PATOLOGIA GENERALE - Lezione n°3 14-10-2013 – Prof.ssa Teti Antonio De Maria RISPOSTE CELLULARI AL DANNO Continuiamo sulla falsa riga di quello che abbiamo detto nella scorsa lezione cioè che la patologia è il risultato di un’incapacità, impossibilità, inadeguatezza dei meccanismi omeostatici di controllo fisiologici a rispondere ad un danno, ad una noxa patogena e quindi dobbiamo vedere quali sono le risposte della cellula a questi agenti patogeni. Cioè la cellula abbiamo visto l’altra volta come ha la possibilità di regolare le proprie funzioni, i meccanismi omeostatici che regolano la costanza di funzione e che possono essere di danno, possono essere quelli che poi non sono i più idonei; vediamo quindi come una cellula sottoposta a un danno risponde a questo danno. In condizioni fisiologiche, di normale funzione della cellula, la cellula è sottoposta a dei limiti. È confinata, è limitata da diversi elementi, diversi fattori. Questi elementi che limitano le funzioni, le attività della cellula sono rappresentati ovviamente dai suoi programmi genetici di metabolismo, di funzione, di specializzazione, di differenziazione: cioè ogni cellula è differenziata in base all’espressione dei propri geni. Ho dei programmi genetici (le cellule hanno tutte gli stessi geni, però nelle diverse tipologie di cellule, questi geni sono diversamente espressi e da questo dipende la differenziazione, dipende il tipo di proteine quindi le funzioni che una cellula svolge) quindi le cellule hanno dei limiti che derivano dai propri programmi di specializzazione, perché la specializzazione è un caso ulteriore rispetto alla differenziazione, quindi ogni cellula è limitata al suo grado di differenziazione e di specializzazione nello svolgere una determinata funzione. È limitata da altri fattori, per esempio (l’abbiamo accennato la volta scorsa) dall’inibizione esercitata dalle cellule vicine: abbiamo parlato del fatto che le cellule, quando sono a contatto, sono vicine l’una all’altra e si scambiano delle informazioni rappresentate da piccole molecole, ioni e queste molecole trasmettono dei messaggi che inibiscono alcune attività della cellula come per esempio la proliferazione. Uno dei meccanismi con cui la proliferazione viene contenuta entro certi limiti è proprio dato dai messaggi di inibizione delle cellule vicine attraverso le giunzioni comunicanti. Ovviamente dalla disponibilità di substrato, di sostanze nutritive. Quindi, ha diversi limiti la cellula, però nonostante questi limiti, se la cellula è sottoposta a determinati stimoli, a determinati agenti patogeni, la cellula può rispondere in maniera diversa da quella che è la normalità: o con un eccesso, un aumento di funzione, o con un difetto di funzione, perché la cellula può rispondere anche riducendo la propria attività. La cellula è in grado di rispondere a queste richieste, a queste attività patologiche (ora vedremo il danno), ma anche una risposta a queste richieste fisiologiche mediante una messa in opera di quei meccanismi che abbiamo detto essere meccanismi omeostatici di controllo, però appunto quando gli stress, le richieste fisiologiche sono eccessive, tanto da diventare stress, o quando la cellula è addirittura sottoposta all’azione di questi agenti patogeni, le cellule vanno incontro a determinate condizioni di adattamento che possono essere diverse, ovviamente riguardano sia la struttura sia la morfologia. In questa maniera, quando le cellule rispondono adattandosi a uno stress eccessivo fisiologico o a una noxa patogena, le cellule (di necessità) devono costituire, fondare un nuovo sistema omeostatico, un nuovo equilibrio, diverso dal precedente. Perché devono stabilire un nuovo equilibrio? Per poter far fronte a queste mutate esigenze e quindi le cellule modificano la loro attività, la loro funzione perché arrivano a stabilire un equilibrio dinamico diverso da quello che precedeva l’azione degli agenti patogeni o dell’eccesso di stimoli fisiologici. Le cellule raggiungono un diverso equilibrio dinamico, lo raggiungono attraverso questa risposta adattativa che è una risposta di adattamento alle nuove condizioni. Tuttavia succede che anche la risposta adattativa ha dei limiti, non è che la cellula possa rispondere in maniera adeguandosi a qualunque condizione. Quando la risposta adattiva non riesce più a compensare, a dare adeguate risposte agli stimoli eccessivi o patologici, allora la cellula va incontro al danno. La cellula, prima di andare incontro a un danno, cerca di adattarsi alle nuove condizioni, ma se questo non è possibile, la cellula subisce un danno; danno che, in prima istanza, è un danno reversibile, cioè un danno che può regredire se lo stimolo patologico viene allontanato (può modificare la propria struttura, la propria funzione per via di un danno ai suoi organuli cellulari). Un danno che però, se lo stimolo dura poco o non è eccessivo, può essere reversibile. Se lo stimolo patologico è eccessivo o dura a lungo nel tempo, il danno che prima era reversibile diventa irreversibile e ovviamente è uno step che porta poi alla morte cellulare. Ecco le risposte della cellula agli agenti lesivi, quindi la morte cellulare non è un fatto repentino, ma una conseguenza di tutta una serie di risposte cellulari. A seconda della natura, della tipologia dello stimolo patologico, la cellula può adattarsi e mettere in atto delle risposte adattative che possono o aumentare l’attività policlonale o la possono ridurre. Vedete in questo diagramma che c’è un danno, si può avere anche una ridotta attività funzionale della cellula fino alla morte cellulare che si estrinseca nella condizione di necrosi. La necrosi è quella condizione di morte cellulare che riguarda un certo numero di cellule per l’azione di agenti lesivi rappresentati soprattutto da tossine, sostanze tossiche o soprattutto da una ridotta pressione di ossigeno, quindi ipossia. In condizioni di ridotto apporto di ossigeno, la cellula riduce la propria attività fino ad andare incontro a morte, la necrosi è una condizione di morte cellulare che riguarda un consistente gruppo di cellule, quasi tutto un tessuto. CAUSE DI DANNO CELLULARE Vediamo quali sono le risposte cellulari al danno [che sono limitate nonostante gli agenti lesivi possano essere numerosi]. Vediamo intanto quali sono questi agenti lesivi che possono portare al danno. 1. AGENTI FISICI a. Traumi meccanici b. Radiazioni c. Temperatura (ustioni, congelamenti) 2. AGENTI CHIMICI 3. AGENTI INFETTIVI/BIOLOGICI 4. IPOSSIA 5. REAZIONI IMMUNOLOGICHE a. Ipersensibilità b. Autoimmunità 6. ANOMALIE GENETICHE 7. DISTURBI NUTRIZIONALI a. Carenza alimentare b. Carenza vitaminica c. Obesità Quali sono le risposte cellulari a questi danni? La prima fase è rappresentata dall’adattamento: la cellula cerca di adattarsi. La flessibilità è un processo che è importante sia sotto il profilo umano e sociale, sia sotto il profilo anche biologico, anche le cellule cercano di adattarsi alle mutate condizioni. ESEMPI DI RISPOSTE CELLULARI Quali sono le condizioni principali di adattamento? Non dobbiamo considerarle come patologie, ma come processo di adattamento, messa in atto di meccanismi omeostatici diversi da quello iniziale che è migliore per la sopravvivenza. 1. ADATTAMENTI CELLULARI a. Atrofia b. Ipertrofia c. Iperplasia d. Metaplasia e. Displasia Come vi dicevo le risposte adattative possono portare a un aumento della funzione od ad una diminuzione della funzione ed in questo caso, nel caso della ridotta funzione, ovviamente l’atrofia che è la riduzione del volume di un organo per riduzione del volume delle cellule è una risposta. Le cellule, in determinate condizioni, possono andare incontro ad atrofia. La cellula come fa a svolgere le proprie funzioni in carenza di ossigeno? LIMITA la propria attività funzionale alla semplice sopravvivenza, cioè cerca di limitare le proprie funzioni a quelle necessarie per sopravvivere. Per fare questo, le cellule degradano i loro componenti cellulari, i loro organuli: c’è una riduzione del numero dei mitocondri, dei ribosomi, riduzione proprio delle attività degli organuli che sono preposti alle attività funzionali della cellula. Quindi facendo questo, la cellula riduce il proprio volume degradando, non attraverso gli enzimi lisosomiali, ma attraverso un altro processo che coinvolge il proteosoma, le cellule riducono i propri organuli vitali, quelli che svolgono le attività funzionali della cellula e le cellule vanno in contro alla riduzione del proprio volume, mantengono le attività funzionali strettamente necessarie alla sopravvivenza. Un altro tipo di risposta adattativa è proprio l’esatto opposto: l’ipertrofia. Quella condizione in cui un organo o un tessuto aumenta il proprio volume per aumento del volume delle cellule. Le cellule diventano più grosse perché aumentano il loro numero di organuli vitali, ribosomi, mitocondri e quindi aumenta il loro volume, non aumenta solo il liquido citoplasmatico, aumentano gli organuli e questo perché la cellula deve svolgere un’attività funzionale maggiore, viene richiesta un’attività maggiore alle cellule e queste, per rispondere a questa richiesta di lavoro, aumentano il loro numero di organuli e quindi aumenta il loro volume. Il classico esempio è quello muscolare: il muscolo risponde a una maggiore richiesta funzionale con l’allungamento delle sue fibre, con un aumento del volume delle fibre perché le cellule devono svolgere una maggiore attività e quindi aumentano gli organuli cellulari. Un’altra risposta adattativa è l’iperplasia. Mi sembra di avervi detto che è la risposta delle cellule a uno stimolo, ad una richiesta funzionale maggiore, ad uno stimolo ormonale. Quando le cellule sono sottoposte a questi stimoli e sono cellule che hanno mantenuto la capacità di proliferare, quelle muscolari non l’hanno mantenuta. C’è un solo caso in cui le cellule muscolari aumentano la capacità proliferativa, quale? La lesione muscolare. Sì, infatti, la vedremo tra poco, è stata studiata recentemente questa situazione dell’iperplasia, cioè l’aumento del numero delle cellule che però è una condizione abbastanza ridotta, un evento limitato rispetto alla risposta dell’ipertrofia. Le cellule muscolari, ad esempio nell’aterosclerosi dove c’è un ispessimento della tonaca muscolare per azione di una citochina prodotta dalle cellule endoteliali (platelet derived growth factor, PDGF) che è l’unico in grado di dare proliferazione. Con l’ispessimento della tonaca muscolare a livello dei vasi sanguigni, questi vanno incontro ad aterosclerosi per l’azione di questa citochina prodotta dalle piastrine e si chiama proprio PDGF, uno dei più potenti fattori mitogeni. Quella è la condizione unica, patologica. C’è comunque un’iperplasia di risposta che accompagna l’ipertrofia di cellule muscolari, ma diciamo questa componente iperplastica è molto ridotta rispetto alla componente ipetrofica nella risposta adattativa delle cellule muscolari. Ci sono invece cellule che hanno mantenuto intatta la loro capacità di proliferare e quindi, a maggiori richieste funzionali, rispondono con un aumento. Aumentano le schiere. È una condizione di risposta adattativa a degli stimoli, ma, una volta eliminati, le cellule ritornano alla condizione precedente, cioè riducono il loro rave proliferativo e quindi il tessuto ritorna alle condizioni iniziali come dimensioni. Un’altra situazione di risposta adattativa è rappresentata dalla metaplasia. La metaplasia indica un passaggio, una costituzione di un tipo di tessuto con un altro tipo di tessuto ugualmente differenziato, ben differenziato come il tessuto che viene sostituito. In condizioni molto critiche, le cellule pur di assicurare la sopravvivenza del tessuto, sostituiscono il tipo di differenziazione. Non è che cambiano il livello di differenziazione, viene sostituito un tessuto ben differenziato, con un altro tessuto, altrettanto ben differenziato, non ugualmente differenziato. Questa sostituzione consente alle cellule di sopravvivere e far fronte a queste mutate condizioni ambientali. Molte volte c’è una riduzione della specializzazione delle cellule che rende le cellule più fragili, più sensibili all’azione degli agenti lesivi, con cellule un po’ meno specializzate, ma più resistenti. E questa è la metaplasia. [Tratterà dopo della displasia] 2. DANNO CELLULARE ACUTO a. Danno reversibile b. Morte cellulare: I Necrosi II Apoptosi Dopo l’attivazione di queste risposte adattative, se gli stimoli persistono, la cellula va incontro al danno. Si passa attraverso varie fasi: un danno acuto che prima è reversibile e poi diventa irreversibile, poi la morte cellulare che può avvenire con due meccanismi: necrosi e apoptosi. L’apoptosi riguarda una morte cellulare che avviene con un meccanismo completamente diverso rispetto alla necrosi e perché è diverso? Lo vedremo quando parleremo più approfonditamente dell’apoptosi, perché l’apoptosi interviene nei meccanismi di regolazioni delle dimensioni del tessuto. Una delle costanti in un organismo è la dimensione di un tessuto, tutto è dato da un equilibrio tra proliferazione e morte cellulare e differenziamento. La morte cellulare che interviene nella regolazione delle dimensioni di un tessuto, è la morte per apoptosi, non per necrosi. La necrosi è sempre l’espressione di una morte cellulare patogena, magari una noxa patogena che ha causato un danno irreversibile ed ha portato a morte la cellula. Poi ci sono altre differenze e lo vedremo, in questo momento mi interessa che abbiate chiaro questo concetto. La morte cellulare che regola le dimensioni di un tessuto, che fa parte, che entra in gioco con la proliferazione e la differenziazione, è la morte per apoptosi. Voi potreste dire “L’apoptosi è una morte per così dire fisiologica.” Interviene nel mantenimento dell’omeostasi. Ed infatti l’apoptosi ha questo ruolo, ma non ha solo questo ruolo, nel senso che l’apoptosi è un evento, sia che sia ridotta, sia che sia aumentata, che può avere anche caratteri patologici. Ha una doppia faccia! Strumento, meccanismo di regolazione delle normali dimensioni di un tessuto, ma anche processo nettamente patologico, sia che sia in eccesso (cioè le cellule vanno incontro ad un eccesso di morte cellulare per apoptosi: Parkinson) oppure una riduzione dell’apoptosi (come nel cancro, in molti tipi di cancro). L’apoptosi ha questa duplice veste che interviene nei normali meccanismi omeostatici, ma che può anche essere causa di patologie. La necrosi è un evento sempre patologico, dovuto a danno irreversibile della cellula. 3. ALTERAZIONI SUBCELLULARI ED INCLUSIONI Altre risposte cellulari sono alcune alterazioni che riguardano proprio gli organuli subcellulari, proprio perché gli organuli subcellulari sono quelli preposti alle normali funzioni delle cellule. Potremmo avere un danno a livello mitocondriale, se c’è un eccesso di stimolazione da parte degli ormoni della tiroide, noi abbiamo delle alterazioni funzionali a livello dei mitocondri, fino ad arrivare alla dissociazione tra fosforilazione e ossidazione. È ovvio che gli organuli cellulari siano coinvolti, come anche le inclusioni. 4. ACCUMULI INTRACELLULARI Altre risposte adattative sono gli accumuli intracellulari, le cosiddette degenerazioni. Le degenerazioni sono delle condizioni patologiche in cui c’è un accumulo di sostanze in cellule che normalmente non le contengono. Per esempio i trigliceridi che sono presenti a livello degli adipociti, non costituiscono causa di degenerazioni, di obesità sì, ma non di degenerazione. Se i trigliceridi sono presenti a livello degli epatociti, allora noi abbiamo la steatosi, una grave condizione degenerativa. Le lipidosi riguardano invece i lipidi complessi e carenze enzimatiche, ci sono le glicogenosi, diversi casi di accumuli. 5. CALCIFICAZIONI PATOLOGICHE L’altro capitolo sono le calcificazioni patologiche che fanno parte delle degenerazioni perché sono patologie in cui si ha accumulo di sali di calcio, di pirofosfato, deposizione non a livello dell’osteone come nella calcificazione fisiologica, ma a livello di vari organi e tessuti: questa è degenerazione. Possono essere la conseguenza o di una ipercalcemia, cioè le cosiddette calcificazioni metastatiche, dovute all’aumento, all’alterazione a livello degli ormoni che regolano il metabolismo del calcio e del fosforo con aumento della calcemia che supera di 11 mg x 100 ml. Dobbiamo sempre chiederci quali sono i valori normali, perché poi viene spontaneo agli esami che ve lo chiediamo, a parte questo è importante che se voi studiate una patologia in cui c’è un aumento di qualcosa, è naturale sapere l’aumento rispetto a cosa, a quale valore. Chiedetevi sempre il perché. Il valore di calcemia è molto limitato, tra 9 e 11 mg x 100 ml. Un range molto basso. In particolari condizioni patologiche come l’iperparatiroidismo, lo pseudoiperparatiroidismo, altre patologie che determinano un’ipercalcemia, possono favorire, in presenza di altre sostanze che sono le sostanze scatenanti, la precipitazione di fosfato di calcio, ma le calcificazioni eterotopiche hanno un luogo diverso di deposizione di calcio rispetto al normale luogo di deposizione. L’altra forma di calcificazione eterotopica è la calcificazione distrofica che è dovuta a una condizione di necrosi cellulare. In molte condizioni, un’evoluzione della necrosi è la calcificazione. In un ambito di cellule che sono andate incontro a necrosi, è più facile che ci sia la precipitazione di Sali di calcio. Il motivo sta nel fatto che, in corso di necrosi, si ha la liberazione di enzimi lisosomiali da parte di cellule necrotiche che danneggiano anche le cellule vicine e, tramite gli enzimi lisosomiali, viene attivata la fosfatasi acida, che avrebbe una funzione simile a quella della fostafasi alcalina che è quella fisiologica che fa depositare i sali di calcio correttamente. In questa condizione in cui c’è questa liberazione massiccia di fosfatasi acida, i sali di calcio in una situazione normale di calcemia in cui non c’è un’alterazione della funzionalità degli ormoni che regolano questo metabolismo, si ha precipitazione nel luogo in cui il tessuto è andato incontro a necrosi e sono moltissime le condizioni: il granuloma tubercolare che voi studierete nell’infiammazione cronica che porta ad un particolare tipo di necrosi e poi quello che noi vediamo tante volte anche in un reperto radiografico: una piccola calcificazione a livello dell’ilo polmonare, è l’esempio di una calcificazione che si è potuta realizzare a livello di un tubercolo che è andato incontro a necrosi. C’è appunto la liberazione degli enzimi lisosomiali, della fosfatasi acida. C’è la calcificazione a livello dei vasi sanguigni, una placca ateromatosica, una lesione infartuata… ci sono varie condizioni in cui c’è questo accumulo di calcio e sempre fa parte delle risposte cellulari al danno. Quelle adattative sono queste, ma queste sono risposte cellulari diverse rispetto ad un evento dannoso. Atrofia: parlavamo dell’atrofia e della riduzione della grandezza e della funzione di una cellula. Se qualcuno vi dovesse domandare di discutere sull’atrofia, voi dovreste rispondere con maggiore correttezza: “Non è solo una riduzione della grandezza, ma anche della funzione. La riduzione della grandezza è in funzione della riduzione della funzione”. Tutti voi sanno come può ridursi un arto dopo tanto tempo che è stato per esempio ingessato. Una delle possibili cause è la ridotta utilizzazione da immobilizzazione di un arto in seguito ad una frattura. Tuttavia siccome le cause di atrofia non sono dovute soltanto ad una ridotta utilizzazione di un arto, ma può esserci l’implicazione di stimoli da parte delle terminazioni nervose che hanno una funzione trofica sulle cellule muscolari. Un altro esempio di atrofia muscolare è quella che riguarda l’infezione da virus della poliomielite, non è dovuta a immobilizzazione ma è una atrofia di tipo neurogeno. Ipetrofia: Aumento anche della funzione di un organo in seguito ad uno stimolo ormonale o in seguito ad una maggiore richiesta di lavoro, per esempio l’ipertrofia cardiaca in seguito ad ipertensione arteriosa, in seguito ad una alterazione delle valvole cardiache, aortica. In particolare in queste condizioni, l’ipertrofia ventricolare, le miofibrille implicate sono quelle che riguardano la contrazione rapida. Un altro esempio di ipertrofia è rappresentata dall’aumento del volume della prostata. Di solito l’ipertrofia prostatica aumenta con l’età, è quasi fisiologico che ci sia un aumento del volume della prostata, questo per eccesso di ormoni di tipo estrogeno, può aumentare la produzione di estrogeni e siccome ci sono dei recettori per gli estrogeni sulla prostata, allora si può avere l’ipertrofia prostatica a causa degli estrogeni o per azione dei fattori di crescita. Per quanto riguarda l’ipertrofia muscolare abbiamo il caso in cui aumentano il numero delle fibrille come in questo caso, oppure aumenta il sarcoplasma e si parla di ipertrofia sarcoplasmatica, oppure in particolari condizioni può esserci un’iperplasia con un aumento dell’aumento delle fibre muscolari. Intervengono vari fattori: l’aumento delle miofibrille (aumentano le proteine contrattili, actina e miosina), aumento del connettivo, della vascolarizzazione e l’aumento delle fibre (è ancora controverso questo discorso perché appunto l’ipertrofia muscolare è un processo a più livelli, multidimensionale, perché ci sono molti fattori coinvolti, c’è coinvolto anche il processo iperplasico che è sostenuto dalle cellule satelliti). C’è un intervento della proliferazione delle cellule satelliti, un intervento dei meccanismi che la stimolano, del sistema immunitario, di fattori di crescita ed anche degli ormoni. Ci sono segnali all’interno delle cellule che attivano l’attività contrattile, come quelle calcio-dipendenti attraverso le protein-chinasi, le MAPchinasi. Questo sistema della Rapamicina (Mamalian target of rapamicin) che è una protein-chinasi che fosforila serina e treonina e regola la crescita, la proliferazione, la motilità delle cellule muscolari. Per cui le cellule possono essere indotte a modificare la propria condizione di sintesi proteica e quindi ad aumentare la loro attività di sintesi proteica e ad inibire il catabolismo perché aumentare gli organuli cellulari porta ad aumentare la sintesi e ridurre il catabolismo. L’inverso dell’atrofia. S’è visto che nell’ipertrofia muscolare intervengono diverse citochine, proprio perché sono in grado di interagire con recettori specifici presenti a livello muscolare e poi ci sono proprio ormoni anabolici come l’IGF-1 (uno dei più potenti fattori mitogenici), il testosterone e l’ormone della crescita che hanno un ruolo molto importante nel determinare l’ipertofia. Come vedete l’ipertrofia muscolare non è un evento banale, ma un evento complesso in cui intervengono molteplici fattori e molteplici vie di trasduzione del segnale, attivazione di vie di trasduzione del segnale. Iperplasia: Abbiamo detto che l’iperplasia è un aumento del numero delle cellule, sempre per stimolazione ormonale, per una maggiore richiesta funzionale e questa iperplasia abbiamo visto può riguardare anche l’iperplasia a livello del muscolo. Le cellule satelliti che rivestono la fibra muscolari, in seguito al trauma, vengono attivate e vengono indotte a proliferare. Se il trauma è breve, non è di grande entità, la cellula satellite torna allo stato di quiescenza, ma se lo stimolo persiste a lungo, le cellule satelliti vanno incontro a proliferazione e migrano verso la fibra danneggiata. Ci sono due vie: Si fondono con la fibra danneggiata e questo dà luogo all’ipertrofia, la fibra aumenta di volume. Oppure le cellule satellite vanno incontro a un processo di proliferazione e si fondono tra di loro dando luogo a nuove fibre muscolari e questa è l’iperplasia. Se si fondono con la fibra danneggiata, questa aumenta di volume, se si fondono tra di loro dando origine a nuove fibre muscolari, abbiamo l’iperplasia. Metaplasia: è la conversione, sostituzione di un tipo di tessuto ben differenziato con un tipo di tessuto altrettanto ben differenziato. Avviene per alterazione della maturazione delle cellule, ancora non è chiaro se è dovuto alla stimolazione delle cellule staminali che vengono colpite con il segnale a differenziarsi in altro modo o delle cellule mesenchimali. Displasia: Possiamo considerare anche questa una risposta adattativa, in cui abbiamo delle alterazioni della grandezza, della morfologia e della disposizione delle cellule nell’ambito dei tessuti. Nella displasia l’architettura generale di un tessuto viene alterata. Per esempio la cheratosi attinica che avviene a livello dell’epidermide. È un’alterazione della morfologia, della grandezza e soprattutto del posizionamento, dell’organizzazione delle cellule nell’ambito di un tessuto la cui architettura viene modificata. A livello della mammella vi sono varie forme di displasia. Abbiamo visto i cambiamenti possibili che seguono a un danno cellulare: abbiamo visto la cellula normale subisce un danno in base all’intensità, alla durata, all’entità del danno, la cellula può andare incontro a cambiamenti adattativi, oppure può andare incontro a danno o a cambiamenti reversibili (per esempio le degenerazioni) oppure ancora può andare incontro a cambiamenti irreversibili che sono l’anticamera della morte, della necrosi. Volevo solo farvi notare che il danno che può dare luogo a uno di questi tre cambiamenti cellulari, ma che anche questi cambiamenti cellulari sono tra di loro connessi. O il danno da degenerazione od un guasto irreversibile che porta direttamente alla morte, oppure si può arrivare tramite queste varie fasi di adattamento, di danno acuto reversibile, di danno acuto irreversibile e poi quindi morte. Il danno può dare luogo ad una delle tre risposte, oppure l’ultima risposta può essere conseguenza della prima. COME SI PRESENTA LA CELLULA DANNEGGIATA La cellula che va incontro a un danno [figura; nota del correttore: la figura fa riferimento alla differenza tra necrosi e apoptosi, ma è l’unica che ho trovato che mostra i blebs] questa è una cellula normale, questo è un danno reversibile. Qui però già vedete che ci sono delle alterazioni a livello della membrana: queste estroflessioni che si chiamano blebs. Vedete come ci sia una dilatazione, un rigonfiamento del reticolo endoplasmico, un rigonfiamento un po’ generalizzato di tutta la cellula. Incominciano i processi di autofagia perché? C’è una dilatazione, un aumento di permeabilità della membrana lisosomiale con liberazione di enzimi lisosomiali che determinano distruzione degli organuli cellulari, quindi il processo di autofagia; ed il rigonfiamento dei mitocondri, presenza di corpi densi. Nel danno reversibile, si ha perdita della funzione cellulare e si determina un danno strutturale, però come vedete da questa diapositiva, la cellula può cambiare la sua condizione e ritornare alla situazione precedente. Quindi, una cellula danneggiata con danno reversibile, ritorna alla sua condizione precedente (vedete che c’è una freccia bidirezionale). Nel danno irreversibile le cellule quasi si dissolvono, si ha una completa alterazione profonda, massiccia del reticolo endoplasmico rugoso, il nucleo va incontro a danno profondo o per picnosi o per cariolisi, si ha un rigonfiamento mitocondriale con alterazione della fosforilazione ossidativa e soprattutto si hanno dei gravi danni a livello della membrana; il guasto principale è l’adesione della membrana perché si hanno soluzioni di continuità e quindi alterazione soprattutto della pompa sodio-potassio e quindi ingresso di sodio e di acqua all’interno della cellula che comportano maggiore rigonfiamento della cellula e di tutti gli organuli con perdita di funzione e in questo caso il passaggio dal danno reversibile a irreversibile è a unico senso (non c’è la freccia bidirezionale) dove la cellula va incontro a morte. Qua sono rappresentate grossolanamente le due condizioni di morte cellulare. Vedete quella per necrosi in cui si ha una cellula che è rigonfia, ingrandita, con lesione dei granuli cellulari e con estroflessioni della membrana, non so se lo notate, queste estroflessioni contengono solo il citoplasma non ha gli organuli cellulari, mentre invece quando la cellula va incontro ad apoptosi, vedete che si formano queste grosse estroflessioni della membrana profonde, vediamo però che noi ritroviamo gli organuli cellulari che sono ancora perfettamente funzionali e la cellula, anziché andare incontro ad un processo di rigonfiamento, nell’apoptosi va incontro ad un processo di raggrinzimento cellulare. Vedete che poi, a livello di queste estroflessioni, si ha la rottura e vedete questo pezzo che si stacca dalla cellula e questi corpi che si distaccano dalla cellula che contengono gli organuli cellulari funzionanti si chiamo apoptosomi. Mentre, invece, la cellula che va incontro a necrosi, vedete qui non ha nessun organulo ha solo citoplasma e poi va incontro prima a rigonfiamento e poi a lisi. RADIAZIONI IONIZZANTI Un esempio di morte cellulare a livello di cellule proliferanti o non proliferanti è dato dall’azione degli agenti fisici, delle radiazioni ionizzanti che determinano, in presenza di acqua, una radiolisi cioè una rottura delle catene del DNA. A livello della rottura si formano i radicali liberi, in presenza di acqua, e queste possono portare, nelle cellule proliferanti, a danno del DNA (quindi non possono rispondere con l’aumento della replicazione perché sono incapaci di proliferare e quindi si ha la morte cellulare) oppure a livello delle cellule non proliferanti, il danno maggiore che i radicali liberi possono produrre è a livello degli acidi grassi insaturi dei lipidi di membrana (sono particolarmente sensibili all’azione dei radicali liberi dell’ossigeno) quindi perdita dell’integrità di membrana [per ossidazione dei lipidi di membrana] e la morte cellulare. Abbiamo detto che questi agenti lesivi gravi, persistenti, inducono tutti questi danni alle cellule, però guardate che la cellula è dura a morire. Nello stesso momento in cui la cellula subisce un danno, è impressionante il fatto che la cellula metta in atto dei sistemi di sopravvivenza che cercano di ridurre il danno e cercano anche le cellule di attivare quei processi di proliferazione cellulare se le cellule non sono gravemente danneggiate. Cioè le cellule hanno la capacità di stabilire quali sono quelle che devono proliferare e invece quelle che è meglio vadano incontro a morte. Perché? Se le cellule subiscono un profondo danno a livello del DNA, queste cellule sono indotte, attivano i programmi di morte cellulare che le porta alla morte per apoptosi (detta anche morte altruista) per evitare di trasmettere alle cellule figlie, ove mai avessero mantenuto la capacità di replicarsi, il danno ricevuto. Ci può essere il caso che abbiano ricevuto un danno grave al DNA, ma abbiano mantenuto le cellule la capacità di proliferare. In questo caso le cellule sicuramente trasmetterebbero un danno alle cellule figlie, quindi avremmo un tessuto ricco di cellule danneggiate che non possono svolgere la loro funzione. Le cellule che hanno ricevuto questo danno profondo, prima disattivano i programmi di riparazione del danno al DNA (perché nell’apoptosi succede questo: c’è la disattivazione). Le cellule hanno tanti programmi di riparazione di un danno al DNA, però quando il danno è serio ci vuole tanto tempo, nel frattempo le cellule possono proliferare. Prima che la replicazione avvenga, le cellule disattivano il loro programma di riparazione e vanno incontro a morte. O rispondono in questo modo, oppure le cellule che invece non hanno subito un danno mortale, vengono indotte a proliferare. Noi dobbiamo intendere le cellule non come entità a sé stanti, ma come parte di un tutto che è il tessuto, cioè la cellula attiva questi programmi di morte e di replicazione cellulare per il mantenimento dell’omeostasi del tessuto, non della singola cellula, ecco la socialità delle cellule che è persa nel caso di una cellula trasformata. Le cellule danno una risposta, più che per la singola cellula, per la visione di un insieme, di un’entità superiore della cellula che è l’integrità del tessuto. - Ma è l’agente nocivo che stimola la cellula a proliferare o è la cellula che subisce il danno? È la cellula. Allora, l’agente nocivo determina un danno X. Se il danno è riparabile entro breve tempo, prima che la cellula si replichi, vengono attivati tutti quei meccanismi (come la PAP) di riparazione del DNA e quindi poi la cellula va incontro a replicazione. Tuttavia se l’agente lesivo è tale che ha danneggiato gravemente il DNA, per cui la cellula impiegherebbe troppo tempo per ripararsi e nel frattempo la cellula va incontro a proliferazione, la cellula invece attiva il programma di apoptosi, viene disattivata la riparazione del DNA e poi vengono attivati i meccanismi di morte cellulare. È sempre una lama a doppio taglio. Agente lesivo e la risposta a seconda dell’entità dello stimolo e del danno. COME RISPONDE LA CELLULA? Un tipo di risposta può essere la heat shock response. È stata studiata per la prima volta in cellule sottoposte a danno termico. Viene attivato un certo tipo di risposta dovuta allo shock termico. Viene adottata non solo in seguito allo shock termico, ma anche in seguito a stimoli molto gravi. La risposta in che cosa consiste? Nell’attivazione di alcuni geni che normalmente sono repressi. Quando c’è questo shock termico o questi stimoli altamente lesivi, alcuni geni vengono attivati. I geni ci sono, alcuni sono espressi altri no. Anche condizioni non solo della differenziazione, ma anche la risposta a stimoli nocivi. Quali sono geni che andremo ad attivare? Un gene che si chiama GADD 45 che significa Growth Arrest of DNA Damage. Un gene che produce delle proteine che inducono a resto della crescita che cercano di riparare il danno nel DNA. Geni che sono espressi in una cellula sottoposto non dico solo a shock termico, ma anche ad altri tipi di agenti lesivi che inducono alla riparazione del DNA. Oppure altri geni che codificano per proteine come l’ubiquitina che sono proteine che vengono chiamate proteine chaperon. Lo shock termico e gli altri stimoli, alterano, modificano la struttura terziara-quaternaria delle proteine. Le proteine perdono la loro struttura tridimensionale e si allungano “unfolded proteins” cioè non sono più impacchettate come lo sono in condizione fisiologica. Queste proteine creano un grave danno alla cellula e allora vengono eliminate attraverso un inglobamento in proteine più grosse come l’ubiquitina (è una proteina molto grossa, si chiama così perché è presente in tutto l’organismo) e questa ubiquitinazione comporta l’attivazione di un processo complesso (la formazione del cosiddetto proteosoma) e della degradazione di queste proteine senza che si danneggi la cellula. Al contrario di quello che accade durante la necrosi: c’è l’aumento della permeabilità dei lisosomi e vengono liberati gli enzimi lisosomiali che danneggiano la cellula. Questi enzimi che degradano proteine unfolded che sono di danno per la cellula, sono dei processi silenti che non danneggiano la cellula. Sono vari tipi di risposta che la cellula può dare in seguito allo shock termico o ad un danno consistente e questo è un esempio. L’apoptosi è il programma per cui viene disattivato di riparazione perché troppo lungo ed il danno è troppo complesso e nel frattempo la cellula potrebbe proliferare e trasmettere il proprio danno alle cellule figlie e poi d’altra parte vi avevo detto che le cellule che non sono state danneggiate, se quelle vanno incontro a morte, per mantenere costante l’omeostasi è necessario che si formino altre cellule. Nello stesso momento (questa è la cosa secondo me mirabile) in cui alcune cellule vanno incontro a morte, lo stesso danno induce le cellule che non sono state gravemente danneggiate ad attivare il loro programma di riparazione con l’attivazione, l’espressione di geni (se la cellula fa una cosa, è perché ha delle proteine che le fanno fare determinate cose). I geni che codificano per alcuni fattori di trascrizione che si legano a siti di consenso del DNA ed alcuni geni determinano la proliferazione come c-fos, c-jun, c-myc. La grandezza della popolazione cellulare di un tessuto è determinata da tre eventi: proliferazione, apoptosi e differenziazione. Queste sono le patologie della proliferazione cellulare. A partire da una situazione di normalità, si può avere un accumulo di cellule in seguito ad un processo iperplastico o tumorale, le cellule si accumulano, sono superiori a quelle di partenza ed invece questa è la condizione del numero cellulare per eccesso di perdita cellulare. È chiaro che l’entità della popolazione cellulare dipende da questi tre fattori ed ovviamente se c’è uno stimolo della proliferazione, la popolazione aumenta ecc…diverso è per l’apoptosi. [1.33.15-1.33-31 Si mangia le parole] CICLO CELLULARE Brevemente vi volevo far ricordare la distinzione tra le cellule che mantengono il loro grado di proliferazione o le cellule che sono dette labili. Quelle permanenti sono quelle che non si dividono più, quelle quiescenti si dividono in particolari condizioni (di normalità ma in seguito a determinati stimoli). Le cellule quiescenti si trovano in una condizione G0, mentre quelle permanenti escono completamente dal ciclo proliferativo. Vi sto parlando della patologia del processo proliferativo, stiamo entrando nel discorso dei fattori che intervengono nel mantenimento dell’omeostasi del numero di cellule in un tessuto che sono rappresentate dalla proliferazione, dall’apoptosi e dalla differenziazione. Vediamo come avviene la proliferazione, quali sono i fattori responsabili, vediamo poi come si estrinseca l’apoptosi. La proliferazione avviene attraverso queste quattro fasi Non so se vi ricordate che la fase G1 prende più della metà di tutto il ciclo mitotico. Perché? - Avviene l’accrescimento cellulare. - In che senso? L’aumento della proliferazione? Ma quello si ha nella fase M. - No, nel senso che avviene l’accrescimento degli organuli. - E ci vuole tutto questo tempo? È un poco lento. Può essere giusta anche la vostra idea. Io vedo tutto in termini di regolazione degli eventi biologici. Quando la cellula va incontro a proliferazione, è un evento molto importante. La cellula prima di andare incontro a proliferazione, ci pensa due volte. Vi ho detto prima che ha la capacità di resistere, di affrontare tutto quello che può, però è anche una cellula che prima di prendere una decisione, dev’essere sicura che quella decisione sia giusta. E l’allungamento, questo maggior tempo che la cellula impiega in fase G1 dà conto di questa necessità per la cellula, perché? Voi lo sapete che una volta che si supera la fase G1, il cosiddetto checkpoint, non c’è più niente da fare: la cellula prolifera. E allora la cellula ci pensa bene prima di superare il checkpoint! Deve valutare se questo è un evento utile per il tessuto di cui la cellula fa parte! Secondo me dev’essere ben sicura la cellula, come fa la cellula a saperlo? Perché a livello della fase G1 intervengono molti se non tutti i meccanismi di regolazione della proliferazione. Quali sono? Agenti che attivano la proliferazione: abbiamo i cosiddetti fattori di crescita. Se non ci sono fattori di crescita, la cellula non prolifera. Secondo voi i fattori di crescita, in quale momento della vita della cellula intervengono? Nella fase G1! Nella fase G1 noi possiamo distinguere due sottofasi, due metà. Nella prima metà della fase G1, intervengono i cosiddetti fattori di competenza. Le cellule, dalla fase G0 sono indotte a proliferare quindi a entrare nella fase G1 ed entrano nella prima metà per azione dei fattori di competenza che sono rappresentati dall’FGF (Fibroblast Growth Factor) e da quel fattore di crescita di cui vi parlavo poco fa PDGF (Platelet Derived Growth Factor). La cellula in fase G0, viene indotta ad entrare in fase G1. Ammettiamo che questa cellula non riceva ulteriori stimoli: ha avuto lo stimolo a passare nella fase G1. Se noi non diamo altri stimoli, la cellula ritorna nella fase G0. Quindi non è sufficiente che lei passi dalla G0 alla G1 per andare a proliferare: ha bisogno di ulteriori stimoli per andare avanti nella fase G1 ed andare incontro alla proliferazione. Come vedete qua c’è l’ingresso ma anche l’uscita, ritorna alla fase G0. Ammettiamo che la cellula vada avanti e vada nella seconda metà della fase G1 nella fase di progressione in cui intervengono altri fattori di crescita, per esempio l’IGF-1 che inducono la cellula a inoltrarsi nella fase G1 ed a progredire fino ad arrivare al checkpoint e sono questi fattori che inducono le cellule ad andare verso la fase S. Tuttavia se le cellule arrivano in questa fase di progressione e poi non diamo stimoli ulteriori, la cellula rimane in fase G1 e sapete che fa la cellula se rimane in fase G1 per un po’ di tempo? Va incontro ad apoptosi. Nella fase G1 si possono creare diversi eventi, perciò è questo il motivo secondo me. Se ci sono gli stimoli adeguati, i fattori di competenza, i fattori di progressione, superano il checkpoint e poi il destino è quello, ma se non ricevono stimoli adeguati, se sono cellule stabili, tornano in fase G0, altrimenti vanno incontro ad apoptosi. Vedete che nella fase G1 si gioca il destino della cellula, o sopravvive o muore. Non è detto che per forza vada a proliferare, è una fase molto importante della fase della proliferazione e questo è il ruolo dei fattori di crescita, credo lo conosciate questo meccanismo. ONCOGÈNI Perché i fattori di crescita agiscano, è necessario l’intervento di due fattore di crescita, io mi soffermo su questo perché tutti i geni che codificano per fattori di crescita, per i recettori dei fattori di crescita, per proteine che sono a ridosso della membrana, sono tutti geni coinvolti nei tumori. Se questi geni sono mutati con guadagno di funzione, questi geni sono la causa di molti tumori, i cosiddetti oncogéni. Non fate la confusione con oncògeni. Oncògeni: Generatori di tumori, sono le cause chimiche, fisiche, biologiche che possono portare al tumore. Oncogèni: Geni mutati nel tumore I geni che codificano per fattori che agiscono in maniera positiva nella proliferazione si chiamano protooncogèni, sono geni che funzionano regolarmente perché la cellula deve proliferare in maniera regolata ed adeguata. Questi geni che attivano la proliferazione si chiamano proto-oncogeni. Quando i proto-oncogeni subiscono delle mutazioni con guadagno di funzione, si chiamano ongogèni. Per contro, ci sono altri geni che producono fattori che inibiscono la proliferazione, perché la proliferazione è uno stato dell’equilibrio tra geni che attivano e geni che inibiscono. I geni che codificano per proteine che inibiscono la proliferazione si chiamano geni oncosoppressori o anti oncogèni. Non è che agiscono sugli oncogèni, agiscono per conto loro in maniera autonoma nell’inibire della proliferazione. Tutte queste cose che stiamo facendo adesso fanno parte dei proto-oncogèni. I fattori di trascrizione sono codificati da proto-oncogèni. I fattori di crescita devono interagire con due recettori per lo meno, due molecole. Vedete questo è necessario perché questi recettori che prima sono distanti l’uno dall’altro, modificano la loro struttura ed entrano in contatto. Il contatto attiva un’attività enzimatica, presente nella coda del recettore del fattore di crescita che è un’attività di protein-chinasi a livello di tirosina: una tirosin-chinasi. Le tirosine presenti all’interno della parte intracitoplasmatica dei recettori dei fattori di crescita si autofosforilano. La autofosforilazione determina un’attivazione e fosforilazione di alcune proteine che si trovano proprio a ridosso della parte interna della membrana, sono delle proteine particolari che hanno un modulo che si chiama SH2 che è un modulo di omologia, sono moduli di omologia (H sta per homology) col modulo presente nella proteina principe studiata in un tipo di tumore (sarcoma) che si chiama SRC [Pronuncia: SARC] La proteina SRC, codificata da un proto-oncogéne studiato nel sarcoma, è una proteina che ha un modulo. Questo modulo è presente, anche se con conformazione diversa, nelle altre proteine che si trovano a livello della parte interna della membrana plasmatica, che sono proteine che hanno un modulo simile al modulo presente sulla proteina SRC. Questo modulo viene chiamato SH2. Perché ve lo sto dicendo? Con questo modulo SH2, queste proteine che si trovano a livello della membrana, interagiscono con le tirosine fosforilate presenti nella coda citoplasmatica del recettore e vengono a loro volta attivate. L’attivazione di queste proteine determina l’attivazione di altre proteine a livello delle GProtein (sono codificate dal gene ras, si chiamano G perché legano il GTP) a livello di altri che poi attivano raf che a sua volta attiva le MAP-chinasi con un processo di fosforilazione a cascata (MAP-k, MAP-k-k, MAP-k-k-k, ecc…) ci sono varie MAP-chinasi. Alla fine che fanno? Fosforilano i fattori di trascrizione, perché i fattori di trascrizione non si possono legare ai loro siti di consenso se non sono fosforilati. La fosforilazione ad opera delle MAP-chinasi rende questi fattori di trascrizione c-fos, c-jun, c-myc, fosforilati e vanno a legarsi ai siti di consenso attivando i geni con attivazione della proliferazione. [Disegno di una semiluna con trattino per indicare il modulo SH2. Se dovessi reperire l’immagine sull’Idelson, aggiornerò la lezione.] Questo modulo è presente in tutte queste proteine che si trovano a ridosso della membrana. Ogni proteina si lega a un residuo di tirosina fosforilata, ci potrebbe essere un po’ di confusione, tutte hanno il modulo SH2. Lungo il recettore del PDGF ci sono tante tirosine fosforilate, a seconda della posizione avremo un diverso numero [Y624 ad esempio]. Accanto ci sono altre sigle che riguardano gli amminoacidi che sono successivi alla tirosina. Ogni tirosina fosforilata è legata ad un certo tipo di amminoacido. Il modulo SH2 di queste proteine di membrana, si lega ad un solo tipo di tirosina fosforilata, perché questo modulo SH2 è simile ma ha una diversa conformazione nelle diverse proteine e quindi questo modulo SH2 si lega ad un solo tipo di tirosina fosforilata che ha quella sequenza di amminoacidi precisa. Il modulo SH2 della proteina SRC si lega solo e soltanto a questa tirosina perché a questa tirosina seguono questi amminoacidi (la glicina, la lisina, la valina, l’acido aspartico) che sono successivi alla tirosina fosforilata. Quest’altro si può legare solo a questa tirosina perché è seguita solo da questi amminoacidi e non da altri. Questa è la spiegazione di quello che vi sto dicendo io a parole: il modulo SH2 di SRC si lega a quella tirosina in quella posizione perché è formato da due tasche. Una tasca è quella che contiene la tirosina fosforilata e questa tasca è comune a tutti i moduli SH2. Tutti i moduli SH2 hanno la prima tasca identica, perché è la prima tasca che lega la tirosina fosforilata. La diversità sta nella seconda tasca. La seconda tasca del modello SH2 di SRC è in grado di legare un amminoacido che è presente in posizione 3 rispetto alla tirosina fosforilata. Vedete che c’è una distanza tra la prima tasca e la seconda tasca, questa distanza è data da due amminoacidi. La seconda tasca di SH2 di SRC può legare solo l’isoleucina. L’altro modulo SH2 della fosfolipasi C ha il primo modulo identico, il secondo modulo lega addirittura subito l’amminoacido immediatamente successivo alla tirosina fosforilata ed è una tasca grande, quindi prende 5 amminoacidi immediatamente successivi alla tirosina fosforilata perché ha questa conformazione. Mentre il modulo SH2 di SRC ha la conformazione piccola, prende solo un amminoacido, la seconda tasca che prende un solo amminoacido [..] e dista due amminoacidi dalla tirosina fosforilata e quindi piglia il terzo amminoacido. Ecco perché e come queste proteine che mediano la trasduzione del segnale delle MAPchinasi, legano in maniera diversa le tirosine presenti nella coda citoplasmatica del recettore del fattore di crescita e quindi inducono la proliferazione.