Alma Mater Studiorum · Università di Bologna FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI Corso di Laurea Triennale in Fisica IL PARADOSSO EPR E IL TEOREMA DI BELL Presentata da: Relatore: TRONG NHAN NGUYEN Prof. FRANCESCO RAVANINI II Sessione Anno Accademico 2009/10 Indice Introduzione 1 1 Il Paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen 4 1.1 Entanglement . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 1.2 Completezza, Realismo e Località . . . . . . . . . . . . . . . . 6 1.3 Formulazione del Paradosso 9 1.3.1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Il Paradosso secondo Bohm - Aharonov . . . . . . . . 2 Il Teorema di Bell 2.1 Disuguaglianze di Bell 12 14 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 2.1.1 Le Disuguaglianze secondo CHSH . . . . . . . . . . . . 19 2.1.2 Un Esperimento Mentale . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 2.2 L'esperimento di Alain Aspect . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 2.3 Il Teorema di Non-Comunicazione 28 . . . . . . . . . . . . . . . 3 Le Interpretazioni della Meccanica Quantistica 31 Bibliograa 35 Ringraziamenti 37 1 Introduzione ◦ secolo, i sici di tutto il mondo credevano di essere Verso la ne del XIX pressapoco giunti al compimento della conoscenza scientica, con la sica classica. Agli albori del XX ◦ secolo, scoprirono che non era così. La risoluzione del problema dello spettro di corpo nero (Planck), la scoperta dell'eetto fotoelettrico (Einstein) e la costruzione di un modello atomico consistente (Bohr) gettarono le fondamenta per la formulazione di una nuova teoria che mirava a spiegare ciò che avviene nel mondo microscopico delle particelle. Nel biennio 1925-26, Schrödinger e Heisenberg svilupparono rispettivamente e in separata sede la meccanica ondulatoria e la meccanica delle matrici, due elaborazioni equivalenti della meccanica quantistica, la cui assiomatizzazione denitiva avvenne di lì a qualche anno grazie ai sostanziosi contributi di Dirac, Von Neumann e Weyl. Questa teoria mostra la duplice natura ondulatoria-corpuscolare delle particelle elementari, conferma la presenza di livelli discreti di energia come ipotizzato da Planck, e conferisce un limite inferiore a quanto possiamo indagare del mondo sico a causa del principio di indeterminazione. Ma il carattere più peculiare della meccanica quantistica è sicuramente l'introduzione della funzione d'onda ψ , soluzione dell'equazione di Schrödinger e rap- presentazione dello stato sico di un sistema quantistico di cui è la completa descrizione. Matematicamente questo oggetto è espresso da un vettore, ovvero una funzione in uno spazio di Hilbert separabile. Ma sull'interpretazione di cosa ciò signichi al di fuori dell'astrazione geometrica, è tutt'oggi oggetto di dibattito. Esiste una formulazione standard, assiomatizzata e insegnata comunemente in tutte le università del mondo e conosciuta come Interpre- tazione di Copenaghen, che attribuisce alla funzione d'onda una natura probabilistica, insondabile e aleatoria no all'atto della misurazione, causa del collasso in uno e uno solo stato. Le aermazioni probabilistiche della meccanica quantistica diventano quindi irriducibili e non da ricondurre ad una nostra mancata conoscenza di qualche variabile nascosta. Da sempre fautore di un vivo determinismo [6] , Albert Einstein non era di questo avviso; ritenendo la meccanica quantisti- 2 ca una teoria incompleta poiché avrebbe comportato una azione istantanea a distanza, pubblicò nel 1935 insieme ai colleghi Boris Podolsky e Nathan Rosen l'articolo: Can Quantum-Mechanical Description of Physical Reality Be Considered Complete? [3] in cui con un esperimento ideale espone ciò che ai posteri diverrà noto come il paradosso EPR, evidenziando come la teoria dei quanti violerebbe il principio di località. Si dovranno aspettare 30 anni quando, nel 1965, il sico irlandese John Bell dimostrerà un teorema [1] per cui nessuna teoria sica a variabili nascoste locali può riprodurre le predizioni della meccanica quantistica. diseguaglianze di Bell, Le diretta conseguenza del teorema omonimo, permet- teranno per la prima volta veriche sperimentali dell'eettiva non-località quantistica. Varie furono le esperienze che portarono alla dimostrazione della vìolazione delle diseguaglianze di Bell, ma ci si limiterà a riproporre l'esperimento forse più celebre e decisivo di questo scontro di pensiero, quello di Alain Aspect. Tra i formalismi alternativi più famosi ricordiamo principalmente l'e- Interpretazione a Molti Mondi di Everett, la dell'Onda Pilota di De Broglie-Bohm, e altre minori. sotica 3 deterministica Teoria Capitolo 1 Il Paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen Nel volume 47 del Physical Review, datato 1935, appare un articolo a opera di Einstein, Podolsky e Rosen (in seguito EPR) [3] che contesta la completezza del formalismo quantistico come valutato dall'Interpretazione di Copenaghen. Il paradosso EPR che emerge dall'elaborato è un esperi- mento mentale che dimostra come una misura eseguita su una parte di un sistema quantistico possa propagare istantaneamente un eetto sul risultato di un'altra misura, compiuta successivamente su un'altra parte dello stesso sistema quantistico, qualsivoglia sia la distanza separante le due parti. EPR sostengono che in una teoria che voglia denirsi completa, dev'esservi un elemento in corrispondenza a ciascun elemento della realtà. Condizione suciente per la realtà di una grandezza sica è la possibilità di prevederla con certezza senza perturbare in alcun modo il sistema. In meccanica quantistica, quando si hanno due grandezze siche espresse da due operatori che non commutano, la conoscenza dell'una preclude la conoscenza dell'altra; in particolare, più precisione si richiede da una misura, più imprecisa sarà l'altra a meno che essa non sia espressa da un operatore commutante col primo. E' il processo di misura stesso che va ad alterare l'esattezza del secondo valore. Questo altro non è che il Principio di Indeterminazione di Heisenberg, che in altre parole aerma come sia impossibile avere valori prevedibili di due grandezze siche, se a queste corrispondono due operatori che non commutano tra di loro. Dunque, • o è incompleta la descrizione della realtà fornita dalla meccanica quan- tistica; • o queste due grandezze non possono essere simultaneamente reali. E' facile mostrare che una delle due aermazioni deve essere per forza vera, poiché non sono ammesse altre soluzioni disponibili. 4 Infatti, se entrambe risultassero false (cioè, la meccanica quantistica è una teoria completa, grandezze siche corrispondenti a due operatori A e B e le commutanti hanno realtà simultanea) cadremmo in un assurdo poiché verrebbe vìolato il prinicipio di indeterminazione. Da ciò se ne deduce che le due espressioni logiche sono complementari: se si assume vera la prima, risulta falsa la seconda e viceversa. EPR crea il paradosso ipotizzando la completezza della funzione d'onda e allo stesso tempo deducendo la realtà sica di due grandezze i cui rispettivi operatori non commutano. Come già detto, si cade in assurdo. Ne consegue che al momento attuale la descrizione della realtà fornita da una funzione d'onda non è completa, ed esistono variabili nascoste locali che andrebbero a rinire questa nostra conoscenza parziale. Il paradosso si avvale di un fenomeno predetto dalla meccanica quantistica e conosciuto come entanglement quantistico, accanto all'assunzione di tre ipotesi: • il principio di realtà ; • il principio di località ; • la completezza della meccanica quantistica. Al ne di risolvere il paradosso si è costretti a lasciar cadere una delle tre ipotesi, ma considerando le prime due ovvie, non si può che giungere alla conclusione che la meccanica quantistica sia una teoria incompleta. Ogni teoria che abbia come obbiettivo il fornire una descrizione oggettiva della realtà, difatti, deve sottostare alla località da cui consegue la causalità. Ma, come si avrà modo di vedere in seguito, la natura non-locale del mondo dei quanti non vìola in alcun modo la relatività. 1.1 Entanglement L'entanglement è un fenomeno puramente quantistico, cioè privo di una controparte classica, in cui lo stato quantico di un insieme di due o più sistemi sici dipende dagli stati di ciascuno dei sistemi che compongono l'insieme. Matematicamente ciò è espresso nel modo seguente: Denizione 1 : siano A e B due sistemi non interagenti appartenenti ai rispettivi spazi di Hilbert HA e HB , e siano |ψiA e |φiB i due stati in cui si trovano i nostri sistemi. Allora lo stato del sistema composto, appartenente a HA ⊗ HB , sarà |ψiA |φiB . Gli stati del sistema composto che possono essere scritti in questa maniera vengono chiamati stati separabili. Non tutti gli stati di un sistema composto sono tuttavia stati separabili; siano {|iiA } e {|jiB } una base nei rispettivi spazi di Hilbert. Grazie alla decomposizione di Schmidt, qualsiasi stato nello spazio composto può allora 5 essere scritto come |ψiAB = N X ci |iiA |iiB i=1 Lo stato risulta separabile se esiste un i per cui il coeciente 1, e tutti gli altri cj = 0, j 6= i, cioè se e solo se lo stato è separabile |ψiAB = |iiA |iiB Ogni stato per cui esiste più di un ci 6= 0 viene detto stato stato per cui ci = √1N , ∀i è detto maximally entangled. Ad esempio, dati due rispettive basi {|0iA , |1iA } ∈ HA e . Uno entangled {|0iB , |1iB } ∈ HB , uno stato entangled dello spazio composto è rappresentato da 1 √ (|0iA |1iB − |1iA |0iB ) 2 in cui è possibile notare come sia impossibile attribuire separatamente o al sistema A o al sistema B uno stato quantico denito senza chiamare in causa l'altro. Esistono vari modi di realizzare uno stato entangled di due sistemi. I sottoprodotti di un decadimento di particelle, ad esempio, devono obbedire a diverse leggi di conservazione e si può avere che due di queste abbiano una correlazione o una anti-correlazione in spin. Si possono creare anche fotoni entangled in polarizzazione come risultato dell'annichilimento di un elettrone e di un positrone. Il singoletto di spin di due elettroni attorno a un nucleo atomico è uno stato entangled. Oltre al suo uso nel paradosso, l'entanglement ha al giorno d'oggi numerose applicazioni nella teoria quantistica dell'informazione, come il teletrasporto quantistico o la creazione dei computer quantistici. E' altresì possibile, tramite l'entanglement, l'invio di due bit classici di informazione con un unico qubit, e questo processo è chiamato codicazione superdensa. 1.2 Completezza, Realismo e Località Nella considerazione del successo di una teoria sica, oltre al potere predittivo che esprime la validità della stessa, EPR aerma che ci si possa porre due domande: se la teoria sia corretta, e se la descrizione che essa fornisce sia completa. Mentre la prima domanda ha risposta nel grado di previsione e di accuratezza di fenomeni sperimentali, e quindi si basa sul confronto tra i risultati della teoria e l'esperienza umana, la seconda necessita di una denizione di completezza; anché una teoria possa denirsi completa, ciascun elemento della realtà sica deve avere una controparte in essa. Nè più, nè meno. 6 Il realismo, nel senso usato dai sici, non si pone sullo stesso piano del realismo in metasica, che ha la pretesa che esista in qualche senso un mondo indipendente dalla nostra mente, un mondo a priori. Ben lungi dal voler essere una denizione esauriente di realtà, il realismo di EPR consiste nella possibilità di stabilire con certezza (ovvero con probabilità uguale a 1) il valore di una grandezza sica senza perturbare in alcun modo il sistema. In tal caso la grandezza sica in questione corrisponde ad un elemento di realtà. Gli elementi della realtà sica non possono quindi essere determinati da considerazioni losoche a priori, ma debbono essere trovati ricorrendo ai risultati di esperimenti e di misure. Tutti gli oggetti devono possedere dei valori preesistenti per ogni possibile misurazione, prima che questa misurazione venga eettuata. A riguardo ad Einstein piaceva dire che la luna lassù anche se nessuno la sta guardando. Con principio di località è si vuole aermare che oggetti distanti non pos- sono avere inuenza diretta l'uno sull'altro: un oggetto è inuenzato direttamente solo dalle sue immediate vicinanze. Questo avviene a causa dell'esistenza di un limite superiore nella velocità di propagazione di un segnale, limite che coincide con c, velocità della luce nel vuoto. L'ultima conside- razione è diretta conseguenza della relativià ristretta; dallo spazio e tempo assoluti della relatività galileiana, in cui c era supposto innito e per cui quindi due sistemi di riferimento inerziali, l'uno in moto rettilineo uniforme rispetto all'altro, traslano unidimensionalmente secondo le trasformazioni: 0 t =t 0 x = x + v0 t y0 = y 0 z =z si passò alla concezione di uno spazio quadridimensionale, lo spazio-tempo di Minkowski, in cui la stessa traslazione unidimensionale viene regolata dalle trasformazioni di Lorentz: 0 t = γ(t − cv2 x) 0 x = γ(x − vt) y0 = y 0 z =z 1 γ=q 1− v2 c2 riconducibili alle classiche trasformazioni di Galileo ponendo v c. Si noti inoltre che, mentre in uno scenario di spazio e tempo assoluti la distanza tra due eventi separati nello spazio e nel tempo dσ 2 = dx2 + dy 2 + dz 2 7 dt02 = dt2 è invariante per le trasformazioni di Galileo (poiché i concetti di spazio e tempo sono slegati), questo non è più vero nel caso la velocità della luce abbia una velocità nita: attraverso le trasformazioni di Lorentz, ciò che ora risulta invariante è la distanza dτ 2 = dt2 − dx2 − dy 2 − dz 2 Tale modica in apparenza insignicante cela in realtà un cambiamento profondo nella natura della metrica spazio-temporale, che passa da quella euclidea ad una non euclidea in cui la norma dei vettori non è più necessariamente denita positiva. Figura 1.1: Diagramma spazio-temporale in tre dimensioni Un modo pratico per visualizzare la geometria dello spazio-tempo come emerge dalle trasformazioni di Lorentz, e ricondursi quindi al concetto di località, è quello di ricorrere ai diagrammi spazio-temporali. Non essendo tuttavia intuitiva l'immaginazione di iperconi e iperpiani quadridimensionali, si riducano di uno le dimensioni spaziali e si consideri il luogo dei punti per cui x2 + y 2 = ct2 . Questo altro non è che un doppio cono retto circolare con vertice nell'osservatore(o in un evento designato) e il cui asse coincide con l'asse del tempo (si veda la Fig.1.1). Il cono aperto nella direzione positiva del tempo rappresenta il possibile futuro dell'osservatore nello spazio-tempo. 8 Ogni segnale che egli spedirà, ogni evento causale avrà il suo eetto all'interno di questo cono, con la supercie del cono come limite estremo nel caso il segnale si propaghi alla velocità della luce. Analogamente, ogni segnale che può ricevere, deve necessariamente partire da una sorgente all'interno del suo cono luce inferiore. L'intervallo τ2 tra l'osservatore e un evento può quindi essere positivo, negativo o nullo a seconda che l'evento Q Q si trovi all'interno del suo cono luce, sul suo cono luce, o all'esterno. Il vettore può essere classicato quindi come segue se se se τ2 > 0 ⇒ τ2 = 0 ⇒ τ2 < 0 ⇒ tipo tempo tipo luce è di tipo spazio è di è di Il principio di località aerma quindi che due eventi separati nel presente, ovvero essenti l'uno al di fuori del cono luce dell'altro, non possano inuenzarsi causalmente se non in un futuro in cui i due rispettivi coni s'intersecheranno. E' un concetto che si richiama fortemente all'intuizione sica dell'esperienza umana macroscopica, e EPR lo considerava ovvio. 1.3 Formulazione del Paradosso L'articolo originale di EPR propone come grandezze siche da analizzare il momento lineare e la posizione, ma tale scelta non è vincolante. Si possono considerare molti altri osservabili tra loro entangled, come ad esempio lo spin delle particelle o la polarizzazione dei fotoni. Quest'ultima in particolare risulta più semplice da preparare sperimentalmente e viene ed è stata per questo impiegata nella gran parte delle esperienze a riguardo. Si prenda una particella con un solo grado di libertà, in uno spazio quindi unidimensionale. Il concetto fondamentale della teoria è quello di si suppone completamente caratterizzato dalla funzione d'onda stato, che ψ, la quale è una funzione delle variabili scelte per descrivere il comportamento della particella. In corrispondenza ad ogni grandezza A sicamente osservabile, vi è un operatore, che può essere indicato con la stessa lettera. Se ψ è autofunzione dell'operatore A, ovvero se: Âψ = aψ (1.1) A possiede con certezza il valore numerico a ogni volta che la particella è descritta da ψ . In accordo con il principio di realtà, esi- allora la grandezza sica ste quindi per questa particella un elemento della realtà sica corrispondente alla grandezza A. Si prenda ora, per esempio, i ψ = e ~ p0 x 9 (1.2) dove p0 è un numero costante e x la variabile indipendente. Considerato l'operatore corrispondente al momento lineare di una particella p̂ = −i~ si ottiene p̂ψ = −i~ ∂ ∂x (1.3) ∂ψ = p0 ψ ∂x (1.4) e quindi, nello stato dato dall'equazione 1.2, il momento assume il valore p0 con certezza. Il momento della particella ha di conseguenza realtà sica. Se invece non valesse l'equazione 1.1, non si può più parlare della grandezza A come se avesse un valore denito. In questo caso accade per la posizione della particella, a cui è associato l'operatore di moltiplicazione x̂, e per cui: x̂ψ = xψ 6= aψ (1.5) Secondo la meccanica quantistica si può assumere solo che la probabilità relativa che una misura della posizione fornisca un valore compreso fra sia: b Z P (a, b) = Z ∗ b − a: b dx = b − a (1.6) a Come si può notare, la probabilità non dipende solamente da la dierenza e b ψ ψdx = a a a, ma dal- tutti i valori della posizione hanno la stessa probabilità. Non è possibile dunque predire con certezza la posizione della particella nello stato 1.2, ma è necessario attuare una misura diretta. Misura che, secondo la teoria della meccanica quantistica, inuenza lo stato della particella ponendolo in un autostato della posizione (e non più del momento, causando quindi indeterminazione su di esso). Si può quindi aermare che quando il momento di una particella è noto, la sua posizione non possiede realtà sica. Siano ora dati due sistemi I e II, di cui siano noti i rispettivi stati prima dell'istante iniziale, che interagiscono per un certo intervallo di tempo dopo il quale non vi è più alcuna interazione. Il sistema composto I + II è ora entangled, e sia denito dalla funzione d'onda Ψ, calcolabile tramite l'equa- zione di Schrödinger in ogni istante di tempo successivo all'interazione. A questo punto tuttavia non è più possibile ricavare lo stato di I o di II. A, relativa al sistema I, u1 (x1 ), u2 (x2 ), u3 (x3 ), ... La Si prenda in considerazione la grandezza sica che avrà autovalori funzione d'onda Ψ a1 , a2 , a3 , ... e autofunzioni dopo l'interazione potrà essere quindi scritta come: Ψ(x1 , x2 ) = ∞ X ψn (x2 )un (x1 ) (1.7) n=0 Si voglia ora misurare A, e si supponga che assuma il valore ak . In meccanica quantistica solitamente, dopo una misura, lo stato del sistema 10 viene proiettato tramite un operatore di proiezione sull'autospazio relativo all'autovalore trovato. Quindi il sistema I viene proiettato nello stato mentre il sistema II si deduce venga proiettato nello stato uk (x1 ), ψk (x2 ), e si otterrà di conseguenza: Ψ(x1 , x2 ) = ψk (x2 )uk (x1 ) (1.8) La deduzione è lecita poiché la funzione d'onda del sistema composto può essere espressa come prodotto delle funzioni d'onda dei singoli sottosistemi se questi sono indipendenti. Considerando invece un'altra grandezza I, con autovalori b1 , b2 , b3 , ... e autofunzioni B , sempre relativa al sistema v1 (x1 ), v2 (x2 ), v3 (x3 ), ..., si può scrivere analogamente a 1.7: ∞ X Ψ(x1 , x2 ) = ϕm (x2 )um (x1 ) (1.9) m=0 E ancora, assumendo bj il valore misurato della grandezza B, si ha che Ψ(x1 , x2 ) = ϕj (x2 )vj (x1 ) (1.10) Con le medesime considerazioni attuate in precedenza per la grandezza l'autovalore A e aj . Se ne conclude quindi che, tramite un processo di misurazione sul sistema I, sia possibile lasciare il sistema II in due stati con funzioni d'onda diverse: ψk e ϕj , appartenenti alla stessa realtà. D'altra parte, poiché all'istante della misura i due sistemi non interagiscono più, il secondo sistema non può subire alcuna modicazione reale in conseguenza di operazioni eettuate sul primo sistema. Per lo scopo pressato è interessante valutare il caso in cui ψk e ϕj siano autofunzioni di due operatori che non commutano, come ad esempio il momento lineare e la posizione. Siano i due sistemi due particelle, e che la funzione d'onda composto sia: +∞ Z Ψ(x1 , x2 ) = i e ~ (x1 −x2 +x0 )p dp Ψ del sistema (1.11) −∞ dove x0 è una costante. Sia P1 il momento della prima particella: come visto in precedenza, la sua autofunzione sarà: i up (x1 ) = e ~ px1 corrispondente all'autovalore p. (1.12) Considerando che il momento ha uno spettro continuo, l'espansione in 1.7 diventa Z +∞ Ψ(x1 , x2 ) = ψp (x2 )up (x1 )dp −∞ 11 (1.13) dove i ψp (x2 ) = e ~ (x0 −x2 )p è l'autofunzione dell'operatore P̂2 (1.14) associato al momento della seconda parti- cella, corrispondente all'autovalore −p. Si analizzi ora l'altra grandezza sica, la posizione X1 della x, è prima parti- cella, la cui autofunzione, che corrisponde all'autovalore vx (x1 ) = δ(x1 − x). (1.15) In tal caso l'equazione 1.9 risulta Z +∞ Ψ(x1 , x2 ) = ϕx (x2 )vx (x1 )dx (1.16) −∞ dove Z +∞ ϕx (x2 ) = i e ~ (x−x2 +x0 )p dp = 2π~δ(x − x2 − x0 ) (1.17) −∞ autofunzione dell'operatore associato alla posizione della seconda particella con autovalore x + x0 . E' immediato mostrare che gli operatori P̂ e X̂ non commutano. Ed è qui che sorge il paradosso. Misurando o il momento o la posizione del primo sistema, si è in grado di prevedere con certezza, e senza in alcun modo perturbare il secondo sistema, o il valore della grandezza P o il valore della grandezza X che questa ha. Secondo il principio di realtà prima enunciato, entrambe le quantità sono quindi elementi di realtà. Ma non solo! Esse appartengono alla stessa realtà, sebbene i rispettivi operatori non commutino. Riprenden- do ora le aermazioni considerate a inizio capitolo, si è appena dimostrato che l'aermazione sull'impossibilità che due grandezze non compatibili siano simultaneamente reali è falsa. Dunque, a EPR non rimase che assumere che la meccanica quantistica sia una teoria incompleta. 1.3.1 Il Paradosso secondo Bohm - Aharonov Nel 1957 David Bohm e Yakir Aharonov proposero una variante del paradosso EPR [4] , in cui la derivazione di fondo rimane la stessa e cambiano invece i sistemi e le grandezze siche in gioco. Bohm e Aharonov analizzano un sistema quantistico dal punto di vista delle sue variabili di spin. Questo approccio non solo è più snello matematicamente, ma è anche più accessibile a livello sperimentale. Si consideri una molecola biatomica con spin totale nullo, i cui atomi U e V sono i due sistemi presi in considerazione. Ognuno di loro avrà quindi spin 12 1 2 . La funzione d'onda del sistema composto è data dallo stato di singoletto di spin, cioè da 1 V V U |ψi = √ {|+iU z |−iz − |−iz |+iz } 2 dove per |±iU z e |±iVz (1.18) si intende rispettivamente lo stato della prima e della seconda particella con spin ± ~2 nella direzione lungo l'asse z. Si ripeta il procedimento EPR; si allontanino i due atomi con un metodo che non modichi lo spin totale, e si considerino i singoli sistemi così entangled una volta che si trovino ad una distanza tale da non poter l'uno più interagire con l'altro. Detto questo istante t0 , è evidente come, poiché lo spin totale deve rimanere zero, se si compie la misura su uno dei due atomi, immediatamente si verrà a conoscenza dello spin dell'altro atomo, che sarà opposto. In Meccanica Quantistica si ricorda inoltre che una sola componente alla volta dello spin di ciascun atomo può avere un valore ben denito. La misura dello spin lungo un asse, genera l'indeterminazione sulle altre, rendendole di fatto scorrelate. La chiave della risoluzione di Bohm - Aharonov sarà quindi proprio nel considerare due assi di orientazione dello spin, per cui, come appena detto, gli operatori corrispondenti non commutano tra di loro. Non ci si intende soermare in questa sede sulla dimostrazione del paradosso da parte di Bohm - Aharonov, in quanto, a parte l'utilizzo della forma matriciale, i passaggi e le conclusioni sono esattamente le stesse. Riepilogando con altre parole, quando viene formato uno stato entangled di due particelle, o queste sono create con spin opposti ma decisamente deniti lungo tutti gli assi, o sono legate in un modo per cui ognuna conosce lungo quale asse è stata misurata l'altra, e si pone di conseguenza nello stato opposto lungo quell'asse (anché ogni particella non porti più informazioni ricavate da osservabili non compatibili). Dato che dalla seconda opzione conseguirebbe la vìolazione del principio di località, per risolvere il paradosso a EPR non rimase che assumere che ogni particella abbia in sé degli stati predeterminati, e che la conoscenza totale di essi è derivata dalla conoscenza delle variabili nascoste locali che esulano dalla funzione d'onda. Ergo, la meccanica quantistica, nonostante il successo in numerosi scenari sperimentali e l'eccezionale potere predittivo, è una teoria incompleta. 13 Capitolo 2 Il Teorema di Bell Alla ne del precedente capitolo si è visto come EPR giunse alla conclusione che la teoria della meccanica quantistica sia una teoria incompleta. Ciò portò, negli anni che seguirono, ad un vivo dibattito tra i fautori del determinismo, convinti della possibilità di dover ampliare il bagaglio quantistico in una teoria a variabili nascoste locali, e coloro che invece sostenevano l'indeterminismo minando la concezione del paradosso proprio perché secondo loro erano i presupposti ad essere errati. Ci furono vari e numerosi tentativi da ambo le parti di conciliare questo divario con teorie alternative, ma ci fu bisogno di attendere il 1964, On the quando il sico irlandese John Stewart Bell pubblicò l'articolo Einstein-Podolsky-Rosen Paradox, in cui fornì un elegante soluzione veri- cabile sperimentalmente atta ad assodare la natura più o meno corretta delle aermazioni di EPR. Il teorema di Bell, nella sua forma più semplice, aerma: Nessuna teoria sica a variabili locali nascoste può riprodurre le predizioni della meccanica quantistica. In cui, con `predizioni' si intende la distribuzione probabilistica di una serie di misure in opportune condizioni. Il paradosso EPR presume il realismo locale, ovverosia le nozioni intuitive che gli attributi delle particelle abbiano valori deniti indipendentemente dall'atto di osservazione, e che gli eetti sici abbiano una velocità di propagazione nita. Bell dimostrò che questo realismo locale impone delle restrizioni su certi fenomeni, restrizioni non richieste e dunque vìolate dalla meccanica quantistica. Queste restrizioni vengono chiamate Disuguaglianze di Bell Ed è proprio l'esistenza di queste disuguaglianze a permettere la verica sperimentale sulla presenza o meno di variabili nascoste, tramite misure attuate su coppie entangled di particelle. Gli esperimenti condotti no ai giorni odierni dimostrano una palese vìolazione delle disuguaglianze di Bell; 14 al di là delle dissertazioni puramente matematiche si possiede così una prova empirica contro il realismo locale, rivelando che alcune delle istantanee azioni a distanza previste da EPR, di fatto, accadono realmente. Nonostante quindi l'evidenza di un forte aspetto non localistico nella Natura, ciò non implica che le leggi della relatività ristretta vengano vìolate. Difatti, grazie al teorema di non-communicazione, risulta impossibile per due sperimentatori trasmettersi informazioni a velocità maggiore della luce tramite questi particolari eetti quantistici. 2.1 Disuguaglianze di Bell Nell'articolo del 1964 [2], Bell riprende la versione del paradosso secondo Bohm-Aharonov. Si considerino perciò una coppia di particelle con spin 1 2, in un sistema formante un singoletto e in moto unidimensionale in direzioni opposte. La possibilità di misurare gli spin σ1 e σ2 lungo assi scelti dagli sperimentatori è attuabile tramite magneti di Stern-Gerlach. di misurare lo spin lungo una direzione indicata dal versore Si supponga â. Secondo le regole della meccanica quantistica, se la misura della proiezione dello spin σ1 · â fornisce il risultato +1, allora la misura di σ2 · â deve produrre −1. Questa può parere una contraddizione interna, dato che il principio di indeterminazione della teoria sostiene che la funzione d'onda non possa determinare il risultato di una misurazione individuale ma solo dettare una probabilità che una misura dia un certo valore o un altro. Da ciò Bell decise di introdurre delle nuove variabili, indicate generalmente con λ, che rappre- sentino alcune proprietà intrinseche ad ogni coppia di particelle e che non siano contemplate dalla funzione d'onda proprio perché diverse da coppia a coppia. Le famose variabili nascoste sono quindi riassunte da Bell nella sua λ. Un'eventuale misura non può quindi non prescindere da esse; il risultato A della misura di σ1 · â è determinato dal versore â e da λ, e analogamente il risultato della misura di σ2 · b̂ è determinato dal versore b̂ e da λ: trattazione in A(â, λ) = ±1 B(b̂, λ) = ±1 In cui l'ipotesi di località risiede nel fatto che B non dipende da Se ρ(λ) (2.1) A non dipende da b̂ e, viceversa, â. rappresenta la distribuzione di probabilità del paramentro λ, assunto ad un solo valore e continuo, il valore di aspettazione del prodotto σ2 · b̂ è dato da: Z P (â, b̂) = ρ(λ)A(â, λ)B(b̂, λ)dλ delle due componenti σ1 · â e (2.2) Anché la teoria a variabili nascoste rappresenti in eetti un complemento della meccanica quantistica, bisogna dimostrare che essa sia coerente con 15 P (â, b̂) quest'ultima, e che quindi il valore deve essere uguale al valore di aspettazione delle previsioni quantomeccaniche, che per lo stato di singoletto risulta essere: hσ1 · â σ2 · b̂i = −â · b̂ (2.3) Ma nel procedere della sua dissertazione, Bell scoprirà che le due espressioni non si equivalgono. Si considerino tre versori σ1 e σ2 , â, b̂ e ĉ in direzioni a piacere. Ricordando che misurati lungo una stessa direzione, danno valori uguali e opposti A(n̂, λ) = −B(n̂, λ) ∀n̂ (2.4) e sostituendo nella denizione del valore di aspettazione 2.2 per ognuna delle tre combinazioni di â, b̂ e ĉ, si ottengono le espressioni: Z P (â, b̂) = − A(â, λ)A(b̂, λ)ρ(λ)dλ (2.5) A(â, λ)A(ĉ, λ)ρ(λ)dλ (2.6) B(b̂, λ)A(ĉ, λ)ρ(λ)dλ (2.7) Z P (â, ĉ) = − Z P (b̂, ĉ) = − E' come se si considerassero le correlazioni di misura della stessa particella σ2 tra due assi dierenti. Il risultato di può essere ricavato di conseguenza poiché uguale e opposto a quello misurato. Dopo questa riessione si può valutare quanto segue: Z P (â, b̂) − P (â, ĉ) = Osservando che A(â, λ)A(b̂, λ)[A(b̂, λ)A(ĉ, λ) − 1]ρ(λ)dλ (2.8) ∀n̂: −1 ≤ A(n̂, λ) ≤ +1, (2.9) si ottiene la disuguaglianza Z |P (â, b̂) − P (â, ĉ)| ≤ da cui, riconoscendo l'espressione di [1 − A(b̂, λ)A(ĉ, λ)]ρ(λ)dλ, P (b̂, ĉ) (2.10) nel termine a secondo membro, si ricava la seguente disuguaglianza: |P (â, b̂) − P (â, ĉ)| ≤ 1 + P (b̂, ĉ) (2.11) che pone una condizione sui valori di aspettazione a variabili nascoste, calcolati lungo le tre direzioni considerate. In generale, il membro a sinistra di |b̂ − ĉ| per |b̂ − ĉ| piccolo, dunque valore minimo (−1 in b̂ = ĉ), e non quest'ultima disuguaglianza è dell'ordine di P (b̂, ĉ) non può essere stazionario al 16 può quindi eguagliare il risultato della meccanica quantistica. Si è appena dimostrato come l'espressione 2.2 non possa essere ricondotta alla 2.3. Si faccia ora il procedimento inverso, cioè valutare se l'espressione della meccanica quantistica possa ricondursi in qualche modo al valore di aspettazione in 2.2. Dato che le misure eettuate rientreranno sempre e comunque in un margine di errore, si faccia una serie di esperimenti e si considerino quindi le medie P (â, b̂) Si supponga ora che ∀â, b̂, e −â · b̂. la dierenza sia limitata in modulo da |P (â, b̂) + â · b̂| ≤ Si mostrerà che (2.12) non può essere reso piccolo a piacere. Si ipotizzi anche che ∀â, b̂ sia pure |â · b̂ − â · b̂| ≤ δ (2.13) |P (â, b̂) + â · b̂| ≤ + δ (2.14) Allora A questo punto la 2.2 diventa Z P (â, b̂) = ρ(λ)A(â, λ)B(b̂, λ)dλ (2.15) dove |A(â, λ)| ≤ 1 Se ora â = b̂, e |B(b̂, λ)| ≤ 1 (2.16) si ottiene Z ρ(λ)[A(b̂, λ)B(b̂, λ) + 1]dλ ≤ + δ (2.17) e di conseguenza Z P (â, b̂) − P (â, ĉ) = ρ(λ)A(â, λ)B(b̂, λ)[1 + A(b̂, λ)B(ĉ, λ)]dλ − Z − ρ(λ)A(â, λ)B(ĉ, λ)[1 + A(b̂, λ)B(b̂, λ)]dλ Sfruttando le due condizioni 2.16 Z |P (â, b̂) − P (â, ĉ)| ≤ ρ(λ)[1 + A(b̂, λ)B(ĉ, λ)]dλ + Z + ρ(λ)[1 + A(b̂, λ)B(b̂, λ)]dλ. 17 (2.18) E quindi, dalla 2.15 e 2.17 |P (â, b̂) − P (â, ĉ)| ≤ 1 + P (b̂, ĉ) + + δ. (2.19) Inne, utilizzando la disuguaglianza 2.10 |â · ĉ − â · b̂| − 2( + δ) ≤ 1 − b̂ · ĉ + 2( + δ) (2.20) |â · ĉ − â · b̂| + b̂ · ĉ − 1 ≤ 4( + δ) (2.21) cioè Si prenda ad esempio â · ĉ = 0 e â · b̂ = b̂ · ĉ = √1 ; sostituendo nell'ultima 2 espressione, essa diventa quindi 4( + δ) ≥ √ 2−1 Da qui se ne conclude che per valori niti e piccoli di arbitrariamente piccolo. (2.22) δ, non può essere Così il valore medio quantistico non può essere ricondotto a 2.2 in modo né accuratamente né arbitrariamente vicino. Le due teorie non sono quindi tra loro compatibili. Alla luce di questi fatti, può essere quindi ragionevole asserire che un'eventuale teoria a variabili nascoste che vuole in qualche modo essere compatibile con l'interpretazione della meccanica quantistica nora adottata, deve essere necessariamente non locale (poiché la meccanica quantistica vìola le diseguaglianze di Bell così come la vìolano due funzioni come B(nˆ1 , nˆ2 , λ), A(nˆ1 , nˆ2 , λ) e cioè con funzioni che dipendono anche dall'asse di misura del- l'altro componente al primo correlato), ovvero tale da permettere che ogni misurazione eettuata su un sistema inuenzi le misurazioni eettuate su altri sistemi comunque distanti. Ciò che è stato esposto nora non va comunque contro l'ideazione di una teoria realistica a variabili nascoste; Bell dimostra semplicemente che eventuali variabili nascoste locali sono in contraddizione con le previsioni quantistiche (sperimentalmente corrette), e quindi non possono essere considerate come il completamento della teoria quantomeccanica. Le opzioni a questo punto sono due: accettare la meccanica quantistica per come è, o formulare una nuova teoria a variabili nascoste non locali che sia comunque coerente con i risultati ottenuti grazie alla prima, nonché avente riscontro e maggior potere predittivo a livello sperimentale. Il punto cruciale rimane comunque questo nuovo sguardo alla Natura che ci circonda, che per la prima volta si mostra palesemente non locale. Si è così costretti a rinunciare al principio di località così intuitivo e così in scala umana, e accettare che il mondo dei quanti si erge al di sopra di ogni prospettiva convenzionale. 18 2.1.1 Le Disuguaglianze secondo CHSH I sici John Clauser, Michael Horne, Abner Shimony e Richard Holt(dalle cui iniziali dei cognomi proviene la sigla CHSH) attuano una rivisitazione delle disuguaglianze di Bell che rendono nota alla comunità scientica in un articolo datato 1969 [10] . Essi generalizzano le disuguaglianze di Bell in modo da poterle vericare in esperimenti realizzabili. La riformulazione delle disuguaglianze è basata difatti su una combinazione di quattro coecienti di correlazione di polarizzazione misurati in quattro diverse orientazioni dei polarizzatori. Consideriamo un ensemble di coppie correlate di particelle che si muovono in due direzioni opposte in modo tale che una entri nell'apparato Ia e l'altra nell'apparato IIb , in ciascuno dei quali una particella ha la possibilità ±1. I risultati di tali raccolte B(b, λ), dove λ sono le variabili di selezionare uno di due canali identicati con sono rappresentati da due funzioni A(a, λ) e nascoste che contengono l'informazione grazie alla quale abbiamo la correlazione tra risultati, mentre di misurazione. Deniamo la a e b sono i parametri variabili dei due apparati funzione di correlazione come Z E(a, b) = ρ(λ)A(a, λ)B(b, λ)dλ (2.23) Γ dove Γ è lo spazio totale delle variabili nascoste λ. Utilizzando la denizione 2.23, si ha Z |E(a, b) − E(a, c)| ≤ ρ(λ)|A(a, λ)B(b, λ) − A(a, λ)B(c, λ)|dλ = ZΓ ρ(λ)|A(a, λ)B(b, λ)|[1 − B(b, λ)B(c, λ)]dλ = = ZΓ ρ(λ)[1 − B(b, λ)B(c, λ)]dλ = Z = 1 − ρ(λ)B(b, λ)B(c, λ)dλ. = Γ (2.24) Γ Supponiamo che per qualche parametro dove 0 ≤ δ ≤ 1. Ipotizziamo inoltre b0 δ → 0, abbiamo E(b0 , b) = 1 − δ , che costituisce il caso speri- mentalmente più interessante. Ora, se dividiamo la regione Γ± = {λ|A(b0 , λ) = ±B(b, λ)}, abbiamo 1 Γ− ρ(λ)dλ = 2 δ . R Γ in due parti Pertanto R = ≥ = λ)dλ = Γ ρ(λ)B(b, λ)B(c, R 0 0 Γ ρ(λ)A(b , λ)B(c, λ)dλ − 2 Γ− ρ(λ)A(b , λ)B(c, λ)dλ ≥ R E(b0 , c) − 2 Γ− ρ(λ)|A(b0 , λ)B(c, λ)|dλ = E(b0 , c)0 δ = E(b0 , c) + E(b0 , b) − 1 R 19 (2.25) e quindi |E(a, b) − E(a, c)| ≤ 2 − E(b0 , b) − E(b0 , c). (2.26) Sperimentalmente l'apparato di misurazione potrebbe essere costruito da un ltro seguito da un rilevatore e quindi i valori ±1 corrispondono alla rilevazione o alla non-rilevazione delle particelle, in questo modo possiamo vericare la disuguaglianza 2.26 applicandola direttamente ad esperimenti di conteggio. Se utilizziamo dei fotoni però questa modalità non porta ad una vera e propria verica della 2.26 perché i fotomoltiplicatori hanno un'ecienza più piccola. Possiamo dunque interpretare A(a, λ) = ±1 e B(b, λ) = ±1 come l'uscita o la non-uscita dei fotoni dai rispettivi ltri, che potrebbero essere dei polarizzatori lineari. Introduciamo a questo punto un ulteriore parametro, indicato con ∞, che rappresenta la rimozione dell'apparato di misurazione: chiaramente avremo A(∞) e B(∞) uguali a +1. Facciamo poi un'altra ipotesi secondo la quale se una coppia di fotoni emerge dai due polarizzatori Ia e IIb la probabilità della loro rilevazione congiunta è a indipendente dai paramentri e b. Così se il usso di fotoni all'interno dei a e b, allora il conteggio di coinw(A(a)+ , B(b)+ ), dove w(A(a)± , B(b)± ) è B(b) = ±1. due polarizzatori è costante e indipendente da cidenze R(a, b) è proporzionale a la probabilità che A(a) = ±1 e Ponendo R0 = R(∞, ∞) R1 (a) = R(a, ∞) R2 (b) = R(∞, b) e utilizzando le formule E(a, b) = w(A(a)+ , B(b)− ) + w(A(a)− , B(b)− )− −w(A(a)+ , B(b)− ) − w(A(a)− , B(b)+ ) w(A(a)+ , B(∞)+ ) = w(A(a)+ , B(b)+ ) + w(A(a)+ , B(b)− ) w(A(∞)+ , B(b)+ ) = w(A(a)+ , B(b)+ ) + w(A(a)− , B(b)+ ) w(A(∞)+ , B(∞)+ ) = E(a, b) + 2w(A(a)+ , B(b)− ) + 2w(A(a)− , B(b)+ ) otteniamo E(a, b) = Supponendo inne che 4R(a, b) 2R1 (a) 2R2 (b) − − +1 R0 R0 R0 R1 (a) e R2 (b) siano delle costanti (2.27) R1 e R2 trova- bili sperimentalmente, a questo punto siamo in grado di riscrivere la disuguaglianza 3.24 in termini di quantità sperimentali |R(a, b) − R(a, c)| + R(b0 , b) + R(b0 , c) − R1 − R2 ≤ 0. 20 (2.28) 2.1.2 Un Esperimento Mentale Si ripropone brevemente il percorso che, attraverso il paradosso EPR, ha portato Bell alle sue disuguaglianze, riproponendole in seguito in una chiave leggermente più numerica. Nella versione ottica dell'esperimento concettuale di Einstein, Podolsky e Rosen secondo la variante di Bohm (vedi Fig.2.1), una sorgente emette coppie di fotoni in uno stato simile a quello di singoletto per una coppia di particelle a spin 1 2 . Quindi si può dire che lo stato che descrive la polarizzazione dei due fotoni è dato dal ket 1 |Ψ(ν1 , ν2 )i = √ (|x, xi + |y, yi) 2 dove |xi e |yi sono stati di polarizzazione lineare, mentre (2.29) ν1 e ν2 sono Figura 2.1: Variante ottica dell'esperimento mentale di EPR [5] . le diverse frequenze dei due fotoni emessi che si propagano in due direzioni opposte. E' evidente lo stato entangled dei due fotoni, per cui non è possibile assegnare una polarizzazione ai singoli fotoni, ma bisogna valutare il sistema nel suo complesso. Una volta che i due fotoni sono separati, si supponga di eettuare delle misure di polarizzazione lineare tramite due polarizzatori ognuno seguito da due rilevatori. Il polarizzatore I, che si prende orientato lungo la direzione â fornirà i risultati +1 o -1 a seconda che la polarizzazione del fotone sia rispettivamente parallela o perpendicolare alla direzione scelta per il polarizzatore. Allo stesso modo agisce il polarizzatore II che si ipotizzi essere orientato lungo b̂. E' noto che la meccanica quantistica prevede delle correlazioni tra le misure eettuabili sui due fotoni. Per misure singole è previsto esservi un 50% di probabilità di ottenere o uno o il valore opposto di polarizzazione rispetto ad un asse stabilito. P (â+) = P (â−) = 21 1 2 P (b̂+) = P (b̂−) = dove 1 2 P (â±) è la probabilità di ottenere il risultato ±1 per una misura sul ν1 e, analogamente, P (b̂±) è la probabilità di ottenere ±1 per il fotone fotone ν2 . Per misure in coincidenza invece la meccanica quantistica prevede P (â+, b̂+) = P (â−, b̂−) = 1 cos2 θab 2 P (â+, b̂−) = P (â−, b̂+) = 1 cos2 θab 2 P (â±, b̂±) rappresentano le probabilità di ottenere risultati rispettiva±1 per misure congiunte sui fotoni ν1 e ν2 , mentre θab è l'angolo compreso tra le due direzioni â e b̂. dove mente per In questo contesto diventa molto utile la funzione di correlazione denita nel seguente modo E(â, b̂) := P (â+, b̂+) + P (â−, b̂−) − P (â+, b̂−) − P (â−, b̂+). (2.30) Secondo le previsioni della meccanica quantistica si arriva quindi ad ottenere: EQM (â, b̂) = cos 2θab (2.31) Secondo Einstein queste correlazioni tra le misurazioni appena descritte su fotoni separati spazialmente possono essere spiegate in termini di proprietà comuni ad entrambi i membri delle coppie emesse dalla sorgente. Si prenda in considerazione, a titolo di esempio, il caso di completa correla- θab = 0 in modo che E(â, b̂) = 1. Dunque se si ottiene il valore +1 per il fotone ν1 , allora sicuramente, sempre secondo le previsioni della meccanica quantistica, anche il fotone ν2 avrà il valore +1 senza tuttavia zione, cioè compiere alcuna misura su di essa. Perciò sembrerebbe d'obbligo ammettere l'esistenza di qualche proprietà, detta variabile nascosta, che determina questa particolare coppia di fotoni, variabili nascoste dierenti da coppia a coppia. Bell, partendo da teorie che spiegherebbero la meccanica quantistica in termini di tali parametri aggiuntivi e assumendo il principio di località, arriva a una coppia di disuguaglianze che non sempre tuttavia corrispondono alle previsioni della sola teoria quantistica. Si denisca di nuovo la funzione di correlazione te: E(â, b̂) nella maniera seguen- Z E(â, b̂) = ρ(λ)A(â, λ)B(b̂, λ)dλ (2.32) ρ(λ) è la distribuzione di probabilità delle variabili nascoste λ, mentre A(â, λ) e B(b̂, λ) sono i risultati delle misure che dipendono dall'orientazione dove 22 dei polarizzatori e dai parametri che caratterizzano la coppia su cui si eettua la misura. Viene denita ora un'altra quantità che risulta utile per riscrivere le disuguaglianze di Bell in modo da poter essere applicate negli esperimenti: s(â, â0 , b̂, b̂0 , λ) := A(â, λ)B(b̂, λ) + A(â0 , λ)B(b̂, λ)+ +A(â0 , λ)B(b̂0 , λ) − A(â, λ)B(b̂0 , λ) = = A(â0 , λ)[B(b̂, λ) + B(b̂0 , λ)] + A(â, λ)[B(b̂, λ) − B(b̂0 , λ)]. A Notando che i risultati di e B possono assumere solo i valori la quantità appena denita è pari a ±2. allora Se ora si integra sullo spazio del- le variabili nascoste, cioè mediando su tutti i parametri seguenti disuguaglianze, note come ±1, λ, si ottengono le disuguaglianze di BCHSH (dal nome dei sici Bell, Clauser, Horne, Shimony e Holt): Z −2 ≤ ρ(λ)s(â, â0 , b̂, b̂0 , λ)dλ ≤ 2 (2.33) dove si può porre 0 0 Z S(â, â , b̂, b̂ , λ) = ρ(λ)s(â, â0 , b̂, b̂0 , λ)dλ = = E(â, b̂) + E(â0 , b̂) + E(â0 , b̂0 ) − E(â, b̂0 ) Questa è la generalizzazione delle disuguaglianze di Bell basata su una combinazione di quattro coecienti di correlazione tra le misure di polarizzazione in quattro diverse orientazioni. La 2.33 tuttavia, in alcune particolari situazioni è in conitto con la meccanica quantistica. Infatti, ponendo ad θab = θba0 = θa0 b0 = π8 e θab0 = θab + θba0 + θa0 b0 , si osserva che 0 assegnando a E(â, b̂), E(â, b̂ ), ... i loro valori quantomeccanici, si ottiene √ SQM = 2 2 esempio quantità che vìola evidentemente il limite superiore della disuguaglianza 2.33. Si voglia ora cercare il range in cui le disuguaglianze vengono vìolate, ovvero il massimo divario tra le previsioni della meccanica quantistica e le disuguaglianze di Bell. Il valore estremo che SQM può assumere, si ha quando θab = θba0 = θa0 b0 = θ Utilizzando la relazione 2.31 si ottiene allora SQM = 3 cos 2θ − cos 6θ 23 Figura 2.2: Direzioni che portano alla massima discrepanza tra le disuguaglianze di Bell e la meccanica quantistica [5] . Per determinare il massimo e il minimo valore assunto dalla quantità SQM si ponga la derivata di S rispetto a θ uguale a zero, ottenendo così gli angoli per cui si ha il massimo conitto tra la teoria quantistica e le disuguaglianze di BCHSH. Quindi dSQM = 6 sin 6θ − 6 sin 2θ = 0 dθ che vale per (vedi Fig.2.2) θ= π = 22, 5◦ 8 3 θ = π = 67, 5◦ 8 In conclusione, si può aermare che il teorema di Bell mette in luce un conitto tra le teorie a variabili nascoste e certe previsioni quantomeccaniche, fornendo un criterio quantitativo per quanticare gli estremi di quando si ha questo divario. Riepilogando, le assunzioni fondamentali alla base della trattazione sono sostanzialmente tre: la presenza di variabili nascoste, il determinismo, e il principio di località. Questa triade, presa così com'è, dà luogo ad un'incoerenza se accostata al anco della meccanica quantistica e delle sue previsioni; tuttavia le prime due ipotesi non possono essere messe in discussione in quanto rappresentano l'ossatura stessa di questo modello, mentre la terza ipotesi, quella di località, pare così ovvia e naturale che sembrerebbe assurdo volerla negare. Eppure, se si vuole completare la meccanica quantistica con una 24 teoria a variabili nascoste, non potendo rinunciare alle prime due ipotesi, si è costretti ad andare contro l'intuizione ed elaborare una teoria non locale. Rinunciando difatto a questa condizione, la disuguaglianza cade in accordo con la meccanica quantistica. 2.2 L'esperimento di Alain Aspect Tra i vari esperimenti compiuti al ne di comprovare o meno la presenza di una vìolazione da parte della Natura delle disuguaglianze di Bell, degni di nota sono quelli progettati dal sico Alain Aspect nel 1982 e dintorni [7]. Aspect, insieme ai suoi colleghi, cercò di creare apparati sperimentali più complessi in confronto a quelli usati no ad allora, e fecero tre diversi esperimenti sfruttando però la stessa sorgente: • l' esperimento con polarizzatori ad un canale • l' esperimento con polarizzatori a due canali • l' esperimento con polarizzatori variabili nel tempo Quest'ultimo in particolare verrà considerato e analizzato in questa sede nel dettaglio, poiché può essere considerato come l'esperimento più preciso ed ecace, a cui gli altri due si possono ricondurre. Come sorgente comune a tutte e tre le apparecchiature, Aspect utilizzò l'eccitazione a due fotoni della cascata atomica del calcio 4p2 (1 S0 ) → 4s4p(1 P1 ) → 4s2 (1 S0 ) processo ad alta ecienza e molto stabile che emette due fotoni visibili ν2 ν1 e entangled in polarizzazione (vedi Fig.2.3). L'eccitazione della cascata viene fatta con due diversi laser aventi po- larizzazioni parallele e focalizzati perpendicolarmente sul fascio atomico di calcio. Un primo ciclo di retroazione controlla la lunghezza d'onda del laser per avere il massimo segnale di uorescenza, un secondo ciclo invece controlla la potenza del laser per stabilizzare l'emissione di fotoni. In questo modo Aspect riuscì ad ottenere una sorgente la più stabile ed efciente possibile con una velocità di cascata di 4 × 107 coppie di fotoni al secondo utilizzando solo 40mW per ciascun laser. Inoltre, con la dicitura ad un canale, s'intende il porre di fronte a ciascun polarizzatore un polarizzatore lineare che trasmette i fotoni polarizzati parallelamente agli assi del polarizzatore stesso, bloccando invece quelli polarizzati perpendicolarmente: in tal caso viene misurato solo il valore + per ciascun fotone delle coppie emesse dalla sorgente. Matematicamente, quindi, l'utilizzo di polarizzatori ad un solo canale permette di determinare il solo risultato 25 R(â+, b̂+) = R(â, b̂) poiché non si Figura 2.3: Eccitazione a due fotoni della cascata atomica del calcio utilizzata come sorgente per gli esperimenti di Aspect [5] . sa se il risultato -1 per un fotone sia dovuto eettivamente al fatto che la sua polarizzazione è ortogonale agli assi del polarizzatore o se è dovuto ad una scarsa ecienza del sistema di conteggio. Si richiedono quindi raccolte ausiliari di dati con uno o entrambi i polarizzatori rimossi, trovando in questo modo le seguenti quantità: R(∞, ∞) = R0 R(â+, ∞) = R1 (â) R(∞, b̂+) = R2 (b̂) Ed elaborando opportunamente la generalizzazione del teorema di Bell, si ottiene la seguente disuguaglianza −1 ≤ S = 1 [R(â, b̂) + R(â0 , b̂) + R(â0 , b̂0 ) − R(â, b̂0 ) − R1 (â0 ) − R2 (b̂)] ≤ 0 R0 (2.34) Questa lieve digressione è necessaria poiché nell'esperimento con i polarizzatori variabili nel tempo si farà uso di questa disuguaglianza (per cui il range da vìolare è [-1,0]), anziché di quella BCHSH (con range [-2, 2]). Come introdotto in precedenza, l'esperimento più interessante eseguito da Aspect è quello in cui sono stati utilizzati polarizzatori a disposizione variabile. Fondamentale è l'importanza di esperimenti di questo tipo dal momento che l'assunzione del principio di località è sì ragionevole e intuitiva, ma non è prescritta da alcuna legge sica (se non dalla relatività ristretta ma, come si avrà modo di vedere, questa non verrà intaccata). Infatti si potrebbe pensare che gli analizzatori ssi possano essere disposti lungo le rispettive direzioni sucientemente in anticipo da consentire loro di comunicare mediante uno scambio di segnali con velocità minore o uguale a quella 26 della luce. Se tali interazioni esistessero, non varrebbero più le disuguaglianze di Bell (che hanno proprio come ipotesi la non dipendenza di una misura da come è disposta l'apparecchiatura dell'altra). Figura 2.4: Esperimento a disposizione variabile con commutatori ottici (CI e CII ), ognuno seguito da due polarizzatori orientati in due diverse direzioni [5] . Nell'apparato sperimentale utilizzato e mostrato in gura 2.4, ciascun polarizzatore è sostituio da un'apparecchiatura composta da un dispositivo di commutazione seguito da due polarizzatori posizionati in due diverse posizioni: â e â0 dal lato I e b̂ e b̂0 dal lato II. Ciascuna apparecchiatura corrisponde ad un polarizzatore variabile commutato rapidamente tra due orientazioni. Infatti la commutazione tra i due canali, e quindi il cambiamento di orientazione dell'equivalente polarizzatore variabile, avviene in 10ns. Considerato che tale intervallo di tempo e il tempo di vita medio del livello intermedio della cascata atomica (5ns) sono piccoli in confronto a L c (40ns), la rilevazio- ne di un evento su un lato e il corrispondente cambiamento di orientazione sull'altro lato sono separati da un vettore di tipo spazio (ovvero sono due eventi in posizioni opposte rispetto a un vettore di tipo luce). La commutazione della luce è eettuata da interazione acustico-ottica con un'onda stazionaria ultrasonica nell'acqua. L'angolo di incidenza (angolo di Bragg) e la potenza acustica sono regolati in modo da ottenere una commutazione completa. Tuttavia, con i grandi fasci utilizzati, la commutazione non era completa poiché l'angolo di incidenza non era esattamente l'angolo di Bragg. Dunque, per ottenere una miglior commutazione, fu ridotta la convergenza dei fasci, e pertanto il tasso di coincidenze rilevate è minore rispetto a quello degli esperimenti precedenti. Tutto ciò ha portato a tempi di misurazione maggiori e risultati che vìolano ancora una volta la disuguaglianza 2.34 e che sono in completo accordo con la meccanica quantistica. Infatti Aspect e colleghi per 27 misurazioni ad angoli θab = θba0 = θa0 b0 = 22.5◦ hanno trovato il risultato Sexp = 0.101 ± 0.020 quando il valore predetto dalla meccanica quantistica è SQM = 0.112 Gli esperimenti di Aspect sono una prova fondamentale e sperimentale del disaccordo tra la meccanica quantistica e le teorie a variabili nascoste locali, e questo in particolare che è stato mostrato lascia intravedere come siano impossibili comunicazioni superluminali. Si supponga di fare misure di correlazione di spin di due particelle separata macroscopicamente. I due osservatori I e II decidono di misurare la componente Sz ; allora, senza chiedere nulla, l'osservatore II sa esattamente il risultato della misura del primo osservatore. Questo però non signica che i due osservatori stiano comunicando in quanto il secondo osservatore ricava dalle proprie misure solamente una sequenza di segni positivi o negativi senza avere nessuna informazione utile. Si potrebbe pensare che i due comunichino se uno di essi cambia improvvisamente l'orientazione dell'analizzatore. Si ipotizzi allora che l'osservatore I misuri Sx , mentre l'osservatore II Sz . I risultati delle misure dei due osser- vatori sono completamente scorrelati, cioè non avviene nessuna trasmissione di informazioni tra i due. Se ora anche l'osservatore I decide di misurare Sz , allora si nota una completa correlazione tra le misure dei due osservatori. Tuttavia il secondo osservatore non può sapere che il primo ha cambiato l'orientazione di misura e ciò che osserva dai suoi risultati è una serie di segni positivi e negativi. Quindi, anche in questo caso, non vi è alcuna informazione trasmessa. Questo porta alla conclusione che misurazioni di semplice correlazione di spin o di polarizzazione non possono essere utilizzate per trasmettere informazioni e, dato l'esperimento analizzato, in particolare non sono possibili comunicazioni a velocità maggiore della velocità della luce. Matematicamente, ciò è mostrato nel seguente paragrafo. 2.3 Il Teorema di Non-Comunicazione Il teorema di non-comunicazione si colloca all'interno dell'ambito della teoria dell'informazione quantistica, e aerma semplicemente che lo scambio istantaneo di informazioni tra due osservatori è impossibile. Questo enunciato risulta particolarmente in linea con la trattazione esposta no ad ora, poiché, con la violazione delle disuguaglianze di Bell e la conseguente caduta 28 del realismo locale, si può essere portati a pensare ad una possibile comunicazione superluminale. Le ipotesi di partenza sono le stesse di qualsiasi esperimento di Bell; un sistema di due elementi entangled che si dirigono in direzioni opposte, e due osservatori che compieranno le misure. Teorema 1 (di non-communicazione) In un test di Bell, la statistica delle misure di un osservatore non è soggetta all'inuenza di qualsiasi cosa faccia l'altro osservatore localmente. Dimostrazione: A e B, i due sperimentatori, che per comodità verranno chiamati eettuano le loro misure sul sistema composto spazio di Hilbert composto H = HA ⊗ HB . S, appartenente allo Si assuma inoltre di lavorare in spazi nito-dimensionali per evitare problemi di convergenza. Lo stato del sistema composto è dato da un operatore densità in Ogni operatore densità σ∈H H. può essere scritto nella forma σ= X Ti ⊗ Si i dove Ti e Si sono operatori su HA e HB . La dimostrazione procede nel considerare il sistema completo non separabile (se così non fosse, risulta ovvio che ogni misura da parte di alla separabilità). che le giunge. A lascia inalterato lo stato di Si supponga che A B, grazie proprio eettui una misura sul sottosistema In generale, ciò viene descritto dall'azione di un operatore quantistico sullo stato complessivo nel modo che segue P (σ) = X (Vk ⊗ IHB )? σ(Vk ⊗ IHB ) k dove le Vk sono chiamate matrici di Kraus, che soddisfano la relazione X Vk Vk? = IHA . k (Vk ⊗ IHB ) implica che l'apparato di misura di A non interagisce col sottosistema di B . Si assuma ora che il sistema composto si trovi in uno stato σ e di trattare l'argomento non relativisticamente (ovvero, con velocità classiche). Immediatamente, dopo che A eettua la sua misura, lo stato correlato di B è dato dalla traccia parziale dello stato complessivo riferito al sottosistema di A. In simboli, lo stato di B dopo la misura di A è il seguente: trHA (P (σ)) Il termine dove A. trHA IHB dell'espressione è la traccia parziale considerata in riferimento al sottosistema di Calcolando direttamente: X trHA (P (σ)) = trHA ( Vk Vk? = IHA ) k 29 = trHA ( XX i k = XX = XX = X = X i Vk? Ti Vk ⊗ Si ) tr(Vk? Ti Vk )Si k i tr(Ti Vk Vk? )Si k tr(Ti i X Vk Vk? )Si k tr(Ti )Si i = trHA (σ) In altre parole, per B (2.35) è indierente che venga fatta o meno la misura su A perché in ogni caso egli la vede sempre come se non ci fosse stato fatta sopra alcuna misura. Da ciò si desume che B (e così analogamente A) non può avere alcuna informazione su come l'altro abbia fatto la misura né tantomeno se l'abbia fatta. Quindi la comunicazione istantanea dati questi presupposti risulta impossibile. Ma ciò non riguarda solo la comunicazione, ma qualsiasi dato si voglia sapere dell'altro. Ogni osservatore è da questo punto di vista isolato dall'altro, e non saprà, se non per vie relativistiche convenzionali, se e quale tipo di misura abbia attuato il suo collega; il pattern di dati che uno riceve non mostrerà nulla riguardo alle azioni dell'altro. Alcuni esperimenti odierni sembrano suggerire invece il contrario, ma è impossibile al giorno d'oggi vericare sperimentalmente se il trasferimento di qualsiasi tipo di informazione sia eettivamente istantaneo. Nel 1981, il sico Nick Herbert propose un gedankenexperiment, noto come Progetto FLASH (First Laser Amplied Superluminal Hookup), al ne di ottenere una comunicazione superluminale sfruttando la non località quantistica. Nel 2007 un team di ricerca completamente italiano ha dimostrato accuratamente e sperimentalmente con una strutturazione EPR del problema, come il tentativo di una qualsiasi comunicazione FTL (faster than light communication) tramite entanglement sia purtroppo destinato al fallimento [9] . 30 Capitolo 3 Le Interpretazioni della Meccanica Quantistica Quest'ultimo capitolo vuole essere una conclusione generale a quanto trattato nora, ponendo l'interrogativo su quale importanza abbia l'argomento preso in esame, non solo a livello storico, ma anche spostando l'attenzione su una questione più profonda e di natura ontologica. Il tono usato d'ora in poi sarà volutamente più divulgativo e superciale, giusto per dare una visione d'insieme del quadro generale, in quanto un approccio più rigoroso possiederebbe materiale per un altro paio di tesi almeno [11] . Siamo partiti, lo ricordiamo, dall'articolo di EPR che nel 1935 contestò la completezza della meccanica quantistica, minandone l'espressione alla base dell'interpretazione che la reggeva -l'Interpretazione di Copenaghen, unica presente a quel tempo- ad opera di Bohr e Heisenberg. lecito chiedersi A questo punto è cosa sia una interpretazione e perché ce ne sia bisogno. Un'interpretazione della meccanica quantistica è un'asserzione che tenta di interpretare le informazioni che la meccanica quantistica fornisce riguardo la comprensione del mondo sico. Il suo scopo, quando una teoria è così astratta che l'intuizione fatica a comprenderla, è di riesprimere i fenomeni, le condizioni iniziali sperimentali e le misure che ricaviamo in termini di un formalismo matematico fondamentale. Mentre per la meccanica classica e per l'elettromagnetismo le proprietà di un punto materiale sono descritte da numeri reali o da funzioni su domini di due o tre dimensioni, avendo così un diretto signicato spaziale, immaginabile e intuitivo sulla realtà che tentiamo di prolare, la struttura matematica della meccanica quantistica è basata su oggetti più astratti, come i ratori, ket, gli ope- agenti su uno Spazio di Hilbert separabile e solitamente innito (ma non necessariamente). Dare un nome sico, trovare una corrispondenza tra elementi matematici e una realtà ineabile che ci circonda è il compito di una 31 interpretazione. A complicare il problema vi è inoltre la natura prettamente probabilistica della teoria, in contrasto tuttavia con i dati esatti che otteniamo quando tentiamo di vericarne le precise e corrette previsioni. Si arriva a discutere su cosa signichi compiere una misura, o su che ruolo abbia un osservatore cosciente in tutto ciò (celebre a riguardo l'esempio del gatto di Schrödinger, o dell'amico di Wigner), se la non-località derivata dalla teoria sia un'eettiva proprietà della Natura o solamente una nostra prospettiva quadridimensionalmente distorta di una realtà ben più articolata. Queste e altre questioni insolute rappresentano un ostacolo per un'interpretazione chiara e diretta della teoria, tanto che ancora oggi è materia di dibattito e oggetto di studio e sperimentazioni da parte di sici e loso della scienza per convalidare l'una o l'altra interpretazione. Interpretazione di Copenaghen L' è denita anche interpretazione stan- dard, ed è quella che oggigiorno viene notoriamente insegnata in tutte le università, tanto che spesso è presentata come l'unica possibile. Nessuno mette in dubbio le capacità predittive e la precisione (alla decima cifra decimale) a cui può giungere, eppure in meno sono a conoscenza del fatto che essa presenti alcune incongruenze fenomenologiche, di ciò che accade nella realtà. Utilizzando come esempio l'esperimento di Young della doppia fenditura, nonostante si spari un fotone alla volta ed essi colpiscano uno a uno lo schermo, nel complesso si otterrà la gura d'interferenza tipica delle onde. E così se utilizziamo un elettrone, o una molecola di fullerene (data la dualità ondacorpuscolo di qualsiasi oggetto). La meccanica quantistica stabilisce soltanto in modo probabilistico il punto in cui ogni particella colpirà lo schermo e identica le zone chiare e le zone scure come quelle per cui la probabilità di essere colpite da una particella è rispettivamente, alta oppure bassa; non è in grado di prevedere in modo esatto dove un determinato corpuscolo andrà a colpire. Queste aermazioni, a detta dell'Interpretazione di Copenaghen, sono irriducibili, cioè non riettono una nostra conoscenza limitata di qualche variabile nascosta contenente chissà quali condizioni iniziali, ma la funzione d'onda ci ore tutto ciò che possiamo sapere: i risultati delle misurazioni di variabili coniugate sono fondamentalmente non deterministici. Oltretutto la meccanica quantistica studia esclusivamente quantità osservabili, ottenibili mediante processi di misurazione. Non ha senso chiedersi dove la particella fosse prima che ne misurassi la posizione, dato che è proprio l'atto di misura che causa il `collasso della funzione d'onda', facendola diventare deterministica dalla sua condizione precedente di sovrapposizione probabilistica degli stati permessi. Le critiche a riguardo furono numerose. In primis in cosa consistesse questo collasso che a detta dell'interpretazione era un evento indeterministico e istantaneo; oltretutto c'era da valutare cosa si intendesse per misura. Un essere umano che prende coscienza del dato, un animale, un altro elettro- 32 ne?, onde evitare il propagarsi a livello macroscopico di una sovrapposizione `estrema' della funzione d'onda prima che questa venga misurata. Ci si chiedeva perché mai bisognasse utilizzare la meccanica quantistica per descrivere l'oggetto in questione, ma la sica classica per l'apparato di misura (nonostante anche questo sia composto da molecole, atomi, elementi appartenenti al dominio della meccanica quantistica). Ci furono e, ci sono tuttora, tentativi più o meno fortunati di rispondere a queste domande, ed è in questo contesto di tumulto che dobbiamo porre l'argomentazione di EPR. Oltre al celeberrimo Dio non gioca a dadi , Einstein non riusciva a concepire come la Natura consentisse una simile azione istantanea a distanza, violando apparentemente le leggi della relatività ristretta (ma come abbiamo visto, non è così). Interpretazione a Molti Mondi Un'altra interpretazione degna di nota è l' di Hugh Everett III, formulata nel 1957, e tanto elegante quanto potenzialmente `assurda'. Infatti ciò che si limita a fare questa interpretazione è semplicemente togliere il postulato del collasso della funzione d'onda: tutti i sistemi isolati evolvono secondo l'equazione di Schrödinger. Questa semplice frase indica che, ogniqualvolta compiamo una misura, la funzione d'onda non collassa in un singolo risultato, anzi assume spontaneamente ogni valore che le è consentito assumere. Cosa signica ciò? Immaginiamo un bivio. E immaginiamo di scegliere la via sinistra. in un altro universo, al nostro parallelo, Ebbene, noi avremo preso il sentiero di de- stra. E così via, ad ogni misura avviene una diramazione continua in più e più universi cosicché ogni evoluzione possibile di qualsiasi stato è avvenuta, avviene ed avverrà. Questi universi paralleli che si separano mano a mano sono intangibili gli uni agli altri; il nostro io è cosciente solo di uno di questi universi e continua a vivere lungo quella linea, interpretando il fenomeno della misura come il collasso della funzione d'onda in un valore preciso, ma casuale. Questo rende l'Interpretazione a Molti Mondi tecnicamente un'interpretazione deterministica; solo tecnicamente perché, anche se ora siamo a conoscenza dell'assenza del collasso della funzione d'onda, che quindi assume ogni valore possibile, analizzando il tutto da più vicino si vede come di fatto non cambi nulla. L'interpretazione risulta deterministica solo dal punto di vi- sta della funzione d'onda universale, ossia per un ipotetico osservatore che potesse seguire l'evoluzione di tutti i mondi. Secondo un osservatore di un singolo universo la teoria rimane tuttavia indeterministica come insegna l'interpretazione ortodossa. Si può precisare però che le due indeterminazioni non saranno propriamente uguali; se a quella dell'Interpretazione di Copenaghen l'indeterminazione risulta ontologica poiché parte della Natura stessa, in quella a Molti Mondi diventa `solamente' gnoseologica, in quanto inacessibile al nostro sapere. Le critiche mosse a questa interpretazione riguarda al meccanismo sico se- 33 condo il quale i mondi si diramerebbero, e neppure come questo possa risultare in accordo con principi altamente condivisi come la conservazione dell'energia e altri. Nel 1952 David Bohm riprese la teoria dell'onda pilota del 1927 di Louis de Broglie, andando ad elaborare ciò che venne poi nota ai posteri come Interpretazione di Bohm. E' degna di menzione poiché fu una delle prime teorie a sfruttare e approfondire l'idea delle variabili nascoste. In questo caso però, su una base non locale [8] . E' una descrizione oggettiva e deterministica della realtà, con il tentativo di sanare molti dei paradossi che si andava incontrando con l'interpretazione classica, quali quello del gatto di Schrödinger, l'EPR stesso, e valicando il problema della misura o del collasso della funzione d'onda. Anche l'Interpretazione di Bohm prende spunto dall'esperimento di Young a doppia fenditura. Egli sostiene che ad ogni particella vada associata un'onda che guidi il moto della particella, da cui il termine onda pilota. Ed è l'onda ad interferire passando da entrambe le fenditure, e non la particella con se stessa. Matematicamente tale onda pilota è descritta dalla classica funzione d'onda della meccanica quantistica, corretta però aggiungendo un fattore che rende conto dell'inuenza pilotante sul moto delle particelle. Tale inuenza potenziale quantistico, che agisce su una particella in modo analogo all'eetto delle pardell'onda pilota viene quantitativamente denita introducendo il ticelle con i campi osservato in sica classica. L'onda pilota evolve in accordo con l'equazione di Schrödinger; con questa interpretazione l'universo non si separa ad ogni misura ed è sia oggettiva che deterministica, a dierenza delle due teorie elencate in precedenza. Bohm chiamò la variabile nascosta, o onda pilota, forza di potenziale quantistico. L'equazione di Schrödinger modicata viene ricavata dall'originale suddividendola in due equazioni accoppiate che prendono in considerazione i termini reali e immaginari separatamente. Non c'è alcun collasso, poiché la particella possiede in modo predeterminato tutto ciò che deve avere, e il suo moto è gestito dall'onda pilota. Su queste e altre interpretazioni minori, quali l'ampliamento dell'Interpretazione di Copenaghen, o talune che chiamano in causa la mente dell'osservatore come trigger del processo di misura, vige comunque ancora il problema di come in Natura non assistiamo a livello macroscopico alla sovrapposizione di stati distinti, come invece avviene nel mondo sub-microscopico. In altre parole, dove si pone il conne tra il mondo classico e il mondo quantistico? La risposta è fornita grazie a un processo pionerizzato da Zurek nel 1982 e noto come decoerenza quantistica, per cui le funzioni d'onda dei vari elettro- ni e atomi costituenti un sistema, diventano ortogonali tra loro -o almeno tendono rapidamente a diventare ortogonali- per due stati dierenti di un 34 corpo macroscopico; a causa dei moti e degli urti interni, la natura quantistica viene in qualche modo dispersa nell'ambiente, in modo che continui ad esistere magari una totale sovrapposizione della funzione d'onda, ma che rimanga al di là di ciò che è misurabile. Da ultimo, vorrei nuovamente sottolineare l'importanza di una interpretazione corretta. Al di là della maggior parte dei sici che sostengono che un'interpretazione non è nulla di più di un'equivalenza tra insiemi di regole per operare sui dati sperimentali (suggerendo quindi che l'intera opera di interpretazione non sia necessaria), sostengo che avere una visione prima di tutto chiara su cosa e con cosa si stia eettivamente lavorando possa aprire numerose prospettive e nuovi punti di vista per evolvere più profondamente nella teoria. Con l'ironica Interpretazione Zero riassunta tramite l'aforisma di David Mermin: Zitto e calcola! , spesso gran parte del mondo scientico sceglie di `non perdersi' dietro inutili pensieri su cosa funzioni e perché funzioni, riducendosi ad una macchina poco più creativa ma meno veloce di un qualsiasi computer. L'animo del sico dovrebbe invece essere spinto dalla curiosità riguardo alla Natura che si muove attorno a lui, dal e dal perché. cosa, dal come, Ed è proprio questo spirito, come spinse i nostri predecessori a interrogarsi più e più volte de rerum natura, a dovere alimentare l'immaginazione di ognuno, e a indurci a chiedere se la luna è ancora lassù anche ora che non la stiamo guardando. 35 Bibliograa Dicibile e Indicibile in Meccanica Quantistica, [1] J.S. Bell: Adelphi Edizioni (2010) [2] J.S. Bell: On the Einstein Podolsky Rosen Paradox, Physics, 1, 195-200 (1964) Can Quantum-Mechanical Description of Physical Reality Be Considered Complete?, Phys. Rev. 47 [3] A. Einstein, B. Podolsky, N. Rosen: (1935) Discussion of Experimental Proof for the Paradox of Einstein, Rosen, and Podolsky, Phys. Rev. 108 (1957) [4] D. Bohm, Y. Aharonov: [5] O. Nicrosini: Paradosso EPR e teorema di Bell, Quaderni di Fisica Teorica (1991) [6] F. Selleri: La Causalità Impossibile, Jaca Book (1987) [7] A.D. Aczel: Entanglement, Raaello Cortina Editore (2004) [8] D. Dürr, S. Teufel: Bohmian Mechanics, Springer (2009) Experimental Text of the No-Signaling Theorem, [quant-ph] (17 May 2007) [9] T. De Angelis, F. De Martini, E. Nagali, F. Sciarrino: [10] J.F. Clauser, M.A. Horne, A. Shimony, R.A. Holt: to test Local Hidden-Variable Theories, Proposed Experiment Phys. Rev. Lett. 23, 880-884 (1969) [11] R. Omnès, Understanding Quantum-Mechanics, Princeton (1999) 36 Ringraziamenti Questo è un piccolo passo per l'umanità (anzi, forse addirittura un passo all'indietro), ma un balzo enorme per un uomo. Con oggi si chiude un primo ciclo di studi che ha visto i suoi alti e i suoi bassi, e la cui meta ho così caricato di signicato. Ma questo traguardo, per quanto importante o insignicante che sia, non sarebbe stato possibile da raggiungere senza l'aiuto e il supporto delle persone che ho incontrato e che mi sono state vicine durante questo lungo percorso. E' di cuore quindi che voglio ringraziare coloro che principalmente hanno segnato ad oggi la mia carriera in quanto studente, e formato in quanto persona. Grazie al professor Francesco Ravanini, per la continua pazienza e cor- diale disponibilità nonostante il progetto della tesi fosse già in avviamento senza frutto da più di un anno. Grazie per il suo interesse e partecipazione nel coinvolgermi nel suo lavoro, dimostrandosi sempre reperibile, ed eettivamente mai lasciato a me stesso. Grazie ai miei genitori, nonostante il tedio, la pesantezza, i rinfacciamen- ti, le minacce, e beh...direi che esistono apposta proprio per questo. Senza il loro inconscio motivarmi tramite psicologia inversa (lo scrivo complicato così non capiscono) probabilmente non sarei dove sono ora. O forse sì. Grazie ai miei colleghi universitari, nonché amici, Asso e Soncio. Il loro insostituibile supporto, gli appunti e le delucidazioni esemplicatrici hanno consentito l'avanzare e il compimento della mia carriera. Grazie per i consigli, e per esserci stati quando ne avevo bisogno. Grazie per le chiacchierate, per gli incitamenti, per la compagnia in treno. E' stato un onore e un piacere `viaggiare' con voi. Grazie ai miei amici. Sono stati più di una famiglia per me negli ultimi anni. Grazie alla Compagnia del Goblin, a Tuan, alla Rita, a Manu, a Johan. Nei momenti di maggior sconforto, hanno avuto la pazienza di consigliarmi e ascoltarmi, senza giudicare. Non è un dono di tutti. Dalle interminabili nottate in auto a confrontarci, ai Petrella Tour, dai giri in centro, alle fungate. Chiedo scusa se non sono stato né riuscirò mai ad essere 37 l'amico perfetto, ma sappiate che ho un grande debito nei vostri confronti e siete gente di cui il mondo avrebbe più bisogno. Ammetto sinceramente di non sapere che ne avrei fatto senza di voi. E inne grazie a Lara, compagna di vita in un tempo che fu. Le espe- rienze, gli errori, il tempo, mi hanno insegnato qualcosa che né la sica né la medicina insieme possono aspirare mai ad insegnare. Cadere, e poi rialzarsi. Al ricordo che ho di lei, ancora una volta, grazie. E' vero, ho impiegato quattro anni per concludere un ciclo di studi che ne prevedeva tre, e non me ne vanto. Oltretutto mi attendono nei tempi a venire altri due anni di laurea magistrale, e i giorni bui non tarderanno a bussare di nuovo alla porta. E' un destino comune a molti. Ma, vedete, l'idea di poter nalmente voltare pagina su un capitolo della mia vita di un passato in cui sono state le paure, le insicurezze, le ancore emotive a comandare i miei pensieri e le mie azioni, è un'esperienza di una libertà totalizzante. E' una ventata di speranza. Vivete pienamente la vostra vita. Non lasciate che sia il pilota auto- matico a viverla per voi, né permettete ai vostri timori, alle vostre cicatrici di impedirvi di credere ciò in cui volete credere. Il biglietto per il futuro è sempre bianco, sta a voi riempirlo con le storie e con le persone di cui volete popolarlo. E allora giriamo pagina. 38