COSMÈ TURA E FRANCESCO DEL COSSA L’ARTE A FERRARA NELL’ETA’ DI BORSO D’ESTE Ferrara Palazzo dei Diamanti Palazzo Schifanoia 23 settembre 2007 6 gennaio 2008 SOTTO L’ALTO PATRONATO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA GIORGIO NAPOLITANO COMUNE DI FERRARA PROVINCIA DI FERRARA FONDAZIONE CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA CASSA DI RISPARMIO DI FERRARA una mostra di FERRARA ARTE in collaborazione con PINACOTECA NAZIONALE DI FERRARA MUSEI CIVICI D’ARTE ANTICA DI FERRARA GALLERIE D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA DI FERRARA «Non si mostrò mai in pubblico senza essere adorno di gioielli»: Papa Pio II Piccolomini descriveva così Borso d’Este, signore di Ferrara dal 1450 al 1471. Tali parole sembrano dare ragione a quegli storici che hanno trasmesso l’immagine di un uomo preoccupato più della propria apparenza che delle arti. Al contrario, i vent’anni del governo di Borso hanno coinciso con la nascita di quel linguaggio pittorico peculiare che contraddistingue l’arte ferrarese del Quattrocento. La mostra, curata da Mauro Natale con grande intelligenza critica, ripercorre quella stagione irripetibile riunendo oltre 150 opere provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private: non solo dipinti ma anche sculture, miniature, disegni, incisioni, medaglie, oreficerie, tessuti, chiamati a rievocare la ricchezza e la complessità della cultura figurativa estense di quegli anni. Nella prima sezione, intitolata Gotico padano e gotico internazionale. Ferrara attorno al 1450, sono evocati a larghi tratti il clima cosmopolita e il variegato panorama artistico della Ferrara di Leonello d’Este (1441-1450), predecessore di Borso. Alle medaglie e ai disegni di Pisanello, ai fogli del Breviario di Leonello, alle sculture di Michele da Firenze, ai capolavori di Jacopo Bellini, Bono da Ferrara e Rogier van der Weyden è affidato il compito di richiamare quella premessa fondamentale all’età di Borso d’Este. Segue la nascita di quella che Roberto Longhi ha definito Officina ferrarese che segna il passaggio dalle forme eleganti del gotico internazionale ad un nuovo linguaggio caratterizzato da cromie preziose e da una violenta espressività, del tutto specifico della scuola ferrarese. Un ruolo di guida spetta ai miniatori, tra cui dominano Giorgio d’Alemagna, Taddeo Crivelli e Guglielmo Giraldi che, come nel sontuoso Messale di Borso, fondono il gusto tardogotico con le forme geometriche e luminose del Rinascimento. Analoga commistione formale caratterizza la pittura, dall’eleganza di Angelo Maccagnino alla nobile eccentricità di Michele Pannonio. Il fulcro della mostra è costituito dalla consacrazione del nuovo stile ad opera dei due grandi protagonisti dell’età di Borso: Cosmè Tura e Francesco del Cossa. A loro sono dedicate le sezioni centrali della mostra. Muovendosi tra Mantegna e la pittura fiamminga, Tura inventa un linguaggio fantasioso e, al contempo, prezioso, popolare e fortemente espressivo. Ne fan fede capolavori come la Madonna col Bambino in un giardino della National Gallery di Washington, la Pietà del Museo Correr, o i pannelli del polittico di San Giacomo: il Sant’Antonio da Padova del Louvre, il San Giacomo Maggiore di Caen e il San Domenico degli Uffizi, che mostrano l’evoluzione in senso monumentale della pittura di Tura a partire dalla metà degli anni Settanta. Di contro, Cossa elabora una scrittura più morbida e plastica, naturalistica, felicemente cromatica e potentemente prospettica come dimostrano capolavori quali la Madonna col Bambino e angeli della National Gallery di Washington, la vetrata con la Madonna col Bambino del Musée Jacquemart-André, o lo straordinario Ritratto d’uomo del Museo Thyssen-Bornemisza. Per non dire dei meravigliosi affreschi della parete est del Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia, che costituiscono uno dei vertici della sua ricerca pittorica. Conclude la mostra a Palazzo dei Diamanti la sezione intitolata Verso e oltre Schifanoia, che racconta la situazione artistica ferrarese attorno al 1470. Ne è protagonista, in primo luogo, una selezione di splendide opere grafiche, che spazia dai disegni di Cossa realizzati per Schifanoia alle incisioni del Maestro dei Tarocchi Sola-Busca. A chiuderla, infine, sono testimonianze di assoluta eccellenza, chiamate a documentare il successo delle formule ferraresi al di fuori di Ferrara: dal San Giovanni Battista di Cossa di Brera ai Miracoli di San Vincenzo Ferrer di Ercole de’ Roberti dei Musei Vaticani, frammenti del polittico Griffoni realizzato dai due artisti attorno al 1473 per la chiesa di San Petronio a Bologna. Il percorso espositivo termina a Schifanoia, con la visita agli affreschi dei Mesi, cui un restauro decennale ha restituito piena leggibilità. Qui, nell’ultima impresa collettiva voluta da Borso, si verifica, nel mese di Settembre, «una nuova pazzia nell’arte ferrarese» (Longhi), cioè gli esordi della terza grande personalità di questa stagione, Ercole de’ Roberti, mentre Francesco del Cossa, nei mesi di Marzo, Aprile e Maggio, realizza un’abbagliante traduzione visiva della cultura di corte e delle ambizioni politiche del duca. Fondendo astrologia, politica, arte, cronaca e propaganda il Salone dei Mesi costituisce il culmine di questa fase della pittura ferrarese. Ma, mentre Borso celebra se stesso fra le pareti del Salone, la fine di questa stagione è a un passo. Nel 1471, a pochi mesi dalla conclusione della decorazione, Borso d’Este muore. È l’inizio di una nuova fase dell’arte a Ferrara. Andrea Buzzoni Dirigente del Settore Attività Culturali del Comune di Ferrara Angelo Andreotti Direttore dei Musei Civici d’Arte Antica del Comune di Ferrara