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G. E. Schulze: Enesidemo
Mappa dell'Unità
Insomma in una parola la Filosofia elementare
come abbiamo letto, è l’appellativo che Reinhold attribuisce al criticismo, per indicarne la preliminarietà rispetto ad ogni
applicazione particolare del pensiero
non avrebbe affatto voluto stabilire che cosa effettivamente e realmente sono la rappresentazione, la sua materia, la
sua forma, la facoltà rappresentativa, lo spazio, il tempo, le categorie, le idee trascendentali, il sentito, il puramente
pensato e il rappresentato per opera della ragione; [Schulze, Enesidemo, Bari-Roma Laterza, 1971]
cioè, lo scopo di R. – e della sua visione del criticismo – non è più quello di dare un fondamento scientifico alle ipotesi
attorno alla mente e ai suoi meccanismi
essa avrebbe piuttosto voluto stabilire soltanto che cosa dobbiamo pensare al riguardo e quali concetti dobbiamo
farcene in forza della necessità di distinguere due parti costitutive in ogni rappresentazione. [Ibidem]
La filosofia dovrebbe – sempre secondo R. – limitarsi a descrivere ciò che avviene nella mente, perché noi non
possiamo che intuire la sua azione dentro di noi in modo evidente, immediato e soggettivo.
Essa avrebbe cercato di realizzare la desiderata grande riforma dell’intera filosofia ed una pace eterna nel suo campo
con il puro e semplice mostrare come sia possibile solo un unico concetto e pensiero della rappresentazione, delle sue
parti, della facoltà rappresentativa, delle sue maniere di agire, dell’ambito e dei limiti dell’umano sapere. [Ibidem]
La filosofia reinholdiana riduce ogni fenomeno, e la stessa realtà, al solo “principio di coscienza”. La qualità del pensiero
non dipende più dal valore della cosa a cui si applica, ma dal suo puro e semplice esistere, dalla forza che esso ha in sé
e per sé.
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Se lo spirito vero della Filosofia elementare è questo (…), allora essa pretende perfettamente a buon diritto alla
originalità. Finora infatti in filosofia si è mirato a una visione reale
alla Sostanza, ovvero all’essere dell’ente, cioè al fondamento essenziale di ciò che si mostra davanti a noi
e la si è fondata sulla conoscenza di una oggettiva connessione delle nostre rappresentazioni con l’esistente
oggettivamente e al di fuori delle rappresentazioni,
è sempre stata convinzione comune che l’uomo conosce perché può essere modificato, attraverso i sensi, dalla realtà
oppure si è dedotta dalla certezza di tale connessione la sicurezza e verità delle vedute umane nel campo della
filosofia: lo sesso Autore della Critica della ragione ha cercato di dimostrare in questo modo la immutabilità e verità dei
risultati del suo sistema. [Ibidem]
Schulze fraintende il pensiero di Kant, riducendo la sua “deduzione trascendentale” a una specie di presa d’atto del
rapporto tra soggetto e oggetto, come se la sintesi dell’Io penso fosse una semplice registrazione notarile della relazione
tra pensiero e realtà, mentre invece Kant sostiene il contrario, e cioè che è la natura sintetica della appercezione, o io
penso, a creare in noi i concetti con i quali organizziamo la realtà. In altre parole, noi non “scopriamo” le leggi di natura,
ma siamo portati a rappresentarci la natura secondo delle leggi.
Il sig. Reinhold invece nella Filosofia elementare si aprì una strada del tutto nuova per risolvere i problemi della ragione
speculativa. Egli prescinde completamente dal problema se sia presente qualcosa realmente
l’esistenza del mondo non è ciò che interessa a R.
che corrisponda alle nostre rappresentazioni e che cosa propriamente esso sia o non sia. Egli insegna soltanto come
dobbiamo pensare il carattere delle nostre cognizioni e che dobbiamo pensare qualcosa come dato e qualcosa invece
come prodotto dal soggetto rappresentante; [Ibidem]
vedete quello che dicevamo rispetto al fatto che soggetto e oggetto si trasformano in “stati” interni della coscienza, modi
diversi di essere di uno stesso Io
che possiamo pensare spazio e tempo soltanto come forme della sensibilità ecc. Secondo lui l’unica spiegazione
possibile fornita per la prima volta nella Filosofia elementare del concetto di mera rappresentazione determina la serie
intera delle speculazioni che costituiscono la filosofia
la rappresentazione coincide, per R., con la coscienza stessa; la coscienza è il “genere”, e tutte le sue diverse
manifestazioni o facoltà diventano le “specie” di questo unico genere
e fornisce i limiti che noi dobbiamo attribuire nei nostri pensieri alla facoltà rappresentativa. Secondo lui
ecco il punto chiave
però non possiamo nella nostra conoscenza andare oltre i caratteri dei nostri pensieri e non sappiamo per nulla se
l’intera serie dei nostri pensieri e delle nostre rappresentazioni nella vita presente si riferisca e corrisponda in qualche
modo a qualcosa di esistente al di fuori dei medesimi. Secondo lui noi dobbiamo in forza del riferimento della
rappresentazione a oggetto e a soggetto nella coscienza e in forza di quanto immediatamente ne consegue, pensare
che la cosa in sé non è rappresentabile: questo d’altra parte è anche tutto ciò che noi ne comprendiamo. [Ibidem]
Questo passo appare come un vero e proprio “grido di dolore” per quella che agli occhi di Schulze diventa una rinuncia
radicale della filosofia a decidere su tutto ciò che esce dai confini della coscienza, fino a rifiutare ogni decisione
conoscitiva sull’esistenza o meno di oggetti esterni a essa. Ora, non è detto che questa fosse la vera intenzione di R., il
cui interesse principale era – come abbiamo avuto modo di vedere – di aprire una riflessione alla seconda potenza sul
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criticismo kantiano: per lui non si trattava più solo di giustificare la possibilità dell’esperienza di arrivare a conoscenze
certe, ma addirittura di giustificare la filosofia come fondamento di ogni conoscenza. Cioè di costituire una “meta-critica”,
una critica della critica.
Nella sostanza quindi i risultati della Filosofia elementare parvero quasi coincidere con i risultati dello scetticismo.
Infatti lo scetticismo non ha mai negato che noi possiamo e dobbiamo pensare alcune cose solo così e così; [Ibidem]
Hume: dalle percezioni sensibili alla riflessione, e la sua conservazione tramite la memoria e l’immaginazione
per lo scetticismo però è del tutto indefinito e indimostrabile se a base di questo essere pensato e dover pensare ci sia
o non qualcosa di oggettivo e di reale. [Ibidem]
reale è per Hume solo ciò che è percepito, hic et nunc, attraverso l’impressione particolare. Vero, solo ciò che ricaviamo
nell’attimo dell’impressione; non può avere nessuna pretesa di oggettività invece, ogni tentativo di stabilire un legame
tra i fatti che implichi generalizzazioni causali sul passato e sul futuro.
Inoltre la Filosofia elementare afferma anche che noi dobbiamo attribuire alla mera rappresentazione, alla facoltà
rappresentativa, alla sua maniera d’agire ecc. certi caratteri; e lascia del tutto indeterminato come possano essere
strutturati realmente e in se stessi la rappresentazione, la facoltà rappresentativa e via dicendo. [Ibidem]
la critica qui si rivolge al carattere evidente ed intuitivo che R. attribuisce al “principio di coscienza”, in altri termini al fatto
che R. non si pone il problema di giustificare logicamente il suo sistema, affidandosi al carattere immediato e soggettivo
che i fatti di coscienza rivestono per ciascuno di noi. A questa obiezione, come vedremo, si preoccuperà invece di
rispondere Fichte.
Solo in questo essa si stacca completamente dallo scetticismo: lo scetticismo afferma che la determinazione dei
pensieri – che soli ci sono possibili – degli oggetti della filosofia non costituisce affatto ancora alcuna filosofia, né
acquieta i bisogni della ragione speculativa e la sua aspirazione verso la verità e la comprensione se non si tiene conto
di ciò, se e in che cosa i nostri pensieri di questi oggetti possano corrispondere a un qualcosa al di fuori di noi; [Ibidem]
Hume non riconosce alla filosofia nessuna possibilità di fondare verità assolute, ma solo il compito di indagare e
descrivere la “natura umana”, e in particolare le sue possibilità di rapporto con un “essere” che, per quanto
indeterminato e problematico, è pur sempre assunto come reale
bensì è solo un’esposizione della storia delle nostre rappresentazioni degli oggetti della filosofia; al contrario la
Filosofia elementare proclama unica filosofia vera la esposizione dei pensieri che a noi sono unicamente possibili degli
oggetti della filosofia, anche se in ciò non si tiene alcun conto di un rapporto effettivo di questi pensieri con qualcosa al
di fuori dei medesimi, e in questo modo dà perfettamente soddisfazione a tutti i bisogni della ragione speculativa. [
Ibidem]
Piccolo popolo – Vogliamo “fare il punto”? Perché a me continua a sfuggire di cosa stiamo parlando, se di libertà o di
cosa.
Ermetis – Tutto si lega al quadro cronologico che ci è stato fornito prima. Seguitemi con attenzione. Fino all’Enesidemo
di Schulze, la conversazione tende a concentrarsi sui Prolegomeni e sull’interpretazione reinholdiana del pensiero di
Kant. Tutto quello che abbiamo letto finora costituisce solo il prologo di quello che sarà il cuore sistematico della nuova
filosofia tedesca. L’Idealismo sorge dagli sviluppi di questa discussione sui fondamenti della conoscenza. Ma in questa
parte della lunga conversazione, in questo prologo, è vero che non è mai stata pronunciata la parola “libertà”. Sulla
“libertà” Kant aveva scritto molto nella Critica, ma semplicemente per affermare che su di essa non potremo mai dire
nulla di definitivo. Per dire che la “libertà” non è una realtà che possiamo definire oggettivamente, ma è un’idea che ci
deve guidare nelle nostre scelte. E come ormai è stato ripetutamente chiarito, questa affermazione era proprio la causa
del maggior imbarazzo per gli estimatori di Kant. L’intellettuale tedesco di fine ‘700 vuole comprendere in un unico
sistema la conoscenza e la libertà, la scienza e la morale, ma non si accontenta, come Kant, di un semplice metodo
regolativo che stabilisca i limiti e le differenze che ogni parte del sistema deve rispettare. Egli vuole di più: vuole
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unificare materialmente tutte le componenti della ragione umana sotto un solo principio originario, vuole dare un
fondamento necessario e incondizionato a tutti gli aspetti della coscienza. Per arrivare a ciò, era necessario rivedere i
termini del problema critico. E quindi avviene quello che abbiamo visto: che per una decina d’anni ci si accapiglia
cavillosamente (vi ricordo che abbiamo “tagliato” molte delle voci intervenute nella conversazione) sulla possibilità o
meno di arrivare a questo fondamento originario della coscienza, a questo “principio di coscienza”, senza il quale non è
possibile dare nessuna giustificazione di questo bisogno di fare della libertà l'elemento costitutivo della condizione
umana. Perché, santo Iddio, si tratta poi di questo. Si tratta di dimostrare che essere uomini è essere liberi, cioè
portatori di un principio incondizionato, di una volontà che non è determinata che da se stessa.
Piccolo popolo – Quindi, ricapitolando, siamo solo ai preliminari della conversazione sulla libertà. Possiamo dire che
siamo ai suoi fondamenti epistemologici?
Ermetis – Diciamolo pure. Diciamo che è avvenuto un riposizionamento della scacchiera filosofica: l’apertura di Kant
aveva portato a una sorta di stallo del criticismo, perché, una volta stabiliti i limiti della ragione, che altro rimaneva da
dire? In un certo senso, la CRP squalificava ogni interesse filosofico per tutto ciò che pretendeva di andare oltre la
conoscenza scientifica. Ora, del criticismo, della sua “rivoluzione copernicana”, non si poteva più fare a meno. La
scoperta del mondo della coscienza era troppo sconvolgente perché non dovesse condizionare ogni futura
conversazione filosofica; ma andavano ampliati i suoi limiti, andava ridefinita la natura dei problemi. Per rimanere nella
metafora scacchistica, all’”apertura” kantiana si risponde con una variante che porta ad un centro di partita inatteso allo
stesso Kant. Entrano in gioco i pezzi forti, il confronto sulla libertà si fa esplicito e serrato.
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Ricordiamo la lapidaria definizione che R. dà di questo concetto: “Rappresentazione è ciò che nella coscienza il
soggetto distingue dall’oggetto e dal soggetto, e riferisce ad entrambi”. Per accedere agli esercizi, crea il tuo account
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giornata
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In questa unità
Testo: Storia delle idee
Autore: Maurizio Châtel
Curatore: Maurizio Châtel
Metaredazione: Erica Pellizzoni
Editore: BBN
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