Evento speciale “Centro Nord” allegato a Il Sole 24 Ore di Lunedì 10 Marzo 2008 INFORMAZIONE PUBBLICITARIA Una ricerca sul meccanismo delle glaciazioni per capire il “riscaldamento globale” Un articolo degli scienziati dell’I.N.G.V. di prossima pubblicazione su “Paleoceanography” n un periodo in cui il tema dei cambiamenti climatici e dei conseguenti scenari che aspettano l’umanità del prossimo futuro è all’ordine del giorno, non può che suscitare grande interesse la notizia dello studio che alcuni ricercatori dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vul- I canologia (I.N.G.V.) hanno condotto sul meccanismo che regola le “glaciazioni”, i grandi cambiamenti climatici a scala globale che si sono succeduti nell’ultimo milione di anni. Non si tratta, come si potrebbe pensare, di una ricerca fine a se stessa, bensì di un contributo scientifico di grande rilevanza, con ricadute molto importanti sulla valutazione del “riscaldamento globale”, che forse rappresenta uno dei maggiori allarmi ambientali degli ultimi anni. Ancora una volta si conferma che lo studio del passato è la chiave per la “previsione” di quanto ci può riservare il futuro. Allora, l’attenzione dei ricercato- ri si è rivolta al “recente” (inteso in senso geologico, ovviamente) passato del nostro Pianeta, in particolare ai periodi delle cosiddette “terminazioni glaciali”, cioè loa scioglimento delle calotte glaciali a seguito del riscaldamento climatico globale, l’ultima delle quali è avvenuta Un vero e proprio rebus a cui dà finalmente una risposta scientifica esauriente l’articolo dal titolo: “The history of glacial terminations from the Tiber River (Rome): insights to glacial forcing mechanisms” (La storia delle terminazioni glaciali rilevata dal Tevere: un’intuizione sul meccanismo delle glaciazioni), a firma di Fabrizio Marra, Fabio Florindo e Enzo Boschi, appena accettato dalla prestigiosa rivista internazionale “Paleoceanography”. Uno studio che, come afferma Fabrizio Marra, prima firma dell’articolo, ha come base di partenza la teoria di Milankovitch, attribuendo alla quantità di insolazione che colpisce l’emisfero settentrionale della Terra nei mesi estivi il ruolo di regolazione del meccanismo delle glaciazioni. La novità è che il modello degli scienziati italiani mette in evidenza l’esistenza di una “soglia” di insolazione estremamente piccola che discrimina tra il permanere della glaciazione e uno scioglimento drammatico delle calotte polari; il supe- ramento di questa soglia porta alla rapida regressione delle calotte glaciali fino allo stabilirsi di condizioni simili a quelle attuali. Lo studio chiarisce come non sia tanto il verificarsi di condizioni estreme a determinare rapidi cambiamenti su scala globale: nel caso specifico non sono particolari massimi di insolazione (cioè periodi molto caldi), bensì l’occorrenza di minimi “moderati” (cioè meno freddi della media) a determinare il veloce scioglimento delle calotte polari. L’articolo di Marra, Florindo e Boschi elabora un modello originale di correlazione tra i tempi di deposizione della successione sedimentaria del Tevere e il verificarsi dell’ultima terminazione glaciale e applica tale modello alle successioni sedimentarie più antiche del Tevere, fornendo un set di dati relativo a una serie di terminazioni glaciali avvenute tra 800.000 e 350.000 anni fa. L’avere riaffermato il ruolo determinante dell’insolazione sulla regolazione dei cambiamenti climatici a scala globale in qualche modo fa riflettere sull’effettivo ruolo dell’anidride carbonica come fattore predominante sull’andamento della temperatura. Tuttavia, come afferma Enzo Boschi, presidente dell’I.N.G.V. e coautore della ricerca, la scoperta che questo meccanismo naturale potrebbe avere un ruolo prevalente nell’attuale cambiamento climatico non attenua le preoccupazioni sulla possibilità che nei prossimi decenni ci si avvii verso un pianeta sempre più surriscaldato. Il clima cambia: dovrà cambiare anche l’agricoltura Cambiamenti climatici e agricoltura nel convegno organizzato dalla Provincia di Parma C a partire da circa 14.000 anni fa. Quale meccanismo è alla base della fine delle epoche glaciali? Una domanda che ha fatto discutere animatamente gli studiosi del clima nell’ultimo secolo. Dagli inizi del ‘900, la teoria astronomica del matematico serbo Milutin Milankovitch, che ipotizzava effetti delle variazioni dei moti della Terra sul clima, ha dato un grandissimo contributo all’interpretazione dell’alternanza di periodi glaciali e di periodi temperati; ma, nonostante tutto, la teoria non fornisce spiegazioni convincenti sul perché e sulla tempistica del cosiddetto fenomeno delle “terminazioni glaciali”. ambiamenti climatici, riscaldamento globale. Termini ormai di uso comune ma, soprattutto, fenomeni che rischiano di incidere in tempi rapidi su abitudini ormai radicate, Il primo settore che dovrà “fare i conti” con l’evoluzione climatica è quello agricolo, da sempre soggetto ai “capricci” atmosferici. Un problema pressante per quelle zone che hanno nell’agricoltura e nei suoi derivati un’eccellenza. Non è una caso che il 28 gennaio di quest’anno anche a Parma, proprio nei giorni in cui l’Unione Europea varava le norme per ridurre del 20% l’anidride carbonica entro il 2020, si sia riflettuto sul riscaldamento globale e sui suoi loro riflessi sul sistema agricolo: un tema di assoluta attualità, reso ancor più urgente dalle proiezioni tutt’altro che rosee per il futuro. L’occasione di questa riflessione è stato il convegno “I cambiamenti climatici e l’agricoltura”, organizzato nei locali di Palazzo Sanvitale dalla Provincia di Parma, a conclusione del progetto transnazionale ACCRETE (Agriculture and Climate Change: how to Reduce human Effects and Threats). Il progetto, avviato nell’ottobre 2005 sotto la guida della stessa Provincia di Parma e conclusosi alla fine del 2007, ha visto la partecipazione di altri nove partner europei. L’incontro di Palazzo Sanvitale è stata l’occasione per illustrare i risultati del progetto e per affrontare in un orizzonte più ampio la questione dei rapporti tra cambiamenti climatici e agricoltura. Nel corso dell’appuntamento, aperto dal Pre- sidente di Banca Monte Parma Alberto Guareschi, sono inoltre stati presentati dati che non lasciano molti margini al dubbio: anche nel nostro territorio si conferma la tendenza complessiva all’aumento delle temperature. Il Presidente della Provincia di Parma Vincenzo Bernazzoli, ha tracciato le linee programmatiche che hanno animato il convegno: “È indubbio che i cambiamenti climatici influiscono molto sull’agricoltura, un’agricoltura che deve mirare ad essere sostenibile e compatibile con le dinamiche dei nostri tempi. È evidente che non è cambiando le nostre buone pratiche a Parma che possiamo pensare di cambiare il clima del mondo, ma è importante che anche noi facciamo la nostra parte: possiamo dare un contributo alla sfida per il miglioramento delle condizioni climatiche del pianeta. E possiamo farlo anche producendo cultura in questo campo: essere capofila del progetto ACCRETE va in questa direzione”. “Vogliamo dare applicazione a tutto ciò che in questi mesi è stato raggiunto dal nostro progetto. Anche noi dobbiamo compiere una piccola rivoluzione a vantaggio dell’agricoltura e dell’azienda agricola polifunzionale”, ha aggiunto il Vice Presidente Pier Luigi Ferrari, che ha approfittato dell’occasione per lanciare un “grido d’allarme” sul calo dei suoli agricoli: “Parma e il suo territorio vivono sull’agroalimentare, ma abbiamo più volte denunciato la continua riduzione di terreno vocato all’agricoltura”. Tiberio Rabboni, nell’esprimere il suo apprezzamento per il progetto ACCRETE, si è impegnato a diffonderne i risultati. “In una regione come la nostra il cambiamento climatico si avverte molto”, ha spiegato, rimarcando in particolare le pesanti conseguenze degli eventi siccitosi. “Abbiamo un enorme capitale che non possiamo assolutamente compromettere: abbiamo bisogno di compiere uno sforzo di innovazione per continuare a fare agricoltura con meno acqua, meno energia, meno chimica. E nello stesso tempo abbiamo bisogno di contribuire come agricoltura a mitigare i cambiamenti del clima. Possiamo farlo attraverso due scelte fondamentali: aumentando le biomasse vegetali e contribuendo a produrre energia elettrica non fossile. Buona parte del nuovo Piano regionale di sviluppo rurale assume proprio questi vincoli”, ha continuato Rabboni, nel sottolineare l’impegno della Regione Emilia–Romagna in materia. Nelle parole dell’Assessore regionale aancora un monito sulla riduzione dei suoli agricoli. Significativa, tra gli interventi “ad ampio orizzonte”, la relazione di M.V.K. Sivakumar, a capo della divisione agro–meteorologica della World Meteorological Organization: “L’aumento della temperatura ha un impatto a tutti i livelli: sull’agricoltura, sulla salute, sull’economia, sulle risorse idriche. Si ripercuote su ognuno di noi. Per quanto riguarda l’agricoltura, il cambiamento climatico rende necessaria una diversa gestione delle colture: porta ad anticipare le semine e i raccolti”.