INDICE
CAP. 5 - MORFOLOGIA
CAP. 6- SINTASSI
CAP. 8 – FONDAMENTI DI GRAMMATICA
CAP. 9 - CATEGORIE GRAMMATICALI
CAP. 10 – FUNZIONI GRAMMATICALI
N.B.
- Ho evidenziato In blu alcune parti che rimandano a concetti dei capitoli 1, 2, 3.
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CAP. 5 - MORFOLOGIA
Le parole sono modificabili, capaci di variare a propria forma e il proprio significato secondo
l’ambiente sintagmatico in cui occorrono. Ci sono anche classi di parole invariabili (e, ma, o ect)
Le modficazioni possono dare nuove parole del lessico (fare->contraffare) rispetto alla parola base,
appartenenti anche a categorie diverse da quella della parola base, oppure possono dar luogo a
nuove forme della stessa parola (faccio, fai, ect).
La morfologia si occupa delle modificazioni delle parole e della varietà di forme che assumono
per conseguenza. I processi di modificazione morfologica si distinguono in 3 classi principali:
 Morfologia flessionale (nuove forme stessa parola)
 Morfologia della derivazione (nuove parole)
 Morfologia della composizione (processo per cui 2 parole si saldano per dar luogo ad una
terza parola)
La Morfologia ha:
 Ha funzione economica, riutilizzo elementi di partenza per espandersi illimitatamente.
 È un mezzo per assicurare coesione all’enunciato poiché offre indicatori delle relazioni
esistenti tra i diversi componenti (ACCORDO)
 Permette la sincronizzazione tra emittente e ricevente poiché permette al parlante ed
all’ascoltatore di sapere in quale punto della catena parlata ci si trova
MORFEMA = unità linguistica minima dotata di significato. L’operazione con la quale si identificano
i morfemi si chiama segmentazione perché consiste nello scomporre in segmenti successivi la
catena sintagmatica.
Morfema: la combinazione più piccola di forma e significato individuabile all’interno di
un’espressione linguistica (Haspelmath 2002: 16)
Morfema: Designa un’unità astratta rappresentata a livello concreto da un allomorfo o morfo. Es.
plurale di dog/s = 1 solo morfema ma 3 diversi morfi che si dicono in distribuzione
complementareperchè laddove c’è uno non ci sarà l’altro. (Scalise)
Si dicono determinati rispetto alla segmentazione, i casi che possono essere scomposti senza
lasciare residui .
I morfemi di una lingua tendono ad essere:
 ricorrenti (manifestano la tendenza all’economia, cioè al riuso del materiale linguistico)
 fonologicamente stabili (esibiscono, generalmente, una costanza di significato)
La segmentazione morfemica si serve di una procedura di comparazione a coppie (pag 139) ma
non sempre le parole sono ben determinate rispetto alla segmentazione. La definizione di
2
morfema prevede come sua parte integrante, che esso comprenda, oltre ad un significante, anche
un significato, operazione, quest’ultima, non sempre agevole, per es., quando più significati si
condensano nello stesso significato (migliore: masch, femm, sing)
Due classi di morfemi:
 morfemi lessicali: esprimono un significato pieno, concreto o lessicale (donna)
 morfemi grammaticali: esprimono un significato grammaticale, più astratto (di)
La prima è una classe aperta, cioè arricchibile, la seconda è una classe chiusa.
Nelle lingue europee moderne, in genere, i morfemi lessicali si concatenano occupando posizioni
distinte e successive (organizz. morfolog concatenativa). Nelle lingue semitiche (arabo ed ebraico),
invece, i morfemi delle due classi non si succedono ma si innestano gli uni negli altri (v. pettine
morfemico arabo) e si parla di morfologia non concatenativa. Es. singen -> sangst -> gesungen. La
differenza tra morfemi arabi e tedeschi è che questi ultimi contengono posizioni che vanno
riempite necessariamente con dei morfemi grammaticali mentre quelle arabe possono essere
riempite o non riempite (morfemi discontinui ed elastici).
MORFEMI E MORFI
Alcune parole non si prestano a nessuna segmentazione (p.s è, 3° pers sing v. essere). Bisogna,
quindi, introdurre la nozione di morfo. I morfi sono costituiti da materiale fonologico, i morfemi
da significati.
(Allo)morfo: realizzazione concreta di un morfema, che può essere diversa a seconda di particolari
circostanze, come il contesto fonologico, il contesto morfologico (ad esempio, il tempo verbale:
tabella 1), o gli specifici elementi lessicali coinvolti .
Si chiama pacchetto morfemico l’insieme dei significati che si esprimono nei morfi, e si ha che uno
stesso pacchetto morfemico può trovare espressione in uno o più morfi. La distinzione tra:
Morfemi: unità di significato rappresentate fonologicamente da morfi
Morfi: entità fonologiche.
Risolve alcune difficoltà di analisi, in particolare:
 il fatto che una parola possa non essere scomponibile in porzioni segmentali anche se
inserita in una proporzione risulta chiaramente composta da più fattori
 il fatto che parola chiaramente connesse possano avere nessuna o poca somiglianza
fonologica (buono- migliore, è – essere)
Restano delle questioni aperte: può essere impossibile assegnare un significato preciso ad un
morfo (ri-tenere vs ri-fare/ pre-cedere vs pre-libato/ in-durre vs ad/durre) anche qualora sia
perfettamente segmentabile formalmente (significante vuoto). Casi simili vengono chiamati morfi
cranberry .
Esistono lingue a struttura articolata (trasparenti nella formazione e motivate nella formazione
perché è facile risalire al significato), come il greco e lingue a struttura fissa (non sono trasparenti
ed il parlante non ne coglie i componenti) come il latino, avviato in direzione delle parole a
struttura rigida.
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Un morfema può non essere rappresentato sempre dallo stesso morfema ma da morfi diversi a
seconda del’ambiente sintagmatico.. Es: il morfema di negazione IN (inaccessibile, inutile,
inaccettabile) si presenta con morfi diversi qnd è seguito da consonanti (IMpossibile,
IRraggiugibile, Illogico) I diverso morfi che rappresentano uno stesso morfema si dicono allomorfi
di quel morfema). Altro es. il plurale dei nomi turchi si esprime in due distinti morfi –lar e –ler,
selezionati per il fenomeno dell’armonia vocalica.
LA PAROLA
Difficoltà di definire il termina parola. Sua coincidenza con la concezione puramente grafica, cioè
porzione di scrittura tra due spazi. Locuzioni italiane “per lo più” “per lo meno”. Parole complesse
(costruzioni formate da più parole che si comportano sintatticamente quasi come una parola sola)
come mettere in moto, far fagotto, fenomeni presenti anche in altre lingue, pe. in inglese Put in
action, che si comportano come unità indissolubili qnd compaiono in certi specifici contesti,
vengono definite parole complesse o polirematiche. Esse possono venire legittimate sul piano
grafico, cioè scritte senza spazi ma riconoscendo ad una di esse la libertà di flettersi
(kennen/lernen, res/publica). Non possono generalmente essere spezzate dall’intrusione di altre
parole ma possono flettersi. Tra le parole complesse, esistono le cosiddette unità lessicali
superiori (o parole sintagmatiche): combinazioni come ferro da stiro, campo da gioco, correo de
posta, machin à laver, che si comportano come parole uniche ma che possono essere sostituite
dall’elemento sinttaticamente principale (ferro al posto di ferro da stiro) quindi hanno una
coesione interna minore rispetto alle precedenti. I verbi sintagmatici sono quelli composti da 2
elementi, uno più propriamente verbale, uno preposizionale (set up, speak up, take over, mandar
giù, metter sotto…)
Definizione di parola da parte di Bloomfield: forma libera minima. Non rende conto di tutti i
fenomeni, quindi bisognerà adoperare simultaneamente più criteri, dunque una parola è definita
tale se:
-
è possibile una pausa prima o dopo
se un terzo elemento può interporsi fra due elementi dati.
Dati 2 elementi, il loro ordine possa essere modificato
Gli elementi possano occorrere anche da soli, cioè costituire di per sé un enunciato
L’unico fenomeno che sfugga a i criteri individuati è quello delle parole complesse per le quali si
propone un criterio aggiuntivo (non sostituibilità del tutto con la parte, pag 155)
TIPI di MORFO
Possono essere:
Morfi liberi: possono occorrere autonomamente, senza legarsi a nulla, quindi costituisce da solo
una parola, es. italiano di, ieri, sopra, inglese dog.
Morfi legati: devono occorrere in combinazione con altri morfi, ad esempio italiano in -i, -ini, ing
–s possono occorrere solo se combinati con altre parole.
I morfi si classificano in radici (esprimenti il significato generale) ed affissi. Es lat: dotor: do radice
che esprime il significato generico di dare, tor affisso con significato di agente.
Gli affissi possono comparire
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a sinistra -> prefissi,
all’interno della parola -> infissi
o a destra-> suffissi.
L’Italiano privilegia prefissi e suffissi. Il turco usa i meccanismi di suffissazione. Lingue come
l’arabo, fanno molto uso di porzioni diversi di affissi
Confini di morfo e parola
Confini tra morfi indicati con + (in+adatt+abil+mente), tra parole con # [# in+adatt+abil+mente#]
I primi servono per isolare i diversi morfi, i secondi per definire la frontiera morfologica, inteso
come luogo dove possono avvenire determinati fenomeni morfologici.
FENOMENI MORFOLOGICI
Con fenomeni morfologici ci si riferisce alle modificazioni che le parole subiscono qnd sono
sottoposte a derivazione, composizione, flessione . per quanto numerose, tuttavia esse sono
riconducibili ad alcune categorie fondamentali. I processi morfologici possono essere catalogati in
base a 2 criteri:
 natura (aggiunta, alternanza, modulazione)
 posizione rispetto alla radice.
Aggiunta: addizionamento di materiale morfologico alla radice senza alterare quest’ultima (fly>flys). Il raddoppiamento, cioè la ripetizione parziale o completa dell’unità da modificare) è un
tipico processo di aggiunta che può risolversi nella pura e semplice copia o quasi copia della parola
(calmo calmo, piano piano). Tra le funzioni espresse con raddoppiamento si ha l’intensificazione
(swahili: vipande=rompersi/ vipande vipande = si ruppe in mille pezzi) la distribuzione (mitatu
mitatu= a tre a tre), la piccola dimensione, l’enfasi, la ripetitività di azioni o anche per esprimere
attenuazione o diminuzione. Sotto il profilo morfologico, il raddoppiamento si presenta come una
manifestazione delle prefissaz ma si può averlo anche in parte centrale o finale di parola. Il
raddoppiamento opera sia nel campo della derivazione che della flessione. Forse in ragione della
sua istintiva iconicità, il raddoppiamento per copia è largamente usato nella LIS (Lingua italiana dei
segni)
Alternanza: si tratta di processi che nn aggiungono né tolgono nulla alla base ma comportano
modificazioni su una parte del materiale vocalico o consonantico di cui essa è composta. Inglese e
tedesco offrono vari esempi del fenomeno nella coniugazione dei loro verbi irregolari (o forti), p.e.
sing-sang-sung. Un caso estremo di alternanza è data dal suppletivismo che si verifica qnd ad un
morfo di base si collega nella flessione, un altro morfo che non ha nulla a che fare con il primo dal
punto di vista fonologico(essere->p.p. stato/ andare->vado)
Modulazione: modificazioni di elementi soprasegmentali (accento, tono..) su una stessa base
segmentale (capìto vs capitò)
Sandhi: si tratta di un fenomeno che produce una più o meno marcata erosione dei confini fra
morfi e parole.. In pratica è un processo di assimilazione che modifica i segmenti fonologici in
corrispondenza di confini di morfo e parola. (/K/ -> /tS/ /__________________________ +/i/ ,
ovvero amiko diventa amitSi in presenza di un confine di morfo.
Sincronizzazione e confini di morfo
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I fenomeni di modificazione fonologica conseguenti a modificazioni morfologiche si dicono
morfofonologici. (es. bell+o -> begli). Il confine di morfo, renderlo meno leggibile o o addirittura
di distruggerlo come, p.e
 fenomeni che fondono (ad es. craendol) i morfi, danneggiando o rendendo poco percepibili
i confini
 fenomeni che danneggiano la continuità del morfo base, come l’infissazioneche comporta
l’intrusione di un morfo tra due parti di un altro morfo.
 Il suppletivismo.
Tali disturbi danno luogo a fenomeni d ri-analisi , termine con il quale si indicano gli errori di
segmentazione morfologica che gli utenti commettono a causa della scarsa riconoscibilità dei
confini (es. il suffisso inglese dom che era un vero e proprio morfo libero col significato di stato,
dominio, mentre in freedom non viene più percepito il confine e –dom viene trattato come un
morfo legato.
Da approfondire la sincronizzazione.
REGOLE MORFOLOGICHE
La forma generale di rappresentazione dei fenomeni morfologici è la seguente:
suffissazione [A]X [[A]X + Suf]Y
=
[nazione]N  [[nazione]N + ale] A
prefissazione [B]X [Pref + [B]X]X
=
[scrivere]V  [in + [scrivere]V] V
L’effetto combinato di numerosi processi morfologici possono rispondere a regole più complesse,
per es.
[[[[rumor]N + os]A + issima]A + mente] Avv
La regola generale della composizione, invece, è:
[A]X [B]Y  [[A]X + [B]Y]Z
=
[capo]N[stazione]N  [capostazione]N
in cui x, y e z possono appartenere (o non) a stesse categorie, come nel caso dell’esempio.
[senza]Prep[tetto]N  [senzatetto]N
Le regole morfologiche possono essere più o meno produttive. In italiano e produttiva la regola
che aggiunge –mento ad una base verbale (festeggiamento) mentre non lo è quella che aggiunge –
ile ad una base nominale (ovile)
E’ importante osservare che applicando applicandosi le regole morfologiche, essere possono
imporre modificazioni fonologiche ai diversi segmenti che coinvolgono.
In [[[[rumor]N + os]A + issima]A + mente] Avv per esempio, la base rumore appare nella forma
rumor ed il suffisso –oso nella forma G –or. Essi hanno perduto la base per cancellazione. Si
chiamano, quindi, in causa le regole di riaggiustamento. Una molto diffusa è la regola di
cancellazione di vocale secondo la forma seguente: V  Ø/ _____________ + V (che si legge: la
vocale si riduce a zero quando dopo il confine di morfo, è seguita da un’altra vocale).
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(altro esempio di regola di riaggiustamento: la sostituz di [t] o [d] con [ts] quando segue il suffisso
-ione… da cui, p.es. descritto  descrizione)
MATRICI MORFOLOGICHE E MATRICI SEMANTICHE
Base verbale: solleva + suffisso: -mento = sollevamento (atto di sollevare)
Il suff –mento, saldato ad una radice verbale, le aggiunge il significato “atto di”
a. Solleva- + -mento = sollevamento
 matrice morfologica
b. “sollevare + “atto di (______)” = “atto di (sollevare)”  matrice semantica
La matrice morfologica descrive i processi puramente morfologici, la matrice semantica descrive
gli effetti che essi hanno sul piano del significato.
La relaz. fra matrici morfologiche e semantiche non è sempre trasparente, cioè non esiste sempre
una perfetta corrispondenza tra le une e le altre. Questa proprietà sarà chiamata imprevedibilità
da cui si ha che le lingue sono morfologicamente imprevedibili sotto due aspetti:
Imprevedibilità morfologica orizzontale che si ha qnd è impossibile generare una forma dall’altra
perché gli allomorfi sono fonologicamente così difformi che non è possibile ottenere l’uno
dall’altro.
Imprevedibilità verticale sussistente fra la matrice morfologica e quella semantica: in italiano non
è possibile prevedere che le parole formate con il suffisso –mento abbiano una matrice del tipo
“atto di (______)”.
Lingue ad alto grado di prevedibilità sono l’arabo e l’ungherese.
Il gioco delle combinazioni morfologiche opera sulla base di un complesso sistema di restrizioni.,
infatti perchè sia possibile attaccare un determinato morfo, l’elemento deve rispettare
determinate condizioni. (esempi: in italiano il suffisso –izzare, si attacca su basi aggettivali e
produce verbi con qualche eccez. tipo mitizzare, statizzare). I fenomeni discussi sono interpretabili
come conseguenza dell’arbitrarietà delle lingue che distribuisce in modo non prevedibile la
relazione fra espressione e contenuto.. Per lo stesso motivo nel sistema morfologico di una lingua
si possono trovare lacune morfologiche, cioè parole teoricamente possibili ma di fatto inesistenti,
come, p.es. *acchiappamento e *dimenticamento. All’inverso esistono casi in cui una determinata
matrice semantica, non ha, in una lingua, una parola che le corrisponda. P.es., in italiano la matrice
“colui che (andare) non ha un corrispondente che la esprima (*andatore, *andante) mentre in
inglese è espressa da goer (go+er da cui parole come movie-goer: persona che va spesso al
cinema). Le lingue mettono in atto diverse modalità per supplire alle lacune morfologiche;
l’italiano, p.es. dispone dell’aggettivo sostantivato, che gli permette di supplire alla mancanza di
nomina actionis adatti ad esprimere determinate radici semantiche: torreggiare rimpiazza
l’inesistente ma possibile *torreggiamento, il bere *bevimento, ec.. L’Inglese copre la matrice
“fatto di (______)” o “atto di (______)” con la matrice morfologica VERBO + ing (the showing, il
mostrare, the counting, il contare).
LA MORFOLOGIA NELL’ENUNCIATO
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Accordo: si intende la relazione che si istituisce tra 2 elementi quando un elemento che presenta
un determinato pacchetto morfemico, attiva in uno o più altri elementi dell’enunciato, alcune
delle (o tutte) unità (o morfemi) identiche a quelle del pacchetto stesso. L’elemento he proietta i
suoi morfemi è detto controllore, quello che li recepisce, controllato. Es.: nell’italiano una bella
casa il controllore casa il cui pacchetto morfemico è composto dai morfemi [femminile, singolare,
terza persona], attiva i primi 2 morfemi in tutti gli altri elementi del sintagma sensibili a quei
morfemi, cioè una e bella che assumono la forma [femm. sing]. e sono gli elementi controllati.
Quando un pacchetto morfemico ha a che fare con un elemento dotato di pacchetto morfemico
diverso dal proprio, l’accordo si limita ai morfemi che possono subire la modificazione. In una bella
casa fa comodo, il verbo fa riceve da casa solo i morfemi [terza pers, sing] ma non [femm] in
quando nelle forme finite, il verbo in italiano, non è sensibile alle variazioni di genere
grammaticale. In altre lingue le cose possono funzionare diversamente. L’inglese è fra le lingue
che meno lo impiegano. L’accordo può essere
 Morfologico: la folla si è dispersa
 Semantico: sono arrivati una folla di ragazzi
 accordo con la realtà: qnd un elemento dell’enunciato rinvia ad un qualche oggetto del
mondo extralinguistico: arriva un tram e dico: prendiamo questo, dove questo si accorda
non con una parola dell’enunciato ma col nome che l’oggetto tram avrebbe se fosse stato
esplicitato.
In generale l’accordo può essere considerato un fenomeno di ridondanza, cioè la ripetizione della
stessa informazione grammaticale, ma dal punto di vista funzionale, è una risorsa essenziale delle
lingue perché:
 Serve a tenere coeso l’enunciato segnalando le relazioni fra gli elementi, specie se posti a
grande distanza l’uno dall’altro.
 Segnala in prima approssimazione quali sono gli elementi che hanno a che fare l’uno con
l’altro e preannuncia il rinvio, a qualche distanza, di altro elemento che condivida alcuni
morfemi della marca iniziale.
 Serve ad intelaiare l’enunciato alla realtà extralinguistica.
In alcune altre lingue esistono casi di accordi più complessi come, in ungherese, il fenomeno del
doppio accordo ma, generalmente, le relazioni di accordo possono essere contratte tra:
a.
b.
c.
d.
Elementi di un sintagma nominale
Soggetto con il suo predicato
Pronome relativo con il suo antecedente
Pronome personale con il suo antecedente.
Tra i 4 tipi di accordo esistono elle differenza, la più importante delle quali è che ciascuno di essi
opera in un ambiente sintagmatico diverso, di estensione crescente che va da un massimo grado
di accordo morfologico ad un massimo di accordo semantico. (vedi es. pag179/180). Un caso
interessante è quello del doppio riferimento (pag 183).
Reggenza
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Consiste nel fatto che un certo elemento controllore, che può appartenere solo a determinate
categorie grammaticali, attiva in uno o più elementi controllati, alcuni morfemi del pacchetto
morfemico. Ad esempio, in tedesco, determinati verbi reggono determinati cas: il verbo helfen
regge il dativo (Ich helfe ihnen, io aiuto a loro), in inglese, il sintagma verbale che dipende da help,
deve avere la forma ing (I help you studying).Altri es. pag183-184). In questi casi si dice che
l’elemento controllore regge(o governa) una determinata forma dell’elemento controllato.
L’elemento controllore può anche essere un nome o un aggettivo.
La reggenza può essere libera (quando il controllore può occorrere anche sena la presenza del
controllato (io sono sensibile (a x) in cui a x può essere omesso) e obbligatoria quando è
necessaria la presenza del controllato (non posso fare a meno di + nome).
L’accordo si presenta più naturale della reggenza che risulta, al contrario, altamente arbitraria,
determinando, infatti, numerose differenze tra le lingue che ne fanno uso (es. pag 185)
ASPETTI DINAMICI DELLA MORFOLOGIA
Complessivamente, la morfologia delle lingue si affida ad entità di ridotta salienza fonica (o ridotto
corpo fonico) quindi si può affermare che esiste una netta sproporzione tra il ruolo che la
morfologia ha nelle lingue e l’esiguità del materiale fonico di cui si serve. Questo fatto potrebbe
nascondere un qualche significato biologico-evolutivo poiché le lingue sono adoperate da utenti
finiti con limitata capacità di elaborare dati linguistici e ridotta capacità discriminatoria. Da ciò
deriva anche che il sistema morfologico sia esposto nell’uso, a processi dinamici particolarmente
intensi, cioè alterazioni e modificazioni anche profonde. Si può supporre che il sistema
morfologico delle lingue risulti di difficile maneggio da parte dell’utente per:
-
La sua esigua salienza fonica
L’alto grado di arbitrarietà che lo caratterizza
L’alto grado di articolazione che presenta.
Si assiste ad un’azione di pressione dell’utente sul sistema linguistico (errori, errate segmentazioni,
ri-analisi) che può, a lungo andare, produrre mutamenti stabili. Una nota forma sotto cui si
manifesta tipicamente questa pressione, è nei comportamenti analogici, tipici del linguaggio
infantile (facete per fate, dicete per dite), che si sforza di estendere la produttività di modelli noti
ed applicare schemi funzionanti in altri casi.. Le analogie che si registrano di continuo nelle lingue,
mirano alla riduzione dell’arbitrarietà morfologica, al fine di far corrispondere ad una determinata
matrice morfologica, una sola matrice semantica e viceversa e che la matrice morfologica stessa
sia facilmente deducibile a partire da una data matrice semantica. Ogni lingua sceglie procedure
morfologiche diverse senza che sia possibile prevedere quali saranno.
Il parlante “modella” la lingua per renderla più maneggevole, il che lascia pensare che alcune
strutture morfologiche siano più naturali di altre. In generale si può assumere che siano più
naturali le strutture morfologiche che abbiano:
 Massima derivabilità della matrice morfologica dalla matrice di partenza.
 Massima prevedibilità della matrice semantica a partire da quella morfologica e viceversa.
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Al contrario, le strutture morfologiche prive di entrambe le caratteristiche, saranno meno naturali
e richiederanno che il parlante le impari separatamente l’una rispetto all’altra assegnando a
ciascuno un significato arbitrario. Una scala di naturalezza può essere la seguente:




Parole che presentino una totale derivabilità associata a totale prevedibilità
Parole ottenute mediante regole morfofonologiche che non distruggano i confini di morfo.
L’infissazione
Il suppletivismo
TIPI MORFOLOGICI
Le lingue possono essere classificate in: isolanti, agglutinanti, flessive.
Isolanti: la parole tende ad essere formata da un solo morfo, sono prive di struttura interna,
parole e morfi tendono a coincidere ed i morfi ad essere tutti liberi. Il termina isolante si riferisce
alla tendenza di queste lingue a “isolare” ciascuna parola rispetto alle altre, non segnalando
morfologicamente le reciproche relazioni. Il ruolo delle parole nell’enunciato è spesso segnalato
solo dalla loro posizione e molti significati vengono espresse solo con il lessico.
Agglutinanti: tendono ad agglutinare, (incollare) i morfi alla radice. Le parole sono composte da
più morfi ognuno dei quali è portatore di un solo morfema (contrariamente alle fusive). Il turco è
una lingua altamente agglutinante, regolata da complessi meccanismi di armonia vocalica e
assimilazione consonantica.
Flessive: Le parole costituite da morfi liberi sono relativamente scarse ed uno stesso morfo può
essere portatore di un complesso pacchetto morfemico. Lingue flessive sono general.te quelle
indoeuropee, fra cui italiano, tedesco, russo, e latino. Un sottogruppo delle lingue flessive può
essere quello delle lingue introflessive nelle quali la flessione non ha luogo a dx o sx della parola
ma anche e soprattutto nella parte centrale (arabo).
Le lingue polisintetiche (swahili) sono quelle che hanno una struttura della parola molto
complessa, formata da più morfemi attaccati assieme come le lingue agglutinanti, ma a differenza
di queste, in cui normalmente vi è, in una parola, una sola radice lessicale, presentano la
peculiarità che in una stessa parola possono comparire due o anche più radici lessicali, morfemi
pieni. Le parole di queste lingue tendono dunque a corrispondere spesso a ciò che nelle altre
lingue sarebbero delle frasi intere: le lingue polisintetiche sono l'opposto delle lingue isolanti.
CAP. 6 - SINTASSI
La sintassi si occupa :
1. delle modalità secondo cui le parole si combinano fra loro
2. delle sequenze che possono assumere nel combinarsi
3. delle trasformazioni che le sequenze possono subire
Le lingue verbali sono costituite da elementi di varia natura (suoni, sillabe, parole, ect) e possono
essere sia ARTICOLATE, cioè scomposte in parti, sia combinate posizionalmente (pag 34)
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Ipotesi: la funzione biologica della sintassi sa nel permettere di accrescere la velocità di
trasmissione dei segnali linguistici aumentandone l’efficienza della comunicazione.. Opera,
inoltre, come mezzo per la RIDUZIONE DELL’AMBIGUITA’
Condizioni che rendono possibile la sintassi:
 condizione di combinabilità
 condizione di pertinenza della sequenza
L’analisi sintattica deve de-linearizzare la linearità, individuando le strutture nascoste incorporate
nella linearità stessa.
L’enunciato ha una struttura gerarchica: ci sono costituenti sovraordinati (che dominano qls) e
quelli sottordinati (che sono dominati da un altro nodo) (pag 202)
Il termine sintagma va ad individuare l'unità di analisi della frase. Una frase non è un blocco unico
ed è scomponibile in vari segmenti tra cui i principali sono il sintagma nominale e il sintagma
verbale. Il sintagma è formato da due o più elementi (parole) le quali possiedono un legame
stretto.
Il sintagma è un unità a cannocchiale perché può comprendere uno o più sintagmi minori e può, a
sua volta, essere compreso in un sintagma maggiore.
Le parole che costituiscono un sintagma possono anche trovarsi in posizione non contigua nella
sequenza della frase, e in tal caso si parla di sintagmi discontinui. Un esempio è l'enunciato me ne
resi subito conto, dove il sintagma "me ne resi conto" è in sequenza discontinua. Questa sequenza
è frequente in varie lingue, come nei verbi sintagmatici, in inglese: she takes her coat off,
in tedesco: ich rufe morgen wieder an , in latino: adgnosco veteris vestigia flammae.
Tra i sintagmi sussistono inoltre diversi legami logici, che ne denunciano l'accordo o la reggenza.
Tra due sintagmi sussiste spesso un rapporto di dipendenza sintattica, in quanto uno dei due non
potrebbe esistere senza l'altro. Il sintagma indispensabile viene chiamato dominante: nel
sintagma il mio amico di Genova è arrivato ieri, il sintagma il mio amico è dominante rispetto a di
Genova. (Metodo della sostituzione per identificare la dipendenza sintattica, pag. 207)
La dipendenza può essere unilaterale (un solo costituente che domina; la dipendenza può essere
orientata a dx o a sx) o bilaterale (due costituenti dipendono l’uno dall’altro). Ci sono sintagmi
indipendenti o autonomi, privi di nodi sopraordinati il cui legame con il resto dell’enunciato è di
tipo semantico, non sintattico. Essi appaiono slegati da qualsiasi connessione logica e denunciano
solo una connessione "a senso", come il genitivo assoluto in greco o l'ablativo assoluto in latino.
Esempi di sintagmi connessi a senso in italiano sono per esempio le costruzioni cosiddette
"implicite" con il gerundio e gli anacoluti (si verifica qnd un elemento che dovrebbe comportare
un accordo nel seguito dell’enunciato, viene seguito da un accordo imprevisto: Io, bisogna dire che
a queste cose non ci crede più nessuno dove io viene lasciato in sospeso).
Gli elementi collegati possono essere distanti, specie nelle lingue ad ordine libero.
La combinabilità della sintassi è larga ma si devono verificare le seguenti sub-condizioni:
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1. pausa virtualmente possibile fra gli elementi (tra A e B sia possibile A pausa B)
2. che un terzo elemento possa intrudersi tra due elementi dello stesso livello di analisi (tra
AB sia possibile ACB)
3. L’ordine degli elementi possa essere modificato (AB ma anche BA)
4. Che gli elementi possano occorrere anche individualmente (AB ma anche A ed anche B)
In morfologia, invece, è possibile, in certi casi, solo la condizione 2.
I sintagmi possono essere divisi in due categorie: endocentrici (hanno il centro in se stessi- p.es. Il
sintagma funziona bene dell’enunciato il computer funziona bene, può essere sostituito dal solo
funziona, ma non da bene, senza che si modifichi il senso) ed esocentrici (esco col cappotto non
può essere sostituito da uno solo dei suoi componenti).
La parola fondamentale di un sintagma, senza la quale questo non sussisterebbe, è
chiamata testa. Gli altri elementi sono detti modificatori. Se i due costituenti non sono
liberamente interscambiabili, ma uno può stare da solo, l’altro no, si ha un sintagma endocentrico.
Viceversa,
se
servono
entrambi
i
costituenti,
sarà
esocentrico.
I sintagmi endocentrici possono essere coordinativi e subordinativi.
Nella frase: il mio gatto ha fatto indigestione di sgombro, il sintagma che indica il soggetto della
frase è "il mio gatto". In questo sintagma la testa è gatto, mentre il e mio sono modificatori.
I sintagmi vengono classificati a seconda della categoria grammaticale a cui appartiene la parola
che funge da testa:

"Il mio gatto" sarà un sintagma nominale, in quanto gatto, un nome, è la testa

"ha fatto indigestione" è un sintagma verbale, poiché la testa in questo caso è ha fatto

"di sgombro" è un sintagma preposizionale, in quanto la testa è "di".
Meccanismi di collegamento entro uno stesso sintagma e tra sintagmi diversi:
 Concatenazione con elemento zero (o affiancamento). Concatenarsi di parole che non
indicano in modo manifesto la loro relazione sintattica. Nella frase “Luigi viene qui” tra viene
e qui esiste una relazione di dipendenza non segnalata da nulla se nono dal semplice
accostamento delle parole. L’elemento dominato e quello dominante possono essere
distanziati dall’intrusione di terzi elementi, tipo: Luigi viene spesso qui).
 Accordo. È caratteristico delle lingue flessive ed è uno dei processi fondamentali di
segnalazione delle relazioni sintattiche.
 Connettori (sintagmatici). Possono essere parole, morfi, particolari disposizioni di elementi
nel sintagma; spesso sono preposizioni ma anche morfi legati come il genitivo sassone.
Può essere dato anche dalla pura posizionalità, cioè l’ordine degli elementi. (Inglese: New
York state University library) Collegamenti incrociati. (puer laudat puellam ). Insieme all’accordo è un esempio del
fenomeno della ridondanza. (pag 221)
12
 Collegamenti a distanza. La distanza sintattica è un aspetto essenziale nel comportamento
linguistico.
Ordine degli elementi nei sintagmi.
Ordine e dipendenza non sono sempre liberi. I modificatori possono trovarsi disposti da destra
verso sinistra o viceversa. La struttura,quindi, può essere progressiva (o con testa iniziale) ed i
modificatori disposti da sinistra verso destra, oppure regressiva (con testa finale) che accumula i
modificatori prima della testa (tedesco, inglese, turco).
Sostituenti
Si tratta di parole che, in certe circostanze, sostituiscono altre classi di parole. La parola che
sostituisce si chiama punto d’attacco. La classe di parole denominata pronomi è composta quasi
interamente di sostituenti. La sostituenza può essere a destra o a sinistra. I sostituenti che hanno
il punto d’attacco a sinistra si dicono anaforici, quelli che lo hanno a destra cataforici. Il punto
d’attacco può essere extra-sintagmatico cioè essere situato nella realtà. I sostituenti possono
essere pronomi clitici come, in italiano, lo, la, ne, ci, si, chi? Quale? Questo, quello… ma se ne
trovano aventi altre funzioni come, in inglese, I’m going to… I don’t (pag 226). I sostituenti sono
selettivi rispetto ai punti di attacco ed alcuni possono attaccarsi a sequenze sintagmaticamente
estese (interi enunciati), come, per es. i cosiddetti incapsulatori (fatto, circostanza, tragedia). Essi
possono essere liberi o legati o liberi. Nei sostituenti zero il punto d’attacco non è richiamato da
un sostituente manifesto ma zero. (He is tall, isn’t it?)
Meccanismi di espansione.
Caratteristica essenziale del livello sintattico è la possibilità di combinare elementi semplici, dando
luogo a catene sempre più lunghe. Tale fenomeno si chiama espansione e si verifica con un certo
numero di meccanismi:
 Ricorsività: possibilità di inserire, tra 2 elementi, un terzo elemento, ripetendo più volte
questa operazione (una ragazza simpatica una ragazza simpatica e bella, ect).
 Incassamento: si ha quando un sintagma viene adoperato come componente di un altro
sintagma (vedi es. pag 231.). Un tipico esempio di incassamento è la frase relativa.
CAP. 8 – FONDAMENTI DI GRAMMATICA
Grammatica in linguistica: insieme di regole e di regolarità, di obblighi da rispettare pur operando
liberamente.
La grammatica, rispetto alla sintassi che si occupa dell’ordine delle parole e della loro
combinazione, si occuperebbe delle categorie che intervengono in questa combinazione. Secondo
altre prospettive, la grammatica sarebbe l’unione di morfologia e sintassi, da cui l’uso del termine
morfosintattico.
13
Se si assume che grammatica indichi globalmente l’insieme dei meccanismi che permettono ad
una lingua di funzionare, si può affermare che:
a. Ogni lingua ha la sua grammatica, cioè una serie di regole che la fanno funzionare
nell’enunciazione.
b. È un oggetto che non si vede e quindi deve essere ricostruito dalla linguistica.
c. La linguistica formula ipotesi circa il modo in cui la grammatica di una lingua è fatta,
formula, cioè teorie della grammatica di una data lingua, cercando di fornire modelli
attendibili della conoscenza intuitiva che i parlanti hanno della loro lingua.
Possono esistere più teorie di una stessa lingua, ognuna delle quali pone l’accento su alcuni aspetti
specifici di essa.
Secondo la teoria della grammatica universale, esistono dei principi universali che si realizzano in
tutte le lingue (es: presenza del soggetto e del predicato). Ogni lingua, poi, utilizza attribuisce a tali
universali linguistici, dei parametri specifici. Oggi si pensa che la grammatica sia una perché
l’utente delle lingue è fatto in modo tale da imporre a tutte le lingue una determinata forma.
Ciascuna, quindi, dovrà presentare una fra le forme possibili. Le lingue possono variare solo entro
certi limiti determinati, imposti dalle proprietà dell’utente finale.
Ricordando che:
Asse paradigmatico: magazzino di memoria dal quale vengono selezionatii gli elementi da
disporre sintagmaticamente.
Asse sintagmatico asse sul quale si dispongono linearmente gli elementi linguistici selezionati.
Un parlante per emettere un enunciato seleziona gli elementi sull’asse paradigmatico (A) e li
combina su quello sintagmatico (B). Ad ogni indirizzo di (A) si accede liberamente ma una volta
scelto un indirizzo in (A) esso rinvia obbligatoriamente ad uno o più indirizzi in (B) z
Es. Da (A) posso scegliere liberamente il termine capo o testa, dire che essa mi duole o mi fa
male, ma una volta effettuata la scelta, devo scegliere obbligatoriamente dei parametri (sing o
plur, masch o femm. ect…)(vedere esempi pag. 274).
Si chiamerà grammatica, quindi, l’insieme delle opzioni obbligatorie che è necessario compiere in
una lingua dopo che si è compiuta una scelta libera.
Si osservi un’altra caratteristica importante della grammatica::
-
-
Le opzioni grammaticali sono sempre di carattere oppositivo (un singolare non si definisce
di per sé ma perché opposto al plurale, il presente si oppone ad un passato e ad un
futuro…)
Esse sono di numero limitato (per ogni opzione, le alternative non sono infinite ma
costituiscono de gruppi che vanno da un minimo di 2 ad un max di 10/15 come nelle lingue
con i casi).Da ciò si deduce che la grammatica è un insieme chiuso di opzioni obbligatorie.
14
GRAMMATICALIZZAZIONE E LESSICALIZZAZIONE
Abbiamo visto che i morfi si distinguono in lessicali e grammaticali. Una delle caratteristiche dei
morfi grammaticali sta nel fatto che costituiscono un insieme chiuso (numero limitato di opzioni).
Sono proprio essi a formare l’oggetto principale della grammatica nel senso prima definito: essi
sono i portatori delle opzioni obbligatorie citate.
Ricordando la dicotomia semiotica tra sostanza e forma dell’espressione…
Sostanza: tutto il materiale fonico, amorfo nella sua fisicità, che l’apparato fonico è in grado di
riprodurre e l’apparato uditivo in grado di percepire.
Forma: Il diverso modo che assume la stessa sostanza fonica nelle diverse lingue, le diverse
distinzioni che le lingue operano. (es. pag 51)
…. E tra sostanza e forma del contenuto
Sostanza: la totalità dei significati pensabili.
Forma: il modo in cui questa sostanza viene formata (es pag. 53 su come vengono designati,
segmentati, i colori nelle lingue)
Il contenuto che una lingua esprime, si forma secondo due canali, quello grammaticale e quello
lessicale: la grammatica, quindi, è l’analisi delle opzioni che le lingue formano secondo il canale
grammaticale.
Le opzioni non obbligatorie, fra cui scegliere, si riferiscono, invece, ai morfemi lessicali. Es: inglese
cat non ha forma di genere, quindi per intendere un gatto femmina si usa the she-cat; nelle lingue
dove non esiste il duale, si lessicalizza l’espressione con (ingl) both hands, (ted) beinde Hande,
etc…
Nozioni: varietà delle porzioni di contenuto formato, variabile da una lingua ad un’altra… Es: in
swahili ed in turco, tutti i verbi possono essere resi causativi con l’aggiunta di un suffisso, in
italiano il causativo è ottenuto tramite un processo di lessicalizzazione e non di grammaticalizz.:
morire uccidere (far morire), nasceregenerare (far nascere).
In diacronia il rapporto tra grammatica e lessico può modificarsi. Es: in inglese i verbi di
movimento si sono grammaticalizzati al punto da non esprimere più movimento ma proprietà
temporali: I’m going indica un futuro imminente, lo stesso voy a hablar in spagnolo.
Analogico e digitale
Ricordando che:
Occorre distinguere tra codici analogici e codici digitali in base al modo in cui essi codificano e
trasmettono l'informazione. Un codice analogico esprime una variazione in modalità continua,
come un orologio che con la lancetta percorre tutto lo spazio del quadrante senza saltare nessun
pezzo.
Un codice digitale, invece, esprime una variazione a salti, come un orologio digitale che non è in
15
grado di indicare tutti i momenti intermedi tra un momento x ed un momento x+1 (ad esempio
15:35:12 e 15:35:13: in mezzo ci sono degli istanti). Questa proprietà che indica la non continuità è
la discretezza e si dice che è un codice discreto. Le lingue verbali sono codici discreti: le parole
“penna” e “pena”, pur differendo per un minimo dettaglio, non hanno nulla a che fare dal punto di
vista del contenuto. Alcune lingue verbali hanno dei tratti di analogicità.
In turco, per esempio, l'intensificazione di significato che in italiano viene espressa col superlativo,
viene espressa con il raddoppiamento dell'aggettivo: “kadin” significa ”bello”, “kadin, kadin”
“bellissimo”.
Esiste una basilare differenza tra forma lessicale e grammaticale. I mezzi grammaticali, per quanto
raffinati, esprimono il contenuto digitalmente, il lessico lo esprime in modo analogico.. Per es. il
tempo non può essere espresso in maniera esatta con mezzi grammaticali ma necessità di altre
risorse lessicali.
I confini fra grammaticaliz. e lessicalizzaz. non sono netti ed i fenomeni possono trasformarsi l’uno
nell’altro in diacronia (es pag 277)
GRAMMATICA COME SEMIOTICA
La grammatica è un modo di formare la sostanza del contenuto o, si può dire, è una semiotica,,
seppur parziale. La gamma delle nozioni grammaticali, che è limitata, in genere risulta composta
da: definito/indefinito, persona, numero, tempo, modo, aspetto, genere, caso, e poche altre.. Ogni
lingua non sfrutta l’intera lista delle opzioni ma si comporta diversamente, in particolare per
quanto riguarda le forme sotto cui si presenta:
-
Selettività delle nozioni: ciascuna lingua seleziona alcune nozioni piuttosto che altre: in
russo si ha la distinzione animati e non, in latino ciò non accade.
Diversità di articolazione delle nozioni: nozione di numero: sing., duale, plur.
Combina e distribuisce le nozioni scelte sulle diverse parti del discorso. Es. Nome
caratterizzato da genere e numero, in arabo la stessa combinazione avviene per il verbo.
L grammatica di una lingua, dunque, è costituita essenzialmente dalle modalità di codifica che
essa sceglie per le sue nozioni.. Le risorse che le lingue hanno a disposizione per codificare le
nozioni, sono essenzialmente scarse ed usano tipicamente 3 tipi di manovra:
1. Sulla forma delle parole mediante i processi morfologici
2. Sulla struttura dell’enunciato mediante l’ordina delle parole e dei costituenti.
3. Sull’intonazione.
Entro ciascuna manovra, le lingue possono comportarsi in modi diversi che sono agli estremi di
una scala:
-
A codificazione densa: alto numero di opzioni
A codificazione rada: basso numero di opzioni
GRAMMATICA COME “DRAMMATIZZAZIONE” DELL’ENUNCIATO
16
Drammatizzare: termine metaforico riferito ad una pervasiva proprietà dei sistemi grammaticali
di drammatizzare l’enunciato come se si stesse mettendo in scena un’azione drammatica:
distribuzione di ruoli, descrizione sequenze di azioni, stabilire tempi, etc. (pg 284). Recenti indirizzi
della linguistica riconoscono che le diverse posizioni dell’enunciato servono per importare
nell’enunciato stesso alcuni ruoli del mondo esterno, cioè per rappresentarli linguisticamente
sotto forma di argomenti del verbo. Su tali ruoli tematici (o ruoli theta) non c’è totale accordo
tranne che su ruoli come:
-
Agente (o attore) colui che intenzionalmente dà inizio all’azione espressa dal verbo
Paziente (o tema): persona o entità che subisce l’azione espressa dal predicato
Sede dell’esperienza: l’entità che esperisce lo stato psicologico espresso dal predicato
Beneficiario o dativo: l’entità che trae beneficio dall’azione espressa dal predicato.
Luogo: il luogo in cui sono situati l’azione o stato espressi dal predicato
Fonte: l’origine dell’azione
Luigi
beneficiario
-
Ha ricevuto
Il libro
paziente
Da Franco
attore
A Milano
luogo
Esempi non tratti dal Simone:
PROPRIETÀ FORMALI E SOSTANZIALI
Non sempre osservabili, intese soprattutto come metafore, esse sono:
Sistematicità: per sistema s’intende un insieme di oggetti posti in relazione tra loro tale che
modificandone anche uno soltanto, l’intero sistema risulta modificato per qualche aspetto (es.
17
rete stradale). Nei sistemi perfetti, l’influenzamento reciproco è totale e incondizionato, nei
sistemi reali ci sono zone d’inerzia, non sempre gli effetti si avvertono ovunque ma in parte si
dissipano strada facendo.. Le grammatiche sono, dunque, dei sistemi dissipativi (es. pag 286)
Modularità: una formulazione più precisa per descrivere la sistematicità della grammatica
consiste nel definirla un sistema di sistemi, cioè un sistema composto di altri sistemi parziali o
moduli. Esistono delle aree della grammatica vistosamente modulari, ma non sempre è possibile
estendere l’enunciazione all’intera grammatica (Es. pag 287).
Centro e periferia
Una grammatica può essere rappresentata come uno spazio nel quale esistono un centro ed una
periferia ed il passaggio dall’uno all’altro si compie con una certa transizione, arrivando attenuati..
Il centro è occupato dalle strutture più frequenti e di applicazione più generale, la periferia
all’inverso.. (es pag 288)
Regolarità e partizione in classi. Parti del discorso.
Per ovvie ragioni di economia ed ergonomia (maneggevolezza d‘uso) è sempre possibile ravvisare
delle regolarità di funzionamento nelle parole delle lingue e ripartirle in classi accomunate da
somiglianze. Tali classi si organizzano in gerarchie più o meno complesse. Es
NOMI
Classe di
parole
maschili
Classe di
parole
femminili
Già la riflessione linguistica antica aveva osservato come le parole potessero essere ridotte ad un
numero ristretto di parti del discorso, nozione incerta perché col suo impiego non si riesce ad
evitare che restino intersezioni abbastanza cospicue che appartengono tanto ad una classe quanto
ad altre. Tuttavia l’esistenza di classi riconoscibili permette la costruzione di teorie grammaticali e
aumenta la maneggevolezza di acquisizione e utilizzazione da parte degli utenti,
Non è facile delineare un sistema di parti del discorso valide per tutte le lingue: si va da un
estremo all’altro:
Marche stabili
Per ogni parte del discorso
(latino)
Assenza completa
di marche
(lingua nootka)
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L’inglese, per es., ha un sistema difficile a cogliersi, orientato verso la parte destra della suddetta
scala. Esistono marche formali che permettono l’attribuzione di una parola ad un’unica parte del
discorso (p.es. le parole con il suffisso –tion) mentre in altri, numerosi casi, una parola può
operare come nome, aggettivo o verbo (round  a round town, a first round, we round the
building…)
Grammatica fine
Fra le diverse proprietà modulari, ne esiste una detta finezza. Fanno parte della grammatica fine,
di una lingua, tutti i fenomeni che rispondano ad almeno 2 dei seguenti requisiti:
-
-
Requisito formale: fenomeni in cui differenze notevoli di significato siano affidate a
differenze minime di significante (carnoso vs carnale, finire vs sfinire, rubare la borsa un
oggetto inanimato vs derubare una signora un oggetto animato). La finezza dei
fenomeni consiste nella relativa irrilevanza fonica dei materiali cui è affidato il compito di
distinguere significati.
Requisito semantico: fenomeni in cui differenze minime di significato siano espresse da
forti differenze di significante (passeggio vs passaggio). Sono particolarmente frequenti in
alcuni ambiti della morfologia derivativa dove ci si aspetta una corrispondenza tra matrice
morfologica e semantica, cioè che ad una differenza di significato notevole, corrisponda
una notevole differenza di significante, cosa che non sempre accade, specie in italiano che
è una lingua morfologicamente dispersa (es. saldatore  persona che salda, interruttore
 strumento che interrompe)
Proprietà sostanziali
Si tratta di tipi di strutture che possono presentarsi sotto forme diverse ma soddisfano
esattamente le stesse funzioni. Tra esse:
Deittici
Deissi è il riferimento che il parlante o chi scrive fa a persone, luoghi, tempi o ad altri punti del
discorso o del testo stesso che ancorano l'enunciato al momento dell' enunciazione, cioè al
momento e al luogo in cui chi parla o scrive sta parlando o scrivendo. I mezzi linguistici per
esprimere la deissi sono i dimostrativi, i pronomi personali io, tu, gli aggettivi o pronomi possessivi
mio, tuo ecc., gli avverbi qui, là, le espressioni temporali ieri, oggi, domani, fra x tempo, x tempo
fa.
Deissi personali: sono pronomi personali e aggettivi possessivi di 1°e 2°pers.(mio,tu,noi,...),
talvolta di terza persona. Mario non è deittico, io e tu sì, noi e voi sì, perché per stabilire chi dice io
bisogna essere presenti al momento dell'enunciazione. Il pronome di terza può essere deittico
oppure no. Se io dico o scrivo:
- E’ lui che mi ha rubato i soldi
lui è deittico perché chi non è presente, e non vede chi sto indicando, non saprà dal testo chi è il
ladro.
Se io invece dico o scrivo:
19
-
Mario mi ha abbracciato. Solo lui ha potuto sfilarmi il portafoglio
in questo caso lui è anaforico perché si riferisce a Mario, già introdotto nel testo e quindi a
disposizione per chiarire a chi si riferisce lui.
Ogni lingua ha un certo repertorio di parole che cambiano referenza secondo il contesto di
enunciazione in cui vengono proferite. Tu, questo, quello, qui, ora, là, allora, sono deittici perché
indicano entità diverse secondo la situazione. Il ruolo semiotico dei deittici è quello di far aderire
l’enunciato alla situazione comunicativa, di intelaiarlo su di essa.
Riflessività e distributività
Una speciale sottoclasse dei deittici ha la funzione di segnalare la riflessività e distributività ed
interessa soprattutto i pronomi personali e gli aggettivi possessivi.: Nella frase Luisa prende il
bambino, lo lava e si veste si ha come punto d’attacco Luisa, mentre lo ha come punto d’attacco il
bambino. Sì è un deittico riflessivo, lo è un deittico non riflessivo. Distributività Pag 296/297
Parole generali
Ci si riferisce al fatto che le lingue offrono delle risorse per supplire alla mancanza (provvisoria o
reale) di parole specifiche (la comune esperienza indicata da espressioni come “ce l’ho sulla punta
della lingua”). E’ venuto un tale, dammi quel coso, prendimi quell’aggeggio. Queste parole sono
chiamate parole generali perché indicano in modo massimamente generale, entità che possono
essere semmai specificate contestualmente. Ci sono anche parole con significato specifico ma
adoperati in certi contesti con significato generale; questa storia non mi piace, questa faccenda è
intricata, ect..
Quantificatori
Le lingue hanno mezzi per indicare il numero di volte che un certo oggetto, menzionato
nell’enunciato, viene preso in conto, ovvero la numerosità cardinale di quell’oggetto. Tali mezzi
sono i quantificatori e non vanno confusi con la categoria denominata numero (grammaticale) che
non serve quasi mai ad indicare quantità. Essi sono:
a. Marche morfologiche in grado di esprimere il numero (ristretta gamma di cardinali)
b. Una classe di parole di tipo nominale, specializzate per esprimere la numerosità in modo
rigoroso (da zero ad infinito: i numerali). Sono elementi organizzati in modo diverso nelle
varie lingue (base dieci, base 5, 60..)
c. Una classe di parole specializzata per esprimere quantità approssimate e di massa da nulla
a tutto (gli indefiniti): nessuno, pochi, alcuni, parecchi, molti, tutti, infiniti. Essi, a parte
nessuno che coincide con zero, non hanno corrispondenza nella successione di numerali
veri e proprio in quanto il loro valore spesso dipende dall’insieme di riferimento al quale ci
si rapporto. (il pochi di diecimila non è uguale al pochi di una decina)
20
CATEGORIE GRAMMATICALI
Si potrebbero chiamare categorie grammaticali i passi indicati nella tabella di pag 274: genere,
numero, tempo, modo, persona e, più precisamente: un categoria ogni classe di opzioni
grammaticali complementari (scegliendone una si esclude l’altra) ed omogenee originano dalla
codificazione di una stessa nozione grammaticale). Quindi, per es.
Categoria grammaticale
NUMERO
assegnata a classe di opzioni composta da
Singolare
e
Plurale
Le categorie sono scoperte quando ogni membro dell’opzione grammaticale si manifesta
fonologicamente, sono coperte quando ciò non è vero. In italiano la categoria di numero è
normalmente scoperta ma esistono casi (come caffè, crisi) in cui ciò non vale perché la differenza
tra sing e plur è fonologicamente nulla. Allo stesso modo in italiano non si fa differenza fra
animato ed inanimato ma questa distinzione è scoperta sul piano sintattico perché governa
l’opposizione tra a e dal nei complementi di moto (vado al cinema- inanimato – vado dal dottore
(animato). In inglese la nozione di genere è coperta. In altre lingue non c’è alcuna marca formale
che distingua un verbo transitivo da uno intransitivo (se non la possibilità che un verbo trans abbia
un compl oggetto e sia possibile renderlo passivo) mentre in latino la categoria di passivo è
scoperta.
Le categoria possono essere sistematiche o isolate, cioè, rispettivamente, applicarsi a (quasi)
tutte le forme di una certa classe o solo ad alcune di esse. L’italiano ha manifestazioni isolate di
caso (pronomi pers e relativi).
Le 2 distinzioni (coperte e non, isolate e non) possono incrociarsi dando luogo a 4 combinazioni. Si
tende a pensare chele categorie scoperte sistematiche siano più stabili diacronicamente e meno
soggette a fenomeni dinamici.
La categoria di Persona
Serve a segnalare chi è l’emittente dell’enunciato e chi il ricevente.. L’emittente chiama se stesso
io nel momento in cui prende la parola, quindi il pronome è il nome che colui che, in un dato
momento sta parlando, usa per designare se stesso. Allo stesso modo, il ricevente viene
identificato con tu. La prima e la seconda persona sono considerate universali linguistici. La
persona è un categoria deittica: l’emittente chiama se stesso io sin quando tiene la parola, dopo il
ricevente prende la parola ed il suo nome, dal punto di vista dell’emittente, diventa tu. L’uso della
narratività complica le cose, dato che permette all’emittente di riprodurre enunciati che riportano
altri enunciati e consentono all’io di designare ciascuno degli emittenti che prende la parola, di
volt in volta. Lo status della terza persona è molto diverso: designa un’entità che può non essere
presente, né essere una persona, infatti in alcune lingue non vi è nemmeno un pronome dedicato
(in latino, si usa il dimostrativo, ille o ipse). Vedi pag 311.
21
I pronomi personali possono essere plurali, duali, triali, ect… io e tu hanno come plurale sempre
noi e voi, ma il significato di noi non è il plurale di io perché in un’enunciazione il parlante è
solamente uno, quindi noi rappresenta io + qualcun altro. (Vedi pronome allocutivo pag 312)
Altra forma che la categoria di persona assume è costituita dagli aggettivi possessivi. La loro
funzione non è di marcare il possesso ma di indicare le relazioni che si istituiscono tra le persone e
quel che viene rappresentato dai nominali. Es : in Sivia gioca con il tuo bambolotto, il tuo può
coprire relazioni diverse, come il bambolotto che tu le hai regalato, Esempi pag 313.
Esiste una profonda affinità tra la designazione pronominale e quella aggettivale: entrambe
specificano il rapporto tra l’argomento e la/le persona/e che chiamiamo in gioco.
La categoria di Genere
Il genere è una categoria che si applica ai nomi e ai nominali e può essere coperto o scoperto e
proiettarsi in misura diversa nel pacchetto morfemico dei vari costituenti un sintagma.
L’opposizione grammaticale di genere conserva tracce di forme di iconicità, sia pur lontane nel
tempo (elaborazioni del pensiero primitivo)e non sempre basate sulla classe naturale del sesso ma
su altri parametri.
Le lingue si comportano diversamente relativamente al genere: lingue come l’inglese sono prive di
distinzione di genere (ma essa appare in modo coperto nelle riprese anaforiche). Nele lingue
romanze, speso il genere si riferisce ad oggetti femmina o maschio ma il genere di altri oggetti è
immotivato, esistono rovesciamenti (la guardia, il soprano), casi di genere unico (tigre, pantera)
casi in cui la forma della parola è priva di marche (il belga, la belga).. Nelle lingue a due generi, le
distinzioni possono funzionare come risorsa economica pe creare distinzioni lessicali con con
poca differenza fonologica (il pozzo, la pozza). In altre lingue esiste anche il neutro mentre altre
ancora presentano la distinzione animato-inanimato ed altre classificazioni più complesse, come
lo swahili dov, p.es. esistono prefissi diversi per identificare enti viventi e/o mobili ma non umani
(alberi, piante, fiumi…)
La categoria di Numero
Numero è il nome che si dà alla categoria che si manifesta, nella forma più semplice,
nell’opposizione singolare-plurale, ovvero in una risorsa per indicare la quantità in senso cardinale,
e collegandosi così ad una vasta classe di elementi linguistici: i quantificatori che si distinguono in
più categorie: indefiniti (qualche, pochi, molto) e definiti (come i numerali, uno, due, tre… ed altri
sintagmi appositi, un paio, una decina). Il numero è una categoria molto mescolata e complessa
(pag 318). Dal punto di vista morfologico si distinguono 3 sistemi principali:
 Lingue che distinguono singolare e plurale.
 Lingue che aggiungono anche il duale. Le lingue prive di duale morfologico usano forme
lessicalizzate (both hands, entrambe le mani..)
 Lingue con sistemi plurimi comprendenti un triale e, talora, un paucale.
22
La correlazione fra il sistema di valori morfologici e quelli semantici è abbastanza complesso da
definire. Nella frase: “il cavallo è un animale resistente” il singolare determinato indica in realtà,
non un solo esemplare di cavallo ma un’intera classe (esempi pg 319). Per quanto riguarda il
numero, quindi, la corrispondenza tra forma e significato è bassa. A ciò va aggiunto che nel
passaggio dalla forma sing alla forma plur, molti nomi subiscono delle importanti modificazioni di
natura semantica. Per questo motivo, nel lessico di una lingua, si distinguono solitamente tre classi
di nomi:
-
-
-
i nomi numerabili si riferiscono a oggetti che possono essere contati e a cui può essere
assegnato un quantificatore: 1 mela, 3 mele. Si riferiscono, quindi, ad entità entro le quali
può essere effettuato un prelievo di individui al quale attribuire una numerosità cardinale.
i nomi di massa si riferiscono masse indistinte di materiale che non hanno plurale ed in
cui il prelievo di parti può essere espresso solo con un indefinito: ho consumato dello
zucchero, un po’ di acqua.
i nomi collettivi si riferiscono a molteplicità di individui singoli: gregge, flotta. Indicano
insiemi di aggregati come i nomi di massa ma ammettono ul plurale come i numerabili.
E’ possibile riscontrare sovrapposizioni fra una classe e l’altra (pesce, vino, pescado. es pag
321). Altri nomi, tipicamente quelli astratti, hanno un plurale solo numerabile mentre il
singolare può essere sia numerabile che di massa: la cattiveria… ma “lui mi ha fatto molto
cattiverie”.
La categoria di Definito/indefinito
Gli enunciati possono far riferimento alle entità con diverso grado di precisione, muovendosi dal
nome proprio al pronome indefinito:
1. Ho visto Roma
2. Ho visto una città
3. Ho visto qualcosa.
Su questa base è identificabile una categoria grammaticale indicata con l’opposizione
definito/indefinito, che opera sui nominali, in cui il primo si riferisce ad un elemento
identificabile, il secondo ad uno non specificabile menzionato in modo generico.
La categoria, nelle varie lingue, può essere espressa:
1. Sintagmaticamente con un sintagma nominale costituito dal nome in questione e da
qualche risorsa specializzata per esprimere definitezza o indefinitezza come gli articoli o gli
aggettivi dimostrativi
2. Morfologicamente con un morfo dedicato alla radice nominale
3. Attribuendo ad una parola vicina (ad es. un aggettivo che accompagna il nome) un forma
definita.
La categoria di Caso
23
Il caso è una categoria tipica dei nominali e serve soprattutto a marcare alcune funzioni
grammaticali svolte dai nominali dell’enunciato,, ovvero di indicare quale relazione hanno con la
testa del sintagma di cui fanno parte. Il caso del nominativo, per es., è quello del soggetto anche
laddove non marcato, ed è considerato prioritario nella grammatica tradizionale. Altra funz.
Grammaticale spesso marcata è quella del compl. oggetto. Dal punto di vista tipologico, le lingue
munite di nominativo ed accusativo, si distinguono da quelle che trattano il soggetto in modo
diverso (le lingue ergative come il basco) secondo la natura semantica del verbo.
La caratteristica distintiva di una lingua ergativa è che mantiene un'equivalenza tra l'oggetto di un
verbo transitivo e il soggetto di un verbo intransitivo, e tratta il soggetto, meglio definito
come agente, di un verbo transitivo in maniera differente. Questo contrasta con le
lingue nominativo-accusative (come l'italiano, ma più evidente in latino), dove il soggetto di un
verbo transitivo e quello di un verbo intransitivo sono trattati allo stesso modo (spesso sotto il
caso nominativo) e contrastano con l'oggetto del verbo transitivo (spesso sotto il caso accusativo).
Questo fa pensare ad una profonda affinità tra sogg verbo intrans e ogget verbo transit. Ciò che il
soggetto dell’intransitivo e l’oggetto del transitivo hanno in comune, è un minore grado di
agentività, cioè possono influire meno sullo sviluppo dell’evento. A parte nomin, accusat ed ergat,
gli altri casi non sembrano segnalare funzioni dell’enunciato, quanto, piuttosto, ad intelaiare
l’enunciato nel contesto, rinviando continuamente alla dimensione extralinguistica (?).
In alcune lingue esistono, inoltre, i casi locali con la speciale funzione di segnalare la localizzazione
spaziale (più o meno coincidenti con i tradizionali complementi di moto a/da luogo, stato). Ci
sono lingue che, oltre alla pura e semplice localizzazione, sono spesso in grado di indicare con
mezzi grammaticalizzati, la direzione del movimento compiuto rispetto al luogo in questione,
arrivando, dal sistema minimo tripartito (stato, moto da e in luogo), sino agli otto casi locali del
Tunguso che seleziona 4 coppie indicanti diversi tipi possibili di stati e movimenti nello spazio o
all’ungheese che distingue una classe di casi che servo ad indicare la localizzaz rispetto all’interno
o all’esterno del punto cui ci si riferisce.
La categoria di Tempo
Si tratta di una categoria che afferisce ai verbi. Non ci si è discostati moltissimo dalle antiche
posizione di Aristotele e Platone ma ci sono state due importanti precisazioni:
1. Non solo il verbo ma anche altri mezzi linguistici designano il tempo
2. Non sempre il verbo esprime il tempo: alcune forma verbali hanno anche la possibilità di
indicare la qualità dell’evento (durata, ripetitività, regolarità)
Pur tuttavia il tempo è una proprietà del verbo. La localizzazione si misura a partire dal momento
in cui l’emittente produce l’enunciato. : ciò che accade prima è passato, ciò che ha luogo dopo è
futuro. I livelli chiamati in causa sono 2:
-
Il punto dell’enunciazione in cui l’emittente parla (realmente o simbolicamente come nelle
narrazioni)
24
-
Il punto dell’evento nel quale l’evento di cui si parla viene localizzato.
Sistema ideale (pag 3319 esteso con gradazioni come nella tabella:
Passato
Passato
Passato
Nel passato
Presente
Futuro
Nel passato
futuro
Passato nel
futuro
Futuro
Futuro nel
futuro
Questo sistema temporale esteso è solamente teorico perché non tutte le lingue hanno forme
apposite per riempire tutte le caselle dello schema. Sono, tuttavia, proponibili, le seguenti
generalizzazioni:
a. L’opposizione fondamentale in fatto di tempo sembra essere quella tra passato e non
passato. Infatti, se si registra spesso una forma specializzata per indicare il presente, la
forma restante (il non passato) serve speso per indicare sia il presente che il futuro. Molte
lingue non hanno una forma dedicata per il futuro ma usano forme perifrastiche. (I will
read, Ich werde lesen). Lo statuto del futuro risulta debole rispetto a quello, forte, del
passato.
b. Il presente è spesso adoperato per dare all’enunciato il valore di un’asserzione permanente
(o senza tempo): l’acqua bolle a cento gradi.
c. E? possibile localizzare gli eventi a distanze diverse rispetto l punto dell’enunciazione,
indicando più o meno precisamente, il grado di distanza tra i due punti (in ital.: passato
remoto vs pass prox). In alcune lingue, come il francese, non esiste più distinzione fra
passato pross. e remoto In lingue di questo tipo, la localizzazione fine si compie attraverso
espliciti segnali temporali (avverbi, sintagmi avverbiali, etc) Alcune lingue, al
contrario,hanno forme speciali molto precise per indicare il grado di distanza temporale
rispetto al momento dell’enunciazione.
La categoria di Aspetto
E’ una categoria attiva sui verbi, in forma coperta o scoperta.
1. Giovanni dorme
2. Giovanni si addormenta
Il primo verbo, dorme indica un processo già instaurato, il secondo si addormenta, indica l’inizio
di un processo. Questo è una differenza di aspetto.
I verbi codificano fasi diverse del processo indicato dal verbo stesso, per esempio:
Addormentarsi sottolinea la fase iniziale di un processo (è un verbo incoativo), dormire
sottolinea il tratto di “processo già instaurato” e “durevole”(verbo durativo), cercare enfatizza il
tratto durevole, trovare quello conclusivo (verbo risultativo).
25
Supponiamo che ogni evento possa essere rappresentato come costituito da tre fasi: inizio (I),
sviluppo (S), termine (T) e visualizzato così:
I____________________S__________________T
Su ogni fase dell’evento possono essere compiute alcune operazioni:
a. Co-occorrenza di I, S, T: evento presentato globalmente, senza esclusione di fasi.
b. Cancellazione o neutralizzazione: si può avere cancellazione di una fase qualsiasi o anche di
più fasi.
c. Focalizzazione: i enfatizzano una o più fasi.
d. Iterazione: una o più fasi vengono ripetute.
Sulla base di questo schema possiamo rappresentare i tipi aspettuali principali:
I_________________________S______________________T
Perfettivo: co-occorenza di inizio, sviluppo, termine
Ø_________________________S______________________T
Permanente: cancellazione di INIZIO
I_________________________Ø ______________________T
Puntuale: cancellazione di SVILUPPO (incontrare, raggiungere)
I_________________________S______________________Ø
Imperfettivo: cancellazione di TERMINE
I_________________________S______________________T
Incoativo: focalizzazione di INIZIO
I_________________________S______________________T
Risultativo: focalizzazione di TERMINE (imparare, cadere)
26
I_________________________S______________________T
Intensivo: focalizzazione di inizio, sviluppo, termine
I_________________________S______________________T
Ricorsivo: iterazione dell’intero evento
I_________________________S______________________T
Iterativo: iterazione di singole fasi dell’evento
Entro questa scala teorica le lingue selezionano le loro soluzioni, a volte grammaticalizzando, altre
volte lessicalizzando l’aspetto. Il verbo turco, per esempio, presenta svariate marche morfologiche
che possono modificare in modo sistematico la caratterizzazione aspettuale. Una distinzione
basica è quella tra perfettivo (in italiano sincronico, diverse varietà di passato) ed imperfettivo
(presente e futuro).
Categoria di Modalità e Modo
La modalità serve ad esprimere una gamma di atteggiamenti del parlante nei confronti di quello
che dice o degli eventi di cui sta parlando:
a. Arriva il treno (asserisce la verità di un evento e può essere provato come falso o vero)
b. La fortuna ti assista (esprime un augurio e non può essere sottoposto a giudizio di verità)
c. Prendi il bicchiere! (Ha la funzione di ordinare e non può essere sottoposto a giudizio di
verità)
La categoria di modalità opera in forme grammaticalizzate e lessicalizzate. Per ridurre l’analisi del
modo alle sue componenti elementari, la distinzione fondamentale può essere quella tra un modo
dedicato per gli enunciati sottoponibili a giudizio di verità (le asserzioni) e per quelle non
sottoponibili (comandi, domande, possibilità, obbligo). Il modo dedicato alle asserzioni ha
tradizionalmente il nome di indicativo. Le modalità non assertive si articolano in vari modi: i
comandi vengono espressi tramite l’imperativo, le domande, pur non avendo sempre un modo
apposito, sono evidentemente modali. Le restanti modalità possono essere ricondotte ad un’unica
formula basata su tre assi: certezza, possibilità, augurio.
Mentre in alcune lingue la modalità si manifesta giungendo materiale morfologico alle forme
verbali, in altre lingue la modalità si presenta organizzando intere serie (o paradigmi ) di flessione.
Le flessioni specializzate per esprimere la modalità sono i modi. Nella maggior parte delle lingue
europee si distinguono modi come l’indicativo, il congiuntivo, il condzionale, l’infinito, ecc..
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Diatesi
Indica il fatto che il verbo può presentarsi in più forme, come quella attiva e passiva.
La diatesi di un verbo descrive la relazione tra l'azione (o lo stato) che il verbo esprime e i
partecipanti identificati dagli argomenti (soggetto, oggetto ecc.). In italiano abbiamo tre
diatesi: attiva, passiva e riflessiva. Quando il soggetto è l'agente, il verbo ha una diatesi attiva.
Quando il soggetto è il paziente, scopo o in generale ciò che subisce l'azione, il verbo avrà
una diatesi passiva. Se l'azione ricade sul soggetto stesso, il verbo avrà una diatesi riflessiva.
In realtà le cose non stanno esattamente così: in molte lingue la forma passiva ha un ruolo diverso
da quello di segnalare il paziente e sembra piuttosto avere quella di occultare l’attore perché
sconosciuto o irrilevante.
Altre lingue h anno, accanto all’attivo e al passivo, anche una terza diatesi grammaticalizzata, il
medio, una classe di verbi con forma passiva ma significato attivo la cui proprietà sembra essere
quella di sottolineare che l’azione coinvolge in modo privilegiato l’attore e solo lui.
E’ possibile trovare importanti tracce di distinzione attivo/passivo anche nelle forme coperte..
Vedi es pag346.
CAP. 10 – FUNZIONI GRAMMATICALI
Nella visione tradizionale è usuale considerare l’considerare l’enunciato costituito da un certo
numero di posti che devono essere riempiti da due elementi obbligatori: soggetto e predicato.
Tali posti sono virtuali poiché possono essere riempitiva materiale linguistico di diversa natura e
persino da materiale inesistente, cioè da elementi zero. I posti virtuali (soggetto, predicato e
complementi) son quelli chiamati dalla tradiz. linguistica funzioni grammaticali. L’enunciato è formato,
quindi, da un certo numero di posizioni rappresentanti funzioni diverse: ogni posizione può essere occupata
solo da determinati tipi di entità linguistiche secondo secondo il seguente schema.
FUNZIONE
Rimpimento
SOGGETTO
Nome
Pronome
Aggettivi
Infiniti ostantivati
PREDICATO
Verbo
COMPL OGGETTO
Come il soggetto
Esiste, dunque, una correlazione, tra funzioni grammaticali e parti del discorso, in quanto ogni
parte del discorso può svolgere certe funzioni piuttosto che altre. Ma, mentre l’appartenenza di un
elemento ad una parte del discorso è stabile, la funzione grammaticale varia in base al contesto.
Una parola qualsiasi come zia resta sempre un nome ma può svolgere funzione di sogg come di
oggetto.
La teoria tradizionale delle funzioni grammatica lisi sviluppa secondo il seguente schema:
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Piano di analisi
Posti e ruoli
Analisi dell’azione
Chi fa l’azione
Azione
Risultato dell’azione
Analisi della
proposizione
Soggetto
Predicato
Compl oggetto
Verbo
Nominali
Analisi dell’enunciato Nominali
A questa concezione, la linguistica recente aggiunge un importante elemento nuovo: i partecipanti
all’azione hanno ciascuno un diverso grado di controllo (possibilità di attivarla, interromperla,
orientarla, concluderla) sullo svolgimento dell’azione stessa. Il controllo maggiore è esercitato da
entità animate ma anche quelle inanimate, in misura minore, possono partecipare all’azione (i
ragazzi hanno rotto il vero con un sasso). In una varietà di casi il soggetto rappresenta
linguisticamente il partecipante dotato di maggior controllo, l’oggetto quello con il minor
controllo.
La prospettiva sostanzialista, tuttavia incontra diverse difficoltà perché in molti casi (es. Luigi è
urtato da una macchina) quello che intuitivamente è il soggetto (proietta il suo pacchetto
morfemico sul verbo) , non ha alcun controllo sull’azione. Altre frasi, come it is raining, sono
munite di soggetto pronominale che non indica affatto chi compie l’azione. A causa di queste
difficoltà è apparso necessario integrare la prospettiva sostanzialistica con un’altra, che
chiameremo formalistica, perché insiste sul comportamento visibile degli elementi linguistici. In
questo quadro, l’analisi dell’enunciato non si basa solo sull’analisi dell’azione ma anche
sull’esplorazione delle proprietà formali delle parti del discorso e dei sintagmi. . E’ considerato
soggetto per es. l’elemento linguistico capace di attivare nel verbo alcune proprietà del suo
pacchetto morfemico, come il morfema di numero e persona. Inoltre, sul piano sintattico, il
predicato è un costituente che può essere sostituito da un pro-verbo.
Le funzioni grammaticali possono o no essere munite di una marca, come nelle lingue flessive
dove i nominali hanno un caso che segnala la loro funzione nell’enunciato.
Dal punto di vista tipologico, le lingue si distinguono in 2 classi fondamentali per quanto riguarda
il modo di rendere manifeste le funzioni grammaticali:
-
Lingue in cui possono muovere il posto di ciascuna funzione lineare senza che essa perde
il suo ruolo
Lingue il cui le funzioni grammaticali sono segnate solo dall’ordine dei costituenti., come
per es l’inglese. Queste lingue si dicono configurazionali.
29
Soggetto
Tradizione sostanz: la cosa o la persona che compie l’azione. Tuttavia ci possono essere enunciati
che descrivono non un’azione bensì uno stato (Paolo ha un cane), altri che descrivono un’azione
senza che sia possibile determinare chi la compia (Li hanno uccisi tutti), altri che alludono ad
un’assenza di azioni (Manca l’acqua), ecc..
Di seguito altre proposte per una definizione universale del soggetto:
a. A volte il oggetto è il nominale che si accoda con il vero proiettandovi numero e persona, in
alcune lingue, come il russo, il soggetto proietta sul verbo una parte del pacchetto
nozionale, altre volte un’altra parte.
b. Talvolta il soggetto è marcato:
c.
con un caso apposito (tedesco, arabo, turco)
Con una specifica posizione nell’enunciato ((inglese)
Con un morfo dedicato (giapponese).
La natura di soggetto si rivela, se non quando esso si manifesta come nome, almeno
quando si manifesta come pronome. (John saw Bill – John saw him – He saw John)
d. Il soggetto è l’unico costituente che possa intervenire in alcune specifiche elaborazioni
grammaticali, come nella passivizzazione
Tali criteri, tuttavia, non sono bastevoli per la determinazione del soggetto e non valgono per
tutte le lingue, a volte nemmeno per una sola, perché ognuno di essi può trovare dei fenomeni
che dimostrano il contrario:
-
soggetti fantoccio (it takes two hours to arrive),
casi di doppio accordo (con soggetto e oggetto)
casi di accordo incongruo (accordo a senso, qnd il verbo si accorda non con il pacchetto
superficiale del sogg ma con il suo significato)
Casi di soggetto indefinito o irrilevante (pare, sembra, si dice, man, one)
Casi in cui la determinazione del soggetto è impossibile (il clitico si: tra noi, non ci si parla
più)
Casi di verbo all’infinito (infinito narrativo) e soggetto assente
Soggetto e attore
A Carlo accade spesso di avere sonno durante la lezione. Carlo non è il soggetto della frase ma ne
è chiaramente l’attore. Negli enunciati, soggetto ed attore vanno differenziati.
Carlo dice a Luigi di restare a casa. Carlo dice a Luigi di voler restare a casa. Costruzioni a
controllo (pag 359).Verbi a controllo del soggetto (qnd il loro soggetto è anche attore
dell’infinito), verbi a controllo dell’oggetto o del complemento indiretto.
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La nozione di soggetto, dunque, è debole in quanto non è possibile riscontrala univocamente in
tutte le lingue
Predicato
La nozione di predicato, quella di predicare, cioè dire qualcosa a proposito del soggetto, è una
nozione relazionale perché non esiste se non in rapporto ad un soggetto. La teoria sintattica
moderna concorda con la tradizione logico-grammaticale antica, ritenendo che soggetto e
predicato siano componenti universali degli enunciati e che attorno ad essi si organizzi la struttura
logico funzionale del linguaggio. I complementi sono dei circostanziali che si saldano ad una
struttura nucleare composta da sogg e pred. Tra sogg e predic possono sussistere due relazioni
diverse: il loro legame può essere affermato o negato. Il ruolo di predicato può essere svolto da
materiale linguistico di diversa specie, di solito un verbo ma non sempre: Luisa è medico (copula e
aggettivo), bella, questa casa!
Complemento oggetto
La trad lo definisce come la cosa o la persona sulla quale si trasferisce l’azione indicata dal verbo
(transitivo). Esso è, dunque, un costituente dipendente dal verbo transitivo, a volte rappresentato
da un caso (l’accusativo) sul quale si scarica l’azione rappresentata dal verbo stesso. Il ruolo
tematico rappresentato dall’oggetto è, quindi, dotato di un minore controllo (rispetto al soggetto)
sullo svolgimento dell’evento descritto dalla clausola.
Ma non sempre la cose stanno così: Luigi non ha tempo, Luigi ha fatto il bravo ragazzo: sono
esempi in cui non c’è nessuna azione che si scarica sull’oggetto. La nozione tradizionale di oggetto
non funziona con sufficiente rigore. Innanzitutto, l’oggetto è da intendersi non come persona o
cosa ma come nominale immediatamente dipendente da un verbo transitivo. Anche così restano
diverse incongruenze circa l’identificazione del soggetto, in quanto:
a. È possibile ravvisare importanti distinzioni tra diversi tipi di oggetto: in taluni casi l’azione
espressa dal verbo crea l’oggetto (ho cotto il pane), in altri si applica ad un oggetto già
esistente (ho cotto la carne).L’oggetto creato dall’azione del verbo si dice fattivo.
b. Una notevole quantità di sintagmi dipendenti da verbi transitivi possono sembrare oggetto
senza esserlo: n diverse lingue (inglese, arabo, latino) esiste il fenomeno del doppio
accusativo: I give her the hat. Uno dei due oggetti serve ad indicare un destinatario
(beneficiario) animato. Nella trasformazione passiva il diverso statuto dei due oggetti si
rivela: soltanto il sintagma animato può diventare compl di agente.
Premesso ciò, la strada che meglio sembra cogliere i fatti è che l’oggetto deve essere individuato
ad un livello più profondo di analisi.
Casi profondi
Si è detto che ogni verbo è accompagnato da un certo numero di posti: ognuno di questi posti dà
espressione ad una particolare categoria di significato. Il significato connesso a ciascun tipo di
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posto si indica come caso profondo. Le forme linguistiche sotto cui si manifestano i casi profondi
sono diverse ma il loro significato è stabile.
1. Quel ragazzo apre la porta
2. La chiave apre la porta
Le due frasi sono strutturalmente identiche ma:
-
non possono coordinarsi tra loro: *Quel ragazzo e quella chiave aprono la porta.
Se vogliamo montarli in un unico enunciato possiamo ottenere solo: Quel ragazzo apre la
porta con la chiave.
Quest’ultimo enunciato rivela che tra quel ragazzo e quella chiave malgrado l’identità
strutturale, esiste una differenza profonda che non risulta dall’organizzazione apparente della
catena sintagmatica. Il ragazzo individua l’attore, la chiave indica lo strumento dell’azione
espressa dal verbo.
Si distingue, dunque, un livello superficiale (le unità linguistiche come appaiono) da un livello
profondo che contiene relazioni e proprietà che, pur non visibili sul piano superficiale,
influenzano in diversi modi l’organizzazione strutturale stessa.
La teoria dei casi profondi distingue un certo numero di casi:
-
A agentivo: indica il caso corrispondente all’attore
S strumentale: indica lo strumento inanimato che interviene nell’attuazione dell’azione
D dativo (o B benefattivo ): indica l’essere animato interessato o beneficiario dell’azione.
-
F Fattitivo: indica l’oggetto che viene prodotto o messo in essere dall’azione dal verbo.
L locativo: indica la collocazione o la direzione dell’azione indicata dal verbo nello spazio o
nel tempo.
O oggettivo: si riferisce a tutto ciò il cui ruolo nell’azione indicata dal vero è specificato dal
significato stesso del verbo e che ha il minimo grado di controllo sull’evento.
-
Dunque la differenza tra:
1. Quel ragazzo apre la porta
2. La chiave apre la porta
Sta nel fatto che quella chiave è un S mentre quel ragazzo è un A
Ciò si evince più chiaramente mettendo insieme gli enunciati, da cui: quel ragazzo apre la porta
con la chiave.
A si manifesta come sintagma nominale soggetto e S sotto forma di sintagma preposizionale
aperto da con. La porta è un O.
La teoria dei casi profondi coincide con quella dei ruoli tematici: ogni enunciato contiene un certo
numero di argomenti ciascuno dei quali può essere occupato da determinati casi profondi (o ruoli
tematici). In base a questa teoria è possibile dare un nome agli argomenti che caratterizzano
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ciascun verbo: dare, per esempio, è un verbo a tre argomenti caratterizzato da una cornice di
tratti, cioè da una matrice che indica quali casi possono riempire ciascun posto:
Il bambino dà una mela a Maria = [_________ A +O +B]
Tornando al problema iniziale di definire il complemento oggetto, la teoria dei casi profondi ci dice
che esso è un sintagma nominale che rappresenta una F o un O o un D (o B) in senso profondo.
Tra un caso e l’altro esiste una gerarchia basata su un diverso grado di controllo che ciascun caso
profondo può esercitare sullo svolgimento dell’azione, secondo il seguente grado di crescendo:
Oggettivo
Beneficiario
Strumentale
Minor grado di controllo
Agentivo
Maggior grado di controllo
Per questo, se un enunciato contiene sia un O che un B, il complemento oggetto sarà l’O. Se
compare un S e non c’è un A, il soggetto sarà S. Ma se c’è n A accanto ad un S, allora A è il
candidato più forte alla funzione soggetto.
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