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II COMMISSIONE
Indagine conoscitiva – 1
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MAGGIO
2015
COMMISSIONE II
GIUSTIZIA
RESOCONTO STENOGRAFICO
INDAGINE CONOSCITIVA
1.
SEDUTA DI MERCOLEDÌ 6 MAGGIO 2015
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE DONATELLA FERRANTI
INDICE
PAG.
Sulla pubblicità dei lavori:
Ferranti Donatella, Presidente ...................
INDAGINE CONOSCITIVA IN MERITO ALL’ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE
C. 3008, APPROVATA DAL SENATO, C.
1194 COLLETTI, C. 2165 FERRANTI, C.
2771 DORINA BIANCHI, C. 2777 FORMISANO, C. 330 FERRANTI, C. 675 REALACCI, C. 1205 COLLETTI, C. 1871 CIVATI, C. 2164 FERRANTI E C. 2774
DORINA BIANCHI, RECANTI DISPOSIZIONI IN MATERIA DI DELITTI CONTRO
LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, DI
ASSOCIAZIONI DI TIPO MAFIOSO E DI
FALSO IN BILANCIO
Audizione di Raffaele Cantone, Presidente
dell’Autorità nazionale anticorruzione, e di
2
Francesco Greco, Coordinatore del Dipartimento di diritto penale dell’economia,
affari civili societari e reati fallimentari
presso la Procura della Repubblica di
Milano:
Ferranti Donatella, Presidente ... 2, 4, 7, 8, 9, 12
Bonafede Alfonso (M5S) ............................
7
Cantone Raffaele, Presidente dell’Autorità
nazionale anticorruzione .............................
2, 9
Colletti Andrea (M5S) .................................
8
Ermini David, (PD) relatore .......................
9
Greco Francesco, Coordinatore del Dipartimento di diritto penale dell’economia, affari civili societari e reati fallimentari
presso la Procura della Repubblica di Milano ................................................................
4, 11
Sarti Giulia (M5S) .......................................
7
N. B. Sigle dei gruppi parlamentari: Partito Democratico: PD; MoVimento 5 Stelle: M5S; Forza Italia - Il
Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: (FI-PdL); Area Popolare (NCD-UDC): (AP); Scelta Civica
per l’Italia: (SCpI); Sinistra Ecologia Libertà: SEL; Lega Nord e Autonomie - Lega dei Popoli - Noi
con Salvini: (LNA); Per l’Italia-Centro Democratico (PI-CD); Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale:
(FdI-AN); Misto: Misto; Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all’estero-Alleanza per l’Italia:
Misto-MAIE-ApI; Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling; Misto-Partito Socialista Italiano (PSI)
- Liberali per l’Italia (PLI): Misto-PSI-PLI; Misto-Alternativa Libera: Misto-AL.
Camera dei Deputati
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II COMMISSIONE
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
DONATELLA FERRANTI
La seduta comincia alle 14.20.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che se non vi
sono obiezioni, la pubblicità dei lavori
della seduta odierna sarà assicurata anche
attraverso l’attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione di Raffaele Cantone, Presidente
dell’Autorità nazionale anticorruzione,
e di Francesco Greco, Coordinatore del
Dipartimento di diritto penale dell’economia, affari civili societari e reati
fallimentari presso la Procura della
Repubblica di Milano.
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca,
nell’ambito dell’indagine conoscitiva in
merito all’esame delle proposte di legge C.
3008, approvata dal Senato, C. 1194 Colletti, C. 2165 Ferranti, C. 2771 Dorina
Bianchi, C. 2777 Formisano, C. 330 Ferranti, C. 675 Realacci, C. 1205 Colletti, C.
1871 Civati, C. 2164 Ferranti e C. 2774
Dorina Bianchi, recanti disposizioni in
materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio, l’audizione di
Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità
nazionale anticorruzione, e di Francesco
Greco, Coordinatore del Dipartimento di
diritto penale dell’economia, affari civili
societari e reati fallimentari presso la
Procura della Repubblica di Milano.
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Il Presidente Cantone è accompagnato
da Caterina Bova, funzionaria dell’Autorità nazionale anticorruzione.
Do quindi la parola al Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, dottor
Raffaele Cantone.
RAFFAELE CANTONE, Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione. Ringrazio la Presidente per l’invito che ci ha
rivolto. Mi soffermerò sulla parte del provvedimento che interessa i poteri amministrativi dell’Autorità nazionale anticorruzione che sono contenuti negli articoli 7 e
8 del testo licenziato al Senato, su cui il
giudizio che riteniamo di dare è assolutamente positivo.
Riteniamo particolarmente utile e opportuna la modifica dell’articolo 129,
comma 3, delle norme di attuazione, di
coordinamento e transitorie del codice di
procedura penale, che sostanzialmente
consentono all’Autorità nazionale anticorruzione di avere notizia dell’esistenza di
procedimenti penali, quantomeno dopo la
fase dell’avvio dell’esercizio dell’azione penale, per la possibilità di esercitare sia le
funzioni di vigilanza con riferimento agli
appalti previsti dal codice degli appalti di
cui al decreto legislativo n. 163 del 2006,
sia le funzioni riferite ai possibili commissariamenti previsti dall’articolo 32 del
decreto-legge n. 90 del 2014, sia le funzioni di controllo previste dalla legge
n. 190 del 2012, cosiddetta « legge Severino » sul rispetto dei piani anticorruzione.
Si trattava, io credo, di una carenza
normativa. Il sistema prevedeva la possibilità di intervento dell’Autorità nazionale
anticorruzione in presenza del verificarsi
di una serie di reati, ma non vi era alcuna
indicazione su obblighi specifici di comunicazione. La valutazione, quindi, è particolarmente positiva.
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Non vi è, nell’indicazione normativa,
uno specifico riferimento alla possibilità di
richiedere copia degli atti ostensibili. Questo rappresenta forse un piccolo limite
della norma, che io credo, però, possa
essere superato in via interpretativa. Se c’è
la possibilità d’informazione, è evidente,
infatti, che l’Autorità possa anche richiedere le copie degli atti per quanto di
eventuale interesse, ovviamente non le copie di tutti gli atti, ma di quelli sui quali
ritiene di avere interesse.
Noi valutiamo molto positivamente anche le modifiche che sono state introdotte
nell’articolo 8, perché ampliano il livello di
conoscenza dell’Autorità nazionale anticorruzione.
Prima di tutto io credo che sia particolarmente interessante, sia pure forse
collocata fuori sedes materiae, l’introduzione della lettera f-bis) del comma 2
dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2012,
che di fatto estende la possibilità che
l’Autorità nazionale anticorruzione possa
svolgere attività di vigilanza in particolare
sui contratti segretati.
Io credo che si tratti di una scelta
molto opportuna e anche molto coraggiosa, perché soprattutto su questi contratti sui quali spesso viene apposto il
vincolo del segreto – e anche sulle modalità con cui esso viene esercitato – ci
sono spesso polemiche successive. La possibilità di esercitare una vigilanza sul rispetto delle regole, che io credo possa
arrivare anche alla possibilità di verificare
se il vincolo del segreto sia stato correttamente previsto, è assolutamente positiva.
Credo sia anche particolarmente importante non tanto il comma 2 dell’articolo 8 dell’atto Camera 3008, che tutto
sommato è una mera norma di completamento, ma la norma contenuta nel
comma 3 del medesimo articolo, la quale
prevede che anche le controversie dinanzi
al giudice amministrativo possano essere
rese note all’Autorità nazionale anticorruzione. Si tratta, in questo senso, di un
completamento di quanto era già stato
previsto dal decreto legge n. 90 del 204,
cosiddetta « legge Madia ».
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Nella legge Madia si era previsto
espressamente che fosse l’Avvocatura dello
Stato a trasmettere eventuali atti, nell’ambito di procedure che riguardavano appalti, dai quali potessero emergere elementi che richiedevano interventi dell’Autorità nazionale anticorruzione. Io credo
che sia molto opportuna l’estensione di
questa valutazione di trasmettere gli atti
anche allo stesso giudice amministrativo.
Tale giudice, ovviamente, in sede di
decisione, eventualmente accogliendo o respingendo il ricorso e rilevando l’esistenza
di eventuali illegittimità, ha una migliore
possibilità di comprendere se ci sono gli
elementi per poter intervenire o con le
attività di vigilanza previste dal Codice dei
contratti pubblici, o anche attraverso gli
strumenti previsti dalla legge n. 190 del
2012 o dalla legge Madia.
Pertanto, la valutazione è complessivamente positiva per quanto riguarda gli
interventi a favore dell’Autorità nazionale
anticorruzione. Molti di questi interventi,
soprattutto la modifica all’articolo 129,
comma 3, delle norme di attuazione, di
coordinamento e transitorie del codice di
procedura penale erano stati da tempo
richiesti. Si trattava di consentire un rapporto con l’autorità giudiziaria che, pur
essendo sempre stato assolutamente improntato alla massima correttezza, trovasse un suo riferimento direttamente dal
punto di vista normativo.
Se mi è consentito esprimere un giudizio generale sull’impianto – ovviamente,
il collega Greco ha una maggiore esperienza rispetto alla mia – io credo che sia
positiva la scelta di reintrodurre una
norma che finalmente penalizza in modo
concreto e serio l’ipotesi del falso in bilancio. Ritengo che la scelta di individuare
una diversa tipologia a seconda anche di
società che hanno un diverso meccanismo
di pubblicità e di impatto sul mercato sia
una scelta concreta.
Credo che sia opportuna anche l’introduzione, nella figura della concussione, del
soggetto incaricato di pubblico servizio,
perché la norma, così com’era stata spac-
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II COMMISSIONE
chettata dalla legge Severino, stava
creando una serie di problemi nella pratica.
È vero che all’incaricato di pubblico
servizio si applicava la norma sull’estorsione, ma è altrettanto vero che la norma
sull’estorsione era strutturata in modo
completamente diverso rispetto a quella
sulla concussione. Per esempio, la concussione si consuma con la semplice promessa, mentre l’estorsione avrebbe dovuto
richiedere il conseguimento del profitto,
con conseguenze che potevano essere anche molto diverse sul piano della parità di
trattamento.
Mi permetto semplicemente di rappresentare una critica a una norma che pure
ha un senso particolarmente utile nella
prospettiva in cui è stata inserita. Si tratta
della norma che subordina il patteggiamento alla restituzione integrale del
prezzo del profitto del reato.
Io credo che questa norma, che moralmente è sicuramente giustificabile e che
svolge un’importante funzione simbolica,
rischi però di rappresentare un limite
all’utilizzo di uno strumento che, soprattutto nei procedimenti sui reati contro la
pubblica amministrazione, è particolarmente utile. La restituzione integrale del
prezzo del profitto del reato non è assolutamente semplice da individuare, soprattutto in una fase spesso magmatica, come
quella della fine delle indagini preliminari.
Questa norma rischia, quindi, di rappresentante, per una sorta di eterogenesi dei
fini, uno strumento che rende più difficile
la definizione del processo.
C’è un’altra norma che io credo meriti
una riflessione. Lo dico anche, paradossalmente, avendo fatto da magistrato
l’esperienza di pubblico ministero. Io
credo che si sia elevata in modo particolarmente eccessivo la punizione dell’associazione a delinquere di stampo mafioso.
Alla fine, il delitto di associazione a
delinquere di stampo mafioso, che – ricordiamolo – resta un reato di pericolo,
sia pure di pericolo concreto, viene punito
più gravemente del reato più grave contro
la vita, che è il delitto di omicidio. Questo,
seppure dal punto di vista simbolico possa
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avere una giustificazione e un significato,
io credo rappresenti un inasprimento eccessivo.
Chiudo con un’altra nota che ritengo
particolarmente positiva. Si tratta di un’indicazione che da sempre viene richiesta da
coloro che si occupano della materia di
reati contro la pubblica amministrazione.
Mi riferisco alla previsione di una concreta
e ottima attenuante con riferimento a
coloro che svolgono attività di collaborazione concreta con la giustizia.
Si tratta di un’attenuante che viene
strutturata in modo analogo a quella di
cui all’articolo 8 del decreto-legge n. 152
del 1991 in materia di criminalità organizzata, che in quell’ambito ha avuto effetti particolarmente positivi e che potrebbe essere una norma davvero utile per
far emergere dall’oscurità i rapporti corruttivi.
Mi fermerei qui. Ovviamente, se c’è
tempo, molto volentieri sono disponibile a
rispondere a domande, soprattutto per le
parti di mia competenza.
PRESIDENTE. La ringrazio e do la
parola al procuratore Francesco Greco.
FRANCESCO GRECO, Coordinatore del
Dipartimento di diritto penale dell’economia, affari civili societari e reati fallimentari presso la Procura della Repubblica di
Milano. Anch’io formulo un giudizio complessivamente positivo su questa proposta
di legge. Ci sono sicuramente alcuni problemi – che ora indicherò – che penso
siano superabili con l’interpretazione. Pertanto, non credo che sia particolarmente
necessario intervenire con delle modifiche.
Magari sul discorso della corruzione
dovrà essere fatta, prima o poi, una riflessione più complessiva, perché io ho la
sensazione che si sia analizzato poco come
sia cambiata la corruzione dai tempi di
« Mani pulite » ad oggi e soprattutto come
si siano modificati i centri di spesa e come
lo Stato abbia esternalizzato questi centri
di spesa. Vi è, quindi, la necessità, per
esempio, di intervenire con una normativa
più seria sulla corruzione privata.
Allo stesso modo, a mio avviso, un’altra
iniziativa urgente e necessaria è riportare
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a trasparenza le fondazioni. Non parlo
tanto delle fondazioni legate agli uomini
politici – questo è un problema che riguarda l’illecito finanziamento – quanto
delle fondazioni che vengono ormai utilizzate per controllare complessi imprenditoriali piuttosto estesi, dalle fondazioni
bancarie alle fondazioni ospedaliere.
Pensate che la normativa di cui all’articolo 2621 del codice civile, ossia il falso
in bilancio, non si estende alle fondazioni,
che sono esenti anche dalla normativa
sull’illecito finanziamento. Pertanto, noi
abbiamo avuto casi di fondazioni che
hanno pagato uomini politici. Queste condotte, però, non sono state portate a
giudizio come illecito finanziamento.
Le cose che mancano per me sono
importanti, ma penso che sia necessaria
una riflessione più profonda proprio sul
discorso della corruzione privata e dell’illecito finanziamento, che vanno oltre la
proposta di legge.
Dico subito anche che a me non piace
– su questo in parte sono d’accordo con
Raffaele Cantone – questa tecnica legislativa che, per non mettere mano alla legge
sulla prescrizione, aumenta le pene. Diciamocelo francamente, io non ne sono
tanto convinto. È anche vero, però, che, se
non si fa così e non si mette mano alla
corruzione, rischiamo di bruciare tantissimi processi, soprattutto in questa materia in cui la scoperta del fatto avviene
spesso ad anni di distanza dalla sua commissione. Noi rischiamo di aver bruciato
una serie di annualità perché scopriamo
dopo il fatto di corruzione.
Vorrei comunque soffermarmi sul falso
in bilancio. Intanto, la normativa sul falso
in bilancio è necessaria, questo mi pare
evidente, non solo per combattere la corruzione, ma io direi, prima di tutto, per
avere delle società trasparenti e contendibili e per un discorso di trasparenza
nell’economia, che è sempre stata un volano di sviluppo.
Tutte le volte che le società si sono
« ripulite » e hanno sbiancato le perdite o
i fondi neri, sono andate economicamente
meglio e sono state sul mercato molto
meglio di quanto non ci stessero in pre-
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cedenza. Pertanto, il falso in bilancio è
necessario reintrodurlo per questo motivo
in primis. È una di quelle norme che
servono a contrastare il declino di questo
Paese.
Non sono assolutamente d’accordo –
l’ho letto sui giornali – sul problema delle
intercettazioni telefoniche che non si possono fare sulla norma dell’articolo 2621.
Su questo voglio essere chiaro: io penso di
essere la persona che ha scritto in Italia
più capi di imputazione e indagini per
falso in bilancio e corruzione in vita, o
ancora in magistratura. Io non mi ricordo
un’indagine di falso in bilancio che sia
nata all’interno di un discorso di intercettazioni telefoniche.
Le intercettazioni telefoniche collegate
al problema del falso in bilancio sono una
questione di uso strumentale di un reato
per fare una pesca aperta. Io non sono
assolutamente d’accordo su questo. L’inchiesta « Mani pulite » è stata fatta senza
neanche un giorno di intercettazioni telefoniche.
D’altra parte, o il falso è già avvenuto,
nel qual caso non si capisce come si possa
motivare una richiesta di intercettazione
telefonica su un fatto già avvenuto, che
peraltro è stato già accertato a quel punto,
oppure non è stato ancora fatto. Cosa
significa fare un’intercettazione telefonica
su un falso in bilancio che non è stato
ancora fatto ? Immaginiamo un manager
che chiama a casa e dice alla moglie:
« Butta la pasta. Ho finito di falsificare i
bilanci ». Non esiste una cosa del genere.
Io ho letto parecchie prese di posizione su
questo punto e le trovo veramente strumentali e risibili.
Dovendo essere concreti, andiamo al
punto. Sul falso in bilancio si possono dire
tante cose, ma, essendo realisti, conviene
concentrare l’attenzione sull’unico punto
veramente critico, rappresentato dalla formula « fatti materiali rilevanti » introdotta
con il disegno di legge. Ce ne sono altri di
punti critici, per esempio l’aver introdotto
questo « consapevolmente » che non si capisce se crei un doppio dolo, oppure il
riferimento generico ad « altri » che non si
capisce chi siano, ma, nella sostanza,
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l’unico vero grande problema, che tra
l’altro ha già agitato dottrina e giornali –
abbiamo avuto articoli sia in dottrina, sia
sui giornali proprio su questo punto – è il
problema dei fatti materiali rilevanti.
Tra l’altro, la questione ha una certa
delicatezza perché il nuovo testo subentra
a quello attualmente vigente, nel quale la
formula in discorso è la seguente: « fatti
materiali, ancorché oggetto di valutazione ». Questo è quello che dicono gli
attuali articoli 2621 e 2622 del codice
civile. I nuovi testi, così come risultanti
dalle modifiche apportate dalla proposta
di legge, parlano di « fatti materiali rilevanti ».
Devo dire che già nel vecchio regime, il
tanto rimpianto da alcuni articolo 2621
del codice del 1942, relativo al falso in
bilancio applicato fino al 2002, si parlava
di « fatti non rispondenti al vero ». Il
concetto di fatto, in realtà, non è nuovo e
non è stato introdotto nel 2002 e ripreso
dal legislatore del 2015, ma risale addirittura alla dizione del 1942.
Eppure già allora, e per tutta l’elaborazione che c’era stata successivamente –
cito Antolisei, Conti, Pedrazzi e Bartoli, i
più grandi giuristi sul punto – la dottrina
più avveduta non aveva dubbi sulla circostanza che l’interpretazione sistematicamente corretta del riferimento ai fatti
come oggetto di falsità autorizzasse comunque a comprendere anche le componenti valutative.
Pertanto, il discorso di inserire la parola « fatto » al posto della parola « informazione » è un’« inutile genialata », secondo me.
È anche un po’ risibile l’aver inserito la
parola « materiali », come se esistessero
anche dei fatti immateriali. Non esistono
fatti immateriali ? Già nel 2002 il legislatore, dovendo giustificare le soglie, aveva
mutuato dall’inglese la parola material
fact. In inglese, però, material significa
rilevante. Quindi, noi adesso abbiamo
un’espressione, « fatto materiale rilevante », che, da un lato, è risibile, perché
– ripeto – non si contrappone a un fatto
immateriale e, dall’altra, è accentuato
nella sua interpretazione perché è stata
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aggiunta anche la parola « rilevante ».
Devo dire che, come tecnica legislativa,
questa mi sembra un po’ superficiale.
Al di là di queste considerazioni, devo
aggiungere solo una cosa: nel bilancio non
vengono esposti fatti, ma vengono esposte
grandezze rappresentative della realtà sottostante secondo determinati criteri, i cosiddetti princìpi contabili.
La semplice lettura delle disposizioni
del codice civile, dagli articolo 2423 e
seguenti, che fissano i parametri fondamentali per la redazione del bilancio, dello
stato patrimoniale e del conto economico,
rende certi che pressoché tutte le voci e
poste importano la traduzione, in grandezze convenzionali, di elementi fattuali.
Se voi andate a prendere queste norme,
vedrete che esse sistematicamente parlano
di fatti e di valutazioni e che necessariamente mischiano fatti e valutazioni: nell’articolo 2423-bis ci sono le valutazioni
delle voci e i criteri di valutazione, nell’articolo 2426 si dice che « nelle valutazioni devono essere osservati i seguenti
criteri ». Tra l’altro, se uno va a vedere
questo articolo, nota che tutto è valutazione.
In realtà, quindi, l’idea di inserire le
parole « fatto materiale rilevante » per
contrapporre questo alla valutazione è
un’idea che, sicuramente, a mio avviso,
non passerà in giurisprudenza. L’unico
vero motivo per cui c’è qualche preoccupazione è che, avendo escluso il nuovo
legislatore questo « ancorché oggetto di
valutazione » – tra l’altro, l’uso di « ancorché » era un po’ strano – , ciò potrebbe
portare l’interprete a dire che, poiché è
stata tolta la parola « valutazioni », il legislatore intendeva, allora, non estendere il
falso in bilancio alle valutazioni.
Se questo è vero, mi dispiace, ma
bisogna cambiare la parola. Io ritengo che,
in base alla giurisprudenza e anche alla
dottrina che si sono sedimentate sul falso
in bilancio dal 1942 a oggi, questo problema, in realtà, non dovrebbe sussistere.
Tra l’altro, sarebbe veramente singolare
che si decidesse di riaprire la porta principale al falso in bilancio e di escludere le
valutazioni. Il 99 per cento delle poste del
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falso in bilancio sono valutazioni. Pertanto, il legislatore dovrebbe chiarirsi con
se stesso da questo punto di vista.
Inoltre, se si ritiene che i fatti materiali
rilevanti siano comprensivi anche delle
valutazioni, come tutti gli studiosi in passato hanno sempre ritenuto, basta scriverlo nella relazione, in modo che anche
l’interprete capisca che si voleva dire
un’altra cosa.
Questo è quello che mi sento di dire sul
falso in bilancio. Sul resto del falso in
bilancio devo dire, francamente, che sono
abbastanza d’accordo sulla struttura della
norma e anche sulla gradualità delle pene,
con l’indicazione che ho espresso, ossia
che il fatto che l’articolo 2621 abbia una
pena fino a cinque anni, in modo da
escludere le intercettazioni telefoniche, mi
vede sostanzialmente indifferente.
PRESIDENTE. Vi ringrazio molto. Tra
l’altro, se è possibile, a parte il fatto che
noi mandiamo anche le trascrizioni delle
registrazioni, chiediamo di poter avere, in
quanto il provvedimento va in Aula, anche
questo elaborato. Penso che il relatore,
l’onorevole Ermini, ne farà tesoro, così
come anche i deputati.
Do la parola ai deputati che intendano
intervenire per porre quesiti o formulare
osservazioni.
GIULIA SARTI. Grazie, presidente.
Ringrazio moltissimo gli auditi per questo
contributo. Speriamo che ci sia ancora
eventualmente lo spazio per migliorare
questo testo.
Anche in vista di interventi futuri io
volevo chiedere cosa pensate dell’eventuale
introduzione nel nostro ordinamento della
figura dell’agente provocatore, o dell’agente sotto copertura, per scoprire reati
contro la pubblica amministrazione.
Un’altra domanda è sul falso in bilancio. Ho ben compreso il discorso sulle
pene e, in generale, sulla valutazione positiva della norma così come formulata.
Tuttavia – mi rivolgo soprattutto al dottor
Greco – non si riscontra alcun tipo di
rischio dall’introduzione degli articoli
2621-bis e 2621-ter, ossia dai fatti di lieve
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entità e, quindi, da questo tipo di gradualità, così com’è stata configurata e anche
dall’articolo 2621-ter, ossia dalla non punibilità per particolare tenuità ? Volevo
capire se ci sarebbero eventuali rischi in
sede di interpretazione giurisprudenziale
da questa norma e se in qualche modo le
società potessero aggirare il rischio di
essere punite.
Infine, noi abbiamo scelto di intervenire in questo testo con l’aumento di pene,
non per tutti, ma per tanti reati contro la
pubblica amministrazione. Io volevo chiedere, invece, in relazione a un altro reato,
quello previsto dall’articolo 361 del codice
penale, ossia l’omessa denuncia da parte
del pubblico ufficiale, se voi ritenete che
possa essere anche questo un reato per cui
si potrebbe fare un intervento legato all’aumento delle pene, dato che attualmente
la pena massima arriva ad una multa di
516 euro ed eventualmente a un anno di
reclusione, nel caso in cui il colpevole sia
un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria.
ALFONSO BONAFEDE. Ringrazio anch’io gli auditi. Vorrei specificare la domanda della collega Sarti e aggiungere un
ulteriore elemento di valutazione sul problema della tenuità del reato. Parto dalla
premessa che la tenuità del reato esiste già
e che, quindi, sarebbe già applicabile al
falso in bilancio, essendo questo un reato
la cui pena è prevista nell’ambito di applicazione della particolare tenuità del
reato così come un mese fa è entrata in
vigore.
La specificazione particolare per il
falso in bilancio potrebbe teoricamente
anche autorizzare l’interprete a pensare a
una norma non solo speciale, ma addirittura eccezionale, in cui ci sia una particolare fattispecie di particolare tenuità che
si applica per il falso in bilancio. Diversamente, non si capisce perché la norma
sia stata inserita, visto che già si dovrebbe
applicare.
Qual è l’aspetto che mi preoccupa, in
particolare ? Nel suggerire al magistrato i
criteri in base ai quali valutare la particolare tenuità del reato, il legislatore qui
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specifica che deve valutare l’entità dell’eventuale danno ai soci, ai creditori o alla
società, il che è particolarmente grave,
secondo me.
Nell’attuale impostazione del falso in
bilancio, nell’articolo 2621, noi abbiamo
un falso in bilancio che non cagiona danno
e, invece, nell’articolo 2622 un falso in
bilancio che cagiona un danno. È come
dire che il falso in bilancio che finora
abbiamo conosciuto, anche nel caso in cui
non cagioni un danno – ci può essere il
falso in bilancio grave che non cagiona un
danno – viene valutato in maniera già
aprioristicamente più tenue dal legislatore
in base a un criterio che, secondo me, non
dovrebbe riguardarlo.
Se vogliamo considerare la particolare
tenuità del falso in bilancio, secondo me
questo sarebbe il criterio più sbagliato,
soprattutto alla luce – e finisco – dell’articolo precedente, che in realtà tende già
ad avere un giudizio più attenuato per i
fatti di lieve entità.
PRESIDENTE. Grazie. Vi prego di fare
domande.
ANDREA COLLETTI. Io ho alcune domande per il dottor Greco. Riguardano in
primis il reato di traffico di influenze
illecite. Le chiedo se lei non ritenga di
dover aumentare il regime sanzionatorio
di tale reato rispetto, per esempio, al reato
di millantato credito.
Passando a un altro punto, qui si parla
molto, per la corruzione e per reati contro
la pubblica amministrazione, di sanzioni.
Invece, io vorrei parlare piuttosto di prevenzione. Una modifica della legge n. 241
del 1990, imponendo una maggiore possibilità per i cittadini di accedere agli atti
delle pubbliche amministrazioni, potrebbe
teoricamente prevenire i fenomeni di corruttela o di reati contro la pubblica amministrazione ?
Soprattutto penso a dare una maggiore
possibilità alle imprese di fare ricorsi al
TAR contro appalti illegittimi. Parlando
con molte imprese, mi dicono che spesso
non vi ricorrono perché sono troppo costosi. Magari il TAR compensa le spese e
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le imprese vengono – vi chiedo scusa per
la parola – « fregate » due volte. Sebbene
tali appalti siano illegittimi, quindi, le
imprese non fanno ricorso perché non
conviene farlo. Mi chiedo se modificare
anche quella normativa potrebbe prevenire i fenomeni di reati contro la pubblica
amministrazione e il buon andamento
della pubblica amministrazione in tema
proprio di controllo diffuso.
Da ultimo, le chiedo se un pubblico
ufficiale o un dipendente pubblico condannato per fatti contro la pubblica amministrazione, secondo lei, dovrebbe meritare il licenziamento immediato e non
magari graduato in base alle sanzioni
accessorie attualmente previste dalle
norme.
PRESIDENTE. Lei ha citato solo il
procuratore Greco ma mi sembra che una
parte delle domande siano per il presidente Cantone. Ognuno risponde per la
sua competenza.
Faccio una domanda anche io per poi
far chiudere al relatore. Colgo l’occasione
della presenza di due esperti per parlare
della riforma della prescrizione, che in
realtà un ramo del Parlamento, la Camera,
ha varato. Ora è al Senato e credo che ci
siano ulteriori passaggi.
Con riferimento alla riforma della prescrizione, è vero che non è stato smontato
l’impianto della Cirielli, perché si è tenuto
conto dei tempi massimi di pena e non si
sono reintrodotte le fasce. Tuttavia, si è
acceduto al sistema che riguarda la sospensione dopo la condanna di primo
grado e poi all’aumento dei tempi di
prescrizione per i reati di corruzione della
metà e non del doppio, come è stato fatto
per altri reati.
Vengo alla domanda. Non entro nella
valutazione del doppio o della metà, perché ovviamente questa sarà una valutazione politica. Io vorrei capire dalle due
competenze se risulta per fatti oggettivi, di
conoscenza, di esperienza, che la corruzione sia un reato di difficile emersione, o
di tardiva emersione. È quello che notoriamente anche nei convegni si sente dire.
Vorrei chiedervelo proprio nella vostra
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qualità. Vorrei sapere se ritenete congruo
questo sistema, oppure, per esempio, un
altro sistema che alcuni sostengono, ossia
far decorrere il termine di prescrizione di
questi reati dal momento dell’accertamento.
Vorrei capire, proprio in via ufficiale,
qual è la posizione della presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione e del
procuratore Greco sul punto.
Grazie.
DAVID ERMINI. Innanzitutto ringrazio
il dottor Greco e il presidente Cantone
proprio perché hanno espresso un giudizio
in cui sono emerse situazioni che vanno
spiegate. Io credo che nelle relazioni le
modifiche che ci venivano proposte dal
dottor Greco sulla via interpretativa possano essere tranquillamente fatte. Sinceramente – è il mio parere personale – io
questo provvedimento vorrei che diventasse legge in modo molto rapido. Siamo
stati troppo tempo senza questo tipo di
reato ed è indispensabile portarlo a casa.
Questo è il mio pensiero, ma è una valutazione di tipo politico.
Quanto a quello che diceva l’onorevole
Bonafede sul reato di danno e del reato di
pericolo, si parla di eventuale danno perché, essendo un reato di pericolo, sulla
tenuità può essere calcolato anche l’eventuale danno, che può essere risibile. È un
elemento di valutazione, che non vuole
essere la formazione di una fattispecie
eccezionale.
Secondo me, la norma sul falso in
bilancio ha due grosse novità, di cui io
vado piuttosto orgoglioso. Una è l’eliminazione delle soglie, che credo fosse una cosa
che « non stava né in cielo, né in terra ».
Un’altra, di cui forse pochi hanno parlato,
è la norma dell’articolo 2622 sulle società
equiparate.
Vorrei chiedervi un parere su questo.
Essendo una norma su cui abbiamo lavorato e abbiamo investito, vorrei capire se
sia sufficiente, se vada inquadrata, se vada
spiegata e se sia necessario un tipo di
interpretazione.
PRESIDENTE. Do la parola ai nostri
ospiti per la replica.
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RAFFAELE CANTONE, Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione. Sulle
questioni del falso in bilancio io non
interverrò assolutamente, perché il collega
Greco è sicuramente il maggior esperto
che ci sia in Italia. Molte delle cose che io
normalmente dico in giro le ho apprese da
Greco. Utilizzo Greco come fonte, ragion
per cui avrei poco da dire.
Ci sono, invece, delle questioni che
riguardano la mia competenza. Vorrei dire
una cosa sugli agenti provocatori. Io credo
che bisognerebbe fare un approfondimento sulla questione. Non è assolutamente scandaloso cominciare a pensare
che si possa introdurre anche con riferimento ai fatti corruttivi la figura dell’agente provocatore.
Sarei un po’ cauto nell’adottare sistemi
che vengono da esperienze, per esempio,
del mondo anglosassone, in cui l’agente
provocatore è colui che, secondo il linguaggio inglese, fa l’analisi del sangue al
politico, ossia va materialmente a provocare offrendo la tangente. Io su questo
sarei un po’ cauto.
Credo, invece, che ci sarebbe uno spazio, senza violare assolutamente il nostro
sistema e anche l’idea che il reato debba
avere una sua offensività, per prevedere
meccanismi che riguardano l’utilizzo dell’agente sotto copertura. Ormai le attività
di corruzione sono sempre caratterizzate
da un quid di associazione e di organizzazione. La presenza dell’agente sotto copertura svolgerebbe una funzione di comprensione dall’interno dei meccanismi dell’attività associativa.
Sotto questo profilo, quindi, io credo
che sarebbe opportuno pensare alla possibilità di introdurre, con le stesse garanzie previste per l’articolo 416-bis del codice penale o per altri reati, la figura
dell’agente sotto copertura.
Mi permetto di fornire una sola indicazione sull’omessa denuncia di reato. Io
non sarei molto preoccupato di quella
pena. Quella norma svolge una funzione
simbolica molto importante. Tuttavia, non
dimentichiamolo, è una norma che riguarda un reato contro l’amministrazione
della giustizia e che si applica in via
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assolutamente residuale rispetto all’altra
norma principale, che è l’omissione di atti
d’ufficio. Nella maggior parte dei casi il
pubblico ufficiale che omette l’attività risponde di delitto di cui all’articolo 328 del
codice penale.
Quella è una norma di chiusura, ed è
una norma di chiusura molto importante.
Se si dovesse intervenire sulla pena, bisognerebbe, io credo, graduare il sistema
delle pene anche con riferimento all’omissione di atti d’ufficio. Forse una delle
questioni che emergono da questo intervento legislativo, che mi trova favorevole e
che io mi auguro sia approvato perché
l’impianto è particolarmente utile, è il
fatto che si interviene su alcune pene
senza tenere il sistema della dosimetria
delle pene in generale.
Vado alle due questioni che mi interessano più specificamente. Il sistema
della trasparenza che noi abbiamo oggi è
un sistema che va molto al di là della legge
n. 241 del 1990. Il decreto-legge n. 33 del
2013 ha introdotto meccanismi di trasparenza che, a mio avviso, sono certamente
migliori rispetto persino al Freedom Act
del diritto anglosassone.
Se in quel sistema esiste un meccanismo di accesso civico che consente a
qualunque cittadino di chiedere alla pubblica amministrazione gli atti di suo interesse, anche interesse di carattere generale, nel sistema delineato dal decreto
n. 33 del 2013 ogni pubblica amministrazione ha l’obbligo di rendere pubblici gli
atti, attraverso il sito « Amministrazione
trasparente ». C’è, dunque, un meccanismo, che viene poi completato dall’accesso
civico, che consente di far conoscere in
tempo reale ai cittadini tutte le attività più
significative della pubblica amministrazione.
Ovviamente, c’è un tema su cui bisogna
confrontarsi: il tema dell’implementazione
reale dei siti. Tale tema si scontra con il
fatto che da un giorno all’altro alcune
amministrazioni, spesso anche piccole,
sono state gravate di compiti molto significativi. Quando è entrata in vigore la legge
sulla trasparenza nel Regno Unito, c’è
stato un interregno di quattro anni. Il
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nostro decreto n. 33 del 2013 ha avuto un
interregno di quindici giorni. Ci sono comuni e realtà che non hanno avuto ancora
il tempo materiale, ma noi, che abbiamo la
vigilanza sulla trasparenza, stiamo provando anche a far mettere a regime questo
sistema, che consente, con un click, di
conoscere direttamente da casa propria
tutti gli appalti, tutte le stazioni, chi materialmente fa parte delle Commissioni di
gara, tutte le riserve e tutte le varianti.
Questo è un sistema di cui dobbiamo
andare fieri. Ovviamente, è un sistema di
cui dobbiamo andare fieri consentendo
che venga progressivamente implementato.
Se si taglia sistematicamente sulle disponibilità degli enti locali, diventa difficile
poi chiedere agli enti locali di implementare questi meccanismi.
Passo al tema dei licenziamenti. Io
credo che anche su questo punto noi
abbiamo fatto dei grandi passi in avanti,
su cui bisogna fare dei chiarimenti. Ovviamente, noi parliamo soprattutto della
pubblica amministrazione. La legge Severino ha previsto finalmente dei meccanismi che consentono, anche con sentenze
non passate in giudicato, di intervenire
attraverso prima la sospensione e poi la
decadenza dell’incarico, prevedendo anche
che per i soggetti condannati esistano
meccanismi di inconferibilità.
Il decreto legislativo n. 39 del 2013, che
prevede per i pubblici dipendenti regole di
incompatibilità molto forti, forse va rivisto
in alcune parti, perché ci sono delle parti
scritte non in modo particolarmente corretto. Nei prossimi giorni, come Autorità
nazionale anticorruzione, noi invieremo
una nostra relazione al Parlamento in cui
chiediamo una serie di correzioni. Tuttavia, quella norma che prevede, anche con
sentenze non passate in giudicato, la sospensione dalle cariche io credo che vada
nella giusta direzione e che vada difesa.
Sulla prescrizione credo che la domanda del presidente fosse una domanda
retorica. Ovviamente, lei ha la nostra
stessa esperienza, venendo dal nostro
mondo, sul fatto che i reati di corruzione
sono tutt’altro che semplici da individuare.
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Quanto alle scelte che sono state fatte,
io credo che quanto deciso dalla Camera
dei deputati sia una scelta che rappresenta
una soluzione sicuramente positiva. Ovviamente, lei sa – noi ne abbiamo parlato in
tante altre occasioni – a me piacerebbe
che venisse individuato un criterio che
riguardi in generale le norme sulla prescrizione. Sarei cauto, onestamente, a prevedere che il dies a quo si sposti dal
momento dell’accertamento.
Io faccio parte di quella scuola di
pensiero che ritiene che la prescrizione sia
un principio a garanzia del cittadino e che,
con il passaggio di troppo tempo, su qualunque reato, tranne l’omicidio, non abbia
senso procedere. Pertanto, credo che sia
giusto allungare i tempi. Tenendo conto
della complessità, forse si sarebbe potuta
approvare una norma che preveda il raddoppio dei tempi. Sicuramente, però, bisogna ancorarla al dies di commissione del
reato. Peraltro, per la corruzione esso può
essere duplice. Per la corruzione ci sono,
infatti, la promessa e la dazione. Ormai la
giurisprudenza ritiene che il reato si consumi nel secondo dei due momenti, ragion
per cui il dies a quo potrebbe essere
individuato dalla dazione. Da lì, però, io
non mi muoverei.
FRANCESCO GRECO, Coordinatore del
Dipartimento di diritto penale dell’economia, affari civili societari e reati fallimentari presso la Procura della Repubblica di
Milano. Parto dalla prescrizione perché
non sono d’accordo con Raffaele Cantone.
Secondo me, dopo l’esercizio dell’azione
penale non si deve più parlare di prescrizione.
Io sono un po’ radicale e, peraltro, l’ho
già detto qui. So che non è questo il senso
della legge. Tuttavia, non sono assolutamente convinto che sia un fatto di garantismo la prescrizione come decorso del
tempo. Io lo trovo, invece, un fatto di
somma ingiustizia.
Per quanto riguarda la prescrizione
della corruzione, abbiamo avuto una falcidia di processi di corruzione, ma io
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vorrei anche ricordare che non è solo la
corruzione, ma è un po’ tutta la criminalità economica che si scopre dopo.
In particolare, faccio presente, perché è
una questione che mi sta molto a cuore,
che oggi alla procura di Milano, come a
tutte le procure d’Italia, i reati fiscali
arrivano con cinque anni di ritardo, perché oggi l’Agenzia delle entrate sta esaminando il 2010.
Non so se vi ricordate quello spot
pubblicitario che diceva « Quest’anno si è
bruciato un pezzo di Amazzonia pari alla
Svizzera ». I nostri processi sono così. Sul
discorso della prescrizione, secondo me, la
riflessione deve essere ancora proseguita.
Sul discorso di « rilevante, lieve e tenue », devo dire che, quando io ho letto
l’articolo 2621, in cui si parla di fatti
materiali rilevanti, mi sono detto che almeno un criterio di rilevanza è stato
inserito e che tutto ciò che non è rilevante
è non punibile.
Invece, poi ho continuato a leggere e ho
visto che è stata inserita la categoria dei
fatti di lieve entità. Quella del tenue è
l’ultima, se non sbaglio. Ci sono anche
queste sfumature linguistiche.
A quel punto, ho visto, quindi, che non
c’è una non punibilità dei fatti di lieve
entità, ma che è stato inserito il concetto
di lieve entità.
Per esempio, se io avessi dovuto scrivere la norma, avrei messo solo il primo
e avrei lasciato perdere la storia della lieve
entità, posto che è stato già inserito dal
legislatore il discorso della tenuità. Mi
sembra che ci sia stata un’eccessiva specificazione che crea, paradossalmente, effetti contrari.
Per distinguere ciò che è lieve da ciò
che è tenue probabilmente potrebbe scrivere un saggio un filosofo, perché la distinzione non è molto chiara.
Il discorso del danno è un discorso che
c’è già oggi nella valutazione della tenuità
del fatto. Per dirne una, la metà delle
procure dei giudici italiani – noi stiamo
analizzando la legge sulla tenuità del fatto
da quando è entrata in vigore – ritiene (io
sono contrario) che, laddove il legislatore
impone delle soglie, per esempio nei reati
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fiscali, non si possa applicare la norma
sulla tenuità del fatto perché la valutazione che il fatto non è tenue sarebbe già
stata fatta dal legislatore. Io sono in disaccordo, ma cito questo per dire che è
veramente complesso oggi questo discorso.
Sicuramente, però, il criterio del danno
è uno dei criteri fondamentali. Anche
prima della riforma del 2002 il danno di
particolare gravità era previsto in un’aggravante nell’articolo 2621. C’è sempre
stato questo problema del danno, ma
quello che è importante è il fatto che il
falso in bilancio sia stato riportato nell’area dei reati di pericolo. A quella che
era stata la manovra del 2002 di privatizzazione di reati societari si è posta la
parola fine, in un certo senso, sempre che
il provvedimento venga approvato. Sono
state tolte le soglie ed è stata tolta la
querela. Da questo punto di vista io ritengo che i passi siano importanti, con
quella specificazione sul concetto di fatto.
Tolto questo, cioè fatte passare queste
norme – l’atteggiamento del cittadino, ma
anche del magistrato, è « pochi, maledetti
e subito », ormai – ci sarebbe tanto da
dire. Tutte le norme con la pena fino a tre
anni previste dalla legge Severino (corruzione privata, traffico e via elencando)
sono norme sostanzialmente inutili, soprattutto se non sono neanche collegate al
decreto legislativo n. 231 del 2001. In
merito una riflessione va fatta.
La riflessione fondamentale, però, continuo a dirlo, è capire quanto sia stato
portato nel privato di centri di spesa e di
corruzione. La nostra esperienza è che i
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più grossi fatti di corruzione sono avvenuti
attraverso le fondazioni ospedaliere ultimamente.
Per quanto riguarda le società equiparate, io ritengo che il lavoro sia stato
buono, direi ottimo. In maniera più semplice io avrei adottato un criterio di società sottoposte a revisione contabile, perché le avremmo prese tutte, in un certo
senso, ma va bene anche questo sistema,
perché indirettamente ci entrano tutte.
Volevo segnalare, però, che questo
elenco fa sì che, se una banca è controllata
da una fondazione, la fondazione non
rientri nelle disposizioni dell’articolo 2621.
Il lavoro che è stato fatto è encomiabile. Io
mi sono andato a leggere tutte le categorie
e devo dire che è ottimo. Tuttavia, teniamo
presente il ruolo che di queste fondazioni
oggi in Italia.
Auspico, quindi, l’approvazione del
provvedimento il prima possibile.
PRESIDENTE. Vi ringraziamo a nome
di tutta la Commissione. Noi andiamo
avanti nei nostri lavori e il provvedimento
è calendarizzato in Aula per il 15 aprile
prossimo.
Dichiaro conclusa l’audizione.
La seduta termina alle 15.05.
IL CONSIGLIERE CAPO DEL SERVIZIO RESOCONTI
ESTENSORE DEL PROCESSO VERBALE
DOTT. RENZO DICKMANN
Licenziato per la stampa
il 20 ottobre 2015.
STABILIMENTI TIPOGRAFICI CARLO COLOMBO
*17STC0012950*
*17STC0012950*