sembra aver
ingranato marcia, perchè il vento della ripresa economica ha ricominciato a soffiare e ciò può essere
uno scalino dal quale ripartire", del Tg4 dell' 11 Maggio in cui si parla di "far funzionare
l'economia", del Tg3 del 23 Maggio in cui si afferma che "il rosso di bilancio potrebbe far da freno
all'economia", del Tg1 del 24 Maggio in cui l''i.s.t.a.t. "fotografa" un paese debole e frammentato,
del Tg4 del 24 Maggio in cui si raccomanda di "non soffocare la ripresa economica in culla" perchè
"la crescita economica va fatta crescere con attenzione, in un incubatrice quasi, è chiaro che sono i
primi sintomi", del Tg1 del 25 Maggio in cui il Presidente della Repubblica parla di "sana gestione
macroeconomica" ed infine, del Tg4 del 25 Maggio in cui si auspica di "far ripartire l' Italia".
Mentre le metafore e le immagini possono anche essere analizzate in relazione ad una sola
redazione, l'omissione e la sovrabbondanza di dettagli e di informazioni possono essere analizzate
solo attraverso un metodo comparato, tra telegiornali diversi, tra un telegiornale ed una serie di
quotidiani ecc.
Ecco la "guerra di cifre" che si è "scatenata" quando ai primi di Aprile del 2006 l'i.s.t.a.t. ha
pubblicato i dati relativi alla chiusura della trimestrale di cassa dello Stato e all'avanzo primario
della pubblica amministrazione, nel bel mezzo della campagna elettorale per le elezioni politiche
del 2006, con il centro-destra al governo ed il Centro-Sinistra all'opposizione.
Sul Tg1 del 5 Aprile si comunicano i dati e si afferma che la chiusura della trimestrale di cassa
del marzo 2005, firmata dal ministro dell'economia Tremonti, ha registrato un aumento del rapporto
tra deficit pubblico e p.i.l. pari al 4,2% ed una diminuzione dell' avanzo primario pari allo 0,5%.
Tg1 fornisce anche altri dati del trimestre relativo ai mesi di Ottobre, Novembre e Dicembre del
12
2005 e comunica che se si confrontassero questi dati con quelli relativi alla chiusura della
trimestrale di cassa del Marzo del 2005, la situazione sarebbe ancora peggiore perché il rapporto tra
deficit pubblico e p.i.l. salirebbe al 4,4%, mentre l'avanzo primario scenderebbe allo 0,2%; inoltre
comunica che il Governo avrebbe determinato un aumento delle spese della pubblica
amministrazione del 4,8% e un incremento delle entrate soltanto dell' 1%.
Tg3, lo stesso 5 Aprile, dà la notizia delle chiusura della trimestrale di cassa del Marzo 2005, che
secondo l'i.s.t.a.t. ha registrato un aumento del rapporto tra deficit pubblico e p.i.l. pari al 4,2% e
subito lo raffronta con i dati del Dicembre 2005 evidenziando come in realtà il rapporto tra deficit e
p.i.l. sia al 4,4%, ma non si ferma qui come ha fatto Tg1, bensì ricorda al pubblico che lo stesso
rapporto solo l'anno prima era del 2%; poi confronta le cifre sull'avanzo primario del 2005 che era
dello 0,2%, (spiegando anche che esso sia il rapporto tra entrate e uscite nella pubblica
amministrazione), con quelle dell'avanzo primario del 2004 che era addirittura del 2,5%, ma non
contento di ciò, e per fugare ogni dubbio sulle performance poco brillanti della gestione economica
del Governo, spiega testualmente: "in sostanza mentre nel 2004 si era riusciti a risparmiare 9
miliardi di euro da destinare in parte al risanamento del debito pubblico, nel 2005 solo 801 milioni
di euro. In sostanza un'economia ferma sull'orlo della recessione”.
Per il ministro Tremonti - continua poi il servizio - i conti sono a posto, anche se lo stesso, si
ricorda, aveva posto un tetto del 2% al rapporto tra deficit e P.I.L., mentre - si sottolinea - nel 2005
registra un'uscita dalla pubblica amministrazione pari al 4,8% ed entrate solo per l' 1%.
Tg4 delle diciannove e trenta, il 5 Aprile del 2006, preferisce non parlare per niente di economia,
e dunque dei dati pubblicati dall'i.s.t.a.t. non vi sarà alcuna traccia; solo il giorno dopo, il 6 Aprile,
inserisce una notizia riguardante l'economia nel proprio palinsesto, in cui si mette in guardia il
pubblico contro la tassa di successione sui grandi patrimoni immobiliari, che il Centro Sinistra
avrebbe reimmesso nell'ordinamento giuridico, se fosse stato eletto da lì a qualche giorno.
Sempre il 6 Aprile, Tg4 comunica inoltre che si sarebbero già create file interminabili negli studi
notarili e che numerose famiglie (cito testualmente) del ceto medio imprenditoriale e professionista
si starebbero affrettando a passare i propri beni immobiliari ai figli, prima di una vittoria del Centro
Sinistra.
Per concludere, la ricostruzione dell'economia ricorda un disegno formato da almeno tre cerchi
concentrici, i quali rispondono a logiche differenti.
Nel primo, più ampio, vi è la costruzione di un contesto e di un frame riduttivo, rispetto a quelle
che sembrano essere le dinamiche che governano tanto l'economia italiana, quanto quella globale.
Questo contesto dipinge un'immagine in cui le classi sociali non esistono e gli interessi di tutti
vengano identificati con gli interessi economici delle classi che ricoprono una posizione di dominio
economico e un’egemonia culturale. I tg fanno uso continuo sia dei riferimenti alle idee e ai valori
del neoliberismo, sia del supporto a misure di politica economica che da quest'ideologia traggono
ispirazione, presentandole senza alcuna incertezza come utili per il benessere della società, per la
nostra soddisfazione personale, per la nostra tranquillità economica, per la giustizia sociale e
l'esercizio dei nostri diritti.
Nel secondo "cerchio" troviamo una “distorsione involontaria” strutturale e produttiva, legata alle
fonti a cui i tg attingono per la raccolta delle notizie e ai tempi a disposizione per la loro
presentazione, che dà luogo a fenomeni come la banalizzazione e la quotidianizzazione
dell'informazione economica, dove la logica che regola i processi è quella mediatica.
Le fonti istituzionali (in larghissima parte governative) sono considerate le sole credibili e
obiettive; i loro messaggi vengono considerati veri tout court, facendo risparmiare ai giornalisti un
tempo che sarebbero costretti ad impiegare per certificare la veridicità delle informazioni
provenienti da fonti diverse, se dovessero condurre inchieste autonome su argomenti economici.
Nel palinsesto dei tg l'informazione economica non sembra ovviamente occupare tanto tempo
quanto quello occupato dall'informazione politica, né tanto quanto quello dedicato all'attualità, ma
neanche tanto quanto quello dedicato alle notizie curiose o di costume; forse anche meno delle
ricette gastronomiche.
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L'esigenza principale del mezzo televisivo sembra quella di presentare in modo quanto più
veloce e stringato temi il più delle volte complessi e specialistici: il miglior modo per farlo sembra
quello di affidare a personaggi noti ed autorevoli del mondo della politica l'annuncio e la
spiegazione delle notizie di contenuto economico, spesso accompagnate da giudizi ed opinioni, che
possano attribuire ai fenomeni un significato in modo veloce. Meno tempo i telegiornali dedicano
all'economia, più devono tentare di semplificarla per trasmetterla al pubblico, fino ad arrivare ad
una vera e propria banalizzazione che in modo veloce ed autosufficiente dia luogo a ricostruzioni di
stereotipi ricorrenti.
Il terzo "cerchio" che ho individuato consiste nella distorsione intenzionale dell'economia al fine
di avvantaggiare politicamente un partito, una coalizione politica, una categoria professionale o un
soggetto in particolare rispetto ad altri, tentando così di mobilitare o smobilitare l'attenzione, la
preoccupazione, l'entusiasmo, il coinvolgimento, il supporto o la condanna dell'opinione pubblica
nei confronti di temi di contenuto economico o personalità del mondo dell'economia o della
politica. Questo tipo di distorsione non avviene tanto attraverso la diffusione di notizie false quanto
attraverso l'omissione della diffusione di importanti notizie e informazioni e attraverso il tentativo
di far concentrare l'attenzione del pubblico su dettagli e informazioni di nessuna utilità apparente
per la comprensione delle notizie, ma di notevole importanza per conferire buona o cattiva
pubblicità ai soggetti e alle organizzazioni a cui esse si riferiscono.
Questo tipo di distorsione, più contingente e circoscritta della creazione di un contesto globale
nel quale orientarsi per l'attribuzione di significato alle informazioni diffuse, è la più riconoscibile e
smascherabile da parte del pubblico, soprattutto se esso trae informazioni sull'economia anche al di
fuori della tv.
I tratti distintivi e ricorrenti di questo tipo di distorsione sono l'utilizzo di belle immagini,
favorevoli ai soggetti e alle organizzazioni che i telegiornali supportano per illustrare notizie che
poco o niente hanno a che vedere con quelle immagini; la focalizzazione su particolari e dettagli
personali, piccole storie e simpatici aneddoti che possono essere attribuiti loro per tentare di
catturarne il favore e la stima presso il pubblico; l'omissione di notizie dannose per l'immagine dei
soggetti e delle organizzazioni che essi supportano, oppure la diffusione di notizie di scarso
interesse, che però possono avvalorarne il punto di vista e supportarne gli interessi.
Spesso la messa in atto di queste tecniche di persuasione e di dissuasione è affidata alle capacità
istrioniche e retoriche dello speaker che attraverso l'accurato utilizzo di gesti, parole, espressioni del
viso e il tono della voce ha l'effetto di dissimularne gli intenti manipolatori ed acquistare la fiducia
del pubblico.
Per concludere, a mio avviso la ricostruzione dell'economia nei telegiornali italiani non ha la
funzione di renderci più informati, più coscienti e più preparati rispetto all'economia e ai reali
interessi delle forze produttive in campo e delle fonti dalle quali le informazioni sugli eventi da
trasformare in notizie vengono raccolti.
I telegiornali attraverso l'utilizzo di notizie di contenuto economico sembrano avere la funzione
primaria di ribadire i valori e gli ideali, politici ed economici, di cui il neoliberismo si fa promotore,
i quali stanno alla base dell'odierna organizzazione del rapporto tra le forze produttive impegnate
nella creazione di valore nel sistema capitalista italiano. I telegiornali infatti ribadiscono
ampiamente quali misure di politica economica concrete siano più utili per la redistribuzione del
valore prodotto tra il lavoro ed il capitale e il modo in cui ogni individuo debba entrare in relazione
con tutti gli altri per gestire la produzione, lo scambio ed il consumo e quasi sempre, queste misure
di politica economica sono ispirate dalla dottrina neoliberista ad eccezione di casi sporadici, in cui
si fanno vaghi e confusi appelli alla tutela dei lavoratori, troppo spesso soltanto in conseguenza di
tragici eventi come le morti e gli incidenti che li riguardano.
Antonio Scafidi
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NOTE
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dell'Istituto Censis, pag. 91 tab.3.10
2.Bagnasco, A., Borghesia e classe operaia, in AA.VV. La società italiana degli anni ottanta, a cura di
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4. Fracassi, C., Le notizie hanno le gambe corte, Rizzoli, Milano,1996
5. Calabrese O. e Volli U., Come si vede il telegiornale, Laterza editori, Roma-Bari, 1980
6. Berger e Luckmann, La realtà come costruzione sociale, Il Mulino, Bologna, 1969
7. Sorrentino, C., Il Giornalismo cos'è e come funziona, Carocci editore, Roma, 2005
8. Bourdieu, P., Sulla televisione, Feltrinelli, Milano, 1997.
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QUOTIDIANI CONSULTATI
Il Sole 24 ore
The Guardian
Le Monde Diplomatique
Financial Times
Wall Street Journal
Dalily Telegraph
Il Manifesto
La Repubblica
Il Corriere Della Sera
New York Times
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