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La critica allo spirito di sistema
La pubblicazione della grande Enciclopedia curata da d’Alembert e Diderot non fu un evento esclusivamente editoriale,
non può cioè essere ridotto alla semplice invenzione di un nuovo tipo di testo. In realtà, l’idea della raccolta
enciclopedica del sapere non era nuova, ma non è questo il luogo per farne la storia. È bene dunque essere chiari: l’
Enciclopédie ou dictionaire raisonnée des sciences, des arts et des métiers fu il risultato di una nuova concezione
filosofica, intesa a mutare radicalmente l’impostazione metodologica del sapere. Coerentemente con l’idea tipicamente
illuminista di ragione critica, l’Enciclopedia nacque dalla battaglia condotta in particolare da Condillac e Condorcet
contro la mentalità sistematica dell’epistemologia meccanicista.
Per comprendere bene questo passaggio cruciale della nostra Conversazione, leggiamo questo brano illuminante di
Condillac: “Le ipotesi di tali fisici [cartesiani o meccanicisti] sono destinate a farci penetrare nella natura dell’estensione,
del movimento e di tutti i corpi; sono opera di gente che per lo più osserva poco o che sdegna anche di istruirsi con le
osservazioni che altri hanno fatte. Ho sentito dire che uno di questi fisici, felicitandosi di avere un principio che rendeva
ragione di tutti i fenomeni della chimica, osò comunicare le sue idee ad un abile chimico. Questi che aveva avuto la
compiacenza di ascoltarlo, gli disse che gli avrebbe fatto presente una sola difficoltà, che cioè i fatti erano diversi da
come egli supponeva. Ebbene, riprese il fisico, insegnatemeli affinché li spieghi. Questa risposta svela perfettamente il
carattere di un uomo che trascura di istruirsi nei fatti perché crede di avere la ragione di tutti i fenomeni, quali che
possano essere. Non ci sono che delle ipotesi vaghe che possano dare una fiducia così mal fondata”.
Piccolo popolo – Incredibile! Siamo tornati alle stesse accuse che i meccanicisti facevano agli aristotelici: pretendere di
spiegare tutto a prescindere dall’esperienza.
-Quindi gli illuministi erano empiristi?
Ermetis – No, nella misura in cui alla base del loro atteggiamento intellettuale permane un profondo interesse etico che
va molto al di là del semplice fine utilitaristico della conoscenza. Un empirista non si sarebbe mai chiesto “com’è la
Natura”, se cioè in essa permanga una qualità razionale che garantisce la bontà delle sue opere. Al contrario, l’idea che
la Natura operi per fini suoi intrinseci non abbandonò del tutto la filosofia illuminista del Settecento. Tuttavia,
dall’empirismo inglese i philosophes trassero l’assoluta convinzione del valore primario dell’esperienza nella
spiegazione dei fenomeni, assieme a un radicale materialismo dei principi. Ma analizziamo attentamente il brano di
Condillac.
“Le ipotesi di tali fisici...” è un’affermazione polemica che rimanda al motto newtoniano “Hypotheses non fingo”,
contenuto in questo brano dei Principi matematici della filosofia naturale: “In verità non sono ancora riuscito a dedurre
dai fenomeni la ragione di queste proprietà della gravità, e non invento ipotesi. Qualunque cosa, infatti, non deducibile
dai fenomeni va chiamata ipotesi; e nella filosofia sperimentale non trovano posto le ipotesi sia metafisiche, sia fisiche,
sia delle qualità occulte, sia meccaniche”. Con ciò Newton intendeva negare la possibilità di andare al di là dei fenomeni
per cercarne la causa, nel momento in cui, verificati gli effetti della gravitazione universale, non era comunque in grado
di darne una definizione. Condillac dunque si schiera apertamente sul versante empirista della Conversazione sulla
scienza, ovvero di quella che Newton chiama, col linguaggio del suo tempo, “filosofia sperimentale”, negando, con ciò, il
principio cartesiano secondo cui è il metodo che illumina i fatti.
“Opera di gente che per lo più osserva poco...”: abbiamo notato, infatti, parlando di Cartesio, come fosse stato semplice
per Leibniz confutarne la teoria del principio d’inerzia sulla base di un semplicissimo esperimento. Non c’è dubbio sul
fatto che la fiducia cartesiana nel potere deduttivo della ragione aveva portato l’epistemologia meccanicista a ripetere gli
stessi errori della scolastica aristotelica, pur su basi completamente diverse: mentre l’aristotelismo basava le sue
“pretese” sull’autorità di un testo, il meccanicismo cartesiano le fondava sull’autorità di un sistema. Cercherò di
spiegarmi.
Ho sottolineato più volte che l’esigenza più sentita da filosofi ed epistemologi del Seicento era stata quella di costruire
un quadro filosofico coerente capace di coniugare in uno stesso ambito le scoperte scientifiche e la riflessione
ontologica sulla realtà. Questo insieme di esperienze osservative e induzioni speculative costituisce quello che in
filosofia chiamiamo sistema. Un “sistema” è dunque una ontologia (una teoria della realtà) che intende spiegare le
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cause di tutti i fenomeni in modo coerente ed esaustivo. È superfluo ricordare che il primo vero sistema filosofico fu
proprio quello aristotelico, per il suo tipico parallelismo tra il livello logico delle deduzioni e quello ontologico.
Un sistema è dunque innanzi tutto e per lo più una costruzione speculativa, ed ha uno scopo ben determinato: quello di
dare ragione della generalità dei fatti a partire da alcuni principi universali logicamente ben fondati. È esattamente ciò
che Condillac intende quando scrive: “Questa risposta svela perfettamente il carattere di un uomo che trascura di
istruirsi nei fatti perché crede di avere la ragione di tutti i fenomeni, quali che possano essere”.
Piccolo popolo – Posso chiedere se questi principi sono le “leggi di natura” di cui abbiamo spesso parlato in questa
Conversazione?
Ermetis – Non lo sono. Non per nulla si usano due termini differenti: nell’ambito scientifico parliamo di paradigma,
ovvero di un insieme coerente di teorie e di osservazioni riconducibili a quelle teorie, e le “leggi di natura” costituiscono i
fondamenti di un paradigma. In filosofia parliamo invece di sistema per indicare la possibilità di spiegare tutti i fenomeni
a partire da un’idea centrale di carattere puramente speculativo (o razionale).
Piccolo popolo – Allora Condillac rifiuta i sistemi filosofici?
-Quindi rifiuta la filosofia...
Ermetis – Come puoi affermare una cosa simile! Non è ormai chiaro che non esiste qualcosa come “La filosofia”, ma
solo un insieme di Conversazioni con cui i pensatori hanno cercato di rendere coerenti idee ed esperienze? Condillac ha
una sua filosofia, che coincide con l’uso critico della ragione. La differenza tra lui e Cartesio è molto più sottile di quanto
sembri: per Cartesio se un fatto non corrisponde all’idea vuol dire che l’esperienza ci inganna, poiché il valore dell’idea
(meglio sarebbe chiamarla “supposizione”) è logicamente incontrovertibile; per Condillac è il contrario: la continua
verifica dei fatti ci porta a riformulare continuamente un’idea adeguata, cioè un sistema legittimo non più fondato su idee
astratte o supposizioni. Un sistema illegittimo può anche partire dall’osservazione dei fatti – e questo non possiamo
negarlo ad Aristotele – ma non di tutti, ovvero esso pretende di abbreviare il cammino vedendo in alcuni fatti il
fondamento di un’idea generale. Un sistema legittimo invece sottopone l’idea a una continua verifica, modificandola man
mano che nuovi fatti la contraddicono.
La copertina dell'edizione originale dell'Enciclopédie di Diderot e d'Alembert
discutetene
È facile
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L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico scientifico, vol. 2, Milano Garzanti, 1970, pag. 255
I. Newton (a cura di Alberto Pala), Opere, Vol. 1. Principi matematici della filosofia naturale, nei Classici della scienza,
Torino UTET, 1997, pagg. 801-802
Questa osservazione è complessa ma non esiste un modo più semplice per esprimerla che non la renda nello stesso
tempo banale e impropria. Con essa si intende il principio secondo il quale il concetto aristotelico di sostanza è usato in
logica per indicare la “categoria” somma – corrispondete al “soggetto” nella proposizione -, quella di cui tutte le altre
“predicano qualcosa”; mentre nella fisica essa indica l’elemento immutabile degli enti (o sinoli), ciò che fa da “sostrato”
ai mutamenti. In questo modo, Aristotele poteva concludere – ontologicamente – che la “verità” è nella corrispondenza
tra ciò che “si dice” e ciò “che è”, ovvero che non sono necessarie due teorie per dare spiegazione del pensiero e della
realtà.
Utilitarismo - Dottrina filosofica di carattere principalmente etico e sociale sviluppatasi in Inghilterra tra il XVIII° e il XIX°
secolo ad opera di Jeremy Bentham e John Stuart Mill.
La dottrina afferma che è un bene tutto ciò che può produrre un aumento della felicità e del benessere degli individui. Il
primo movente umano, secondo gli utilitaristi, è dunque la ricerca della felicità, scopo ultimo da raggiungere e da
favorire con ogni mezzo lecito. L'utilitarismo classico si spingerà fino all'intenzione di fondare una vera e propria
"matematica" dei motivi utilitaristi alla base delle azioni umane, secondo rigorosi criteri deterministici (utilitaristi ante
litteram possono essere considerati Epicuro e David Hume).
La prima enciclopedia segna la nascita di una nuova concezione filosofica del sapere.
Secondo Cartesio, la conoscenza si fonda sull’autorità di un sistema, di un metodo.
Il filosofo francese Condillac ribalta questa visione. Egli pone alla base del sapere l’esperienza. Attraverso la
sperimentazione, l’uomo può costruire un sistema razionale che spieghi la realtà. Inoltre, con una continua verifica dei
fatti, può perfezionare e riformulare il sistema. In questo modo la conoscenza non è più basata su supposizioni, ma su
un legittimo metodo sperimentale. Che cos’è più “naturale” per l’uomo: costruire sistemi legittimi o illegittimi? Se i
filosofi costruiscono sistemi illegittimi, allora perché li dobbiamo studiare? Non sarebbe più giusto classificare i loro libri
tra le opere di letteratura? È solo la scienza che ci permette di pensare legittimamente? Per accedere agli esercizi, crea
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scienza. Settima giornata
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In questa unità
Testo: Storia delle idee
Autore: Maurizio Châtel
Curatore: Maurizio Châtel
Metaredazione: Erica Pellizzoni
Editore: BBN
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