comunione, il cantiere che ci compete

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COMUNIONE,
IL CANTIERE
CHE CI COMPETE
LE OPERE
EDUCANO,
NON EROGANO
di Francesco Soddu
di Giuseppe Merisi
l tragico evento del terremoto ha stimolato – come spesso capita
– ampie riflessioni sulla storia, sull’uomo e sul suo rapporto con
la natura. L’evidenza affliggente degli edifici distrutti o danneggiati
ha suggerito una più profonda lettura interpretativa di quanto, di contro, per fortuna rimane incrollabile nel cuore e nelle aspirazioni delle
popolazioni colpite: il senso della vita. Il desiderio di ripartire è grande,
prevale su tutto, più potente di qualsiasi scossa tellurica. Ed emerge
sempre prepotente da qualunque cumulo di macerie come effettivo
germoglio di vita, più che semplice segno di sopravvivenza.
Rimettere in moto l’economia compromessa è una delle priorità,
a crisi colpisce fasce sempre
più ampie di popolazione
e la Chiesa è chiamata a intensificare la già capillare rete
di prossimità, di incontro, di ascolto, di intervento.
Non in termini di supplenza, ma
di sussidiarietà e solidarietà. Una
sussidiarietà che svolge funzioni
integrative e anticipatrici e che deve
essere stimolo alla responsabilità
per le istituzioni, centrali e territoriali. Una presenza che sa essere profezia, rivolgendosi ai bisogni emergenti e scoperti; privilegiando servizi
personalizzati; rafforzando la dimensione preventiva e di conoscenza dei
diritti; aiutando le persone ad aiutarsi e a essere protagoniste.
I
L
in Emilia e nelle altre terre terremotate. Eppure, se la catastrofe ha causato
Il terremoto nel Nord
ingenti danni e numerose vittime,
Italia ha svelato,
non è riuscita a intaccare certi tempepur tra distruzioni, lutti
ramenti negativi e costumi nefasti,
e qualche meschinità,
saldamente edificati sull’inossidabile
l’incrollabile senso
grettezza dell’egoismo. In alcuni casi
della vita delle
tale meschinità si è manifestata nel fepopolazioni colpite.
nomeno dello sciacallaggio, in altri
Il compito della
nella condotta superficiale e irresponCaritas: esprimere
sabile della delega di un impegno.
una solidarietà
Tuttavia la macchina dei soccorsi è
che aiuti la comunità
partita puntuale, e puntuale è stata ana ritrovare se stessa
che la vicinanza espressa dalla comunità nazionale e internazionale. In
questo come in tutti gli infiniti casi di prossimità, dal punto di vista pastorale ecclesiale è importante avere chiaro cosa si vuole fare. O meglio, cosa sia necessario
fare. E più precisamente cosa ci compete fare. La comunità di quei territori ha
assoluta necessità di ritrovare se stessa, di ricompattarsi, di sapersi e sentirsi amata, salvata, attraverso la vicinanza fisica e concreta della grande famiglia ecclesiale. È questo un grande cantiere di comunione. La carità è appunto comunione;
tutto quello che non rientra nel suo alveo non merita d’esser considerato autentica carità. Anche la nostra solidarietà, se non ha la comunione, sapientemente
distribuita nella dinamica del prima, durante e dopo, non costruisce niente. Paradossalmente, anzi, rischia di fomentare la faglia divisoria dei personalismi.
In questo senso si può ben comprendere il significato del messaggio dell’inno paolino alla carità. Se Dio è carità, nel mistero trinitario, è principalmente
comunione. Il cantiere della carità sarà, quindi, la strategia operativa della
Chiesa, che mediante la Caritas, come ha detto il Papa a Carpi, saprà riconoscere le tessere del mosaico, coglierle e ricomporle, oppure preservarle, comunque curarle nella loro originaria e originale bellezza.
Triplice obiettivo
In questa cornice si colloca il Censimento degli oltre 14 mila servizi socio-assistenziali e sanitari collegati
alla Chiesa, presentato a giugno. Un
lavoro impegnativo, con un triplice
obiettivo: conoscere le opere, averne
cura, tesserne la rete. E, nel decennio dedicato dai vescovi all'educazione, cercare anche di qualificare
sempre più questi luoghi di carità
come spazi di servizio e di impegno,
in particolare, per i giovani.
Per la Chiesa è uno dei modi
di adempiere al “dovere di offrire
(…) il suo contributo specifico,
affinché le esigenze della giustizia
diventino comprensibili e politicamente realizzabili» (Deus caritas est,
n. 28). E in particolare la Caritas,
ce lo ricorda don Tonino Bello, “non
è organo erogatore di aiuti”, ma deve
aiutare la stessa Chiesa “a realizzare
la sua funzione vitale, la pratica
dell’amore”.
I TA L I A C A R I TA S
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LUGLIO / AGOSTO 2012
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