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GIAN LUIGI DARDO
«A MUSICALL BANQUET»
Clab - Bolzano
- MMVII -
GIAN LUIGI DARDO
«A MUSICALL BANQUET»
Invito a un incontro con maestri, colleghi, compagni di
studi, cori, sodalizi vari, studenti e qualche amico.
Clab - Bolzano
- MMVII -
In copertina:
CRISPIN de PASSE “il Vecchio” (1564 – 1637): una “Scena” sulla vita
studentesca, tratta da un volume pubblicato a Utrecht nel 1612, sotto il
titolo “Academia sive speculum vitae scholasticae” (Kassel, Collezione
privata). L’illustrazione è stata ricavata da “Musica 1972” [calendario],
N. 12, Bärenreiter Verlag, Kassel-Basel-Tours-London.
“Progetto per un libro”
Stesura iniziale
2000
Correzioni e modifiche
2003
Modifiche e aggiunte
2006
Praefatio
A Musicall Banquet
Di sicuro l’editore, liutista e compositore inglese Robert
Dowland non poteva immaginare che alla “varietie of delicious Ayres” della sua raccolta, stampata a Londra nel 1610,
sarebbe stata sostituita una lunga suite - con molti spunti
autobiografici - di ritratti o ricordi diversi di persone
defunte (non tutti scritti dopo la loro morte; ma senza alcun
“coccodrillo”), celebrazioni, memorie, appunti, storielle,
battute e barzellette, talora anche non “musicali”, come
avviene in questo libro, che ne ha preso, appunto, il titolo1.
È quindi un volume che raccoglie, nelle sue prime tre
parti, cose scritte in tempi differenti e non tanto per insegnare, quanto piuttosto per far ricordare (anche a… me stesso) “storie” che non fanno “Storia”, e a volte riguardanti personaggi, argomenti, episodi e situazioni che sono o possono
sembrare talora di interesse ristretto, se non addirittura marginali.
Non così per me, che sono nato e vissuto per oltre trent’anni in provincia (e poi ancora…), quasi sempre chiuso in un
guscio - personale o urbano -, anche per una certa difficoltà
a socializzare, se non in circostanze particolari. E per il
lavoro fra suoni e pentagrammi - trovatomi “coinvolto” mi son dovuto attivare e “qualificare” come musicologo, ma
per necessità di inquadramento professionale, non per una
scelta preferenziale.
Questo non mi ha impedito, tuttavia, di avere contatti
proficui con studiosi anche illustri e di affrontare qualche
tema, o ambiente, “extra moenia”, dopo aver tanto avuto da
grandi maestri come Silvio Deflorian, Renato Dionisi,
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A Musicall Banquet
Celestino Eccher, Federico Mompellio e Nunzio Montanari;
nonché da Guglielmo Barblan e Andrea Mascagni, pur non
essendone stato allievo. Molto ho appreso - eravamo sul
finire degli anni Quaranta e poi lungo tutti i Cinquanta anche ascoltando radio, dischi ed esecuzioni dal vivo; e poi
dalle relazioni con colleghi come Alberto Basso, Mario
Fabbri (troppo presto scomparso!), Claudio Gallico e Oscar
Mischiati.
Ora, per accennare brevemente al contenuto di questa terza,
definitiva versione del volume – che ho qualificato come
“Progetto per un libro” – ne do sommaria indicazione.
Nella prima parte ho voluto ricordare variamente personaggi quali Federico Mompelio, mons. Celestino Eccher,
Fernando Mingozzi, Nunzio Montanari, Silvio Deflorian,
Arturo Benedetti Michelangeli, p. Mario Levri, Renato
Lunelli, Guglielmo Barblan, don Lorenzo Feininger,
Giannino Carpi, Massimo Mila e un Cardinale Patriarca di
Venezia. Poi anche Renato Dionisi2, Andrea Mascagni e una
figura di importanza locale quale fu Guido Patuzzi per Riva
del Garda; e ancora miei coetanei come Mario Fabbri,
Camillo Moser, Ezio Michelotti; infine, Oscar Mischiati per
i suoi tre anni al Conservatorio di Bolzano, dove con me,
Claudio Gallico e Francesco Degrada costituì presso la biblioteca un nucleo di studiosi che fu tra i primi a sostenere la
nascita della Società italiana di musicologia.
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A Musicall Banquet
[Mi permetto di segnalare che molti di questi nomi – se non
già noti al lettore – sono ovviamente reperibili nel
Dizionario universale della musica e dei musicisti (DEUMM)
della UTET o anche in fonti più recenti; quello dei trentini
per nascita o prevalenza di attività, pure nel Dizionario dei
musicisti nel Trentino di A. Carlini e C. Lunelli].
Nella seconda parte, fra le altre cose rievoco, anche brevemente, la Filarmonica di Rovereto e quella di Trento, la
Federazione Cori del Trentino, l’orchestra “Haydn”, il Coro
della SAT e il “Roen” di Don (Alta Anaunia), la Scuola
musicale civica di Riva del Garda e l’Associazione delle
scuole musicali trentine.
Il titolo di “Satura” dato alla parte successiva, vorrebbe
esprimere appunto un miscuglio di scritti seri e faceti, fra i
quali pezzi lunghi e “impegnati”, come una specie di recensione di carattere locale, nel 1990, del diciottesimo e ultimo
volume della famosa enciclopedia Die Musik in Geschichte
und Gegenwart (MGG), e, tre anni dopo, una energica
manifestazione di indignazione e grande timore per la
minacciata soppressione delle orchestre e dei cori della RAI
(purtroppo avvenuta quasi totalmente ormai da oltre un
decennio). Di diverso interesse è il racconto, sempre nel
1993, della mia esperienza per una quindicina d’anni nell’ingranaggio del Concorso “Busoni”.
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A Musicall Banquet
[Gli scritti di queste prime tre parti, se non sono indicati
come inediti o redatti appositamente per questo volume,
erano dispersi in libri, periodici, giornali o altre pubblicazioni,
per la cui precisa collocazione rinvio all’Appendice II].
Per la quarta parte, dal titolo “K 522” e per le due
Appendici3, rimando a ciò che scrivo in quanto ho premesso
a ciascuna di loro.
Esaurita la succinta descrizione del contenuto del libro –
con “ingredienti” fin troppo vari per un banchetto – non mi
resta da augurarmi altro se non che, per chi abbia avuto la
paziente cortesia di leggerlo, le numerose “portate” offerte
non gli siano risultate proprio tutte… indigeste!
Gian Luigi Dardo
Caldaro, novembre 2006
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A Musicall Banquet
Note
1
Tutta la documentazione citata (libri, giornali, lettere, fotografie ecc.)
è reperibile nel mio archivio.
2
Al contributo che lo riguarda, ho allegato il succinto discorso tenuto
per i festeggiamenti in occasione dell’ottantesimo compleanno del
Maestro; poi due suoi brevi “ritratti” scritti su mio invito, riguardanti
due illustri docenti a Bolzano “prime parti” dell’orchestra di Toscanini
alla “Scala”: Eugenio Brunoni (clarinetto) e Giuseppe Sodini (tromba).
Inoltre, ho aggiunto una lettera del prof. Marco Uvietta, inviata in occasione della manifestazione per i novant’anni del Maestro e che nella particolare circostanza non mi fu possibile leggere in pubblico.
3
I. La scuola musicale di Riva da privata associazione di insegnanti a isti-
tuto civico (1956-1964).
II. Musica, musicisti, studiosi, istituzioni e avvenimenti specifici nella
Regione Trentino-Alto Adige (un elenco di miei scritti e interventi dal
1956 agli inizi del XXI secolo). A questa appendice ne ho recentemente
fatta seguire – a richiesta di persone interessate – una terza, nella quale
sono enumerati miei scritti di argomento non locale (“extra moenia”!).
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A Musicall Banquet
Ringraziamenti
La mia gratitudine va, in modo speciale, alla signora
Francesca Peruz, della CLAB di Bolzano, che per anni con
grande competenza (e molta pazienza!) ha seguito e realizzato il lavoro, e a chi con perizia e tanta partecipazione ha attivamente collaborato per il suo definitivo assetto.
E voglio ricordare anche il personale della Biblioteca civica di Bolzano, specialmente della sala di lettura quotidiani e
periodici, e quello della Biblioteca comunale di Trento, dove
spesso mi recavo prima del suo trasloco provvisorio in altra
sede.
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A Musicall Banquet
Avvertenze
Nella Parte prima, i brani datati sono stati scritti appositamente per questo libro.
Salvo indicazione contraria, sono redazionali - e non dell’autore - i titoli degli articoli o ritagli di giornali, i cui testi,
in non pochi casi, sono stati ritoccati o reintegrati con i passi
originali, risultanti modificati o tagliati nei quotidiani, per
mancanza di spazio o altri motivi.
Per i brani e frammenti non firmati o siglati - o
comunque senza indicazione d’autore - vanno sottintesi il
mio nome o un riferimento alla mia persona.
Questo libro è in lavorazione da parecchi anni, a causa di
mie indisposizioni. Pertanto, vi possono essere varianti per
l’evoluzione della grafica, oltre a divergenze redazionali fra
scritti risalenti a periodi anche piuttosto lontani.
Nella Parte terza o nella quarta si possono riscontrare
ripetizioni di frammenti, estrapolati da scritti stampati nelle
parti precedenti e poi inseriti in contesti differenti.
Nelle ultime pagine do un quadro indicativo delle mie
residenze diverse nel corso degli anni, per una più precisa
collocazione ambientale e temporale di parecchi scritti presenti nel volume.
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Elenco delle testate e istituzioni citate in forma abbreviata
Alto Adige
Alto Adige – Corriere delle Alpi, Quotidiano indipendente del
mattino – Bolzano (edizioni distinte per le province di
Bolzano e Trento)
Conservatorio di Bolzano
Conservatorio statale di musica “Claudio Monteverdi” –
Bolzano
Coralità
Coralità, Organo della Federazione cori del Trentino (quadrimestrale) – Trento
il mattino
il mattino dell’Alto Adige –Quotidiano indipendente– Bolzano.
Più recentemente: il mattino, Quotidiano Indipendente
dell’Alto Adige; infine il mattino di Bolzano e provincia
l’Adige (o L’Adige, L’ADIGE)
l’ Adige – Quotidiano Indipendente del Trentino Alto Adige –
Trento
Musica Riva
Musica Riva, anno II – 1985 – Numero unico per la 2a edizione dell’Incontro internazionale di giovani musicisti – Riva
del Garda
Orchestra “Haydn”
Orchestra “Haydn” di Bolzano e Trento – Sede: Bolzano
Pentagramma
Pentagramma, periodico quadrimestrale della Federazione
Corpi Bandistici della Provincia di Trento - Trento
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A Musicall Banquet
Parte prima
...et absentes, adsunt
A Musicall Banquet
1. Miranda Carmagnola Dardo fra Federico Mompellio e il marito.
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A Musicall Banquet
FEDERICO MOMPELLIO
Musicologia e didattica con vivo
“desiderio di giovare agli altri”.
La notizia che una persona aveva scelto come argomento per
la tesi conclusiva dei propri studi la figura di Federico
Mompellio, ha largamente compensato l’amarezza da me
provata mesi fa per il necrologio del Maestro apparso sulla
“Nuova Rivista musicale italiana” (Anno XXXIII numero 3,
luglio/settembre 1989, p. 486).
Il dispiacere non era già quello di aver letto una pagina,
che invece poteva risultare soddisfacente, quanto piuttosto
di dover constatare che quella pagina era... l’ultima del volume!
Ma subito la frase evangelica: “Ed ecco, ci sono ultimi che
saranno primi” (Luca) mi parve quanto mai pertinente, in
questo caso, perché certamente Federico Mompellio è da
considerare fra i maggiori musicologi italiani del secolo che
si va spegnendo, per la profondità e l’estrema precisione del
ricercatore, per l’ammirevole e competente (ma altrettanto
esigente!) attività del didatta, per la sensibilità e la preparazione del musicista, infine per la grande umanità e umiltà
della persona.
Perciò mi pare fin quasi “autobiografico” quello che lo
stesso Mompellio affermava, fra l’altro, scrivendo per i
festeggiamenti del sessantesimo d’un caro collega: “La mèta
ultima [per il lavoro del musicologo] dev’essere la musica, ma
non studiata come un cadavere sul tavolo anatomico, bensì
in quanto essa diviene cosa nostra e dunque in quanto la
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A Musicall Banquet
giudichiamo e non possiamo non giudicarla anche nella sua
qualità appunto di musica”. Tanto meglio se, per capacità di
esecuzione strumentale e conoscenza della composizione, lo
studioso può avere “un rapporto personale diretto con la
musica”. In modo da “saper vivere una musica punto per
punto con l’orecchio interno” e “poter ritrovare "dentro di
noi", ogni qualvolta lo si voglia, un testo musicale [...]”.
(Guglielmo Barblan e la musicologia “umana”, in “Studi di
musicologia in onore di Guglielmo Barblan in occasione del
LX compleanno”, Firenze, Olschki, 1966, pp. 1-6).
“Federico il Grande”, vorrei chiamarlo (e forse qualcuno lo
avrà pure fatto...), anche egoisticamente, per quanto mi ha
saputo dare sulla via con lui intrapresa, a Cremona, ma ricca
di incontri anche in casa del Maestro e perfino in due visite
a Riva del Garda, mia città natale, cortesemente fattemi per
poter costantemente seguire la progressione del lavoro.
E quando gli incontri non potevano essere vicini, ecco
che arrivava una lettera con tanti suggerimenti, consigli,
precisazioni ed esortazioni.
E poi si “lamentava” che la ragione di questi incontri fosse
sempre la stessa! Mi basta citare un passo d’una Sua lettera
del 13 novembre 1969: “Perbacco! Possibile che solo ragioni di necessità producano incontri? Sarebbe così simpatico e
igienico ritrovarsi, qualche volta, anche al di fuori di fatti
professionali: anche se poi, è sottinteso, dopo cinque minuti si incomincerebbe a parlare di musica e di musicologia...
ma per fortuna, solo in senso "sportivo", ossia come
"otium" raffinato!”.
Tuttavia qualche rara occasione di stare insieme, anche se
pur sempre per motivi “musicali”, vi fu. Ero per lavoro con
mia moglie a Siena nel settembre del ’64, ai tempi di Mario
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A Musicall Banquet
Fabbri, ospite in un albergo ove alloggiava anche il maestro
Mompellio, in veste di critico per la “Rivista italiana di
musicologia”. Molto vivaci e divertenti erano i discorsi
durante i pasti.
Un giorno il Maestro non prese posto nella nostra tavolata (c’erano anche Fano, Mischiati e altri...) e, aspettatolo per
qualche tempo invano, pranzammo. Al termine, recandoci
verso la nostra stanza, vedemmo Mompellio entrare frettolosamente in albergo, reggendo un pacchetto: ci guardò
salutandoci con un sorrisino compiaciuto, mentre noi osservavamo intorno alla sua bocca i segni di una gustosa libagione (e dal pacchetto spuntava il collo di qualche bottiglia).
Ci raccontò di aver fatto una puntatina in una trattoria
fuori città, dove si mangiava molto bene...
E quando, qualche anno dopo (1° agosto 1969) mi scriveva che era “di ritorno a Milano dalla mia solita cura estiva
idropinica (acqua, purtroppo, invece d’un buon vino!)”,
non potei non pensare a quel fugace incontro nel pianerottolo dell’albergo senese, dove l’avevamo colto in... flagrante!
Sempre in tema di rientri, è divertente anche il riferimento, in uno scritto del 18 ottobre ’69, a un suo ritorno
dall’Olanda, “dove, dai primi del mese, ho fatto addormentare gli indigeni di sette città con le mie parole e li ho svegliati con musiche di papà Rossini”.
Ora, tornando alla lettera dell’agosto ’69, credo significativo citarne altri passi, per illuminare la limpida figura del
Maestro:
“Sono davvero lieto, se qualcuno non conserva memoria
troppo... pessima di me, poiché, almeno nell’intenzione, ho vivo
desiderio di giovare agli altri, nel mio mestiere. E proprio non
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A Musicall Banquet
capisco le rivalità meschine, le denigrazioni facili, le invidie e
via dicendo. Ci sono già tanti guai al mondo!”.
E continuava, parlando dell’attività didattica:
“Tutto sommato, ho il pallino di crederla un’attività preziosa; e nei nostri conservatori molto essa necessita proprio nella
nostra disciplina. Quando si pensa che un "pianista" può non
aver mai sentito un quartetto beethoveniano, una "cantante"
ignorare i Lieder romantici e via di questo passo (alludo, s’intende, ai nostri alunni di conservatorio), c’è da fremere di orrore [...]. E Le confesso che in un certo senso ho nostalgia del mio
conservatorio milanese, poiché ho quasi la certezza che qualcosa riuscivo a dare ai miei "ragazzi". Certo, lo facevo con vera
passione, sebbene fossi un supermatusa al proposito.
“Ora, nel mio nuovo posto [la cattedra a Cremona], ho
naturalmente altri compiti, forse anch’essi utili, certo diversamente utili. Staremo a vedere”.
Molti anni dopo, rispondendo alle mie congratulazioni
per il premio conferitogli dall’Accademia dei Lincei, mi scriveva (in data 28 dicembre ’83): “Quanto al premio ricevuto, esso è... caduto dal cielo e m’è giunto assolutamente inatteso; naturalmente la sorpresa è riuscita piacevole, ma anche
(lo dico in tutta sincerità) ha messo in moto la mia coscienza! In ogni modo, mi sento certo d’aver sempre fatto quanto m’era possibile”.
Con queste sue parole, concludo i miei “appunti di viaggio” con Federico Mompellio, i cui preziosissimi insegnamenti sono quotidianamente presenti nel mio lavoro.
Caldaro (Bolzano), 25 gennaio 1991.
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A Musicall Banquet
● Lettera spedita il 26.1.1991 a Roberto Conte (Milano), come contributo, richiestomi per la sua tesi di Magistero in Canto gregoriano e
Musica sacra: Federico Mompellio: Aspetti biografici ed aspetti compositivi
(Milano, Pontificio istituto ambrosiano di musica sacra, Anno accademico 1989-1990, relatore il chiar. Mons. Prof. Natale Ghiglione). La lettera fu inserita nella tesi con l’annotazione: “Questo contributo, giunto in
extremis, è collocato al termine delle interviste e fuori numerazione”.
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A Musicall Banquet
2. Corso d’accompagnamento gregoriano, Trento, Seminario
Maggiore, luglio 1957. Da destra: l’Ing. Enrico Girardi e Don
Albino Turra; quindi il docente Luigi Ferdinando Tagliavini con il
Direttore Mons. Eccher, seguito da quattro altri intervenuti.
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A Musicall Banquet
CELESTINO ECCHER, UOMO E DIDATTA:
ESPRESSIONI ARGUTE E IMMAGINI POETICHE
NEI DISCORSI E NEGLI SCRITTI
Intervento al convegno per il centenario della nascita
dell’illustre maestro*
[Viene omesso il lungo discorso introduttivo con parole di circostanza per l’avvenimento celebrato, come pure quello conclusivo – col racconto di due pur divertenti episodi nel rapporto fra
allievo e maestro – che poteva suonare anche quale formula
finale di captatio benevolentiae degli ascoltatori].
Vengo, ora, alla mia “fotografia” dell’indimenticabile, grande maestro. Anzi: sarà un film, penso, anche divertente.
“Non scappare la seconda nota del gruppo binario, né la
seconda e la terza di quello ternario! Forse che, deponendo
delle uova in un paniere, le ultime le getto con violenza?”.
Questa era una didattica alla buona, per i “rudi” (come dice
Eccher nella presentazione del volumetto Il primo gregoriano, Bergamo, 1962). E “rude” non vuol dire villano; ma
significa persona d’umili origini, semplice; colui che è
disposto “ad accostarsi con gran fame a questo banchetto
musicale [lo studio del canto gregoriano], per esserne felicemente ed abbondantemente saziato”1.
E il tasto delle persone semplici , alla mano, senza ambizioni particolare, lo tocca anche altrove, quando, accanto ad
alti prelati, autorità e altri che fanno pellegrinaggio al santuario di Dermulo, ne ricorda uno di “domestiche organizzate in Trento” 2.
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A Musicall Banquet
Sul piano squisitamente musicale, in particolare gli interessi
di Eccher erano rivolti – nel campo vocale – alla polifonia
rinascimentale e, soprattutto, al canto gregoriano, di cui
esaltava la ”bellezza, l’ordine, la potenza e l’espressività”.
Ecco come ne parla, in alcuni tratti.
Sui compositori del canto gregoriano:
Essi furono santi pontefici, mistici contemplativi e pii monaci, che,
ebbri di preghiera, cantarono volando alti come allodole; o come industri api composero pezzo a pezzo la melodia in cristalline forme.
Le vibrazioni della loro voce si trasmisero alle susseguenti generazioni
fino alle nostre; e perpetuano nella Chiesa, in identiche mosse, quel
canone di preghiera liturgica che è proprio della mistica Sposa di Cristo,
la quale con Cristo stesso canta3.
E ancora:
Gli autori del canto liturgico non solo furono degli artisti, ma ben furono anime mistiche tutte piene di zelo e di apostolato per condurre col
canto i fedeli ad una maggiore e migliore preghiera; avverando così il
detto attribuito a S. Agostino: “qui bene cantat bis orat”: un canto ben
eseguito in chiesa è doppia preghiera, per sé e per gli altri, oppure raddoppiata per il fervore di chi canta4.
Sugli “effetti” del canto gregoriano:
Il canto liturgico, sia per la sua ispirata composizione, interprete ed
ornamento del sacro testo, come per la perfezione delle forme ritmicodinamiche e per la sapienza di quelle agogiche, acquieta l’anima sedando la vivacità troppo umana delle passioni, moderando e raddrizzando
gli affetti, togliendo ogni difformità che possa offendere oltre che l’udito anche l’intelletto5.
E poi, con immagini cariche di suggestione:
Il canto liturgico è ancora tessera e passaporto che facilita l’ospitalità a
chi emigra in paese lontano: via dal proprio focolare e dalla propria par-
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A Musicall Banquet
rocchia, in regioni geograficamente opposte alla sua e delle quali non
conosce né lingua né costumi, egli sente però anche lì unito agli altri
fedeli, cantando con loro il medesimo canto liturgico, e viene da essi
considerato “come uno di loro”6.
Considerazioni tecniche ed estetiche:
[…] quella bimillenaria monodia liturgico-romana, che, pur non essendo nostra, è sopravvissuta però nella pratica del Culto, e per la sua regale bellezza, libertà e vitalità non può essere, per dir poco, ignorata, […]7.
[…] sia nella melodia diatonica, che nel ritmo naturale e nella varietà
modale, segue la natura, e con ciò diviene facile, soave e consona alle
nostre abitudini musicali8.
La traduzione pratica della passione di Mons. Eccher per il
canto gregoriano, sfociava in esecuzioni corali entusiasmanti, tali da trascinare e convincere anche i più esigenti maestri
e cultori dell’arte musicale.
Al riguardo, non cito recensioni, né mie personali impressioni, ma una pagina che mi è stata consegnata da Nunzio
Montanari, che fu collega di Eccher a Bolzano dal 1939.
Vale la pena di leggerla tutta, tanto è densa di significato9.
***
Celestino Eccher era un didatta impareggiabile, e pieno di
cordialità e di affetto per i propri discepoli. Sbalordivano,
nei (fortunati) discenti, la vastità e profondità delle sue
conoscenze nel campo della musica antica, la padronanza
dei diversi stili compositivi, che lo portava a ricostruire in
pochi minuti anche le forme classiche più complesse (il
mottetto, la fuga). Inoltre, la precisione e la sicurezza.
Per quanto riguarda le mie esperienze personali, limitate al
27
A Musicall Banquet
canto gregoriano (e all’organo “complementare”), dirò che
mi sorprendevano, in lui, l’abilità del paleografo nel leggere
e tradurre immediatamente in suoni i neumi “in campo
aperto” degli antichi manoscritti sangallesi (sec. IX), oppure
nel sovrapporre a memoria, sui neumi “quadrati” nel Liber
Usualis (allora non c’era ancora il “Triplex”), quelli dei suddetti manoscritti: segno di una memoria eccezionale, di cui
conservo tracce a matita nella mia copia dell’Usualis.
E ancora: una straordinaria abilità nel “maneggio” del libro
sopra citato, che gli consentiva di aprire il volume – quasi
per magia – alla pagina voluta (e si tratta di pagine in carta
sottilissima), in un sol colpo, senza sfogliarlo!
Mi stupì anche una volta, la precisione nella datazione, a
prima vista, d’un codice antico: mi mostrò un libro – giuntogli per una recensione – riguardante un AntifonarioGraduale attribuito al sec. XII.
Scorrendo le pagine e guardando le riproduzioni del manoscritto sbottò: “Bella roba! Per me la datazione è sbagliata
d’un secolo!”.
Nei suoi non numerosi volumi teorici, dai quali do ampie
citazioni, colpiscono le “dediche”:
INDIVIDUAE TRINITATI / ET DEI /
NOSTRIQUE MATRI
per la Chironomia gregoriana;
e quella, bellissima, dell’Accompagnamento gregoriano:
A /ENRICO GIRARDI / PER MOLTI 10.
28
A Musicall Banquet
Due altri fatti mi sembra vadano ricordati, per illuminare maggiormente l’opera di Mons. Eccher.
In un articolo apparso nel 1931: Documenti e frammenti paleografici gregoriani della regione tridentina 11, reperibile presso la Biblioteca Comunale di Trento, egli scriveva:
Finora nessuno purtroppo si è dato cura di segnalare e studiare codici e
frammenti sopravvissuti (ma con quale decimazione!) ad un lunghissimo periodo di trascuratezza, ignoranza e disprezzo dell'originale canto
sacro romano, di inimitabile ispirazione, di perfetta arte epocale: a quel
periodo, che iniziatosi col sorgere della «ars nova» mensuralistica e
polifona del secolo XII-XIII, giunge fino alle ricerche paleografiche di
Don Mocquéreau (1889) ed alla restaurazione del canto sacro secondo
gli antichi codici promulgata nella Vaticana dal Papa Pio X (1904).
Questo per una comprensibile incompetenza di tempi in cui tale studio
non s’era compreso. Da segnalare è però l’avvedutezza bibliotecaria dei
nostri maggiori studiosi che, per altri scopi oltre che forse anche per questo, hanno segregato le opere venute loro tra mano, e vanno segnalando
dei frammenti neumatici che venissero casualmente in luce.
Di questi codici e frammenti è bene presentare una buona volta l’elenco; e darne quindi un giudizio sommario sulla derivazione regionale e
importanza scientifica, in attesa di una descrizione completa almeno dei
maggiori.
Dunque, Mons. Eccher fu il primo a parlare dei monumenti di paleografia gregoriana nel Trentino-Alto Adige. E,
sullo stesso argomento, piace anche leggere – da un altro
breve articolo – con quale precisione ed elegante incisività
egli sapesse descrivere due antichi frammenti manoscritti,
anche per una semplice “notizia di cultura”, come volle definire queste righe12:
La forma dei neumi lascia chiaramente intravvedere la scrittura sangal-
29
A Musicall Banquet
lese, che nel primo frammento è vergata con più finezza, e nel secondo
ha tendenze gotiche, come si usava in Baviera. […] Senza fissare un preciso luogo di compilazione, si può asserire la derivazione da monasteri
Benedettini.Per la diocesi di Bressanone, alla quale i due frammenti
appartenevano, erano facili le comunicazioni culturali con la Svizzera
all’Ovest, e con la Baviera al Nord.
L’ipotesi di una compilazione locale è per diverse ragioni improbabile. Si
può supporre invece che il grande amore al canto liturgico, secondo l’irradiazione di monasteri svizzeri, abbia fatto provvedere per qualche insigne Chiesa i due manoscritti in parola (vedi un esempio simile per il
Capitolo della Cattedrale di Trento); oppure essi vennero personalmente
portati da qualche Monaco, cantore affezionato del suo manoscritto sul
quale forse aveva a lungo affaticato la mente, la voce e fors’anche la mano
(vedi lettera di Notkero in: Paléographie musicale, pag. 429). La presenza di tali libri conferma l’uso continuo ed esatto del canto liturgico là
dove essi si trovano: non era certamente per puro amore di biblioteca che
si facevano tali acquisti. Però resta aperta anche una ipotesi che i due
manoscritti si trovassero solo casualmente nel luogo di provenienza.
Dei due fatti che sopra ritenevo dovessero essere ricordati, il
secondo è stato rilevato piuttosto recentemente. Soltanto
l’anno scorso (1990) infatti, Danilo Curti, nell'articolo
Relativamente giovane ma promettente: “l’arte della stampa
musicale nel Trentino" 13 riconosce che, fino alla prima guerra mondiale ben poche opere d’autori trentini (nemmeno
una ventina) furono pubblicate da stamperie di Trento, contro circa duecento opere d’una trentina di maestri locali che
erano state stampate a Milano, Firenze, Vienna, Innsbruck.
“Piu avanti nel tempo – scrive Curti – tra le due guerre, è
Mons. Celestino Eccher a spingere affinché le composizioni
sue e di altri autori, vengano date alle stampe: alcuni Inni e
Mottetti escono difatti dalla Libreria Ceciliana di Trento, ma
lo stampatore è fiorentino!”.
Anche qui, comunque, un primato del Nostro.
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A Musicall Banquet
Ma i “primati” nel campo musicale non dovevano interessargli molto, dal momento che constatiamo come, in
Eccher, non si possa separare il musicista dal sacerdote, in
quanto egli stesso affermò di aver preferito “seguire Dio,rinnegando se stesso”; preferì cioè “la lode di Dio al proprio
successo […]; l’abbandono delle masse gaudenti allo scroscio dei facili applausi”, come sottolineava Piergiorgio
Degara in un profilo-necrologio premesso al Padre Nostro
op.760, il 1°ottobre 1970, a pochi giorni dalla morte del
Maestro.
***
Altri toccano,in questo convegno, gli aspetti più significativi di Eccher compositore. Io vorrei soltanto far presente –
ancora con Piergiorgio Degara – che l’ultima produzione, in
italiano, rivelerebbe come, dopo la riforma, egli «si sia adattato immediatamente ad "umiliare" il suo genio musicale
artistico e "la musica eccelsa" per la quale era fatto, per mettersi a servizio d’un’umanità tutta da redimere».
Perciò qui egli “appare giovanile, gioioso, spontaneo, accessibile a tutti, servo fedele del culto che deve elevarsi a Dio in
forma appropriata anche da parte delle comunità più povere e musicalmente molto modeste”. Su questo,non ritengo
di dover qui formulare giudizi di merito, almeno sotto l’aspetto squisitamente musicale.
Da un punto di vista strettamente tecnico e artistico, tuttavia, dagli stessi libri eccherriani non è difficile individuare il
suo vero modo di concepire la composizione, soprattutto
alla luce delle esperienze “gregoriane”. In chi si accinge a
eseguire il canto gregoriano, succede che:
31
A Musicall Banquet
nascerà in lui a poco a poco il gusto di questa melodia […]: gusto che è
un antidoto ed un reagente contro il solco impresso nella sua sensibilità
in plurime e quasi eterne audizioni, di musica figurata d'ogni specie;
dalla vocale sacro-profana alla orchestrale; dalla classica alla romantica;
dalla tonale alla bi- o pluri- od anche atonale. Constaterà che la quasi
due volte millenaria monodia liturgica ha qualcosa di primitivo, spontaneo, natura di canto umano, oltreché religioso e religioso-romano.
Soltanto dalla contemplazione di questo purissimo umano ed insieme
sovrumano canto, nascerà in lui il rispetto e la venerazione della melodia in se stessa […]14.
Ci auguriamo che compositori ed organisti affinino le loro armi su questa via di ritorno agli antichi, senza abbandonare il moderno; ed oppongano un deciso fermo alla produzione romantica e sclassata, che in chiesa è in contrasto doloroso con la serietà della preghiera liturgica.
Pur fuori chiesa, il gregoriano non cessa di interessare gli odierni musicisti; i quali, stanchi dei ceppi della moderna tonalità da un lato e della
limitatezza ritmica dall’altro, guardano all’antico padre di tutto lo sviluppo post-medioevale della musica, per trovarvi ancor nuova vitalità.
Li attira soprattutto quell'ineffabile varietà modale, né maggiore né
minore e che tuttavia usa degli accordi maggiori e minori senza farne un
sistema; quelle fermate intermedie scevre da legami obbligati di attrazione; […] quelle frasi che non sono né di dominante né di sottodominante, né del relativo; ma che sboccano libere ai vari gradi della scala diatonica, senza preoccuparsi di critiche […].
I compositori rioptano quasi per la diatonia, che ha in sé infinite risorse del nuovo, senza dovere passare per il cromatismo o l’enarmonia. Con
ciò si apre un vasto campo alla musica in senso orizzontale, più che in
senso verticale. Il connubio dei due sarà la meta del genio 15.
***
Ancora alcuni frammenti dagli scritti o da lettere a me indirizzate, credo serviranno a mettere ulteriormente in luce la
figura del maestro, per le sue espressioni affettuose, per le
sue poetiche immagini e, anche, per le sue battute spiritose.
Sull’importanza del “movimento” del canto gregoriano:
32
A Musicall Banquet
[…] né il ritmo, né la dinamica, né la melodia avrebbero piena efficacia,
se fossero prive dell'aiuto del movimento: un treno, anche di lusso e
tutto ben disposto, non si apprezza se nel viaggio non raggiunge la dovuta celerità 16.
A proposito delle deviazioni del movimento:
Se, oltre alla fatica di un canto prolungato […], circostanze esterne ed
indipendenti da ogni regola musicale intervenissero contro l’arte del
canto , come sarebbe se qualcuno accennasse con urgenza di finire o di
affrettare (per motivi i più vari), nessuna regola può essere utile.
Più decoroso sarà omettere il canto e limitarsi alla sola recitazione del
testo 17.
E, già in precedenza:
Per nessun motivo estetico o pratico si oltrepassi il massimo movimento concesso, che è 160 al metronomo, onde non convertire il canto in
un tumulto 18.
Non meno efficaci risultano, per vari aspetti, le espressioni
usate da Mons. Eccher nelle lettere a me dirette. Eccone
alcuni esempi:
8.I.1958 ( allora mi dava ancora del lei )
[…] Mi rincresce dell’asiatica che le ha fatto passare… buone vacanze:
ma avrà avuto forse più tempo di pensare agli accompagnamenti gregoriani e solfeggiarsi le belle parti Mobili del Natale […].
29.XI.1962 (in occasione del suo collocamento a riposo al conservatorio di Bolzano)
[…] Mi fa piacere che tu trepidi per le sorti della scuola di Musica Sacra
33
A Musicall Banquet
al Conservatorio di Bolzano. Però vi ho lasciato il M° Ing. Girardi mio
alunno: se non sarà me, almeno seguirà le tracce del mio cammino. Ma,
fuori, i molti che seguirono, mi seguono tuttora… A Riva ed oltre ricorda il cammino e le mete della Musica sacra quali hai appreso da me: e
ciò m’è di non poco conforto.
20.XII.1962 (gli avevo scritto che non muta il mio affetto verso
di lui,come non muta il ricordo sempre verde del gregoriano
imparato da lui)
Bene: il paragone fra il sempre verde gregoriano ed il tuo affetto, mi fa
assai piacere. Finché ti rimane il primo, io avrò il secondo: e ciò è quanto mai caro.
Da parte mia non trovo oggetto di comparazione: ma guardami, come
guardi il sereno vasto profondo e tranquillo Garda: così mi avrai spesso
davanti.
Oltre alle citate lettere, altre espressioni eccheriane si possono riferire a me e alla zona in cui abitavo da studente (Riva
del Garda, mia città natale ).
Nella Chironomia, parlando della “Musicalità rivissuta”, così
scrive il Maestro: "Variando poi gli individui e nello spazio
e nel tempo, questa perpetuamente rivissuta vita
musicale -liturgica, assume tinte le più svariate, che danno
sempre nuovo colore alla stessa indefettibile corrente. Così
l’acqua di un lago riceve il variato riflesso del cielo e delle
sponde”19.
Dopo la lettura del passo, Mons. Eccher aggiunse: “Presa a
Tenno”.
Un’altra volta, riferendosi ad ambienti e alla natura nell’Alto
Garda, disse a proposito del gregoriano: “melodia semplice,
che non fa tremare la Rocca, il "Perini" (teatro di Riva), la
Rocchetta”.
34
A Musicall Banquet
* Vedi Appendice, II: Eccher, Celestino.
C. Eccher, Accompagnamento gregoriano, Roma 1960, conclusione della
“Prefazione”, p.[6].
2
Il Santuario e l’Opera di S. Pio X per la musica sacra, s.n.t. (colophon:
Firenze 1960), p.15.
3
C. Eccher, Chironomia gregoriana, Roma 1952, p. 99 (numeri 211212).
4
Ivi, p. 111 (n. 246).
5
Ivi, p. 134 (n. 319).
6
Ivi, p. 136 (n. 323).
7
C. Eccher, Accompagnamento cit., p. [5].
8
C. Eccher, Chironomia cit., p. 100 (n.215).
9
La lettera, qui non riprodotta, è consultabile nel volume alle pp. 132133. In essa N. Montanari parla del canto gregoriano chiamandolo
anche “cantus firmus”, ossia usando una delle antiche denominazioni,
fra le quali tuttavia prevalse, dopo lo sviluppo della polifonia e l’affermazione del mensuralismo, quella di “cantus planus”, per la libertà ritmica rispetto ai rigidi schemi della musica “misurata” (cantus fractus, o
figuratus).
10
In data 11.02.92 il M ° Girardi comunica che, quanto prima, farà
una elencazione del materiale riguardante C. Eccher in suo possesso, che
metterà a disposizione per eventuali scelte. Allega altresì due note fotografie di Mons. Eccher, sul retro delle quali appaiono, rispettivamente,
le dediche:
1) A Corbiolo Veronese / gentile Villa / del carissimo mio Ing./Dr.
Enrico Girardi, anche / assente, rimango ospite /per future opere
Corbiolo, 12/8 59 ore 7
Trento 12/8 59 ore 16
2) Al sempre affezionato, laborioso,/ ospitale e generoso Amico / M°
Enrico Girardi / ora titolare di organo a Torino /Conservatorio
"Giuseppe Verdi"/ Mons. Celestino Eccher, in Udienza dal / S. Padre
Paolo VI a chiusa di un / Corso di canto sacro - Castelgandolfo 31-866.
11
In “Atti della Società Italiana per il Progresso delle Scienze” XIX,
vol.II, Roma 1931, p.469.
Non ho fatto indagini sulla odierna reperibilità, nei luoghi citati da
Mons. Eccher, dei codici elencati nell'articolo.
1
35
A Musicall Banquet
C. Eccher, Due nuovi frammenti di canto liturgico e la tradizione corale dell’epoca, in “Cultura atesina” II (1948), p. 80 (come appendice allo
studio Liturgiefragmente aus Südtirol – III. Die Neumenhandschriften
von Schöneck und Fassa di A. Schönherr, pp. 77-80).
13
In “Strenna trentina”, anno 69 (1990), pp. 81-82.
14
C. Eccher, Accompagnamento cit., p. 33.
15
Ivi, p. 146.
16
C. Eccher, Chironomia cit., p.109 (n. 241).
17
Ivi, p.132 (n. 315: Fretta di finire).
18
Ivi, p.125 (n. 292).
19
Ivi, p.99 (n. 213).
12
3. Arturo Benedetti Michelangeli e Mons. Eccher. (Bolzano, 1952).
36
A Musicall Banquet
UN ASPETTO OGGI (FORSE) DIMENTICATO
DELL’OPERA DI FERNANDO MINGOZZI
Il critico musicale de “Il Gazzettino”
Ho letto sul numero 2/1997 [di “Coralità”] con interesse e
molta soddisfazione il ricordo di Fernando Mingozzi: non
fu mio maestro, ma fu certamente un maestro anche per me
(può succedere che si impari anche molto da una persona,
pur non essendone stati allievi).
Ed è per questo che – ritenendomi fra i destinatari della
citata lettera del dottor Arnoldi – desidero ricordare qui l’unico incontro che ebbi con lui e menzionare una sua non
trascurabile attività che mi sembra dimenticata negli scritti
su Mingozzi apparsi almeno nell’ultimo decennio (perfino
sub voce nel “Dizionario dei Musicisti nel Trentino”): quella
di critico musicale dell’edizione trentina del “Gazzettino” di
Venezia.
Ne conservo alcuni ritagli in archivio, come documento
d’una capacità e proprietà di giudizio autorevole, pur ristretta nei limiti concessi dalle poche pagine riservate alla cronaca locale da quel quotidiano. Ed è appunto da due di questi
ritagli che prende spunto il mio scritto.
Il primo, del 16 maggio 1958, si riferisce proprio al mio
incontro col maestro Mingozzi, presso l’Istituto Magistrale
di Trento, dove qualche giorno prima avevo presentato un
concerto del “Trio di Riva” (il compianto prof. Maroni, che
lo aveva fondato, era insegnante di violino in quell’istituto,
e quindi collega di Mingozzi).
“La simpatica serata – scriveva "F.M." – si è iniziata con
una vivace quanto acuta presentazione di musiche antiche
registrate ad illustrazione del formarsi, nel tempo, di una let37
A Musicall Banquet
teratura strumentale. Il giovane oratore dott. Gianluigi
Dardo ha parlato con competenza e, quel che più conta, con
passione e acuto senso critico...”.
Era la prima, qualificata recensione a un mio lavoro, nella
quale venivo addirittura gratificato di un “dott.” che non mi
spettava (allora avevo soltanto il primo diploma di
Conservatorio), ma che per l’ignaro Mingozzi credo volesse
caratterizzare il livello del mio intervento. Ne fui felicissimo,
anche perché quella sera il maestro si era congratulato con
me, chiedendomi “che me ne facessi... di tutte quelle belle
cose”! (A quel tempo, pochi erano, almeno in Trentino, gli
studenti di paleografia e musicologia).
Divertente per un aspetto ma estremamente significativo
del Mingozzi critico severo è, invece, il secondo articolo da
me conservato, in cui il 26 febbraio 1960 veniva recensito
un concerto del giovane “Duo Canino-Ballista” alla
Filarmonica. Dapprima Mingozzi riferiva acutamente su
un’esecuzione “corretta” d’una sonata di Clementi, seguita
da un “bellissimo” Debussy e da un Ravel, la cui resa da
parte dei due pianisti risultava “altrettanto bella, pastosa e
lieve”. Poi sottolineava come un “capolavoro” la “presentazione miracolosamente equilibrata di suoni e perfetta di sincronismo” del Concerto per due pianoforti di Stravinskij.
Infine – e qui sta la cosa divertente – Mingozzi parlava
di una composizione del giovane Ballista, illustrandone
(forse un po’ con spirito conservatore) il diverso effetto dei
suoi tre movimenti e giungendo a questa conclusione: “Al
termine della composizione alcune corde del piano vengono, chissà poi perché, vellicate direttamente dai polpastrelli
con effetto quasi risibile. Speriamo che il vezzo non prenda
piede anche perché le corde, così toccate, si arrugginiscono
38
A Musicall Banquet
e così si mette persino in pericolo la perfetta conservazione
dei preziosi e costosi istrumenti”.
La speranza di Fernando Mingozzi non si è avverata (fra
le varie “curiosità” ho visto perfino un pianista prendere a
coltellate lo strumento in un’opera di Bussotti); ma è oggi
realtà inconfutabile la memoria di Lui nel nostro mondo
corale, quale si può sempre rivivere nelle sue armonizzazioni e pregevoli composizioni.
Lo scritto è apparso in “Coralità” (Anno 17° - n. 3 / SettembreDicembre 1997, p. 36) come “lettera”, senza titolo e sottotitolo, da me
invece indicati per quello che poteva essere anche un pur breve articolo.
●
Il dott. Mario Arnoldi aveva inviato una lettera “a chi avrebbe potuto dare una testimonianza, raccontare un episodio, trasmettere impressioni che altrimenti corrono il rischio di restare soltanto patrimonio dei
singoli”.
39
A Musicall Banquet
4. E. Michelotti: “Sonatina Folkloristica”, per pianoforte.
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A Musicall Banquet
LO STRAORDINARIO MICHELOTTI
Alla giusta e commossa notizia della scomparsa di Ezio
Michelotti, apparsa in cronaca di Arco il 29 aprile, vi prego
di lasciarmi aggiungere poche note personali, non senza una
vena di tristezza per la perdita di una persona veramente
degna di stima e di affetto.
Fra gli allievi della nostra generazione, Renato Dionisi,
col quale Michelotti studiava composizione, asseriva che
Ezio era il musicista più di tutti dotato; ed è solo un peccato che il caro amico non abbia voluto continuare intensamente su quella via.
Buono, dolce, spiritoso e veramente modesto (in modo
disarmante), egli mi chiamava ”el maestrom” (forse per il
mio aspetto... severo, pur ancora studente!); e con questo
titolo mi dedicò una deliziosa pagina per pianoforte. In altra
occasione, tornando in treno dal conservatorio di Bolzano
(egli vi si diplomò brillantemente in pianoforte con Bruno
Mezzena), sentendomi lamentare per un molesto spiffero,
mi compose durante il viaggio una “Corrente ed Aria” che,
già nel titolo, fa pensare facilmente alle originali trovate di
un Satie.
Ma fra la sua produzione pianistica non dovrebbe essere
ignorata una singolare “Sonatina folcloristica” (Ed. Maurri,
Firenze, 1965), nella quale in tre momenti egli elabora abilmente i temi corali della “Valsugana”, della “Pastora” e di
“L’è tre ore che son chi soto”.
Eccellente pianista, colpì un giorno in classe Bruno
Mezzena per aver scoperto un piccolo procedimento a
“canone” in una Sonata di Prokof ’ev, che lo stesso maestro
non aveva ancora individuato. Ma anche in questo campo
41
A Musicall Banquet
Michelotti rinunciò a far carriera.
Accettata su insistenza mia e di Mezzena una cattedra al
Liceo musicale pareggiato di Trento (inseparabili suoi colleghi e “amiconi” Sergio Torri e Virginio Pavarana), la lasciò
pochi anni dopo perché – deluso ma coraggioso – non condivideva l’organizzazione e l’impostazione didattica dei conservatori italiani.
È difficile immaginare un personaggio così dotato ma
estroso, e privo di “molle” ambiziose; e perciò indimenticabile e, forse, irripetibile.
“l’Adige” del 7 maggio 1993 e “il mattino” del 13 maggio: in questo
stesso giorno il quotidiano trentino pubblicava una mia piccola precisazione sulla grafia della parola “maestrom” (con la caratteristica “m” finale, come appare in alcune zone del basso Trentino), che era stata invece
stampata “maestron”.
●
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A Musicall Banquet
ADDIO MONTANARI,
MAESTRO DI MUSICA E DI VITA
La mattina del 12 febbraio scorso facevo un salto dal maestro Montanari per salutarlo. Era la prima volta, dopo tanti
anni di lavoro insieme, che passavo da lui non per motivi
esclusivamente professionali, poiché da pochi giorni appena
avevamo spedito (quant’era felice...) all’editore il dattiloscritto del quinto volume di quello che io vorrei definire il
suo “Vecchio e Nuovo Testamento didattico”; un ponderoso lavoro intitolato Mani sull’avorio, nato dall’esperienza
ch’Egli aveva acquisito – accanto a straordinarie doti naturali – in quasi settant’anni di fatiche sul pianoforte: come
allievo, e poi per decenni come insegnante e concertista.
Il maestro, ormai al limite delle forze, era a letto; e la
Signora mi fece perciò passare nella stanza: cosa mai capitata. E infatti egli si alzò subito e, aiutandosi con le stampelle, mi fece accomodare in salotto, tentando ancora di sorridermi, come sempre faceva quando ci incontravamo.
Pochi minuti dopo mi accompagnava personalmente alla
porta, secondo un suo consueto, inconfondibile stile. Egli
infatti, pur nella semplicità dei modi quotidiani e nell’affabilità dei rapporti, manifestava un costante atteggiamento di
dignitosa fierezza, di consapevolezza, di serietà, che voleva
poi trasmettere a noi discepoli (“Anche quando sei solo e ti
eserciti nella più semplice meccanica pianistica, immagina
sempre di trovarti di fronte al pubblico...”).
In quei pochi minuti di colloquio, cercando un dépliant
in una raccolta di programmi concertistici, era riuscito a
ricordarsi un toccante episodio avvenuto nel gennaio 1957.
Al termine di un applauditissimo concerto del "Trio di
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A Musicall Banquet
Bolzano" al Teatro Municipale di Lione, mentre gli esecutori si accingevano a suonare un “bis”, da un palco il presidente dell’organizzazione prendeva improvvisamente la
parola: “Con questo concerto ci avete portato in Paradiso;
ma oggi lassù c’è anche un grande musicista italiano, Arturo
Toscanini. Per favore: suonate in suo onore due righe di un
Adagio”. I concertisti, che avevano predisposto un pezzo di
Brahms, si ritirarono per decidere e poi uscirono per eseguire integralmente l’Adagio del terzo Trio di Schumann, con
grande commozione di tutti.
Questo fu il mio ultimo colloquio con Nunzio
Montanari. Con strazio lo rividi poi, ormai privo di coscienza, in ospedale; e infine nel feretro, di nuovo con quel suo
aspetto serio, fiero che, passato un momento di intensa
commozione, mi ispirò ancora sicurezza e fiducia, come
dopo la sua audizione di una nostra esecuzione pianistica.
Nel tracciare questi frammenti di vita – lontano da certe
mie asciutte formulazioni musicologiche, che tuttavia bisognerà seguire quando si vorrà stendere un profilo del
Maestro – viene significativo il ricordo di Lui che, pur già
molto debilitato, volle sentire l’anno scorso, il 22 maggio
nella chiesa a lui vicina, il Requiem di Cherubini eseguito
sotto la direzione di Antonio Ballista in memoria di Alide
Maria Salvetta, che era stata sua allieva. Splendidi esecutori
i “Musici cantori” di Trento diretti da Sandro Filippi, con
l’orchestra dell’Accademia Filarmonica Trentina.
Il Maestro, purtroppo, non riuscì a sentire tutto il concerto; ma toccò a me di portare una sua lettera al direttore
del coro, che ora la conserva come prezioso, qualificato
documento di stima nei confronti suoi e del complesso.
Anche di questo, benché tanto provato, era capace
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A Musicall Banquet
Nunzio Montanari; come pure, nel luglio scorso a Siusi, di
scendere dal letto nonostante i lancinanti dolori alla schiena, per eseguire a due medici di guardia chiamati d’urgenza,
un Valzer di Chopin al pianoforte, con dedica particolare
alla giovane, graziosa dottoressa. Non poteva accadere altrimenti – come conclusione d’una lunga e stupenda carriera
– per un pianista che nel 1949, dopo un concerto commemorativo di Chopin a Rovereto, veniva definito “un innamorato di Chopin” (“Il popolo trentino”, sabato 8 ottobre
1949), per aver saputo degnamente rievocare “il suo canto,
la sua musica senza parole, il dramma splendente della sua
vita” (“Corriere tridentino”, domenica 9 ottobre 1949).
“l’Adige”, martedì 23 marzo 1993; ripreso in “Coralità” n.4,
Gennaio-Aprile 1993, p. 19, col titolo: “Addio, Montanari / Il saluto al
maestro di cultura musicale e di vita”.
●
Con Nunzio Montanari (a sinistra) al lavoro per “Mani sull’avorio
(1992).
45
A Musicall Banquet
RICORDANDO UN GRANDE MAESTRO CHE NON
DIMENTICHEREMO MAI
[ Nunzio, “il Maestro” ]
Mi si conceda di unirmi brevemente in questa rubrica, come
semplice lettore, a quanti certamente scriveranno in altre
pagine di codesto spettabile quotidiano, sul gravissimo lutto
che ha colpito il nostro mondo musicale: la scomparsa del
maestro Nunzio Montanari.
Concertista di fama mondiale (ne sarà valida testimonianza per i più giovani un CD del Trio di Bolzano che verrà
prossimamente allegato al mensile “Piano Time”), impareggiabile docente di pianoforte (fu portato a Bolzano nel ’39
da Mario e Andrea Mascagni), lo ebbi come umanissimo
insegnante e poi illustre collega al conservatorio
“Monteverdi”.
Aveva la grande dote di saper allevare e poi coltivare un
pianista partendo dai primi passi fino al diploma – ve ne
portò ben oltre cento allievi – e al successivo perfezionamento, con un metodo personalissimo e nel contempo “personalizzato” in relazione alle capacità del discente.
Questo era il frutto di oltre sessant’anni dedicati alla
tastiera del pianoforte, che Egli ha voluto raccogliere in sei
volumi, di cui quattro già editi dalla Bèrben, sotto il titolo
“Mani sull’avorio”. In tale grosso e impegnativo lavoro mi
ha voluto in questi ultimi anni benevolmente e pazientemente al suo fianco, insieme con la figlia Adriana, sua
“erede” nella cattedra al conservatorio di Bolzano.
Raffinato ma non prolifico compositore, non ha disdegnato di trattare il genere popolare, dedicando ai cori della
montagna, e in particolare al “Rosalpina”, deliziose e colorite paginette.
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A Musicall Banquet
Non ho mai voluto, nonostante i suoi frequenti inviti,
dargli del “tu”, giacché per me non era un semplice collega,
ma rimaneva sempre un maestro al quale dovevo moltissimo
e quindi, anche nella forma, il massimo rispetto.
Tuttavia, accanto al suo corpo giacente nella bara, ho
detto sommessamente: “Ciao maestro, e arrivederci”. E,
conoscendo il suo modo di fare, il suo impareggiabile
“humour”, mi tornò alla mente il racconto del pescatore
romagnolo che di buon mattino lo aiutava a manovrare le
reti sulle spiagge di Riccione: “Signor Montanari, tiri!
Signor Montanari, molli!”.
“Ma senta: non per presunzione, ma per curiosità, mi
domando perché mai lei non mi chiami maestro, come avrà
sentito fare gli altri, qui intorno”.
“Mi scusi, ma pensando al maestro mi viene in mente
Nostro Signore Gesù Cristo”!
Ebbene: a Cristo i discepoli davano del “tu” e lo chiamavano “Maestro”. Ora trovo anch’io il coraggio di farlo e dico
“Ciao maestro, non Ti dimenticheremo mai, grati di tutto
quello che ci hai dato!”.
●
“Alto Adige”, sabato 20 marzo 1993.
Lina Sotis, nella rubrica “ControCanto” sul settimanale “Sette”, Supplemento
del Corriere della Sera” (15 aprile 1999 / Numero 15), trattando l’argomento
del “tu”, cioè di “un uso più diretto di rivolgersi la parola” - che fra i giovani è
“così immediato e spontaneo” -, scrive fra l’altro: “Darsi del tu è molto più complicato che darsi del lei. I tempi più veloci non scalfiscono infatti le posizioni
sociali. Ci sono categorie di cosiddetti «colleghi» che si danno automaticamente del tu, ma di questo non risente il rango. [...] Il tu contemporaneo per non
essere indisponente si basa sempre sul tono della voce, sull’educazione e sulla
conoscenza dei propri ruoli. Educazione vuole che sia sempre il più vecchio e il
più potente a prendere l’iniziativa. Il tu non è un salto sociale: è semplicemente
creare un’atmosfera più amichevole. Dunque una trappola in più se non si è educatissimi, attenti alle gerarchie e a usare il tono giusto della voce.”
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A Musicall Banquet
5. In un ristorante all’aperto, sul lago di Monticolo (Bolzano),
Nunzio Montanari in conversazione con Arturo Benedetti Michelangeli
(Estate 1960).
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A Musicall Banquet
SILVIO DEFLORIAN
Una lezione d’entusiasmo e di modestia d’un singolare,
appassionato e autentico musicista.
Conobbi Silvio Deflorian nel ’47, quando – avuto da mia
madre dopo insistenti richieste in regalo un clarinetto – mi
ero iscritto al Liceo musicale di Riva del Garda, per affrontarvi lo studio di quello strumento.
L’istituto rivano, ricostituito l’anno precedente dopo una
lunga interruzione dell’attività, rivedeva in cattedra il maestro Deflorian, che già intorno agli Anni Trenta vi aveva operato come docente di violino. Questa volta egli vi figurava,
tuttavia, come direttore e insegnante di “Strumenti a fiato”
(quest’ultima qualifica doveva essersela guadagnata, a buon
diritto, come grande direttore di complessi bandistici anche
rinomati).
Mi presentai al maestro in autunno, all’apertura delle
lezioni, col mio clarinetto sotto il braccio, ansioso di soffiarvi dentro i primi esercizi del metodo del Cavallini.
Conoscevo già abbastanza bene la teoria e il solfeggio, un po’
meno il pianoforte e, peggio, il violino; ma non avevo ancora sostenuto alcun esame in conservatorio.
Deflorian guardò lo strumento, lo apprezzò, ma osservò
che prima di iniziarne lo studio sarebbe stato meglio studiare un po’… l’armonia (sapeva che avevo in preparazione l’esame di licenza di solfeggio, privatamente, con Cesara Rossi
Alberti).
Mi diede l’orario delle lezioni e un arrivederci alla prossima. Tornai alcune volte alla scuola (l’attuale sede della Cassa
rurale di Arco, nel centro di Riva), ma sempre con lo stesso
risultato: tentativi di approcci “armonici”, ma strumento ben
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A Musicall Banquet
chiuso nel suo astuccio.
Mi stufai e… tanti saluti.
Non è difficile comprendere l’atteggiamento del maestro,
probabilmente proposto come insegnante di “fiati” a scopo
propagandistico e magari per guidare elementi che già suonavano i vari strumenti; ma evidentemente impossibilitato,
pur conoscendone perfettamente la tecnica specifica e l’uso
nel complesso bandistico, ad impartire lezioni di tali strumenti (era, com’è noto, un ottimo violinista). E forse si covava un tentativo di ricostituire la banda cittadina di Riva.
I miei contatti con Silvio Deflorian ripresero qualche anno
dopo, in occasione della... vendita d’un mio pianoforte: fra le
tante, s’interessava anche di queste cose, e in maniera pure
divertente, se Bruno Mezzena mi ha potuto raccontare che a
quei tempi il maestro girava in ”Vespa” per le vallate dell’Alto
Adige col commerciante Candolini, presentandosi l’uno
come Max Kandolin, l’altro come Silvius von Blumen!
La sua notorietà nella cittadina dell’Alto Garda era nel
frattempo aumentata, al punto che nel luglio del ’53, per la
prima esecuzione – da lui stesso curata – del suo “Inno a
Riva” (su un testo di Giovanni Prati già musicato da G.
Varisco), il sindaco gli consegnava una targa con la dedica
“Riva figlia del Benaco – a Silvio De Florian – cantore dell’Inno
- 19 luglio 1953”: “Era il giusto riconoscimento –ho avuto
occasione di scrivere– a un musicista che dal 1930, e posso
aggiungere ancora oggi, era profondamente amico di Riva, e
valente didatta in diverse circostanze”.
(Così nel mio breve studio dal titolo Un “Salotto” musicale a Riva del Garda intorno agli Anni Cinquanta, apparso nel
Numero Unico per l’ottava edizione di “Musica Riva”,
1991).
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A Musicall Banquet
Anche nel campo corale Silvio Deflorian era un eccellente
maestro: posso definire “storiche” le sue lezioni di direzione
di coro, nel 1956 per alcuni allievi miei compagni di studi
candidati all’esame finale (coi quali formavamo una specie di
piccolo coro, mentre a turno uno ne assumeva la direzione),
e l’anno dopo per il mio diploma. Mi diede alcune lezioni
(“soltanto cinque”, egli precisava) ed io superai brillantemente la prova al conservatorio di Bolzano, tanto che Silvio
Deflorian ha sempre ricordato questo avvenimento. Parecchi
anni dopo, entrato come tecnico nella “famiglia” dei cori
trentini, volevo annoverare fra i miei requisiti anche il fatto
di essere stato allievo, per la direzione, appunto del maestro
Deflorian.
Pensai di chiedergliene una “autorizzazione” per iscritto;
ed ebbi una risposta breve, commovente per la modestia che
rivelava nel personaggio: “Mio carissimo Gianluigi Dardo –
scriveva il 1° luglio 1983 – onoratissimo di poter godere di
una stima come la sua e di figurare come suo maestro. Grazie
caro G. L. [...]”. Modestia; ma anche un’affettuosa e fin troppo benevola considerazione nei miei confronti.
Vorrei terminare con due episodi piuttosto spassosi, che
rivelano quella tendenza alla “distrazione”, tipica dei personaggi vivaci, fantasiosi, acuti e sensibili.
Un giorno Deflorian mi mandò una serie di pagine del
repertorio del duo Salvetta-Cristoforetti (canto e liuto), per
una presentazione. Fra i brani figurava una versione per liuto
solo di “Rara” di S. Bussotti, piuttosto difficile da decifrare:
gira e rigira le fotocopie in fogli staccati, osai scrivere al maestro che mi pareva mancasse la pagina finale. Rischiavo di
fare una brutta figura, forse, perché ignoravo come terminasse il pezzo. Per fortuna, avevo ragione io.
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A Musicall Banquet
E ancora a proposito di fotocopie, fece scalpore al
“Monteverdi” di Bolzano lo smarrimento, da parte del maestro
Deflorian, di un unico esemplare dattiloscritto della storia dell’istituto redatta nel ’40 da Guglielmo Barblan, che io come
bibliotecario gli avevo prestato eccezionalmente, con l’impegno che lo restituisse il giorno dopo. Arrivò a mani vuote,
imbarazzato, costernato per aver perduto il preziosissimo
cimelio. Poco dopo, dalla stazione di Trento arrivava al conservatorio di Bolzano una telefonata d’un gentile impiegato: nella
fotocopiatrice era stato trovato un dattiloscritto con la storia
del Conservatorio “Monteverdi”! (e pensare che oggi, al
“Monteverdi”, quel dattiloscritto non è più reperibile...).
● Lettera spedita il 24.9.1991 ad Antonio Carlini, come contributo,
richiestomi per il suo saggio Silvio Deflorian, apparso nel volume “Una
vita per la cultura. Tredici illustri contemporanei raccontano”, Trento
1992, Provincia Autonoma di Trento, pp. 84-109.
Nello stesso anno parlavo del Maestro nello studio pubblicato alle pp.
106-112 del Numero unico per l’8a edizione di “Musica Riva – Festival
del Garda trentino” già citato in precedenza nella sua parte conclusiva.
A proposito di “inni” dedicati alla nostra città, voglio ricordare un ultimo
grande episodio di quegli anni, risalente precisamente al 1953 (al quale però
i membri del “salotto” rimasero per lo più estranei):
il maestro Silvio Deflorian, legato a Riva da simpatia e da ricordi familiari, ha voluto dimostrare questo sentimento verso la città componendo il nuovo inno a Riva […]:
la esecuzione pubblica avrà luogo nella piazza 3 Novembre, che ha visto passare la
storia benacense, all’ombra dell’Anzolim de la Tor, che da “zentenari de anni l’è l’onor e la bandera dei rivani.”
Così si leggeva mercoledì 1° luglio 1953 ne L’”Adige” (Giornale di Riva), il
quale martedì 21 dello stesso mese riempiva pressoché tutto lo spazio destinato a Riva con un lungo articolo e tre fotografie dedicate all’avvenimento
della domenica precedente, il concerto con l’esecuzione dell’inno (sul testo di
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A Musicall Banquet
G. Prati già musicato da G. Varisco), curata dal “Corpo musicale Città di
Trento” con la partecipazione di centocinquanta strumentisti e coristi: direttore lo stesso maestro Deflorian, che nella preparazione dei cori si era valso
della efficace collaborazione del maestro Guido Patuzzi.
Ecco alcuni passi della cronaca [...]:
Dopo una breve presentazione e immediatamente prima dello scoccare della prima
nota, il nuovo inno ha ricevuto attraverso gli altoparlanti il suo congedo: “Libera
all’aria ora le tue note, o Inno di questa città, che i figli di Riva canteranno negli
anni dinnanzi all’onda del Benaco o in terre lontane dove il destino li porterà attraverso un arcano disegno.”
“Tu accompagna le ore liete e tristi di questa terra baciata dalla natura. Tu reca sulle
labbra il nome di Riva, perla del Garda. Tu allieta col ricordo la soavità del patrio
lido percorso dall’onda in chi da esso è lungi. Tu abbraccia i figli della comunità in
un amplesso fraterno di pace, di concordia e di serenità nel tempo. Questo ti arrida,
o inno”.
[…] Il pegno di riconoscenza al m.o Deflorian reca incisa una dedica con le parole:
“Riva figlia del Benaco – a Silvio De Florian – cantore dell’Inno – 19 luglio 1953.”
Era il giusto riconoscimento a un musicista che dal 1930, e posso aggiungere ancora oggi, era profondamente amico di Riva, e valente didatta in diverse circostanze.
Faccio qui seguire un’altra breve nota sul Maestro, che figura nel corso di
un mio articolo apparso sull’Alto Adige dell’8 gennaio 1993 (“Silvio
Deflorian / Una vita per i cori”):
“Silvio Deflorian: una vita per la musica”: questo il titolo d’una raccolta a
stampa dedicata dal Comune e dalla Civica scuola musicale di Rovereto
all’ultraottantenne maestro arcense-roveretano, ben noto nella nostra regione
soprattutto per aver insegnato al conservatorio “Monteverdi” ed esser stato
direttore per ventun anni della Banda cittadina di Trento e, frequentemente, dell’orchestra “Haydn”; senza contare, fra le sue varie e importanti attività
organizzative, quella delle famose “Settimane” di Rovereto per la musica contemporanea.
Anch’io gli sono grato per avermi insegnato con acume e pazienza i segreti
della direzione della musica corale: ed è proprio a questa che la pubblicazio-
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A Musicall Banquet
ne citata – introdotta dal vicesindaco prof. Cossali e accompagnata da brevi
ma succosi scritti di F. Zanoni e G. Calliari – dedica un florilegio di otto raffinate armonizzazioni, inedite, di canti popolari. La presentazione è avvenuta nel corso d’una cerimonia al Teatro Zandonai, alla quale ha brillantemente partecipato il coro “Rosalpina” di Bolzano, fortunato destinatario di
molte altre pagine affini del maestro Deflorian, raccolte nel volume “Canti
dalle Dolomiti” (1976).
6. Silvio Deflorian, in una caricatura di Mario Miorelli
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A Musicall Banquet
7. Incisione (legno di testa) di Remo Wolf per il CD “Serafin” dedicato dal Coro della SAT ad Arturo Benedetti Michelangeli.
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A Musicall Banquet
ARTURO BENEDETTI MICHELANGELI
Un prezioso contributo per i cori popolari.
“Voler illustrare un programma di musica operistica agli
Amici della lirica è come voler parlare di Dio... al papa (ci si
perdoni l’irriverenza!), tanta è la conoscenza del repertorio
da parte dei fedelissimi del teatro musicale”: questo l’inizio,
qualche anno fa, della mia presentazione d’un concerto
sinfonico-vocale dell’orchestra “Haydn” per quel sodalizio
bolzanino.
Ora, mutatis mutandis e con qualche variante, potrei dire
in questa occasione (ma sempre chiedendo venia per il paragone poco deferente!): “Parlare delle armonizzazioni di
Arturo Benedetti Michelangeli ai cori trentini è come voler
insegnare il Vangelo ai preti” (gli apostoli sarebbero solo
quelli del coro della SAT, che ricevettero e diffusero il
“verbo” corale del grande musicista da poco scomparso).
Anni fa, Renato Dionisi scriveva (“Coralità”, Anno III,
n.l, p. 5) che un compositore, posto davanti al problema
della musica popolare-amatoriale, “potrebbe magari scappare a gambe levate come hanno fatto i maggiori musicisti di
tutti i tempi”.
Benedetti Michelangeli, che pur non era un compositore
(almeno nel vero senso del termine), ma sicuramente un
“grande” nel campo dell’interpretazione, non scappò affatto;
anche perché, cosa è l’armonizzazione (o elaborazione, o trascrizione ecc.) a più voci di un canto popolare, se non l’interpretazione d’una melodia nel suo giusto significato musicale e nei suoi rapporti con il testo verbale al quale si accoppia?
Il maestro bresciano indirizzò il proprio interesse su que56
A Musicall Banquet
sto particolare lavoro “creativo” ben prima dei contatti concreti col Coro della SAT, pur ammettendo che ne sia rimasto “folgorato” nello storico primo incontro a Brescia del 22
dicembre 1936 in occasione d’un concerto benefico, in cui
si esibì pure il sedicenne pianista, anche in duo col fratello
Umberto, violinista. Certo fu enorme l’impressione che
riportarono i fratelli Pedrotti con i loro compagni cantori in
quella circostanza, e altrettanto positiva quella del Maestro
per loro, se dieci anni dopo, passato il triste e burrascoso
periodo bellico, essi ricevettero da lui un segno di cordiale
stima, dalla dedica autografa di una sua fotografia.
Ma quello che si aspettava il coro trentino, oltre a queste
sia pur lusinghiere attestazioni, erano delle canzoni popolari firmate dall’illustre pianista, che non tardarono ad arrivare negli Anni Cinquanta, anche in virtù del primo premio
ottenuto nel ’53 al Concorso polifonico internazionale “G.
d’Arezzo”, della cui giuria facevano parte lo stesso maestro
Michelangeli e quel nostro luminare del canto gregoriano e
della polifonia che era Mons. Celestino Eccher.
L’autografo de “La pastora e il lupo” è datato 1954. Nel
microsolco 33 giri Carisch (MODQ 6264), recensito sull’
“Avanti!” del 25 ottobre 1957, troviamo già cinque canti
armonizzati dal Maestro; e nella IV edizione (1961) della
celebre raccolta di “Canti della montagna” (dal repertorio
del coro della SAT) si contano ben 12 partiture con la sua
firma.
Non fu dalla SAT, tuttavia, che udii per la prima volta
alcuni di questi lavori, ma da un coro “satellite” (non mi va
di usare il termine “imitatore”): il “Biancastella” di
Pomarolo, che si era esibito con successo alla Rocca di Riva
del Garda sotto la direzione di P. Mario Levri l’8 agosto
57
A Musicall Banquet
1959. Mi colpì soprattutto, anche per un dubbio, risultato
poi infondato, sulla precisione dell’intonazione, il primo
ascolto del canto lombardo “La mia bela la mi aspeta”.
Si avvertiva un modo nuovo di organizzare le trame
armoniche per una melodia popolare, pur nella rigida omoritmia delle parti, talora con i parallelismi cari alla tradizione del Coro ispiratore e i “pedali” (note lunghe ai bassi: mi
perdonino i colleghi) che si caricano d’una notevole forza
espressiva. Qui le difficoltà stavano in quel vero e proprio
“trabocchetto” iniziale, con un netto, quasi brusco passaggio
(mai prima sentito nel genere) dal maggiore al minore, nel
quale l’improvviso abbassamento della “terza” nell’accordo
di Tonica creava sconcerto nell’ascoltatore e perplessità sulla
reale “rotondità” dell’accordo stesso nell’esecuzione.
Colpivano, anche, il simultaneo cromatismo delle due parti
interne (“la guer-ra”), la modulazione o l’ “inganno” talvolta arditi e pur sempre presentati con estrema naturalezza, ma
di considerevole efficacia.
Più avanti, nella particolare antologia “Sui monti
Scarpazi” (1973), sarà impressionante la dolcissima semplicità di “La figlia di Ulalia” (le “none” e i “pedali”!), così
come, in “Serafin” (Val Rendena), un altro pedale lunghissimo e, soprattutto, l’insidioso tempo in 5/4, “esempio sorprendente, più unico che raro, nel folclore trentino”, come
si osserva nella nota al pezzo.
Tornando indietro, rileverei suggestioni “strumentali”
non solo a scopo effettistico, come ad esempio nella canzone piemontese “Lucia Maria” (i passaggi in semicrome
“staccate” ai bassi); la soavità del canto valdostano “Le soir à
la montagne”; le difficili ma appropriatissime dissonanze
sulla parola “fòch” e il successivo cicaleccio del “filò” nell’ar58
A Musicall Banquet
monizzazione della melodia di Mansueto Pedrotti (18731926), che fu pure autore delle parole (“Entorno al fòch”).
Non vorrei sminuire, continuando a trattare prevalentemente l’apparato tecnico, l’opera di Benedetti Michelangeli,
che su quel solido supporto ha costruito originali, squisiti
quadretti musicali. Preferisco quindi proseguire e concludere con alcune note prese dal volumetto edito dal Coro della
SAT nel 35° anniversario (Trento, 1961), alle cui pagine
farò rinvio fra parentesi.
Massimo Mila, su “L’Unità” (ed. di Torino) del 2 dicembre 1956, fa riferimento a “sei armonizzazioni di canti piemontesi, lombardi e trentini, dovute nientemeno che ad
Arturo Benedetti Michelangeli: uno appunto di quei musicisti d’altissima statura che seguono con interesse il lavoro
del coro trentino. Queste armonizzazioni del famoso pianista sono senz’altro dei ghiottissimi bocconcini, pieni di particolari preziosi e condotte con una rara raffinatezza. Una,
quella della “Pastora e il lupo”, è un piccolo capolavoro: un
poemetto pieno di gusto, dove si rispecchiano gli aspetti
medievali del nostro Piemonte” (p. 69).
E Renato Dionisi faceva autorevole eco all’illustre critico,
in una lettera da Milano del 6 giugno 1961. Parlando dei
pezzi raccolti in un disco appena uscito, diceva: “Fra i molti
sceglierei come composizione –La pastora– "di"
Michelangeli, per quel suo modo antico di melodizzare e per
il raffinato substrato armonico che non turba, ma valorizza
la greca bellezza della linea del "cantus".” (pp. 81-82).
Era l’incisione dal titolo “Là su per le montagne” (RCA) Stereofonico 33 giri, che veniva recensita fra l’altro sul settimanale “Candido” del 6 agosto 1961 (a firma
“Micromega”), con una speciale osservazione: “alcuni arran59
A Musicall Banquet
giamenti dei canti recano una firma illustre; quella di Arturo
Benedetti Michelangeli. Ne sono venute fuori cose di altissimo livello che ci richiamano alla mente addirittura i classici della nostra polifonia cinquecentesca (Era nato poveretto,
per esempio)” (p. 34).
Di un’altra canzone, che aveva destato particolare impressione, dava conto “L’Avvenire d’Italia” (Bologna, 7 aprile
1957): “Tra i canti presentati, a sei aveva dato armonica
veste Arturo Benedetti Michelangeli; tutte trascrizioni musicalmente belle, ma veramente indimenticabile “Le maitinade del Nane Periòt ” che ha avuto gli onori del bis” (p. 73).
Per un concerto tenutosi qualche anno prima al conservatorio “Monteverdi” di Bolzano (quello per la Società dei
concerti, del 1953?), si riporta dal citato volumetto una
buona parte di un articolo (p. 62) che non reca titolo del
giornale da cui è tratto, né firma d’autore:
“La calda simpatia nata dall’incontro di un ragazzo-artista con dei
ragazzi cantori, fece sbocciare nel tempo dei veri fiori musicali. Accadde
così che un grande artista, Arturo Benedetti Michelangeli, il maggiore pianista del nostro tempo, si legasse con l’amicizia, allo stesso amore che
anima i cantori della SAT: l’amore per gli umili canti del popolo. Da par
suo ne trasse le stupende armonizzazioni, che oggi tutta la critica ammira.
“Usando una parola moderna, – prosegue il quotidiano – ciò venne
presentato giornalisticamente come l’ "hobby" di Michelangeli.
Vorremmo respingere questa parola, poiché qui si tratta di ARTE maiuscola, messa al servizio della poesia e della musica popolare”.
Ed ora mi sembra di poter terminare, citando in parte il
periodo finale di uno scritto di Mauro Pedrotti, direttore del
Coro della SAT, apparso sui quotidiani locali il 15 giugno
scorso; ma con una mia piccola annotazione conclusiva.
“Arturo Benedetti Michelangeli non è morto. Egli vivrà per sempre
60
A Musicall Banquet
(...) nella poesia del canto popolare, con le canzoni che lui ci ha dedicato e che noi, in suo ammirato e riverente ricordo, continueremo a cantare per lui”.
Ma io mi permetterei di aggiungere: “ed anche per noi e
per tutti gli appassionati, perché i suoi canti non vanno semplicemente ricordati, pur con ammirazione e riverenza, ma
considerati sempre vivi, attuali e patrimonio imperituro
della nostra coralità”.
●
“Coralità”, Anno 15° - n.1 Gennaio-Aprile 1995, pp. 20-21.
Anche sul quotidiano “Alto Adige” del 17 giugno 1995, p. 49, trovò
ospitalità un mio breve ricordo del grande pianista (Il mio Michelangeli
fra Riva e Bolzano).
Il 24 luglio 1999, su invito della Federazione cori del Trentino, tenni nella chiesa di S. Bernardo a Rabbi un discorso introduttivo a una particolare rassegna
corale, illustrando per l’occasione aspetti anche differenti delle armonizzazioni
di A. Benedetti Michelangeli. Il discorso è stato parzialmente pubblicato a
Bolzano nell’opuscolo dell’edizione 2001 di “Musica in Aulis”.
61
A Musicall Banquet
L’ultimo intervento in pubblico per la Federazione Cori del Trentino.
62
A Musicall Banquet
PADRE MARIO LEVRI: MUSICA COME
EDUCAZIONE
Per ritrovare un’armonia interiore.
“Ha superato i 60... e prima addirittura gli 80: cosa fa,
padre? concilia?”.
“Senta – risponde padre Levri – sono membro degli Agiati,
ed anche dei Concordi, e compongo da molti decenni.
Dunque posso comporre anche questa vertenza, e Concilio
(siamo a Trento!)”.
“E paga subito? e come?”.
“Con almeno 70... di musica; in fondo, anche la "lira" è uno
strumento”.
Sì. Padre Mario Levri, classe 1912, associato alle illustri
accademie di Rovereto e di Rovigo, nel giugno ’95 ha raggiunto il traguardo dei sessant’anni di sacerdozio; quello che
certamente gli dà la maggiore soddisfazione. Ma i primi
contatti con la musica li aveva avuti ancora dodicenne,
quindi settant’anni fa.
Fu negli anni Cinquanta che mi presentarono il frate
musicista, nientemeno che in casa del maestro Renato
Dionisi, a Borgosacco. E nel ’57 mi ritrovai con lui all’esame di diploma di Musica corale e direzione di coro al conservatorio di Bolzano: un giochetto con intenti principalmente “burocratici”, per padre Mario (il titolo pur prestigioso rilasciatogli dal Pontificio Istituto di Musica Sacra non
era ancora valevole per l’insegnamento nelle scuole statali);
una notevole fatica per me, che nel campo musicale scalavo
la prima “vetta”.
Pochi anni dopo (gennaio ’58) lo facevo invitare a Riva
del Garda per un concerto col coro “Biancastella” di
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A Musicall Banquet
Pomarolo.
Io non ho mai avuto la fortuna di sentir parlare padre
Levri dal pulpito; ma da quella volta l’ho ascoltato, invece,
in diverse occasioni dal podio; e ho letto (o sentito) quanto
scriveva al tavolino (musica e saggi di vario indirizzo nel
campo musicale, soprattutto quello organario e organistico).
Dunque, un sacerdote; ma anche musicologo, insegnante, organista, compositore e direttore di coro: quest’ultima
attività è forse quella che più interessa i nostri lettori; senza
tuttavia voler sminuire, in tal modo, il valore delle altre!
Padre Levri si presenta con un “biglietto da visita” del
massimo rispetto; proprio un biglietto, speditogli da Milano
il 19 novembre 1967: “Caro padre, ho letto nel Radiocorriere
del concorso corale che Lei ha vinto presentando il "complesso
vocale" della Sua Scuola Media! Bravissimo! Complimenti. Io
non so come si faccia a far "parlare" un "gregge"! Tanto più non
immagino come si possa farlo cantare! Mah! Per me gli esecutori, i direttori d’orchestra e i direttori di coro sono misteri viventi! Io sono un animale da tavolino e tutto ciò che riguarda la
"realizzazione" musicale mi fa... "paura"! Stia bene e abbia
sempre maggiori soddisfazioni.
Cordialmente. Renato Dionisi”.
Mi perdoni l’illustre maestro istrian-roveretan-milanese
se ho passato anche la seconda parte dello scritto, dopo
quella strana esclamazione – mista di perplessità e disappunto (?) – che potrebbe essere non bene interpretata (Io
penso che chi scrive per coro – e a quale livello! – conosce il
coro, e anche - almeno teoricamente – i problemi connessi
alla sua direzione; pur se non avesse mai preso, come si usa
dire, la bacchetta in mano).
Senza pretendere di avere una “autorità” come quella che
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A Musicall Banquet
tutti riconoscono a Renato Dionisi, vorrei citare, quasi a
commento del biglietto riprodotto sopra, alcune mie considerazioni, seguite sul giornale “L’Adige” dell’11 agosto 1959
(p.6) a un secondo concerto del coro “Biancastella” a Riva
del Garda con un programma adatto al pubblico “estivo” e
comprendente “canti popolari classici e moderni, e canzoni
alpine di varie regioni d’Italia”.
Ammirato il complesso per la serietà con la quale eseguiva musiche corali d’ogni epoca e per la notevole fusione,
raggiunta evidentemente con un lungo e paziente studio,
così continuavo: “Forse il merito di tale livello artistico conseguito dal complesso va attribuito in gran parte all’abilità e
alla consumata esperienza di padre Mario Levri, direttore
sensibile e colto, dal gesto sciolto e convincente, che negli
esecutori trasmette il suo modo di sentire, trovando nelle
voci completa obbedienza e assimilazione della sua volontà
interpretativa”.
Del resto, già in occasione del primo concerto in riva al
Benaco, scrivevo ne “L’Adige” del 14 gennaio 1958 che il
“Biancastella” era uno di quei complessi corali che “si dedicano ai canti della montagna e alle canzoni popolari o, cosa
ancor più degna di ammirazione, alle antiche polifonie religiose e profane, riducendo notevolmente il loro repertorio
di canti alpini e di cori operistici”.
E non mancavo di rilevare come padre Levri fosse, oltre
che eccellente direttore, “compositore non meno sensibile,
perfettamente conscio delle possibilità tecniche ed espressive del coro, come abbiamo constatato ascoltando una sua
"ninna nanna" ed altri suoi componimenti polifonici”.
Mi piace altresì ricordare, a questo proposito, un episodio
avvenuto nella primavera del 1989 a Dambel (Alta Val di
65
A Musicall Banquet
Non) in occasione d’uno degli annuali “Incontri con la
polifonia”, al quale partecipavano “Le villanelle” di Fiavé,
dirette appunto da padre Levri. Il breve programma predisposto, per l’intervento, da quel complesso femminile si
concludeva con una composizione dello stesso maestro. E le
annotazioni ai pezzi da me redatte per la lettura, così recitavano, in quel punto: “Padre Mario Levri, che stiamo apprezzando come animatore e direttore di coro, e che negli ambienti
degli "addetti ai lavori" è anche molto considerato come ricercatore di avvenimenti, figure e opere della vita musicale del passato, vuole qui offrirsi all’attenzione pure come compositore,
presentando in chiusura un breve brano per l’Ufficiatura delle
lodi della Resurrezione: "Sfolgora il sole di Pasqua". Stile
sobrio, tradizionale, che non vuole colpire l’ascoltatore con cose
nuove, ma con un canto semplice, pio, estremamente popolare”.
Quasi la lettura non era ancora terminata, che il simpatico frate sbottò: “Ma via, Gianluigi, è troppo!”.
Ecco qui balzare in tutta la sua evidenza la figura di Mario
Levri: modestia, umiltà, semplicità; ma sapienza, in una
completa dedizione al servizio della musica (così come, di
sicuro, è il pastore nella cura delle anime). Ma la mole del
lavoro da lui svolto è davvero notevole: ognuno potrebbe già
constatarlo soltanto consultando il “Dizionario dei musicisti nel Trentino” di Carlini-Lunelli (Trento, 1992), con la
relativa “scheda” biografica.
Mi sembra sia tuttavia giusto ricordare, oltre alle sue numerose composizioni corali sacre e profane, che rivelano mano
sicura e gusto piuttosto fine, moltissime armonizzazioni di
melodie popolari, spesso assai riuscite, e apparse anche a
stampa.
Con alcune composizioni per coro di montagna, padre
66
A Musicall Banquet
Levri risultò fra i maestri vincitori o particolarmente segnalati in concorsi nazionali: “Ninna nanna nella baita” su testo
popolare (Varese, 1956); “O zime, zime” su versi di Luigi
Arlanch (Bolzano, 1957); “Il carcerato” (testo dello stesso
musicista), secondo premio a Gonzaga nel ’72, dove già
l’anno precedente “El rifugio del Mison” su versi di Aldo
Martini (con medaglia di merito per il miglior testo dialettale) aveva ottenuto un successo tale, che il critico del “Resto
del Carlino” (30 agosto 1971), riconosciutane la solidità di
fattura, la definiva una di quelle canzoni alpine “chiacchierine e scherzose come più si confà ai prati colmi di genzianelle del Mison”.
Inoltre, alle rassegne polifoniche indette dalla nostra
Federazione, Mario Levri presentava nel 1985 l’inedito
“Ultimo sogno”, un apprezzabile, classico madrigale su testo
di Giovanni Prati, composto appunto per le celebrazioni del
centenario della morte del poeta. Ma non vorrei dimenticare altri esempi, come “El careter”, “Fiori alpestri” e “El lac
de Zei”, nonché i recenti brani su poesie dialettali rivane di
Giacomo Floriani (“La me baita”, “l’Anzolim de la Tor” e “I
fonghi”).
Con i “suoi” cori, non poche furono le affermazioni conseguite da padre Levri in concorsi nazionali o regionali, da
Varese a Seregno, da Bolzano a Gonzaga, da Merano a
Roma, che gli hanno anche procurato diverse chiamate
come membro di giuria a Lecco, a Bellagio e più volte ad
Adria, dove nel ’92 ha ottenuto il Riconoscimento “Rigo
musicale”, così motivato: “Un omaggio a quanti hanno operato ed operano alla ricerca, diffusione e sviluppo del canto
corale italiano”.
Non si possono, dunque, non ricordare i cori da lui diret67
A Musicall Banquet
ti, e in molti casi fondati: “Ninfea”, “Santa Cecilia”, “Le villanelle” e “La Pineta” di Fiavé; “Castelcampo” di Campo
Lomaso; il citato “Biancastella” di Pomarolo; “Cima
d’Ambiez” di San Lorenzo in Banale; “San Marco” di
Pergine Valsugana. Inoltre, alcuni cori parrocchiali a Fiavé e
dintorni, nonché il “Complesso corale della Scuola media di
Ponte Arche”, che vinse nel 1967 il primo premio di categoria al I concorso nazionale di canto corale, bandito dalla
RAI per le scuole medie.
Quest’ultimo gruppo, che riuniva ben quaranta cantori,
si esibì pure in saggi scolastici, anche con l’accompagnamento d’una piccola orchestrina chiamata “Baby
Philarmonik” (altra “trovata” di padre Levri, come i complessini “I giovani flautisti”, poi “I flauti del Lomaso”, fino
all’associazione “Flauti dolci del Lomaso”).
Resta da ricordare, pur molto brevemente, la produzione
di Mario Levri come saggista e storico della musica: i volumi “La Cappella musicale di Rovereto” (1972); “Gli organi
di Mantova - Ricerche d’archivio” (1976, alla memoria di
Renato Lunelli); i numerosi articoli apparsi soprattutto in
“Studi trentini di scienze storiche”, “Judicaria” e in altri
periodici e quotidiani; gli ampi saggi “Musica e poesia nella
cultura popolare giudicariese” (nel vol. 2° di “Le Giudicarie
Esteriori”, 1987) e la seconda parte dell’opera “Storia delle
bande giudicariesi” (1988), relativa all’attività nelle
Giudicarie Esteriori.
Recentissime sono, infine, le pubblicazioni su “Le
Cappelle musicali di Rovigo” (1993-94), “La Cappella
musicale di Adria” (1994) e “Gli organi e organisti di
Lendinara” (1994).
Se qui ho peccato in lunghezza, prolissità e ripetizioni,
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A Musicall Banquet
certamente il caro padre Mario mi darà l’Assoluzione (così
come, spero, i gentili e pazienti lettori). Almeno per il ricordo di questa sua bella considerazione, riportata trent’anni fa
da Dario Pili in “Fiamma nova”: cantando in coro, “anche
gli animi s’ingentiliscono, si nobilitano, ritrovano un’armonia interiore che dopo tutto conta più delle armonie fatte di
note musicali. Insomma una musica come educazione”.
“Coralità”, Anno 15° - n.3 Settembre-Dicembre 1995, pp.12-14.
Padre Levri è morto a Trento nel novembre ’97.
●
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“l’Adige”, 4 dicembre 1997.
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RENATO LUNELLI: UNA GARBATA PRECISAZIONE
Ma utile lezione per un… principiante
Domenica 11 settembre 1960 presentavo, su invito del maestro Renato Dionisi, uno degli annuali “Concerti spirituali”
da lui organizzati per la Pro Cultura di Rovereto nella
Chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista di Borgosacco.
Esecutori: l’organista Albino Turra e il “Complesso strumentale italiano” di Cesare Ferraresi. Nell’illustrazione del
programma, parlando del Concerto op. XI n.5 di Francesco
Antonio Bonporti – quello col celebre “Recitativo” –, rilevavo fra l’altro i meriti di Guglielmo Barblan nella “scoperta” dell’antico musicista trentino.
Contemporaneamente, tre giorni dopo, si avevano due
precisazioni: su “L’Adige” (14 settembre) veniva puntualizzato che la suddetta “scoperta” si doveva a Renato Lunelli. E
curiosamente, Renato Chiesa, in chiusura dell’articolo, scriveva che “il prof. Gianluigi Dardo, critico musicale di Riva,
ha voluto all’inizio presentare brevemente i pezzi in programma”: quasi avessi voluto impormi; mentre ero stato
invitato a farlo!
Ma ben più istruttiva, sferzante, era per me una nota
dello stesso Renato Lunelli, con la quale in tono molto civile ma perentorio “contestava” il merito da me attribuito a
Barblan, rivendicandolo a sé. Non mi restava che scrivere al
musicologo trentino, per scusarmi dell’ingiusta omissione,
per... ignoranza. Ed ecco la sua cortese e circostanziata risposta, inviatami da Povo il 14 settembre su carta intestata de
“L’Organo”, l’importante rivista da lui diretta con L. F.
Tagliavini:
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Gent.mo Signor Dardo,
ho ricevuto il Suo gentile biglietto; ma non era il caso si incomodasse per deplorare un’omissione. Sono cose tanto vecchie e
che hanno un valore relativo alle quali non pensavo se non ci
fosse stato chi proprio dopo il concerto volle ricordarmi l’episodio. Del resto il primo che vanta meriti per la valorizzazione
bomportiana sarebbe il vecchio Alfredo Untersteiner che
richiamò l’attenzione sulla bellezza dei concertini del Bonporti
esattamente 50 anni fa. Io vengo 10 anni dopo. Per primo
ricordai in Italia che opere del musicista trentino erano state
copiate da G.S. Bach ed erano state divulgate col suo nome.
La vera analisi critica è stata fatta dal Barblan al quale ebbi il
piacere di passare i documenti da me raccolti per la biografia
bomportiana avendo io rivolte le ricerche in tutt’altro campo,
ben lieto di aver trovato il valorizzatore del Nostro. Infatti riuscii a convincerlo di abbandonare le ricerche sui codici musicali trentini del ’400 sui quali voleva specializzarsi per dedicarsi
al musicista trentino.
Perciò non voglia calcolare errore la Sua omissione. Mi
auguro che si presenti l’occasione di poter fare la Sua conoscenza personale per rallegrarmi con Lei della serietà che cerca di
infondere alla vita musicale rivana, anche a viva voce, e con
viva deferenza mi creda
Suo dev.mo
Renato Lunelli
(5 agosto 1998)
La lettera di R. Lunelli fu da me riproposta l’anno seguente
in un convegno a Trento su Bonporti.
Vedi Appendice II: Presentazioni e interventi (17 dicembre
1999).
72
A Musicall Banquet
CAMILLO MOSER
"Quando la musica dà gioia"
Ora più che mai chiedo cortesemente spazio, per segnalare un
lavoro pervenutomi in gentile omaggio, che veramente mi ha
convinto e, soprattutto, emozionato: ne sono molto grato alla
scuola musicale trentina “Il Diapason” (Lavis e Gardolo),
nelle persone della presidente prof. Nicoletta Nicolini e del
direttore, maestro Rolando Lucchi, che con questa lodevole
iniziativa intende inaugurare una Collana di suoni e parole
per la didattica della musica (L’Arcobaleno).
Si tratta di un CD dal titolo Bambini, si canta!, presentato
da una estesa e succosa nota di un esperto come Giuseppe
Calliari, il quale nella “piccola collana di pagine delicate e
intelligenti”, dovuta agli indimenticabili Italo Varner e
Camillo Moser (“Dodici bellissimi canti infantili per ogni circostanza dell’anno”, recita il sottotitolo), vede “una semplice e
diretta esortazione dietro cui si cela una proposta pedagogica
illuminata”.
Il disco, ottimamente registrato e curato da Diego Moser,
figlio del defunto compositore, e prodotto da Symposium
snc. di Trento, ha visto la luce proprio a trent’anni (19671997) dalla sua prima apparizione a 33 giri per le Edizioni
Paoline. Allora lo ebbi subito in dono dal collega lavisano e i
miei bambini lo “limarono” al punto, che non si poteva più
ascoltarlo (credo che la gentile signora Rosetta, a cui ne chiesi un’altra copia circa dieci anni fa, si sia cordialmente privata
dell’ultimo esemplare rimastole).
Nell’attuale edizione, dati i sofisticati mezzi di registrazione, il cospicuo livello del coro di voci bianche di Pressano
(frutto della sempre più profonda esperienza di quel “mago”
73
A Musicall Banquet
che è Giuseppe Nicolini) e un eccellente gruppo di strumentisti docenti nella scuola, si rileva sicuramente una più calcolata resa corale e una più evidenziata finezza della strumentazione.
Tuttavia, nell’LP del ’67, il complesso vocale, quasi un coro
scolastico, spontaneo e con inflessioni dialettali finanche piacevoli nella pronuncia (già allora sotto l’abile direzione di G.
Nicolini), accompagnato con gli strumenti da altrettanto
capaci musicisti, mi lascia la sensazione, all’ascolto, della partecipazione dell’Autore, che sentiamo ancora presente con la
sua sensibilità, la sua gioia di fare canto, di commuovere
anche un vecchio amico che – come tutto il mondo corale
trentino – lo ricorda con affetto e ammirazione.
(“l’Adige” del 6 febbraio 1998)
8. Copertina dell’LP inciso nel 1967.
74
A Musicall Banquet
Questa lettera mi offre l’opportunità di trattare brevemente dei miei rapporti con Camillo Moser, e di metterne in luce
non tanto le capacità professionali (peraltro ben conosciute e
apprezzate), quanto le qualità umane.
C’incontrammo la prima volta nel ’63, grazie a un intervento di Renato Dionisi, maestro di entrambi, che indirizzò
Camillo a me per alcune sedute relative alla sua preparazione
del programma d’esame di Storia della musica per compositori. A questo proposito, mi piace citare un passo d’una lettera del 3 luglio 1963, in cui lo stesso Dionisi così si esprimeva:
Ho saputo che anche Moser – dionisiaco e dardiano – ha superato bene le sue recenti prove in Conservatorio. Anche quello è un
giovane “guerriero” (“chioma di fuoco”... dico bene?) dal quale
spero bene!
Non molti mesi dopo, si verificò un fatto increscioso,
determinato da un equivoco. Non ne rintraccio più la documentazione epistolare, che riguardava la mia perplessità –
come membro del Consiglio di amministrazione della Scuola
musicale civica di Riva del Garda – sull’assunzione di Moser
come insegnante di pianoforte. Ero convinto che l’amico,
ormai lanciato verso traguardi più ambìti, “perdesse il tempo”
in un ruolo per il quale aveva sì le carte in regola, ma che non
era la sua “strada maestra”. Moser pensava, invece, che non lo
ritenessi idoneo in quel ruolo; e si adirò, fino a interrompere
i rapporti con me.
La cosa mi dispiacque moltissimo; e fui tanto felice quando, accompagnato da Ezio Michelotti, egli interruppe le “ostilità” (!) e venne a casa mia.
A questa “tappa” nelle relazioni col compianto maestro
lavisano, ne seguirono altre due in periodi piuttosto distanti,
ma entrambe per questioni riguardanti i cori. Dopo parecchi
75
A Musicall Banquet
mesi d’incertezza, in seguito alla mia partenza da Riva del
Garda per Bolzano, fu proprio Camillo Moser ad essere chiamato a sostituirmi nella direzione del Coro polifonico “Silvio
Pozzini”: ne fu a capo fino all’anno del suo scioglimento
(1967), quando anch’egli lasciò l’incarico per attività più
importanti. D’altronde, non si era fatto certo illusioni, se già
il 13 gennaio 1964 mi scriveva fra l’altro, dopo un concerto
“natalizio” a scopo benefico:
Ti assicuro che per la tua assenza il giorno dell’Epifania non
hai perso gran che [...]. Ma! Si fa quel che si può. Sarà, forse per
un altr’anno.
E poi... c’erano solo 3 contralti! Dove erano gli altri? Ma! Forse
si dice: “Tanto... per gli orfanelli”... Male! Si dovrebbe cantar
bene dappertutto! Ma tu di queste cose ne avrai viste tante e perciò non mi dilungo. Conviene sempre, comunque, tener presente
che sono dilettanti e che li dobbiamo prendere quando vengono.
Io non so cosa fare d’altro!
La “tappa” degli anni Sessanta si concluse con una mia collaborazione nella pubblicazione del primo libro di
“Canzonette” di Felice Anerio – di cui io stesso avevo passato
il microfilm al collega – redigendone una “Nota introduttiva”
(Padova, 1968). E dovevano passare quasi quindici anni, per
una ripresa di contatti consistenti.
Essa avvenne, infatti, nel 1982, grazie al recente passaggio
della Sezione staccata di Riva del Garda dal conservatorio di
Milano a quello di Trento.
In questo ultimo periodo il livello intellettuale e la saggezza di
Camillo mi si rivelarono in tutta la loro dimensione; e fu per
76
A Musicall Banquet
suo cortese, amichevole interessamento che entrai nella
Federazione cori del Trentino, per la quale ho lavorato con
molto impegno, ottenendo non poche gratificazioni.
Incontrai Moser l’ultima volta a Villa Lagarina, il 31 marzo
1985, in occasione d’uno degli Incontri con la polifonia :
discutemmo, durante una cenetta offerta ai partecipanti dopo
il concerto, di vari argomenti. Fra i più significativi, quello
che, secondo lui, si dovevano scrivere cose non difficili per i
nostri cori, i quali altrimenti non le avrebbero eseguite (ed io
non fui del tutto convinto, che tale doveva essere l’atteggiamento d’un compositore nell’atto creativo).
Dopo, non lo vidi più, né gli parlai al telefono. E terribile
fu la notizia della sua morte, che ebbi, a freddo, la mattina del
26 aprile 1985, dalla voce di Dell’Eva al telefono della
Federazione trentina: proprio quell’organismo, per il quale
Camillo tante energie aveva a lungo speso, e con grande entusiasmo; ma sicuramente, anche con enorme profitto per la
nostra coralità.
*
Il il 18 ottobre 2006 si celebrò a Lavis il ventesimo anniversario della morte di Moser, anche con la presentazione del
libro Camillo Moser (1932-1985). Un uomo un musicista,
curato da Giuseppe Calliari, con corredo di un DVD.
Nelle due pubblicazioni (accompagnate anche da un CD
con musiche composte dal defunto Maestro), apparivano
interviste di varie persone sulla figura e l’opera del commemorato. Fui lieto e onorato di essere stato invitato per questi ricordi, per la cui conoscenza rinvio alla lettura e visione
del pregevole materiale.
77
A Musicall Banquet
Qui voglio però rendere nota la lettera di adesione, senza aver
potuto accettare l’invito a presenziare, per motivi di salute.
La spedii il 12 ottobre all’eccellente curatore del lavoro:
Caro e gentile prof. Calliari,
ho saputo da mia moglie della sua telefonata. Dunque lei ha
constatato che io non potrò essere a Lavis, il 18 ottobre, per la
presentazione del volume per i vent’anni della scomparsa del
Maestro Camillo Moser. Nuovi problemi fisici me lo impediscono.
Ma era un mio illustre coetaneo, e un vero amico.
Voglio perciò ricordare, con queste righe, un caro collega, la cui
presenza è costante in coloro che praticano la musica in
Regione, tanto professionisti, quanto semplici amatori, o ascoltatori.
Chi lo ebbe come collega estremamente qualificato nei propri
insegnamenti, e chi come docente preciso, rigoroso, preparatissimo e perciò indimenticabile.
Ma è nel campo della coralità, soprattutto trentina, che la sua
traccia, dopo ben quattro lustri dalla sua dipartita, rimane
come memoria viva, sincera, ben rivelata dalle numerose esecuzioni delle sue composizioni o elaborazioni, che ce lo rendono,
appunto, sempre presente e attuale.
Moser ha saputo viaggiare, in ogni campo da lui trattato, dalle
piccole alle grandi cose, vuoi per i bambini delle scuole d’infanzia, vuoi per i più scaltriti professionisti, sempre con impegno, competenza e, soprattutto, amore.
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A Musicall Banquet
Con Camillo Moser (a destra) a un concerto del Coro “Anzolim
de la Tor” (Riva del Garda, 15 marzo 1983).
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A Musicall Banquet
GUIDO PATUZZI
Dopo la cerimonia di saluto per la sua partenza
da Riva del Garda
Ospitiamo ben volentieri uno scritto del prof. Gianluigi Dardo,
nostro valido ed apprezzato critico musicale, ed ora nuovo direttore del coro polifonico cittadino "Silvio Pozzini".
Il prof. Dardo intende recare un ultimo, doveroso omaggio al
maestro Patuzzi, dopo le cerimonie in suo onore svoltesi domenica scorsa in Rocca, prima di subentrare ufficialmente nella difficile carica di direttore del complesso.
Domenica sera, durante la tradizionale cena di S. Cecilia,
che concludeva le cerimonie in onore del maestro Guido
Patuzzi, fui invitato a parlare per unirmi al coro di elogi che
unanimemente si era levato all’indirizzo del festeggiato, da
quanti con belle espressioni avevano in precedenza pronunciato parole per l’occasione.
Per chi – come me – non è avvezzo, né portato, per i lunghi discorsi, al di fuori di quelli che si rendono necessari per
inevitabili ragioni professionali e didattiche, fu cosa assai difficile trovare espressioni che riflettessero quanto avevo in
animo in quel momento.
Ora, una cerimonia che tanta commozione ha destato nei
presenti, ha bisogno di qualche cosa di più che una cronaca,
seppur ampia ed esauriente; perciò vorrei dire in breve quello
che forse non sono riuscito ad esprimere in quella sede.
Si festeggiava dunque il maestro Patuzzi, che, compiuti
insieme al coro cittadino i 10 anni di attività, ha ora abbandonato - ma con quanto rincrescimento - il complesso, essendosi trasferito altrove per motivi familiari e professionali. Nei
80
A Musicall Banquet
vari discorsi ho sentito bellissime parole del presidente degli
"Amici della musica" dott. Adami, del nostro sindaco, di
mons. Bartoli, del presidente dell’A.A.S. Boschin; ha risposto, evidentemente commosso, il maestro Patuzzi, anche con
espressioni di ringraziamento a quanti hanno sostenuto il
coro nella sua attività decennale.
Si è sentita la "storia", direi, del coro polifonico "Silvio
Pozzini", dalle origini all’ultima, brillante affermazione romana; storia di sacrifici, di soddisfazioni, di lotte, di vittorie, basata su un binomio compatto e inscindibile: maestro e coristi.
Con un curioso scambio di termini si potrebbe dire, senza
timore di profanare lo spirito evangelico: "Il maestro Patuzzi
era nel principio, e il maestro Patuzzi era nel coro, e il coro era
il maestro Patuzzi". Pochi cori di dilettanti infatti riescono a
raggiungere una così intima fusione spirituale fra direttore e
cantori, fusione che da qualche anno andava manifestandosi
in esecuzioni degne di ammirazione per l’equilibrio, l’espressività e tutte le altre qualità che le caratterizzavano.
Rompere un vincolo così forte sarebbe parsa, ancora non
molto tempo fa, cosa impossibile oltre che illogica: le circostanze della vita hanno invece condotto inevitabilmente alla
rottura.
A me è toccato il compito, non certo facile, di sostituire il
maestro Patuzzi: ho accettato di buon grado, perché dirigere
un complesso ormai così bene impostato e affiatato è un
motivo di vera soddisfazione; mentre sarebbe stato ingrato
abbandonarlo, forse costringendolo allo scioglimento. Più di
tutto però, mi ha convinto il fatto di vedere come ancora
oggi, nell’epoca delle canzonette da "juke-box", vi siano tuttavia molti che amano accostarsi all’antica, immortale polifonia vocale.
81
A Musicall Banquet
Cercherò quindi di portare il complesso a sempre maggiori
affermazioni, soprattutto nel vivo ricordo dell’instancabile,
competente e appassionata opera di chi lo ha creato.
(“L’Adige” del 30 novembre 1960,
sotto il titolo Uno scritto del prof.
Dardo sulla cerimonia di domenica).
N.B.: Guido Patuzzi era fratello dell’allora Segretario generale del
Comune di Trento. Il coro “Pozzini”, nel 1957, fu nel ristretto numero di
complessi che, a Trento, si associarono per la costituzione di quella che
sarebbe poi divenuta la Federazione cori del Trentino.
82
A Musicall Banquet
RICORDO DI GUGLIELMO BARBLAN
Per la biografia e l’opera, non occorrerebbe scrivere alcunché
su questo personaggio, passato ormai nella storia della musicologia con pieno diritto. Basterebbe, del resto, leggere il
titolo (ma non solo quello!) che Federico Mompellio diede
al suo saggio d’apertura del libro miscellaneo Studi di musicologia in onore di Guglielmo Barblan in occasione del LX
compleanno, volume curato con tenacia e amore dal compianto Mario Fabbri, e passato poi come quarto di
“Collectanea Historiae Musicae” (Firenze, 1966): Guglielmo
Barblan e la musicologia “umana”.
A quest’opera si riferisce la fotografia che qui viene riportata con dedica; così come Giuliano Tonini ha utilmente
fatto – nel decennale della morte del maestro – con il saggio
di Mompellio, anche ridisponendone le parole del titolo:
Musicologia umana di Guglielmo Barblan, nel quotidiano
“l’Adige” del 24 marzo 1988 (al Tonini rinvio, per un preciso quadro del periodo bolzanino di Barblan, dal 1932 al
’49).
Io vorrei dunque rievocare in breve i rapporti personali
che ebbi con l’illustre studioso, soprattutto attraverso citazioni da sue lettere, dalle quali emerge un “avvicinamento”
sempre più cordiale, anche confidenziale, di Barblan nei
miei confronti: dal “Caro Professore” del suo primo scritto,
anzi dattiloscritto (giugno 1964, ma l’avevo già conosciuto
l’anno prima a Napoli, e “sentito” in precedenza in conferenze al conservatorio di Venezia), al “Mio carissimo Dardo”
dell’ultima lettera, datata 30 maggio 1977, a meno di un
anno dalla morte.
Inizio, purtroppo, ricordando il rincrescimento e il disap83
A Musicall Banquet
9. Una dedica di Guglielmo Barblan.
84
A Musicall Banquet
punto che egli mi manifestò, allorché rinunciai per motivi
di salute alla redazione della “Rivista italiana di musicologia”; ma il 1° giugno 1968 si dimostrava affettuosamente
comprensivo, scrivendomi, fra l’altro: “Immagino che nel
frattempo lei avrà lavorato sodo, con meno ansietà di quando si occupò della RIDM”.
E chiaro era il segno di gioiosa partecipazione quando,
“in via riservata”, mi comunicava “arcifelice” (!) che ero
“primo in classifica per la cattedra di "biblioteca" nei conservatori”. A questo “espresso” del 12 maggio ’73, il “vecchio
amico Barblan” faceva seguire, quasi un anno dopo ma non
per colpa sua (W la burocrazia ministeriale!), notizie sempre
riservate sulle due sedi disponibili: Bari e Firenze.
“Scegliere fra queste due sedi – scriveva il 28 maggio ’74
– è cosa facile per troppe ragioni, e Lei, confortato dal saggio consiglio della Signora Miranda [mia moglie], deciderà
per il meglio. Sempre, ammesso che non le dispiaccia lasciare il Nord. Comunque sia, la sede di Firenze resta un traguardo-premio per studiosi del Suo livello. Così almeno mi
sembra. E poi non incontrerà i tirannelli che Le hanno amareggiato la vita di questi anni: Avrebbe autonomia completa
e una grande biblioteca a Sua disposizione, in un ambiente
artistico di primo piano. Ma non voglio influenzarLa in nessun senso, anzi augurarle una decisione ben meditata e ben
maturata!”.
Quando seppe che avevo lasciato Bolzano e mi trovavo a
Brescia in “assegnazione provvisoria”, Barblan si fece subito
vivo, il 29 maggio 1976 (giorno e mese “girano” sempre
intorno a quello del suo compleanno, per la cui ricorrenza
mia moglie ed io avevamo costante, particolare attenzione):
“Mi rallegro anzitutto perché lei è finalmente riuscito a
sganciarsi dalle tribolazioni della sede di Bolzano che certo
85
A Musicall Banquet
lei non rimpiange (saranno quelli di lassù a rimpiangerla!).
Per l’incomprensione del «vertice» bresciano non si meravigli: io stesso, al termine di una lunga e, credo, operosa carriera, mi sono visto ultimamente paralizzato in ogni mossa.
Così, soffocando la cultura, si crede di salvare il Paese! Per
parte mia, nonostante tutto, mi sento la coscienza a
posto.[…]”.
Ecco qui un segno della sofferenza del maestro per aver
dovuto abbandonare il campo, nel pur giusto pensionamento. E questo si manifesta in modo ancor più accentuato un
anno dopo, in occasione del ringraziamento affettuoso per
l’invio degli ormai tradizionali auguri di buon compleanno,
nei quali vede un “segno che l’affetto è più forte degli eventi, e si mantiene vivo anche ora che gli anni mi hanno tagliato fuori dalla vita attiva di sempre”.
Nel 1978, come ogni anno dopo la festa milanese per i
sessant’anni, gli mandai i consueti, ma sempre sentiti, auguri per il genetliaco, senza averne alcuna risposta. Non sapevo cosa pensare. Ma finalmente, in un riscontro a una mia
richiesta del 17 luglio, ebbi da Agostina Zecca Laterza una
raggelante notizia, fra le altre di carattere professionale:
“Barblan è morto a Pasqua” [23 marzo, Giovedì Santo].
Si chiudeva così, bruscamente, un rapporto d’una quindicina d’anni 1, con un maestro che proprio nel Capodanno
1978 contraccambiava con un biglietto il nostro ricordo
natalizio, augurandoci: “Un ’78, felice, radioso, sereno!”.
(16 maggio 2000)
1
– Negli anni successivi alla scomparsa del Maestro, ebbi ancora qualche cordiale scambio epistolare con la vedova, l’eccellente pianista e prof.ssa Marcella
Barblan Chesi, sposatasi con Barblan nel 1941 a Bolzano, dove entrambi da anni
erano docenti nel Liceo “Rossini” (poi nel Conservatorio “Monteverdi”), fino al
’49. Marcella Chesi è sopravvissuta al marito di ben vent’anni, morendo a
Milano, quasi centenaria, il 21 febbraio 1998.
86
A Musicall Banquet
10. Copertina del saggio di M. Fabbri sulla nascita del pianoforte,
dedicato a F. Mompellio per il 60° compleanno.
87
A Musicall Banquet
MARIO FABBRI: UN MUSICOLOGO, UN AMICO
Inesorabilmente colpito dalla morte “nel pieno della
sua maturità di studioso e della sua carica di affetti”.
Ai primi di febbraio del 1963 mi giungeva una lettera su
carta intestata del Bibliotecario del Conservatorio “L.
Cherubini” di Firenze: “che sorpresa eh? Sono proprio io
(che non ho tempo di farti il sunto delle mie novità…).”
Chi scriveva era Mario Fabbri, col quale – dopo che ci
eravamo allontanati, per aver compiuto la frequenza dei
corsi alla Scuola di paleografia musicale di Cremona –
avevo perduto i contatti: qualche notizia e richiesta di materiali e informazioni sugli esami negli anni ’56 e ’57, su carta
intestata del direttore della Scuola alpinistica “Tita Piaz”
della sezione di Firenze del CAI; e poi il silenzio.
Fabbri si era iscritto all’istituto cremonese un anno prima
di me, che invece facevo “coppia” con un altro amico e prezioso collega, Claudio Gallico. A Cremona ero arrivato un
sabato mattina, a fine novembre (o primi dicembre) del
1954, nella sede ricavata per i corsi nel sontuoso palazzo
Affaitati (che io chiamavo “degli affaticati”…). Nel primo
stanzino di un lungo e stretto corridoio c’era la segretaria,
che stava confabulando con una persona.
Avute le informazioni sull’orario delle lezioni, che allora
si tenevano soltanto il sabato pomeriggio e la domenica
mattina, chiesi alla signorina dove si poteva andar a mangiare un boccone, senza… spendere troppo. “All’echaa”, sentii dire dalla persona vicina alla segretaria, che subito si presentò come Mario Fabbri di Firenze, iscritto al 2° anno.
Ringraziai dell’indicazione e, sceso in strada, cominciai a
rimuginare sul nome del locale segnalatomi. Finalmente,
88
A Musicall Banquet
non so come, riuscii a capire che si trattava dell’ E.C.A.
(Ente comunale di assistenza), pronunciato… alla toscana!
***
Tante volte ho cercato di ricordare, o almeno di citare,
Mario Fabbri nelle mie numerose presentazioni di concerti
corali o in articoli per giornali. Ma avevo poca fortuna, perché il passo che mi premeva veniva omesso per esigenze di
spazio o altri motivi. Del resto, i miei tentativi non sempre
erano “calzanti”, ossia proprio pertinenti all’oggetto dei
discorsi che dovevo fare, ma ci provavo…
La prima volta, a un solo anno dalla sua morte, cercai d’infilare l’argomento che mi stava a cuore - il 5 maggio 1984
in S. Maria Maggiore a Trento - fra i commenti per l’esibizione del Coro “Angeli bianchi” di Levico, diretti da una
mia cara allieva, Cecilia Vettorazzi. Con uno “stratagemma”
che non passò inosservato, tanto che il brano che segue fu
tagliato. Scrivevo a un certo punto:
“Ancora di Felice Anerio, verrà ora eseguita una canzonetta
spirituale a tre voci, questa volta su testo italiano […]. La trascrizione di questo brano fu curata esattamente vent’anni fa da
Gian Luigi Dardo, nell’ambito d’uno studio da lui compiuto
per l’Accademia musicale chigiana nel 350° anniversario della
morte di Felice Anerio, ed eseguita nel corso della Settimana
musicale senese, di cui era allora direttore artistico l’illustre
musicologo fiorentino Mario Fabbri, prematuramente scomparso l’anno scorso dopo lunghe sofferenze a causa di un male che
non perdona.
“Questa trascrizione, affidata ora al coro «Angeli bianchi»,
89
A Musicall Banquet
vuol essere non solo un piccolo atto di omaggio alla memoria di
un compianto, stimatissimo collega, ma soprattutto di un amico
della nostra terra, delle Dolomiti, che Egli - provetto scalatore
- ebbe a conoscere ed amare in numerosissime ascensioni”.
Minor “sfortuna” ebbi con una delle note affidate all’impareggiabile lettura di Nora Gianmoena, eccellente “interprete” e “traduttrice” dei miei scritti: mi capitò a
Caldonazzo, il 4 aprile 1987, quando riuscii almeno a far
sapere al pubblico che le quattro laudi dei secoli XVI-XVII,
presentate nel corso di una rassegna di complessi polifonici
dalla corale “Bruckner” di Moena, erano state trascritte da
Mario Fabbri, “l’illustre musicologo prematuramente scomparso alcuni anni fa”, che le aveva estratte dal laudario di S.
Maria del Fiore in Firenze.
Come mai le trascrizioni dell’amico fiorentino erano finite nelle mani del direttore del coro fassano, Gianfranco
Pederiva, organista, che avevo avuto come allievo nel corso
di storia della musica al Liceo musicale di Trento? Il musicologo toscano, per la sua passione di scalatore, frequentava
e soprattutto amava la val di Fassa, e aveva sposato una professoressa di pianoforte, abitante con la famiglia a Bolzano,
ma figlia proprio d’un valligiano1. Ecco dunque come si
erano potuti verificare i contatti fra il compianto maestro e
il coro locale. E ciò favorì anche i miei non frequenti ma
lunghi incontri annuali con Fabbri a Bolzano, quando vi
risiedevo con la famiglia.
Poi, trasferita la residenza a Riva del Garda, mia città
natale, le occasioni di ritrovo si fecero più rare, e per brevi
durate - in particolare al Conservatorio di Firenze - negli
anni 1974 e ’75 2, e la corrispondenza scarsissima: una lettera nel ’75 (20 dicembre) e due nel ’76 (27 febbraio e 23
90
A Musicall Banquet
dicembre, l’ultima che ricevetti). Lettere in risposta a quelle
che gli scrivevo io, che pure stavo attraversando un periodo
poco felice in famiglia.
Ormai si sapeva della sua gravissima malattia; ma di essa
egli doveva essere informato piuttosto genericamente, pur
soffrendo in modo terribile. L’ultima sua lettera inviata a
Leonardo Pinzauti nel gennaio 1983 [sarebbe morto di lì a
pochi mesi, il 12 giugno], è agghiacciante 3:
“[…]. Avrai forse saputo da Gai o qualche altro, che la
mia nevralgia alla testa (trigemino + ipoglosso ecc.), iniziata
alla fine di giugno, ha avuto un crescendo infausto, con
punte di ‘crisi’ che non si possono neppure descrivere. […]
Aggiungo solo che, fra visite specialistiche, accertamenti di
ogni genere, cure (per ora tutte a vuoto), io ho vissuto, e
continuo a vivere, un’esperienza allucinante: certo la più
dolorosa della mia vita. Spero che Qualcuno, ora, voglia
farmi la grazia. La sopportazione ha un limite per tutti.
[…]”.
***
Dopo una lettera del 20 dicembre 1976 - alla quale,
come sempre, rispondeva affettuosamente -, io non ebbi più
il coraggio di scrivergli; nemmeno per un senso di umanità.
L’anno dopo, il 27 settembre, lo cercai al telefono per comunicargli quanto fossi lieto per aver contribuito, in commissione al conservatorio di Bolzano, alla classificazione al 1°
posto, per l’insegnamento di Storia della musica, del suo
eccellente allievo Sergio Sablich. Ma l’interlocutore mi disse
che il maestro non si sentiva di venire all’apparecchio.
Chissà se la notizia gli sarà stata riferita.
91
A Musicall Banquet
Nel corso del ’78 ebbi qualche informazione telefonica
dal comune amico e collega Vinicio Gai, che mi esortava a
mettermi in contatto con Mario, il quale ne avrebbe avuto
piacere. La stessa cosa mi disse nel settembre ’79 a Gardone
Riviera Leonardo Pinzauti, che avevo incontrato in occasione della prima edizione del concorso “R. Romanini”.
Ma io rimasi muto, per parecchi anni. Finché nell’estate
1983 non lessi con grande sorpresa, rabbia, commozione e
rimpianto, lo scritto di Pinzauti nella “Nuova Rivista musicale italiana”. Il dolore fu forte, anche per il rammarico di
non aver potuto (anzi, voluto) in nessuna maniera cercare
un rapporto con i familiari in quel triste momento. E me ne
vergogno ancora…
Come non pensare a ciò che mi scriveva, contraccambiando gli auguri natalizi, nel dicembre ’75?
“Purtroppo il silenzio impera nei rapporti moderni fra gli
amici: la vita è troppo carica d’impegno e di ansietà per riuscire, nei pochi momenti «liberi», a tenersi in contatto, esternando un sincero legame spirituale (che, ringraziando Iddio,
resta).”
E pochi mesi dopo:
“Circa il mio lavoro, puoi immaginare come esso proceda a
rilento! L’unico periodo, abbastanza "mio", è quello del… riposo estivo. Ho però continuato (e persino fissato l’editore), nella
speranza di farcela presto… In casa ho ormai tutto il materiale; che mi è costato tante fatiche, (tanto denaro…), e tante peripezie. Ma ai sacrifici e alle… delusioni sono abbastanza
avvezzo. 4 […] Sento che anche tu non hai finito di penare! Me
ne dispiace! Sai quanto ti stimi e ti voglia bene… Si vede che
la vita tranquilla non è concessa agli onesti e meritevoli!”
E ancora in tema di riferimenti epistolari, mi lascio anda92
A Musicall Banquet
re a una citazione di carattere strettamente personale, intimo; perché è difficile dimenticare il suo affettuoso ammonimento, quando dieci anni prima mi trovavo in vacanza al
mare, con mia moglie in attesa del nostro primo figlio 5:
“Goditi e godetevi questo periodo di riposo. Manda al diavolo tutto: pensa al tuo bambino che sta per nascere (maschio!);
stai accanto alla tua Miranda, che, credimi, vale più d’ogni
altra cosa: ora più che mai!”.
***
Vorrei ora riservare la parte conclusiva a un aspetto della
biografia di Fabbri, al quale ho già fatto cenno in precedenza, ma che è bene illustrare più ampiamente, anche perché
meno noto: “L’arte dell’arrampicamento” (è il titolo d’una
conferenza ch’egli tenne fra l’altro alla SAT di Trento e al
CAI di Bolzano nel gennaio ’57).
Sull’argomento chiesi notizie alla Sezione fiorentina del
CAI, e le ebbi cordialmente da Giancarlo Dolfi, il 2 giugno
1998, quando con una lettera d’accompagnamento m’inviava una pubblicazione 6, “per attingere alcune notizie su
Marino [si noti il diminutivo] Fabbri, che ho conosciuto al
Rifugio Vajolet e frequentato negli anni 53/54”.
“Non era certo un’esibizionista, - continua il Dolfi amava arrampicare in ‘solitaria’
93
A Musicall Banquet
, sempre molto riservato, ma in montagna si trasformava
riuscendo a trasfondere in molti giovani, che poi sono
diventati istruttori della scuola, il fascino dell’alpinismo.
“Ottimo musicista e soprattutto "pianista", stavamo incantati ad ascoltare le sue composizioni ispirate dalla montagan!”.
Giancarlo Dolfi nel 1958 aveva conseguito il titolo
d’Istruttore Nazionale per le Alpi Occidentali e in seguito
avrebbe rivestito altre importanti cariche nel CAI fiorentino, come risulta dalla pubblicazione gentilmente speditami,
dalla quale estraggo alcuni passi che mettono in luce l’importanza di M. Fabbri in questa particolare attività, che affascinò anche Massimo Mila, come è ben noto.
Se l’organizzazione alpinistica ufficiale trascurava di sviluppare concrete iniziative in questo campo […] un gruppo autonomo dava vita, con impegno e serietà di intenti veramente
notevoli, ad una Scuola d’alpinismo. […] La Scuola
Alpinistica "Tita Piaz" nacque a Firenze per iniziativa di
Mario ("Marino") Fabbri che ne avrà poi per lunghi anni la
Direzione, anche dopo l’ingresso della Scuola nella Sezione fiorentina, il 1° novembre 1951 […].
In verità sin dall’inverno 1948 - dopo la morte del grande
arrampicatore fassano Tita Piaz - il desiderio di realizzare ciò
che la celebre Guida aveva detto a Marino Fabbri due giorni
prima di morire era costantemente presente nell’animo del giovane fiorentino: “…creare una Scuola di Alpinismo che sapesse
veramente educare alla Montagna i giovani (formandone la
complessa personalità alpinistica), […]”;
[…] Dal 1952 al 1956 la Scuola Alpinistica "Tita Piaz"
acquisì sempre nuovo sviluppo e, grazie anche ad iniziative collaterali assunte soprattutto in Val di Fassa, conseguì una note94
A Musicall Banquet
vole risonanza. […] Nel 1959, il 7 giugno, la Commissione
Nazionale Scuole di Alpinismo concede al M° Fabbri il titolo
di Istruttore Nazionale "honoris causa", in riconoscimento di
quanto da lui fatto a favore della didattica alpinistica attraverso la "Piaz". Nel successivo 1960 Fabbri rassegna le dimissioni dalla Direzione della Scuola per i sopravvenuti, pressanti
impegni professionali; nell’accogliere le sue dimissioni il direttivo della "Piaz" ritiene doveroso legare indissolubilmente il
nome del fondatore e, per quasi un decennio, Direttore conferendogli la nomina a "Direttore Onorario". […].
Un curriculum ragguardevole, che avrebbe fatto di Mario
Fabbri una figura di primo piano in quel settore, anche indipendentemente – forse - dalla sua professione di musicologo! Ma non avrei avuto e nemmeno conosciuto un grande collega; il quale, tuttavia, già nel 1956 concludeva una
sua lettera con un pauroso, irrealizzabile auspicio per me:
“Spero di avere presto l’occasione di incontrarti (magari in
montagna! Ti vorrei portare un po’… in alto!)”.
Io, che una volta arrivato al Passo delle Cigolade dal
Rifugio Roda di Vael, dovetti tornare indietro quasi a occhi
chiusi per le vertigini, tenuto per mano da mia moglie, non
l’avrei di sicuro seguito. Ma sarei felice, un giorno, - pur
temendo di non esserne degno - se potessi salire accanto a
lui lassù, ancora più in alto…
(28 maggio 2000)
– Nelle nuove notizie biografiche su Marco e Giovanni Battista da
Gagliano, fornite da M. Fabbri e E. Settesoldi in “Chigiana” nel 1964,
alla nota n. 8 di pag.133, riferendosi all’uso - come sicuro identificati-
1
95
A Musicall Banquet
vo di una persona - anche del soprannome di famiglia, come si trova
ancora oggi in tanti paesi, specie in montagna, viene rilevato:
«Caratteristici, a questo proposito, i soprannomi che incontriamo in Val
di Fassa (Trentino), alcuni dei quali sono "vecchi" di oltre un secolo e
servono a… identificare una famiglia con impensata facilità. Es.:
Simonin del "Rùssol", Tone "Piciolón", ecc. (Moena)». Uno di questi era
il nonno della moglie di Fabbri!
– Le mie trasferte autunnali nel capoluogo toscano si conclusero il 18
novembre 1975, giorno in cui, probabilmente, vidi per l’ultima volta
Fabbri.
2
– L. PINZAUTI, Ricordo di Mario Fabbri, in “Nuova Rivista musicale italiana” XVII (1983), pp. 199-202. Inoltre, dello stesso, Mario
Fabbri: la sua vita per la musica, in “La Nazione”, 13 giugno 1983, p. 15
(da questo appassionato “necrologio” ho tratto il sottotitolo del presente scritto).
3
– Lettera del 27 febbraio 1976. Il lavoro di cui parlava doveva essere se ben ricordo - sui Responsori polifonici per la Parasceve: argomento
cui si era appassionato studiando Francesco Corteccia e la sua Passione
secondo Giovanni (1527), “innamorandosene” al punto da dare al proprio primogenito il nome dell’antico compositore fiorentino.
4
– Lettera del 1° luglio 1966, quando era direttore artistico
dell’Accademia musicale chigiana e in attesa di diventarne direttore
generale. Si noti l’indicazione del “maschio” tra parentesi, perché Fabbri
l’aveva “predetto” a mia moglie negli ultimi mesi di gravidanza; invece
nacque una femmina, ma di peso mas... chile!
5
– P. MELUCCI – M. VERIN, La Scuola Nazionale di Alpinismo "Tita
Piaz" forza viva nella Sezione, estratto dall’Annuario-centenario della
sez. fiorentina del CAI – Anno 1968, pp. 249-263.
6
96
A Musicall Banquet
DAL XV SECOLO A F. A. BONPORTI
Due importanti “incontri” con don Lorenzo Feininger
Con don Lorenzo Feininger ebbi alcune fortunate occasioni d’incontro a Trento per le celebrazioni del 3° centenario della nascita di Francesco Antonio Bonporti, nel 1972,
poiché facevo parte con lui del predisposto Comitato tecnico, insieme con Clemente Lunelli ed Enzo Restagno, su
gentile segnalazione di Guglielmo Barblan.
Ho avuto modo di tracciare un breve ricordo di quegli
avvenimenti, nell’intervento d’apertura del convegno organizzato nel dicembre ’99 dal Conservatorio di Trento per il
350° anniversario dalla morte dello stesso musicista trentino.
In particolare, raccontai che «in una riunione in casa
Feininger con i due membri residenti a Trento, oltre a un
assaggio di eccellenti vini (il Sacerdote-musicologo non collezionava soltanto codici gregoriani!), si venne alla progettazione del catalogo tematico delle opere dell’antico compositore: Feininger insisteva sulla necessità che gli incipit fossero
di una lunghezza che andasse anche al di là del semplice,
scheletrico spunto tematico (quasi per dare, forse, un’idea di
ciò che poteva accadere in seguito…). Ma non credo abbia
prestato molta attenzione al mio rilievo, ossia che, “tanto,
valeva attendere, allora, l’edizione moderna delle opere”!».
***
Un importante contatto con Feininger, tuttavia, l’avevo
già avuto circa una quindicina d’anni prima, non tanto per
una interessante e suggestiva audizione del suo grande e
amato “Coro del Concilio” nella parrocchiale di Vezzano,
97
A Musicall Banquet
quanto per un breve ma succoso scambio epistolare, che
voglio qui riportare.
Il 2 ottobre 1957 mi scriveva un cugino da Milano,
Ettore Camesasca, critico d’arte poi molto noto, per avere se possibile - informazioni per la datazione di due dipinti di
proprietà della Fondazione Kress (un istituto americano,
credo con sede in Brasile, a S. Paolo), sulla base di elementi
paleografici e organologici. Il dipinto che qui interessa era
un’Ave Regina coelorum (titolo ricavato dal testo che si trova
nelle mani di due angeli cantanti), attribuito a un pittore
ignoto del secolo XV, convenzionalmente chiamato il
“Maestro della Leggenda di S. Lucia”, per il suo lavoro più
notevole.
Mi misi subito all’opera e, dopo essere riuscito almeno a
individuare - conoscendo la scrittura del periodo - un senso
musicale nel brano ritratto (non “inventato” dal pittore!),
scrissi a… don Feininger, il 17 febbraio 1958:
Sono un giovane studente fresco di studi musicali e mi trovo,
ora, alle prime armi nel campo delle ricerche, se così posso chiamare il modesto lavoro che mi è stato affidato. Ho avuto il Suo
indirizzo dalla Signora del Negozio Gottardi di Trento, e mi
permetto di scriverLe per chiederLe alcuni consigli.
Sono stato incaricato di datare, almeno approssimativamente, alcuni dipinti in cui sono riprodotti strumenti musicali o
frammenti di musica di epoche diverse. Fra gli altri, ce n’è uno
della seconda metà del ’400, che non si riesce a datare con precisione ( e il risultato del mio studio dovrebbe contribuire a far
luce sulla data del dipinto) e che raffigura la Madonna attorniata da Angeli che cantano una “Ave Regina Coelorum”. Ciò
appare dai due fogli di musica che i cantori tengono in mano.
La composizione doveva essere molto nota - a meno che non
98
A Musicall Banquet
si tratti di note messe giù a casaccio dal pittore, senza alcun riferimento a un determinato brano musicale - perché il suo titolo è passato anche al quadro stesso.
L’ autore, del quale si conoscono altre opere datate fra il
1480 e l’89, è ignoto (viene chiamato convenzionalmente il
“Maestro della Leggenda di S. Lucia”), ma dovrebbe essere un
pittore fiammingo vissuto in Spagna, o addirittura uno spagnolo di scuola fiamminga.
Le mie modeste conoscenze paleografiche mi hanno fatto credere che la composizione riprodotta sia vera, a giudicare dalla
precisione con cui le note sono stese sul rigo, e dall’esattezza
nella distribuzione dei valori e delle pause (salvo eccezioni,
naturalmente).
Ora faccio appello alla Sua competenza per vedere se mi può
dire quale è l’autore della musica e quando può essere stata
scritta o, almeno, suggerire dove posso andare a cercare musiche
fiamminghe da confrontare col mio esemplare.
Riporto qui sotto alcune note del “Tenor” e dell’altra “voce”
che appare nel dipinto, così come le ho potute leggere e ricostruire io; perdoni, naturalmente, se ci sarà qualche imperfezione.
La lettera si concludeva, dunque, con la trascrizione delle
note delle due parti vocali dipinte e una particolare “formula” di chiusura per l’attesa di una gentile risposta, la quale
non si fece attendere: se ne osservi la data nella riproduzione qui stampata. In un solo giorno, grazie alla sua magica
abilità (ed estrema cortesia), don Feininger riuscì a formulare delle preziose considerazioni, a stendere in modo chiaro
le note delle due voci sovrapponendole “in partitura” nella
trascrizione “diplomatica” a lui cara e a darmi indicazioni
che mi consentirono di approfondire utilmente la ricerca!
(15 giugno 2000)
99
A Musicall Banquet
11. Lettera di L. Feininger a G. L. Dardo del 19 febbraio 1958.
100
A Musicall Banquet
12. “Ave Regina Coelorum” (sotto: un particolare).
101
A Musicall Banquet
IL VIOLINISTA GIANNINO CARPI
Un artista e maestro che non si può dimenticare
Nella seconda metà d’aprile del 1943, un giovane violinista in servizio militare otteneva dieci giorni di licenza per
poter partecipare come solista, a Bolzano, a un concerto
sinfonico diretto dal maestro Roberto Lupi, la sera del 29.
Era la penultima manifestazione della Società dei concerti di Bolzano, appena al suo secondo anno di attività, che si
sarebbe dovuto concludere con un altro concerto, sotto la
direzione di Antonino Votto.
La serata di fine aprile era destinata all’inaugurazione
della “Sala del Turismo” (poi Cinema “Corso”, poi… scomparso), e il violinista che vi prendeva parte era Giannino
Carpi, docente al conservatorio “Monteverdi” già dall’autunno del ’40, l’anno di apertura dell’Istituto come statale.
A questo illustre musicista, già attivo in duo con la
moglie, la pianista Gabriela Bernasconi, si deve anche la
costituzione, nel 1948, del “Trio di Bolzano”, con Nunzio
Montanari (pianoforte) e Antonio Valisi (violoncello), cui
più tardi subentrò Sante Amadori: un complesso attivo per
circa trent’anni in tutto il mondo, considerato fra i migliori
del genere.
Dal 1960 Giannino Carpi partecipava come “spalla” e
solista alla nascita e ai primi anni di attività dell’orchestra
“Haydn” - nella quale erano presenti molti suoi allievi -, in
modo davvero trascinante. Fuori Bolzano, egli era stato
anche membro di celebri complessi come il “Quartetto
Poltronieri” e il “Collegium musicum italicum” (I Virtuosi di
Roma).
Per la sua importanza, e per i rapporti che dal 1963 ebbi
102
A Musicall Banquet
con lui in conservatorio - professionali ma anche amichevoli -, non volevo che mancasse in questo libro un mio
ricordo, pur limitato.
Rammento l’uscita frequente dal conservatorio, nel tardo
pomeriggio, con lui e Nunzio Montanari (il “mio” Trio di
Bolzano!), specialmente dopo le sedute del Consiglio di
direzione (organismo creato dal direttore, maestro
Cambissa): da via Ospedale attraverso via Rosmini e il ponte
Talvera, raggiungevamo la prima fermata (a piedi), per “scaricare” Giannino in piazza della Vittoria; poi per vicolo
Muri arrivavamo alla mia abitazione, in via Orazio, e
Montanari rimaneva solo, fino a Cristo Re.
Quanto ho imparato in quei quattro passi con “quei due”:
aneddoti, fatti storici e artistici, casi professionali, vita quotidiana, battute (non musicali!) e… barzellette, delle quali
erano, entrambi, insuperabili “narratori”! E ricordo una tremenda avversione di Giannino per la puzza di “nafta”, lo
smog che già a quei tempi infestava le nostre strade: una tale
avversione, di cui io non riuscivo a darmi completa ragione.
Lo avrei capito più tardi, leggendo sul giornale un suo bellissimo scritto, che più avanti citerò.
Una volta, preparando i programmi dei saggi scolastici
del conservatorio, non riuscivamo, con altri colleghi e
impiegati, a trovare il titolo originale d’un pezzo dell’Op. 68
di Schumann: “La befana”, in una vecchia edizione italiana
dell’Album für die Jugend. Ci pensò Carpi - che peraltro
conosceva bene il tedesco - e, arrivato nel bel mezzo delle
“ricerche”, sparò la sua: “Si dice Die Befane !” (finalmente
riuscii a trovare l'edizione originale tedesca della raccolta,
che inizialmente era intitolata Weihnachtsalbum, e scoprii
che il brano ricercato era… Santa Claus ! ).
103
A Musicall Banquet
In una sessione d’esami di Storia della musica, mancando
per indisposizione il terzo membro della commissione,
Carpi accettò la supplenza, seriamente convinto di venire a
imparare qualcosa: aveva diligentemente con sé i quaderni
degli appunti che la figlia Vea aveva preso alle lezioni di
Guido Piamonte, e che gli sarebbero serviti come traccia per
eventuali domande o discussioni.
Non so cosa abbia imparato Giannino. Io, certamente,
molte cose da lui; e ho capito che bisognava insistere, nella
preparazione di ciascun allievo, sulla storia e letteratura del
suo strumento (o disciplina musicale). Infatti, molti allievi
dei corsi di violino, “torchiati” da un esperto come Carpi, si
trovavano in imbarazzo, per la capillarità di certe domande.
Ma anche il maestro capì che in quella sede bisognava
abbassare… il tono.
***
Non conosco il “Metodo per violino”, ancora inedito, di
Giannino Carpi, e nemmeno la sua “prefazione”, che ho cercato più volte di avere in consultazione dalla figlia: ma i deliziosi pezzettini che egli faceva eseguire ai giovani allievi, e
soprattutto la schiera di strumentisti (e artisti) cresciuta nel
suo “allevamento”, sono la più palpabile dimostrazione di
una scuola rigorosa, tecnicamente di alto livello, e altrettanto dal lato musicale. E non è inopportuno rileggere quanto
Andrea Bambace, nell’anniversario della morte, il 6 ottobre
1988 scriveva sull’Alto Adige 1 di questa “metodologia
didattica tuttora rimasta in forma di manoscritto. Quando
finalmente verrà pubblicata, sarà ancora una volta chiaro
quanto Carpi è riuscito a dare sotto il profilo musicale oltre
104
A Musicall Banquet
che tecnico e di quanto sia diventato povero il mondo musicale italiano con la sua scomparsa”.
Se non ho potuto prender visione di questo prezioso
materiale, sono tuttavia venuto a conoscenza, in Giannino
Carpi, d’una abilità e finezza di “scrittore”, per alcune sue
lettere e per una commemorazione di Antonio Pedrotti2,
dalla quale venni finalmente a sapere il motivo della sua
avversione per… la nafta; ma che mi ha colpito particolarmente per taluni risvolti, che quasi ricordano lo stesso autore del testo, con tratti anche autobiografici. Ecco cosa dice
sulla nascita dell’orchestra “Haydn”:
[…] Si fanno le audizioni alle scuole Longon, si recuperano
nell’ambito della regione, giovani che l’assopimento musicale di
quei tempi aveva obbligato a cercare un lavoro diverso e che si
sono poi rivelati esecutori eccellenti, e si iniziano timidamente
le prove nel teatrino della “GIL” quando si può, o in un capannone della fiera, riscaldato alla meglio da una stufetta a nafta
(della quale non posso dimenticare né le esalazioni, né la
pochezza termica) e così, come si può, tra le difficoltà più scoraggianti nasce l’orchestra Haydn.
Sono la genialità organizzativa di Andrea Mascagni, la sua
caparbia tenacia, la sua fiducia nel risultato finale, che ci tengono uniti in quell’inizio di pionieri.
Antonio Pedrotti è con noi con la sua personalità che ad
un’analisi retrospettiva bisogna definire insostituibile. […]
Pungolo noioso e scomodo, stimola tutti a un costante miglioramento e in poco tempo crea quell’organismo musicale che nel
novembre 1960, al teatro Augusteo di Bolzano, affronta con
umiltà ed intimo entusiasmo la prima esperienza di fronte al
pubblico.
Ma accanto a Mascagni, a Pedrotti, ai giovani strumenti105
A Musicall Banquet
sti, chi sta in prima fila (è proprio il caso di dirlo) in questo
elevato ritrovo musicale?
“Aggiungi un posto a tavola”: c’è Giannino Carpi.
(6 luglio 2000)
-“Suona Giannino”, circostanziato ricordo piuttosto esteso, nella
rubrica “Cultura & Arte”. - Di taglio diverso, ma non meno sentito e
importante, risultava il pezzo apparso l’anno prima, sempre sull’Alto
Adige, il 9 ottobre 1987, scritto da Andrea Mascagni per la morte dell’amico e collega: “Addio a Giannino Carpi”. - Anche sull’Adige dell’8
ottobre 1987 apparivano un pezzo in cronaca e uno a firma di Giuliano
Tonini per il triste avvenimento a pag.20: “Tace per sempre il violino di
Giannino Carpi”, pure ricco di particolari biografici e artistici.
1
- “Nel ricordo di un maestro / ANTONIO PEDROTTI / Un artista
severo”, nella Cronaca di Bolzano del quotidiano “L’Adige” del 14 giugno 1975.
2
13. Il violinista Giannino Carpi nel “Trio di Bolzano”.
106
A Musicall Banquet
ANDREA MASCAGNI E L’ARMONIZZAZIONE DEI
CANTI POPOLARI
Due raccolte di notevole rilievo
I. Presentazione
(per un volume di melodie popolari europee armonizzate
da A. Mascagni)*
Una raccolta di canti di vari paesi europei (escluso il nostro),
che spaziano dall’Atlantico agli Urali, dalla Germania ai
Balcani, alla penisola iberica, armonizzati per differenti formazioni corali da un’unica mano. Ma con una ricerca di
avvicinamento – nelle parti che accompagnano i motivi
popolari – ai moduli melodico-accordali propri di ciascuna
zona di provenienza, senza tuttavia la rinuncia a un personale “vocabolario” armonico e a qualche dosato gioco elaborativo delle parti che si muovono sotto la linea melodica
desunta dal repertorio dei vari popoli.
È questa la pregevole opera svolta da Andrea Mascagni, un
grande maestro, Accademico di S. Cecilia, attivo – come è
ben noto – nei vari settori della vita musicale: dall’ ambiente scolastico e accademico (come didatta e direttore di conservatorio) a quello dell’organizzazione (in particolare l’orchestra “Haydn”, da lui fondata con l’ing. Pasquali nel 1960
e affidata alla prestigiosa direzione di Antonio Pedrotti);
dalla critica alla saggistica musicale, all’appassionato impegno come Senatore della Repubblica, per lo sviluppo della
cultura (non solo musicale) nel nostro Paese. Infine la composizione (tanto amata, ma purtroppo, scarsamente pratica107
A Musicall Banquet
ta per i numerosi impegni): musica teatrale, sinfonica e da
camera, e in particolare preziose armonizzazioni per il coro
della SAT e altri complessi.
Ed è appunto per quest’ultima attività creativa che apprezziamo il dono dei brani qui raccolti, offerti da Andrea
Mascagni per un volume, col quale la Federazione Cori del
Trentino ha voluto così festeggiare l’80° del Maestro.
Ho parlato di attività “creativa”, ma non è espressione giusta per il lavoro qui svolto da Mascagni: ligio all’osservanza
della struttura e del carattere della melodia, egli non vi
“crea” attorno impalcature che ne soffochino l’espressività,
né tantomeno ne impediscano la percezione. Egli considera
l’armonizzazione “al servizio” della melodia, e pertanto si
limita a sorreggerla, conferendole maggior rilievo, anche per
il significato testuale (tutti i testi sono tradotti e ritmicamente adattati nella nostra lingua).
Un “commento” armonico, dunque, fatto con discrezione
(ma non ovvio), a quella che Schumann definiva la “regina”
del gioco musicale (pur concedendo al “re”, cioè l’armonia,
la possibilità di dare lo scacco matto…).
Ed è bello il messaggio che ci giunge da questi canti di diversi paesi del nostro Continente, in una sorta di “viaggio corale” anche al di là dei confini dell’Europa comunitaria, precorrendone forse un’unificazione totale.
*A. Mascagni, Piccola antologia di canti popolari di diversi Paesi europei,
per coro di voci bianche, femminili, maschili e miste, a cura di Gian
Luigi Dardo, Trento 1997, Federazione Cori del Trentino.
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A Musicall Banquet
14. Autografo a matita di Andrea Mascagni.
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A Musicall Banquet
II. Andrea Mascagni e i canti della memoria
Tra le pochissime raccolte monografiche trentine di canti
popolari armonizzati da singoli autori, questa di Andrea
Mascagni (“I canti della memoria”) curata dal Coro
“Valsella”, molto pregevole, si viene degnamente e in un
particolare momento ad affiancare a quelle pubblicate dalla
Fondazione Coro della SAT (A. Benedetti Michelangeli, A.
Pedrotti e R. Dionisi, 1997-2003) e della Federazione Cori
del Trentino (C. Moser 1992 e 1996 e N. Montanari,
1998).
Citiamo libri postumi; ma parecchi sono quelli di compositori viventi al momento dell’uscita del loro libro: da un
Mingozzi del ’54 al Giavina del ’94 (Coro “Paganella”), passando per M. Levri, C. Moser (“la Madonina”, 1980), C.
Mosca (Coro “S. Osvaldo”). Unico mi sembra il caso del
volume “Piccola antologia di canti popolari di diversi Paesi
europei” di A. Ma scagni (Federazione Cori del Trentino,
1997).
Si tratta – soprattutto nel caso di lavori postumi – di atti di
omaggio e gratitudine verso maestri illustri che hanno voluto testimoniare, ad alto livello, il loro interesse e attaccamento ai canti della nostra terra, in particolare ai cori che ne
avevano richiesto e stimolato la realizzazione polivoca per
complesso maschile.
Concordo con quanto ampiamente rileva – dopo attenta
analisi della poliedrica figura del personaggio e della sua
opera – Giuseppe Calliari nel breve ma approfondito saggio
introduttivo al volume mascagnano. Specialmente laddove
inquadra l’avvicinamento del compositore al “popolare”
110
A Musicall Banquet
come “momento di un ampio impegno artistico e civile”,
divenendo per i cori una “problematica” guida di “un possibile viaggio nei territori del canto popolare trentino, proprio
in ragione della complessa vicenda culturale che Mascagni
rappresenta”.
Ma non vi è solo Calliari nel nutrito apparato verbale che
prelude alle ventuno canzoni.
[Si omettono brevi ma significative citazioni degli interventi
del Presidente del Senato Marcello Pera, del sindaco di Borgo
Valsugana Laura Froner, del presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai, della scrittrice Isabella Bossi
Fedrigotti, del presidente del Coro “Vallesella” Elio Dandrea,
del presidente delal Federazione Cori del Trentino Sergio
Franceschinelli. Senza dimenticare, subito dopo il saggio di
Calliari, le note biografiche e uno scritto di Piera Gasperi sul
coro che ha promosso e realizzato la pubblicazione del volume.
Quindi si continua con la recensione dell’opera].
E dopo tutte queste “trombe” (mi si passi la storica citazione), io dovrei suonare la mia “campana”? Non mi resterebbe
che ribadire l’importanza di questo genere d’iniziative, e
forse parlare soltanto dell’aspetto tipografico dell’edizione,
elegante e ben curata, tranne alcune imprecisioni grafiche
nella riproduzione, a parte, dei testi delle canzoni e la difficoltà – qui però raramente manifestate – del computer di
adattarsi alla grafia di due note contigue, simultanee, che
talora si sovrappongono, anziché rimanere distinte. Ma sono
piccole cose, che non toccano la sostanza della musica.
Mi piacerebbe anche notare l’affermazione di quella tendenza illustrativa che cerca di evitare quella “iconografia fotografica” magistralmente avviata e condotta dai leggendari
Fratelli Pedrotti e generalmente seguita,con giuste varianti
111
A Musicall Banquet
riferite alla valle o località da cui provengono le melodie.
Qui, invece, l’illustrazione è affidata a pregevoli e appropriati disegni di Nerio Fontana, seppure “arditi” in talune
situazioni.
Entrando nel vivo delle realizzazioni corali di Andrea
Mascagni, potrei qui ripetere con le dovute modifiche relative al contenuto, la mia presentazione del volume con canti
stranieri armonizzati dal maestro per il volume edito nel
1997 dalla nostra Federazione. Ne farò, invece, eventuale
uso saltuario.
Pur non avendo ausilio alcuno di datazioni dei singoli brani
(mancanza assai comune, purtroppo, a molte edizioni anche
antologiche dei nostri canti popolari), potrei distinguerli in
una prima maniera che segue i canoni dei “patriarchi” del
coro della SAT, e in una seconda più affrancata dai moduli
tradizionali ma sempre rispettosa della preminenza della
melodia sulle invenzioni accordali. Per una possibile inquadratura del tessuto armonico nell’ambiente in cui è sorta o
si è diffusa la melodia, abbiamo prevalente assenza d’indicazioni di luoghi, tuttavia facilmente deducibile da qualche
titolo (Canto ucraino, Canto croato, Canto serbo) o citazione nel testo (il Bondone, in Idolo), o, più approssimativamente, dai testi dialettali. Non sono però sicuro che tutte
le melodie rimanenti siano originarie della Valsugana (scontati i trapassi da regione a regione e da valle a valle). Ma
anche qui il discorso esulerebbe dalla sostanza del lavoro di
Mascagni in senso stretto.
Si conferma invece, in questo repertorio, la concezione
mascagnana dell’armonizzazione monostrofica della melodia, cioè con la medesima realizzazione corale per ciascuna
strofa, in segno di rispetto per una “prassi” popolare, che pur
112
A Musicall Banquet
prevedeva – nel canto d’insieme spontaneo – varianti melodiche e fioriture improvvisate con un accompagnamento
“variabile” secondo gli ambienti e i cantori disponibili. Il
“giro” armonico è dunque sempre di estrema semplicità nel
vocabolario di Mascagni. E poche sono le modulazioni a
“lidi lontani”, così come le cadenze ad effetto, che comunque non sono mai da lui cercate, ma “trovate” come risultato del fluire del discorso polivoco. Riscontro, invece, alcuni
passi cromatici e altri ancora piuttosto “insidiosi” e parti di
bassi che “affondano” in una zona poco… praticabile da cori
amatoriali che non siano quelli prediletti dal maestro, fra i
quali il “Valsella”, attrezzato dal valente maestro Ferdy
Lorenzi a inventare giochi esecutivi quanto mai vari e ben
aderenti allo spirito del testo, nonché alle diverse situazioni
in uno stesso canto.
Se il lettore vorrà opportunamente numerare in progressione i singoli canti sul libro, direi che vedo autentici gioielli
nel n.2, giustamente considerato una delle migliori armonizzazioni di Mascagni, e nel n.7, di estrema dolcezza, con
una riarmonizzazione, poco frequente nell’autore, della
melodia delle diverse strofe, ma solo per variarle musicalmente, e non credo per stimoli testuali. Mi riferisco a “Ce
bielis maninis” e a “Idolo” e proseguo citando le altre col
titolo, per prime “La boara” e “Ricordi”, nella cui parte finale un movimentato passaggio melodico viene ripreso dalle
parti d’armonia anche sotto forma di imitazioni. E ancora:
“Sangue trentino”, un Andante pacato, realizzato coralmente con estrema naturalezza, avviato da un pedale (o stessa
nota ribattuta più volte) che fa risaltare magnificamente la
melodia e sembra assumere un significato descrittivo di un
campo di battaglia cosparso di feriti e cadaveri. Non meno
113
A Musicall Banquet
interessante è “Sotto le tue finestre”, titolo che è stato scelto
anche per l’intero primo CD del Coro “Valsella”. Alla
“prima maniera” di armonizzare mi sembra si possano ascrivere “El tamburo”, “Oi cara mama” e “Serenade”; a una fase
di deciso passaggio alla seconda i rimanenti brani, la cui
condotta accordale, con raffinati spunti ed efficaci modulazioni, rivela ormai i tratti predominanti di quello che si può
definire l’inconfondibile stile di Andrea Mascagni.
• “Coralità,” Anno 24° - n.2 Settembre 2004, pp. 30-31.
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A Musicall Banquet
RENATO DIONISI FRA CALLIANO E IL BRENNERO
Appunti per un intervento ad una Tavola rotonda
sul Maestro,
in occasione del suo novantesimo compleanno
(Rovereto, 9 maggio 2000)*
Ecco il discorso che avrei voluto fare in modo organico e
continuativo, esposto qui nei suoi punti principali, come
risulta dalle mie schede.
1) Esordirò ricordando avvenimenti che mi coinvolsero in
passato nella Città della quercia.
A poco più di cinquant’anni di distanza, mi ritrovo oggi a
Rovereto per un grande avvenimento, così come fu per me,
studente liceale, nel febbraio del ’49, il mio primo ascolto –
in questa stessa sala – di un concerto di musica da camera
(sul palco, il giovane ma già famoso, ed entusiasmante,
“Trio di Trieste”).
Già avevo avuto l’onore di partecipare alle manifestazioni
per l’80°, organizzate dalla Filarmonica con la collaborazione del Comune di Rovereto (ricordo il libro curato con
Renato Chiesa) e, un anno prima, a una di quelle per il centenario (non del maestro!) della Civica Scuola Musicale “R.
Zandonai”: un Seminario-convegno sul tema “Civiche
scuole musicali, licei pareggiati, conservatori, esperienze a
confronto”. Renato Dionisi non vi presenziò, ma inviò un’estesa, particolareggiata relazione (letta dalla professoressa
Zanoni), le cui conclusioni proprio qui trovano una delle
più chiare dimostrazioni: la vitalità di una scuola comunale
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A Musicall Banquet
che non doveva cedere a lusinghe (o, meglio, ambizioni) di
statizzazioni, ma rimanere come era, anche non pareggiata
ai conservatori.
2) Il primo festeggiamento per l’età del maestro ebbe luogo
- a mia memoria - con il 65° anno, nel 1975, sempre in questa sala: il 18 settembre si tenne, infatti, un Concerto per
Renato Dionisi presentato da Renato Chiesa nell’ambito di
quel prezioso, fortunato ciclo di concerti magistralmente
organizzati da Silvio De Florian sotto il titolo “Musica viva
nella Rovereto di ieri”.
Ed è curioso il fatto che, meno d’un paio di mesi prima, il
28 luglio, il prossimo festeggiato, rientrato a Rovereto dalle
irrinunciabili vacanze marine, mi scrivesse fra l’altro quasi
scaramanticamente:
Per il momento ho soltanto voglia di “non lavorare”, anche in vista di un
prossimo “anno” (scolastico e no) che penso piuttosto “lavorativo”.
Anno che potrebbe essere (Padreterno permettendo) il “quarantesimo
finale” della mia “carriera” scolastica; la quale però si concluderebbe
burocraticamente al mio 70° di età nel…l’80 (sempreché il sullodato
Padreterno sia d’accordo…).
Arrivarono i settanta e anche gli ottanta! E l’anno scorso
scriveva da Milano in febbraio:
Intanto il mio 89° (per il quale mi dedichi, insieme ai tuoi familiari, gli
auguri di “rito”!) è già superato di quasi mezzo chilometro (e lo spettro
del 90° “contra me est semper”!). Per fortuna, salvo qualche…”virgola”
non posso certo lamentarmi del mio cosiddetto “fisico” e… “pensarmi”
novantenne mi sembra una “storiella”!…
Se siamo qui – mi permetto di commentare – non si tratta116
A Musicall Banquet
va affatto di una “storiella”; e ne siamo anche felici!
3) Nella presente circostanza, sarebbe stato difficile un mio
inserimento come relatore fra colleghi che “frequentano” la
composizione in modo diretto (come autori o esecutori) e
non soltanto “critico” (o “cronistico”), secondo le mie consuetudini.
Del resto, sulla didattica avevo già tracciato alcuni “schizzi”
nel volumetto per l’80°. Per la creatività, non mi sarebbe
rimasto altro da fare se non ascoltare i “compagni di cordata” (come li chiamerebbe il maestro).
Allora, ho trovato modo di avventurarmi in questo secondo
filone della “Tavola”, anche se “rotonda”, allargando dai
pentagrammi alla… tavolozza; ma una tavolozza non già
pittorica (non mi risulta ancora tale attività nel curriculum
del festeggiato), bensì… “scrittoria”: il terreno da me preferito nel 1990 per raccontare i quarant’anni di “relazioni”
con il maestro Dionisi, nel citato volumetto.
Mi riferisco a una “ritrattistica epistolare”, relativa a persone, luoghi, ambienti, istituzioni, etc., in particolare da me
“commissionata” al maestro per occasioni particolari, che
sempre volle gentilmente ed elegantemente soddisfare. Ma
anche a interventi su giornali o in convegni di studio, oppure per manifestazioni o cerimonie commemorative.
4) Per il titolo dato a questo mio intervento, mi potrò spiegare più avanti.
Intanto, cominciamo a salire su un treno che porta da
Verona a Bolzano, verso la fine degli anni Trenta, leggendo
frammenti della descrizione del viaggio fatta da uno studen117
A Musicall Banquet
te, divenuto in seguito ben noto come medico specialista: il
dottor Dario Segatta, per tanti anni presidente della
Filarmonica di Trento, ma anche attivo per un certo periodo come violinista, diplomato al Conservatorio
“Monteverdi” alla riapertura dell’Istituto, nel dopoguerra.
L’allontanamento del nostro insegnante di violino e le molteplici difficoltà che affliggevano in quell’epoca la scuola musicale della gloriosa
Società Filarmonica di Trento spinsero me ed un gruppetto di amici a
trasferirci al Liceo Musicale di Bolzano. Ci trovammo immediatamente
promossi pendolari. Quel treno che a mo’ di fiacca metropolitana ci
scarrozzava su e giù per la val d’Adige assunse per noi grande importanza. Divenne anzitutto una specie di seconda casa dove noi si mangiava,
si studiava, si riposava, ma dove poi prese corpo un punto di incontro,
quasi un atelier musicale o meglio una sorta di appendice del
Conservatorio, con docenti e allievi, i quali oltre all’interesse per la
musica avevano in comune la dura vita dei pendolari. Voglio ricordare
fra i più assidui membri di questo “cenacolo” itinerante: i veronesi Ilmo
Rizzo e Guido Begal, i roveretani Ivan Molo e sign. Cipriani ed i proff.
Dionisi e Rossi, i trentini Guido Crepaz, Bruno Mezzena, Ezio Endrizzi,
Ezio Cestari, il sottoscritto e Mons. Celestino Eccher. Quel treno ebbe
però per me e per Guido il grande merito di evocare in noi l’immagine
fantastica di un’unica “Heimat” culturale, che univa direttamente il
severo imperial-regio palazzo del Liceo Classico di Trento con la dimessa popolare casa sudtirolese di via Vintola in Bolzano, sede del
Conservatorio di Stato.
In quell’epoca difficile regnava, in Conservatorio, pur nel rispetto assoluto dei ruoli, un’atmosfera di amicizia e di collaborazione del tutto straordinaria. La presenza del direttore Mario Mascagni, uomo di grande bontà
e di grandi entusiasmi, fu determinante. Ricordo con affetto Nives
Luzzato Fontana e i miei compagni nella sua scuola Aldo Zaniboni,
Aladar Janes, Lauretta Cagol e Guido Crepaz e poi i proff. Giannino
Carpi, Antonio Valisi, Nunzio Montanari, Renato Dionisi, Carletto
Delecraz, Guglielmo Barblan e ancora Furlani, Brunoni, Sordini… A
tutti loro, che furono gli animatori del giovane Conservatorio di Bolzano,
va grande merito e la mia personale gratitudine.
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A Musicall Banquet
(dallo scritto Ricordi d’infanzia, stampato nel volume celebrativo dei 50
anni del Conservatorio “Monteverdi”, Bolzano 1990, p. 63).
5) Tornando agli inizi di quel felice decennio prebellico della
musica a Bolzano, lasciamo ora la parola a Renato Dionisi,
che nel centenario della morte del suo primo, grande maestro, monsignor (anzi “don”) Celestino Eccher, mi fece un
lungo, ampio quadro di quel periodo per il quotidiano Alto
Adige del 12 giugno 1992. Ne riporto alcuni passi molto
significativi, e a volte anche divertenti, forse non apparsi nel
giornale interamente.
Penso di essere stato, in assoluto, il primo allievo (primo in ordine di
tempo… s’intende bene!) del Maestro, nei dintorni del 1930 quando mi
presentai a lui dopo un infelice esordio, della durata di circa un anno,
colmo di arruffati esperimenti…
Parlatore non particolarmente felice, ma, nonostante ciò, incredibilmente chiaro rivelatore di tecniche musicali ricavate dallo studio storico
– e non dedotte dai soliti manuali – dei “misteri” della musica, riuscì in
breve tempo a rimettermi in carreggiata e a indicarmi, con chiarezza, la
via da percorrere; di modo che non ebbi difficoltà, in seguito, a farmi
ammettere al conservatorio nella classe di composizione.
Come didatta, don Eccher passò, pochi anni dopo, all’insegnamento
“pubblico”, quando - invitato dal M.° Mario Mascagni – fu assunto
come docente di gregoriano e in seguito di polifonia vocale e musica
sacra nel Conservatorio di Bolzano, dove insegnò a una schiera di discepoli che ora sono musicisti e musicologi di chiaro rilievo.
Vediamo ora don Eccher come collega dei professori, in Conservatorio.
I docenti del Conservatorio di Bolzano ebbero un solo collega “non
laico” nel loro collegio! Un collega che ebbe presto l’amicizia, la stima e
la simpatia di tutti. E tutti ebbero subito la sensazione di aver accolto
una persona di notevole rilievo culturale, di forte preparazione nel
campo della docenza, tranquillo e disteso di carattere, forse un po’ timido - in contrasto con la “maestà” della sua struttura fisica - e che in
mezzo ai miei “amici masnadieri” (allora eravamo giovani…) si trovava
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A Musicall Banquet
benissimo e accettava qualche… scherzo (innocente).
Divertente – fra le tante – una “provocazione” del prof. Sordini (celebre
come prima tromba dell’ orchestra toscaniniana della Scala milanese!),
che un giorno disse al Maestro di aver assistito a Milano, in piazza del
Duomo, a un’aggressione al card. Schuster da parte di un gruppo di
comunisti… Il povero Maestro, seppure in forte dubbio sulla veridicità
del racconto, rimase un po’ perplesso e continuava a borbottare a bassa
voce: “Sordini è uno spaventapasseri… spaventapasseri…!”
Probabilmente il “racconto” aveva risvegliato una certa apprensione nell’animo del “Nostro”; ma… passeggera.
Un’altra volta toccò a me!
Premetto che, “in illo tempore” gran parte degli insegnanti (compreso il
sottoscritto) erano di “professione” pendolari che viaggiavano fra la città
di residenza (Bologna,Trento, Milano, Verona ecc. ) e la sede nel conservatorio.
Un giorno, feci vedere a Mons.Eccher il mio abbonamento ferroviario
richiesto per la 2ª classe! Esisteva allora anche la 3ª, sempre stracolma di
gente.
Gli spiegai che al rientro a casa, dopo una giornata di lavoro, non me la
sentivo di dare l’ “assalto alla diligenza” per trovare un mezzo posto a
sedere nella “tradotta”…
Mi guardò come se volessi “darmi delle arie” (?!) e mi disse quasi severamente: ”Sono un prete! Il prete deve stare col popolo, aiutare il popolo
e farsi aiutare!”
Con una notevole “faccia da sberle” lo assicurai subito che mi risultava
che il popolo soffrisse spesso di cambiamenti di umore e che alle volte
fosse anche pronto a prendere i preti per il collo… La settimana seguente mi fece ammirare il suo nuovissimo abbonamento in 2ª classe…
Un momento “nero” - invece – venne per il Maestro (che si turbò anche
esageratamente a confronto della reale portata della vicenda) quando su
un giornaletto locale di Trento apparve un articolo che criticava alcune
musiche eccheriane eseguite in Duomo in non so quale occasione.
Così diceva Renato Dionisi nel discorso ufficiale per il
decennale della morte di monsignor Eccher, tenuto nel
Duomo di Trento il 23 novembre 1980. E continuava.
120
A Musicall Banquet
Si accusava l’autore di quelle composizioni di scrivere partiture piene di
“terribili” dissonanze che avrebbero urtato crudelmente i “casti e ben
costrutti orecchi” di non si sa quali “beghine e affini”.
Il ridicolo “incidente” - un episodio da cinque soldi (in valuta attuale!)
che fece inutilmente inquietare Don Eccher - fu e vale ancora oggi, purtroppo! - come segno di quella caratteristica sottocultura o incultura
artistica e specificamente musicale che nel nostro “Bel Paese” (che non è
più quello dello Stoppani, ma quell’altro dei formaggini…) considera
ancora la musica come “passatempo dei perditempo”, una specie di dato
acustico che non deve turbare né i “sonni del giusto”, né le sue sieste
pomeridiane. E tale (mi raccomando!) da non far mai “pensare”!: visto
che pensare costa assai più fatica che smuovere una tonnellata di ghisa.
Sarebbe interessante - se il tempo lo concedesse – leggere i
due interventi “difensivi” di Dionisi su “Il Brennero” del 29
aprile e 6 maggio1942, con la “morale conclusiva”, che
affermava “una sola grande verità: La musica ai musicisti, le
scarpe ai calzolai!”.
6) Ometto anche, perché rintracciabili in buona parte nel
citato mio contributo che apparve nel volumetto per l’80° di
Renato Dionisi, toccanti ricordi o profili di Mario Mascagni
(il fondatore del conservatorio di Bolzano, padre del maestro senatore, Andrea, e maestro di Dionisi nei corsi superiori), e poi di Antonio e Silvio Pedrotti.
E nei volumi del Coro della SAT si trovano efficaci, colorite pagine sul celebre complesso trentino; mentre nelle due
pubblicazioni per i cinque e i dieci lustri del conservatorio
di Bolzano rileviamo persino un vivace quadro di vita musicale fra i muri del Liceo “Rossini” (il futuro “Monteverdi”)
o di qualche “Stube” in via Portici. Importanti sono anche
le due testimonianze che il maestro mi scrisse pe i “saggi” di
Antonio Carlini su Silvio Deflorian e ancora su Silvio
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A Musicall Banquet
Pedrotti, inseriti nel volume Una vita per la musica (Trento,
Provincia Autonoma di Trento, 1992).
7) Ora vorrei accennare al titolo di questo intervento: sul
punto d’arrivo – il Brennero – devo soltanto dire che il treno
non vi… arrivava, visto che si fermava a Bolzano, città in cui
si trova, appunto, “il primo conservatorio d’Italia, venendo
dal Brennero” (espressione ormai diffusa del maestro
Dionisi).
La citazione di Calliano, dove gli uomini della Serenissima
vennero sconfitti nel 1487 – riuscendo però a rimanere a
Rovereto fino al 1509 – trova invece spiegazione in una lettera del Nostro, datata 22 novembre 1992, dove egli sottolinea con un vigore quasi polemico la propria origine “veneta”, comunque al di fuori di quel
trentinismo che vige “dai Murazzi” in su! Io sono veneto per nascita
(Rovigno!), per famiglia partita quasi di sicuro dalla Sicilia e arrivata in
val di Gresta, i cui membri erano forse segretari, o guerriglieri, o complici, o imparentati coi de Gresta. Di questi - guarda caso! – è stato
recentemente messo in luce un castello proprio in Sicilia. Dalla fine del
’700 in poi la famiglia si è divisa in due rami: uno è scivolato verso
Torbole - poi Riva - e l’ altro a Sacco, libero comune e non sobborgo di
Rovereto!.
Dicevo che io sono veneto per nascita, per origine della mia famiglia e
per la “venetistica” possessione della Repubblica veneta, che ha dominato (che fortuna!) dai “Murazzi” al Garda!. Io sono tutt’ora “veneziano” e
riconosco me stesso nei “trentini” (orrore!) abitanti fra i Murazzi e il
Lago e cioè la valle Lagarina e il suo prolungamento verso Ala e verso
Riva e Torbole!
Spero che il maestro Dionisi, il quale ci onora oggi della sua
presenza, non faccia obiezione se io dico che non mi sembra
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A Musicall Banquet
opportuno e attuale riferire - in un clima che ormai da
parecchio tempo è di ricerca d’una “pacifica convivenza” – la
sua opinione sui residenti nella nostra regione a nord di
Calliano: la espone nella parte finale della lettera, che peraltro si conclude con un eloquente: “Basta! E continuano a
dire che ho una lingua micidiale…! Continuerò!”.
Su questo argomento, in precedenza Renato Dionisi si era
già espresso piuttosto sarcasticamente, ripensando alla soppressione del corso in lingua italiana al conservatorio di
Bolzano, avvenuta un anno dopo il pensionamento di monsignor Eccher. Nella lettera di presentazione del suo scritto
sul grande sacerdote-musicista, mi scriveva il 28 maggio
1992:
Mi piacerebbe che fosse mantenuto il finalino che riguarda la mia amata
Bolzano e la sua classe di musica sacra teutonica! (Lo sai che a BZ c’è
una chiesa dell’ordine teutonico?). Ho sentito una volta una messa con
accompagnamento di corali teutonici!
[Noto che ancora oggi esiste l’Arcicommenda dell’Ordine Teutonico, in via
Weggenstein n.12].
8) Tralasciando le bellissime “epistole” sui maestri “scaligeri”
dell’ultima epoca toscaniniana (la tromba Giuseppe Sordini
e il clarinetto Eugenio Brunoni) vorrei almeno in breve
ricordare quella sul pianista Nunzio Montanari:
dal tempo del “pareggiato” […] è stato il personaggio che ha dominato
la scena del Conservatorio […]. Se pensi bene - tolto Mascagni - che è
un “unicum” come elemento al di sopra del… resto, che cosa è rimasto
di tanti altri che pure non mancavano di meriti? […] Il vitalismo di
Montanari, il suo inserirsi nell’ambiente con vivacità, con voglia di fare,
con modi convincenti ecc. ecc.: tutto ciò ha reso il nostro amico protagonista.
[lettera dell’agosto 1991].
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A Musicall Banquet
9) Non poté, purtroppo, diventare uno dei protagonisti,
invece, il compianto amico Ezio Michelotti, che, come scriveva il maestro il 23 luglio 1993, era “morto a Rovereto e in
malo modo”.
Al povero Ezio è proprio mancata la comprensione della famiglia, la residenza in un paesino [Arco] che non poteva essere una “pista” di lancio
[…].
Quanto è difficile a chi vive in periferia trovare il viottolo che porta al
fiume […]. Quanti ragazzi di Rovereto sono stati (pure se meritevoli e
dotati) “murati” dal fattore residenza! […].
Il lavoretto di cui fai cenno, la “Sonatina folcloristica”, è stato a me dedicato [da Michelotti] e lo tengo come carissimo ricordo di un allievo dotatissimo. […] Se penso alla triste sorte di tanti ragazzi bravi e promettenti… mi vengono i brividi: Due dei miei ventenni sono morti tragicamente…
10) Ma lasciamo le cose tristi, per finire brevemente con due
episodi risalenti agli anni che il maestro ricorda con tanta
nostalgia al di fuori, naturalmente, dei gravi avvenimenti
politici e bellici ai quali tuttavia non è estraneo ciò che leggerò. Dionisi scrive, ad un certo punto, in un “ricordo”
stampato nel citato volume per il 50° del conservatorio di
Bolzano:
Il nuovissimo Conservatorio, una scuola che, al contrario di altre si era
mantenuta lontana dagli entusiasmi per l’allora “duce”, era tenuto d’occhio dalle autorità, e parzialmente dal segretario federale del “partito”. Il
Maestro Mascagni, che pensava alla scuola e non alle manie fasciste, fu
evidentemente invitato ad allinearsi “con entusiasmo” alle trovate
“romane”!
Così, un giorno, fummo tutti chiamati ad una riunione e, sebbene a
malincuore, il direttore dovette invitarci ad obbedire ad una delle tante
“trovate” che erano giunte dall’ “Urbe”…In quell’occasione mi trovai
proprio seduto davanti al direttore che doveva “cantare la romanza”! Una
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A Musicall Banquet
Con Renato Dionisi negli anni 80.
romanza breve: “Il Duce vuole abolire tutti i termini stranieri dalla
nostra bella lingua! Basta con il Lei di spagnolesca derivazione, d’ora in
poi dovremo usare il Voi, termine antico, popolare e ancora usato nel
nostro meraviglioso mondo dei contadini! Quindi v’invito a seguire le
direttive che ci vengono da Roma! Tutti dovrete usare il Voi”. E, guardandomi con intenzione, aggiunse con forza: “Tutti, tutti! Cominciando
da… Lei!”. Risata generale.
Quest’ultima, invece, me l’ ha raccontata Andrea Mascagni
e riguarda il professor Kofler, un musicista altoatesino - anzi
sudtirolese! - pure docente nell’istituto.
Un giorno Dionisi si sentì chiedere dal Kofler: “Maestro,
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A Musicall Banquet
conosce forse un fascista morto?”- Stupore e sguardo interrogativo del Nostro.
“Sa, ho capito che devo indossare la camicia nera, ma vorrei
risparmiare, comperandone una di seconda mano”.
* Pochi mesi prima della sua morte (25 agosto 2000) si era tenuta il 9
maggio nella sala della Filarmonica di Rovereto, una Tavola rotonda per
trattare di ”Creatività e didattica nell’opera di Renato Dionisi”, un
omaggio all’illustre musicista per il novantesimo compleanno.
L’organizzazione era curata dal Comune di Rovereto tramite la Civica
scuola musicale “R. Zandonai”.
Fui invitato a partecipare con Bruno Zanolini, Mauro Zuccante, Fulvio
Zanoni e Renato Chiesa, il quale tuttavia la sera precedente la manifestazione – a Roma indisposto – mi aveva passato telefonicamente il compito di presiedere i lavori.
Così, preso dalla lettura di numerosi fax, telegrammi, testimonianze,
ecc. e dalla conduzione dell’incontro, non potei svolgere il mio intervento integralmente, ma soltanto a frammenti e ritagli, in ogni buco che
riuscivo a trovare nel corso delle relazioni dei colleghi.
Prime note dell’autografo d’un lavoro per Elena Dardo (1992).
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A Musicall Banquet
ALLEGATI
I) Parole pronunciate per l’apertura delle manifestazioni in
occasione dell’ 80° compleanno.
Rovereto - Teatro “Zandonai”.
Approfitto dei due minuti concessimi dai responsabili della Filarmonica
e, per non perdere il filo e lasciarmi tradire dalla commozione, permettetemi questo breve discorso.
Vorrei dire soltanto poche parole per associarmi alle espressioni di omaggio al maestro, ma soprattutto per rilevare come - nel volumetto pubblicato dalla Filarmonica in suo onore - dopo la incisiva e coraggiosa
intervista del caro amico Renato Chiesa, le pagine (troppe!) da me scritte possano rappresentare, in un certo senso, una “violazione” del “segreto d’ufficio”.
Ma se è vero che le lettere personali possono avere toni confidenziali e
contenere affermazioni di carattere privato, io sono sicuro che il maestro
non me ne vorrà se ne ho dato parziale pubblicazione, sia perché egli
non ha mai nascosto nemmeno pubblicamente le sue opinioni (coraggiose, spesso polemiche, ma sempre giuste), sia per il motivo che io
ritengo Dionisi al di sopra dell’umano, un mito, un qualcosa di “divino”, il cui “Vangelo” va dunque divulgato!
Ma è proprio per una “smitizzazione” del personaggio che io ho osato
scrivere quelle pagine, per un tentativo di portarlo vicino a noi, al di là
della sua scienza e da certo “ermetismo” delle sue composizioni.
A proposito di Guglielmo Barblan, vecchio amico di Renato Dionisi,
Federico Mompellio, altro amico e collega del maestro, scriveva:
Guglielmo Barblan e la musicologia “umana”. Ecco: questo mio lavoro
non è certo “musicologia”, ma vorrei che fosse almeno “umano”, e che
la musicologia, se è fondamentalmente una “scienza”, questa sera diventasse “vita”.
Vivo e presente è il maestro festeggiato; viva - eccome! - è l’intervista
concessa a Renato Chiesa (come potrete vedere), così come sono “vive”
le lettere che ho avuto in tanti anni l’onore di ricevere da lui e sempre
viva la sua impareggiabile “scuola”; ma - quel che più conta – è viva e
127
A Musicall Banquet
attuale la sua musica, riservata forse a una “élite”, ma offerta a tutti,
come in questa bella serata.
Serata che non dovrà essere archiviata in poco tempo come uno dei normali concerti della Filarmonica, così come non dovrà essere seppellito
sotto le nostre scartoffie il volumetto che celebra l’avvenimento (miracolosamente stampato con cura, a tempo di record, dalla tipografia
Moschini): esso dovrà servire, almeno, come punto di partenza per
ricerche e studi su un maestro assai rappresentativo di un’epoca e di un
particolare ambiente musicale, fino a sfociare - come ho auspicato nel
mio scritto - in una sorta di prezioso archivio, che raccolga tutto ciò che
riguarda Renato Dionisi, nella città di Rovereto.
Rovereto, 25 gennaio 1990
Gian Luigi Dardo
II) Renato Dionisi ricorda di Giuseppe Sordini
Nel '41 un trio di “Scaligeri”, provenienti dall’orchestra della Scala diretta da Toscanini, venne da Milano a Bolzano a completare il quadro dei
titolari di cattedre previste nell’organico del neonato Conservatorio.
Uno di quel “trio” – il professor Giuseppe Sordini, trombista – era nato,
mezzo secolo prima a Cagli, una cittadina marchigiana confinante con
la Toscana, e fin da ragazzino aveva dimostrato un grande interesse per
la musica, cominciando subito a studiare la tromba (senza dimenticare
di mettere anche le mani sul pianoforte) e facendo subito grandi progressi tanto da riuscire, ancora “pivello”, ad occupare il posto di prima
tromba appunto nella banda di Cagli. Dopo essersi diplomato brillantemente al Conservatorio di Pesaro, cominciò a “lavorare” in vari complessi strumentali di musica leggera e perfino da circo…
E proprio al circo, una “spia” di Toscanini notò quel giovanotto, che
dimostrava doti eccezionali di trombista. Così Sordini fu presentato al
“Mago della bacchetta”, che lo fece entrare subito nell’orchestra scaligera dove raggiunse presto il “seggio” di 1ª tromba!
Quando Sordini arrivò a Bolzano era un “giovane cinquantenne” ancora attivo alla Scala e quindi pendolare fra Milano e Bolzano! Il Nostro,
uomo vivace, cordiale e simpatico, diventò immediatamente amicone di
128
A Musicall Banquet
tutti e si legò in particolare a tre colleghi: l’arpista Aida Orsini, l’ organista Esposito e il sottoscritto, formando il gruppo dei “quattro
moschettieri” del Conservatorio che, per lunghi anni, fu sempre
legato… per mare e per terra.
Sordini cominciò subito a dedicarsi all’insegnamento secondo il migliore dei metodi: insegnare agli allievi suonando con loro (e non leggendo
il giornale mentre l’allievo suona), incoraggiandoli con l’ascolto di
un’esecuzione perfetta dei passi tecnici, dei frammenti di letteratura
sinfonica e operistica, in modo da dare ogni migliore suggerimento su
“come” e “quanto” ci si debba impegnare nell’ apprendimento di parte
o di tutto uno studio o dei singoli passi solistici ricavati dalla grande letteratura. Così facendo, la classe si riempì presto e dai dintorni di
Bolzano alla scuola di Sordini vennero aspiranti allievi fin da tutta la
provincia e poi dalla regione “et ultra”...
Molti di questi ragazzi divennero, in parte, ottimi strumentisti o direttori delle bande locali, mentre gli allievi più dotati poterono, dopo un
brillante compimento degli studi, dedicarsi alla professione nelle varie
orchestre italiane.
Il caso più brillante fu quello di Angelo Riggione, un ragazzo di modestissima famiglia, scoperto dal maestro Deflorian, pure insegnante a
Bolzano. Entrato giovanissimo nella classe Sordini (e di Sordini più
tardi successore in Conservatorio), Riggione riuscì in poco tempo a vincere il concorso per entrare nell’orchestra della Fenice di Venezia con il
ruolo di 1ª tromba, proprio come il suo maestro.
Ancora oggi l’insegnamento di Sordini si perpetua attraverso la voce dei
suoi molti allievi che operano in regione e che trasmettono ai propri
discepoli la lezione imparata dal loro geniale Maestro. Così la “scuola
Sordini” si mantiene viva, trasmettendo un messaggio di grande interesse e il ricordo di un impareggiabile “artista-didatta” che ha onorato
(assieme ai non pochi artisti-didatti che con lui hanno dato un contributo luminoso alla vita dell’ istituto bolzanino) un Conservatorio nei
suoi anni migliori, quelli della sua gioventù. Anche i Conservatori
hanno, fortunatamente, una loro gioventù…
[11 settembre1992].
(Vedi, anche, “Pentagramma”, Anno 4 – N. 5, novembre 1992).
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A Musicall Banquet
III) Renato Dionisi ricorda Eugenio Brunoni
Eugenio Brunoni e il suo collega d’orchestra e di Conservatorio, Sordini,
erano due “toscaniniani” ferventi, in quanto ammiravano senza fine il
celeberrimo direttore d’orchestra del quale erano stati collaboratori per
vari anni. In Conservatorio erano una specie di capofamiglia, visto che
i loro allievi erano come figli o nipoti…
Eugenio era un emiliano e, di tanto in tanto, qualche accento e qualche
modo di dire rivelavano chiaramente la sua provenienza. Aveva il dono
del didattismo ereditato proprio dal grande direttore d’orchestra: il
quale, appunto, insegnava agli “orchestrali” a leggere bene le loro parti
che non erano spesso capite nel loro significato più vero, cioè nei segni
grafici in esse contenuti.
Come didatta, Brunoni era il “buon pastore”: le sue pecorelle erano
soprattutto giovani carabinieri che facevano parte delle bande militari:
ragazzi richiamati alle armi a causa della guerra dell’epoca mussoliniana.
La classe di Brunoni era sempre “foderata” di fucili, di pistole, di baionette…
Per insegnare a quei giovani, Brunoni – estate e inverno - sudava le sue
sette camicie, dato che la preparazione dei ragazzi non era precisamente
perfetta. Si trattava di allievi che, finita la guerra, sarebbero entrati a far
parte delle nostre migliori orchestre!
Brunoni era celebre per la sua pazienza “didattica”: non insegnava come
certi (ce ne sono molti in qualsiasi tipo di scuola) che “dicono” e non
esemplificano in prima persona. I suoi allievi gli erano molto affezionati e grati per l’impegno che il loro maestro si era posto nel guidarli verso
la professione: un esempio di lavoratore instancabile.
Finito il suo compito di insegnante, Brunoni tornò al suo paesello natio
dove chissà quante volte avrà ripensato “le mobili tende e i percossi valli”
della sua carriera di strumentista e di maestro! Ma il suo ricordo è sempre vivo in noi che gli siamo stati vicini come amici e colleghi, e nei suoi
allievi che sono i suoi eredi d’arte e di insegnamento.
[30 settembre 1996].
130
A Musicall Banquet
IV) Marco Uvietta per il novantesimo di Renato Dionisi
Un cordiale saluto a tutti i presenti, in particolare al Maestro Renato
Dionisi, che abbiamo già avuto il piacere di festeggiare in gennaio scorso a Milano. Con rammarico ho dovuto declinare l’invito a questa tavola rotonda, dove hanno occasione di incontrasi le testimonianze di diverse generazioni di allievi del Maestro. La mia non avrebbe probabilmente aggiunto nulla a quanto si dirà oggi. Desidero solo accennare ad un
aspetto che riguarda da vicino il tema di questo incontro: a mio avviso
è premessa fondamentale affermare che nel caso di Dionisi la validità del
maestro consiste prima di tutto nell’esperienza del compositore, circostanza tutt’altro che scontata. Con il passare degli anni - e scoprendo l’estrema coerenza fra insegnamento e prassi compositiva nel percorso artistico di Dionisi - questa realtà mi viene incontro con crescente evidenza. Così nell’attività quotidiana risuonano ancora nei miei pensieri i suoi
consigli, che reinterpretati, convertiti e ripensati continuano, nonostante il mutare dei tempi, a mantenere intatta validità. Ma essa non si fonda
mai sulla conservazione di condizioni contingenti, bensì, al contrario,
deriva dall’individuazione di criteri generali che sovrintendono all’atteggiamento euristico di un’ instancabile ricerca di nuove soluzioni: il compositore le trova, il didatta le comunica, ma senza precludere all’allievo
il piacere (o, qualche volta, il tormento) di trovarle da sé.
Ma questa è storia che noi tutti, allievi di Dionisi, conosciamo; così
come conosciamo l’amaro, ma salutare dubbio insinuato dal giudizio
inflessibilmente giusto ed equilibrato del Maestro: chi non avesse provato almeno una volta questo dissidio interiore dopo una lezione con
Dionisi non potrebbe dire di aver studiato effettivamente con lui. La
crisi è l’humus della crescita e Dionisi sa come indurla: con discrezione
e fermezza, ma giammai dove non vi sia possibilità di reazione.
Mi piace pensare che Dionisi non sia un didatta, o quanto meno non lo
sia in prima istanza e comunque non nei modi che oggi troppo spesso
squalificano questo appellativo: Dionisi è un compositore che ha generosamente dato la possibilità a molte persone di percorrere lo stesso cammino, comunicando senza riserve il distillato della propria esperienza
artistica. Desidero dunque esprimergli tutta la mia gratitudine per avermi fornito i mezzi per capire e pensare la musica, determinando scelte di
vita altrimenti inattuabili. E affermando ciò, sono convinto di interpretare il pensiero di molti suoi allievi.
Ancora tanti auguri, Maestro!
[per il 9 maggio 2000].
131
A Musicall Banquet
INCONTRI IN LAGUNA
1.
Era il settembre 1958, precisamente mercoledì 17; mi
trovavo a Venezia come responsabile dell’Ufficio stampa per
le “Vacanze musicali” organizzate presso il conservatorio “B.
Marcello”. Il direttore, Renato Fasano, mi chiamò nel suo
studio: “Darde [così percepivo il mio cognome, dall’accento
napoletano del maestro], va’ a prendere all’Hotel Danieli il
prof. Mila, che ha una gamba ingessata” 1.
Sotto c’era una gondola che aspettava: era la prima volta
che vi salivo! Ed ebbi una forte emozione quando aiutai
Massimo Mila a imbarcarsi, perché era pure la prima volta
che lo incontravo. Fu molto cordiale; si ricordava bene di
me - come racconterò poco più sotto 2 – per uno scambio
epistolare dell’anno precendente.
Arrivammo al conservatorio e, aiutatolo a salire nella sala
dei concerti, mi sedetti fra il publico ad ascoltare un suo efficace intervento in una lezione-concerto con il Duo GoriniLorenzi, dedicata a musiche di autori italiani, fra le quali
Pagine di guerra (1915) di Alfredo Casella.
Non ricordo se riaccompagnai l’illustre relatore in albergo.
***
La corrispondenza cui accennavo poc’anzi aveva avuto
inizio con una lettera del 12 novembre 1956, in cui Mila
esprimeva il desiderio di acquistare le dispense, da me curate, dei due corsi di Paleografia musicale, tenuti dal prof.
Monterosso nell’Istituto di Cremona, non escludendo di
farne comperare un’altra copia dalla biblioteca del conserva132
A Musicall Banquet
torio di Torino. Assicurava che avrebbe pagato contro assegno, o a mezzo vaglia.
Prontamente, dopo cinque giorni, gli inviavo le dispense
(compresa la copia per la biblioteca), pregandolo “di volerle
accettare come mio modesto omaggio, perdonando le inevitabili inesattezze, che però sono riuscito, almeno in parte, a
rimediare”. Contemporaneamente, facevo sapere al prof.
Mila di avere a disposizione anche un fascicolo dell’anno
precedente (Studio comparato delle famiglie paleografiche gregoriane), con relative fotocopie. E concludevo: “Lieto di
esserLe riuscito utile in qualche modo, e riservandomi di
ricorrere ai Suoi preziosi consigli, quando ne avessi bisogno,
La saluto cordialmente e La ringrazio.”: un modo un po’
sbrigativo - e oggi direi anche poco educato - per fargli capire che, tralasciando i quattrini, mi premeva di averlo potuto
“agganciare” soprattutto in vista di eventuali… necessità!
Comunque, il 21 novembre (come funzionavano bene le
Poste Italiane, una volta!) Massimo Mila tornava a scrivermi, con espressioni di estrema puntualizzazione e di delicatezza nei miei riguardi, che qui ritengo significativo di dover
integralmente trascrivere:
Egregio Signor Dardo,
ho ricevuto le due copie delle dispense di “Teoria e Storia della
Notazione Musicale nel Medio Evo” e di “Storia della Musica medioevale e rinascimentale”, e la ringrazio moltissimo.
Effettivamente ciò che a me soprattutto premeva, e mi sarò espresso
male nella lettera, erano queste dispense di “Teoria e Storia della
Notazione musicale” e quelle riguardanti la Paleografia gregoriana.
Perciò le sarei infinitamente grato se mi volesse mandare anche queste,
e mi scuso per l’inesattezza della mia prima richiesta. D’altra parte vedo
che anche le dispense di “Storia della Musica medioevale e rinascimentale” mi saranno assai utili.
133
A Musicall Banquet
Come le ho detto, la ringrazio molto per l’invio e per l’omaggio che
me ne vuol fare. Ma vorrei pregarla di riconsiderare questo suo proposito. Non è il caso di fare complimenti, e lei non deve rinunciare all’importo di queste pubblicazioni e alle spese di spedizione che avrà sostenuto.
Naturalmente, se lei vuole farne omaggio a me, non glielo posso
impedire, sebbene - come le dico - sia lieto di acquistare io stesso queste pubblicazioni. Ma soprattutto lei capisce che non mi sarei mai permesso di chiedergliene addirittura due copie (oltre a tutto ci sono allegate fotografie di manoscritti, che avranno anche un costo preciso), se
avessi pensato che lei non se le lasciava pagare. Perciò, a meno che lei
abbia dei motivi particolari per favorire il Conservatorio di Torino, la
prego di comunicarmi il prezzo delle dispense che mi ha inviate e di
quella che spero vorrà ancora mandarmi, possibilmente in doppia copia
(“Studio comparato delle famiglie paleografiche gregoriane”). La biblioteca le corrisponderà l’importo: dopo tutto essa ha un piccolo fondo
destinato agli acquisti; e l’importante non è mica di farglielo economizzare; l’importante è di farglielo spendere bene.
Per ora la ringrazio molto della sua cortesia, e mi auguro di fare la sua
conoscenza. Riceva i migliori saluti dal suo
Massimo Mila.
Ancora nello stesso mese (29 novembre), rispondevo alla
cortese lettera, per confermare la spedizione dell’altro fascicolo in doppia copia e precisare:
Mi permetta ancora una volta di offrire le Dispense in omaggio tanto
a Lei che alla Biblioteca: ho già coperto le spese più grosse per la stesura di questi appunti con la vendita di molte copie ai colleghi; quelle che
mi sono rimaste le sto distribuendo un po’ qua e là in tutta Italia, soprattutto alle biblioteche e agli istituti musicali.
Anzi, se Lei conosce qualcuno a cui possano interessare questi appunti, La prego di segnalarmelo, ché sarò lieto di farglieli avere: dopo tutto,
il lavoro non l’ho fatto per interesse “economico”, ma semplicemente
per fare un po’ di pubblicità alla nostra Scuola.
Il costo delle fotografie ammonterebbe a L. 1300 complessive. Le
dico questo, perché ho dovuto acquistarle anch’io alla biblioteca di
Cremona.
134
A Musicall Banquet
La “vicenda” si concludeva qualche giorno dopo, con un
vaglia (senza data) di L. 1300.- e le seguenti “comunicazioni del mittente”:
Caro signor Dardo,
mentre le mando l’importo delle fotografie, la ringrazio
vivamente ancora per l’omaggio che ha voluto farmi. Spero
che anche il Conservatorio le abbia espresso la sua gratitudine, per la copia delle dispense che io ho consegnato in suo
nome alla biblioteca 3.
Lieto se potrò in qualche modo contraccambiare la sua
cortesia, la saluto cordialmente, insieme ai migliori auguri
per le prossime feste.
Suo Massimo Mila
2.
Nelle prime ore di giovedì 5 settembre 1957, mentre al
Conservatorio di Venezia fervevano i preparativi per l’inizio
delle celebrazioni del IV centenario della nascita di
Giovanni Gabrieli (6-10 settembre), moriva per un male
incurabile a Cortina d’Ampezzo Andreina Fasano in De
Carolis, la giovane figlia del direttore dell’Istituto, Renato
Fasano.
La “macchina” delle Vacanze musicali (Corsi internazionali estivi sulla musica italiana), nelle quali erano inquadrate le manifestazioni, non poteva assolutamente fermarsi,
anche per la presenza di numerosi specialisti, invitati a trattare il tema “Giovanni Gabrieli e la Cappella di S. Marco”,
in un convegno che si sarebbe dovuto aprire alle ore 10 del
6 settembre. Nel tardo pomeriggio poi, alle ore 18, S. Em.
135
A Musicall Banquet
il Cardinale Patriarca avrebbe celebrato una messa in S.
Marco, avendo egli aderito all’invito del maestro Fasano,
con la seguente lettera:
Il.mo Signor Maestro,
Nell’assicurarLa della mia partecipazione alle celebrazioni centenarie di
Giovanni Gabrieli, amo innanzitutto ringraziare la S. V. dell’invito fattomene, e compiacermi del magnifico programma, che meritamente richiamerà la attenzione cortese ed ammirata dal mondo musicale e della cultura
sul Conservatorio “Benedetto Marcello”.
Ben volentieri accetto la proposta di celebrare la S. Messa del 6 settembre per
i partecipanti alle “Vacanze Musicali”: ad incoraggiamento per ciascuno di
essi: e a felice ricordo dei 26 anni di nobile servizio prestato da Giovanni
Gabrieli alla Basilica di San Marco: e a tributo di riconoscenza per le melodie di lui, che sono esaltazione del pensiero religioso: e che gli furono ispirate dai cieli d’oro del tempio perinsigne.
ANGELO GIUSEPPE Card.RONCALLI
Patriarca
Venezia, 14 agosto 1957
Tutto fu dunque regolarmente avviato e, durante la
messa, accompagnata da musiche dell’antico maestro della
Cappella nell’esecuzione dell’organista Sandro Dalla Libera
e del Coro del Conservatorio diretto da Sante Zanon, il
Patriarca rievocò “la nobile figura di Giovanni Gabrieli […]
con elevate parole”, scriveva “Il Gazzettino” due giorni
dopo, riportando il discorso integrale con il consenso
dell’Autore. Ne riprodurrò alcuni passi più avanti.
Nel corso del convegno si tennero pure alcuni concerti,
con programmi dedicati a Gabrieli e musicisti dell’epoca, e
nelle sale del Museo del Conservatorio si poteva visitare una
mostra di manoscritti ed edizioni rare, curata da Fabio Fano,
136
A Musicall Banquet
col quale collaborai per la compilazione e la stampa del catalogo. Il 10 settembre, per la cerimonia ufficiale di chiusura
delle celebrazioni, con l’ultimo concerto nella Chiesa di S.
Stefano, il maestro Fasano non poteva ovviamente essere
presente, causa la concomitanza dei funerali della diletta
figlia; e con lui erano quasi tutti i docenti residenti a
Venezia, che lo avevano seguito.
Della serata riferiva l’indomani “Il Gazzettino”, nell’articolo “Le musiche a S. Stefano di Giovanni Gabrieli”:
Giovanni Gabrieli, il grande musicista veneziano vissuto nella seconda metà del secolo XVI, è stato ieri sera degnamente commemorato con
l’esecuzione nella chiesa di San Stefano di un concerto comprendente
sue musiche.
S. Em. il Cardinale Patriarca ha voluto, con la sua presenza, dare un
tono di maggior solennità all’avvenimento che ha voluto onorare anche
chi, come il Gabrieli, fu ai suoi tempi per lungo periodo Maestro della
Cappella marciana.
Non a caso era stata scelta la chiesa di San Stefano. Infatti proprio il
magnifico tempio raccoglie le spoglie mortali dell’illustre maestro veneziano. E ieri sera, prima dell’inizio del concerto, il Cardinale Patriarca ha
benedetto un’epigrafe posta sulla tomba del Gabrieli, epigrafe che è stata
donata dal Comune […].
Ebbene: durante lo scoprimento della nuova lapide, in
rappresentanza del Conservatorio “B. Marcello” alla sinistra
del Card. Roncalli si trovava il compianto, caro maestro e
grande flautista Pasquale Rispoli (l’unico rimasto in città),
mentre alla destra… stavo io! È stato uno dei momenti più
emozionanti della mia vita.
Dopo aver benedetto la lapide con quel suo caratteristico
modo estremamente semplice, mormorò pressappoco queste parole, ma come riflettendo, senza volersi far sentire:
“Riposi in pace! Lui almeno ha fatto qualcosa: ha creato
musica per noi”.
137
A Musicall Banquet
Ma non nascondo che la mia emozione fu ancora più
intensa l’anno seguente, nell’apprendere con grande gioia la
notizia dell’elezione del Card. Roncalli al soglio pontificio.
***
Da S. Pietro torno - come preannunciato - a S. Marco,
per riportare la parte iniziale e altri brani del discorso del 6
settembre 1957 in basilica, in cui il Patriarca di Venezia si
rivelava - anche con dotte citazioni - profondo conoscitore della vita musicale nella Cappella marciana e della rinomanza acquisita dai suoi maestri pure all’estero.
La Basilica di San Marco è sempre cara per ogni cittadino di Venezia.
Figuratevi se non lo sia per chi presiede all’esercizio del suo culto. Motivi
di storia, di arte, di pietà, di poesia qui intrecciano un poema di rispetto, e di amore a questo tempio testimonio venerando della fede religiosa e della gloria anche civile di un popolo nobile e celebrato nel mondo
intero.
La successione degli anni riconduce sotto queste volte echi di vicine
e lontane armonie che già qui riecheggiarono ad edificazione, ed a delizia delle anime sensibili di Dio, della verità e della bellezza.
Lo scorso dicembre in occasione della morte di don Lorenzo Perosi,
uno degli ultimi insigni maestri Direttori di questa Cappella musicale,
fu celebrato un rito e non mancò la mia parola a dirne il significato.
Ora si compie il quarto centenario della nascita di un altro maestro
grande della musica sacra fra i più grandi: Giovanni Gabrieli: ed ecco
compiuto in semplicità un rito dedicato alla memoria e per l’anima di
lui, in supplicazione al Signore perché questa splenda in luce di gloria ed
in corona di paradisiaca esultanza: a godimento universale.
[…] Giovanni Gabrieli, divenuto durante trent’anni e salutato come l’astro più splendente della musica nella Germania, e non meno riverito in
Italia, come lo fu a Venezia, in sommo grado.
Purtroppo dovette portarsi anche lui la sua croce, cioè i dolori del
cosiddetto “male di pietra”, a quel tempo quasi incurabile, che lo trasse
in fin di vita a soli 56 anni. […].
“Sia pure morto al mondo, che fu rapito dalla dolcezza delle sue can138
A Musicall Banquet
zoni, ma queste giammai non saranno mute: abbia pur cessato la sua
mano di notare i suoi pensieri: ma la posterità non cesserà di consacrare alla immortalità quanto da esso fu scritto: ci siano pur tolte le corporee sembianze, ma nella schiera dei nostri maestri di musica la sua
memoria rimarrà sempre presente: e la sua grande arte ed abilità passerà
viva fino a coloro che egli giammai non vide, né conobbe”.
[Così scriveva l’allievo Luigi Grani, nella dedica dell’edizione postuma
del 2° libro di “Symphoniae sacrae” di G. Gabrieli, da lui curata e pubblicata a Venezia nel 1615]
[…] il Gabrieli, oltreché uomo dotto, nella scienza che professava, ed
insegnava, era egualmente ornato di quei nobili sentimenti e di quel
tratto gentile, che rendono l’uomo singolarmente caro, e sempre memorando, anche oltre la tomba, presso quanti gli stettero al fianco.
[…] mi sia concesso, per altro, a coronamento di questo religioso convenire nella Basilica d’oro, di fare una constatazione e di esprimere un
voto.
La constatazione. Le “Vacanze Musicali” del perinsigne
Conservatorio “Benedetto Marcello” sono fra noi una nobile istituzione,
che si è imposta alla attenzione del mondo della cultura: e che apre ai
giovani la conoscenza delle pagine più limpide della musica sacra e profana di tutti i tempi.
L’ho ben rilevato in questi ultimi quattro anni, con intima e silenziosa soddisfazione del mio spirito.
La Chiesa segue con grande e largo interesse tutte le espressioni del
genio: anche ciò che è semplicemente sforzo di ricerca del bello, e di
nuove formule dell’arte moderna.
Il voto. Sorretti dalla schiera di valenti Maestri: e quasi illuminati
dalle meraviglie che sopravvissero alle ingiurie del tempo, possano i giovani studiosi rendere omaggio alla tradizione antica: e gustare la ineffabile gioia di accostarsi con produzioni o interpretazioni personali ai
Grandi del passato: e rendere testimonianza alla fede ed alla liturgia cattolica che ispirarono alcuni fra i più celebrati capolavori musicali.
***
Questa è una delle frequenti occasioni qui a San Marco in cui amo ripetere le parole dell’Ecclesiastico (cap.44).
“Lodiamo gli uomini illustri e padri della nostra stirpe. Molta gloria
procacciò loro il Signore: la sua magnificenza è ab aeterno”.
139
A Musicall Banquet
Fra l’altro, l’Autore sacro tesse il particolare elogio, che risuona
opportuno questa sera:
“Gli uomini illustri governarono il popolo col loro senno e con la
loro prudenza dettarono santissime massime. Con la loro perizia inventarono melodie musicali, e composero carmi in iscritto. Furono uomini
ricchi di virtù e amanti del bello: tranquilli nelle loro case. Tutti costoro
acquistarono gloria e ai loro tempi furono oggetto di lode. E ve ne sono
che lasciarono un nome, sicché si celebrarono le loro lodi”.
Queste sacre parole siano sacro suggello al tributo di rispetto e di
venerazione dovuto ai nostri grandi che nella luce della fede - in lumine Christi - e nella pratica delle virtù cristiane seppero insieme congiungere le cose celesti alle terrene: la ricerca dei beni dello spirito più
alta della faticosa preoccupazione degli interessi materiali e fornire saggi
meravigliosi di verità, di bellezza, di fraterna soavità, che anche fra le tribolazioni e le pene è sicurezza e pregustamento di cielo.
***
Un incontro mancato fu invece quello di domenica 31
agosto 1958: la “Messa del Cinema” celebrata dal Card.
Roncalli in basilica alle ore 18.30 e, subito dopo, il saluto
personale che il Patriarca era lieto di rivolgere ai convenuti
nella Sacrestia di San Marco. Questo risultava dai due
biglietti d’invito che trovai sulla scrivania assegnatami, in
una busta senza alcuna indicazione del destinatario, ma
forse lasciata per me.
Non ricordo perché mi feci sfuggire quella occasione:
forse per troppi impegni di lavoro per le Vacanze, oppure
per una scappata a Riva del Garda, a salutare i miei familiari, come qualche volta facevo nei giorni festivi.
Ho voluto tuttavia segnalare l’avvenimento, per l’aspetto
soprattutto “mondano” che assumeva; specialmente il
secondo invito, dovuto all’esclusiva iniziativa del Cardinale
Patriarca, in occasione della XIX edizione della Mostra
internazionale d’arte cinematografica.
Non erano certo lontani gli anni in cui Giulio Andreotti
140
A Musicall Banquet
ricopriva la carica di sottosegretario alla Presidenza del
Consiglio con delega agli spettacoli e membro della
“Commissione d’appello” (per l’eventuale censura dei film
visionati). L’ultimo dei vari episodi dell’epoca ch’egli ricorda
in un’intervista titolata Anitona e noi “democristi” 4, è molto
indicativo della posizione del pontefice “in carica” rispetto a
quella del cardinale che sarebbe divenuto suo successore.
“[…] Pio XII era molto severo, su certe cose. Non dimenticherò mai quello che fece a padre Morlion, il domenicano belga che creò l’Università Pro
Deo che poi sarebbe diventata Luiss. Era un prete che faceva apostolato nel
campo culturale. Andò al Festival di Venezia e venne fuori non so su quale
giornale una foto di questo frate che la mattina presto, sulla spiaggia del
Lido, mentre gli altri ancora dormivano, leggeva il breviario con questa veste
domenicana che svolazzava un po’. Ebbe una ripassata terribile”.
Si vedevano le caviglie?
“Macché, manco quelle. Tanto che mi sentii in dovere di cercare di spiegare a Sua Santità che quel poveretto aveva solo cercato di fare del bene
senza mai fare a Venezia un minimo di vita mondana. Pio XII mi rispose:
sarà, ma se un sacerdote che vive a Roma va al Festival di Venezia uno che
vive in Sud America si sentirà autorizzato a fare qualsiasi cosa…”.
(14 luglio 2000)
15. Riproduzione parziale dei due inviti del Card. Patriarca di Venezia.
141
A Musicall Banquet
NOTE:
Per 1 (Massimo Mila)
– La passione per la montagna, anche nelle sue più ardite e rischiose
manifestazioni, è un “mal comune” a non pochi musicologi (lo abbiamo
constatato per Mario Fabbri).
Massimo Mila, che aveva saputo con sorpresa di aver vinto il Premio
Viareggio nel 1950 (L’esperienza musicale e l’estetica) da un villeggiante
incontrato scendendo a valle dopo un bivacco ad alta quota, cinque anni
più avanti scriveva: “Ecco dove mi ha trovato il Premio Viareggio del
1950: sui prati di Entrèves, il luogo che ho più caro al mondo. E ha
messo l’una di fronte all’altra, come mai prima di quella scadenza significativa della mia vita, quelle che sono le due facce della mia persona, i
due fili della mia esistenza: la vocazione alla cultura, necessariamente
sedentaria, e l’amore dell’avventura alpina.” (M. MILA, Scritti di montagna, a cura di Anna Mila Giubertoni, Torino 1992, p. 9).
1
– Una breve corrispondenza con Mila l’avrei avuta anche una decina
d’anni dopo, come redattore della “Rivista italiana di musicologia”, su
alcuni suoi contributi.
2
3
– Infatti, il ringraziamento mi fu inviato il 6 dicembre dal
Bibliotecario, Iginio Fuga, anche a nome del Direttore.
Per 2 (Card. Roncalli)
4
– “Sette”, Supplemento del Corriere della Sera, 1° ottobre 1999,
Numero 39, pp. 49-56; il pezzo è però indicato nel Sommario come
“Intervista: Andreotti e la Dolce Vita”, di Gian Antonio Stella.
Ancora del Card. Roncalli, non voglio dimenticare un suo pensiero
sulla biblioteca, dal momento che io ho iniziato la carriera proprio come
“bibliotecario”. A Pittigrilli che gli confidava - in un incontro a Parigi
nell’inverno 1948 - di aver perso tutto in un bombardamento, compresi
i libri, l’allora Nunzio Apostolico disse sconsolato: “Che pena! Una
biblioteca non si rifà. La biblioteca ce la componiamo giorno per giorno, con libri esauriti, libri introvabili, opuscoli di scarsa tiratura. I libri
vivono la nostra vita di tutti i giorni.” (V. PAVANI, Incontri con Papa
Giovanni, 2a ediz., Spoleto 1965, p. 49).
142
A Musicall Banquet
MUSICOLGI DOCENTI
AL CONSERVATORIO DI BOLZANO
Uno sguardo particolare dal 1960 ai primi anni Settanta
Quando si parla del Conservatorio di Bolzano, e in particolare della sua storia, il pensiero corre subito ai grandi docenti che ebbe nei primi decenni della sua vita: ad Arturo
Benedetti Michelangeli, ai due celebri maestri del Trio di
Trieste, Renato Zanettovich e Libero Lana, al primo violino
del famoso Quartetto Italiano Paolo Borciani, a Piero
Farulli, ai due fiati della Scala di Toscanini, Eugenio
Brunoni (clarinetto) e Giuseppe Sordini (tromba). E poi,
più avanti ancora, a Nunzio Montanari e a Giannino Carpi,
che non furono delle meteore più o meno estese temporalmente nel corso della vita del conservatorio, ma due insegnanti che iniziarono la carriera didattica e la terminarono
nella città capoluogo dell’Alto Adige. Altri illustri strumentisti hanno fatto parte della schiera foltissima di docenti nei
sessantacinque anni - quanti saranno nel 2005 - di storia del
conservatorio; anche illustri maestri di canto e compositori,
figure che si potranno ricordare in successive occasioni.
Le persone di cui si parla meno o vengono addirittura ignorate, sono comunque gli insegnanti di Storia della musica e
coloro che hanno costruito e portato avanti la biblioteca del
conservatorio di Bolzano. Al più, gli anziani ricordano
Guglielmo Barblan, a Bolzano agli inizi degli anni Trenta
come professore di violoncello, quindi come insegnante di
Storia della musica e bibliotecario. Barblan era anche attivo
come critico musicale del giornale locale, prima di passare al
143
A Musicall Banquet
conservatorio di Milano nel 1949 e poi anche come docente all’università. Altri ancora ricordano Guido Piamonte,
figura di illustre critico musicale, di docente preparato di
Storia della musica, di Letteratura poetica e drammatica e di
Letteratura italiana, che fu attivo negli anni Cinquanta. Ed
è poco noto che egli, nel 1944, fu condannato a tre anni di
reclusione per l’articolo Ritorno di Toscanini, apparso il 30
luglio del ’43 sulla “Gazzetta di Venezia”. Quando Guido
Piamonte passò al conservatorio di Parma all’inizio degli
anni Sessanta, subentrò un giovane insegnante, Franco
Gallini che, fra l’altro, operò più come direttore d’orchestra;
lo ricordiamo appunto per le sue esibizioni con una
“Haydn” agli esordi. Ma non dobbiamo dimenticare che,
prima di Piamonte, “passò” da Bolzano anche Riccardo
Allorto, storico della musica e molto attivo nel campo della
didattica dell’educazione musicale.
Negli anni Sessanta si presentarono a Bolzano alcuni giovani musicologi che avrebbero fatto carriera chi in un settore
chi nell’altro con notevole successo. E qui viene in mente il
primo che – proprio nel 1960 - arrivò quassù: il bolognese
Oscar Mischiati, al quale fu affidata la cattedra di
Letteratura poetica e drammatica, materia specifica per gli
allievi di composizione del corso medio e per gli allievi di
canto. Mischiati rimase tre anni scolastici, quindi giusto il
tempo perché io potessi conoscerlo direttamente e apprezzarne le grandi qualità di studioso: della bibliografia musicale, dell’arte organaria e della letteratura organistica delle
epoche antiche. Di lui si contano numerosissime opere di
catalogazione dei fondi musicali, di classificazione sistematica di fondi di varie biblioteche, di accurate compilazioni
d’inventari e descrizioni di organi storici, dei quali egli
144
A Musicall Banquet
seguiva anche il restauro affidato ai maggiori organari
moderni. Ma Mischiati fu anche condirettore – dopo la
scomparsa del cofondatore e grande esperto trentino Renato
Lunelli - della famosa rivista L’Organo, a fianco di Luigi
Ferdinando Tagliavini, uno dei più grandi insegnanti d’organo, dopo Alessandro Esposito, del conservatorio di
Bolzano. Esecutore eccellente, amichevolmente (ma con
ammirazione) soprannominato da Mischiati “l’Arciduca”,
Tagliavini era molto stimato all’estero anche come musicologo, tanto da ottenere una cattedra all’università di
Friburgo, in Svizzera.
Fu dunque nella primavera del 1963 che anch’io venni a
Bolzano, in occasione del concorso a termini abbreviati per
il posto di bibliotecario; prima di me, nell’ottobre del ’62,
era arrivato per concorso anche Claudio Gallico (Storia della
musica), che nel ’68 sarebbe passato all’università di Parma,
come direttore dell’Istituto di musicologia (ora lo è
dell’Accademia nazionale virgiliana) e docente di grande
levatura. Nel ’65, poi, tenne per un anno la cattedra prima
occupata da Mischiati Francesco Degrada, che andò in
seguito come insegnante al conservatorio di Milano, e quindi all’università come ordinario. Figure di musicologi, questi tre, che sicuramente ancora oggi godono del favore di
coloro che si interessano di storia della musica. Dopo la partenza di Gallico, dal 1968 al ’73-74 a me, oltre all’incarico
di Bibliotecario, fu affidata anche la cattedra di Storia della
musica, nella quale mi era succeduta nel 1974-75 Fulvia
Conter.
Come bibliotecario titolare, in assegnazione provvisoria da
Firenze (sede vinta per concorso nazionale), continuai fino
al 1975; poi, dopo un passaggio a Brescia e quindi a Riva del
145
A Musicall Banquet
Garda, dal 1988 fino al pensionamento ritornai come
docente di Storia della musica a Bolzano. Fulvia Conter era
figlia della pianista Lydia , da poco scomparsa [2004], che
ha svolto tutta la carriera didattica in questa città e, in duo
pianistico con il marito Mario Conter, raggiunse grande
notorietà anche come interprete.
Per completare il quadro bolzanino dei docenti specifici, e
comunque attivi nel campo musicologico, non posso non
menzionare anche la gentile e preparatissima collega (per la
Storia della musica in lingua tedesca) Johanna Blum, organista, direttrice di coro ed esperta in campo europeo nei
problemi dell’educazione musicale. Così come non posso
dimenticare, per l’aspetto musicologico del suo lavoro
(Canto gregoriano e musica sacra), il maestro monsignor
Celestino Eccher, esimio paleografo del canto gregoriano ed
eccellente contrappuntista, nonché il suo collega di lingua
tedesca Rudolf Oberpertinger, che fu anche critico musicale del Dolomiten.
Oscar Mischiati
Fatte queste premesse, vorrei ora concentrare l‘attenzione su
Oscar Mischiati, scomparso qualche mese fa a Bergamo. Era
bibliotecario a Bologna dal 1964. Lo conobbi appunto nella
primavera del 1963 e in pochi mesi ebbi modo di far ripiegare su di me tutto il suo sapere nel campo delicatissimo
della bibliografia musicale, della catalogazione e della classificazione del materiale bibliografico, a stampa o manoscritto. E dovrei dire, come Giulio Caccini ai tempi della
Camerata Fiorentina: poche le sedute ma tali da imparare,
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A Musicall Banquet
quasi, più lì che in trent’anni di contrappunto. Se non lo
dico, è per rispetto verso i miei illustri docenti da nessuno
dei quali, tuttavia, per quanto era di loro competenza, ho
appreso quello che, in pochi incontri sul lungotalvera dopo
pranzo o la sera dopo cena, ho imparato da Mischiati. E mi
piace anche riportare, a titolo di curiosità (oltre al fatto che
spesso nelle lettere mi chiamava pomposamente “Johannes
Aloysius Sagitta” o “Sagittarius” alludendo perfino a…
Schütz) due episodi biograficamente interessanti. Una volta
portai Mischiati al mio paese natale, a Riva del Garda. Si
fermò a casa mia per due o tre giorni, e mi fece scorrazzare
sul lago di Garda anche alla ricerca di organi antichi.
Un altro episodio curioso accadde appunto nella primavera
del 1963 a Bolzano, presso l’affittacamere che mi ospitava in
via Marconi. Una sera, dopo cena, dissi a Mischiati che era
passato a prendermi: “Se mi aspetti un momento, torno su
in camera a cambiarmi; poi scendo e andiamo sul solito lungotalvera a fare un sacco di chiacchiere.” (A volte si univa
pure Gallico e nascevano discussioni anche molto animate
fra loro due, mentre io facevo da arbitro o testimone oculare e silenzioso, sempre imparando molte cose da entrambi).
Quella sera io feci dunque per salire nella mia stanza, ma
Mischiati mi fa: “Guarda, se mi permetti salgo anch’io e ti
aspetto lì, così fai più con comodo”. Io gli dico: “Ma sì,
senz’altro”. Però quello non era un albergo, quindi non c’era
hall, non c’era niente insomma; c’era solo la cucina dove
stava la proprietaria e io ho fatto entrare Mischiati in camera, che con quel suo vocione si sarebbe sentito anche in strada. E si parlava ovviamente di qualche argomento di musicologia. Poi ce ne andammo a fare la solita passeggiata e
rientrai a casa a tarda ora. La mattina dopo, uscendo per
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A Musicall Banquet
andare al lavoro, la signora mi ferma e mi dice: “Ma lei ieri
sera ha portato un uomo in camera”. “Ma - dico io – scusi…
era un collega, un amico, dove lo dovevo portare?” “Eh,
sa… insomma…” e voleva contestare il fatto. Io accettai, ma
solo perché qualche tempo prima avevo portato in camera
delle profumatissime mele e la mattina dopo lei mi aveva
fatto la stessa osservazione: “Guardi che ieri lei ha portato
delle mele in camera. Insomma!…” Non so che cosa volesse dire; forse ne avrebbe pretesa qualcuna in omaggio oppure avvertirmi che in camera non si potevano portare neanche le mele. (Chissà, al giorno d’oggi, cosa direbbero gli
affittacamere con quel che può succedere nei loro locali).
Comunque si chiuse l’episodio; a fine d’anno scolastico io
mi trasferii nell’appartamento che avevo affittato e con quella signora non ebbi più rapporti.
Ancora su Mischiati, posso ricordare la piena disponibilità a
dare tutte le informazioni bibliografiche che gli fossero
richieste, con esiti sempre preziosi ed esaurienti. Mi lasciò
perfino in uso per anni un suo schedario delle opere per
liuto, con l’invito ad una eventuale integrazione con le notizie che potevo ancora ricavare da repertori in mio possesso.
Non esaudii l’invito, purtroppo, ma sfruttai il materiale per
tanto tempo, finché egli non si decise a richiedermene la
restituzione. Lo feci… a singhiozzo, fino ad un’ultima scheda sull’Anerio speditagli non molti mesi fa! Poi un giorno
fui io a dovergli dare un’informazione riguardante l’ubicazione di un organo del Callido in “San Felice in Gardumo”,
che egli riteneva si trovasse sul lago di Garda, zona di mia
“competenza”. E fui felice di potergli far sapere che
Gardumo è l’italianizzazione di “Gardum” (Valle di Gresta,
in Trentino, laterale fra Loppio e Rovereto), con nessun riferimento al Benaco né, tanto meno, a Gardone Riviera.
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A Musicall Banquet
La biblioteca del conservatorio
Vorrei ora ricordare un fatto che si riferisce a Francesco
Degrada, che nel 1965-66 aveva soltanto un allievo di
Letteratura poetica e drammatica e che, per poter completare l’orario di cattedra, dovette accettare di lavorare in biblioteca sotto le mie direttive. Era l’anno in cui cominciavano
ad arrivare le forniture di libri per la biblioteca della scuola
media annessa, istituita appunto da poco tempo. Io gli misi
subito lì un pacco di libri di lettura per le medie e mi ricordo che inizialmente lui tentava di rifiutare quella mansione:
“Ma come, io che studio Pergolesi e Palestrina e Pescetti,
devo star qui a schedare Il corsaro nero, I ragazzi della via
Pàl, o che so io”. Insomma era veramente indignato, ma a
noi sono comunque rimaste sue annotazioni autografe su
oltre un centinaio di volumi di cui trascrisse i titoli nel registro d’ingresso della biblioteca del conservatorio. Così come
avvenne per gli altri bibliotecari che lo precedettero e lo
seguirono.
Particolare assai interessante nella storia della biblioteca,
impostata negli anni Trenta da Guglielmo Barblan con notevoli acquisti di libri di grande importanza musicologica e
storica soprattutto di produzione tedesca (Wolf, Riemann,
Ambros, Adler, Leichtentritt e tanti altri illustri musicologi),
è che fu smembrata durante l’occupazione nazista e trasferita in parte a Merano da un alto ufficiale delle SS probabilmente appassionato di musica, che forse voleva avere questi
libri in casa sua per imparare qualche cosa e magari portarseli anche in Germania. Ma nel ’45, appena finita la guerra,
il futuro economo Giovanni Bellini, sapendo dove erano
finiti i libri, si mise all’opera. E sapeva anche in quali altri
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A Musicall Banquet
paesi si trovavano i pianoforti, gli strumenti, insomma tutto
quello che era stato razziato. Così andò a Merano con
Nunzio Montanari e riuscì a recuperare una discreta parte
del materiale; purtroppo, però, nel registro d’ingresso degli
anni Trenta, tante opere sono segnate come smarrite. E tali
le ricordiamo, pensando all’impegno profuso da Guglielmo
Barblan per impostare quella biblioteca.
La Società Italiana di Musicologia
I quattro menzionati giovani studiosi, attivi a Bolzano negli
anni Sessanta, furono tra i pochi convenuti a Milano (una
trentina i partecipanti, primi soci fondatori) il 29 febbraio
1964 per la costituzione della Società Italiana di
Musicologia (e in conservatorio faceva gli onori di casa, per
il direttore, il maestro Michelangelo Abbado), guarda caso
l’ente che ebbe come primo presidente Guglielmo Barblan.
La Società italiana di Musicologia intendeva rifarsi a quella
Associazione dei Musicologi Italiani, fondata nel 1908 a
Ferrara dal fiorentino Guido Gasperini (1865-1942) e rimasta poi sotto la sua presidenza fino alla sua morte, che segnò
la fine del sodalizio. L’associazione curò la pubblicazione a
dispense (1909-1941) di un Catalogo delle opere musicali teoriche e pratiche di autori italiani vissuti sino ai primi decenni
del secolo XIX, esistenti nelle biblioteche e negli archivi pubblici e privati d’Italia: diciannove i fondi inventariati ( Parma,
1911-1938). E questo ricordo non è casuale perché c’è proprio un richiamo nello statuto della Società Italiana di
Musicologia che, attraverso questa nuova formazione, intendeva dare continuità alla precedente associazione. Mischiati
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A Musicall Banquet
e io ci ritrovammo in seguito nel primo numero della
Rivista Italiana di Musicologia, io come collaboratore e lui
fra i redattori; per il secondo numero del periodico, ebbi io
l’incarico di redattore. Poi divenni a mia volta condirettore
finché tutto si chiuse agli inizi degli anni Settanta per la fatica di un lavoro che non poteva essere sopportato da me,
troppo impegnato anche a Bolzano in attività collaterali in
conservatorio.
Sulla scomparsa di Oscar Mischiati (1936-2004) hanno scritto necrologi Romano Verti sul “Giornale della musica” e, in modo più esteso e partecipato, un altro illustre collega ferrarese docente nel capoluogo emiliano, Adriano Cavicchi sul “Resto del Carlino”. Ma è su internet
(www.organisti.it/mischiati.htm) che troviamo numerose testimonianze, prima fra tutte quella di Luigi Ferdinando Tagliavini, del quale
Mischiati fu “non solo un prezioso collaboratore ma un amico fraterno”.
L’illustre organista coglie soprattutto l’occasione - in seguito a una “campagna denigratoria inscenata contro di lui” nell’ambito della diocesi di
Bologna – per prendere una decisa posizione: “Sento quindi imperioso
il dovere – scrive Tagliavini – d’assumermi il compito della sua difesa,
non tanto sul piano dei suoi meriti di studioso (che la mole imponente
e l’alta qualità dei suoi lavori illustrano eloquentemente), ma soprattutto su quella della rettitudine che io ben conoscevo; e sento il dovere di
denunciare ad alta voce la vergogna dell’atto compiuto. Spero di avere in
ciò la solidarietà di tutti coloro che stimavano l’Amico scomparso”.
Caldaro, agosto 2004
(per il mensile “L’Incontro” di Bolzano,
settembre-novembre 2004)
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A Musicall Banquet
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A Musicall Banquet
Parte seconda
Celebrazioni e avvenimenti
A Musicall Banquet
16. G. Doré: “Un concerto della Società Filarmonica”.
A Musicall Banquet
L’IMPORTANZA DELLA FILARMONICA DI
ROVERETO PER I MUSICOFILI RIVANI
NEI PRIMI ANNI DEL DOPOGUERRA
“C’è un nutrito gruppo di rivani che periodicamente e
con un’assiduità che fa strabiliare, si recano nella vicina
Rovereto per assistere ai concerti indetti da quella organizzatissima Filarmonica. Questi rivani, amanti dei begli spettacoli e degli svaghi artistici, oltre che essere soci della
sopraddetta Filarmonica si sobbarcano tutte le volte anche la
spesa del viaggio che, malgrado la notevole riduzione praticata, è pur sempre abbastanza alta. Ora, non potrebbero,
queste brave persone, cercare di organizzarsi per dar vita
anche nella nostra città ad una consimile Filarmonica, o,
almeno, ad una Scuola di musica che possa, oltre l’insegnamento ai giovani della zona, assumere anche le prerogative
della esistente istituzione roveretana?”.
Queste parole si leggevano in un articolo del “Corriere
Tridentino” (Notiziario rivano) in data 17 maggio 1950:
Questa sera debutta il “trio Riva”. Si voleva, evidentemente,
cogliere l’occasione per stimolare la cittadinanza rivana non
solo ad appoggiare i musicisti locali, ma a frequentare i loro
concerti, in segno di stima e di incoraggiamento, anche nell’attività didattica che essi andavano svolgendo.
Fra quelle “brave persone” c’ero anch’io, “maturando” al
classico, ancora entusiasta d’una prima, non lontana esperienza, fatta proprio a Rovereto: l’audizione di un magnifico concerto del “Trio di Trieste” nella Sala di Corso
Rosmini, la sera del 3 febbraio 1949, di cui ho parlato con
vera soddisfazione in un recente lavoretto apparso in appendice al “Numero Unico” per l’edizione 1991 di “Musica
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A Musicall Banquet
Riva” (Un “Salotto” musicale a Riva del Garda intorno agli
Anni Cinquanta).
Il citato concerto, che apriva la stagione della Filarmonica
di Rovereto (la prima realizzata nel dopoguerra con un programma organico, se non sbaglio), colpì talmente gli ascoltatori, che un quotidiano locale ne parlò due vote a distanza di pochi giorni: la prima con notizie che potremmo dire
ufficiali; la seconda con apprezzamenti tecnici più pertinenti, approfonditi e siglata “R.D.”.
Quando lessi quest’ultima, consultando recentemente
l’annata di quel giornale, rimasi dapprima stupito per una
seconda recensione dell’avvenimento, ma capii che ero di
fronte a uno scritto breve, e pur denso di annotazioni interessanti; poi mi compiacqui di aver riconosciuto – anche se
non immediatamente – nella sigla, le iniziali di un illustre
musicista roveretano: Renato Dionisi. Ho saputo poco
tempo fa dallo stesso maestro il motivo di questo suo intervento “supplementare”: l’invito del conte Marzani – presidente, ma in questo caso anche “regista” – a scrivere, con
maggior calore e convinzione, di un concerto veramente
eccezionale e accolto con tanto favore dal pubblico. Fra l’altro, nella circostanza, era stato eseguito per la prima volta in
Italia il Duo per violino e violoncello di Ravel, almeno a
cura del giovane complesso triestino.
L’appello ai musicofili rivani, perché pensassero anche alla
propria città, era peraltro spiegabile, se si considera che –
dopo quella storica “performance” – in breve tempo il
numero degli iscritti alla Filarmonica di Rovereto provenienti da Riva e Arco toccava l’ottantina (tanto che il conte
Marzani ne volle un rappresentante nella direzione del sodalizio).
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A Musicall Banquet
Nell’opuscolo La Filarmonica di Rovereto dal 1921 al
1961, pubblicato nel 40° anno dalla fondazione, si parla dei
rapporti “particolarmente cordiali” mantenuti “con le
società vicine di eguali intenti”; e, per quel che riguarda queste note, leggiamo a p. 13:
“La Filarmonica presentò anche qualche premiato alla
Rassegna Giovani Concertisti, promossa dalla Società Amici
della Musica di Riva. Da Arco e Riva un buon numero di
soci suole intervenire alle audizioni [...]”.
Per le selezioni della suddetta rassegna, veniva gentilmente
inviato a Riva del Garda il prof. Renato Chiesa; mentre era
toccato a me di rappresentare il cosiddetto “gruppo di Riva”
(e Arco, aggiungo) nel direttivo dell’associazione roveretana,
fin dall’autunno del ’51: quando le sedute non si tenevano
nello studio in città, i consiglieri si riunivano in casa
Marzani a Villa Lagarina, sempre squisitamente ospitati dal
Conte.
Più frequentemente, anziché per iscritto, le convocazioni
mi venivano fatte al telefono, dal presidente in persona; ed
è rimasto ancora vivo in me quell’attacco forte e deciso:
“Ppppronto! Parla Marzani!” (proprio con una prolungata
esplosione della “p” iniziale), col quale il conte avviava il
discorso, proseguendo con l’invito, per poi passare a brevi,
ma incisive osservazioni sugli argomenti da trattare, oppure
su programmi ed esecutori, quando mi chiamava perché
non ci... dimenticassimo di andare a un concerto).
Qualche volta, scrivendomi l’invito di proprio pugno,
l’architetto Marzani aggiungeva garbate, gentili espressioni,
di cui voglio dare un esempio: “Conto senz’altro di rivederla giovedì sera per il Concerto del Quartetto Parrenin e d’udire assieme il Quartetto di Schönberg, nonché di sentire
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A Musicall Banquet
notizie della vita musicale rivana.” (12 gennaio 1958).
In poche parole, oltre all’interesse per le sorti della musica in riva al Benaco, il conte Marzani riusciva a manifestare
il piacere di ascoltare musica insieme, ma soprattutto a sottolineare (senza vanto apparente) la proposta di uno dei
lavori allora ancora poco conosciuti dal grande pubblico, nel
quadro – sono lieto di precisare – d’una programmazione
che la Filarmonica di Rovereto sapeva e sa fare con ampiezza di vedute, nonché con fine e variata scelta di musiche e
interpreti.
I miei contatti costanti con la Filarmonica di Rovereto (e
la carica ricoperta) cessarono nell’aprile del ’63, quando passai al conservatorio di Bolzano. Ma il conte mi cercava ancora al telefono, almeno per un certo periodo, segnalandomi i
concerti: poche volte ci potei andare; tuttavia non dimentico le decine di serate trascorse in tanti anni nella sala di
corso Rosmini o allo “Zandonai”, per l’immenso contributo che ne ebbi nella mia formazione specifica di musicista, e
anche spirituale.
● Dal volume: “La Filarmonica di Rovereto / 1921-1991”, a cura di D.
Cescotti e R. Chiesa, Rovereto 1992, pp. 457-458 (fra le Testimonianze).
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A Musicall Banquet
"CAPRICCI ARMONICI" PER IL CORO "ROEN"
Conosco il Roen dal 1949: la montagna, naturalmente; da
quando vi salii con il mio più caro amico, prematuramente
scomparso, da Vervò attraverso la Predaia e lo stupendo crinale sulla valle dell’Adige, il 6 agosto. E dalla cima vidi il
lago di Caldaro.
Ora, già da alcuni anni, vedo il Roen tutti i giorni, pur
dal versante opposto (quando non sono a Salter in vacanza).
Ma temo che non ci salirò più.
Ecco la ragione del mio attaccamento a quella montagna e
ai cori che hanno sede nei paesi più vicini che vi stanno
sotto, fra i quali, in particolare, il complesso di Don che ne
porta addirittura il nome.
Nel ’49, è ovvio, il coro non esisteva ancora; ma già nella
parrocchiale del paesino dell’Alta Anaunia il bravissimo
Aldo Lorenzi cantava e poi coordinava l’attività canora per
la liturgia, affinava i propri mezzi e creava il “vivaio” per la
nascita dell’attuale gruppo popolare. Ebbe fra i suoi maestri
il compianto, caro collega Camillo Moser e, soprattutto,
Mons. Celestino Eccher, pure noneso, che fu anche mio preziosissimo, indimenticabile docente di Canto gregoriano e
di vita... da musicista (mi convinse perfino a seguire in TV
il Festival di Sanremo, per il quale io non avevo molta simpatia!).
Nell’universo dei suoni l’orbita del coro Roen e la mia si
sfiorarono nel 1969 (esattamente vent’anni dopo la mia
“ascensione” del monte), quando al Concorso regionale
indetto dall’ENAL di Bolzano ascoltai il complesso al Teatro
“Cristallo” in giuria con Nunzio Montanari, Elio Liccardi,
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A Musicall Banquet
Iris Niccolini e Armando Faes. L’occasione fu felice, perché
il Coro Roen conseguì addirittura il primo premio nella
sezione A (complessi di voci maschili con oltre 18 elementi:
pezzo d’obbligo “Motorizzati a piè”, canto di soldati nella
ricostruzione di Nunzio Montanari, il maestro che in seguito avrebbe fornito altre deliziose armonizzazioni al nostro
coro). Nelle mie note rilevavo buona intonazione, fusione,
cura di certi particolari e un notevole livello espressivo.
Il primo “vero” incontro con il gruppo di Don ebbe invece luogo parecchi anni dopo, il 22 maggio 1983 a Cles, in
occasione del primo esperimento di audizioni di cori popolari e di montagna organizzate dalla Federazione cori del
Trentino per i propri iscritti. Ero con Moser e Franceschini:
le esecuzioni del “Roen” lasciarono “impressione buona”
(segnai sulla scheda ufficiale), soprattutto in due brani dello
stesso maestro lavisano, in particolare “La Pinota e ’l mulinaro”, armonizzata su melodia raccolta in alta valle da Aldo
Lorenzi, che si veniva rivelando come tenace e abile ricercatore di canti ormai in via di estinzione.
In seguito, Lorenzi frequentò le lezioni che tenni con altri
nei corsi indetti a Trento dalla suddetta federazione
(1987/89). Poi vi furono altri incontri col coro; ma saltuari,
e senza aperture di “conti”, più o meno... correnti.
Fu nell’estate ’89 (a quarant’anni precisi dalla mia ormai
“celebre” ascensione...) che avvenne il definitivo “impatto”,
preparato con lunghe chiacchierate al “Ciclamino” di Salter,
poi anche a casa del “capocoro” (come preferisce definirsi
Aldo Lorenzi), o da me.
Il coro – mi confidava il maestro – era allora in una situazione piuttosto critica, mancando di tenori; ma egli era fidu160
A Musicall Banquet
cioso, sicuro che alla fine avrebbe ricostituito i ranghi del
complesso con nuovi, giovani elementi e raggiunto ancora il
livello dei momenti migliori. E così sta ormai da tempo
avvenendo, tanto che Aldo Lorenzi col suo coro ha riottenuto, pure in misura più ampia, la fiducia di diversi compositori, anche di fama, con la realizzazione di importanti
armonizzazioni o elaborazioni di melodie pazientemente da
lui pescate fra i vecchi della zona.
Lorenzi mi propose per l’armonizzazione due fra parecchie canzoni raccolte nei dintorni dell’Alta Val di Non, e
precisamente: “Addio, cara mamma” e “Ohi giardiniera”. Io
per cominciare scelsi la seconda e, dopo lungo tempo, ne
realizzai l’elaborazione, in quanto prima impedito da altri
motivi di lavoro e perché da troppo tempo non avevo occasione di cimentarmi in tale campo. Erano addirittura
vent’anni, o quasi, che non armonizzavo una canzone popolare per coro maschile, che poi era l’unica da me scritta fino
a quel momento1.
Vent’anni dopo, peraltro, non mi era agevole riprendere
questo tipo di attività, se si consideravano le varie esigenze e
le possibilità dei singoli cori e dei loro maestri, che nel frattempo erano maturate.
Nella canzone “Ohi giardiniera” vennero dunque fuori
delle successioni accordali che vorrei chiamare – come facevano nelle loro raccolte i chitarristi italiani del Seicento –
Capricci armonici (anche se l’aggettivo è da me usato nella
più specifica accezione moderna): una selva di difficoltà,
dovute probabilmente al fatto che io mi ero gettato sugli
accordi forse con l’animo di chi vuole dare sfogo ai suoi
“bollenti spiriti”, col “giovanile ardore” dei sessant’anni!
“Ambizioni armoniche” quindi, mi verrebbe voglia di dire...
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A Musicall Banquet
Spedii la partitura al maestro del coro il 24 settembre
1990, con tanti auguri di buona fortuna.
Ma passavano i mesi, si può dire quasi gli anni, senza che
Aldo Lorenzi mi desse notizie, se non generiche, dello stato
di preparazione del brano elaborato per loro; e anzi, mi
aveva fatto presenti alcune “situazioni” complicate, sulle
quali io però non intervenni, perché gli esecutori dovevano
riuscire a superarle: la pagina era tutta congegnata in quella
maniera, con tante difficoltà; per cui, abolendone qualcuna,
rimanevano pur le altre. Invertii comunque un passo fra
baritoni e bassi, che rese meno problematica l’esecuzione.
A un certo punto, Lorenzi mi disse che il pezzo era ormai
in fase di avanzato approntamento; tanto che esso venne
inciso nell’autunno ’93 in un CD curato dalla Federazione
cori del Trentino per la Federazione Autonoma Bancari
Italiani e presentato in dicembre.
Questo fu per me motivo di grande soddisfazione, pur
non essendomene mancata nel campo della musica... “parlata” (o descritta), ossia nel ramo scientifico di cui io mi occupavo come attività preminente. Infatti era la prima canzone
da me armonizzata, che veniva eseguita – per quanto ne
potessi sapere – da un coro maschile che me ne aveva affidato l’elaborazione.
Fu poi la volta di “Addio, cara mamma”, la cui nobiltà
melodica, unita a una particolare espressività del testo (fino
alla possibilità di onomatopee musicali), mi imposero riflessioni lunghe sugli effetti dell’armonizzazione, in modo che
eventuali difficoltà fossero “giustificate” appunto dall’espressione. A detta del coro, il risultato fu raggiunto; ed è proprio
di questo mese di luglio la prima presentazione al pubblico
del canto, a Romeno.
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A Musicall Banquet
Pagina iniziale d’una coanzone scritta nel 1952 per il Coro “Roen”,
dal volume celbrativo del suo trentennio: 1964-1994 (Ediz. Nord
Sound, Trento 1965).
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A Musicall Banquet
Degli altri lavori non è il caso di parlare, perché, rotto il
ghiaccio, la collaborazione con il coro “Roen” continua,
spero proficuamente e il più a lungo possibile.
Se motivi sentimentali, quali l’amore per i luoghi, il ricordo delle vacanze passate in gioventù, la simpatia per le genti,
le montagne, la natura possono già da sé far comprendere il
mio attaccamento al Coro che qui festeggiamo, mi sembra
– con quanto ho detto sopra – di aver ancor più solidamente testimoniato quanto il collaboratore d’un coro per le
armonizzazioni possa essere ad esso legato, per amicizia,
considerazione artistica e soprattutto riconoscenza, che
ritengo, peraltro, saranno reciproche.
Caldaro–Salter, luglio 1994.
- Una canzone del 1971 che, assieme a un riadattamento, fatto una
quindicina d’anni più tardi, d’un brano natalizio per coro misto risalente al 1961, non so che fine fece con i due cori virili destinatari, che pur
mi avevano richiesto il lavoro.
(Mi si consenta qui una parentesi, per precisare che dei due precedenti
lavori, nel frattempo – grazie a un altro coro “cugino” di quello di Don,
il “San Romedio Anaunia” di Romeno – ebbi la fortuna di sentire l’esecuzione a tanti anni dalla loro nascita).
1
● Inedito. Pezzo commissionato, accettato e poi respinto, con invito a
redigere, come “musicologo”, una pagina più “tecnica” per il volume
celebrativo dei trent’anni del Coro “Roen”. Scrissi allora una semplice
“Nota critica”.
164
A Musicall Banquet
PER IL TRENTENNALE
DELLA FEDERAZIONE CORI DEL TRENTINO
Gent.mo Signore
p.i. Giuseppe STEFENELLI
Presidente Federazione cori del Trentino
c/o Albergo Vittoria
LEVICO TERME (TN)
Egregio e caro Presidente,
non poter essere presente alla grande festa per il trentennale è per me un vero dispiacere: appunto nel ’63 io lasciavo definitivamente la direzione di coro (alla “Pozzini” di
Riva del Garda), ma è proprio per merito della Federazione
cori del Trentino - grazie all’intervento dell’indimenticabile
Camillo Moser - se io, pur sotto altre vesti, sono rientrato
nel “giro” della coralità trentina, nel 1982.
Qui ho trovato un’altra famiglia, un calore che è difficile
sentire su così vasta “scala” in altri ambienti musicali, pur se
altamente e professionalmente qualificati, con maestri e
coristi sempre più bravi, agguerriti. Una famiglia con
migliaia di membri strettamente uniti non da legami di sangue, ma da vincoli spiritualmente forse più elevati, cioè dall’amore per il canto, per la musica.
Io sono orgoglioso di esservi stato “richiamato” a far parte
(pur “in panchina”) e di trovarmici ancora, grazie alla comprensione e alla tolleranza dei dirigenti, dei colleghi del
Comitato tecnico-artistico e di tanti altri, tantissimi.
Questo è per me motivo di grande soddisfazione, di gioia;
e Vi prego di accettare il mio più sincero ringraziamento, i
più vivi complimenti per i traguardi raggiunti e moltissimi
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A Musicall Banquet
auguri per il futuro di tutti.
Mi creda
Vostro Gian Luigi Dardo.
Questa lettera fu inviata in fax da Caldaro il 2 ottobre 1993. Della
Federazione trentina ho già detto qualcosa nelle pagine su C. Moser e
G. Patuzzi.
Con il Coro polifonico “Silvio Pozzini” di Riva del Garda (che nel
1954 fu tra i fondatori della Federazione delle Bande musicali e Cori del
Trentino), ebbi occasione di partecipare, come direttore, a tre delle
prime rassegne indette dal giovane sodalizio provinciale, nella primavera degli anni 1961-63, presso la Sala della Filarmonica di Trento.
Ricordo, fra i cori partecipanti, quei complessi che poi, come il mio,
cessarono purtroppo l’attività: “S. Cecilia” di Fiavé, “Cima Tosa” di
Bolbeno, “S. Cecilia” di Trento (coro femminile assorbito nel polifonico “V. Gianferrari”), Società corale di Nogaredo, “S. Cecilia” di Lavis,
“Biancastella” di Pomarolo; e ricordo, altresì, i nomi di maestri di rilievo come Iris Niccolini, P. Mario Levri, Albino Marchetti, nonché una
grande figura oggi ancora sulla breccia, Giuseppe Nicolini, in quelle circostanze come direttore della Corale “Città di Trento”.
Ben consapevole dei limiti di un coro di dilettanti (allora non si
usava ancora, da noi, il termine “amatoriale”!), io mi sforzavo di presentare –fra i tre prescritti- qualche brano di autori del ’900, anche di notevole difficoltà: nel 1961, “The Word” di Castelnuovo-Tedesco; nel
1962, perfino un trittico con “Agnus Dei” di Pizzetti, un brano composto da Riccardo Zandonai nel 1901, probabilmente in prima “ripresa”
dopo la morte del maestro (cfr. RZ 163 nel magnifico catalogo zandonaiano di D. Cescotti, uscito nel 1999) e, nientemeno, “Nicolette” di
Ravel.
Infine, nella manifestazione del 19 maggio 1963 – l’ultima sotto la
mia direzione – ebbi addirittura l’onore di chiudere la serata: dopo una
villota e una frottola del tardo Quattrocento, apprezzatissime, azzardai
“Odi et amo” da Catulli carmina di Orff, che sicuramente per la prima
volta veniva eseguito da un coro trentino.
166
A Musicall Banquet
“Quella del treno”, la chiamavano i miei cantori, per l’ostinato passaggio dei bassi sulle parole “Quare id faciam”. Ma a me faceva sempre
paura il rabbioso accordo, “perfidamente” dissonante, che concludeva la
sofferta confessione finale: “et excrucior”. Il breve brano del maestro germanico ebbe molto successo e, in seguito, divenne il “cavallo di battaglia” del complesso rivano.
Per me, invece, molti anni dopo diventò una “buccia di banana”,
sulla quale scivolai a Cadine – ascoltatore fra gli ospiti d’onore! - dopo
un’impeccabile esecuzione dei “Musici cantori” di Trento diretti da
Sandro Filippi: applaudii, da solo, la perfetta intonazione di quell’accordo che mi faceva tanta paura, dimenticandomi che Orff, dopo quello sfogo, aveva aggiunto un intensissimo sospiro finale, da eseguirsi con
un filo di voce.
Non so cosa pensò di me il pubblico. Io me ne sono dato una “giustificazione” psicologica, perché quell’ardua combinazione di suoni non
ero mai sicuro che riuscisse bene a noi del “Pozzini”.
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A Musicall Banquet
APPLAUSI ALL’ORCHESTRA HAYDN
PER BRAVURA E DISPONIBILITÀ
“Un curioso accidente” si potrebbe definire quello che è avvenuto l’altra sera a Sarnonico, in Alta Anaunia: non era però in
programma la recita della famosa commedia goldoniana,
bensì un normale concerto sinfonico dell’orchestra “Haydn”
di Bolzano e Trento in S. Lorenzo, nel quadro delle manifestazioni della stagione estiva.
Scendendo verso le 21 (ora prevista per l’inizio del concerto) nel magnifico viale alberato che conduce alla chiesa così
ricca di pregevoli elementi architettonici, decorazioni e arredi,
osservavo all’esterno dell’abside i professori dell’orchestra
ormai in perfetta tenuta scura ma in strano, notevole fermento.
Mi resi conto del loro atteggiamento non appena entrai nel
tempio, già invaso da numerosi villeggianti e ascoltatori locali: presso l’altare era tutto un agitarsi di persone, che andavano via via spogliandosi di giacche e cravatte, restando in
maniche di camicia, qualcuno con le mani in tasca, altri allargando le braccia verso il pubblico non già in segno rituale
(dato il luogo), ma semplicemente come espressione di desolazione e impotenza.
Un breve giro d’orizzonte, ed era facile capire quello che era
successo: non c’erano le solite cose schierate in bell’ordine per
l’inizio delle esecuzioni, ossia leggii, sedie, il podio del direttore, i grossi contrabbassi, i timpani ecc. Un professore ancora con giacca e col violino in mano, usciva ad annunciare fra
il brusio della gente che, purtroppo, non era ancora giunto il
mezzo che trasportava sul posto i materiali occorrenti, e che
doveva invece arrivare molto prima dell’orchestra.
168
A Musicall Banquet
Qualcuno del pubblico scherzosamente insinuava che l’attrezzatura poteva essere stata portata in altra sede, per sbaglio,
per esempio a Coredo, con un giorno d’anticipo sul calendario dei concerti. Altri, al contrario, sventolando il
“Vademecum del turista” pubblicato dalla locale Apt, osservavano che il ritardo era ben più consistente, se si considerava
che sul libretto il concerto era programmato per il giorno precedente, domenica 30 luglio.
Invece era lunedì, e passavano i minuti a decine, senza che
si vedesse un leggio o un contrabbasso. Pensavo: e se suonassero alla maniera voluta a Meiningen da Hans von Bülow,
ossia tutti in piedi? (La cosa mi ha sempre incuriosito, pensando ai violoncelli). Ma mancavano, comunque, i leggii...
A un certo punto, è avvenuta una cosa veramente piacevole: alcuni strumentisti si sono offerti di eseguire brani da soli,
per far sì che il pubblico pazientemente in attesa non venisse
completamente deluso. Ed ecco presentarsi un giovane violoncellista, che, senza tanti preamboli, attaccava una Suite di
Bach, portandola brillantemente fino alla “Giga” finale; quindi un giovane oboista si esibiva in due pezzi interessanti e assai
impegnativi e, quando il maestro Gabriele Bellini, che doveva dirigere l’orchestra, annunciava l’esecuzione del Laudate
pueri a cura del soprano Gemma Bertagnolli con il semplice
accompagnamento dell’organo, ecco arrivare i... “nostri”.
In un baleno operai, strumentisti, pubblico e perfino il
direttore d’orchestra, con estrema disponibilità, allestiscono la
posizione per poter eseguire il concerto, limitatamente al
brano vivaldiano, data l’ora tarda. E un altro “miracolo” lo fa
Gemma Bertagnolli, che dopo una lunga ed estenuante attesa, si presenta freschissima alla ribalta per interpretare un’articolata e molto impegnativa cantata da chiesa di Vivaldi, sul
169
A Musicall Banquet
testo del Salmo 112, Laudate pueri Dominum, zeppa di insidiosi passaggi virtuosistici sapientemente alternati dal “prete
rosso” a momenti di intima contemplazione.
Un successo caloroso, sincero, sottolineato da interminabili applausi, ha coronato una serata nata sotto cattiva stella ma,
grazie alla disponibilità e alla prontezza dell’intera orchestra,
della solista e del direttore, nonché alla... pazienza del pubblico, risoltasi in maniera sia pur curiosa, ma felice.
(“il mattino dell’Alto Adige” del 7 agosto 1989)
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A Musicall Banquet
I MIEI «INCONTRI RAVVICINATI»
CON IL CORO DELLA SAT
Non voglio fare qui una specie di nota esclusivamente
autobiografica, e nemmeno un’ennesima e pur giusta esaltazione del “padre” di tutti i cori di montagna del Trentino (e
delle regioni limitrofe); ma semplicemente ricordare alcune
occasioni offertemi per incontrare il famoso complesso.
Dopo averne ascoltato da spettatore numerosi concerti
tenuti a Riva (ero ancora un ragazzino…), Rovereto e
Trento, ebbi la fortuna, grazie al prezioso ed entusiastico
interessamento del maestro Renato Dionisi, di incontrare il
coro come “organizzatore” delle manifestazioni degli “Amici
della musica” di Riva del Garda il 21 gennaio 1961. In quella occasione figuravo anche come critico musicale e assessore comunale alla P. I. accanto al sindaco Gioachino Viola1.
Sul giornale “L’Adige” del 24 gennaio, in cronaca (p. 6),
veniva infatti pubblicata una mia recensione affiancata da
una fotografia di un brindisi con i coristi, in cui io apparivo
mentre leggevo qualcosa da un foglietto (ormai irreperibile)
che – secondo la didascalia – conteneva “parole di incitamento e di ringraziamento”. Non so di quale incitamento,
nell’anno del suo fiorente 35°, avesse bisogno il coro della
SAT, proprio da me !
Conservo invece il giornale con il mio scritto, del quale il
coro ha gentilmente riportato un frammento nei suoi volumi celebrativi del 1961 e del 1996. E’ un testo un po’ lungo,
come del resto meritava la circostanza, e non privo di citazioni e riferimenti ad articoli di illustri critici (soprattutto
M. Mila). Ma mi piace riprodurlo qui, come testimonianza
della mia ammirazione per quel coro (ne ometto soltanto il
titolo e le altre indicazioni redazionali d’apertura).
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A Musicall Banquet
17.Il Coro della SAT nel ricevimento dopo il concerto a Riva del Garda.
172
A Musicall Banquet
Parlare di successo del coro della SAT nel concerto tenuto dall’ormai
celebre complesso l’altra sera al teatro Perini, per l’organizzazione dell’associazione “Amici della musica”, ci sembra davvero poco: bisogna
parlare di un miracolo; un miracolo che ha fatto convenire nella pur
grande sala una marea di folla di rivani e di appassionati di zone anche
non vicine alla nostra città. Del resto non poteva essere altrimenti, data
la fama internazionale raggiunta dai cantori trentini e la commozione
che ancor oggi suscita anche nelle persone più semplici il canto della
montagna.
Su questo canto si è molto discusso, fino a qualche anno fa, negli
ambienti musicali “colti”, perché non si era sicuri se esso fosse originale,
“incorrotto”, cioè libero da contaminazioni di provenienza extra-popolare.
Il tempo ha cancellato queste perplessità, soprattutto per merito,
appunto, del coro della SAT, che non solo ha trasformato il modo di
cantare questi brani, ma ha influito in modo benefico sul repertorio
delle canzoni alpine, indirizzandosi con gusto istintivo verso le manifestazioni genuine del canto popolare, che, come ha osservato l’illustre
musicologo Massimo Mila, “fa parte della natura alpina allo stesso titolo che le montagne, i pini, i fiori e i corsi d’acqua”.
Come è giunto il coro della SAT a mettere le canzoni alpine nella loro
giusta luce, facendole entrare nella grande famiglia della musica colta?
Con una meticolosità e pazienza d’inquadratore che solo dei fotografi
possono avere; e fotografi sono, guarda il caso, i fratelli Pedrotti, fondatori e animatori del complesso. Ma come nella fotografia artisticamente fatta vibra tutta l’anima di chi l’ha scattata, così nelle esecuzioni
del coro della SAT non troviamo solo la soddisfazione di esigenze musicologiche che vogliono la melodia e l’armonia riportate a quella semplicità, chiarezza e immediatezza che sono espressione spontanea della sensibilità musicale della nostra gente, bensì soprattutto l’intonazione, il
timbro, il tempo e tutti quegli elementi che devono intervenire nell’esecuzione come fattore espressivo, per renderla vera interpretazione.
La realtà è che con i cantori della SAT ci troviamo di fronte, come
altri hanno giustamente osservato, a degli “artisti che sono venuti a formarsi vocalmente e musicalmente attraverso un lungo e coscienzioso
studio e un meticoloso controllo, e che soprattutto si sono maturati intimamente formandosi lo spirito e superando tutto quello che può essere
173
A Musicall Banquet
maniera o tecnica”.
Nella loro opera di raccolta, selezione e armonizzazione del patrimonio musicale popolare, i fratelli Pedrotti hanno saputo via via acquistarsi la preziosa collaborazione di appassionati o illustri musicisti; da
Pigarelli ad A. Pedrotti, Janes, Mascagni, Gerelli, Benedetti
Michelangeli, Dionisi, Lunelli e altri, formando un ricco repertorio del
quale il coro trentino ci ha dato l’altra sera un vasto panorama, trascinando in maniera entusiasta lo straripante uditorio e concedendo numerosi “bis” alle instancabili richieste degli ascoltatori.
18. Copertina del CD natalizio del Coro della SAT (1991).
174
A Musicall Banquet
Esattamente trent’anni dopo, il 6 dicembre 1991, venivo
onorato dal complesso con l’invito a presentare, a Trento, il
suo primo disco monografico dedicato alle varie ricorrenze
del periodo natalizio: “Coro SAT / Canti di Natale”.
Accettai con entusiasmo (ma non senza emozione) e
tenni un discorso ben più lungo di quanto previsto dagli
organizzatori, condotto sulla base di appunti, riordinati più
tardi nel testo che segue:
[...] Nell’aprile di questo ’91 sono apparsi due importanti
studi che ci toccano profondamente. Uno dei libri, lo aspettavo e lo avevo preannunciato ai nostri cori (ed era quello di
Marcello Sorce Keller su Tradizione orale e canto corale: ricerca musicologica in Trentino, Bologna, 1991); l’altro... lo
“temevo”, per l’inevitabile conseguenza che avrebbe potuto
avere, ossia di far crollare un “mito”, un “credo”, una professione di fede nel coro della SAT e nei suoi - diremmo così
- seguaci più o meno osservanti.
Infatti, se Sorce Keller “salvava” questo tipo di far canto
popolare, con una giusta ed analitica distinzione fra il cantare in coro “spontaneo” e quello dei cori “stabili” (come la
SAT e gli altri), Roberto Leydi - l’illustre etnomusicologo,
docente all’Università di Bologna - così scrive dopo aver
confutato le opinioni di Massimo Mila (ritenuto poco
esperto e superficiale nel settore), sul coro della SAT e il suo
modo di agire: “[...] è la celebrazione sentimentale proprio di
quegli strumenti, quali il coro della SAT, cui va, in parte, la
responsabilità della parziale riduzione degli stili popolari tradizionali di alcune aree italiane a poveri modelli subcolti tardo
175
A Musicall Banquet
romantici.” 2. Quando, invece, per il Mila (1954), lo stesso
coro aveva trasformato un modo di cantare in montagna
con un “nuovo costume, fatto di disciplina, di preparazione
consapevole e di artistica civiltà, là dove pareva fatale che
dovesse spadroneggiare l’esibizionismo di voci stentoree, scatenate a superarsi vicendevolmente”.
Pensate, erano gli stessi timori che, vent’anni addietro,
all’uscita della prima edizione dei “Canti della montagna”
(1935), manifestava Tullio Odorizzi sull’Illustrazione
Vaticana : “c’era seriamente da temere che, presentati in edizione, fissati in forme definitive, questi canti perdessero la loro
splendida libertà sgrammaticata, la loro freschissima ingenuità,
il loro spontaneo erompere senza pretese e senza pose. Essi sono,
infatti, l’antiletteratura. Ebbene, il pericolo è stato evitato...” 3 .
Il problema era peraltro aperto da tempo, se non proprio
con i riflettori puntati su di noi. Lo faceva presente, l’anno
scorso, Annely Zeni sulle colonne dell’Alto Adige, riferendo
del successo del Coro SAT per i festeggiamenti del 30° della
Gioventù Musicale, sezione di Trento.
Canto popolare, divenuto tale per merito della SAT, ma
non popolare in senso etnomusicologico. E non aveva torto.
Soltanto, io la pregavo, in una lettera (assai sforbiciata) al
direttore del giornale, di prendere la penna e spiegare ai
nostri quattromila cantori dei cori popolari il significato di
quella espressione perentoria e concisa. Ma la lettera non
fu... recapitata (o rimase inevasa dal destinatario).
Mi sia ancora consentito - anche se i minuti previsti dalla
“scaletta” passano inesorabilmente - di far presente una cosa,
prescindendo dal successo che sempre hanno oggi il coro
della SAT e tutti gli altri: per me, le canzoni proposte dalla
SAT venivano ad essere - nell’immediato dopoguerra - un
176
A Musicall Banquet
elemento determinante nel porre rimedio a quella sorta di
rigida standardizzazione del canto popolare collettivo (musicale, ma non soltanto, se si pensa alla tronfia retoricità dei
testi di allora) per una generazione cresciuta con Fischia il
sasso, Giovinezza, Faccetta nera ecc.
Senza accennare che, allora, poco si imparava per il canto
anche in chiesa, se non nel coro, con un gregoriano che stava
risollevandosi pian piano dal massacro dell’Editio Medicea e
del tempo (nonostante gli sforzi, da noi, di un grande come
Mons. Eccher), ma che era pur sempre in latino (“incomprensibile”), o con canti extraliturgici in italiano che è
meglio non ricordare, se non per il loro significato religioso
e sull’onda della nostalgia dei tempi perduti...
Dunque per noi, i canti SAT costituivano un punto di
aggregazione, e il loro libretto con i testi una bandiera!
Ma la scienza oggi prevale sul sentimento (ed io, soltanto
però come musicologo, non posso che associarmi agli
“etno”); e vedremo cosa ci riserverà il futuro...
Veniamo dunque al disco: è la prima incisione monografica sul Natale curata dalla SAT, ed è già un fatto rilevante
(anche se non mancano altri esempi, pur meno illustri,
come quello della combinata, nel ’78, fra il coro “Paganella”
e gli “Angeli Bianchi” di Levico).
Abbiamo dunque l’occasione, conseguente, di sentire il
percorso natalizio del complesso dal 1948 (ma credo prima),
con Oggi è nato e Lauda dell’Epifania (ricostruzione
Pigarelli) al ’91 (marzo: Dormi, dormi di Gianni Veneri;
aprile: Noi siamo i tre Re Magi, arm. Dionisi). Anche se
mancano, nel genere, altre illustri firme che hanno onorato
il coro trentino.
177
A Musicall Banquet
Inoltre, una novità assoluta, ossia la prima esecuzione non
a cappella del coro SAT, con collaborazione strumentale
(eccellente Margit Spirk al violino e altrettanto bravo
Stefano Chicco alla celesta): un brano dai “Cavalieri di
Ekebú” di Zandonai (trentino purosangue!), con le incognite che può comportare una simile operazione.
È un passaggio? Una conversione? Io credo sia semplicemente un bellissimo atto di omaggio e un esperimento di
“allargamento” repertoriale.
Ma non tanto il fatto di aver allargato all’opera, perché
Zandonai si era interessato a modo suo al canto popolare,
anche al di fuori dei brani occasionali per la parrocchia di
Borgosacco [...].
Le noticine sui singoli brani sono assai pertinenti.
Per l’esecuzione (coro come strumento), siamo ai limiti
ormai consueti per il celebre complesso. Essa è rievocativa
dei suoni di strumenti tipicamente natalizi: zampogne, pifferi, cornamuse, registri d’organo caratteristici dei Noël francesi (es. il Nazardo nell’Adeste fideles), ripieni.
Per l’interpretazione : qui non siamo soltanto nel campo
della musica popolare; vi è una componente “religiosa” (trattandosi d’una monografia sul Natale, evento appunto religioso) che forse richiede talora uno slancio, un fervore quasi
mistico (ma quanto sincero...?), quale vorrebbe la preghiera
o la rievocazione di avvenimenti sovrannaturali, che qui
sembra essere assorbita in una superiore visione squisitamente musicale, favorita dalla suggestione dei canti, e al di
là di un valore propriamente semantico.
Piuttosto, anche se i nei possono caratterizzare, rendere
178
A Musicall Banquet
più attraenti le belle donne (e il coro SAT è una bella donna,
anzi bellissima), vorrei raccomandare di perfezionare - come
il complesso fa da sempre, mirabilmente, nella pronuncia
dell’italiano e dei vari dialetti - la dizione in latino e soprattutto quella in tedesco, lingue che mi paiono un po’ prese
alla maniera “locale”, vuoi dal latino ecclesiastico, vuoi da
un’antica inflessione “tirolese”4.
1
-Ho riportato le espressioni di esultanza del maestro Dionisi per aver
combinato questo concerto, in una lettera pubblicata nell’opuscolo
celebrativo del suo 80° compleanno (Filarmonica di Rovereto, 1990, p. 45)
2
-R. LEYDI, L’altra musica / Etnomusicologia, Milano-Firenze 1991,
p. 114.
3
-Da Note in Paradiso. Il Coro della SAT: Una vita nel canto popolare,
Trento 1983, p. 147.
4
-Dopo la manifestazione trentina, mi fu offerta un’altra occasione, a
Bolzano, di parlare del Coro della SAT, in un simposio organizzato
in “Omaggio a Silvio Pedrotti”, che ne fu uno dei fondatori e, com’è
ben noto, maestro per decenni. La festosa manifestazione si tenne il
29 giugno 1997 a Castel Mareccio, a cura dei cori “Laurino” di
Bolzano, “Monte Cusna” di Reggio Emilia e Coro del CAI di
Bologna. Felice, parlai quasi a braccio – ma vorrei dire anche col
cuore - ad un attentissimo uditorio, ed ebbi come correlatore il maestro Sandro Filippi, in un preciso inquadramento dell’opera di armonizzazione delle melodie popolari.
Lo stesso Filippi mi ha offerto l’opportunità di scrivere una breve nota
sulle “Elaborazioni per coro polifonico di melodie popolari” dedicate
al suo coro, inserita nel volume di canti popolari armonizzati da
Renato Dionisi per il Coro SAT (Anna chi t’ama, Trento 2003,
Fondazione Coro della SAT, pp. 78-79).
179
A Musicall Banquet
NEL SECONDO CENTENARIO
DELLA FILARMONICA DI TRENTO
(1795 - 1995)
Sono molto grato a Dario Segatta, Antonio Carlini e agli
altri membri del consiglio di direzione e dell’apposito comitato scientifico, per avermi gentilmente invitato ad assistere
a un’importante manifestazione che io ho potuto seguire,
purtroppo, un po’ “a singhiozzo” e non fino al termine
(anche per una contemporanea “giornata di studio” altrettanto interessante, organizzata dalla Federazione cori del
Trentino, alla quale assistetti... saltuariamente).
Nei primi tre giorni di dicembre, infatti, è noto che la
Filarmonica di Trento, nell’ambito delle celebrazioni per il
compimento dei due secoli della sua intensa, gloriosa attività, e uscendo un po’ dai binari su cui ormai da decenni
viaggiava – cioè quello prevalente dell’offerta di concerti al
pubblico e in particolare ai propri soci – ha organizzato un
convegno di studi sul tema “Accademie e società filarmoniche. Organizzazione, cultura e attività dei filarmonici
nell’Italia dell’Ottocento”.
È stata per me (oltre che per tanti altri) una vera opportunità – anche quale socio fondatore della “Società italiana
di musicologia” che ha collaborato alla realizzazione dell’incontro – di sentire la trattazione pur succinta di moltissimi
e ancor poco studiati argomenti, a cura di numerosi specialisti, prevalentemente giovani, che lasciano bene sperare per
il futuro della nostra disciplina (dei “locali”, ricordo
Antonio Carlini, Danilo Curti e Gherardo Ghirardini per
Trento; Annarita Colturato e Giuliano Tonini per Bolzano).
Ma mi è stata altresì offerta l’opportunità di apprezzare il
180
A Musicall Banquet
lussuoso e ricco volume stampato per la ricorrenza, e soprattutto di incontrare anche “vecchi” colleghi, noti in campo
internazionale (fra tutti Alberto Basso, mio coetaneo e
amico, presidente della suddetta società), nonché il sempre
giovane ed entusiasta presidente dott. Dario Segatta.
Con lui abbiamo ricordato con commozione eventi degli
ultimi decenni della benemerita Filarmonica di Trento, i
rapporti con i musicofili di Riva del Garda e di Rovereto,
nonché “storiche” figure e grandi testimoni della straordinaria pratica della “Hausmusik”, come l’ing. Bernard (scomparso da poco, quasi centenario), il conte arch. Marzani, il
maestro Arnoldi, Lunelli padre e figlio, il “Trio di Bolzano”
e l’avvocato Walter von Walther, presidente del
“Konzertverein” di Bolzano, del quale fui collaboratore per
dieci anni, dal 1963.
Di quest’ultimo, l’amico Segatta mi ha riferito un pensiero espresso in occasione d’uno degli incontri fra i soci fondatori dell’orchestra Haydn: “Gli italiani stimano i tedeschi,
ma non li amano; questi invece amano gli italiani, ma... non
li stimano”. Vale ancora per una riflessione?
( “l’Adige” del 13 dicembre 1995,
sotto il titolo: Filarmonica, quanti
ricordi ).
181
A Musicall Banquet
ISTRUZIONE MUSICALE NON STATALE
NELLA PROVINCIA DI TRENTO
La Scuola musicale di Riva del Garda e l’Associazione delle
Scuole musicali trentine.
I.
Dall’ opuscolo stampato in occasione del 6°
Incontro delle Scuole musicali trentine
(Riva del Garda, 18 maggio 1996)
La gestione didattica e amministrativa della Scuola musicale di Riva del Garda dal gennaio 1996 è stata affidata alla
Cooperativa ArteMusica, formata da insegnanti che operano
da molti anni all’interno della scuola stessa. La Cooperativa
ArteMusica porta avanti, insieme all’Associazione Scuola
Musicale Civica, gli obiettivi primari per cui la Scuola era
nata, espressi anche qui di seguito nella lettera inviata dal professor Gian Luigi Dardo, animatore della vita musicale cittadina, socio fondatore della Scuola e figura fondamentale della
musica trentina:
L’anno 1956, tristemente ricordato soprattutto per i sanguinosi fatti d’Ungheria non meno che per la pericolosa crisi
di Suez, se fu per l’intero mondo musicale quello del bicentenario mozartiano (o della “esplosione” di Elvis Presley con il
suo primo importante disco…), per Riva fu pure quello della
nascita d’una istituzione oggi importante, che compie dunque i quarant’anni di proficua attività: la Scuola musicale. Ne
davo io stesso ampia e dettagliata notizia l’8 dicembre sulle
colonne del quotidiano “Alto Adige” (“Organizzazione e finalità della scuola musicale”, nella pagina riservata alla cronaca
dell’Alto Garda e Ledro), spiegando fra l‘altro come il “lieto
182
A Musicall Banquet
evento” fosse stato possibile grazie alla tanto attesa unione di
varie scuole private del centro gardesano. Era fallito, infatti,
un tentativo compiuto seriamente già dieci anni prima dal
Comune di Riva, con l’istituzione d’una scuola musicale, di
cui era direttore il maestro Silvio De Florian, l’eccellente professionista e dinamico organizzatore arcense-roveretano, attivo nel Basso Sarca da oltre 15 anni (all’inizio degli anni Trenta
egli operava come docente di violino presso la Scuola musicale di Riva alla Rocca, insieme con il maestro giudicariese Igino
Dapreda, poi passato come lui al Conservatorio di Bolzano).
Dopo gli esperimenti effettuati dal Comune benacense prima
e nell’immediato dopoguerra, senza successo, toccava dunque
a un gruppo di privati insegnanti di riunirsi in una specie di
cooperativa (soltanto di nome e con uno statuto d’una sola
facciata…), per tenere le lezioni d’una “scuola” ancora in…
casa propria. Ma era già un successo avere la classe di Storia
della musica e di Armonia nello stanzino in cui gli artisti si
preparavano prima delle loro esibizioni nell’auditorium della
Rocca (g. c. da Giacomo Vittone).
Quando invece non si era costretti, purtroppo, a rinviare o
addirittura a sospendere le lezioni collettive in occasione d’un
concerto o di uno spettacolo. Più avanti la “sede” fu ampliata
con uno sgabuzzino ricavato nell’attigua anticamera; finché
non si giunse ad avere un locale indipendente, per concessione dell’amministrazione comunale.
Quest’ultima, infatti, non tardò a considerare con interesse la
giovane scuola, tanto da arrivare nell’esercizio 1959 ad assegnare un primo, se pur modesto, contributo e infine a renderla ”civica”, nel 1964, dopo un breve periodo di gestione
affidata dai docenti all’associazione “Amici della musica”, ente
già solido e statutariamente adeguato ad assumerla, nell’as183
A Musicall Banquet
semblea generale del 14 marzo 1963.
Il ruolo della scuola - terza nel Trentino in ordine di
tempo, dopo quelle di Trento e Rovereto - divenne così determinante nell’educazione musicale anche di giovani provenienti dai comuni limitrofi e soprattutto, per i suggerimenti
del maestro Nunzio Montanari (che dal 1965 veniva annualmente da Bolzano come commissario per gli esami di fine
anno), nella creazione dei presupposti per l’avvento del
Conservatorio, nel 1970. La Scuola Musicale Civica, tuttavia,
mantenne la sua vitalità, senza alcuna posizione “concorrenziale” nei riguardi dell’istruzione musicale di Stato, della quale
divenne, invece, elemento complementare indispensabile, per
la garanzia dell’istruzione musicale a quelle “fasce d’utenza”
meno o punto curate dagli istituti statali (dai bambini della
scuola primaria agli studenti della cosiddetta “Terza età”). O
anche per insegnamenti strumentali non previsti nell’organico della sezione staccata del conservatorio “Bonporti”. Se la
Scuola musicale di Riva del Garda non è abilitata al rilascio di
diplomi o licenze come un conservatorio, essa dà tuttavia una
preparazione tecnica seria in molte discipline, anche per un
ciclo completo di studi e, quel che più conta, riesce a suscitare un amore autentico per la musica. E se da essa non sono
usciti direttamente “maestri” o “professori”, tanti sono stati
coloro che hanno potuto conseguire, anche brillantemente,
tali titoli nelle sedi opportune, grazie a una parziale o completa frequenza dei suoi corsi, tenuti da docenti assai qualificati: ne sono la prova più significativa numerosi e valenti strumentisti in orchestre e complessi bandistici, o insegnanti in
scuole medie, scuole musicali o, addirittura, in conservatori
statali, oltre che nella nostra “piccola” creatura… quarantenne.
184
A Musicall Banquet
II.
Dall’articolo “La musica è viva”
(“l’Adige” del 22 maggio 1991)
[...]una significativa manifestazione, svoltasi l’altra sera ad
Arco: il
“Primo incontro musicale”, con il quale
l’Associazione delle scuole musicali trentine presieduta dal
dott. Franco Odorizzi ha inteso presentarsi al pubblico della
provincia.
La serata, alla quale non ero purtroppo presente per malattia, ha avuto – secondo attendibili informazioni pervenutemi
– un grande successo, come si poteva facilmente prevedere. Vi
si sono esibiti diversi allievi (in varie combinazioni vocali e
strumentali), di ben undici scuole musicali del Trentino: dalla
più antica, la “Zandonai” di Rovereto (fondata nel 1889), a
quelle più giovani ma sempre quotate di Riva del Garda (terza
in ordine di età, se si conta il glorioso liceo musicale “V.
Gianferrari” di Trento, ora Conservatorio di Stato), di Arco,
Borgo Valsugana, Cles, Gardolo-Lavis, Pergine, Tesero,
Tione, Villalagarina e dei “Quattro Vicariati”. Assente la
scuola dell’Associazione culturale “I Minipolifonici” di
Trento, che pure figurava nel programma.
Accenno in breve agli scopi della suddetta associazione,
sorta nell’autunno del 1986, della quale fui membro (poco
operante…) nel consiglio di amministrazione per circa un
anno: basterebbe ricordarne il concorso nella istituzione del
Registro delle scuole musicali, disposta dalla Lp n. 12/1987
ed i benefici che ne sono derivati, anzitutto sul piano dei
finanziamenti, almeno per alcuni istituti.
Ma anche altre finalità sono sicuramente interessanti, quali
l’elaborazione e l’aggiornamento dei programmi didattici e la
ricerca di “promuovere percorsi formativi atti a sviluppare il
185
A Musicall Banquet
senso musicale proprio della personalità di ogni allievo anziché un modello didattico precostituito”, come afferma il presidente nel programma della serata.
Ho voluto fare questo discorso, anche per poter con soddisfazione rettificare, in qualche misura, quanto da me sostenuto
in una lettera gentilmente ospitata nel novembre scorso sul
quotidiano 1.
Infatti, se in Alto Adige l’istruzione musicale scolastica non
statale è solidamente organizzata in un unico istituto a carattere provinciale con diverse sedi decentrate rispetto al capoluogo, ma con un indirizzo didattico in un certo senso uniforme (ebbi l’onore di presiederne il comitato artistico, purtroppo per alcuni mesi soltanto, causa dimissioni per gravi motivi di famiglia), in Trentino la situazione, allora già ben avviata, si manifesta oggi sensibilmente migliorata.
Ciò è dovuto soprattutto a un più massiccio e mirato intervento provinciale, ma anche all’azione dell’associazione presieduta dal dott. Odorizzi; il tutto, nella salvaguardia delle esigenze delle singole realtà locali, che rimangono autonome,
seppur collegate per determinati obiettivi comuni, “in modo
da corrispondere sempre meglio alle attese degli allievi e della
collettività”, come sottolineato nel programma dell’importante appuntamento arcense .
2
- “l’Adige” del 20.11.1989 (Come si spende per fare musica) e “il mattino
dell’Alto Adige”, stessa data (In Alto Adige si investe molto sull’istruzione
musicale scolastica). I titoli, ovviamente, sono redazionali.
1
2
- La manifestazione ebbe luogo nel Salone delle feste del Casinò
Municipale di Arco (Trento), il 18 maggio 1991.
186
A Musicall Banquet
ACHTUNG!
Annunciamo una cosa ormai sicura: a fine mese potremo
ascoltare il Führer a Bronzolo, per interessamento del
“Kirchenchor” di Vadena e del suo direttore, Pierluigi
Borgogno. Se non sbaglio, era dalla primavera del 1941
(colloquio al Brennero) che egli non si faceva più sentire in
Alto Adige.
Ma questa volta si presenterà con della musica: già erano
note le esperienze pittoriche da lui compiute a Monaco e ora
oggetto di interesse da parte di qualche fanatico collezionista di cimeli. Invece, di musiche del Führer mai si era avuta
notizia; né di loro esecuzioni. È difficile peraltro pensare a
una sua attività di compositore, dal momento che egli praticò la musica soltanto da bambino come cantore nel coro
della chiesa di Lambach (ma meditava di diventare abate...)
e, pochi anni dopo, affrontando “lo studio del pianoforte
non continuato oltre il saper strimpellare malamente” (S.
Bertoldi, “Hitler. La sua battaglia”, Milano 1990, pp. 1112).
Più forte fu invece la sua passione per la musica di
Wagner, anche per il fascino che su di lui esercitavano le
posizioni ideologiche dell’autore della “Tetralogia”. Ma
certo non superò, come esecutore, il “collega” Mussolini,
che si arrangiava discretamente sul violino.
Ora, lasciando il gioco sul Führer, dirò in breve che questo
era in realtà il cognome d’un organista e compositore
boemo, di nome Robert Johann Nepomuk, nato a Praga nel
1807 e morto a Vienna nel 1861. Esecutore stimato da
Bruckner e autore non trascurabile di opere per organo e di
187
A Musicall Banquet
scritti teorico-didattici, compose vari brani corali profani,
fra cui una “Festkantate” per l’erezione a Praga di un monumento a Mozart nel 1837. La sua produzione fu, comunque,
prevalentemente sacra, con molte opere di varia destinazione liturgica e circa cento messe, fra le quali una Messa in do
maggiore (“Du sollst den Feiertag heiligen”), che verrà
appunto presentata dal coro parrocchiale in lingua tedesca di
Vadena.
Robert Führer fu attivo in chiese e cattedrali di parecchi
centri boemi e austriaci, dove si fermò sempre per breve
tempo, causa un comportamento tutt’altro che ineccepibile,
tanto da farlo a volte finire in prigione: troppo spesso alzava
il gomito e veniva accusato di frode o per falso.
Nel 1856, trovandosi a lavorare ad Altheim, si vide
costretto a scrivere tre messe per pochi centesimi (perciò
chiamate “Groschenmessen”) e, per potersi procurare un
vestito, un’analoga composizione che è passata alla storia
come “Röckelmesse” (già allora era in voga il... Rock!). E
dieci anni prima aveva addirittura fatto pubblicare a Praga
(1846), sotto il proprio nome, la Messa in sol maggiore che
era stata composta da Schubert nel 1815 (catalogata D.
167). Sarà giusto andare a sentire la composizione del
Führer fra qualche settimana; ma... bisognerà tenere bene
strette le proprie cose: l’autore potrebbe anche rifarsi vivo!
(“Alto Adige” del 27 maggio 1993,
sotto il titolo “Quel Führer dalla
produzione liturgica”, ma con alcuni
tagli, ripristinati nel testo qui sopra)
188
A Musicall Banquet
STUDENTI COME UN "CORO DI MORTI"
Non si curano tranne poche eccezioni
delle sorti della scuola
Per una nota che ritengo interessante sull’argomento, chiedo gentile ospitalità a codesto spettabile quotidiano, che in
questi giorni, a Riva e altrove, non ha mancato di prestare la
dovuta attenzione ai problemi dell’istruzione musicale in
alcuni centri della nostra provincia.
Vorrei dire che scrivo nella mia qualità di semplice docente di conservatorio in quel di Riva (senza altre qualifiche in
modo assoluto), per aver rilevato la presenza nel nostro istituto musicale di un grande “coro... sordomuto” (mi piace
usare, scherzosamente, la definizione popolare del celebre
coro a bocca chiusa della “Butterfly”).
Sono gli studenti, o meglio la maggioranza di essi, che
frequentano i corsi dopo la media e che sono oltre la metà
del totale di 117 alunni della scuola. (Escludiamo dunque i
giovanissimi della “media annessa”, che peraltro sono ben...
vivi e fin troppo chiassosi, nonché rappresentati dai propri
genitori negli organi scolastici collegiali).
La mancanza istituzionale di organi collegiali in
Conservatorio, dopo i corsi della fascia dell’obbligo, non mi
pare possa pienamente giustificare il loro modo di estraniarsi dalle vicende della scuola; mi sembra piuttosto – pur nel
rispetto dell’impegno artistico dei più – indifferenza, passiva accettazione dei fatti (quasi nessuno, per esempio, si è
preoccupato che i risultati degli scrutini del primo quadrimestre non siano ancora stati resi noti...).
Anche la struttura delle diverse “scuole” (così si chiamano
le classi dei vari strumenti o delle materie complementari)
189
A Musicall Banquet
non favorisce certo lo scambio di vedute e un pur informale associazionismo studentesco spontaneo, perché i corsi
strumentali, con lezioni di tipo essenzialmente individuale
(pur con gruppi di ascolto), costituiscono quasi dei “canali”
a sé stanti (può capitare che, in una stessa classe, un allievo
dei primi anni non conosca quello del decimo corso, pur
essendo dello stesso maestro); canali che vengono soltanto
in parte collegati fra loro dalle cosiddette materie complementari, che possono riunire in lezioni di tipo “collettivo”
anche allievi provenienti da differenti scuole strumentali,
pur senza raggiungere – salvo rari casi – quel grado di coagulazione che si riscontra nelle classi di altri istituti.
Anche la frequenza, da parte di moltissimi allievi, di una
seconda scuola superiore, lascia poco o punto margine di
tempo per “divagazioni” al di fuori del pentagramma (e frequentazioni più assidue e massicce, mi permetto di aggiungere, delle manifestazioni concertistiche esterne). Ma va pur
considerato che le persone maggiormente interessate al conservatorio e alla vita musicale del luogo sono proprio loro.
Potrebbe tuttavia sembrare esagerato concludere, in tono
quasi apocalittico, ancorché sferzante, con una frase di
Milton: “Awake, arise, or be for ever fallen” (ahimé di ginnasiale memoria); e nemmeno con l’esortazione – che suonerebbe forse ambiziosa da parte mia – del corale luterano
“Wachet auf, ruft uns die Stimme”, tanto noto, specialmente nelle bellissime versioni bachiane.
Ma certo, se gli studenti continuano in questo atteggiamento, tornerebbe ben giusta una proposta, per le esercitazioni corali dell’istituto nel prossimo anno: Perché non preparare l’esecuzione, dato il caso, di quella famosa pagina del
nostro maggiore compositore vivente, Goffredo Petrassi, che
190
A Musicall Banquet
19. Preannuncio del saggio finale al termine del primo anno scolastico
(1970-71).
191
A Musicall Banquet
intona i versi iniziali d’un celebre dialogo leopardiano?
E il “Coro di morti” (dal “Dialogo di Federico Ruysch e
delle sue mummie”), infatti, mi sembrerebbe la più calzante
definizione del “corpo” studentesco del nostro conservatorio, pur escludendo – è giusto dirlo – un esiguo gruppo di
allievi più sensibili e pronti ad affrontare i vari temi, di estrema attualità. Perché nel nostro caso è proprio dall’utenza
(solidale con i docenti, come nei casi che si verificano proprio in questi giorni in altre scuole) che deve partire la spinta più forte verso modifiche e correttivi o addirittura innovazioni in senso lato, e che per noi garantiscano in particolare la già richiamata necessità d’un consolidamento dell’istituzione. Che accolgano la “provocazione”?
(“Alto Adige”, edizione di Trento,
Cronaca di Riva e Arco, martedì 22
marzo 1988)
N.B.: Sulla nascita della Sezione staccata di Riva del Garda,
segnalo un mio breve scritto apparso sul Numero Unico
“Musica Riva”, Anno IX (1992), pp. 120-123 (Usciva dal
“Pacchetto” per l’Alto Adige il Conservatorio di Riva del
Garda). Altre vicende musicali nella mia città natale ho raccontato sullo stesso Numero Unico: Un “Salotto” musicale a
Riva del Garda intorno agli Anni Cinquanta [anno VIII
(1991), pp. 106-112] e Musica a Riva: Attività concertistica a
Riva del Garda dal 1940 alla prima “stagione”
dell’Associazione “Amici della musica” (1956-57) [Anno XIII
(1996), pp. 69-81].
192
A Musicall Banquet
SERATA WAGNERIANA
Note al programma
“È matto!”: così disse Giuseppe Verdi, lapidariamente, di
Richard Wagner (1813-1883), dopo la sua prima audizione
– nel 1865 – dell’Ouverture del “Tannhäuser”, che è appunto il lavoro sinfonico posto in chiusura del programma di
questa serata.
Ma Verdi, che in Wagner vedeva “un uomo di molto
ingegno che si piace delle vie scabrose”, lodandone l’idea
dell’orchestra “invisibile” (nel “golfo mistico”), ne avrebbe
scritto pochi anni dopo in termini abbastanza positivi, a
proposito del “Lohengrin” (“Musica bella, quando è chiara
e vi è il pensiero. [...] Effetti belli d’istromenti”). E altrettanto sincere e piene d’ammirazione erano le sue parole
all’indomani della morte del grande coetaneo tedesco.
La moderna psichiatria dà una classificazione ben precisa
della figura di Wagner, se W.H. Trethowan, professore della
materia all’Università di Birmingham, nel saggio “La musica e i disturbi mentali”, lo ascrive al primo dei due gruppi
emergenti per i disturbi della personalità (“isterici” e “ossessivi”), avvertendo che per isterismo in questo caso s’intende
“un tipo di personalità espansiva e spesso istrionica, stravagante ed estroversa, capace non solo di attirare l’attenzione,
ma anche, se dotata di talento, di mantenerla su di sé”.
Infatti, “carattere colorito e complesso... tendenze estroverse ed istrioniche... egoismo mostruoso... passione patologica per la seta, il raso e altre comodità della vita; una
costante tendenza a vivere al di sopra delle sue possibilità;
un amore per il denaro, soprattutto per quello degli altri...
193
A Musicall Banquet
spendaccione sconsiderato...”, sono tutti elementi che per il
Trethowan danno di Wagner “un’immagine molto simile a
quella dello psicopatico creativo di Henderson”.*
Continuo su questa strada, ma dalla parte degli ascoltatori:
ascoltatori illustri.
“Mi riesce impossibile mantenermi freddamente critico a
contatto con questa musica: ogni fibra, ogni nervo vibra in
me, e da tanto tempo nulla mi aveva così lungamente rapito in estasi”. Questo è il passo d’una lettera che Friedrich
Nietzsche inviava nel 1868 a Erwin Rohde, parlando
dell’Ouverture dei “Meistersinger”.
Ma non sarebbe passato molto tempo, perché il filosofo
tedesco prendesse nei suoi scritti la nota posizione antiwagneriana, culminata nel saggio “Nietzsche contra Wagner”
(raccolta di lavori apparsi dal 1877 all’88), dal quale estrapoliamo ciò che riguarda alcune sue reazioni all’ascolto della
musica dell’antico amico, non senza ricordare che ormai da
anni Nietzsche era sofferente per disturbi di vario genere,
fino ad una paralisi progressiva.
Io ammiro Wagner ogniqualvolta egli mette in musica "se stesso".
[...] Con ciò non è detto che io consideri sana questa musica [...]; non
respiro più con facilità quando questa musica comincia ad agire su di
me; subito il mio piede va in collera e si rivolta contro di essa; [...]. Ma
non protesta anche il mio stomaco? Il mio cuore? La mia circolazione
sanguigna? Non si contristano le mie viscere? Non divento rauco senza
accorgermene?... Per ascoltare Wagner ho bisogno di "pastilles
Gérandel"... [...]. La mia melanconia vuole riposare nei recessi e negli
abissi della "perfezione": per questo ho bisogno di musica. Ma Wagner
rende malati.
* Il saggio citato appare nel volume “La musica e il cervello”, Padova
1987.
194
A Musicall Banquet
Dopo una confessione tanto desolante, sediamoci a
Bayreuth accanto a uno spettatore... particolare, che sta in
compagnia di Sergej Diaghilev. Siamo nell’estate del 1912,
ma dovremo attendere ventitré anni perché il vicino ci faccia sapere la sua opinione. Va in scena il “Parsifal”.
Lo spettacolo al quale stavo per assistere, oggi non mi attrarrebbe,
anche se mi offrissero gratuitamente una camera. [...] L’ordine di raccogliersi fu dato da una fanfara e la cerimonia ebbe inizio. Mi feci il più
possibile piccolo e rimasi immobile. Dopo un quarto d’ora non ce la
facevo più; i miei muscoli erano indolenziti, dovevo cambiare posizione.
[...] il mio pensiero corre alla fine dell’atto che porrà termine a questo
martirio. Finalmente giunge l’intervallo e mi ripago con due buone salsicce e un "bock" di birra. Non appena accesa la sigaretta, sono richiamato al raccoglimento dal segnale d’inizio. Un altro atto da subire!
Penso intensamente alla sigaretta appena iniziata e sopporto ancora quest’atto. Poi, di nuovo salsicce, un "bock", fanfara, raccoglimento, ancora un atto, l’ultimo: fine.
La narrazione – per chi non lo avesse indovinato – è di
Igor Stravinskij, il quale subito dopo confidava: “Non voglio
parlare qui della musica del «Parsifal», né di quella di
Wagner in generale; oggi è troppo lontana da me [...]” (da
“Cronache della mia vita”, trad. ital., Milano 1947).
Prendiamo atto delle parole di Stravinskij e sorvoliamo,
in questa sede, sulla sua antipatia per Wagner. Né mi pare il
caso di dover impostare una “difesa d’ufficio” dell’autore
della “Tetralogia”, anche dopo la singolarissima interpretazione, di vecchia data, di George Bernard Shaw (“The
Perfect Wagnerite”, Londra 1898) e le ampie puntualizzazioni del saggio di Theodor W. Adorno (“Versuch über
Wagner”, Francoforte s/M 1952, ma scritto nel 1937-38 fra
Londra e New York), in seguito variamente commentate e
utilizzate.
[Segue una breve esposizione delle caratteristiche dell’opera
wagneriana].
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A Musicall Banquet
“Triste. Triste. Triste. Wagner è morto! Leggendone ieri il
dispaccio ne fui, sto per dire, atterrito! Non discutiamo. – È
una grande individualità che sparisce! Un nome che lascia
un’impronta potentissima nella storia dell’Arte!”: Giuseppe
Verdi, lettera spedita a Giulio Ricordi il 14 febbraio 1883,
all’indomani della scomparsa, a Venezia, di Richard Wagner.
(Orchesta “Haydn”.
Concerti del 21 e 22 marzo 1990)
N.B.: Il “taglio” di queste note fu così richiesto dalla segretaria dell’orchestra, che era stanca di leggere sempre le stesse cose su Wagner. La
accontentai; ma per questo ci rimisi un... occhio (non scherzo!), dopo
una lunga, animatissima discussione col direttore artistico, che mi rimproverava di aver contrariato molti ascoltatori di lingua tedesca.
Complice precipua l’ipertensione, mi si lacerò infatti la retina dell’occhio destro, con successive, gravi complicazioni.
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A Musicall Banquet
SERATA STRAUSSIANA
Note al programma
Da parecchie stagioni è ormai divenuta consueta, nell’arco
dell’intera annata concertistica dell’Orchestra “Haydn”, la
serata viennese “leggera”, questa volta esclusivamente dedicata alla celebre famiglia degli Strauss, le cui propaggini,
inoltratesi piuttosto a lungo nel nostro secolo, sembrano
essersi estinte con la quarta generazione, ossia con la morte
di Eduard (II), avvenuta nel 1969, ovviamente a Vienna (gli
Strauss sono tutti nati e spirati sulle rive del Danubio, eccezion fatta per uno soltanto, morto a Berlino).
Senza seguire alcun ordine cronologico rigido, il programma comincia e finisce “nel nome del Figlio” (ci si perdoni l’ardire...), ma a buon diritto, perché Johann Strauss
junior (1825-1899), “concorrente” dell’omonimo padre
(1804-1849) nella composizione di celebri pagine e nella
direzione di una propria orchestrina, raggiunse enorme
popolarità in tutta Europa e fino all’America (tournée in
USA nel 1872), con un grande complesso risultante dalla
fusione dei due gruppi preesistenti, dopo la morte del
“senior”. [...]
Ma vediamo qualche opinione sulla musica e sui singoli
membri della illustre famiglia viennese. Johann sr. era
ammirato da Auber, Berlioz, Cherubini, Meyerbeer,
Paganini ed altri in occasione della sua tournée parigina del
1837/38; e già Wagner aveva detto di lui che era un “dèmone” della musica popolare viennese, di cui aveva saputo
cogliere lo spirito (“Dämon des Wiener musikalisches
Volksgeistes”), mentre il figlio Johann jr., nella prefazione
all’edizione delle opere paterne, avrebbe più tardi fatto rife197
A Musicall Banquet
rimento alla Divina Grazia, scrivendo: “Mein Vater war ein
Musiker von Gottes Gnaden” (ma elogi del genere non
mancavano fra gli Strauss, se lo stesso “junior” diceva al fratello Josef che era il migliore di tutti: “Du bist der
Begabteste von uns!”).
Non meno interessanti, e a volte polemiche, le annotazioni sul “re del valzer”, Johann “junior”, che “lavorò per
lunghi anni, prima di arrivare a liberare il valzer dalla forma
stereotipa in cui si trovava confinato e a portarlo ad un
ampio e libero sviluppo sinfonico” (L. Rognoni). Per F.
D’Amico, Sul bel Danubio blu sarebbe “un’ammirevole
girandola di frivolezze montate in un crescendo di balistica
precisione”; mentre Brahms, scrivendone un giorno il motivo sul ventaglio della moglie del compositore, aggiungeva:
“vorrei averlo scritto io”.
“Un semplice valzer di Strauss contiene più grazia, finezza e sostanza musicale di parecchie di quelle grosse opere che
vengono allestite con grandi spese all’Opera di Vienna”,
affermava Richard Wagner. E qualche decennio dopo, si sa
che Maurice Ravel usava chiamare Johann jr. “Strauss le
Grand”, per distinguerlo, diceva, da Strauss Richard (!), il
quale invece scorgeva addirittura nel maestro viennese
l’Urmelodisches nella sua purezza.
Ancora Schönberg vedeva in lui, come in Offenbach e in
Gershwin, un compositore non arrogante, il cui modo di
sentire coincide attualmente con quello dell’«uomo medio
della strada». Per essi non è una mascherata l’esprimere un
modo di sentire popolare in termini popolari”. E perfino
Th. W. Adorno, che non è certo tenero nei riguardi della
musica “leggera”, ne riconosce il “sostanziale talento compositivo”, facendo notare “la genialità del tema del
198
A Musicall Banquet
Kaiserwalzer, ideato in opposizione alla tendenza naturale
dello schema valzeristico”.
(Orchestra “Haydn”.
Concerti del 26-30 gennaio 1989)
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A Musicall Banquet
Parte terza
«Satura»
(1989-1994)
A Musicall Banquet
IL MIO BICENTENARIO MOZARTIANO
1. Mozart e il marzemino "trentino".
Siamo proprio sicuri che il marzemino "eccellente" associato a Mozart (effigie e frase adattata dal libretto dell’opera
"Don Giovanni"), nella pubblicità in occasione della recente Mostra dei vini, sia davvero quello trentino?
Le parole di Don Giovanni ("Versa il vino... Eccellente
marzimino!", forse per il rispetto della rima) che appaiono
nel testo di Lorenzo Da Ponte di Ceneda (oggi Vittorio
Veneto), non potrebbero piuttosto riferirsi a un marzemino
"veneto", il cui nome deriverebbe addirittura dal villaggio
Marzinin (Marzimin) della Carniola, da dove il vitigno si
diffuse? Già nel secolo XVII – nota divertente – il suonatore di tiorba B. Castaldi da Modena poneva proprio all’inizio
d’un inventario dei propri beni "un barilotto di Marzemino
di Vicenza" (anche se il Valdrighi, musicologo modenese
talora spassoso, che ne parlava oltre cent’anni fa, non lo
riconosceva pari a certi vini emiliani...).
A meno che lo stesso Mozart, avendo molto probabilmente assaporato il prezioso nettare nei suoi soggiorni a
Rovereto e dintorni, non abbia voluto che si sottintendesse
il celebre e ineguagliabile prodotto trentino.
Ma che ne direbbero i compaesani di Salieri, nativo di
Legnago?! (Escluderei comunque l’allusione al "barzemino"
lombardo, diverso di sapore e colore, che pure qualcuno collega al nostro vino). Ma che "business", il bicentenario
mozartiano!
(“Alto Adige” dell’ 8 maggio 1991)
203
A Musicall Banquet
2. Basta la musica per sbattere Mozart in prima pagina.
Già da vent’anni era noto che Mozart morì per insufficienza
renale, e non per avvelenamento: la “diagnosi” era dovuta a
Louis Carp, che la esponeva sul "Bulletin of New York
Academy of Medicine" (aprile 1970). Erano i tempi in cui
grandi pagine strumentali del Salisburghese circolavano anche
fra i non addetti ai lavori e i musicofili, grazie agli spericolati
Swingle Singers e agli adattamenti per juke-box di Waldo de
Los Rios. Ma allora Mozart non “faceva notizia”.
Oggi, dopo il famoso film "Amadeus" (con la riconosciuta
forzatura del finale, da parte del regista), e ormai in vista delle
celebrazioni per il secondo centenario della morte del musicista, Mozart passa in cronaca, anzi, in “cronaca nera”, e addirittura in prima pagina con foto ("Alto Adige" del 14 settembre),
con “assoluzione” del suo presunto assassino, Antonio Salieri.
Il fatto è dovuto, secondo la stampa, ad una “scoperta” di
Mary Wheather, dottoressa in un ospedale inglese, dopo l’esame di una sorta di “cartella clinica” del defunto ("Journal of
the Royal Society of Medicine", 13 settembre 1990). Una scoperta in cui non c’era ormai nulla... da scoprire (anche se contiene alcune considerazioni mediche e umane forse inedite).
Vorrei dunque concludere con la triste constatazione che,
per porre all’attenzione della grande platea dei lettori la figura
di Mozart, non bastava la sua musica, ma ci voleva il morto, o
meglio la vittima di un assassinio mai commesso. E una tesi
“fresca” sul suo decesso. Speriamo che tutto questo faccia almeno avvicinare qualcuno, fra i digiuni di musica, all’opera
mozartiana. Altrimenti bisognerà puntare sul rotocalco.
(“Alto Adige” del 23 ottobre 1990)
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A Musicall Banquet
N.B.: Sulla morte di Mozart non sono state, ovviamente,
considerate altre ipotesi, esposte in seguito nel volume
"Musica e medicina" di J. O’Shea (trad. ital. Torino, 1991)
o in studi successivi.
3. Povero Mozart: lasciamolo in pace almeno da morto!
Povero Mozart! Prima bastava che fosse morto nel suo letto
per una malattia, pur grave; poi doveva risultare assassinato,
avvelenato dal "rivale" Antonio Salieri; ed ora – stando alle
conclusioni d’un illustre medico inglese – per eccesso (erroneo) di somministrazione di farmaci da parte del medico
di... fiducia (“Alto Adige” del 13 ottobre, rubrica
"Spettacoli").
Invero, nessun decesso di musicista ha fatto più cronaca
(anzi, "spettacolo") di quello del grande salisburghese, specie in questo anno bicentenario: non la curiosa fine di Lully,
nel 1687, per un ascesso a un piede degenerato in cancrena,
in seguito a un malcapitato colpo del bastone col quale il
maestro batteva il tempo all’orchestra; né la prematura
morte per tisi, a soli ventisei anni, di Pergolesi; e nemmeno
bastavano gli ultimi penosi anni di vita di Donizetti e
Schumann, lo straziante suicidio di Cajkovskij e l’annegamento in naufragio di Granados nel 1916, per l’affondamento della nave "Sussex" ad opera di un sommergibile
tedesco nel Canale della Manica.
E non facevano "cronaca" neppure la tremenda morte per
cancro di Debussy, Ravel e Casella e, almeno ai nostri giorni, quella di Anton von Webern il 15 settembre del ’45, a
pochi mesi dalla fine della guerra, nei pressi di Salisburgo:
uscito al buio in giardino per fumare una sigaretta, durante
205
A Musicall Banquet
il coprifuoco, rimase colpito per tragico errore dai proiettili
sparatigli da un militare degli Alleati.
Ora, per la scomparsa di Mozart, manca solo l’ipotesi del
suicidio, o del decesso causato da incidente... stradale nei
dintorni di Vienna. Quando la finiranno? Si leggeva sui
muri, una volta: "Dio è morto, Marx anche, ecc. ecc.". Io
aggiungerei: "e finalmente anche Mozart": ma lasciamolo in
pace, una buona volta!
(“Alto Adige” del 15 ottobre 1991)
4. Il bistrattato della “K” di Mozart.
Nel manualetto dedicato alla musica nella collana "I bluff"
edita da Mondadori, Peter Gammond scrive scherzosamente di Mozart che, "come tutti sanno, l’unica sua caratteristica è di avere composto Köchel invece che opere, cosa che
nessuno ha mai fatto, né prima né dopo di lui".
Sentita un’annunciatrice di Radiotre, sabato 7 dicembre
verso le 15.30 nel programma "I maestri dell’interpretazione: Ton Koopman", risulterebbe invece che anche un altro
grande compositore avrebbe preceduto il salisburghese,
Domenico Scarlatti: infatti fu di lui annunciata l’esecuzione
della Sonata in la maggiore per cembalo K. 208, in cui però
la lettura dell’abbreviazione veniva sciolta alla maniera...
mozartiana (Köchel ), anziché tener conto che qui quella
lettera stava come iniziale del cognome Kirkpatrick (Ralph),
il clavicembalista americano che ricatalogò le sonate del
celebre clavicembalista napoletano, dopo la prima classificazione fattane da Alessandro Longo (sigla L.). Ma la cosa più
stucchevole, in quella circostanza, fu la pronuncia di quel
206
A Musicall Banquet
famoso cognome (nonostante il "bombardamento" mozartiano di quest’anno bicentenario): "Keghel"!
In verità, ci sono almeno due Kegel nella storia della
musica: Emanuel (1654-1724), compositore tedesco di cantate e addirittura concittadino di Bach, ed Herbert, direttore d’orchestra e didatta nato nel 1920 a Dresda e qui attivo.
Ma nessuno dei due ha a che vedere con l’austriaco Ludwig
Alois Friedrich von Köchel (1800-1877), al quale si deve la
prima sistemazione cronologica del catalogo delle opere di
Mozart, apparso a Lipsia nel 1862. E ancor meno c’entrano
Kogel (Gustav Friedrich), tedesco, direttore d’orchestra ed
editore di musiche pianistiche (1849-1921) e Kagel
(Mauricio), il compositore e direttore d’orchestra argentino
nato nel 1931 e operante per molto tempo in Germania,
specialmente nel campo della "Neue Musik".
Forse in più recenti edizioni del DOP ("Dizionario d’ortografia e di pronunzia") pubblicato dalla ERI sarà stato
accolto anche Köchel, non presente in quella che io posseggo (1981). Ma da quanto ho riferito, pare di no. Oppure la
speaker era sicura del fatto suo.
(“Alto Adige” del 18 dicembre 1991)
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A Musicall Banquet
AMORE CANTATO IN TUTTE LE SALSE
C’è, nel repertorio operistico e operettistico,
anche quello industrioso, in botte e in manicomio.
Quando, nel settembre scorso, redigevo un articolo apparso
poi in questa rubrica, non pensavo che la qualifica di "sillabario musicale", usata per l’occasione, sarebbe poi diventata
lo spunto per una serie di scritti su argomenti disposti in
ordine alfabetico.
Mi permetto invece di tralasciare momentaneamente il
rigoroso ordine impostomi, per colmare una involontaria
lacuna: la mancanza d’un cenno alla lettera "a". E vorrei
farlo in modo consono al calendario, ossia al carnevale, proponendo uno "scherzo", giocato su titoli di melodrammi,
balletti, opere e operette appositamente selezionati, che
abbiano inizio appunto con la parola "amore" (amor, amour
e simili). Ne vedremo così l’essenza e la natura, attributi e
qualifiche, le diverse circostanze e motivazioni o le "modalità" in cui si attua, e infine gli effetti, talora anche curiosi.
A cominciare da quell’"Amor rende sagace" di Cimarosa,
scoperto da Giuliano Tonini e Tarcisio Chini nel fondo
Toggenburg a Bolzano e portato sulle scene in prima ripresa moderna nella revisione dello stesso Tonini alla Haus der
Kultur e recentemente riproposto al Comunale di Bologna
da Enzo Dara.
Cosa è, dunque, l’amore? Potrei presuntuosamente
rispondere, con una diffusa ma falsa lettura d’un verso del
"Trovatore", che "l’amore è un dardo" (storpiatura dell’esclamazione del Conte di Luna: "Ah! l’amore, l’amore
ond’ardo").
No. I nostri titoli – per lo più citati non fra virgolette e
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A Musicall Banquet
senza indicazione di autori, anni e luoghi d’esecuzione delle
opere corrispondenti – parlano di amor coniugale, filiale,
fraterno, contrastato, innocente, immaginario, innamorato
(enamorato o pour amour), perfetto o addirittura "in musica"; dicono che può essere "nato tra l’ombre", o tra nemici,
o "prodotto dall’odio"; che non ha riguardi e non ha ritegno; che può essere "médecin" (Molière, con musiche di
Lully, 1665) o "mutuel" (J. - B. Du Tartre, 1729) e che
"vuol sofferenze" (L. Leo, 1739) o, ahimé, "vuol gioventù"
(Scherzo drammatico di G.B.Mariani, 1659).
L’amore inoltre può rivelarsi costante, sincero, generoso,
vero, allegro, volubile, industrioso e perfino eroico; oppure
contadino, artigiano, ingegnoso, mulinaro, soldato, marinaro, regnante; e, ancora, indovino, bizzarro, stravagante, prigioniero, ramingo, tirannico, deluso, filosofo, giustificato e
"in caricatura"; infine, secondo i francesi, "captif", "charlatan" (operetta di J. Ruelle, 1867), "de notaire" (notarile) e
finanche "en miniature" (opéra comique di Bonnefoy, 1853).
All’amore si può arrivare per interesse, per oro, per virtù,
per finzione, per magia o per... forza; e non manca quello
della patria, così come quello "di un angelo", o "di un
mozzo" e, curiosamente, "d’un trombone" (operetta di M.
de Croisilles, 1863).
Che l’amore possa essere platonico, senza malizia, segreto
o anche muto, è ben comprensibile; e si può pure capirlo in
ballo, in maschera, in sogno e perfino "in campo" (A.
Sacchini, 1762) o elegantemente "en livrée" (operetta di G.
Street, 1883); ma sembra complicato realizzarlo "in trappola" (T. Traetta, 1768) o "fra gli impossibili" (C. Campelli,
1693).
Dolce dev’essere amoreggiare tra le rose ("Love among
209
A Musicall Banquet
the Roses", operetta di W. Kitchiner, 1822), stimolante "a
suon di tamburo" (G. A. Speranza, 1845), allucinante in
manicomio ("Die Liebe im Narrenhause", Singspiel di C.
Ditters v. Dittersdorf, 1787), scomodo in una botte, anzi in
una tinozza ("Love in a Tub", balletto di Sir H. R. Bishop,
1808).
Quanto agli effetti (oltre a quello già sottolineato da
Cimarosa), constatiamo i prevalenti benefici: amor la vince,
vince lo sdegno, non soffre l’opposizione, astuzia insegna,
aguzza l’ingegno, dà senno, "Love makes a Man" (G. Finger,
1700)); ma, a volte, "fa l’uomo cieco" (opera buffa attribuita a Pergolesi, rappresentata a Napoli intorno al 1731).
Infine, per chi vuole tenere i conti, "Amor torna in cinque
al cinquanta" (opera comica in dialetto bolognese, rappresentata nel 1699, d’autore incerto); "Der Liebeskompass"
(K.F. Ebers, 1797), per chi ha perso la... bussola; e, per ogni
decisione, ricordarsi di mettere "L’amor alla prova", come
scrisse Filippo Marchetti (opera semiseria, rappresentata a
Torino nel 1873).
(“Alto Adige” del 23 febbraio 1993)
210
A Musicall Banquet
ORGANI... TRAPIANTATI
Andata senza ritorno
Leggo su “l’Adige” del 13 corrente, in "Locandina", che la
parte organistica del concerto inaugurale della 2a edizione
dei “Fiori musicali”, verrà eseguita nella sala della Stua nel
castello del Buonconsiglio, su "un organo positivo risalente
al 1662 e proveniente dalla chiesa dell’Inviolata di Riva".
Chissà come saranno contenti i vari storiografi rivani
(Baruffaldi ecc.), che davano lo strumento come scomparso,
trafugato, irreperibile.
L’organo sarà "positivo", ma il fatto è certamente "negativo": perché non lo rimettono al suo posto, al mio paese
natale?
(“l’Adige” del 18 giugno 1991, sotto
il titolo “Appunti musicali”)
L’organo desaparecido di San Domenico a Bolzano
A San Domenico manca un organo. Da oltre due secoli: da
quando glielo trapiantarono altrove, al punto che se ne persero le tracce.
Ora un’équipe vorrebbe rimetterglielo, nuovo; ma l’intervento è reso difficile anche dal fatto che il “corpo” non è di
uno solo!
Alludo al corpo architettonico costituito dalla chiesa e dal
complesso conventuale dei Domenicani nel centro storico
di Bolzano, appartenente in parte al Comune, in parte al
Demanio (e in questo dovrebbe essere costruito lo strumento, il primo proposto nell’ambito della parrocchia del
211
A Musicall Banquet
Duomo dalla comunità di lingua italiana).
Non pare ancora ben nota quale sia stata la fine dell’antico organo, dopo la soppressione del convento e la confisca
di tutti i beni, per volontà di Giuseppe II, nel 1785. Certo
oggi si vorrebbe uno strumento (ancora mancante a
Bolzano) capace di rendere le musiche di Frescobaldi (15831643) e dei maestri della sua scuola, ossia un organo del
Seicento “italiano”. Con la speranza che l’aggettivo non
venga frainteso, sostenendo la necessità che lo strumento
sia... bilingue. Ma ai tempi di Frescobaldi nelle chiese cattoliche si cantava in latino !
(“Alto Adige” del 12 dicembre 1992)
212
A Musicall Banquet
APPUNTI SU BEETHOVEN
1.
Mai avevo saputo che Beethoven fosse "nero", come leggo
sul vostro giornale del 14 corr., p. 47 (Flash/Musica).
La notizia apparsa sulla rivista "Pride" in un articolo di
Shabaz Lamumba, lascia di stucco. Come quella, apparsa
altrove, sul cranio di Mozart, pescato a caso con la lenza (si
fa per dire) nella fossa comune al cimitero di Vienna
(Mozart non ebbe gli onori funebri di altri colleghi, anche
meno illustri) e poi rigettato dentro, perché si è accertato
che non era il suo 1.
Beethoven comunque, anche se fosse stato "nero" (e forse
lo sarà stato, di umore, in tanti momenti, per la sordità, le
cose che gli andavano storte, ecc.), ha composto musica
"bianca", ossia secondo il sistema e gli stilemi in voga
nell’Europa occidentale, e non quelli degli Zulu o dei
Watussi.
Farò comunque accertamenti su quella "Frau Fischer",
che dava di lui quei caratteri somatici che hanno fatto pensare all’Africa (ma che le avrà fatto, il buon Ludwig?).
(“l’Adige” del 18 giugno 1991, sotto
il titolo “Appunti musicali”)
2.
Secondo argomento: capelli. Non mi riferisco al compositore parmense Giovanni Maria Capelli (1648-1726), autore
fra l’altro delle opere "La verità nell’inganno" (espressione
sempre attuale) e "L’amor politico e generoso della regina
Ermengarda" (qualità rara!); e nemmeno ai capelli evocati in
quel gioiello pianistico ch’è il preludio "La fille aux cheveux
213
A Musicall Banquet
de lin" di Debussy o in certe canzonette oppure in canti
popolari montanari. Parlo d’un caso che vorrei definire di
"musicotricoterapia", del quale leggevo sull’"Alto Adige" del
4 settembre: "Beethoven contro la calvizie".
Dunque, dopo il Mozart "multiuso", non poteva mancare Beethoven, almeno per una terapia che attendevo da anni
e non tarderò a provare su di me ! La folta capigliatura del
genio di Bonn sarebbe dovuta alla sua musica, e non alle sue
origini "nere", come sosteneva o addirittura rivendicava
l’anno scorso sulla rivista "Pride" Shabaz Lamumba, secondo la descrizione di tratti somatici fatta da un’amica del
compositore (che aveva una chioma... invidiabile).
La sperimentazione moderna della musicoterapia nel settore delle varie applicazioni cliniche ha sortito effetti anche
sul fegato (dr. Campione). Non vi sarebbe quindi da stupirsi; ma c’è chi fa osservare che, forse, ad arrestare la caduta dei
capelli in Beethoven fu invece il fatto che egli non poteva,
purtroppo, ascoltare la sua musica: Beethoven infatti –
riporto io questa battuta un po’ freddina – era così sordo,
che credeva di essere un... pittore!
(“Alto Adige” del 20 novembre 1992, sotto
il titolo “Cori, capelli e canto gregoriano”)
Nell’ottobre 1998 i giornali davano notizia che un paleontologo
austriaco avrebbe trovato conferma che il cranio conservato al
“Mozarteum” di Salisburgo sarebbe effettivamente quello di Mozart,
avendone attentamente confrontato i vari aspetti (fronte, mascella,
cavità oculari) con quelli rilevabili in una serie di ritratti del grande compositore. E il cranio risultava essere appartenuto a un uomo sotto i quarant’anni. Anche per Beethoven, dopo i progressi degli studi antropologici, non farebbe più sorridere (o scandalizzare) l’ipotesi che egli fosse
“nero” per certi tratti somatici, avendo invece la sua pelle potuto perdere l’abbondante pigmento che determina il colore, appunto, nella cute
dei negri.
1
214
A Musicall Banquet
GERARCHIE... "ECCLESIASTICHE"
1.
Voler illustrare un programma di musica operistica agli
Amici della lirica è come voler parlare di Dio... al Papa (ci si
perdoni l’irriverenza!), tanta è la conoscenza del repertorio
da parte dei fedelissimi del teatro musicale. Ma, poiché
anche fra i credenti s’insinua il... demonio – indifferenti,
scettici, agnostici o addirittura nemici (vedi in un certo
senso il quinto tipo di ascoltatore secondo Adorno, quello
risentito (o "astioso”), il quale non concepisce, per esempio,
altro che un solo genere di musica o autore) – , bisogna dire
almeno due parole sull’argomento. Tanto più che il programma ci pone di fronte a due grandi figure del teatro
musicale del tardo Settecento (Mozart) e del primo
Ottocento (Rossini)...
(Esordio delle note al programma
del concerto dell’Orchestra “Haydn”
per l’associazione “Amici della lirica” di Bolzano - 7 e 9 dicembre 1989)
2.
Nella pagina introduttiva dell’opuscolo contenente i programmi della stagione estiva ’91 dell’orchestra "Haydn",
dedicata a una pur "telegrafica" storia del complesso, accanto al nome del primo direttore stabile, Antonio Pedrotti, che
condusse l’orchestra per quindici anni, secondo me doveva
figurare anche quello del primo direttore artistico della stessa "Haydn", ossia il maestro Andrea Mascagni, soprattutto
perché ne fu il promotore e fondatore (con l’ing. Pasquali e
215
A Musicall Banquet
altre persone e istituzioni delle nostre due province). Citato
Pedrotti (e i suoi successori presenti e... futuri), si salta a
Hubert Stuppner, ignorando il suo predecessore nella carica
di direttore artistico [...]. Mascagni ha lavorato trent’anni
per la "Haydn"! Tutto questo mi fa pensare (con le dovute
scuse se mescolo il profano col sacro): "È come se il Papa,
oggi, volesse ignorare, fra i suoi predecessori, proprio... San
Pietro".
(“Alto Adige” del 20 luglio 1991,
sotto il titolo “Mascagni ignorato
nella storia della Haydn”)
3.
Nunzio Montanari, pianista, compositore, didatta e concertista di fama mondiale con il “Trio di Bolzano”, mi raccontava d’un pescatore romagnolo che, di buon mattino, lo aiutava a manovrare le reti sulle spiagge di Riccione: “Signor
Montanari, tiri! Signor Montanari, molli!”.
“Ma senta: non per presunzione, ma per curiosità, mi
domando perché mai lei non mi chiami maestro, come avrà
forse sentito fare da altri, qui intorno”.
“Mi scusi, ma pensando al Maestro mi viene in mente
Nostro Signor Gesù Cristo!”.
(dalla lettera apparsa sull’“Alto
Adige”del 20 marzo 1993, sotto il
titolo “Ricordando un grande maestro
che non dimenticheremo mai ”, che
abbiamo riportato integralmente
nella prima parte di questo libro)
216
A Musicall Banquet
IL DISCO DELLA “HAYDN”
Ho letto sulla "Locandina" di mercoledì 5 febbraio l’annuncio di un concerto di mezzo inverno (un "sogno " shakespeariano... agli antipodi?) a cura della "Haydn" presso
l’Università di Trento, prima del quale l’assessore Tarcisio
Grandi avrebbe presentato "l’ultimo disco inciso dall’orchestra".
Spero, dai resoconti della manifestazione, di apprendere
che l’espressione "ultimo" voleva stare per "recente".
Altrimenti sarebbe un bel pasticcio, perché quello annunciato mi risulta essere il "primo" disco completo inciso dal
complesso regionale; e non è certo di buon auspicio ritenere che il primo sia già... l’ultimo.
A meno che non si voglia umilmente trovare consolazione col Vangelo (Matteo 20, 16), laddove Gesù predice:
"Così saranno ultimi i primi, e primi gli ultimi".
(“l’Adige” del 15 febbraio 1992)
217
A Musicall Banquet
L’ENSEMBLE GLADIO ALLE PRESE COL BRANO
PER PIANO SOLO *
In un negozio di musica un cliente chiede un pezzo per
“Piano Solo”. Dopo varie ricerche il commesso dice: "Ci
scusi, ma al momento non ne abbiamo. Provi a rivolgersi
alle Edizioni Gladio.
–
La giuria del concorso “Busoni” chiede a un candidato
quale pezzo ha portato alla prova preliminare (a porte chiuse) per “Piano Solo”. "Ho portato Gladio, opera postuma di
autore scomparso anni fa", risponde il concorrente.
"Ma non esibisce la partitura del brano, come vuole il
regolamento?", chiede la giuria.
"È stata distrutta –dice il pianista– ma la so a memoria".
–
Domando a un compositore se la sua ultima opera è un
pezzo per “Piano Solo”.
"No. – mi risponde – Questo pezzo è per l’ensemble
“Gladio”, e prevede fra gli strumenti l’impiego di bombarde, trombe marine, corni inglesi e francesi e, nel finale, perfino i colpi di cannone come nell’op. 91 di Beethoven e
nell’Ouverture 1812 di Cajkovskij. Vi è anche una parte
assai impegnativa per violino solista, concepita espressamente per il maestro Daga, il quale si è però rifiutato di eseguirla, per non essere compromesso".
–
218
A Musicall Banquet
Che opera sceglierà il maestro Fabio Neri per la prossima
“Bolzano Estate”? Certamente "I gladiatori" di Giovanni
Jacopo Foroni, caduta in oblìo dopo la prima milanese del 7
ottobre 1851 (ne dovrebbe esistere anche una versione in
francese, messa in scena qualche anno dopo a Stoccolma).
Attenzione però: titolo originale dell’opera era "Spartaco";
ma il dizionario dello Schmidl ci informa che “per ordine
della polizia d’allora si dovettero però cambiare il nome e
non pochi versi”.
(“Alto Adige” del 15 dicembre 1990)
* Titolo originale della lettera: “Variazioni musicali su un
tema d’attualità”. Preciso che Fabio Neri dirigeva le esercitazioni orchestrali presso il Conservatorio di Bolzano, mentre il violinista Walter Daga fu per diversi anni spalla
dell’Orchestra “Haydn”.
Il piano Solo risaliva al 1964 ed era un progetto di golpe (dai
singoli piani d’intervento alla mappa della presa di Roma),
la cui figura di spicco era il generale De Lorenzo. La denominazione Gladio si riferiva invece a un’organizzazione militare segreta italiana, collegata con una struttura internazionale cui partecipavano paesi del blocco occidentale, attiva a
partire dal secondo dopoguerra.
219
A Musicall Banquet
SPARITA L’URSS, MA IL CIRILLICO
NON È CAMBIATO
Caratteri cirillici, non... “citrullici” (mi si passerà il termine)!
È finita l’Unione Sovietica, ma non la lingua e l’alfabeto che
si usano a Mosca.
Mi ha perciò molto stupito (ma in fondo divertito) la
curiosa lettura al nuovo “Telegiornale Uno” di lunedì 16
marzo, della sigla che contrassegnava quella superpotenza.
Una delle gentili conduttrici dell’edizione delle 13.30 e
poi alle 20.00, recidivo, il buon Badaloni, davano notizia
che sull’astronave in partenza per l’operazione di ricupero
dell’equipaggio della navicella abbandonata nello spazio,
sarebbe stata impressa per la prima volta la scritta della
C.S.I., e non più CCCP (letto appunto CiCiCiPi anziché,
correttamente, SSSR).
Questo mi fa ricordare una battuta di Gino Bramieri,
incisa in un disco piuttosto osé, fattomi comperare parecchi
anni fa dal mio (ignaro) bambino e che dopo il primo ascolto io corsi a “nascondere” nella mia collezione di LP, fra
Brahms e Bruckner.
Chiedeva il grande comico: “Cosa vuol dire quel CCCP
sulle magliette degli atleti sovietici?”
Risposta: “Cucurucù, Paloma!”
(“Alto Adige” del 21 marzo 1992)
220
A Musicall Banquet
IL CAFFÈ È SALITO A MILLE E TRECENTO.
CANTIAMOCI SU CON MOZART
Chissà se la giovane protagonista della famosa “Cantata del
caffè” (BWV 211) di J.S. Bach, degustatrice accanita –appunto– di caffè, se la sentirebbe ancora oggi, con l’aumento dei
costi, di sfidare il padre che tentava di farla smettere con ogni
mezzo, e se ancora canterebbe l’aria “Ei! wie schmeckt der
Coffee süsse” (com’è dolce il sapore del caffè).
Forse si rassegnerebbe a diminuire, almeno, la dose giornaliera della gustosa bevanda, magari cambiando in “Teuerkeit”
(alto costo) l’ultima parola dell’attacco dell’aria citata, naturalmente in senso ironico.
In questo preoccupato e convulso clima elettorale, vorrei
contribuire modestamente a un alleggerimento della tensione,
proponendo – “misellus poetaster” – dei versi forse “nimium
vitiati” (uso pomposamente le espressioni che, prima del
Mille, un critico conservatore attribuiva agli iniziali tentativi
per una nuova poesia con metrica accentuativa).
Sono una parafrasi parziale delle prime due quartine del
celebre brano di Leporello nel “Don Giovanni” di Mozart
(atto I, scena quinta), nel quale il servitore enumera all’indignata Donna Elvira – tradita come tante altre – le conquiste
fatte dal suo padrone nei vari paesi (in Italia, Germania,
Francia e Turchia, per concludere: “ma in Ispagna son già
mille e tre”). Ma si sottintendano “lire”, e non più “donne”.
“Madamina, il catalogo è questo / dei caffè, come costan da
noi, / un catalogo egli è che ho fatt’io: / osservate, leggete con
me. / A Bolzano, in un bar, ancor mille, / ed a Trento, qua e
là, mille e cento; / in region per lo più mille e due; / ma a
Caldaro son già mille e tre.”
Ringrazio dell’ospitalità e chiedo perdono per questa “esternazione”: ma il caffè mi è troppo... caro.
(“Alto Adige” del 5 aprile 1992)
A Musicall Banquet
MEGLIO TARDI CHE MAI
A meno che non mi sia sfuggita, non mi sembra ancora
apparsa su queste colonne (forse nell’edizione di Trento?)
una recensione del “Dizionario dei musicisti nel Trentino”
di Antonio Carlini e Clemente Lunelli, opera che proprio io
ebbi il compito di presentare il 20 marzo scorso nella nuova
(seppur provvisoria...) sede della Biblioteca comunale in via
Madruzzo, parzialmente aperta in quella circostanza: la
grande sala di lettura con annessi altri locali e uffici.
Non vorrei, paradossalmente, che per l’elegante, accurata
e robusta pubblicazione stampata dalle Grafiche Artigianelli
per il Comune di Trento / Biblioteca comunale, si dovessero usare, in futuro, espressioni come questa – assai divertente – relativa al primo libro di “Intavolatura di liuto” di
Vincenzo Galilei (il padre del grande Galileo), apparso a
Roma nel 1563: “Credo che nessuno ne abbia mai parlato –
scriveva Oscar Chilesotti, uno dei pionieri della nostra
musicologia, sulla "Rivista musicale italiana" nel 1908 – e
perciò parmi opportuno di farne la recensione, pure dopo
tre secoli e mezzo dalla sua pubblicazione”!
Nel nostro caso sono passati appena due mesi; quindi si
può rimanere ancora in attesa che uno dei critici ufficiali di
questo quotidiano, liberato dagli impegni per stagioni e
festival concertistici, trovi il tempo per esaminare l’opera e
parlarne nell’apposita rubrica.
Infatti, io non ne voglio fare qui una recensione...
(“Alto Adige” del 23 maggio 1992)
222
A Musicall Banquet
L’ICI DA PAGARE
Ma la donna non va calcolata.
I versi di Francesco M. Piave per “Rigoletto” di Verdi non
saranno granché; ma dal momento che quel librettista ha
sentenziato, per bocca del Duca di Mantova, che “la donna
è mobile”, gli dobbiamo essere grati. La donna, infatti, non
va calcolata... nell’ICI.
È ormai inverno: calando la temperatura, aumentano le...
freddure! E buon Natale!
(“Alto Adige” del 17 dicembre 1993)
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A Musicall Banquet
LE NOTE... E IL FISCO *
Non è stata ancora ritrovata la partitura dell’opera seicentesca "Il Romolo e ’l Remo" di Francesco Cavalli su libretto di
Giulio Strozzi, la cui prima rappresentazione era avvenuta a
Venezia nel carnevale 1645. Peccato, perché una sua "ripresa" moderna sarebbe interessante, anche se essa potrebbe
creare qualche grana ai due imbarazzati personaggi, in quanto non penso avrebbero da esibire la ricevuta fiscale relativa
all’allattamento, poppato dalla lupa che li aveva salvati dalle
acque del Tevere.
Ma forse il competente Ministero potrebbe chiarire con
una circolare i termini della questione (scaduti?), magari con
una sanatoria, anche per le migliaia di italiani che (come
me) appartennero un tempo ai... "Figli della lupa". In caso
contrario, alla lupa e ai capitolini non resterebbe che...
"capitolare" dinanzi al volere dell’Amministrazione finanziaria, la quale verrebbe così a gravare con una nuova imposta su buona parte d’un popolo "che l’erario a pena sazia"
(Andrea Chénier, Quadro primo, "Improvviso").
(“l’Adige” del 17 aprile 1992)
* la lettera è collegata alle notizie di alcune “curiose” richieste di “ricevuta fiscale” da parte degli organi di controllo,
come quella rivolta a un bambino che usciva dal fornaio con
alcune caramelle ricevute... in regalo.
224
A Musicall Banquet
“ISTITUZIONI” ANTICHE E ODIERNE
Musicologo, pensionato dal ’91 come bibliotecario e poi
docente in Conservatorio, iniziai l’attività nel campo dell’insegnamento musicale nel 1956. Fui nel gruppetto dei
fondatori della Scuola musicale di Riva del Garda; seguii
dalla nascita e per alcuni anni col maestro Demadonna quella di Storo e così feci per quello che è oggi il Centro didattico musicale di Rovereto, all’epoca scuola di musica
"Do.Re.Mi.".
Fui anche in alcune organizzazioni di cultura e spettacoli
musicali, nonché per un certo periodo membro del direttivo dell’Associazione scuole musicali del Trentino e, tornato
in Alto Adige, presidente del comitato artistico dell’Istituto
per l’educazione musicale in lingua italiana di Bolzano, che
abbraccia tutto il territorio della provincia.
Mi pare dunque di avere le carte in regola – così come
altri colleghi – per unirmi in coro all’assessore Paola Conci
nelle giuste e accanite rimostranze per il temuto abbandono
ad un destino amaro delle scuole musicali (con migliaia di
iscritti), in conseguenza d’una forte (anzi esagerata) riduzione degli stanziamenti provinciali per la cultura e lo sport,
come ho letto nell’Adige di domenica 23 ottobre (Cronaca
di Trento).
Chissà se mi si lascia concludere secondo il mio "stile":
sarei quasi favorevole alla riapertura delle case chiuse; ma
non lo sono, certo, per la chiusura di quelle "aperte" (intendo, ovviamente, le scuole musicali)!
(“l’Adige” del 28 ottobre 1994, sotto il titolo “Uniamoci all’assessore / Salviamo le scuole
di musica”)
225
A Musicall Banquet
"CORTIGIANI, VIL RAZZA DANNATA"
Amare soluzioni di un cruciverba senza "orizzontali"
Propongo ai coristi, come passatempo, per qualche domenica libera da concerti o rassegne, la lettura di questo scritto
piuttosto singolare, che avevo puntualmente predisposto già
come gioco per le feste di Natale e Capodanno, poi per
Carnevale, ma senza possibilità di realizzazione, dal momento che nel ridottissimo numero precedente di "Coralità"
questo pezzo, come altri, non trovò posto, per ristrettezze di
spazio e urgenza della stampa.
Questo gioco, che forse sarà ormai da prendere come
amara constatazione (dato il tempo passato dal giorno della
consegna, 22 dicembre, a oggi, e gli eventi intercorsi), è più
particolarmente un cruciverba, ma truccato; nel senso che,
sotto le immediate risposte – che, ovviamente, saranno giuste – se ne celano altre: amare appunto, e sconfortanti.
E forse non ci sarà tanto da divertirsi, perché – ribadisco
– probabilmente l’argomento fondamentale non risulterà
più di attualità, ma già tristemente archiviato. Inoltre, io
stesso scioglierò qui i dolorosi enigmi, anziché lasciarne il
compito ai lettori o farlo, come d’uso, al numero successivo.
Per la precisione, le risposte sarebbero tutte da dare in verticale, perché tale è la strada per il baratro conclusivo verso
il quale il discorso, anzi i fatti denunciati, potrebbero portare. Nessun incrocio con orizzontali, quindi; altrimenti, nel
nostro caso, a dover andare "in croce" (spero si comprenda
la forzatura dell’espressione) sarebbero molte: ma persone,
non parole!
Quesiti (e relative risposte, fra parentesi). Quali personaggi – e in quale opera verdiana – pronunciano i seguenti
226
A Musicall Banquet
versi: 1) "All’erta, all’erta!" (Ferrando, nel Trovatore); 2) "Sì:
corre voce che l’Etiope ardisca" (Ramfis, capo dei sacerdoti,
nell’Aida); 3) "Vanne; la tua meta già vedo" (Jago,
nell’Otello); 4) "Va, pensiero, sull’ali dorate" (Ebrei incatenati e costretti al lavoro, più noto come “Coro di schiavi
ebrei”, nel Nabucco); 5) "Follie!... follie!... delirio vano è
questo!..." (Violetta, nella Traviata); 6) "Sento l’orma dei
passi spietati" (Renato, in Un ballo in maschera); 7)
"Cortigiani, vil razza dannata" (Rigoletto, nell’opera omonima); 8) "Sì, vendetta, tremenda vendetta" (Rigoletto, ivi);
9) "Questa o quella per me pari sono" (Il Duca, nella stessa
opera); 10) "Tutto nel mondo è burla" (“Tutti”, nel finale
del Falstaff ); 11) Le iniziali dei sostantivi, nella frase
"Rovina dell’arte musicale in Italia" (più sotto, nella seconda serie di soluzioni, la risposta sarà uguale, dopo che ne
avremo dato spiegazione con quanto segue).
Non sto a tergiversare. Sabato 5 dicembre [1992] il
“Corriere della sera” (p. 33) dava, sotto il titolo
Smantellamento / Orchestre RAI: “Nessuno s’illuda”, il seguente "flash":
"Le decisioni sulla ristrutturazione delle orchestre e dei cori
della Rai sono già state prese e non credo giovi a nessuno illudere o illudersi che possano essere cambiate". Lo afferma il vice
direttore generale per la radiofonia, Corrado Guerzoni.
Pessimistiche anche le dichiarazioni del direttore della Rai di
Torino, Giovanni Ayassot, secondo il quale il coro Rai di
Torino, come quelli di Milano e Roma, sono in via di smantellamento ed è inutile "illuderne i componenti per strategia politica". Dal canto suo il ministro Margherita Boniver ha detto:
"Farò il possibile affinché l’orchestra Scarlatti di Napoli continui".
227
A Musicall Banquet
La decisione era nota da tempo: sono numerosi gli interventi, le lettere, le manifestazioni di protesta, i documenti,
anche con firme autorevoli. Uno recava fra le altre anche
quelle di Muti, Abbado, Gavazzeni, Berio e Pollini; né mancava di farsi sentire Giovanni Acciai, ultimo direttore del
glorioso Piccolo coro polifonico di Roma della Rai. Recente
è, infine, una lettera apparsa sul numero di dicembre del
"Giornale della Musica", nella quale la Federazione italiana
dei compositori di musica contemporanea "lancia un appello per salvare Orchestre e Cori Rai", avendo dovuto "constatare come ancora una volta, da parte dei vertici aziendali
di viale Mazzini, si penalizzi (con un’ottica veramente
miope) la cultura musicale in Italia". Infatti, continua la lettera, "è solo attraverso la costruzione, il progetto e l’utilizzazione di qualificati professionisti e tecnici, che l’ente stesso
ha tra i suoi dipendenti, che si può costruire un progetto
culturalmente valido".
Mi auguro di sbagliare; ma a me sembra che ormai, nel
nostro Paese, come cori professionisti siano rimasti soltanto
quelli degli Enti lirici (non tutti necessariamente specializzati anche nella polifonia e in altri generi non teatrali). Vi
sono peraltro moltissimi cori amatoriali anche di ottima
levatura, come quelli che nella nostra regione contribuiscono alla realizzazione di molte manifestazioni del Festival di
musica sacra, dell’Orchestra "Haydn" e di altri organismi
più o meno stabili.
Ma è il principio, che è poi sostanza, che non deve venire meno: il coro di professionisti è uno dei frutti di un’accorta istruzione musicale; senza la quale nemmeno vi può
essere "educazione" musicale, tantomeno di massa. E ben a
ragione Massimo Mila sottolineava, nell’ormai lontano con228
A Musicall Banquet
vegno "Musica e cultura" (Fiesole, 1966), che "può darsi
benissimo che in Italia il fenomeno della dissociazione della
musica dalla cultura sia proceduto ancor oltre che in altri
paesi, e naturalmente vi fa più spicco che altrove, in considerazione della gloria che proprio in quest’arte l’Italia ha
raggiunto...".
L’illustre musicologo riassumeva poi un significativo dato
statistico, che qui mi piace tuttavia riportare nella versione
datane da Andrea Mascagni in un fondamentale studio su
"L’insegnamento della musica in Italia", apparso nel
1968/69 sulla Nuova Rivista musicale italiana. Il 4 dicembre 1962 – ricorda Mascagni – Fedele D’Amico così si esprimeva nel corso di una conversazione radiofonica:
"Afghanistan, Cambogia, Ceylon, Thailandia, Repubblica
Dominicana, Vietnam, Italia. Non è un girone di qualche
campionato del mondo. È soltanto l’elenco dei sette Paesi,
fra i 73 aderenti al Bureau International d’Education di
Ginevra, che fra le materie obbligatorie della scuola non
comprendono la musica".
Per la verità, questi dati erano stati forniti con maggiore
esattezza (ma con la stessa bocca amara) da quell’apostolo
della didattica musicale – in particolare corale – che fu
Achille Schinelli, già nell’ottobre 1959 sul periodico
"Musica d’Oggi", e più avanti ripresi nell’ora defunta rassegna "Educazione musicale" di Riccardo Allorto (1965, nn.
2 e 4). E a trent’anni di distanza, le cose sono un po’ cambiate (ma quanto, se in meglio?).
Posso dunque sciogliere gli enigmi del cruciverba: 1) I
coristi della RAI, allarmati alla notizia per la minaccia di
smantellamento; 2) la conferma delle intenzioni della RAI
(L’Etiope); 3) il destino previsto per i suddetti coristi; 4) il
229
A Musicall Banquet
pensiero della perdita dello stipendio; 5) l’incredulità dei
coristi, che pensano d’aver sognato; 6) s’avvicinano inesorabilmente le dure decisioni; 7) imprecazioni contro i "padroni"; 8) la meditano gli interessati (e danneggiati); 9) l’indifferenza di tanti italiani per le vicende dei cori (e della musica); 10) No comment! 11) Letto, siglato e sottoscritto!
I membri dei disciolti cori della Rai potranno tuttavia
trovare un po’ di consolazione, al punto del contratto che
prevede i trasferimenti (in facoltà dell’ente) in sede diversa,
se accetteranno (ma per quali mansioni?): a) garanzia di un
"decoroso alloggio" con un canone mensile che non superi
1/8 dello stipendio; b) rimborso spese di viaggio per sé e per
i congiunti; c) rimborso "spese del mobilio" preventivamente concordate con la RAI; d) rimborso dell’eventuale "perdita di pigione" quando non sia possibile sciogliere la locazione o far luogo a subaffitto fino a 6 mesi e, inoltre, la diaria nella misura minima di 20 giorni (anche per il coniuge
ed i congiunti a carico). Ma sono dati forse un po’ vecchi,
ricavati dal volume "La musica come professione /
Legislazione, Contratti, Giurisprudenza" di G.N. Vetro,
Parma 1970, p. 176.
I superstiti potranno intonare, se ne avranno le forze, il
"Coro di morti" di Goffredo Petrassi. Ma Sandro Filippi
dovrà purtroppo cambiare il titolo del suo bell’opuscolo
didattico "Un bel coro si potrà formar...", edito
dall’Accademia Lanaro a Malo nel 1985.
Non gli resta che scrivere: "Un bel coro si potrà... disfar".
(da “Coralità”, n. 4 Gennaio-Aprile 1993, pp. 17-18)
N.B.: Per la conclusione della “vicenda”, si legga il (pur230
A Musicall Banquet
troppo) spassoso resoconto su “La Voce” del 23 aprile 1994,
p. 21, sotto il titolo “A volte ricantano, con la ramazza”. –
Tuttavia, pur col rammarico per la notevole diminuzione di
posti di lavoro qualificato, la programmazione RAI di musica “classica” - soprattutto radiofonica - non sembra oggi
averne sofferto in modo particolare, grazie al massiccio
apporto di incisioni discografiche, esecuzioni dal vivo,
“dirette” con teatri e sale concertistiche e, naturalmente, alla
propria Orchestra sinfonica nazionale di Torino.
231
A Musicall Banquet
20. In una caricatura di Novi.
232
A Musicall Banquet
S... BANDATE
[“L’importanza di chiamarsi Ernesto”!]
Fra i membri del Comitato di Redazione della nuova serie
di “Pentagramma” è apparso Pier Luigi Dardo, mentre come
collaboratore di una scheda (pag. 12) si trova la stessa persona col nome di battesimo Gian Luigi: giusto e unico il
secondo, anche se il primo esiste, ed è mio figlio!
Questa svista redazionale ho però chiesto di poterla “far
pagare” con una breve menzione delle interpretazioni o
deformazioni alle quali è stato sottoposto il mio nome, e a
volte anche il cognome.
È facile comprendere come uno non possa indovinare o
ricordare dalla sola iniziale quale sia il nome: G. = Giuseppe,
per le note d’un mio fornitore; oppure Giovanni, per un
quotidiano locale nell’estate ’90, in un articolo riguardante
l’orchestra “Haydn”; infine Giorgio, per un’associazione di
Bolzano. Ancora nel capoluogo altoatesino, recentemente il
mio nome appare nell’indice del bel periodico “Il Cristallo”
come Giancarlo; ma poi giusto in calce all’articolo.
Più curioso è il nome di Francesco che mi fu attribuito
dal comitato torinese di “Italia 61” (allora ero assessore
comunale a Riva del Garda), che mi sembrerebbe ricavato
dal mio indirizzo di quei tempi (Viale San Francesco). E
proprio in una votazione della mia persona, in una riunione
di quel consiglio comunale, molti scrissero Luigi, che era
invece il nome di mio padre e che io insistevo fosse riconosciuto al mio posto, in quella particolare circostanza.
Il bello è che perfino fra le scritture dell’Anagrafe e dello
Stato civile di Riva del Garda le cose nei vecchi atti risultano
contrastanti (i due nomi di battesimo sarebbero scritti da una
233
A Musicall Banquet
parte uniti e dall’altra separati); tanto che per un concorso mi fu
intimato di mandare un atto notorio dal quale apparisse che
Gian Luigi e Gianluigi erano la stessa persona, pena la perdita
del posto che avevo vinto!
Non dimentico, ancora, alcune deformazioni del cognome:
“D’Ardo (nobile!) e Dardò (in Sudtirolo); e ancora Gardo (dal...
lago, nell’indice del volume per “Musica Riva” 1991) e Darolo,
che appare addirittura in indice analitico a p. 990 del Vol. IV
della “Storia della musica” ed. Feltrinelli, accanto al cognome
esatto, come se si trattasse di due persone differenti.
Ma forse, questo è lo scotto che devo pagare io stesso, per aver
voluto – quando fresco di diploma davo lezioni private nel mio
studio al primo piano – che mia madre, se qualcuno mi cercava, mi chiamasse alla finestra con un altro nome per non far
sapere che si riferiva a me: Ernesto.
Risultato. Al primo esperimento mia madre (invero assai spiritosa) chiamò: “Gian Luigi, guarda che vogliono Ernesto al
telefono!”.
(da “Pentagramma”, Anno 4, n. 3 Agosto 1993, p. 23)
N.B.: Aggiungo che in un referto di laboratorio della USL (25.05.98)
figuravo come Gianluca e che, in un plico recentemente inviatomi, il
mio nome era indicato come… Giuliano. Per il cognome, ho poi riscontrato deformazioni in Dardi, Darda; quindi Zardo e Zardi (nella medesima lettera d’una Casa editrice musicale di Merano!). E ancora: Dorso,
in un catalogo inviatomi da A. Forni Editore (con un secondo esemplare col cognome giusto!), Dordo (?!) e addirittura “Dardorf ” nella fattura d’una ditta di Bolzano. Altra curiosità: accanto alla firma di una mia
lettera da Caldaro, “il mattino” del 23 maggio ’98 dava come località di
provenienza... Calliano! Più recentemente, mi son trovato anche Darda
De e... Denato (penso da una mia firma poco leggibile, correttamente).
Preciso, inoltre, che il titolo della nota si rifà scherzosamente a quello della rubrica “S... bandando” del suddetto periodico.
234
A Musicall Banquet
TRENTO DOV’È?
È IN SÜDTIROL!
Geografia musicale germanica
Ormai da oltre tre anni è uscito il diciassettesimo e ultimo
volume (“Register”: Bärenreiter-Verlag Kassel, 1986) dell’enciclopedia “Die Musik in Geschichte und Gegenwart” (più
nota con l’abbreviazione MGG negli ambienti specializzati),
contenente in ben 832 pagine, a 4 colonne, appunto i dettagliatissimi indici dell’opera.
Ma non mi risulta (se il fatto non mi è sfuggito) che in
giornali o pubblicazioni varie usciti nella provincia di Trento
– né tantomeno su riviste od opere specializzate a diffusione
nazionale – sia stata osservata una cosa che è, effettivamente,
piccolissima, e può pertanto essere passata inosservata anche
ai più meticolosi colleghi trentini (escluderei che l’avessero
invece trascurata).
Non mi sembra, tuttavia, una “cosa” da lasciar proprio perdere, sia per la fama e l’autorevolezza dell’enciclopedia tedesca
in campo mondiale, sia per il rispetto della verità e la precisione dell’informazione. E non già per... campanilismo.
Se le guide turistiche di carattere prevalentemente divulgativo in lingua tedesca, in vendita ancor oggi nel Trentino, classificano questa provincia come tuttora appartenente al
“Sudtirolo” senza stupire più di tanto, certo dà fastidio, invece, che la città di Trento in una pubblicazione “scientifica”
come la MGG, venga ascritta con troppa disinvoltura alla
stessa regione: Trient (Südtirol), si legge in terza colonna a p.
756 (e mi immagino quali considerazioni geografico-toponomastiche potrà ricavarne un ricercatore musicale brasiliano, o
giapponese, a meno che non sia venuto nel nostro paese).
235
A Musicall Banquet
Passi pure tale classificazione in lingua (quale?) tedesca e
comunque fra tedeschi; ma credo non sia più cosa ammissibile in un’opera di respiro internazionale, in qualunque paese
e idioma essa venga stampata. Tanto più che il fatto si ripercuote su tutte le altre voci legate a quel “Trient”, per cui anche
Rovereto e Ala (i luoghi “mozartiani”), Arco e Pergine, sono
da localizzare nel Südtirol.
Strigno e la Valsugana, stranamente, sono invece collocate,
rispettivamente, in Italia e nel Trentino. Quel “povero”
Trentino che ebbe, col passar dei decenni dopo il 1815, nomi
come “Tirolo italiano”, “Sudtirolo” (Trento e Rovereto),
“Welschtirol” (anche spregiativo) e infine, dopo il 1918,
“Trentino” (come parte di quella “Venezia Tridentina”, la cui
denominazione era stata proposta ancora nel 1863 dal grande
glottologo goriziano Graziadio Isaia Ascoli (v. il capitolo curato l’anno scorso da M. Allegri nella “Storia della Letteratura
italiana” edita da Einaudi).
Si noti, poi, che nell’enciclopedia non c’è una “voce”
espressamente dedicata a Trento: la città viene soltanto citata
in quelle che riguardano i famosi Codici, il Concilio, alcune
biblioteche ecc.
E pensare che nel vol. 9, colonna 1878 (paragrafo “Tirol”
della voce “Österreich”) viene pure menzionato come “parte
italiana della regione” tirolese il “Trentino”. Scherzi del computer? Oppure dei compilatori degli indici?
Ma è sicuro che per certi particolari i pur meticolosi studiosi
tedeschi non vanno tanto a perdersi, quando invece non cadano in errori, come quello di dare, negli stessi indici, da una
parte “Bernhard von Cles” (vol. 8) e dall’altra “Clesio,
Bernard” (vol. 11), che sono... la stessa persona, senza alcun
collegamento.
236
A Musicall Banquet
Ed ecco, infine, sempre nell’indice: Villabassa (Trentino),
con rinvio al vol. 8, colonna 205, in cui la località risulta essere “Niederdorf” in val Pusteria, ossia nel vero Südtirol! Quel
Niederdorf (Pustertal) che troviamo nel medesimo indice con
rinvio al vol. 6 (col. 293) per l’organaro tirolese Daniel Herz,
che appunto vi aveva costruito un organo nel 1664, sei anni
prima di completare la ricostruzione di uno strumento proprio nel bel paese [Caldaro] da cui scrivo.
Corretta è invece la collocazione in Sudtirolo (nella toponomastica tedesca) di Bolzano, Merano, Caldaro e S. Martino
in Passiria; mentre Chiusa, Vipiteno, Dobbiaco e Brunico
vengono indicate più genericamente nel Tirolo. Singolare
risulta, altresì, la posizione di Bressanone: Brixen (Bressanone),
senza precisazione di Stato o Regione, e anche quella, “mistilingue”, di Innichen (S. Candido, Bozen).
Sono altoatesino d’adozione non senza un certo orgoglio (a
Bolzano ho compiuto buona parte degli studi musicali e ho
trascorso i primi dodici anni di carriera in conservatorio, tornandovi nel 1988), ma tuttavia mi sento affettivamente un
po’ legato al Trentino, per nascita e lunga permanenza (e in
particolare a certi ambienti musicali).
Ma non era per questo che il “caso” mi colpiva: mi premeva soprattutto il rispetto – come dicevo – d’una verità storica
e geografica, nonché una precisione d’informazione, quale
sarebbe logico attendersi da un’opera come quella “incriminata”, e che speriamo di trovare fra qualche anno nella nuova
edizione rielaborata, in corso di impostazione in questo periodo, come rilevo dall’invito a rinnovare la collaborazione (già
data per la prima edizione), pervenutomi tempo fa.
(“Alto Adige” del 23 giugno 1990)
237
A Musicall Banquet
IL KARAOKE PRODURRÀ MUSICA O QUATTRINI?
“E sopra i coristi, con avido brando / quai cani disciolti, correndo, frugando, / da ritta, da manca, guerrieri venir”.
Ognuno avrà individuato in questi tre versi del celebre coro
manzoniano nell’atto terzo dell’“Adelchi”, la sostituzione
della parola “coristi” a quella originale di “fuggenti”, per far
calzare alla meno peggio il testo alla situazione di cui vorrei
parlare. E facciamo conto che al posto di “cani” (nel mio
caso non ne riconosco alcuno) ci siano, per esempio, delle
“volpi”, almeno da una delle due parti da cui provengono i
guerrieri.
Con questo preambolo intendo riferirmi a un articolo di
Giampaolo Visetti apparso a p. 15 dell’Adige, proprio la
domenica di Pasqua, quasi a guastare – ingiustamente – la
degustazione della tradizionale colomba da parte di non
pochi coristi trentini e altoatesini, o addetti ai lavori, ma
anche di molti ascoltatori delle nostre canzoni popolari
(“Addio alla Montanara. Arriva il Karaoke, i teen-ager snobbano i cori”).
La diabolica invenzione – manco a dirlo, giapponese! – è
sicuramente una macchina destinata a una produzione
intensiva di musica, ma soprattutto di... quattrini per coloro che la gestiscono: una sorta di “Corrida” (in un occhiello
si parla proprio di “dilettanti allo sbaraglio”) portata dai teleschermi alle discoteche e locali affini e perfino in case private, che indubbiamente attrae la massa degli astanti e sollecita le ambizioni solistiche o esibizionistiche di giovani che
non vogliono restare semplici spettatori o comprimari in un
evento canoro, sia pure effimero.
Ecco dunque da dove viene il brando, in mano alle volpi
238
A Musicall Banquet
(con le parole manzoniane: “da manca”). E qui niente da
dire: “Business is Business”. Ma non si lasci intendere che
questo vale per i cori trentini: magari! Il detto, al massimo,
sarà buono per il coro della SAT, il quale comunque non mi
sembra abbia mai ceduto all’aspetto economico, di fronte a
quello schiettamente musicale, o artistico, in una concezione amatoriale, montanara della coralità popolare.
Parimenti poco incoraggiante può sembrare l’attacco al
canto popolare della nostra terra che viene “da ritta”, e
ormai da anni, quando proprio al suddetto coro viene in
parte (per fortuna) addebitata “la responsabilità della parziale riduzione degli stili popolari tradizionali di alcune aree
italiane a poveri modelli subcolti tardo romantici.” (R.
Leydi, “L’altra musica. Etnomusicologia”, Giunti Ricordi
1991, p. 114).
Ma io stesso osservavo, ai primi dello scorso dicembre
proprio in occasione della presentazione d’un disco “natalizio” del celebre complesso trentino, che, pur comprendendo
le suddette motivazioni degli etnomusicologi da un punto
di vista strettamente filologico, non erano da ritenersi “colpevoli” in alcun modo gli eccellenti cantori di quel coro, né
tantomeno le analoghe, numerose compagini che ne hanno
seguito le orme. Perché nessuno di loro aveva mai preteso di
fare etnomusicologia, ma inteso semplicemente cantare, e
cantare bene (anche se per tutti non risulta possibile), in un
modo e con gli adattamenti adeguati alle circostanze.
Il pubblico, i musicisti, i critici ne colsero ben presto il
significato e ne apprezzarono calorosamente i risultati, con
emozione ed entusiasmo. Dunque i nostri cori popolari
continuino a cantare, al di là di ogni pur umano desiderio
di esibizionismo individualistico, in quello spirito sponta239
A Musicall Banquet
neo di aggregazione e di collaborazione fra contadini e professionisti, fra impiegati e operai, fra vecchi e soprattutto
giovani, che nessuna “macchina” può infrangere, nella realizzazione di un repertorio che è loro proprio, e inconfondibile. E chissà che, in virtù della loro tenacia, la “Montanara”
e altri canti ancora più genuini, anziché andare in pensione,
non vengano inseriti fra le basi musicali da utilizzare per
qualche momento rilassante nella ridda dei canti a squarciagola.
Karaoke, sì; ma non...”karakiri” per i nostri cantori; e per
finire ancora col Manzoni, sarà poi, per la tanto reclamizzata apparecchiatura nipponica, “vera gloria? Ai posteri l’ardua
sentenza”. Certo i cori non soccomberanno (e ci sono anche
molti complessi polifonici). Basta leggere sullo stesso quotidiano del successo del concorso internazionale di Riva del
Garda (p. 51) o della nascita d’un nuovo coro a Coredo
(“Locandina”). Per non parlare delle bande (alcune abilissime), delle scuole musicali, dei numerosi corsi privati, popolati di giovanissimi, e anche di bambini. Buona Pasqua! E i
gentili lettori sapranno come io l’ho passata, almeno in
parte.
(“l’ Adige” del 22 aprile 1992)
240
A Musicall Banquet
QUINDICI ANNI NEL “GIRO”
DEL CONCORSO BUSONI
Nella pubblicazione dedicata alla ricorrenza del 40° anniversario del Concorso pianistico internazionale “F. Busoni”
(Bolzano, 1988) 1, Giorgio Vidusso, ammettendo “con qualche rammarico” di essere allora il “decano” della Giuria, raccontava un episodio relativo all’edizione 1966 della manifestazione, quella del centenario del grande maestro (Ferruccio
Busoni era nato, infatti, a Empoli nel 1866). Una edizione
importante, e molto particolare anche per me, che da tre anni
ero segretario artistico del Concorso e della Commissione giudicatrice 2.
Per solennizzare l’avvenimento era intervenuta anche la RAI
- Radiotelevisione Italiana, che aveva fra l’altro messo a disposizione la propria orchestra sinfonica di Milano, diretta da
Franco Caracciolo: una partecipazione orchestrale che, contrariamente a precedenti edizioni, non rientrava nelle semplici
manifestazioni di contorno di quello che allora era chiamato
“Festival Busoni” 3, ma costituiva parte determinante nello
svolgimento del concorso, e con duplice funzione.
Per la prima volta, infatti, la prova finale si poteva tenere
anche con l’orchestra e – caso che ritengo sia rimasto unico
nella storia del “Busoni” – la prova stessa valeva pure come
“Concerto dei premiati”. Sede: il Teatro “Cristallo”. Era la
sera del 7 settembre. In gara erano rimasti Richard Goode e
Garrick Ohlsson, che si esibirono nell’ordine con il concerto
di Schumann e con quello n. 3 di Rachmaninov: questa prestazione dei due concorrenti poteva determinare – a norma di
regolamento – l’inversione della loro posizione in graduatoria,
così come sopra enunciata.
241
A Musicall Banquet
Scrive Giorgio Vidusso:
[...] Goode, troppo misurato e controllato piace ma non travolge [...] mentre trionfa irresistibile Ohlsson [...]. Ritiratasi la
Giuria propongo senza molte speranze di successo lo scambio di
classifica. Ciò scatena un pandemonio di obiezioni, dubbi,
discussioni, ma alla fine, salvo un membro della Giuria, tra
l’altro molto autorevole, rimasto saldo come una roccia sulle
convinzioni primiere, l’unanimità meno uno è raggiunta e la
mia proposta accolta 4.
Vidusso racconta poi della madre di Ohlsson, che alla
proclamazione in sala della vittoria del figlio, protesta a gran
voce per l’ingiustizia commessa nei confronti di Goode (“il
più bravo”), fra la commozione generale. E, soggiunge ancora il maestro triestino, la serata si concluse “con il segreto
sospetto nutrito da molti giurati di aver sbagliato a darmi
retta”.
L’episodio può essere da me completato con l’esposizione di
un fatto accaduto fra il termine della votazione e l’uscita
della Commissione giudicatrice per la proclamazione; fatto
forse rimasto soltanto nella mia memoria (e della persona
che validamente mi aiutava in segreteria).
Poiché – come ho già detto – la prova con orchestra fungeva anche da Concerto dei premiati, bisognava consegnare
subito, in pubblico, i diplomi agli interessati, sì che veniva a
mancare il tempo (uno o più giorni, come in passato) per far
stampare i nominativi sui diplomi stessi. Il compito dell’operazione manuale spettava per forza a me, che pure non ero
un calligrafo.
Prendo dunque il diploma del “Premio Busoni” e vi inserisco col pennarello nome e cognome del vincitore; quindi
lo faccio girare per la firma fra i membri della giuria (quan242
A Musicall Banquet
ta fatica, ogni volta, per bloccarli tutti al tavolo fino all’esaurimento delle operazioni!). A metà strada, mi accorgo di
aver scritto erroneamente Olhsson anziché Ohlsson. Ritiro
il diploma e ne metto in circolo un altro – che avevo di riserva – con la giusta grafia: quando arriva nelle mani di
Vidusso, il maestro lo prende e lo strappa dicendo: “È quello sbagliato; meglio toglierlo di mezzo”.
Fortuna volle che io avessi un terzo esemplare (!) del
diploma per il primo premio e la giuria poté così uscire in
breve per la proclamazione e la consegna dei vari attestati.
Ma Giorgio Vidusso – se si riflette su quanto da me narrato
– strappando quel diploma agì semplicemente per evitare
confusione, o, inconsciamente, covava ancora un dubbio su
Ohlsson?
Forse non c’è risposta, o non occorre darla; e certo non
spetterebbe a me di farlo. Voglio invece ricordare come dall’
incidente “burocratico” che ho descritto, io fossi stato indotto, l’anno successivo, a far predisporre per sicurezza ben 64
(dico sessantaquattro!) diplomi per i premiati (compresi
quelli “speciali” e gli ex aequo) e i finalisti, secondo un calcolo di probabilità d’errore del tutto personale ed empirico,
sul quale l’amministrazione del concorso cautamente ebbe –
ma era giusta! – qualche perplessità, soprattutto per la spesa:
infatti nel 1967 i premi assegnati furono soltanto quattro
(con “fumata nera” per il primo), e otto i diplomi di finalista!
***
Prima di passare in rapida rassegna cronologica alcune
vicende singolari o curiose di quegli anni 5, mi piace ricordare una frase “storica”, un detto che il maestro Giorgio
Cambissa – direttore artistico del concorso – ripeteva in
243
A Musicall Banquet
21. La giuria dell’ edizione del centenario busonianio (1966).
22. La giuria, vista alla lavagna da un anonimo, in un’aula del
Conservatorio di Bolzano, durante un’edizione del concorso, intorno
al 1970.
244
A Musicall Banquet
ogni riunione del Comitato organizzatore, e anche in qualche relazione scritta: “Le nozze non si fanno con i fichi secchi”, a significare che il concorso non poteva migliorare per
certi aspetti le proprie “quotazioni” internazionali, se l’ammontare in denaro del primo premio ancora nel 1972 era di
500.000 lire, come nel settembre del ’49!
Cito ancora altri episodi non databili, in quanto si ripeterono per diversi anni, o “personaggi” che frequentavano la
manifestazione. Ad esempio, le corse di coloro che ogni
anno venivano invitati dall’Azienda autonoma di soggiorno
e turismo di Bolzano al ristorante sul lago di Caldaro, per
arrivare alla lunga tavola riccamente imbandita, prima che
giungesse a mettere il suo muso lungo fra le leccornìe il cane
di Friedrich Wührer, il simpaticissimo e valoroso pianista
che a Bolzano viene ricordato soprattutto per aver partecipato al battesimo dell’Orchestra “Haydn” con l’Imperatore
di Beethoven, a fianco di Antonio Pedrotti.
Figure non facilmente dimenticabili, di ambito locale,
sono pure quelle del prof. Kossnick, critico musicale (forse
un po’ pedante) della pagina in lingua tedesca del quotidiano “Alto Adige”, che asseriva di essere stato allievo di Busoni
e ne ricordava persino la... capigliatura; un bolzanino d’origine roveretana, di cui mi sfugge il nome, che si qualificava
come cugino di Maurizio (Pollini) e, con chi non lo conosceva, addirittura come concorrente (nelle prove a porte
chiuse!); infine la prof. Carmela Toss, docente di pianoforte
venuta da Rovereto6 a Bolzano ai tempi del glorioso Liceo
musicale “Rossini”, che annualmente compilava un grande
quaderno sul quale incollava i programmi del festival e del
concorso, con fotografie e ritagli di giornali, annotava notizie e riflessioni anche personali e raccoglieva in una pagina
245
A Musicall Banquet
le firme dei membri della Giuria 7.
Del 1964, l’anno della “battaglia” fra Ponti e Thiollier,
ricordo che quest’ultimo fu chiamato, per defezione d’un
altro, a suonare di mattina, anziché alla sera, come previsto
dal calendario della prova eliminatoria. Era una domenica
piovosa: fu svegliato dalla nostra telefonata e non molto
tempo dopo era già sul palco, per eseguire fra l’altro, in
maniera superlativa, una Sonata di Beethoven (op. 31, n. 3)
e uno “Scarbo” che sembra ancora... guizzarmi intorno. Allo
stesso anno risale un episodio tragicomico, verificatosi alla
mia presenza: avevo accompagnato uno dei premiati, il portoghese Varella-Cid, dal direttore artistico maestro
Cambissa, per la scelta della musica che avrebbe dovuto eseguire nel concerto conclusivo. Il giovane pianista stentava a
parlare in italiano, ma ci riusciva, prendendo la spinta per le
varie frasi con uno strano verso (ppuuff...) che noi in ufficio
avevamo già sentito tante volte. Il maestro Cambissa, ignaro di quel difetto, riteneva che Varella-Cid intercalasse una
sorta di pernacchia alle proprie parole e, consideratosi offeso, s’infuriò cacciandolo dalla stanza della direzione, con la
minaccia di non farlo suonare nella serata di gala. E dovetti
usare una certa diplomazia per convincerlo che il pianista
portoghese aveva quel difetto e che non intendeva prenderlo in giro.
Se Thiollier era riuscito a vestirsi prima di recarsi in tutta
fretta al conservatorio, invitato a suonare in anticipo sulla
“tabella di marcia”, Bojidar Noev, l’anno successivo, a stento poté indossare l’impermeabile sopra il pigiama, per correre ormai ben oltre la mezzanotte a salire sul palco e sentirsi proclamare primo classificato (il “Premio Busoni” non era
stato assegnato).
246
A Musicall Banquet
L’edizione di quell’anno era la numero 17, ma nella pubblicità e perfino sul bando di concorso il maestro Cambissa
non volle che si indicasse quel numero, temendo di perdere
troppi concorrenti... superstiziosi! E poco volentieri sopportava – come presidente della Giuria – che un nuovo membro, George Rogers, si presentasse ai lavori in sala calzando
i sandali 8.
Nel 1968 il concorso si svolgeva in “concomitanza” con i
dolorosi fatti di Praga; ed era la prima volta che a Bolzano,
dopo tante insistenze, si presentavano concorrenti sovietici.
Proprio la mattina in cui i giornali davano le preoccupanti
notizie dalla Cecoslovacchia, qualcuno aveva sparato a una
finestra dell’aula in cui stava studiando Vladimir Selivochin,
vincitore – pochi giorni dopo – del primo premio. Allarme,
poliziotti, indagini, cronisti in cerca di notizie, curiosi: si
pensa a una manifestazione antisovietica, a un attentato. Si
verrà presto a sapere, invece, che il colpo era partito per
gioco dal fuciletto d’un inesperto studente, ospite del
Convitto “Rainerum”: il ragazzo, felice d’aver ricevuto quel
regalo per la promozione, aveva fatto partire il colpo a caso,
raggiungendo involontariamente il “delicato” bersaglio nell’edificio di fronte, che era appunto il Conservatorio. Non
sembrarono invece involontarie, in quei giorni, le periodiche, fastidiose cadute di monetine durante le esecuzioni dei
sovietici: era un’evidente azione di disturbo, per protesta o
contestazione, operata – diceva qualcuno – da uno studente
del “Monteverdi” (dove forse oggi è docente), con altri compagni.
Tante cose ci sarebbero ancora da raccontare; e molte altre
persone ne avrebbero sicuramente da aggiungere. A me,
uscito dal “Busoni” ormai da quindici anni e presto dimen247
A Musicall Banquet
ticato, basta la speranza – ma ne ho la certezza – di non essere stato ignorato da Giorgio Cambissa quando, nel 1988,
scriveva verso la fine del suo intervento: “a me resta il ricordo, un po’ nostalgico, dei miei fedeli collaboratori...” 9.
(“Musica Riva” Anno X [1993] Numero unico per la 10a edizione,
Riva del Garda 1993, pp. 26-29)
- F. BUSONI ‘88 / Bolzano - Bozen, con scritti di C. Nolet, H.
Stuppner, G. Cambissa e G. Vidusso, G. Tonini, E. Vassallo, A.
Bambace, Tipolitografia Alto Adige BZ.
1
- Proprio negli ultimi giorni della competizione vedeva la luce la mia
primogenita e la Giuria, con gesto molto simpatico e commovente, mi
faceva omaggio di una medaglia con dedica alla figlia, nel corso d’una
breve riunione non prevista dal rigoroso calendario dei lavori – da me
predisposto secondo le esigenze della direzione artistica – e convocata
quasi d’improvviso con mia grande sorpresa, poiché non ne conoscevo
il motivo.
2
- Per le origini del concorso e la denominazione di “festival”, si veda il
mio scritto Il Concorso pianistico internazionale “F. Busoni”, nel volumetto miscellaneo da me curato in occasione dei 25 anni del conservatorio di Bolzano: Conservatorio statale di musica - Staatliches
Musikkonservatorium "Claudio Monteverdi" - Bolzano-Bozen, 19401965, Bolzano 1965, tip. “La Bodoniana”, pp. 71-74 e 75-78 (trad. in
tedesco di Annemarie Zacher). Lo scritto è stato da me ripreso, con lo
stesso titolo ma con tagli e modifiche specialmente nella parte conclusiva, per i dovuti aggiornamenti, in un altro volume pure miscellaneo,
pubblicato col mio coordinamento nella ricorrenza della 30a edizione
del concorso, Bolzano 1978, tipografia Presel, pp. 39-46, 48-77 (trad.
in tedesco, francese e inglese, curate rispettivamente da Annemarie
Zacher, Rudolf Thomann e Bryn Brooks) e 79-93, per ulteriori docu3
248
menti e tabelle integrative. Il più recente contributo sull’argomento si
deve a Elettra Vassallo, alle pp. 59-64 (con trad. in tedesco e inglese)
della pubblicazione citata alla nota n.1.
- G. VIDUSSO, Uno sguardo al passato, nell’op. cit. alla nota n.1, pp.
24-26.
4
- A parte alcune presenze fra il pubblico negli anni precedenti, io entrai
nell’ingranaggio del “Busoni” nel 1963 e vi rimasi fino al ’75, collaborando poi quasi di nascosto per la segreteria della Giuria nel ’77 (trovandomi in ferie a Collalbo) in sostituzione della prof. Vassallo ricoverata in ospedale, e infine nel 1978 per il coordinamento dei contributi e
il lavoro redazionale relativo alla pubblicazione uscita in occasione del
30° del Concorso.
5
- Ricordo che nella tournée compiuta nel dicembre 1878 - gennaio
1879, da Klagenfurt a Rovereto (cfr. S. SABLICH, Busoni, Torino 1982,
pp. 21-22), Busoni si esibì anche ad Arco, prima di suonare a Bolzano
(cfr. G. TONINI, Il dodicenne Ferruccio Busoni a Bolzano: gennaio-febbraio 1879, nell’op. cit. alla nota n.1, p. 36).
6
- Queste raccolte annuali, che io chiamai “Quaderni Toss” e che continuai anche dopo la scomparsa della meticolosa e appassionata compilatrice, sono una parte importante dell’ “Archivio Busoni” presso la
segreteria del Concorso, nel quale credo manchino ancora preziosi documenti che il m.o Cesare Nordio portò con sé dopo aver lasciato la direzione del Conservatorio “Monteverdi”.
7
- Soltanto sei anni dopo tuttavia, nel 1971, non lo sentii lamentarsi se
una concorrente statunitense circolava e addirittura suonava a piedi scalzi.
8
- G. CAMBISSA, Uno sguardo al passato, nell’op. cit. alla nota n. 1, pp.
23-24. La persona a me più vicina, al contrario, non mi ha ancora “perdonato” di aver lavorato, il 9 settembre ’63, a meno di quarantott’ore dal
matrimonio (e mentre ero di diritto in congedo come bibliotecario del
Conservatorio), per il Concerto dei premiati, portandola poi la sera con
me e un ospite venuto da Riva nella Sala del “Monteverdi” per ascoltare i migliori pianisti usciti da quella edizione: bella “luna di miele”!
9
249
Parte quarta
«K 522»
PREMESSA
Una decina di anni fa mi fu chiesto dall’editore Rugginenti,
per la pubblicazione in una sua collana, un lavoro inedito.
Trattandosi di casa editrice a indirizzo prevalentemente
didattico, pensavo che – per l’esperienza acquisita in trentacinque anni d’insegnamento – mi fosse lecito considerare
utile una spiritosa collezione di brevi racconti, di episodi, di
battute di vari personaggi e, soprattutto, di risposte – errate
ma piuttosto esilaranti – ricevute in sede di interrogazioni o
di esami. Perché, se “errare humanum est”, è anche vero che
“sbagliando s’impara”. Infatti, a quelle curiose risposte era
sempre stata fornita all’interessato un’adeguata spiegazione
dell’errore.
Tuttavia, memore della frase evangelica che colui che è senza
peccato scagli la prima pietra, avevo inserito anche un mio
strafalcione da studente.
Esaminata la proposta, Rugginenti mi restituì il dattiloscritto con la motivazione che esso non rientrava nei loro piani
editoriali, i quali erano appunto squisitamente pedagogici.
Ora, dopo averlo inserito nelle versioni inedite di questo
libro nel 2000 e, ritoccato, nel 2003, lo ripropongo con
nuovi aggiustamenti e tagli, perché sono sicuro che una
risposta sbagliata (anonima!) possa anche divertire, soprattutto il suo “autore” riconoscendosi nella lettura. Molti degli
interrogati, infatti, erano allievi del Conservatorio anche di
Bolzano o della Scuola musicale civica, quindi ben noti e
individuabili.
252
Al proposito didattico, viene così sostituito quello (nostalgico?) del ricordo e di un semplice, spassoso ma pur sempre
“istruttivo” passatempo. Ed è per questo che – certo immodestamente – ho fatto richiamo al Köchel-Verzeichnis, che
contrassegna con “K 522” Ein musikalischer Spass di Mozart,
anche per la felice combinazione con la ricorrenza del duecentocinquantesimo anniversario della sua nascita.
253
Elenco dei nomi delle persone corrispondenti alle sigle indicate in
seguito:
A. F.
A. G.
B. M.
Ca. G.
Cl. G.
G. B.
G. N.
I. A. C.
N. M.
R. D.
R. G.
= Armando Franceschini
= Armando Gentilucci
= Bruno Mezzena
= Carlo Galante
= Claudio Gallico
= Guglielmo Barblan
= Giacomo Nones
= Iris Adami Corradetti
= Nunzio Montanari
= Renato Dionisi
= Riccardo Giavina
La città natale di Mozart
A una candidata piuttosto “matura” (d’anni), càpita all’esame la tesi su Haydn, Mozart, Beethoven.
La commissione tralascia il primo, che la signora continua a chiamare Hädn (confondendolo evidentemente con
Händel, che figurava nella tesi precedente), mentre su
Beethoven riesce soltanto a sentire che compose “tre volumi” di sonate per pianoforte.
Rimane Mozart, del quale viene chiesta qualche notizia
biografica, a cominciare dal luogo di nascita.
Indecisa se in Germania o in Austria, la esaminanda viene
aiutata. “Mozart era austriaco – dice un collega – e nacque
in una città dove annualmente si tiene un importantissimo
festival: Sa..., Sa..., Sa...”
“Sanremo!”
... e quella di Haydn
Stando alla pronuncia del luogo di nascita da parte di un
allievo, poteva sembrare una città francese. Infatti, anziché
Rohrau (Bassa Austria), come si legge, aveva detto... Rorò.
La giacca di Vincenzo Vitale
Sedevo nella giuria di un concorso pianistico, accanto a
Vincenzo Vitale. All’avvio delle audizioni mi disse:
“Nunzio, quando vedi che nella discussione mi alzo in piedi
e mi agito esageratamente, tirami il fondo della giacca; ti
prego”.
255
Tutto procedeva secondo gli accordi. Ma a un certo punto,
determinatasi la situazione prevista, feci quello che Vitale mi
aveva chiesto.
E lui: “Ma che giacca o non giacca! Quel concorrente non
merita alcun riconoscimento, signori!”.
(N.M.)
***
Riva del Garda, 1956: per la prima volta (a mia memoria)
viene organizzato, con la mia collaborazione, un ciclo di
concerti di musica da camera. Ma quanta fatica, per convincere il maggior responsabile dell’organizzazione ad adottare la dicitura “da camera”!
Un po’ scherzando, ma anche un po’ seriamente, diceva
di vedersi quasi costretto a mettere sul palco anche un...
letto!
***
Intorno al 1960, sempre a Riva del Garda. Dopo aver preparato il pianoforte degli “Amici della musica” per un concerto che avrebbe avuto luogo di lì a qualche ora, l’accordatore (?) mi confidò: “Sono saltate tre corde nei bassi. Ma
tanto! Questa sera suonano... Stravinskij!
***
Spiegavo la distinzione fra note e figure: “Non bastano le
note, ci vogliono anche le figure... E tenete presente che
senza figure non si fa la musica. Ma con la musica si possono fare certe figure...”!
***
256
Invenzione d’un allievo mantovano: “Sono un po’ Després
perché ho suonato... Daquin”.
***
Si racconta d’un tale, che citava “una Sinfonia di
Mendelssohn nella revisione di... Bartholdy”.
(B.M.)
Cultura non musicale di certi... musicisti
Cremona, anni Cinquanta, Scuola di Paleografia musicale.
Dopo una lezione, uno dei compagni di studio mi chiede: “Mi può dire qual è l’enciclopedia che il professore ha
detto di consultare?”
“La Treccani”.
Prende un foglio e si mette a scrivere: “3 cani”.
“No – dico io – Treccani, in lettere”.
Scrive “Tre cani”.
“Ma tutt’ unito, una sola parola!”.
“Trecani”.
“Con due "c"!”.
Finalmente, scrive in forma corretta!
***
“Gli antichi Greci – disse un’allieva – avevano una vasta
gamma di strumenti, fra i quali cetre, arpe, lire, flauti diritti e... rovesci”.
*
257
A un allievo di solfeggio feci leggere un esercizio a prima
vista. L’esito fu soddisfacente e, ai miei apprezzamenti, mi
fece notare che dovevo tuttavia considerarla una lettura “a
mezza vista”, perché il brano l’aveva già studiato un po’ a
casa.
Il primo “cembalaro”
A un candidato che evidentemente ne ignorava il nome,
chiedemmo chi costruì il primo pianoforte. Per aiutarlo,
attaccammo con la prima sillaba del cognome: “Cri…
Cristo…”
“Cristoforo Colombo”!
Scale che salgono... in cielo
Suggerendo la risposta, per aiutare un’allieva, dicevo: “La
teoria greca prevedeva, accanto ai modi, gli ipermodi e gli
ipo...”
Risposta: “L’ippogrifo”.
Battute musicali di Totò
Nel film “Figaro qua, Figaro là ” (1950).
Il Governatore di Siviglia, sospettoso sulla reale qualifica
del sostituto del maestro di musica della sua pupilla, tuona:
“Si metta alla spinetta !”
“Dove? ”
“Alla spinetta di Rosina!” (indicando lo strumento).
“Ah, già, dimenticavo: Non c’è Rosina senza spinetta! ”.
*
258
Indicazione... rischiosa!
Un’allieva non ricordava, ad una domanda di acustica, come
si chiamasse il punto in cui l’ampiezza della vibrazione è
massima (ventre).
Per aiutarla, puntai il dito verso l’addome.
Ebbi come risposta: “Pancia”!
Armonia... pericolosa
Una studentessa d’armonia affermava, parlando delle funzioni armoniche dei vari gradi della scala tonale, secondo le
“Lezioni” di R. Dionisi (Tonica: principio “statico”;
Dominante, all’opposto: carattere dinamico; ecc.): “La
dominante è una... dinamite”!
*
A un esame di armonia, pensando di aiutare con una
domanda semplice un candidato in difficoltà, chiesi l’indicazione della nota in funzione di terza nella triade maggiore
fra DO e SOL.
L’allievo non sapeva cosa rispondere.
Allora puntai l’indice contro il mio petto (il gesto faceva
riferimento al pronome personale di prima persona singolare, detto in... milanese).
Il ragazzo parve capire, e si buttò: “IO”.
(R.D.)
259
Cane d’un cembalista!
Quando risiedevo a Riva del Garda, avevo due bei cani da
pastore. Un giorno un amico professore, appassionato flautista, mi disse: “Ieri ho suonato con un pastore tedesco”.
Rimasi per un attimo sbalordito, pensando ai miei due compagni a quattro zampe. Ma poi l’amico precisò che si trattava di un uomo (!), un Pastore della chiesa evangelica, buon
cembalista.
Mal di denti
“Mi duole un canino. Speriamo che poi non mi venga a far
male anche il... Ballista”.
(A. G.)
Strani strumenti
Parlavamo di mandolini, a Brescia (patria del celebre Ugo
Orlandi), col proprietario d’un bar vicino al Conservatorio,
dov’ero bibliotecario.
“Al mio paese [Ferrara] avevamo – mi disse – un bel complesso di strumenti a peltro...”.
Una curiosa professoressa
Da un giornale dei primi anni Ottanta: “Questa sera, a
Torbole, avrà luogo un concerto della prof. Viola da
Gamba”.
Trattavasi di una serata di musica antica, nel quadro degli
“Incontri con la viola da gamba”, realizzati in quel periodo
nella cittadina dell’Alto Garda.
(G. N.)
260
Insolito torcicollo
Un giorno, tanti anni fa, un amico-allievo andava in giro col
capo alzato, piuttosto rigido.
“Hai il torcicollo?”, gli chiesi.
“No. Ho letto nel Pasquali-Principe [Il violino, Milano
1926] che il vero violinista deve andare a testa alta”.
Dodecafonia in pillole
Credevo di aver spiegato in modo convincente a un amico,
pur digiuno assolutamente di teoria musicale, cos’era una
“serie” dodecafonica, aiutandomi con i tasti del pianoforte.
Dopo quasi un’ora, l’amico mi disse finalmente: “Ho
capito; ma perché dodici e non tredici?”.
*
“È una composizione seriale?”
“No, anzi. È piuttosto comica”.
***
A Milano era arrivato in conservatorio un nuovo docente di
strumenti a fiato, piuttosto ambizioso.
“Io – diceva – sono come Dante: ho il naso inquilino”.
(R. D.)
***
Al Conservatorio di Milano, subito dopo la Liberazione, il
direttore fu sostituito senza tante procedure burocratiche
con un “personaggio” che molti insegnanti non gradivano.
In seguito alle loro proteste, pochi giorni dopo il diretto261
re in carica tornò al suo posto. Il sostituto andò ad accomiatarsi da lui, confessando che sarebbe stato comunque
indegno di sedere su quella poltrona.
“No. – disse il direttore – Per questa poltrona lei avrebbe
ben avuto il sedere, ma non la... testa”.
(R. D.)
Esami di Storia della musica all’Università
“Ci dica almeno il titolo di un’opera di Alessandro Striggio”.
Risposta: “Il cicalamento delle donne al lavabo”.
(Cl. G.)
*
Domanda: “Come sono Le stagioni di Vivaldi?”
Risposta: “C’è bisogno di chiederlo?”.
(Cl. G.)
***
Niccolò Castiglioni, il compianto maestro scomparso nell’autunno del ’96, disse una volta, alla notizia del successo
della “prima” di un suo non del tutto apprezzato collega:
“Certo... non tutte le ciambelle vengono senza buco”.
(A.F. e Ca. G.)
Strumenti... da guerra
Classificazione degli strumenti musicali, secondo un’allieva:
“Fra i fiati, vi sono gli strumenti a lancia”.
(G. B.)
*
262
Ancora più “bellicoso” pare il titolo di una nota su “l’Adige”
dell’8 novembre 1998 (p. 36: Pergine), per un duplice significato d’un aggettivo: Sulla scuola musicale attacchi strumentali [Ma non si tratta d’una schiera di suonatori che va all’attacco, bensì d’un consigliere comunale perginese d’opposizione, che “per l’insofferenza verso una politica culturale
ormai consolidata”, critica la spesa per la Civica Scuola...
Musicale!].
Un rito molto particolare
Di nuovo a Torbole sul Garda, molti anni fa, un giornale
preannunciava una celebrazione liturgica secondo il rito “di
Santino Slavo” [errata trascrizione di “bizantino-slavo”!].
(G. N.)
Un “brutto tiro”
Nei “Quaderni della Rassegna musicale” (N. 3, 1965),
apparve un mio articolo su J.M. Alamanus e G.M. da
Crema. A tanti anni di distanza, colgo l’occasione per dare
segnalazione d’un grosso errore non mio, ma redazionale,
che indico con le parole di Alberto Basso nella recensione al
volume (“Rivista italiana di musicologia”, 1966, p. 289): “il
proto ha giuocato un brutto tiro all’autore con un refuso nel
titolo, Alamus, piuttosto esilarante”.
Lo credo bene! Rimasi male e mi venne perfino da pensare
a film d’avventura americani... E, alle mie rimostranze, il
direttore G. M. Gatti cercò di riparare, facendomi inviare
un quintale di estratti col titolo corretto, dei quali non trovai più modo di liberarmi completamente!
263
A Musicall Banquet
E due… autogol
Luglio 1973. Alla partenza per le vacanze, mi arrivarono le
bozze della voce “liuto” per l’Enciclopedia della musica di
Rizzoli-Ricordi, che usciva a fascicoli settimanali. Le portai
al mare e le corressi l’ultimo giorno di permanenza a Jesolo,
a fine mese, spedendole però subito a Milano.
Tornato a casa, trovai dopo un paio di settimane in edicola
il fascicolo con il mio articolo, purtroppo ancora con diversi refusi e qualche svarione! Mi sentii come… Annibale
dopo gli ozi di Capua. E ovviamente non ci fu più nulla da
fare per rimediare.
Un altro gol me lo feci per una riprovevole svista nella traduzione di una frase latina. Commentando il libretto di una
“Passione” (1693) di Attilio Ariosti, attribuii a Pilato quanto invece detto dal popolo: “Sanguis ejus super nos, et super
filios nostros”; mentre il governatore romano già prima
aveva ben preso le distanze, ammonendo la folla: “Innocens
ego sum a sanguine justi huius; vos videritis” (Matteo 27,
24-25).
Mi avrà assolto il professore di latino al liceo?
Vedi lo studio sull’Ariosti in “Chigiana”, vol. XXIII – N.S. 3 (1966),
pp. 71 e 74.
264
MAESTRI E COLLEGHI
(dal sacro al profano)
Mons. Celestino Eccher
Nell’esecuzione (del canto gregoriano) – raccomandava – il
movimento deve essere bene osservato, senza “deviazioni”.
Quindi: “Per nessun motivo estetico o pratico si oltrepassi il
massimo movimento concesso [...], onde non convertire il
canto in un tumulto”.
*
Nel solfeggio: “Non scappare la seconda nota del gruppo
binario, né la seconda e la terza di quello ternario! Forse che,
deponendo delle uova in un paniere, le ultime le getto con
violenza?”
[Espressioni didattiche efficaci nella loro semplicità per i
cantori delle parrocchie, ma anche per non pochi allievi di
conservatorio...].
Renato Dionisi
Al termine d’una delle mie prime lezioni con Renato
Dionisi, gli chiesi con trepidazione: “A Riva del Garda...
vorrebbero mettere su... un’orchestra d’archi..., Maestro”.
“E le frecce?”, chiese, lasciandomi fulminato.
265
Parlandogli d’un esame di Composizione che avevo sostenuto qualche giorno prima, gli dissi che uno dei temi conteneva diverse “plagalità”, quasi fosse un motivo russo.
“Puoi dire rosso: sarà stato preparato da Andrea
Mascagni!” [allora docente in Conservatorio, e poi Senatore
della Repubblica, appunto per il PCI].
Andrea Mascagni
Al Liceo musicale di Trento, in un programma raffinatissimo del pianista F. J. Thiollier, diviso in due parti con titolo
programmatico, quello della prima, “Le charme”, fu tradotto, anziché come “Il fascino”, con... “Il fascismo”!
Fu un semplice errore di stampa, oppure un tiro birbone dei
colleghi al direttore, il maestro Mascagni (soprannominato
il “baffo continuo”), del quale era noto l’orientamento politico?
*
Collaboro con Andrea Mascagni per una raccolta a stampa
di melodie popolari di vari paesi europei, da lui armonizzate per formazioni corali diverse.
Mi dice di averne scelte tre tedesche, due inglesi, una
scozzese, una irlandese... e infine una sola russa.
Per un giusto equilibrio, gli faccio notare che bisogna
aumentare quelle russe e comunque dell’Europa orientale, e
aggiungo scherzosamente: “Per non far pensare a una tua...
conversione politica!”.
*
266
Nell’ambito della stessa opera, Mascagni mi indica le fonti
delle melodie non dal titolo dei volumi dalle quali sono tratte, ma dal colore della loro copertina.
Trovo che quelle segnalatemi nel libro “verde” stanno
invece in quello “rosso” (o rosa), e viceversa.
“Sei forse daltonico?”, gli chiedo sorridendo. E aggiungo:
“Ma sarebbe stato il colmo, non riconoscere il vero rosso,
per un comunista!”.
*
“Andrea, va’ alla stazione a ricevere il maestro Gabriele
Bianchi”, mi disse il babbo. “Ti sarà facile riconoscerlo, perché zoppica”.
Andai al treno, e vidi scendere appunto una persona piuttosto claudicante, con un grande cappello bianco a cencio.
È lui. –mi dissi – E lo chiamai.
“Maestro Bianchi!”
“Bravo! Mi hai riconosciuto. Ma come hai fatto?”
Fui colto di sorpresa alla domanda. Ma riuscii fortunatamente a rispondere subito, pur titubando: “Eh... dal... cappello!”
Nunzio Montanari
Nel 1950, in America per una tournée del “Trio di Trieste”
in sostituzione del pianista Dario De Rosa, seriamente
ammalato, Nunzio Montanari si sentì dire in inglese dopo
un concerto, da uno spettatore: “È comodo per gli altri due
suonare a memoria; così possono fare un po’ quello che
vogliono”.
267
E subito Renato Zanettovich, che era vicino, di rimando:
“Faza de m...!” (non la parola universalmente usata, specialmente dai francesi, ma quella colorita e altrettanto diffusa
del dialetto veneto).
*
In occasione della stessa tournée, Toscanini sentì un concerto del trio in diretta alla radio, e volle ospiti a cena i tre strumentisti. Nel bel libro sul “Trio di Trieste” (Torino, 1992) si
racconta di questo incontro, del quale “Zanettovich ricorda
giudizi taglienti, senza mezzi termini né sfumature, a proposito di varie personalità musicali”, da parte del maestro (p.
43).
Nunzio Montanari, il pianista “supplente”, fu invitato da
Toscanini a sedersi a tavola accanto a lui. Messosi in quel
posto, Montanari rimase dapprima in imbarazzo. Ma
Toscanini non tardò a rompere il ghiaccio, anche per via del
comune dialetto (il pianista era modenese).
Vistolo perplesso di fronte a dei bocconcini dolciastri
(“un mezzo pompelmo con lo zucchero bruciato sopra”),
serviti come antipasto, gli disse: “Montanari, fa’ come me:
buttali sotto il tavolo, ma senza farti vedere!”.
Più avanti, Montanari ricordava di avergli chiesto, con la
dovuta “prudenza”, se provava emozione o altre sensazioni
quando era sul podio, in pubblico; e ne ebbe un’utilissima
“lezione”.
“Il pubblico? – disse il maestro. – Guarda: sono sessant’anni che gli volto il c...”!
*
268
Ancora oltreoceano, ma quella volta in giro concertistico
con i colleghi stabili del “Trio di Bolzano” (Giannino Carpi,
violino, e Sante Amadori, violoncello), una anziana signora
(forse una mecenate) propose al maestro Montanari una
cospicua offerta per... rinforzare il complesso con altri strumentisti!
*
In viaggio in automobile per un concerto col “Trio di
Bolzano”, Nunzio Montanari viene fermato dalla Polizia.
“Lei è in contravvenzione: non ha suonato il clacson in
prossimità d’una curva pericolosa per scarsa visibilità!”.
Non discute, e paga immediatamente la multa, pur commentando: “Io, che di solito son pagato per suonare, devo
pagare per non aver suonato!”.
*
Dopo la prima audizione, intorno al 1950, il maestro
Montanari mi disse: “Potrai anche essere un Coppi, ma non
sai andare... in bicicletta!”.
*
269
Giannino Carpi
Fra le sue tante storie o battute, divertentissime, ma spesso
piuttosto “spinte”, ne scelgo una... innocua.
A Roma per un concerto col solito complesso da camera
bolzanino, i tre si trasferiscono per una prova dall’albergo
alla sala concerti, salendo davanti su un autobus, vicini al
guidatore.
“Guardate, ragazzi – dice Giannino ai due colleghi –
come guida bene questo autista!”
E ancora: “Caspita, come prende le curve! Guardate la prossima...: stupenda manovra!” E avanti di questo passo, facendo innervosire sempre più il conducente.
Non ricordo come finì. Ma si può anche immaginare...
Andrea Bambace
Una bidella, sul corridoio del conservatorio, chiama (o saluta) Bambace con un tono piuttosto confidenziale: “Ehi,
Profe!”.
“Guardi! – scatta irritato il pianista – Se insiste ancora a
rivolgersi a me in quel modo, sarò costretto a dirle: "Ehi,
bidè!"”.
Miroslao Zgaga
Pianista, allievo e poi collega al conservatorio di Bolzano, un
giorno fece in classe un’osservazione arguta.
Ero entrato in aula annunciando l’ascolto di alcune pagine da melodrammi italiani del Seicento, fra le quali un coro
di Cavalli.
270
“Che bello! – disse subito Zgaga – non li ho mai sentiti
cantare!”.
Un “basso continuo” particolare
Il prof. Pietro Avanzi. musicista che andava approfondendo
gli studi sulla teoria e la pratica del “basso continuo”, ogni
tanto me ne parlava a Riva del Garda, dove eravamo colleghi in conservatorio. Mi faceva vedere e ascoltare al pianoforte la “realizzazione” di alcuni esempi, osservando che
col passar del tempo egli si era via via convinto che il disegno che scaturiva dalle “cifre” del Basso poteva essere notevolmente sfoltito, soprattutto se l’esecuzione era affidata al
clavicembalo.
Infatti, notai in uno stesso esempio un numero molto inferiore di note fra la prima e la più recente versione: era la
Sonata n.2 dell’Op. II di Vivaldi, per violino e basso continuo.
Per gli esami di diploma di violino, un giorno si presentò un
allievo che, appunto, mi disse di avere nel programma anche
la suddetta sonata vivaldiana.
Gli chiesi (sapendo che aveva studiato anche con Avanzi):
“Col basso di Avanzi, o con gli avanzi del basso?”.
271
OPERE LIRICHE
“Rigoletto”: “È un’opera buffa”, afferma un allievo (di lingua tedesca) all’esame di Storia della musica, al conservatorio di Bolzano.
Stupore della commissione e richiesta di spiegazione.
Risposta: “Ho letto che Rigoletto è un buffone di corte”.
*
Fra amici.
“Cos’hai fatto ieri sera?”
“Ho ascoltato alla radio Gli avannotti di Meyerbeer dalla
Scala”.
(R.G.)
*
Un tizio sta sfogliando un opuscolo, seduto su una panchina ai giardini. Si avvicina un amico e gli chiede che cosa sta
leggendo.
“La Norma” risponde; e, visto l’interesse dell’altro per l’argomento, soggiunge: “Sai, sono stato al laboratorio a ritirare il referto delle analisi e ho trovato scritto che... tutto è
nella norma”.
*
“Ho visto che la "Cavalleria rusticana" è nella Scala di seta
di Rossini”, mi spiega un allievo, in privato. Cerco di andare a fondo e vedo che ha una musicassetta rossiniana col
titolo: “La scala di seta” e altre sinfonie d’opera.
Allora scopro che per lui la suddetta “cavalleria” (ignorando, evidentemente, quella di Mascagni) sarebbe costitui272
ta dal... finale della sinfonia del Guglielmo Tell (forse considerata come una “cavalcata” e magari con un ulteriore scambio, per i... cavalli galoppanti, con la Cavalleria leggera di
Franz von Suppé).
*
Da una delle mie prime recensioni (“Alto Adige” del 24 agosto 1956), dopo una rappresentazione operistica a Riva del
Garda, che molto più tardi avrei annoverato fra gli “incidenti” lirici estivi nella mia cittadina natale: «Dopo aver
ascoltato sabato e domenica sera, nel cortile della Rocca, l’esecuzione del “Barbiere” e della “Lucia”, un laureando in
Storia della musica non avrebbe difficoltà a scegliere l’argomento per la sua tesi, che potrebbe essere, per esempio, “La
fine del melodramma italiano”.».
*
Durante una lezione di canto, un giovane tenore che evidentemente aveva memorizzato melodia e testo per imitazione (non sapendo leggere la musica), mi attaccò così il II
atto della Traviata : “Lunge da lei per me non vado a letto!”.
(I.A.C.)
*
Un allievo di lingua tedesca che aveva comunque voluto
iscriversi alla mia classe di Storia della musica, diede questa
risposta alla mia prima domanda sulle origini del teatro
musicale moderno: “Il cullo del melodramma è Firenze”.
*
273
“Qual è il grande musicista italiano, attivo tra Cinque e
Seicento, che fu definito il creatore della musica moderna,
autore de L’Orfeo ?".
“Altobelli.” (eravamo alla vigilia dei mondiali di calcio).
*
“Ricorda qualche opera di Mozart per il teatro?”, chiese uno
dei commissari d’esame.
Poiché la candidata rimaneva muta, cominciammo a suggerire.
“Don...?”
...“Giovanni”, aggiunse rispondendo.
“Bene! Poi: Le nozze di...?”
...“Figaro”.
“Bene! Poi: Il ratto...?”
...“delle Sabine”.
274
STORPIATURE, LAPSUS, ERRORI GROSSOLANI
E... CONFUSIONE
Chiesi a un esame chi fu il primo grande violinista italiano,
un autentico caposcuola per i maestri del Settecento.
Constatato il silenzio, cercai di dare una mano: “Era un
musicista dal nome serafico, angelico...”.
“Cherubini”, fu la prima risposta.
Feci presente che bisognava andare più indietro nel
tempo e proposi: “Arcangelo..., Arcangelo...”
“Arcangelo Gabrieli!”.
*
Tanti anni fa ero andato all’ENPALS di Trento ad assumere
informazioni per gli “Amici della musica” di Riva del Garda.
Dopo che mi ero presentato, il responsabile dell’ufficio
mi chiese, innanzi tutto, se l’attività del mio sodalizio era
analoga a quella della “Società fisarmonica” di Trento...
*
Già ai tempi del seguitissimo quiz radiofonico “Botta e
risposta”, ebbi occasione di verificare un “imbroglio” in un
locale di Riva del Garda.
Fra l’uno e l’altro ballo, a una delle domande del conduttore su chi fosse l’autore della cosiddetta “Marcia turca”,
uno dei presenti – un commerciante che certo non conosceva la musica “classica”– rispose: “Morart”.
Aveva letto male il nome, sul foglietto manoscritto che gli
avevano passato sotto il tavolino.
*
275
Nella bella stagione della vita, in cui preparavo la tesi, mi
scappò detto nella fretta, a un anziano maestro, che stavo
lavorando al confronto dei ricercari del liutista oggetto del
mio studio, con quelli di Antonio Segni e Albino Cavazzani,
vale a dire l’allora presidente della Repubblica e il direttore
del quotidiano “Alto Adige”.
L’interlocutore non si accorse della papera: i due compositori cinquecenteschi erano Giulio Segni (Julio da Modena)
e Girolamo Cavazzoni!
*
A proposito di ricercari: un quotidiano milanese dava un
giorno notizia che il “Trio di Bolzano”, in una tournée americana, avrebbe eseguito fra l’altro i “7 ricercatori” di
Giorgio Federico Ghedini (credo per la prima volta oltre
oceano). Chissà quanto saranno stati contenti i vecchi cercatori d’oro del Far West!
*
L’esame si svolgeva in lingua tedesca, ma gli autori da citare
nell’occasione erano italiani, del Cinque-Seicento.
Sentii nominare un inesistente “Cazzoni”, che mi fece
molto divertire; non tanto per il significato della parola,
quanto piuttosto per una evidente “mistura” fra Caccini,
Cavazzoni e Cazzati.
*
276
Cantava Michele Pesenti, in quella sorta di rivendicazione
ante litteram dei diritti d’autore: “Questa è mia, l’ho fatta
mi...” (mi approprio del motto, precisando che, purtroppo,
ne ho fatte anche altre nel mio percorso studentesco).
Reduce da lunghe vacanze estive dove, più che allo studio, avevo pensato ad altri giovanili passatempi, caddi in un
trabocchetto. Infatti, pur avendo risposto bene, nel corso
d’un esame (non di Storia della musica!!!), sull’importanza
del cardinal Barberini nello sviluppo del melodramma a
Roma, alla domanda conclusiva, posta in modo un po’ cattivello (“Che fine ha fatto il card. Barberini?”), rimasi imbarazzato per... ignoranza e allargai le braccia in segno di
sconforto.
“Intende dire che fece una brutta fine?”.
Non dissi di sì, ma lo lasciai dedurre dai gesti, come se
pensassi che la fine “richiesta” fosse la morte (mèta, peraltro,
di tutti gli esseri viventi, e quindi anche del Nostro, dopo
più di tre secoli).
“Allora intende dire – incalzò l’aguzzino – che è una brutta fine diventare Papa!”.
[Se l’episodio fosse avvenuto oggi, il mio “sì” muto forse
sarebbe potuto valere, con tutto il rispetto per Sua Santità.
Ma al tempo di Pio XII si diceva ancora “fare una vita da
papi”].
277
Scherzi redazionali
Il CD allegato come inserto redazionale a “Meridiani” n° 54
– dicembre 1996 – Editoriale Domus, reca nell’indice, fra le
canzoni interpretate dal Coro della SAT, “La pagella”: incuriosito, l’ascoltai subito, e scoprii che era La Paganella.
Evidente errore redazionale: non mi meravigliai più di
tanto, perché poco più d’un anno prima La montanara, proprio all’inizio d’un mio articolo per “l’Adige” (14 settembre
1995, p. 13), era diventata... “La montagna”.
C’è trota e trota
A Riva del Garda, nel 1962, in occasione d’uno dei concerti della prima stagione estiva dell’orchestra “Haydn”, avvenne un fatto curioso che molti, divertiti, ricordano ancora:
durante il concerto del 12 agosto, il direttore stabile dell’orchestra – l’indimenticabile M° Antonio Pedrotti – dopo l’intervallo seguito ad una raffinata interpretazione di pagine di
Rossini e Falla, saliva sul podio e, anziché impugnare la bacchetta, si voltava verso il pubblico, dicendo con grande
serietà: “Attaccheremo la quinta Sinfonia di Schubert non
appena avranno terminato di friggere la trota”!
Sul cortile interno della Rocca, dove si svolgeva il concerto, davano infatti le finestre della cucina dell’omonimo e
rinomato ristorante, il cui gestore non certo si preoccupava
di turbare, con i più vari rumori, le esecuzioni musicali
(oggi, in verità, nella Rocca e altrove, è più probabile ascol-
278
tare “La trota” di Schubert, il celebre Forellenquintett, che
non le esibizioni culinarie d’un onesto addetto ai fornelli).
Era un caso strano ma non unico, quello dell’agosto ’62, che in realtà
indicava una tendenza diffusa, allora, tra certi operatori del settore turistico-commerciale, a non considerare la musica nella sua importanza,
anche come una delle componenti della promozione turistica.
L’onorevole Piccoli e l’assessore Grandi
Minaccia d’un calo di contributi provinciali per “Musica Riva”
Nonostante la limitata disponibilità di mezzi, il programma
di quest’anno risulta ugualmente di livello ragguardevole.
Ma non vorrei, di questo passo, che si arrivasse a un “Festival
dei poveri” [anche se a Riva abbiamo un ex convento (già
sede delle carceri) con annesso chiostro buono per concerti,
intitolato proprio a San Francesco…].
Una volta, con un solo “Piccoli” (e altri) noi siamo riusciti
ad avere delle cose “grandi” (vedi il Conservatorio, per esempio); sarebbe il colmo, oggi, che con un… “Grandi” (e altri),
noi ci accontentassimo solo di cose “piccole”!
• Dall’intervento alla conferenza stampa per l’8a edizione di “Musica
Riva”, Trento, 11 luglio 1991.
279
Una curiosa busta, indirizzata a “Mr. C. Monteverdi” nel 1968 !
Una lettera dal Missouri per G. L. Dardo, con bizzarro indirizzo.
280
A Musicall Banquet
Dalla parte del... fruitore.
E’ troppo bella per non ricordarla, proprio come “congedo”.
Il titolo d’una notizia apparsa in Cronaca di Trento sull’
“Alto Adige” del 23 luglio 1991 (p. 12), così recitava:
“A Trento si farà la cremazione. Ma non c’è fretta”.
Menomale!
281
Appendice
A Musicall Banquet
I.
LA SCUOLA MUSICALE DI RIVA
DA PRIVATA ASSOCIAZIONE DI INSEGNANTI A
ISTITUTO CIVICO
(1956-1964)*
CONTRIBUTO PER I CINQUANT’ANNI
DELLA FONDAZIONE DELLA SCUOLA
* Viene usata la denominazione “Riva”, perché quella di
“Riva del Garda” fu sancita soltanto con la L.R. 30.11.1969
N. 15. Prima di allora, oltre al semplice Riva (perfino sulla
carta intestata del Comune), si diceva anche Riva sul Garda
(come in tedesco “am Gardasee”), Riva di Trento e, naturalmente, pure Riva del Garda.
285
A Musicall Banquet
DOVEROSO PRELIMINARE
Mai avrei pensato che si potesse ripetere un fatto increscioso quale fu la
manomissione dei miei principali contributi per il libro scritto l’anno scorso con Andrea Bambace sul nostro grande Maestro Nunzio Montanari
(Suonare! Per la gioia di suonare!, Silvana Editoriale, 2005).
Ero stato costretto a una veloce lettura delle ultime bozze – uniche presentatemi – senza un margine di tempo sufficiente per rivederle e trasmetterle
tutte anche col mio consenso alla stampa. I guai erano rimasti, in gran parte,
ma l’Ente finanziatore del progetto mi concesse almeno di inserire nel volume un foglietto, in cui potevo osservare che “per una scelta esclusivamente
redazionale della Casa editrice, erano stati effettuati numerosi interventi,
anche cospicui, nella mia strutturazione grafica del testo”, apparsi con particolare evidenza in alcuni capitoli.
Quest’anno ciò non mi è invece stato consentito in alcun modo, nella pubblicazione per la felice circostanza del cinquantesimo della Scuola musicale
di Riva del Garda (Storia della Scuola Musicale Civica di Riva del Garda,
Litografia Grafica 5, Arco), nell’eventualità che un mio saggio introduttivo
rimanesse come l’avevo trovato nelle bozze di stampa. Esso, infatti, risultava mutilato, contraffatto e camuffato in troppi casi, in modo da impedire
addirittura al lettore anche di cogliere il mio modo (non dico stile) di condurre il discorso e di “vedere” gli avvenimenti personalmente vissuti.
Tuttavia, la “nota” che volevo fosse aggiunta alla fine dello scritto, non suonava in alcun modo lesiva della qualità degli autori dell’intera opera, come
può ben intendere chi la leggerà al termine di questo saggio.
287
A Musicall Banquet
23. I sei insegnanti dell’anno scolastico 1956-57.
Da sinistra: i professori Maroni, Dardo, Bonapace, Marchi,
Menapace, Luterotti.
288
A Musicall Banquet
La Scuola musicale di Riva del Garda è nata sotto buona
stella. Era l’anno, il 1956, in cui ogni notte brillava in cielo
l’astro mozartiano per il secondo centenario della nascita del
grande salisburghese 1. In marzo ne aveva fatta degna commemorazione il pianista Bruno Mezzena in una serata alla
Rocca, voluta del gruppo “Amici dell’Arte” di Giacomo
Vittone. Gli Amici della musica si sarebbero invece fatti vivi
soprattutto a fine ottobre, per inaugurare la loro prima stagione di concerti di musica da camera: al pianoforte la rivana Maria Luisa Menapace nel suo felice debutto. Un mese
dopo iniziava i corsi la Scuola musicale, avviandosi su una
strada che l’avrebbe portata lontano: verso quei cinquant’anni di attività che si compiono brillantemente nel
2006.
E’ però lecito porsi una domanda: prima di quel ’56, esisteva a Riva un’attività d’istruzione musicale? Una risposta ci
viene da Antonio Carlini che, nel mai abbastanza compulsato e lodato volume sulle Istituzioni Musicali a Riva del
Garda nel 19° secolo 2, così esordisce:
L’aspetto istituzionale della musica ottocentesca a Riva del Garda acquista significato soltanto nella seconda metà del secolo, quando il Comune
assume un ruolo decisamente positivo. Per gli anni precedenti si possono cogliere solo delle anticipazioni, la cui lettura risulta però compromessa da una documentazione lacunosa e frammentaria.
Un piccolo gruppo di filarmonici esisteva a Riva fin dai primi anni del
secolo, ma la sua attività emerge solo da annotazioni frettolose, relative
alle poche manifestazioni pubbliche del tempo: solenni funzioni per gli
onomastici o compleanni dei regnanti, visite di persone illustri, anniversari civili e feste religiose.
Si trattava soprattutto di corsi istituzionalmente organizzati
per la preparazione e l’inserimento in complessi bandistici e
289
A Musicall Banquet
in seguito anche orchestrali 3 ; più avanti, due lezioni settimanali di canto avrebbero affiancato quelle strumentali.
Quest’ultimo insegnamento fu esteso alle Scuole popolari
municipali, secondo una riforma attuata nel 1882. Quattro
anni dopo venne inserita anche una scuola di canto corale,
con quattro ore settimanali di lezione.
“Il principale artefice dello sviluppo musicale cittadino” fu il
comasco Giosuè De Gregori, a Riva già nel 1858 come organista nella Chiesa arcipretale e poi, dal 1868 al ’91,
“Maestro della Scuola Filarmonica”. A cavallo fra i due secoli XIX e XX - rileva ancora Carlini - “l’istituzione è percorsa da un certo nervosismo, dovuto ad indisciplina dei componenti, al contrasto fra Banda civica e Bandina sociale e
alle incomprensioni fra i due maestri, Brunelli e
Galimberti”. Nell’agosto del 1897 il complesso viene sciolto, ma pochi mesi dopo ricostituito; e soltanto nel 1906
riceve un forte impulso con l’arrivo del maestro Angelo
Borlenghi. Sarà lui a dirigere l’istituzione musicale nel suo
complesso fino al 1912, quando per motivi politici lascerà
Riva e si trasferirà a Firenze. Qui avrà in conservatorio una
prestigiosa cattedra di composizione e strumentazione per
banda 4 . A Riva gli era nato, nel 1908, il figlio Enzo, che
sarebbe poi stato attivo come compositore e pianista, nonché insegnante e direttore dell’Istituto musicale di Lucca 5 .
Le attività musicali – scuola, concerti bandistici, orchestrali,
corali e anche di musica da camera; nonché rappresentazioni operistiche - proseguiranno quasi tutte fino allo scoppio
della prima guerra mondiale.
Notizie molto interessanti e documentate fino al periodo
prebellico si trovano anche in uno scritto di Franco
Ballardini per il volume curato da Angelo Foletto e Federica
290
A Musicall Banquet
Fanizza, edito nel 1993 dalla Biblioteca Civica di Riva del
Garda: “Dentro la musica…” (Itinerari alla scoperta del fondo
“Silvio Pozzini” della Biblioteca Civica di Riva del Garda),
con schede catalografiche a cura di Nicola Straffelini.
Ballardini tratta l’argomento Il Club Musicale di Riva e l’
“Orchestra di cura” di Arco (pp.59-68) con ampie informazioni soprattutto di carattere repertoriale e conclude brevemente con una considerazione estesa fino alla metà del secolo scorso; egli rileva tuttavia la necessità di nuove ricerche
(nota n.40), sottolineando che “la bibliografia sul periodo
successivo al 1913 è, in realtà, quasi inesistente, anche per
quel che riguarda Riva”.
Dopo il termine delle ostilità, soltanto il complesso bandistico riuscì a riorganizzarsi, pur essendovi memoria di manifestazioni in teatro, specialmente operistiche. Ed era pur
sempre attivo il coro parrocchiale; e la “Bandina Alpina di
Campi di Riva”, costituita nel 1889, riusciva ad essere ancora presente - benché senza divisa e con pochi strumenti - nel
villaggio per gli appuntamenti tradizionali 6 .
Anche la banda del capoluogo aveva ripreso l’attività intorno agli anni Venti riacquistando, sotto la guida del maestro
Pietro Mastrangelo, il prestigio raggiunto col Borlenghi. Ma
ebbe vita relativamente breve tanto che, nel decennio
seguente, a rappresentare la città fu quella schiera di giovani
che costituì la Banda dei “Giovani Marinaretti”, guidata
dapprima dal direttore del Complesso reggimentale di stanza a Riva, Maresciallo Barone, e poi da Mario Maino e Silvio
Bonometti. Animatore del gruppo era Ezio Marchi.
Dovranno passare molti anni prima di rivedere il centro
benacense dotato di un proprio “Corpo bandistico Riva del
Garda”, ricostituito nel 1972 grazie all’entusiasmo di Lino
291
A Musicall Banquet
Arlanch e di pochi altri affezionati, fra cui Remo Marconi
che ne fu il primo presidente. L’esordio avvenne il 22 aprile
1973, domenica di Pasqua, con l’esecuzione di “alcune marcette” 7. Sette anni dopo verrà ricostituita, soprattutto grazie
all’appassionata direzione del maestro Renzo Calliari e
all’intervento di alcune persone del luogo, attente e sensibili, anche la “Banda dei liberi falchi di Campi”, poi qualificata “Folk” e infine designata con l’antica denominazione di
“Banda della Valletta dei Liberi Falchi”.
***
Per quanto riguarda un’attività squisitamente didattica, proseguo ora basandomi sia su testimonianze di anziani presenti in quel periodo, sia valendomi delle mie prime esperienze
dirette; passerò infine a quella che fu la mia partecipazione
personale nello svolgimento delle vicende della musica a
Riva del Garda 8.
Prima del 1956, anno di nascita dell’attuale “Civica”, era
stata aperta alla Rocca all’inizio degli anni Trenta una Scuola
musicale, con Silvio De Florian docente di violino e il maestro giudicariese Igino Dapreda per il pianoforte.
Evidentemente l’iniziativa non fece molta strada se, per
riparlare di un esperimento del genere, si dovrà aspettare il
dopoguerra. Nel 1938 veniva invece aperta la sezione decanale della Scuola diocesana di musica sacra, diretta dal fondatore don Celestino Eccher – l’esimio gregorianista che
poi avrebbe trascorso gli ultimi anni di vita proprio nella cittadina benacense – e curata da don Teodoro Pouli e dal prof.
Italo Marchi (autori in seguito del manuale didattico
“Purché Dio sia lodato”, 1950).
Un anno e mezzo dopo la fine della seconda guerra mon292
A Musicall Banquet
diale si tornò a parlare in Municipio di una scuola musicale. Il Corriere Tridentino, nei giorni 18, 22, 27 ottobre e 5
novembre 1946, dà notizia dell’inaugurazione di un Liceo
Musicale, ad opera del sindaco dr. Alberti, nell’aula magna
del “Maffei”, avvenuta la mattina del 4 novembre 1946.
Direttore era il prof. Italo Marchi. Due giorni dopo nasceva
anche un “Circolo rivano di cultura” e il prof. Lino Righi
iniziava, il 26 dicembre, una serie di conferenze sulla “Storia
della musica strumentale”. Il prof. Righi fu per altro anche
apprezzato direttore del coro parrocchiale.
Il 28 novembre 1947, sempre sul quotidiano citato, veniva
annunciata la riapertura della scuola musicale, istituita l’anno precedente e che “sotto l’improprio nome di Liceo
Musicale ha svolto una notevole attività culturale attirando
numerosi allievi che hanno frequentato vari corsi con ottimo esito. Sarà posta sotto la direzione del maestro Silvio De
Florian”. L’eccellente professionista, e dinamico organizzatore arcense-roveretano, subentra dunque al prof. Italo
Marchi. Anche questa iniziativa non ebbe lungo séguito,
mentre prosperavano le scuole private: Alice Bonapace,
Dolores Luterotti e Maria Ester Sartorio Rossi per il pianoforte, Giovanni Maroni e Cesara Rossi Alberti per il violino. Due di loro si unirono poi nella scuola MaroniLuterotti 9.
***
Passano alcuni anni e, per l’istruzione musicale a Riva, nel
1956, dopo gli esperimenti effettuati dal Comune prima e
nell’immediato dopoguerra senza successo, tocca dunque a
un gruppo di privati insegnanti di riunirsi in una specie di
cooperativa (soltanto di nome e con uno statuto d’una sola
facciata, senza presidenti né amministratori) per tenere le
293
lezioni d’una “scuola” ancora in… casa propria. Ma era già
un successo avere la classe di Storia della musica e Armonia
nello stanzino gentilmente concesso da Giacomo Vittone, in
cui gli artisti si preparavano prima delle loro esibizioni nell’auditorium della Rocca. Quando invece non si era costretti, purtroppo, a rinviare o addirittura a sospendere le lezioni collettive in occasione d’un concerto o di uno spettacolo10. Più avanti la “sede” fu ampliata con uno sgabuzzino
ricavato nell’attigua anticamera.
Gli insegnamenti impartiti erano: Violino e Viola (Giovanni
Maroni), Pianoforte (Alice Bonapace, Dolores Luterotti e
Maria Luisa Menapace), Teoria, solfeggio e dettato musicale (Giovanni Maroni), Cultura musicale generale - disciplina detta correntemente Armonia complementare - (Italo
Marchi), Storia della musica (Gian Luigi Dardo) e
Pianoforte complementare (una delle tre pianiste citate
sopra). Non erano più sul campo le mie due prime maestre,
Maria Ester Sartorio Rossi (deceduta quasi novantenne nel
1953) e la figlia Cesara Rossi Alberti, che aveva abbandonato l’insegnamento.
24. La pianista Maria Ester Sartorio Rossi.
294
A Musicall Banquet
Nelle notizie dell’apertura della scuola date dai giornali del
18 novembre, mi commuove rileggere quanto scritto allora
sulla sua attrezzatura per gli insegnamenti collettivi di materie complementari: pianoforte verticale Steinbach [in prestito dalla “Spiaggia degli Olivi”, che lo usava nell’esedra delle
Rose, ossia sulla terrazza all’aperto solo nel periodo estivo!],
discoteca con grammofono, registratore su nastro, libri d’interesse musicale, materiale fotografico, ecc. [che portavo da
casa]. Il gruppo Amici dell’arte metteva a disposizione della
scuola l’auditorium per le manifestazioni musicali quali
saggi, conferenze, ecc. 11.
Un mio lungo articolo di presentazione apparve sull’Alto
Adige dell’ 8 dicembre 1956, sotto il titolo “Organizzazione
e finalità della scuola musicale”. Vi rilevavo il felice raggiungimento di un accordo - dopo le numerose rivalità e disavventure precedenti - fra i docenti delle varie scuole private;
e inoltre l’importanza dell’insegnamento delle materie complementari, del quale analizzavo e poi riassumevo gli aspetti
positivi:
1) possibilità di ricevere a Riva tutti gli insegnamenti complementari;
2) abolizione delle spese di trasferimento in altre città più o
meno vicine;
3) diminuzione del costo delle lezioni [l’onorario richiesto
veniva diviso equamente fra i vari allievi].
In dicembre tutti i corsi erano avviati. Ricordo i miei allievi
Annalena Boccagni, Cirillo Bombardelli, Antonietta
Gerletti, Majla Montagni, Giorgio Ulivieri ed Emilio
Visconti. (Spesso era gradito ospite, come uditore, il prof.
Gino Dal Bianco).
Il 25 giugno e il 5 luglio si tennero due saggi finali. In aper295
A Musicall Banquet
tura della seconda serata rilevai, come rappresentante della
direzione (con Marchi e Maroni), i seguenti dati: quarantanove allievi (di cui undici di violino). Fra loro, dodici iscritti anche ad una o più materie complementari. Allo scrutinio
finale dieci risultarono aver abbandonato i corsi per motivi
diversi. Antonietta Gerletti fu la prima a superare, in sessione estiva, gli esami di conservatorio (Storia della musica);
Giorgio Ulivieri avrebbe conseguito la licenza per i miei
corsi complementari nella sessione autunnale. Il secondo
saggio si concluse con una premiazione degli allievi più
meritevoli e con l’esecuzione di pagine di Händel e
Dall’Abaco da parte di un “Piccolo complesso d’archi” della
Scuola musicale preparato e diretto dal prof. Maroni.
(Collaborarono tre allievi della Civica scuola musicale di
Rovereto e tre degli “storici” strumentisti delle orchestre
rivane: Silvio e Luigi Dionisi e Silvio Bonometti).
La Scuola partecipò al ciclo delle manifestazioni musicali
organizzate per gli studenti del Liceo-ginnasio “Andrea
Maffei”, con la propria consulenza artistica; e organizzò due
concerti, in orario di lezione, con gli insegnanti Italo
Marchi organista (29 aprile 1957, nella Chiesa Arcipretale)
e Maria Luisa Menapace - Gian Luigi Dardo, pianoforte a
due o a quattro mani (Auditorium della Rocca, 13 maggio
1957), con musiche di Scarlatti, Mozart, Schubert, Liszt e
Debussy. Per le celebrazioni mozartiane, lo stesso duo aveva
effettuato anche una registrazione su nastro, diffusa nelle
aule il 5 dicembre 1956. Io collaborai anche con gli Amici
della musica per l’organizzazione della prima stagione di
concerti di musica da camera 12, con l’intento di fornire una
maggior conoscenza della musica agli alunni e non solo al
pubblico in genere.
296
A Musicall Banquet
Oggi, ripensando a quel periodo così fervido di iniziative e
all’attuale felice situazione dell’istruzione e dell’attività
musicale nel suo complesso a Riva del Garda, non ho più
ragione di risentirmi per una considerazione del quotidiano
Alto Adige del 10 aprile 1957, sotto il titolo “Scacciati dalla
porta non si entra dalla finestra”:
Per quanto riguarda poi la Scuola musicale, buon per Gianluigi Dardo
che il sindaco ne sia entusiasta, ma sarà concesso ad altri di essere pessimisti come lo è qualche illustre musicista del conservatorio di Bolzano.
Io so di chi si trattava a Riva, e credo anche a chi ci si riferiva in quel di Bolzano. Ricordo invece il cauto appoggio del
sindaco, Cav. Arrigo Dal Lago, e dell’ assessore all’Istruzione
Gioachino Viola, mentre era maggiormente coinvolto Dario
Mosaner, in giunta comunale pur con altre deleghe. E il
tutto era il frutto di una polemica fra i due gruppi di
“Amici”, tali ciascuno nel proprio ambito, ma non fra loro!
In questa difficile situazione, la Scuola musicale si trovava
fra due fuochi e poteva rischiare di chiudere. Per evitare questa dolorosa prospettiva, nel 1957-58 mi rivolsi - per la realizzazione della stagione concertistica - agli Amici dell’Arte
che avevo “tradito” (secondo Giacomo Vittone) l’anno precedente; con questi la Scuola musicale fondò una “Pro cultura musicale”, la quale avrebbe tuttavia avuto (oggi possiamo dire… fortunatamente ) pochi mesi di vita. Fu così
organizzata una serie di concerti, alcuni dei quali per una
rassegna di giovani concertisti italiani che però, considerando la numerazione di quelle che seguirono, indicherei come
“numero zero” 13. Ne nacque un altro “tradimento”, che
costò la concessione del pianoforte Bechstein da parte degli
297
A Musicall Banquet
Amici della musica. Portai il mio “codino”, ma fui costretto
a studiare in Rocca per oltre due mesi!
Dopo frequenti schermaglie giornalistiche, su L’Adige del 21
marzo 1958 feci pubblicare una mia lettera aperta all’assessore all’Istruzione, nel cui titolo veniva “Auspicata una riorganizzazione dell’attività musicale cittadina” sotto il suo
patrocinio, con progressivi e adeguati finanziamenti per i
singoli settori di un’unica associazione (coro, concerti di
musica da camera e sinfonici, scuola musicale con piccolo
complesso d’archi degli allievi, e altro). La risposta del
Comune di Riva si concretizzò, in quella prima fase, soltanto – ma proficuamente – nell’assegnazione di un locale indipendente, ancora nell’edificio della Rocca.
Restava sempre, oltre a quello finanziario, il problema del
pianoforte a coda, il cui uso ci era stato negato dagli Amici
della Musica. Io avevo intanto riportato a casa il mio strumento e la sera precedente un concerto degli insegnanti, eravamo appunto in attesa della concessione del Bechstein per
una prova generale. Ma il pianoforte era rimasto nel locale
dove si riuniva il coro e noi non avevamo le chiavi. Sperando
che qualcuno venisse a darcele, si arrivò fin dopo la mezzanotte; poi, visto che nessuno si era fatto vivo, entrammo
nella stanza con un sotterfugio e finimmo di suonare quando ormai erano le tre del mattino del 19 aprile 1958. Nel
concerto serale “a totale beneficio della Chiesa arcipretale”,
furono eseguiti il Trio n.27 di Haydn (Maria Luisa
Menapace, Giovanni Maroni e un giovane cellista di
Rovereto, Ezio Francescatti), un Concerto di Vivaldi
(Giovanni Maroni e Gian Luigi Dardo), due composizioni
per pianoforte a quattro mani di Mozart, K.501 e K.358
(Menapace-Dardo) e il Trio op.11 di Beethoven, con gli
298
A Musicall Banquet
stessi esecutori dell’esordio.
Non ci fu invece difficoltà ad avere lo strumento per il saggio finale d’anno scolastico, il 27 giugno, perché le acque si
erano un po’ calmate già in occasione di un concerto pianistico ai primi di maggio. Si esibirono allievi delle scuole di
pianoforte prof. Bonapace e prof. Menapace (ricordiamo
Rita Trenti, del III corso), e della scuola di violino del prof.
Maroni, per la quale concludeva la serata un giovane che in
seguito si sarebbe fatto valere in Italia e anche all’estero
soprattutto sugli strumenti antichi: Giorgio Ulivieri (VII
corso, tre tempi di una Sonata di Veracini), accompagnato
al pianoforte - come tutti gli altri violinisti - dalla prof.
Menapace.
***
Dall’autunno 1958, per un anno non fui più fra i docenti
della scuola. Ero stato indotto a dimettermi, purtroppo, per
dissapori con il prof. Maroni, che ne assunse la direzione
(solo una persona, in zona, ancora oggi conosce i motivi di
quelle dimissioni). La prof. Alice Bonapace si era trasferita a
Trento, l’insegnante Dolores Luterotti aveva sospeso l’insegnamento nella scuola per gravi motivi di famiglia e il prof.
Italo Marchi – al quale ero subentrato io – aveva già lasciato la scuola nel luglio ’57; perciò i docenti erano rimasti soltanto due. Ma francamente non ebbi il timore che si avverasse la…”profezia” del giornale Alto Adige; pensavo infatti
che sarei rientrato in gioco. Il saggio finale delle scuole
Menapace e Maroni si tenne il 12 giugno 1959. Nel frattempo io avevo iniziato a impartire anche privatamente
lezioni di pianoforte e presentai alcuni allievi il 30 settembre in Rocca, in un saggio accanto a quelli della scuola
Luterotti.
299
A Musicall Banquet
Per non fare almeno naufragare l’imminente stagione concertistica, tornai ad appoggiarmi agli Amici della Musica,
con i quali realizzammo in particolare alcune manifestazioni e, in estate, la prima edizione dei “Concerti notturni
benacensi”, di cui parlerò più avanti. Nell’anno scolastico
1959-60 ero di nuovo al mio posto, anche con i nuovi incarichi di pianoforte principale e complementare, insieme ai
due già ricordati in precedenza. L’esordio fu brillante: inaugurazione di una nuova sede (sempre alla Rocca) il 22
novembre, alla presenza del sindaco e di altre personalità e,
dopo la cerimonia, un breve concerto a quattro mani dei
professori Menapace-Dardo nell’Auditorium, con musiche
di Beethoven e Schumann: quindi la piacevole novità, il 29
dicembre nel pomeriggio, d’un saggio-concerto di musiche
intonate al Natale, al quale partecipavano per la prima volta,
al pianoforte, anche allievi della mia scuola.
Frattanto era cambiata, a maggio, l’amministrazione del
Comune ed era stato eletto sindaco il cav. ins. Gioachino
Viola, già assessore all’Istruzione nella giunta precedente. E
arrivò così il primo contributo pubblico di L.70.000 alla
Scuola musicale, con delibera consiliare del 22 dicembre,
grazie a un “residuato” dell’art. 84 stornato a un articolo
nuovo, inserito ad hoc, l’85 bis (Spese per l’istruzione musicale)14. Due giorni dopo l’Alto Adige pubblicava un articolato
pezzo su “una istituzione benemerita”: La francescana vita
della scuola musicale (non era firmato ma si sapeva uscito
dalla penna dal capo redazione, dott. Luciano Chincarini).
Vi si riprendeva, in sostanza, quanto io avevo scritto nella
presentazione di tre anni prima, ma con molte precisazioni e
sviluppi. La cosa più simpatica fu proprio la determinazione
del giornale di interessarsi dell’argomento (al contrario di
quanto avveniva normalmente con i nostri comunicati).
300
A Musicall Banquet
Lo si capiva dall’esordio:
Un particolare, molte volte ignorato nel vasto quadro delle attività culturali e scolastiche della nostra città, è la scuola musicale. Si sa che esiste, ma che cosa sia (al di là del fatto che vi si insegna musica), che cosa
voglia, come viva e con quali mezzi tiri avanti ben pochi dei nostri cittadini lo sanno. E oggi, sia pure brevemente, ne vogliamo parlare noi.
E in chiusura si auspicava un maggior interesse da parte
della cittadinanza e dell’amministrazione comunale.
Perché se è gran cosa la francescana povertà unita ad una grande ricchezza di spirito e di desiderio di ben fare e di progredire sulla strada
faticosamente iniziata, è altrettanto vero che con qualche mezzo in più
si potrebbero fare davvero grandi cose. Ed è ciò che noi auguriamo alla
nostra scuola musicale.
Il 30 maggio e il 6 giugno 1960 si tengono i due saggi finali. Nel primo, aperto e concluso da esecuzioni d‘insieme
degli allievi della scuola di violino, rileviamo la presenza al
pianoforte di Angelo Foletto (I corso) della scuola
Menapace; nel secondo troviamo al violino Gianni Dassatti
(III corso) e, ancora della scuola Menapace, Rita Trenti (V
corso). Quest’ultima consegue in conservatorio a Bolzano il
compimento inferiore di pianoforte, così come Aurora
Baldessari (scuola Dardo). Cirillo Bombardelli, pure preparato dal prof. Dardo, acquisisce invece il compimento
medio al Conservatorio di Parma. Altri allievi superano
esami di licenza nelle varie materie complementari. Fra gennaio e maggio si tengono i concerti per la effettiva prima
Rassegna di giovani concertisti italiani, grazie soprattutto
agli interpreti della cerchia milanese gentilmente “scritturati” dal maestro Renato Dionisi 15. Ancora nei primi mesi si
301
A Musicall Banquet
era svolto sui giornali, tra il 17 febbraio e il 20 marzo, un
acceso dibattito da me aperto sull’assenteismo ai concerti da
parte dei rivani.
In settembre assunsi la direzione del Coro polifonico “Silvio
Pozzini”, contribuendo in tal modo anche al consolidamento dei rapporti fra la scuola e gli Amici della musica. Il 5
dicembre si presentò a Riva la neonata orchestra “Haydn”
sotto la direzione di Silvio De Florian e a fine anno fu confermata l’erogazione del contributo comunale, con il cambio dell’articolo del bilancio (87bis), ma non… dell’importo assegnato (lire settantamila), purtroppo.
Nel 1961, a fine giugno, si ha la conclusione dell’anno scolastico con due saggi finali e si conferma la validità dell’impianto didattico della nostra scuola, il cui corpo docente è rimasto
invariato, benché alcuni allievi siano progrediti nei corsi e le
nuove ammissioni ne abbiano aumentato il numero.
25. Con i propri allievi di pianoforte al saggio finale 1960-61.
302
A Musicall Banquet
Il saggio del 22 giugno è aperto da una esecuzione di
“Wiegenlied” di Mozart per gruppo di violini e pianoforte
(trascrizione Dardo); fra gli allievi presenti - anche nella
serata di cinque giorni dopo - ricordiamo Lucia Dal Bosco
(corso preparatorio) della scuola Dardo, Angelo Foletto (II
corso), Rita Trenti (VI corso) della scuola Menapace e
Gianni Dassatti (III corso) nel folto gruppo di allievi del
prof. Maroni. La presentazione dei vari numeri era come al
solito affidata a Mario Maino, sempre elegantissimo, abile e
- talvolta anche involontariamente - spassoso. Una sera gli
comunicarono a voce, all’istante, la sostituzione di un
brano; non si sa come l’abbia percepito e, di Debussy,
annunciò “Doctor Nacson ad Parnasson” (il dottor Nacson
era un noto medico di Arco, riferito al posto di “Gradus” e
il “Parnassum” veniva fatto rimare col… dottore!). Il caro
Mario, da molto tempo scomparso, mi perdoni e riceva
ancora una volta i miei mille ringraziamenti per l’aiuto che
mi ha dato tante volte anche nell’ambito organizzativo. Fra
marzo e maggio ha luogo la seconda rassegna e, da giugno a
settembre, la terza edizione dei “notturni” 16.
Il 12 dicembre 1961, a voti unanimi, il consiglio comunale
– trattato finalmente a sé l’oggetto “Erogazione contributo
per l’istruzione musicale” – delibera:
1) di assegnare ed erogare alla Scuola Musicale di Riva il contributo di
L.80.000 per incrementare l’insegnamento della musica verso i giovani
meno abbienti nonché per potenziare l’attività didattica dell’istituzione;
2) di imputare la spesa all’articolo 88 del bilancio 1961 ove, alla voce
“spese per l’istruzione musicale” sono disponibili L.80.000.
Era un vero successo per la nostra scuola, non tanto per l’aumento del contributo, quanto perché l’argomento veniva
303
A Musicall Banquet
finalmente considerato separatamente rispetto all’
“Erogazione sussidi ad enti culturali non comunali” (art.135
del bilancio 1961) con un apposito nuovo articolo, l’88 (e
non più seguito da un… bis). Tanto più che il numero degli
allievi si era ancora accresciuto; infatti, al termine dell’anno
scolastico 1961-62, non erano bastati i due saggi del 15 e del
25 giugno e se ne dovette aggiornare un terzo al 4 novembre, ormai all’avvio del nuovo anno.
Il primo saggio fu aperto e concluso da due allievi della prof.
Menapace, che poi avremmo visto molto attivi nel campo
musicale: Angelo Foletto (III corso) e Rita Trenti (VII
corso). Nel secondo, si presentarono allievi di violino e
ancora di pianoforte delle due scuole, fra i quali due del I
corso della scuola Dardo: Lucia Dal Bosco e Patrizia
Dapreda, nipote dell’illustre organista e compositore – insegnante a Riva agli inizi degli anni Trenta – il quale a metà
luglio avrebbe tenuto ancora un grande concerto in Santa
Maria Assunta (con un intermezzo del coro “Pozzini” da me
diretto).
In luglio si era diplomato con il prof. Dardo in pianoforte,
primo fra gli allievi della scuola, Cirillo Bombardelli al
“Pollini” di Padova, mentre Rita Trenti, preparata dallo stesso insegnante, conseguiva al “Monteverdi” le licenze di
Cultura musicale generale (sessione estiva) e Storia della
musica (sessione autunnale) 17.
Il terzo saggio si svolse, dunque, quando ormai era iniziato
il nuovo anno scolastico. La novità qui era costituita dal
prof. Ezio Michelotti come collaboratore al pianoforte dei
violinisti. Il musicista arcense era infatti entrato come
docente il 15 ottobre 1962 per gli insegnamenti principali
di pianoforte (con i prof. Menapace-Morelli e Dardo) e di
304
A Musicall Banquet
armonia, nonché per due complementari (pianoforte e
Cultura musicale generale, condivisi con Dardo). Anche la
sede, sempre in Rocca, era spostata nel lato sud.
***
Nel 1963 l’avvenimento più importante si ha in marzo
quando giovedì 14, in assemblea generale, gli Amici della
Musica discutono, al 5° punto dell’o.d.g., “Passaggio della
Scuola musicale di Riva sotto il patrocinio dell’associazione:
studio delle proposte”. Con il rinnovo del consiglio comunale nel dicembre precedente, Dario Mosaner vi era rientrato, pur non ricoprendo ancora incarichi di giunta. Alla
Pubblica istruzione era tornato Gioachino Viola, nello stesso ruolo da lui svolto prima di essere eletto sindaco nel ’59.
Puntavamo su Mosaner e sulla mia sicurezza di determinare
l’orientamento dell’associazione, visto che già da parecchi
anni ero il responsabile dell’attività concertistica e, più
recentemente, della direzione del coro18. Avevo preparato
anche numerosi appunti sul progetto per il presidente dell’associazione. Sull’esito della trattazione dell’argomento, e
sulle delibere relative, riferiva il 17 marzo l’Alto Adige con
un titolo a cinque colonne per un articolo molto dettagliato di cui riporto alcuni passaggi.
Il presidente degli “Amici della Musica”, dott. Adami, ha esposto, prima
di dare l’avvio alle discussioni, il problema nei suoi termini giuridici e
pratici. In poche parole, egli ha detto che la nostra città necessita di una
“scuola musicale”, diversa da quella che c’è oggi: una scuola non privata, aperta a coloro che possono pagare ed anche a coloro che non possono. I nostri concittadini sanno come vive attualmente la scuola musicale: nata da oltre sette anni, si regge con le sole quote di quelli che la
frequentano. Gli stessi insegnanti rinunciano a parte di quanto dovrebbe andar loro, per sostenere l’istituto. Evidente, quindi, la necessità di
305
A Musicall Banquet
dare un maggiore respiro alla lodevolissima iniziativa agevolando sia la
vita e lo sviluppo della scuola, sia rendendo possibile l’accesso ad essa da
parte di chiunque lo desideri e si senta in animo di darsi alla musica. Tale
obiettivo si potrebbe, appunto, raggiungere inserendo la scuola sotto il
patrocinio degli “Amici della Musica”.
Il presidente ha poi rilevato che il funzionamento della
scuola sarà a carico dell’associazione “Amici della musica” e
che la spesa sarà coperta in parte con le quote degli allievi e,
soprattutto, con i contributi comunali, provinciali e regionali. Quindi il giornale cita alcune persone che hanno preso
la parola nel dibattito.
E’ intervenuto, poi, nella discussione, il maestro Mosaner, il quale ha
detto di essere pienamente convinto che una “scuola musicale”, così
com’è descritta nei due commi dell’appendice allo statuto, è estremamente necessaria a Riva. In proposito bisogna anche tenere presente che
il prossimo anno scolastico entrerà in vigore la “scuola media unica”, nel
cui programma, al primo anno, lo studio della musica è obbligatorio e
diventa facoltativo nei due successivi. Così la scuola musicale dovrebbe
e potrebbe proseguire su quello che la scuola media inizia. Sottolineato
che nel programma della nuova amministrazione comunale non è fatto
cenno all’aspetto culturale della vita cittadina, il maestro Mosaner ha
sollecitato, poi, ad intervenire nella discussione, l’assessore Viola, il
quale, a sua volta, manifestava l’opinione che se la scuola musicale
dovesse diventare “comunale” si andrebbero a perdere i contributi principali, e che, quindi, riteneva più opportuno, almeno per il primo anno
associare la scuola stessa agli “Amici della Musica”. Il presidente dott.
Adami, dopo aver convenuto che una scuola musicale “comunale”, cioè,
indipendente, sarebbe la soluzione migliore, visto che, tuttavia, fatti
contingenti spingevano ad agire diversamente, invitava la assemblea a
votare secondo le proposte prima presentate e concludeva:
“Incominciamo a salire la scala per gradini: arriveremo in cima senza
accorgercene”.
E’ un altro notevole passo avanti per noi, perché l’inquadra306
A Musicall Banquet
mento statutario nell’ambito di una associazione assicura
solidità sotto ogni punto di vista e garanzia nei confronti
degli enti che possono sovvenzionare l’apparato organizzativo-didattico e condurre la scuola al rango di organismo
“civico”. La maggiore spinta l’avrebbe poi data Dario
Mosaner, tornato in giunta comunale qualche mese più
tardi, subentrando all’ins. Viola. Pochi giorni dopo lo svolgimento dell’assemblea, precisamente il 4 aprile, mi trasferii
a Bolzano per ricoprire il mio primo incarico in conservatorio e dovetti abbandonare la scuola; per il pianoforte mi
sostituì il prof. Giuseppe Boccanegra, allievo dei corsi di
Benedetti Michelangeli. Nello stesso anno avrebbe lasciato
la scuola, per definitivo trasferimento in altro centro del
Trentino, la prof. Menapace-Morelli.
Il 28 settembre 1963 la direzione degli Amici della musica,
riunita in seduta ordinaria per trattare argomenti relativi
alla Scuola musicale annessa all’Associazione, verbalizzava
fra l’altro:
Vista l’urgenza di adottare una decisione – dato il prossimo inizio dell’anno scolastico – considerata l’impossibilità di indire un regolare concorso, ritenuto indispensabile un anno di prova del funzionamento
della scuola medesima, tenuto conto anche dei mezzi disponibili previsti, ma non ancora accertati con precisione, ad unanimità di voti decide
di affidare al prof. Giovanni Maroni, già direttore della Scuola privata
preesistente, l’organizzazione e direzione della ”SCUOLA MUSICALE”
per il corrente anno scolastico e precisamente: dal 15 OTTOBRE 1963
al 15 LUGLIO 1964. Pertanto il prof. Giovanni Maroni che coprirà la
cattedra di violino, dovrà assumere gli insegnanti di pianoforte in numero di due e disporre per il compenso agli stessi, d’intesa fra di loro tre.
La direzione si dichiara fin d’ora d’accordo per l’assunzione ad insegnanti di pianoforte dei Professori Ezio Michelotti e Giuseppe
Boccanegra.
307
A Musicall Banquet
Il saggio-concerto di questo anno scolastico si terrà il 26 giugno 1964 nell’auditorium della Rocca; in calce al programma a stampa – nella cui intestazione figura al primo posto
“Associazione AMICI DELLA MUSICA”, si leggeva con
soddisfazione: “Pianoforte da concerto Petrof della Scuola
Musicale di Riva del Garda” 19.
***
La chiave dell’anticamera della scuola “Civica” si trovò dunque nel 1963, un anno che – come agli albori, nel ’56, con
l’invasione dell’Ungheria, la crisi di Suez e l’esplosione del
fenomeno Elvis Presley pure sotto l’astro mozartiano – fu
cruciale nella tragica storia italiana e soprattutto mondiale:
la scomparsa di Papa Roncalli, il dramma del Vajont, l’assassinio di Kennedy; pur non dimenticando un grande
evento, quale fu l’affermazione mondiale dei Beatles. Ma in
un piccolo centro italiano, nel Trentino, c’era una giustificata ragione di compiacersi per lo sviluppo di un’istituzione
musicale che, oltre quarant’anni dopo, si sarebbe dimostrata sempre valida e orgogliosa dei molti traguardi raggiunti:
fra i maggiori, quello di non essere “scomparsa” dopo la
nascita del conservatorio, voluta proprio dai suoi amministratori 20.
Entrati nell’anticamera della “Civica”, sul finire dello stesso
1963 iniziarono le prime mosse del comune di Riva per il
passaggio nella “stanza” seguente, che sarà poi quella definitiva: il 27 novembre il Sindaco, Egidio Molinari, invita a
una prima riunione per la costituzione della Consulta
Comunale Civica. Fui assente per impegni di lavoro a
Bolzano, ma il 15 febbraio del ’64 ero già nella
Commissione per l’elaborazione di uno statuto per la Scuola
308
A Musicall Banquet
musicale civica, insieme all’assessore Dario Mosaner e ai
concittadini dr. Mario Crosina e prof. Gino Dal Bianco, che
si riuniva in municipio. In altre due sedute, sempre di sabato pomeriggio (arrivavo di corsa da Bolzano), fu approntato
uno statuto provvisorio, riesaminato il 23 marzo e portato
da un comitato promotore, il 7 luglio, in una assemblea dei
“Soci fondatori” (14 benemeriti rivani) nella quale furono
approvati i 35 articoli di cui era costituito. L’ultimo, come
norma finale, così suonava:
Il presente Statuto entra in vigore col 7 luglio 1964 ed avrà validità
fino alla trasformazione della Scuola Musicale Civica in “Scuola
Musicale Comunale”, con l’approvazione del Ministero della Pubblica
Istruzione 21.
Otto giorni dopo la riunione dei soci fondatori, l’ins.
Mosaner, come presidente dell’assemblea dei soci della
Scuola musicale civica, su carta con intestazione specifica
convocava finalmente questo consesso, prevedendo al punto
2 dell’o.d.g. la nomina del Consiglio di Amministrazione.
Venivano eletti il dr. Bruno Ardoin, Gianni Bresciani, i prof.
Luigi Dal Bianco e Gian Luigi Dardo, mentre si attendeva
la designazione del rappresentante dell’amministrazione
comunale che poco dopo sarebbe stato l’assessore Dario
Mosaner. Dispiaceva la mancanza del dr. Crosina, il quale
era stato tuttavia proficuamente “dirottato” alla direzione
della costituenda Biblioteca civica.
Il 27 luglio il consiglio d’amministrazione nominava Dal
Bianco presidente e Bresciani segretario-tesoriere. La segreteria veniva gentilmente tenuta da Mario Gelpi, impiegato
comunale. Otto giorni dopo il direttivo si riuniva con i prof.
Maroni, Michelotti e Boccanegra,
309
A Musicall Banquet
allo scopo di stabilire un primo contatto con gli insegnanti uscenti della
Scuola Musicale “Amici della Musica” e concretare, di comune accordo,
la prima attività in vista del programma per l’anno 1964-65.
Nuove riunioni allargate dell’amministrazione il 5 settembre
e il 3 ottobre: in questa assumevo l’incarico di redigere un
articolo di presentazione per l’immediata apertura dell’anno
scolastico, di cui conservo la velina, ma nessun giornale sul
quale poteva essere stato pubblicato. Non mancava poi una
serie di lettere e telefonate del presidente, che mi richiedeva
consigli e materiali per l’organizzazione dell’ufficio.
Ancora altre riunioni in ottobre e novembre, fino all’assemblea generale ordinaria, la mattina di domenica 22 novembre 1964, seguita dall’inaugurazione della nuova sede in
palazzo Menghin - al civico n.7 di via Maffei – alla presenza di autorità, musicisti, personalità , insegnanti e numerosi
allievi. Ne parlarono diffusamente i giornali, anche con servizi fotografici. Scriveva fra l’altro L’Adige del 24 novembre:
La nuova sede si trova al primo piano del palazzo Menghin di via Maffei.
Si tratta di un complesso di magnifiche stanze, decorate con fregi barocchi e arredate con sobrietà e buon gusto, nelle quali sono ospitati 43
allievi frequentanti i corsi di violino, pianoforte, viola, solfeggio e
canto22.
Quant’era lontano il mio “buco” in Rocca, la prima “anticamera” che la nostra scuola dovette fare!
Nella riunione del consiglio d’amministrazione del 9 gennaio 1965, al punto 4, figurava “Esame e definizione pratica relativa all’acquisto del pianoforte Petrof ”, che doveva
essere già disponibile per il saggio finale del 26 giugno, con
allievi delle scuole di pianoforte dei maestri Camillo Moser,
310
A Musicall Banquet
Sergio Torri ed Ezio Michelotti e del prof. Maroni per il violino. Al termine si esibiva Gianni Dassatti (V corso) in una
Sonata di Vivaldi, accompagnato al pianoforte, come tutti
gli altri violinisti, dal prof. Michelotti.
E’ divertente leggere un passo del resoconto della serata fatto
dall’Alto Adige del 30 giugno:
Alla manifestazione di carattere prettamente privato e familiare erano
ammessi soltanto i soci dell’istituzione e i genitori degli allievi, che
hanno trovato posto su sedie sistemate nel miglior modo possibile, data
la ristrettezza dei locali, nelle tre stanze centrali intercomunicanti.
L’atmosfera, leggermente sofisticata, creata dalla presenza di qualche
signora dal tono forse un po’ più pretenzioso e ricercato di quanto avrebbe richiesto la situazione, si è immediatamente normalizzata quando,
dopo le brevi parole di circostanza rivolte ai presenti dal presidente della
scuola, prof. Luigi Dal Bianco, i ragazzini dei corsi preparatori sono stati
ammessi a dare prova delle loro capacità interpretative all’istrumento
prescelto.
La consacrazione di quest’anno particolarmente felice avviene tre giorni dopo il saggio, “nonostante la caldissima giornata festiva”, scrive l’Alto Adige del 1° luglio, nel giorno
appunto della ricorrenza dei SS. Apostoli Pietro e Paolo;
giorno in cui era disponibile, per presiedere la commissione
d’esame, il vicedirettore del conservatorio di Bolzano, il pianista e compositore Nunzio Montanari. Accanto a lui sedeva il collega prof. Adolfo Fantini, violoncellista, pregato da
me personalmente perché venisse a Riva al posto dell’indisponibile maestro Giannino Carpi per il violino. Erano presenti anche i docenti Maroni, Michelotti, Moser, Torri e ,
come osservatori, il presidente e io stesso. Visita a sorpresa
con felicitazioni e ringraziamenti del sindaco Molinari,
accompagnato da alcuni assessori. Riferisce il giornale:
311
A Musicall Banquet
Gli ha risposto brevemente il maestro Montanari, auspicando fra il resto
i migliori successi alla scuola di cui ha potuto constatare la piena efficienza. Ha quindi suggerito che agli insegnamenti istrumentali finora
effettuati si voglia aggiungere, per allargare il settore degli interessi e della
cultura musicale, l’insegnamento di altri strumenti ad arco e a fiato, come
il violoncello, il clarino [sic!], la tromba, il contrabbasso, ecc. 23.
Ormai il percorso sognato nel 1956 era compiuto. E circa
due mesi prima di quel saggio, si leggeva, nell’Alto Adige del
6 maggio, che in consiglio comunale l’assessore Nardini – a
chiusura del dibattito finanziario – in particolare sul tema
della pubblica istruzione, faceva questa annotazione:
“La Scuola Musicale Civica è nata su proposta dell’assessore competente ed appoggiata dall’intera Giunta Comunale; come è noto la scuola è
attualmente una semplice società di fatto e l’amministrazione si riserva,
dopo la dovuta esperienza, di esaminare l’opportunità della trasformazione in liceo musicale comunale”. Anche la scuola di danza è sorta per
l’interessamento della civica amministrazione: l’assessore si riserva di
esaminare la possibilità di fare di essa una sezione staccata della scuola
musicale.
Con il nuovo anno scolastico venne settimanalmente a Riva
il prof. Fantini per il violoncello (e il contrabbasso), insegnamento di nuova istituzione come la chitarra. Nel secondo saggio finale (25 giugno) troviamo, al V corso della scuola di pianoforte del prof. Michelotti, Corrado Baroni; e, fra
gli allievi del corso preparatorio, tenuto dal professore del
conservatorio di Bolzano, Franco Ballardini 24.
Caldaro, 19 aprile 2005
312
A Musicall Banquet
NOTE
Forse, a farne le maggiori spese, fu ed è Robert Schumann, le cui
ricorrenze secolari o cinquantenarie della morte, avvenuta proprio nel
1856, mi paiono sempre offuscate dagli anniversari mozartiani.
1
2
Biblioteca civica di Riva del Garda, 1988.
A. Carlini, op.cit., p.14: Due istituzioni similari, egualmente sovvenzionate dal Municipio, potevano portare però a degli sprechi finanziari, disperdendo le non certo sovrabbondanti forze locali. Nel luglio del
’71 si pensa quindi di dar vita ad un unico organismo comunale diviso
in due sezioni.
“La scuola musicale della Città di Riva viene fondata, sostenuta e patronata dal Comune col concorso di azionisti. Tale scuola si divide in due sezioni: dell’Orchestra e della Musica Banda Civica”.
)
Su L’Adige del 28 luglio 1960 (p.6), nel corso della presentazione di
un concerto della Banda Sociale di Pergine in Piazza 3 novembre, mi
dilungai sulla “ripresa” post-bellica di “Un saluto a Riva” di Angelo
Borlenghi, con un curioso aneddoto narratomi da Silvio Bonometti, che
era stato padrino di Enzo: gli allegri bandisti rivani avevano battezzato
scherzosamente il brano “La marcia del sior Pero”, poiché per combinazione l’inizio della composizione ha una ritmica analoga a quella della
nota canzonetta popolare “S’è maridà ’l sior Pero”.
4
Per tutti questi personaggi si veda, oltre al citato volume del Carlini:
Dizionario dei Musicisti nel Trentino di Antonio Carlini e Clemente
Lunelli (Trento, Biblioteca Comunale,1992).
5
Ciò avvenne anche fin dopo il secondo conflitto mondiale, quando
progressivamente si affievolì l’interesse per il complesso. Per queste notizie, e per quelle che seguiranno, si veda il volume Liberi falcones – Campi
di Riva (TN): Centenario 1889-1989, Riva del Garda, 1989.
6
Cfr. l’opuscolo 1973-1983 – Decimo anniversario della ricostituzione
della banda cittadina, Riva del Garda, 1983.
7
313
A Musicall Banquet
Rinvio anche ai miei due scritti apparsi sull’ annuale Numero unico
per “Musica Riva”: Un “salotto” musicale a Riva del Garda intorno agli
anni Cinquanta, VIII (1991), pp.106-112; Musica a Riva Attività concertistica a Riva del Garda dal 1940 alla prima “stagione” dell’Associazione
“Amici della Musica” (1956-57), XIII (1996),pp.69-81.
8
Operavano anche privatamente per il pianoforte le professoresse
Menotti, Pizzini, Nawratil e la giovane Lucia Giuliani di Arco; per la
fisarmonica, Elio Tamburini di Bolognano. Il prof. Dal Ri dava lezioni
di storia della musica; mentre per l’armonia complementare (burocraticamente “Cultura musicale generale”) gli interessati dovevano rivolgersi
ai maestri Dionisi o De Florian di Rovereto. Teoria, solfeggio e dettato
musicale erano invece curati dagli stessi insegnanti di strumento, anche
se non tutti per il corso completo.
9
Una sera, per una delle recite della compagnia veneziana di Gino
Cavalieri, fui incluso nel cast come clavicembalista (al pianoforte) per
l’accompagnamento della canzone “Nina non fare la stupida”. Per il
bene della scuola non mi ero rifiutato di farlo, onde evitare un eventuale sfratto!
10
Particolare importante, per spiacevoli eventi dei mesi successivi: il
pianoforte in sala era il Bechstein recentemente acquistato dagli Amici
della musica, per i quali il coordinatore degli Amici dell’arte non aveva
molta… simpatia.
11
V. il mio contributo Musica a Riva, cit. alla nota n.8, p.77. Inoltre,
per una breve sintesi storica dell’associazione “Amici della musica” nel
primo decennio, si veda la Tabella A, in Appendice.
12
13
V. Tabella B, in Appendice.
Della Giunta comunale facevano parte gli assessori Giuseppe Bottesi
(Agricoltura), Pierluigi Canobbio (Lavori pubblici), Gian Luigi Dardo
(Istruzione e sport), Livio Nicolao (Assistenza), Francesco Omezzolli,
vicesindaco (Industria e commercio), Angelo Visconti (Finanze e turismo). Nella seduta del 22 dicembre “il consigliere Bresciani e poi il sin-
14
314
A Musicall Banquet
daco Viola hanno rivolto un plauso all’assessore competente per l’attività da lui impostata e specialmente per l’appoggio alla rinascita musicale della città e alla organizzazione dei Concerti Notturni Benacensi.
(Cfr. L’Adige del 25 dicembre 1959, p.6).
Per tutti i partecipanti alla rassegna, si veda la Tabella B, in
Appendice. Il concerto dei premiati si tenne il 12 giugno, nell’ambito
dei “Concerti notturni benacensi”, la cui prima edizione si era svolta nel
1959. (Per questi si veda la Tabella C, in Appendice).
15
16
Si vedano rispettivamente le tabelle B e C, in Appendice.
Per la Rassegna concertisti e i “notturni” benacensi del 1962 si vedano, rispettivamente, le Tabelle B e C in Appendice.
17
I membri del coro costituivano la maggioranza assoluta dei presenti
alle assemblee; inoltre, nel nuovo consiglio direttivo, riuscimmo a fare
eleggere anche persone che non fossero soltanto della cerchia del coro e
degli anziani, gloriosi dilettanti fondatori.
18
Fra le mie carte ho anche una copia di una “Proposta di BANDO
DI CONCORSO per l’assunzione di insegnanti della Scuola Musicale
di Riva”, redatta sulla base di mie precise indicazioni, ma che non fu
possibile utilizzare in brevi termini. A pochi giorni dalla normale ripresa delle lezioni, spedii a Riva anche due pagine dattiloscritte da pubblicare sui giornali (“Nuova organizzazione della Scuola Musicale”), ma
non so se vi apparvero.
19
Cfr. il mio articolo Usciva dal “Pacchetto” per l’Alto Adige il
Conservatorio di Riva del Garda, nel Numero unico per “Musica Riva”,
IX (1992), pp.120-123.
20
Questo articolo, dopo l’apertura il 23 novembre 1970 della sede
staccata del conservatorio (allora “Monteverdi” di Bolzano) sarebbe
stato così modificato – con altri 5 articoli – nell’assemblea del 19
novembre 1971: “Il presente Statuto entra in vigore l’1 dicembre 1971
ed avrà validità fino alla sua abrogazione deliberata dall’Assemblea dei
Soci”.
21
315
A Musicall Banquet
Penso che il cronista abbia erroneamente concentrato nel termine
“canto” la corretta dicitura di “solfeggio cantato”. La cattedra di Canto
sarebbe stata indicata nel programma fra le materie principali, se fosse
esistita.
22
Nunzio Montanari, ovviamente, avrà detto “clarinetto”. Per le presenze dell’illustre maestro a Riva, come didatta ed esecutore, si veda il
mio articolo Nunzio Montanari a Riva del Garda, nel Numero unico per
“Musica Riva”, VIII (1991), pp.68 - 69.
23
Nel precedente saggio (23 giugno) ricordo la presenza, nei corsi preparatori di pianoforte del prof. Torri, delle piccole allieve Enrica
Carloni, Nicoletta Chiodega, Giuseppina Lucchese e Francesca
Santorum, nonché di un alunno della scuola del prof. Maroni: Armando
Dassatti, violinista che nei saggi citati a pag. 7 figura come “Gianni”,
nome confidenziale in famiglia e fra amici. Dopo il diploma a Bolzano,
egli sarebbe passato nell’Orchestra “Haydn”, dove in seguito lo avrebbe
raggiunto un altro discepolo del prof. Maroni, Renzo Michelini – entrato nella scuola nel 1967 – formando così una terna di violinisti del Basso
Sarca con il “veterano” Giorgio Ulivieri.
24
316
A Musicall Banquet
TABELLA A
ASSOCIAZIONE AMICI DELLA MUSICA
L’associazione “Amici della musica”, intitolata all’origine a
Silvio Pozzini, illustre fotografo e appassionato flautista,
nacque nel 1950 come orchestra, organizzata dal benemerito Guido Farina e diretta inizialmente da Giovanni Maroni
e poco dopo da Guido Patuzzi. A quest’ultimo toccò anche
la costituzione del complesso corale intitolato allo stesso
Pozzini. Orchestra e coro diedero poi lo spunto per la fondazione dell’associazione “Amici della musica” (1953; con
statuto, nel 1954), alla quale ben presto rimase la sola attività corale (e l’organizzazione annuale di qualche concerto),
essendosi il complesso strumentale sciolto dopo pochi anni
dalla nascita. Il Coro polifonico “Silvio Pozzini” passò nel
1960 sotto la direzione di Gian Luigi Dardo e, tre anni
dopo, compiuti alcuni esperimenti con altri maestri per la
sua partenza da Riva, ebbe come direttore Camillo Moser
fino allo scioglimento nel 1967. Del coro avevano fatto
parte anche giovani studenti di musica e perfino diplomati,
come le prof. Carla Dassatti ed Elisa Nawratil.
Presidenti furono il barone avv. Giuseppe Fiorio nei primi
anni; poi il dr. Saverio Adami, cui è subentrato nel 1970 il
dr. Ruggero Polito, con il quale l’associazione ha proseguito
e continua l’attività per l’organizzazione delle annuali stagioni concertistiche – iniziate nel 1956-57 – e nella collaborazione con altre istituzioni attive nel campo della musica e della promozione turistica1.
1
Concerti e manifestazioni non rientranti nei casi previsti alle tabelle B e C,
possono essere menzionati in quella successiva (Tabella D).
317
A Musicall Banquet
TABELLA B
RASSEGNA DI GIOVANI CONCERTISTI ITALIANI
(1958 – 1962)
(Tutti i pianisti che hanno suonato in duo, si sono esibiti anche
come solisti nella stessa serata).
1958 – RASSEGNA NUMERO “Zero”
Organizzazione: “Pro cultura musicale”
24 febbraio:
Duo Trentin- Menapace
Giorgio Trentin, oboe
Maria Luisa Menapace, pianoforte
5 maggio:
Anna Colonna Romano, pianoforte
8 giugno:
Duo Pittan-Meneghel
Edda Pittan, violino
Francesca Meneghel, pianoforte
Al termine di ciascun concerto ogni ascoltatore poteva esprimere il proprio giudizio sugli interpreti mediante apposita
scheda-referendum. Le schede scrutinate da una qualificata
commissione (ne faceva parte anche Renato Chiesa per la
Filarmonica di Rovereto) diedero la preferenza al duo
Trentin-Menapace; la commissione stessa - avendone facoltà
– ritenne opportuno segnalare, per le notevoli capacità tecniche e musicali, la pianista Francesca Meneghel di Feltre
(già II premio al Concorso pianistico nazionale di Treviso
nel 1957).
318
A Musicall Banquet
Martedì 19 giugno, sull’Alto Adige, Franco Melotti dava un
positivo e autorevole giudizio sulla manifestazione, scrivendo fra l’altro:
Si conclude così la “Rassegna” dedicata ai giovani italiani, una manifestazione che per l’importanza e la nobiltà degli scopi propostisi dovrebbe non solo essere maggiormente sostenuta, ma portata a un livello
d’importanza tale da uscire dalla cerchia degli interessi strettamente cittadini.
E’ essenziale per la vita di una città che il disinteresse per le cose più
nobili non porti aridità e deserto; è importante che le persone che vivono di pigrizia intellettuale o che sono divise da mille incomprensioni o
meschini ripicchi si ritrovino in un mondo più alto per una fervida e
vasta visione delle cose; è importante anche che l’attività culturale non
muoia soffocata dalle troppe ansie della nostra epoca inquieta. Ben
venga allora questa rassegna, che dovrebbe portare ad una maggior
divulgazione dell’arte, ben venga ma non solo per il lavoro assiduo di
pochi (è probabile anzi che il prof. Dardo, appassionato e intelligente
ideatore di questa manifestazione, sia costretto per ragioni di lavoro a
lasciarne la direzione) ma per spontaneo interesse di ogni categoria di
persone preoccupate della vita culturale della città. La “Rassegna” allora
non deve a nessun costo assumere l’aspetto di un’attrazione qualsiasi per
turisti, ma assurgere ad alta e importante attività cittadina.
1960 – PRIMA RASSEGNA
Organizzazione: Associazione “Amici della musica”
11 gennaio:
Leonardo Leonardi, pianoforte
7 marzo:
Giuseppe Luconi, chitarra
21 marzo:
Duo Boom-Ferrari
Christian Boom, clarinetto
Enza Ferrari, pianoforte
319
A Musicall Banquet
2 maggio:
Alessandro Esposito, pianoforte
12 giugno:
Concerto dei premiati
Esposito, Ferrari, Luconi, Leonardi.
15 aprile 1961: Concerto-premio alla Filarmonica di
Rovereto: Luconi
1961 – SECONDA RASSEGNA
Organizzazione: Associazione “Amici della musica”
18 marzo:
Virginio Pavarana, pianoforte
7 maggio:
Duo Falliva-Ponti
Carlo Falliva, viola
Edda Ponti, pianoforte
15 maggio:
Duo Campagnano-Bodini
Alberto Campagnano, violino
Mariarosa Bodini, pianoforte
25 giugno:
Concerto dei premiati
Ponti, Bodini, Campagnano-Bodini,
Pavarana
26 aprile 1962: Concerto-premio alla Filarmonica di
Rovereto:
Campagnano-Bodini
320
A Musicall Banquet
1962 – TERZA RASSEGNA
Organizzazione: Associazione “Amici della musica”
30 maggio:
Duo Tabarelli-Caprara
Carlo Tabarelli, flauto
Maria Luisa Caprara, pianoforte
3 giugno:
Duo Danzi-Niccoli
Ovidio Danzi, fagotto
Claudia Niccoli, pianoforte
10 giugno:
Duo Catalano-De Carli
Mauro Catalano, violino
Maria Isabella De Carli, pianoforte
17 giugno:
Duo Doro-Corghi
Maurizio Doro, viola
Azio Corghi, pianoforte
12 luglio 1964: Concerto dei premiati
Doro-Caprara, Caprara, Corghi,
De Carli, Catalano-De Carli
A Rovereto suonò Caprara (15 maggio 1965).
Degli altri partecipanti alle tre edizioni vi avrebbero suonato pure Catalano e Leonardi (21 aprile 1969) e De Carli (15
marzo 1973).
Azio Corghi, nella terza rassegna, si era presentato anche
come compositore eseguendo i propri 7 preludi brevi e ricercare e, nel concerto dei premiati, Tarantella, sempre per pianoforte solo.
321
A Musicall Banquet
TABELLA C
CONCERTI NOTTURNI BENACENSI, offerti agli
ospiti della stagione di soggiorno.
Direzione artistica: Gian Luigi Dardo.
Nella prima metà d’agosto del 1957, nel cortile della Rocca,
tenne due ottimi concerti il Gruppo strumentale da camera dell’AGIMUS di Venezia (“spalla” la rivana Mila
Costisella), diretto da Pasquale Rispoli, costretto a passare –
solo momentaneamente, per fortuna – da flauto solista dei
celebri “Virtuosi di Roma” alla direzione d’orchestra.
Il complesso era stato invitato a Riva su calorosa segnalazione dei fratelli Tarcisio e Giancarlo Boschin - gestori del riaperto Lido Palace Hotel – che erano appunto veneziani. Per
le due serate proponevano l’intitolazione di “Concerti notturni”, sicuramente riferendosi ai magnifici “Concerti notturni di gala”, che il maestro Renato Fasano, direttore del
Conservatorio “Benedetto Marcello”, organizzava per gli
ospiti della città lagunare e per i corsisti che vi frequentavano le “Vacanze musicali” internazionali.
Due anni dopo, un Comitato cittadino manifestazioni,
costituito dal Comune di Riva e dalla Azienda autonoma di
soggiorno (neopresidente Tarcisio Boschin), realizzava un
ciclo di concerti estivi sotto la denominazione appunto di
“Concerti notturni benacensi”, curato dagli “Amici della
musica”. Ne diamo un quadro sintetico, indicando gli esecutori e le manifestazioni di maggiore importanza.
322
A Musicall Banquet
1959- PRIMA EDIZIONE (1° agosto – 19 settembre)
7 manifestazioni.
Si segnalano:
Duo Proffer-Todeschi
Mario Proffer, violino
Luciano Todeschi, pianoforte
(concerto inaugurale)
Omaggio a Mendelssohn, nel 150°
anniversario della nascita
Maria Grazia Mezzena, violino
Maria Luisa Menapace, pianoforte
Corale “Silvio Pozzini”
Guido Patuzzi, direttore
Concerto del baritono Carlo Tagliabue
con altri cantanti
In questa, come nelle successive edizioni, è da rilevare la presenza del coro “Castel” della sezione SAT di Arco, diretto da
Bruno Planchesteiner.
1960 – SECONDA EDIZIONE (26 maggio- 24 settembre)
20 manifestazioni.
Si segnalano:
Coro polifonico “Silvio Pozzini”
(Concerto inaugurale nella Chiesa
Arcipretale)
Guido Patuzzi, direttore
Italo Marchi, organo
323
A Musicall Banquet
Duo Ferrari-Panni
Dante Ferrari, violino
Marcello Panni, pianoforte
Concerto di musiche corali e
strumentali (Chiesa dell’Inviolata)
Coro “Silvio Pozzini”
Guido Patuzzi, direttore
Giovanni Maroni, violino
Gian Luigi Dardo, organo
(lo stesso concerto poi, nella Rocca,
con repertorio diverso)
Ottetto strumentale di Venezia
(con Giorgio Ulivieri al violino)
Nuovo Trio Bartók
Edda Pittan, violino
Elio Peruzzi, clarinetto
Ezio Lazzarini, pianoforte
Complesso Strumentale Italiano
direttore Cesare Ferraresi (“spalla”
dell’Orchestra di Milano della RAI,
della quale facevano parte tutti i
componenti del complesso), in due
concerti.
Omaggio a Chopin,
nel 150° anniversario della nascita
Bruno Mezzena, pianoforte
324
A Musicall Banquet
Nuovo Trio Italiano
Bruno Mezzena, pianoforte
Margit Spirk, violino
Libero Rossi, violoncello
Leonardo Leonardi
pianoforte
1961 - TERZA EDIZIONE (12 giugno – 17 settembre)
14 manifestazioni.
Si segnalano:
Complesso Strumentale Italiano
Cesare Ferraresi, direttore
Daniel Kunin
pianoforte
(della Scuola Internazionale di perfezionamento e interpretazione pianistica
di Arturo Benedetti Michelangeli)
Ottetto Italiano (Venezia),
in due concerti
Omaggio a Liszt , nel 150° anniversario
della nascita
Bruno Canino, pianoforte
Trio di Bolzano
Nunzio Montanari, pianoforte
325
A Musicall Banquet
Giannino Carpi, violino
Sante Amadori, violoncello
Coro polifonico “Silvio Pozzini”
Gian Luigi Dardo, direttore
Musica vocale da camera
Letizia Benetti Trevisani, soprano
Livia D’Andrea Romanelli, pianoforte
Guerrino Bisiani, violoncello
1962 – QUARTA EDIZIONE (24 giugno – 23 settembre
12 manifestazioni.
Si segnalano:
Gino Dapreda
organo
Coro polifonico “Silvio Pozzini”
Gian Luigi Dardo, direttore
Orchestra Haydn di Bolzano e Trento,
in 4 concerti diretti rispettivamente da
Silvio Deflorian, Antonio Pedrotti,
Anton De Bavier
(solista Giannino Carpi nel Concerto
per violino di Beethoven), e ancora
Pedrotti
Emilio Riboli
pianoforte
326
A Musicall Banquet
Musica da camera vocale e strumentale
Anna Novelli, soprano
Renzo Brancaleon, violoncello
Clara David Fumagalli, pianoforte
Maria Grazia Mezzena
Max Ploner
violino e pianoforte
Nelle varie edizioni si sono esibiti, fra gli altri, anche i cori
Biancastella, Dolomiti, Città di Cuneo, Männerchor
Kursbrink e M.G.V. “Sängerbund 1892” (entrambi germanici), i complessi bandistici di Pergine, Trento, Rovereto
e della SETAF di Verona; il Circolo mandolinistico
“Euterpe” di Bolzano.
Vi furono inoltre diversi Concerti di musica operistica
(solisti e coro) e una rassegna di cori del Trentino: Bolbeno,
Levico, Riva, Trento (S. Cecilia).
(Ricordo qui con gratitudine i collaboratori Cirillo
Bombardelli ed Emilio Visconti, nonché la signora Letizia
Dassatti Dapreda – segretaria – e Giorgio Ulivieri).
327
A Musicall Banquet
TABELLA D
CONCERTI O MANIFESTAZIONI NON RIENTRANTI NEI CASI PREVISTI ALLE TABELLE B e C
I pianisti Bruno Mezzena (commemorazione bicentenario
della nascita di Mozart) e Andrzej Wasowski nel 1956
(“Amici dell’arte”), nonché Renzo Bonizzato nel 1958 (“Pro
cultura musicale”). Nel 1959 il soprano Victoria Harrison
(“Amici dell’Arte”).
Per gli “Amici della musica”: i pianisti Maria Luisa
Menapace nel 1956; l’anno seguente Maria Teresa Amadei,
Antonio Ballista e Dario Candioli. Il liutista Heinz
Bischoff (“novità” per Riva), il soprano Mietta Sighele, il
Trio di Bolzano, il citato Gruppo strumentale da camera
dell’AGIMUS di Venezia e la Corale “Guy Flamant” (voci
bianche) di Parigi, tutti nel 1957. Infine il Coro polifonico
“Silvio Pozzini” di Riva del Garda.
Eccezionale successo di pubblico e… di cassa ebbe anche il
concerto tenuto al “Perini” il 21 gennaio 1961 dal Coro
della SAT. Lo ricordo nel capitoletto “L’impresario in angustie” del mio scritto per il volume Omaggio a Renato Dionisi
per l’80° compleanno (in collaborazione con Renato Chiesa),
Rovereto 1990, pp. 42-46; brano nel quale rilevo il prezioso apporto del maestro nell’organizzazione dei concerti a
Riva dal 1957 al ’62.
328
A Musicall Banquet
26. Per la prima volta come direttore del Coro “Pozzini” (Roma,
ottobre 1960 - Oratorio della Vallicella).
Non va dimenticato il “Circolo Amici del jazz rivani”, costituitosi alla fine degli anni Cinquanta per grande passione e
volontà organizzativa di Franco Santoni, Enzo Sergiacomi,
Luciano Ferraglia, Elio Bresciani e altri (l’autore del presente scritto ne era pure membro del direttivo). Ogni anno
organizzava qualche importante concerto e una serata carnascialesca piacevole e ricca di sorprese. Il primo concerto si
tenne verso la fine di agosto del ‘58 al cinema “Roma” con
la partecipazione del “Jazz Ensemble des Essischen
Rundfunks” (Radio Francoforte), reduce dal Festival del jazz
di Newport. Ne dava recensione L’Adige del 27 agosto 1958.
329
A Musicall Banquet
ANNOTAZIONI BIBLIOGRAFICHE
(oltre a quanto già citato in precedenza)
Per la Scuola musicale civica: A. Carlini – A. Cembran – A.
Franceschini, Le scuole di musica nel Trentino, Trento 1988
(Provincia autonoma di Trento – Servizio attività culturali /
1), pp. 110 – 111.
Per l’associazione “Amici della musica”: Alto Adige del 9
aprile 1958 (p.6: Hanno insegnato ai concittadini il gusto e
l’amore del bel canto: Attorno al nome di Silvio Pozzini il maestro Guido Patuzzi ha raccolto un complesso vocale di pregevole sensibilità interpretativa), dove si sottolineava che il 20
febbraio 1951 il coro maschile e quello femminile “si consorziano e nasce l’Associazione amici della musica S.
Pozzini”. Ma osserviamo che la costituzione di fatto del
sodalizio avvenne nel 1953 – 54, come testimoniato da un
articolo dell’ Alto Adige del 16 marzo 1963, p.6: Dieci anni
di attività degli “Amici della musica”.
E infine l’opuscolo dedicato ad alcune associazioni musicali
trentine per i Concerti 1979-1980 (p. 27).
Per la “Pro cultura musicale”, oltre al citato articolo di
Franco Melotti sulla Rassegna 1958: Alto Adige del 9 gennaio 1958, sull’istituzione e gli scopi del sodalizio (p.6: E’
stata istituita la Pro cultura musicale).
Per i Concerti notturni benacensi: un mio scritto illustrativo - in particolare della terza edizione allora in corso di svolgimento – apparso nel luglio 1961 sul Numero unico dedicato alla XI Settimana velica internazionale del Garda, organizzata dalla “Fraglia della vela” (La stagione dei concerti
benacensi).
330
A Musicall Banquet
Nota dell’Autore
Questo mio scritto, definito nel presente volume come
“saggio”, rientra in quella produzione di “cronaca” locale,
non tanto con mire storiografiche, quanto per raccontare
semplicemente fatti che si sono vissuti e di cui si è stati
anche attivamente partecipi.
Esso è stato tuttavia adeguato dai responsabili del libro –
anche con modifiche e mutilazioni non sempre ristette –
alle loro procedure redazionali, evidentemente per un anecessità di armonizzazione grafica e storico-narrativa con gli
altri scritti.
Pertanto, voglio far presente che il testo originale da me elaborato viene ora stampato anche in una raccolta di miei
scritti dal titolo A Musicall Banquet (“Progetto per un
libro”), curata dalla CLAB di Bolzano nel 2000, rimaneggiata tre anni dopo e infine in ultimazione nei prossimi
mesi, per la distribuzione in dischetto ad alcune biblioteche
della nostra regione. Frattanto, una fotocopia del testo originale del solo scritto in causa, verrà resa reperibile nella
Biblioteca civica di Riva del Garda.
Uscito il volume, ho riscontrato tuttavia un errore personale commesso
nella lettura delle bozze – dovuto peraltro alla pessima riproduzione di
una foto non del mio archivio – cioè la didascalia a pag.19: non vi figura infatti alcun mio alunno, e non sono io il secondo da destra, ma il giovane Emilio Visconti!
331
A Musicall Banquet
II.
MUSICA, MUSICISTI, STUDIOSI, ISTITUZIONI E
AVVENIMENTI SPECIFICI NELLA REGIONE
TRENTINO – ALTO ADIGE.
ELENCO
DEGLI SCRITTI E INTERVENTI
RELATIVI A UN CINQUANTENNIO
(dal 1956 agli inizi del XXI secolo)
333
A Musicall Banquet
PREMESSA
Mi sembrava – progettando questo elenco – di poter ricostruire un po’ la storia della mia attività in campo locale,
anche con un pizzico di nostalgia.
Avevo infatti rivissuto, lavorando non senza fatica, tanti
anni di storia musicale visti a modo mio, pur escludendo
gran copia di recensioni e racconti di semplice cronaca quotidiana, specialmente del decennio 1956 – 66, a Riva e a
Bolzano.
Renderà tutto ciò un pur modesto contributo alla storiografia musicale della nostra regione?
Io mi auguro che questo possa verificarsi almeno in una
misura minima, e perciò tornare utile a qualcuno.
***
Ammettiamo pure che l’inattualità d’una storiografia degli
avvenimenti contemporanei all’autore (quando la materia
trattata sia a lui estranea) possa essere confermata solamente dopo le giuste sedimentazioni nel corso del tempo. Ma
questa mia bibliografia, esclusivamente di argomento locale,
ossia regionale, vuole solo testimoniare un percorso di oltre
cinquant’anni, compiuto e quindi vissuto personalmente
(forse con qualche eccessivo cedimento all’autobiografismo)
senza interferenze dall’esterno, se non nel caso di riferimenti a dibattiti, convegni o altre testimonianze del genere.
E non v’è, dunque, l’ambizione di indicare una via univoca
nell’interpretazione degli eventi bensì, soltanto, di presentare uno degli aspetti che allo scopo risultino proficui.
335
A Musicall Banquet
Nota: i titoli, specialmente dei quotidiani, sono quasi del tutto redazionali; nel caso di scritti di carattere particolarmente locale, essi vanno
reperiti nella cronaca dei vari centri di cui si parla.
“l’Adige” (o “L’Adige”) può riferirsi all’edizione trentina o a quella di
Bolzano (fino al 1988, quando divenne “il mattino dell’Alto Adige”).
“Alto Adige” comprende pure entrambe le edizioni (per la provincia di
Trento fino alla trasformazione in “Trentino”).
Gli argomenti elencati sono disposti in sequenza alfabetica mentre in
ciascuno di essi, ove occorra, l’ ordine è cronologico.
336
A Musicall Banquet
Bolzano
Le manifestazioni musicali a Bolzano e la “Societa’ dei concerti”, nel volume “Conservatorio statale di musica ‘Claudio
Monteverdi’ - Bolzano, 1940 - 1965” [Redattore: G.L.
Dardo], Bolzano 1965, pp.55 - 58 + 65 -70.
Il Concorso pianistico internazionale “F. Busoni”, ivi, pp.71 74.
La Sezione Provinciale “A.Gi.Mus.” di Bolzano, ivi, pp.87 88 + 90 (Artisti e complessi ospiti negli anni scolastici 1962 63 e 1963 - 64).
Celebrati a Bolzano i venticinque anni del Conservatorio, in
“Musica d’Oggi” VIII (1965), pp. 211 - 212.
Bolzano [Corrispondenze]: Il “Concorso pianistico internazionale F. Busoni”, in “Musica Università” III (1965), pp. 32 34.
Un grande concerto di Tagliavini per l’inaugurazione dell’organo [Concerto di collaudo del nuovo organo della Sala del
Conservatorio, costruito dalla Pontificia fabbrica d’organi
“Tamburini” di Crema, alla cui progettazione aveva partecipato lo stesso maestro nel suo ultimo anno di docenza,
appunto, al “Monteverdi”], in “L’Adige” del 13 novembre
1965.
Da Bolzano [Rubrica “Corrispondenze dall’Italia”]: Il
Conservatorio al centro della vita musicale cittadina 337
A Musicall Banquet
L’attività proficua dell’Orchestra Haydn - Iniziative culturali,
in “Nuova Rivista Musicale Italiana” II (1968), pp. 518 520.
Il Concorso pianistico internazionale “F. Busoni”, nel volume
“XXX Concorso pianistico internazionale F. Busoni”
[Coordinatore: G.L. Dardo], Bolzano 1978, pp. 39 - 46.
ANNALI e compilazione manuale degli ELENCHI (Organico
1940 / 41 – Docenti fino al 1988 / 89 - Anno accademico
1989 / 90 - Diplomati 1940 / 41 – 1988 / 89), nel volume
“Conservatorio statale di musica ‘Claudio Monteverdi’ Bolzano: 1940 - 1990, 50 Anni di Conservatorio”, Bolzano
1990, pp. 25 - 38 + 39 - 45.
Negli Annali, vanno rettificati gli anni in fondo alla pag. 40: 1946/47 (non
1945/46). Quindi: 1946 (autunno), la ripresa delle lezioni; 1947 (primavera),
gli esami; 1949 (primavera), i saggi, nella nuova sala.
L’organo desaparecido di San Domenico a Bolzano, in “Alto
Adige” del 12 dicembre 1992.
Quindici anni nel “giro” del Concorso Busoni, in “Musica
Riva” X (1993), pp. 26 - 29.
Musicologi docenti al conservatorio di Bolzano (Uno sguardo
particolare dal 1960 ai primi anni Settanta), scritto inedito
in versione integrale, adattato tuttavia in tre puntate sul
mensile “L’incontro”, Bolzano 2004, con i seguenti titoli:
I grandi musicologi passati dal conservatorio di Bolzano (settembre); Gian Luigi Dardo ricorda Oscar Mischiati (ottobre);
Società italiana di musicologia: anche bolzanini tra i fondatori (novembre), sempre a p. 3 (Cultura). Dell’articolo uscito
338
A Musicall Banquet
in novembre, Luigi Ferdinando Tagliavini progettava di fare
un estratto per un numero speciale de “L’Organo”, dedicato
all’illustre compianto studioso bolognese.
In quello di settembre, invece, faccio notare che a pag. 3, in
alto a destra, la fotografia di Guglielmo Barblan con la
moglie Marcella Chesi non è quella dedicata a G. L. Dardo,
autore dello scritto pubblicato, ma della pianista Maria
Cristina Mohovich.
Inoltre, altre corrispondenze per “Musica d’Oggi”: Anno VI
(1963), pp. 210 - 211 (XV edizione del Concorso
“Busoni”); A.VII (1964), p. 146 (Lettera da Bolzano); ivi,
pp. 268 - 269 (XVI Concorso “Busoni”).
Bonporti, Francesco Antonio
Note biografiche e Bibliografia (1972). Vedi: Trento (1972).
Bonporti dal 1972 al ’99: ricerche e realizzazioni (1999).
Vedi: Presentazioni e interventi, II (17 dicembre 1999).
Inoltre: “Alto Adige” del 18 dicembre 1991.
“Alto Adige” del 15 settembre 1992.
Contributi per “Coralità”, periodico della Federazione cori
del Trentino.
Dalle audizioni una conferma della qualità [Prime audizioni
ufficiali dei cori popolari e di montagna], Anno III - N.3 /
Luglio 1983, p. 4, con una finestra umoristica in taglio
339
A Musicall Banquet
basso, dal titolo: Giro corale del Trentino (Dal taccuino d’un
ciclocronista).
Una proposta per i polifonici: Costituiamo un archivio – La
musica corale del periodo antecedente il Barocco è ancora oggi
troppo trascurata, Anno IV, N.1 / Gennaio 1984, p. 2.
Nelle scuole 15 corsi della Federazione cori [Corsi di orientamento musicale già organizzati dal Provveditorato agli
studi], N. 5 / Dicembre 1984, p. 5.
Al festival musicale di Riva i corali di J. Sebastian Bach, N. 3
- 4 / Luglio 1985, p. 3.
Molti brani di Bach nelle rassegne classiche (Una piccola indagine comparativa sui programmi presentati dai singoli cori in
occasione di “Incontro con la polifonia”), 170 opere, N. 3 - 4 /
Luglio 1985, p. 6.
Ecco le composizioni segnalate; e poi Ecco le armonizzazioni
segnalate [Note di sala dell’autore, non firmate, per il
“Concerto di gala” a chiusura della terza edizione del concorso internazionale, disposte accanto alle foto dei singoli
complessi esecutori realizzate da R. Bernardinatti], N. 6 /
Dicembre 1985, rispettivamente pp. 4 - 5 e 6 - 7.
La qualità continua a crescere (Il commento di Dardo, membro della giuria e del comitato tecnico), N. 1 / Gennaio 1987,
p. 4 [in relazione alla quarta edizione del concorso internazionale].
340
A Musicall Banquet
Migliorato il livello complessivo [dopo la seconda serie di
audizioni dei complessi di coralità alpina e popolare], N. 2
/ Maggio 1987, p. 2.
Nasce la biblioteca “riservata” ai cori [Interessante iniziativa
della Federazione. – Fra le opere ci sarà anche il prezioso
“Laudario Giustinianeo”. – Un utile catalogo per orientare
ogni ricerca], N. 3 / Luglio 1987, p. 3.
Ecco tutti i premiati e segnalati [Note di sala dell’autore, non
firmate, per il “Concerto di gala” a chiusura della quarta edizione del Concorso internazionale, disposte accanto a foto
dei singoli musicisti premiati o segnalati], N. 5 / Novembre
1987, pp. 7 – 9.
Due interessanti opere di bibliografia musicale (Una raccolta
“roveretana” che comprende anche musica corale assai eterogenea. Catalogato il fondo “Toggenburg” di Bolzano con criteri
scientifici), N.1 / Marzo 1988, p. 8.
Allor ch’ io penso a Voi, Vergine bella, canzonetta spirituale a
3 voci di Felice Anerio (1560 c.- 1614) – Trascrizione di
G.L. Dardo, ivi, p. 8.
N. 2 – Luglio 1991: v. Dionisi, Renato.
N. 2 – Luglio 1991: v. Eccher, Celestino
N. 2 – Luglio 1991: v. Montanari, Nunzio
Autosospensione? - Appunti, chiose, digressioni a commento
d’un contributo etnomusicologico [Etnomusicologia urgente di
R. Morelli, nelle tre pagine precedenti], n° 1 - 2 Luglio Novembre 1992, p. 7.
341
A Musicall Banquet
Addio, Montanari (Il saluto al maestro di cultura musicale e di
vita), n° 4 Gennaio – Aprile 1993, p. 19.
Quale strada per “Coralità”? Apriamo una discussione, n° 2
Maggio – Agosto 1993, p. 3.
Il concerto di gala - Presentazione [ Elaborati segnalati o premiati nella settima edizione del Concorso internazionale di
composizione ed elaborazione corale], n.3 Settembre Dicembre 1993, pp. 20 - 24.
n. 3 Settembre – Dicembre 1993: v. anche Montanari,
Nunzio
Anno 15° - n. 3 Settembre - Dicembre 1995: v. Levri,
Mario
Anno 16° - n. 1 Gennaio - Ottobre 1996: v. La Montanara
Arturo Benedetti Michelangeli (Un prezioso contributo per i
cori popolari), Anno 15° - n.1 Gennaio - Aprile 1995, pp. 20
- 21.
Dalla tradizione orale alla coralità organizzata (Dai contenuti molto interessanti l’incontro di studio tenutosi presso
l’Università di Trento), Anno 16° - n. 2 / 3 Novembre Dicembre 1996, p. 14.
Piccola antologia, Anno 18° - n. 1 Aprile 1998, pp. 23 - 24
[è semplicemente la presentazione premessa alle armonizzazioni di A. Mascagni, data come recensione]. Vedi:
Mascagni, Andrea (1967).
342
A Musicall Banquet
Anno 18° - n. 3 Dicembre 1998: v. Montanari, Nunzio
Critica e autocritica [una lettera sull’intervento dell’autore
per l’introduzione di un concerto con un ricordo di Arturo
Benedetti Michelangeli a Rabbi: v. Presentazioni], Anno
19° - n. 2 Novembre 1999, p. 31 (nella riga 5 la parola “sbaraglio” va sostituita con… “sbadiglio”, come del resto segnalato nel numero seguente del periodico).
Un Emiliano nel cuore delle Dolomiti [Nunzio Montanari,
nel decennale della morte], Anno 23° - n. 1 Aprile 2003, pp.
20 - 21.
Anno 24° - n. 2 Settembre 2004: v. Mascagni, Andrea.
Serpetti, uomo di cultura e di spirito, Anno 25° - n. 2 Agosto
2005, pp. 19 - 20.
Deflorian, Silvio
Silvio Deflorian, una vita per i cori, in “Alto Adige” dell’ 8
gennaio 1993.
Inoltre, un Contributo incluso nel saggio Silvio Deflorian,
apparso nel volume di Antonio Carlini “Una vita per la cultura, tredici illustri contemporanei raccontano”, Trento
1992, pp. 84 - 109.
343
A Musicall Banquet
Dionisi, Renato
“Non sono Stravinskij”. Quarant’anni di colloqui e scambi epistolari con Renato Dionisi (1949 – 1989), con citazioni da
conferenze e scritti vari, nel volume “Omaggio a Renato
Dionisi per l’ 80° compleanno”, in collaborazione con R.
Chiesa [Redazione: G.L. Dardo], pubblicato dalla
Associazione Filarmonica di Rovereto, Rovereto 1990, pp.
21 - 62 + 64 -72 (Appendice: Le opere).
Auguri in musica. Festeggiamo i compleanni di due grandi
musicisti sempre vicini alla coralità: Renato Dionisi e Nunzio
Montanari, in “Coralità”, N.2 - Luglio 1991, p.6.
Elaborazioni per coro polifonico di melodie popolari, nel volume “Ama chi t’ama” (I canti popolari armonizzati da Renato
Dionisi per il coro SAT), Trento 2003, pp. 78 - 79.
Eccher, Celestino
L’eredità di mons. Eccher, in “Coralità”, N. 2 - Luglio 1991,
p.7.
Celestino Eccher, uomo e didatta: Espressioni argute e immagini poetiche nei discorsi e negli scritti, in “Atti del Convegno di
studi sulla figura e l’opera”, tenutosi a Taio (TN), l’11 maggio 1991, Trento 1992 [volume a cura di G.L. Dardo], pp.
93 - 102. Lo scritto riprende in parte il testo della presentazione di un “Concerto spirituale” a Borgo Sacco (Chiesa S.
Giovanni Battista, 4 settembre 1971). Il programma, cura344
A Musicall Banquet
27. L’Arcivescovo di Trento consegna il diploma dei Corsi diocesani
alla presenza di Mons. Eccher.
to da R. Dionisi, comprendeva appunto nella parte centrale
molte composizioni di C. Eccher a pochi giorni dall’anniversario della sua scomparsa.
Celebrazioni significanti (Cinque problemi da esaminare), in
“Alto Adige” del 12 giugno 1992, p.11 curata da A.
Bambace e interamente dedicata a C. Eccher nel giorno centenario della nascita.
In ricordo di Celestino Eccher, in “Musica Riva” VIII (1991),
pp. 41 - 42.
Vedi, anche: Presentazioni e interventi, II (1991).
345
A Musicall Banquet
Bilancio delle celebrazioni in onore di Celestino Eccher, in
“Alto Adige” dell’8 gennaio 1993 [All’esordio di una lunga
trattazione di argomenti diversi].
Presentazione [e riproposizione in appendice dell’articolo
apparso nel 1991 su “Coralità”], di una selezione di Sette
canzoncine per bambini (su testi di Trilussa) Accompagnamento pianistico di B. Mezzena [ a cura di G.L.
Dardo], Trento 2000, pp. 6 - 8 e 34 - 35.
Federazioni provinciali di complessi musicali
Federazione Cori della Provincia di Bolzano.
La federazione polifonica altoatesina celebra proprio oggi i
vent’anni della sua fondazione, in “Alto Adige” del 20 novembre 1992 [nel corso d’una lunga trattazione di argomenti
diversi].
Cantare (ma bene) in coro: Gli esempi del Trentino e dell’Alto
Adige, in “Alto Adige” del 12 dicembre 1992.
Federazione Cori del Trentino.
Consulenza per LP e CD Armonie di un popolo (Viaggio
nella storia e nella cultura del canto popolare trentino [curato
dalla Federazione con dieci dei suoi cori maschili più rappresentativi ], GINGER, 1989.
Cantare (ma bene) in coro: gli esempi del Trentino e dell’Alto
Adige, in “Alto Adige” del 12 dicembre 1992.
346
A Musicall Banquet
Vedi, anche:
Contributi per il periodico “Coralità”
(1983 - 2005).
Recensioni e segnalazioni (19 maggio 1993).
Federazione dei Corpi Bandistici della Provincia di Trento.
Belle bande del Trentino, in “Alto Adige” del 15 settembre
1992.
Concorso “Il flicorno d’oro” a Riva del Garda; il “risveglio bandistico”
nel Trentino; il “Concerto di fine anno” nel capoluogo (1990); il disco
“Bande in Trentino”; il periodico “Pentagramma”; l’intensa attività storiografica specialmente locale.
Istruzione musicale non statale
(nella regione Trentino - Alto Adige)
L’istruzione musicale nella Regione Trentino-Alto Adige, con
particolare riferimento all’autonomia della Provincia di
Bolzano: intervento a un Seminario-convegno, organizzato
nell’ambito delle celebrazioni della ricorrenza (1889 –
1989) della Civica scuola musicale “R. Zandonai”,
Rovereto, 13 ottobre 1989 (Vedi maggiori dettagli in:
Rovereto).
Come si spende per fare musica, in “l’Adige” del 20 novembre
1989 e, lo stesso giorno, il medesimo articolo in “il mattino dell’Alto Adige”, col titolo In Alto Adige si investe molto
nell’istruzione musicale scolastica. Lo scritto si riferisce alla
specifica attività nella Provincia Autonoma di Bolzano.
La musica è viva, in “l’Adige” del 22 marzo 1991, con rife-
347
A Musicall Banquet
rimento al “Primo incontro musicale” con il quale
l’Associazione delle scuole musicali trentine aveva inteso
presentarsi al pubblico, il 18 maggio ad Arco.
La Scuola musicale di Riva del Garda e l’Associazione delle
scuole musicali trentine, dall’opuscolo stampato in occasione
del Sesto incontro delle Scuole musicali trentine, Riva del
Garda, 18 maggio 1996.
Vedi anche: Riva del Garda (2006).
“La Montanara”
La Montanara: “Canto dei monti trentini” – Confronto fra la
melodia di Ortelli e un canto popolare rilevato nelle
Giudicarie, in “Coralità”, Anno 16° - n.1 Gennaio - Ottobre
1996, pp. 21 - 23, con seguenti, dettagliate esemplificazioni musicali alle pp. 25 - 28. A p.24 è intercalata una lettera
dello stesso autore con considerazioni relative a quella di M.
Pedrotti, che appariva nel precedente numero del medesimo
periodico. Nel numero successivo (1996, n. 2 / 3, p. 23),
trovasi un errata corrige, corroborato da un foglietto per gli
errori musicali allegato al n. 1 del 1997. Il saggio concludeva una serie di articoli apparsi in precedenza:
“Vi spiego perché ‘La Montanara’ viene dal popolo”, in
“l’Adige” e “il mattino dell’Alto Adige” del 14 settembre
1995.
“Quella ‘Montanara’? Era nell’aria”, in “il mattino dell’Alto
Adige” del 26 novembre 1995 e “l’Adige” del 3 dicembre
1995.
348
A Musicall Banquet
La scoperta della Montanara, in “l’Adige” del 7 marzo 1996.
In merito a questo scritto, pubblicato fra le lettere, il giorno
dopo l’autore veniva intervistato telefonicamente da Ernesto
Goio, in trasmissione diretta dall’emittente trentina “Radio
Studio 7” per la rubrica “Ultima spiaggia”.
I tre scritti sono stati poi pubblicati in blocco nel volume
per il settantacinquesimo della SOSAT, a cura di Elio Fox:
SOSAT: 75 anni in difesa della natura. 70 anni di coralità
alpina con il Coro della SOSAT (Trento 1996, pp. 189-194).
Il 20 agosto dello stesso 1996, nell’“Alto Adige”, Andrea
Bambace intervistava l’autore: La Montanara contesa (Dardo
mette in discussione la paternità di Pigarelli). L’intervistato si
affrettava a rilevare, con una lettera apparsa il 22 agosto, un
evidente malinteso con Andrea Bambace, che aveva portato a
un sottotitolo errato (Montanara contesa: Pigarelli non c’entra).
Levri, Mario
Padre Mario Levri: Musica come educazione (Per ritrovare
un’armonia interiore), in “Coralità”, Anno 15° - n. 3
Settembre - Dicembre 1995, pp. 12 - 14.
Vedi, anche: Recensioni e Segnalazioni (1957).
Lunelli, Renato
Una sua lettera del 14 settembre 1960 è riprodotta con breve
commento nell’intervento d’esordio al convegno su F.A.
Bonporti, tenutosi a Trento il 17 - 18 dicembre 1999 per
349
A Musicall Banquet
l’organizzazione del Conservatorio di musica di Trento a lui
intitolato: Bonporti dal 1972 al ’99: ricerche e realizzazioni.
Vedasi il volume: “Bonporti oggi (Studi e ricerche su F.A.
Bonporti a 250 anni dalla morte)”, Trento 2002, pp. 11 - 15.
Mascagni, Andrea
Mascagni ignorato nella storia della “Haydn”, in “Alto Adige”
del 20 luglio 1991.
Presentazione della “Piccola antologia di canti popolari di
diversi Paesi europei, per coro di voci bianche, femminili,
maschili e miste” [a cura di G.L. Dardo], Trento 1997, p.
VII. Lo stesso scritto è riprodotto come “recensione” in
“Coralità”, Anno 18° - n. 1 Aprile 1998, pp. 23 - 24.
Andrea Mascagni e i canti della memoria [Recensione della
raccolta di canti popolari armonizzati per il coro “Valsella”,
Borgo Valsugana 2004], in “Coralità”, Anno 24° - n. 2
Settembre 2004, pp. 30 - 31.
Michelotti, Ezio
Lo straordinario Michelotti, in “l’Adige” del 7 maggio 1983
e “il mattino dell’Alto Adige” del 13 maggio.
Mingozzi, Ferdinando
Un aspetto oggi (forse) dimenticato dell’opera di Fernando
Mingozzi (Il critico musicale de “Il Gazzettino”), in
350
A Musicall Banquet
“Coralità”, Anno 17° - n. 3 Settembre - Dicembre 1997,
p.36 [come lettera senza titolo!].
Montanari, Nunzio
Auguri in musica. Festeggiamo i compleanni di due grandi
musicisti sempre vicini alla coralità: Renato Dionisi e Nunzio
Montanari, in “Coralità”, N. 2 - luglio 1991, p. 6.
Nunzio Montanari a Riva del Garda, in “Musica Riva” VIII
(1991), pp. 68 - 69.
Ricordando un grande maestro che non dimenticheremo mai,
in “Alto Adige” del 20 marzo 1993.
Addio Montanari, maestro di musica e di vita, in “l’Adige” e
“il mattino dell’Alto Adige” del 23 marzo 1993. Ripreso in
“Coralità” n.°4, Gennaio - Aprile 1993, p. 19, col titolo:
Addio, Montanari. Il saluto al maestro di cultura di vita.
Nunzio Montanari e la banda. Un aspetto poco conosciuto del
grande maestro scomparso nel marzo scorso, in
“Pentagramma”, periodico quadrimestrale della Federazione
Corpi Bandistici della Provincia di Trento, Anno 4 - n. 3,
Agosto 1993, pp. 18 - 19.
[Nelle precedenti versioni del presente volume figurava anche questo
scritto, che ora è stato tolto, in quanto stampato nel libro monografico
del 2005 (v. sotto)]
Nunzio Montanari, artista e maestro indimenticabile, in “Il
cristallo”, Anno XXXX N. 1 (1993), pp. 117 - 122.
351
A Musicall Banquet
L’ultimo canto del maestro Montanari [“Questa l’è la contrada”], in “Coralità”, n. 3 Settembre - Dicembre 1993,
pp. 26-28.
Nunzio Montanari: Canti popolari di diverse regioni italiane
e melodie d’autore, armonizzati o elaborati per cori di vario
organico, Trento 1998, Federazione cori del Trentino, nel
quinto anniversario della scomparsa del maestro [Raccolta e
presentazione di G.L. Dardo].
Annotazioni per l’inserto musicale (N. Montanari: Eccomi,
bella), in “Coralità”, Anno 18° - n. 3 Dicembre 1998, pp.
17 - 20 [Sul vero “ultimo canto” del Maestro].
Montanari, anima dei cori (Il ricordo. A dieci anni dalla morte
del maestro di musica), in “Alto Adige” del 27 marzo 2003.
Ripreso in “Coralità”, Anno 23° - n.1 Aprile 2003, pp. 20 21, col titolo: Un Emiliano nel cuore delle Dolomiti [A dieci
anni dalla scomparsa del maestro].
Suonare! Per la gioia di suonare! Nunzio Montanari (1915 1993), in collaborazione con Andrea Bambace, Cinisello
Balsamo (Milano), 2005.
Alla presentazione del volume espressi i miei dubbi sulla partecipazione
di Carlo Maria Giulini come direttore d’orchestra all’EIAR nel 1938,
con Nunzio Montanari solista nel concerto K 466 di Mozart (pensavo
piuttosto a Bernardino Molinari o, meglio ancora, a Francesco Molinari
Pradelli, che era stato anche compagno di studi del pianista a Bologna).
Al termine dei discorsi, una gentile signora mi rivelò privatamente che
Giuliani diresse una formazione locale con Montanari solista nel concerto di Grieg, all’Istituto magistrale di Bolzano nel 1948, in concomitanza con la prima edizione della Fiera internazionale. La signora era la
“voltapagine” del pianista.
352
A Musicall Banquet
Moser, Camillo
“Quando la musica dà gioia”, in “l ’Adige” del 6 febbraio
1998.
Vedi, anche Recensioni e segnalazioni (19 maggio 1993) e
Varie (nella parte finale).
Note di copertina per dischi
Musica per tre: “Trio Salvetta”, con A.M. Salvetta (voce), E.
Cremonini (clarinetto) e M. Ploner (pianoforte), LP, Dischi
Ricordi, 1968.
Presentazione dell’ LP: Coro “Angeli Bianchi” di Levico
Terme, diretto da C. Vettorazzi, Alpenland, 1985.
Verdi campi addio, LP + CD + Musicassetta del Coro “S.
Romedio - Anaunia” diretto da F. Pedrotti, GINGER, 1990.
Presentazione e note illustrative del CD commemorativo dei
cinquant’anni del Conservatorio “Monteverdi” di Bolzano
(Saggio scolastico), AUDIUM,1990.
Presentazione del CD con Mottetti per coro e organo di
Celestino Eccher, curato da “I Musici Cantori” di Trento
(dir. S. Filippi, org. S. Rattini), GINGER, 1992.
Fiori de cristal, presentazione del CD curato per la F.A.B.I.
della Federazione cori del Trentino con i propri complessi di
353
A Musicall Banquet
canto popolare, GINGER, 1993.
Presentazione e note illustrative del CD Hodie Jesus natus est
(Canti popolari natalizi in polifonia), curato da “I Musici
Cantori” di Trento (dir. S. Filippi), BONGIOVANNI,
1994.
Commento ai brani incisi nel CD Armonie in concorso
(Opere premiate e segnalate all’ottavo Concorso
Internazionale di Composizione e Elaborazione corale),
Trento, 1995 [dalle Note di sala per la prima esecuzione
assoluta organizzata dalla Federazione cori del Trentino il 3
dicembre 1995]. Registrazione dal vivo effettuata dalla RAIRadiotelevisione Italiana, Sede di Trento, con il coordinamento editoriale di R. Morelli e G. Prezzi.
Note in programmi di sala
Note per il concerto di musiche vocali da camera per il
gruppo “Amici dell’arte” di Riva del Garda eseguite dal
soprano E. D’Ettore con la pianista E. Triangi, Riva del
Garda 1956.
Cenni storici sul liuto, per il concerto del liutista H. Bischoff
agli “Amici della musica”, Riva del Garda 1957.
Note per i programmi della stagione 1963 - 64 della Società
dei Concerti di Bolzano (compreso il ciclo dell’orchestra
“Haydn”).
Note per i programmi dell’orchestra “Haydn” nella stagione
1963 - 64 della Società filarmonica di Trento.
354
A Musicall Banquet
Cenni illustrativi e presentazione del programma, per la
“Storia del trio con pianoforte”, presentata in quattro serate
presso l’Istituzione Universitaria dei Concerti, Roma 1964.
Illustrazione dell’opera da camera La serva padrona di G.B.
Pergolesi, eseguita da solisti e orchestra del Conservatorio
“Monteverdi” di Bolzano, nel volume dedicato alla quarantesima edizione della Sagra Malatestiana, Rimini 1989.
Note per i programmi dei concerti dell’Orchestra “Haydn”
(e conduzione dell’Ufficio Stampa) nelle stagioni 1988 - 89,
1989 - 90 e 1990 - 91.
Note per concerti nell’annuale Numero Unico per le edizioni di “Musica Riva” dal 1984 al 1996, nel quale l’autore per
vari anni ebbe responsabilità diverse, figurando anche con
compiti organizzativi o direttivi al di fuori del settore editoriale.
Orchestra “Haydn”
Applausi all’orchestra “Haydn” per bravura e disponibilità, in
“il mattino dell’Alto Adige” del 7 agosto 1989.
Per la trentesima stagione sinfonica dell’orchestra ”Haydn” di
Bolzano e Trento, in “Il cristallo”, XXXI n. 3 (1989), pp.
117 - 122.
I trent’anni dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, in
“Nuova Rivista Musicale Italiana” XXIV (1990), pp. 511513 [fra le “Corrispondenze”].
355
A Musicall Banquet
Vedi, anche:
Trento (1990)
Mascagni, Andrea (1991).
Il volume della “Haydn”, in “Alto Adige” del 1° novembre
1991.
Il disco della “Haydn”, in “l’Adige” del 15 febbraio 1992.
Inoltre, Il menù della “Haydn”, intervista di Sandra Matuella
all’autore, in “QT - Questo Trentino”, XVIII, n°. 23
(1997), p. 50.
Patuzzi, Guido
Guido Patuzzi: Dopo la cerimonia di saluto per la sua partenza da Riva del Garda, in “L’Adige” del 30 novembre 1960
[Titolo originale: Uno scritto del prof. Dardo sulla cerimonia
di domenica].
Presentazioni e interventi
I. A stampa
“Nota introduttiva” alle Canzonette a quattro voci - libro I
(1592) di F. Anerio, nell’edizione a cura di C. Moser, Padova
1968, pp. I - II.
Note biografiche non firmate sugli autori presenti nella raccolta Pezzi romantici italiani (Golinelli, Martucci, Sgambati
e, in appendice, F.P. Neglia) curata da N. Montanari con
356
A Musicall Banquet
l’autore, Ancona - Milano 1970, pp. 4 - 5.
“Profilo storico” per l’edizione di 60 Studi per pianoforte di
Johann Baptist Cramer, curata da N. Montanari con l’autore, Ancona - Milano 1971, pp. 5 - 6.
Due brevi scritti nel volume su “ Francesco A. Bonporti nel
terzo centenario della nascita (1672 – 1972)”, Trento 1972,
pp. 12 -13 e 25 - 29. Vedi, anche: Bonporti, F. A. (1972) e
Trento (1972).
“Nota introduttiva” al Dialogo pastorale al presepio (1600) di
G.F. Anerio, nell’edizione moderna curata da S. Filippi,
Bergamo 1984, pp. non num. 6 - 7.
“Presentazione” e “Appunti biografici” per la Piccola
Antologia di Canti Sacri di C. Eccher a cura di R. Dionisi
(collab. di G.L. Dardo e S. Filippi), Trento 1992, p. I.
Celestino Eccher: un ricordo, un omaggio, in “Come la legna
verda. Canti popolari trentini per voci bianche e coro di
bambini con accompagnamento di pianoforte”, Trento
1992, pp. 9 - 10.
Nota critica per il volume “Ti aricordi…?” [Nel trentesimo
anniversario della fondazione (1964 - 1994) del Coro Roen
di Don], Trento 1995, pp. 28 - 29.
Prefazione al volume “Canti di ieri…canti di oggi”
[Stampato in occasione del cinquantesimo di fondazione del
coro Brenta di Tione di Trento], Tione 1996, p. 7.
357
A Musicall Banquet
Presentazione e apparato critico del volume “Ne contava i
nossi veci… Canti popolari trentini per voci bianche e coro
i bambini con accompagnamento di pianoforte realizzato da
vari autori” [a cura di G.L. Dardo], Trento 1997, pp. 4 - 5
e 7 - 20.
Nunzio Montanari: un musicista emiliano nel cuore delle
Dolomiti, nel volume “Canti popolari di diverse regioni italiane e melodie d’autore armonizzati o elaborati per cori di
vario organico” da N. Montanari [Raccolta e presentazione di
Gian Luigi Dardo], Trento 1998, pp. 5 - 12.
II. Di persona
Origini della musica strumentale, in occasione d’un concerto
del “Trio di Riva” all’Istituto Magistrale di Trento, 14 maggio 1958.
Presentazione e illustrazione del programma del primo concerto dell’orchestra “Haydn” nel Basso Sarca, Arco, 1°
dicembre 1960.
Musica per tre (LP). Presentazione autori e interpreti, ed illustrazione dei brani contenuti nel disco, il 18 ottobre 1968
presso il Centro culturale Fratelli Bronzetti di Trento.
Vedi, anche Note di copertina per dischi (1968).
Origine e sviluppo del canto corale; nuovi indirizzi e tendenze,
con particolare riferimento alla realtà locale, intervento al
Convegno su “Tradizione e rinnovamento del canto popolare e di montagna”, organizzato dal Coro “Croz Corona” nel358
A Musicall Banquet
l’ambito delle celebrazioni per il quindicesimo anno di attività, Auditorium Scuola Media “Vielmetti” di Denno, 14
dicembre 1985.
Introduzione e interventi come coordinatore al Convegno
sul tema “La vocalità nella tradizione dei canti popolari
attraverso esperienze dell’Italia Centro-Nord”, organizzato
dal Coro “Castel Flavon” della Provincia di Bolzano a Castel
Mareccio, 11 giugno 1988. Verbale integrale in un numero
speciale di “Coralità altoatesina”.
L’istruzione musicale nella Regione Trentino-Alto Adige, con
particolare riferimento all’autonomia della Provincia di
Bolzano, Rovereto 1989. Vedi: Istruzione musicale non statale e Rovereto ( 1989).
Mons. Celestino Eccher, intervento per il ciclo di conversazioni musicali organizzato dalla Civica Scuola Musicale “R.
Zandonai”, Rovereto, 8 novembre 1991[Il discorso, tuttavia, portò ben presto a trattare argomenti di più stretta
attualità].
Presentazione del CD “Coro SAT / Canti di Natale”,
Trento, Cantine Spumanti Ferrari a Ravina, 6 dicembre
1991.
Illustrazione del Dialogo pastorale al presepio di N.S. a tre
voci (1600) di G.F. Anerio, eseguito dal coro “Anzolim de la
Tor” [trascrizione di S. Filippi - Versione per concerto con
voci e strumenti di G.L. Dardo nel rispetto delle intavolature originali per liuto (chitarra) e per cembalo (organo)],
359
A Musicall Banquet
Riva del Garda, Chiesa di S.Maria Assunta, 21 dicembre
1991.
Presentazione del Dizionario dei musicisti nel Trentino di A.
Carlini e C. Lunelli, Trento, 1992, presso la nuova sede
[provvisoria] della Biblioteca Comunale di Trento, 20 marzo
1992.
Presentazione del volume del Coro “Paganella”: Voci e
Armonie. Armonizzazioni di Canti Popolari e Composizioni
per coro a voci virili di RICCARDO GIAVINA, Trento,
Palazzo Geremia, 2 settembre 1994.
Riflessioni. Intervento particolare nella manifestazione per il
cinquantesimo del Coro “Brenta”, Tione di Trento, 14
dicembre 1996.
Intervento iniziale nella breve conferenza sul canto popolare e di montagna che apriva la manifestazione “Omaggio a
Silvio Pedrotti”, organizzata da Coro “Monte Cusna”
(Reggio Emilia), Coro “Laurino” (Bolzano) e “Coro CAI”
(Bologna), Bolzano, Castel Mareccio, 29 giugno 1997.
Presentazione del volume 1967 – 1997: Coro “Monti
Pallidi”. I primi trent’anni di storia (1967 - 1997), Laives,
Auditorium Don Bosco, 29 novembre 1998.
Discorso introduttivo, nella Chiesa di San Bernardo a
Rabbi, a una particolare rassegna corale con illustrazioni,
per l’occasione, di aspetti anche differenti delle armonizzazioni di A. Benedetti Michelangeli, di cui ciascuno dei tre
360
A Musicall Banquet
Cori partecipanti aveva l’obbligo di presentare due brani. La
manifestazione, patrocinata dalla Federazione cori del
Trentino, si svolse il 24 luglio 1999. Il discorso è stato parzialmente pubblicato a Bolzano nell’opuscolo dell’edizione
2001 di “Musica in Aulis” [si veda, anche: Contributi per
“Coralità”, a. 19° n. 2 e a. 20° n.1].
Intervento introduttivo, il 17 dicembre 1999, al convegno
trentino “Bonporti oggi (Studi e ricerche fu F. A. Bonporti
a 250 anni dalla morte)”, stampato in un volume uscito a
Trento nel 2002, alle pp. 11 - 15. Vedi, anche: Bonporti, F.
A. (1999) e Lunelli, R.
III. Per la lettura da parte di un presentatore
Omaggio a Mendelssohn nel centocinquantesimo anniversario della nascita. Commenti per un concerto strumentale e
corale tenutosi nell’Auditorium della Rocca, Riva del Garda,
5 settembre 1959.
Introduzione per un concerto col titolo “Fra la gente… Viaggio polifonico nel mondo del canto popolare”, tenuto
da “I Musici Cantori” di S. Filippi, Trento, Sala della
Filarmonica, il 30 ottobre 1993: se ne veda il testo nel trimestrale “Per un Nord-Est di Trento più vivo”, Anno XII /
N. 48 - 15 dicembre 1993, p. 15, e nel volume “Ricercar
cantando: Vent’anni tra musica colta e popolare” ( Numero
del ventennale I Musici Cantori 1977 - 1997), a cura di G.
Calliari, Trento 1997, pp.70 – 71.
361
A Musicall Banquet
Discorso d’apertura per la serata commemorativa del quinto anniversario della scomparsa di Nunzio Montanari, con
la presentazione del suo libro di Canti popolari (v.
Montanari, Nunzio), Rovereto, Teatro Zandonai, 9 maggio
1998.
Illustrazione dei brani presentati in prima assoluta nel
“Concerto di gala” a seguito del Concorso indetto dalla
Federazione cori del Trentino, al termine di ogni edizione
biennale, negli anni dal 1985 al ‘ 99 (di cui tre pubblicati in
“Coralità” o come note a un CD).
Illustrazione di brani eseguiti nelle annuali rassegne per gli
“Incontri con la polifonia”, organizzati dalla Federazione
cori del Trentino, curata dal 1985 al ’94. Vedine la raccolta
realizzata dall’autore con la collaborazione di Salvatore de
Salvo Fattor, col titolo “Di canto in canto”, Trento 2003,
Federazione cori del Trentino.
Inoltre: Illustrazione dei Canti di prigionia di Dallapiccola
per due concerti del Kammerchor “Leonhard Lechner” di
Bolzano nell’autunno del ’91: vedi “Alto Adige” del 23
novembre 1991.
Recensioni e segnalazioni
M. LEVRI, Organari e organisti della Pieve di Riva [Estratto
da “Studi trentini di Scienze Storiche” XXXVI (1957), pp.
149 - 165], in “L’ADIGE” del 17 dicembre 1957.
B, DISERTORI, Le frottole per canto e liuto intabulate da
Franciscus Bossinensis, Milano 1964, Ricordi (Istituzioni e
362
A Musicall Banquet
monumenti dell’arte musicale italiana, Nuova serie, vol. III,
in “Rivista Italiana di Musicologia”, I (1966), pp. 127-132
[L’argomento recensito non riguarda il Trentino,ma è citato
per l’importanza del personaggio che lo trattava].
T. CHINI - G. TONINI, La Raccolta di manoscritti e stampe musicali “Toggenburg” di Bolzano (secc. XVIII - XIX),
Torino 1986, in “Studi Trentini di Scienze Storiche”, LXVI
(1987), pp. 497 - 498. Il volume è segnalato anche in
“Coralità”, N. 1 / marzo 1988, p. 7.
C. LUNELLI, Catalogo delle musiche della Biblioteca civica
di Rovereto, Rovereto 1987, nella stessa pagina di “Coralità”,
qui sopra citata.
Die Musik in Geschichte und Gegenwart [MGG], Band 17.
(Register), 1986, in “Alto Adige“ del 23 giugno 1990 [Sotto
il titolo: Trento dov’è? E’ in Sudtirol! (Geografia musicale germanica)].
A.CARLINI - C. LUNELLI, Dizionario dei musicisti nel
Trentino (Trento 1992, Biblioteca Comunale), in “Alto
Adige” del 23 maggio 1992 [ Sotto il titolo: Noti e ignorati
delle sette note ].
E. MAULE, Insegnare storia della musica (Faenza, 1992), in
“Alto Adige” del 12 dicembre 1992 [Questioni di didattica
musicale, nel corso d’una lunga trattazione di argomenti
diversi].
Ciantes ladines da anché e da zacan, a cura di F. Chiocchetti
(Union Ladins de Fasha,1992, in “Alto Adige” dell’8 gen363
A Musicall Banquet
naio 1993 [nel corso d’una lunga trattazione di argomenti
diversi].
A.PRANZELORES, Ariete Trentine per canto e pianoforte,
musicate da G. Bussoli (1992); C. MOSER, Canti sacri,
religiosi, popolari (composizioni e armonizzazioni per coro,
1992); AA.VV., Canti trentini, melodie popolari armonizzate per coro maschile (1992); AA.VV., Come la legna verda,
canti popolari trentini per voci bianche e coro di bambini
con accompagnamento di pianoforte (1992), Trento,
Federazione cori del Trentino, in “Alto Adige” del 19 maggio 1993 [Sotto il titolo: Le parole delle note].
Vedi, anche: Mascagni, Andrea (2004).
Riva del Garda
Organizzazione e finalità della Scuola musicale, in “Alto
Adige” dell’8 dicembre 1956.
Vedi: Levri, Mario (1957).
Auspicata una riorganizzazione dell’attività musicale cittadina
- Per un complesso stabile strumentale locale (Lettera aperta
all’assessore all’Istruzione), in “L’Adige” del 21 marzo 1958.
1960: Un “dibattito sull’assenteismo dei cittadini rivani alle
manifestazioni musicali e culturali in genere”. Fu aperto su
“L’Adige” il 17 febbraio dall’autore e da lui ripreso il 5
marzo (soprattutto nella sua qualità di amministratore
comunale nel campo specifico). Si alternarono sullo stesso
364
A Musicall Banquet
quotidiano, con “diagnosi” diverse, i responsabili degli
Amici della Musica, del Museo civico (Gruppo Amici
dell’Arte), della Scuola Musicale, del Cineforum, dell’
Azienda di soggiorno, della Gioventù Studentesca rivana,
del Coro “Pozzini”, e di altri. La discussione fu chiusa dallo
stesso promotore il 20 marzo, che concludeva esortando
tutti alla conciliazione, seguendo la propria strada nell’unico interesse della città: “Così deve essere. Altrimenti qualcuno può arrivare a dire, anche in questo caso, che il denaro
pubblico (leggi: contributi comunali) viene ‘sperperato’ a
favore di enti che hanno scarsa importanza per la città!”.
Per ulteriori precisazioni vedi pagina 372.
Vedi: Patuzzi, Guido
La stagione dei concerti benacensi, nel Numero unico (luglio
1961) dedicato alla XI Settimana velica internazionale del
Garda, organizzata dalla “Fraglia della vela”.
Studenti come un “Coro di morti”. Non si curano tranne poche
eccezioni delle sorti della scuola, in “Alto Adige” (edizione di
Trento) del 22 marzo 1988. [Si tratta degli allievi del
Conservatorio “Bonporti”, sezione staccata di Riva del
Garda].
“Musica Riva”. Cinque anni in sintesi. “Appendice” di
Elenchi e indici [mediante compilazione manuale ragionata]
al numero unico per “Musica Riva” V (1988) pp. 79 - 91.
[Ripreso con le dovute rettifiche ed aggiunte relative al 1988
nel successivo volume (1989), pp. 77 - 89].
Saluto della Direzione artistica, in “Musica Riva” VIII
365
A Musicall Banquet
(1991), pp. 4 - 6 [Un breve ricordo, preliminare, delle parole del sindaco Matteotti in occasione della prima edizione
dei corsi. dei docenti e dei concerti di allora (1984), e un
cenno al programma per il bicentenario della morte di
Mozart e all’omaggio a figure di musicisti quali C. Eccher e
N. Montanari].
Appunti musicali, in “l’Adige” del 18 giugno 1991 [Si parla
scherzosamente dell’antico organo positivo della chiesa
dell’Inviolata, che un tempo era dato per scomparso, trafugato, irreperibile].
In ricordo di Celestino Eccher, in “Musica Riva” VIII (1991),
pp. 41 - 42.
Nunzio Montanari a Riva del Garda, ivi, pp. 68 - 69.
Un “salotto” musicale a Riva del Garda intorno agli anni
Cinquanta, ivi, pp, 106 - 112.
La gloriosa “Pozzini”: simpatica rimpatriata l’altro giorno per
una cinquantina di coristi (la corale mista di Riva e tanti ricordi di quel lontano 1967), in “l’Adige” del 22 gennaio 1992.
Usciva dal “Pacchetto” per l’Alto Adige il Conservatorio di Riva
del Garda, in “Musica Riva” IX (1992), pp.120 - 123.
Tanti complimenti al coro “Anzolim”, in “l’Adige” del 1°
dicembre 1993.
Il mio Michelangeli fra Riva e Bolzano (Un ricordo del grande
366
A Musicall Banquet
pianista scomparso), in “Alto Adige” del 17 giugno 1995
[Una trattazione un po’ più ampia dell’argomento si trova in
un articolo di Giancarlo Sole (Arturo Benedetti Michelangeli
voleva portare una scuola a Riva) apparso in “Flash”
(Periodico di informazione a annunci gratuiti), Anno II n.
12 – 15 giugno 1995, p. 8, dopo un’intervista telefonica
all’autore.
Il quartetto di musicofili maturandi al liceo “Maffei” nel 1951,
in posa sulla scalinata del Museo archeologico di Fiesole durante la gita scolastica a Firenze.
Dal basso all’alto: Dardo, Sartori, Caproni, due “aggregate” e,
in vetta, Rossaro, che di questo “storico” viaggio ha scritto un
vivace ricordo nel volume di G. Riccadonna per il 75° anniversario di fondazione della scuola rivana (Per la resurrezione
di Riva - Il liceo “Andrea Maffei” tra storia e memoria, Riva
del Garda,2004).
[Mi permetto di far notare che nel suddetto volume la foto di gruppo in basso
a p. 210 non è quella della citata gita, che fu invece scattata a Bologna, in una
fugace fermata al ritorno].
367
A Musicall Banquet
Musica a Riva: Attività concertistica a Riva del Garda dal 1940
alla prima “stagione” dell’Associazione “Amici della musica”
(1956 - 57), in “Musica Riva” XIII (1996), pp. 69 - 81.
Lettera per il quarantesimo della fondazione della Scuola
musicale di Riva del Garda, nell’ opuscolo stampato in occasione del sesto Incontro delle Scuole Musicali Trentine (Riva
del Garda, 18 maggio 1996).
La scuola musicale di Riva da privata associazione di insegnanti a istituto civico (1956 – 1964), nel volume per i cinquant’anni della fondazione della Scuola, Riva del Garda,
2006 (Storia della Scuola Musicale Civica di Riva del Garda,
di A. Tamburini e L. Tavernini).
Rovereto
Intervento al Seminario convegno “Civiche scuole musicali,
licei musicali pareggiati, conservatori, esperienze a confronto” per i cento anni della Civica scuola musicale “Riccardo
Zandonai” organizzato nell’ambito delle celebrazioni della
ricorrenza (1889 - 1999), Rovereto, Sala “G. Spagnoli” A.S.M., 13 ottobre 1989 [registrazione in VHS presso
Assessorato all’Istruzione del Comune di Rovereto].
Importanza della Filarmonica di Rovereto per i musicofili rivani nei primi anni del dopoguerra, in “La Filarmonica di
Rovereto (1921 - 1991)”, a cura di D. Cescotti e R. Chiesa,
Rovereto 1992, pp. 457 - 458 (fra le Testimonianze).
Nota introduttiva alla partitura di Preludio - Alla canzone
per quartetto d’archi di Roberto Rossi (rev. e trascr. di M.
Peguri), Rovereto 1994, Edizioni Osiride.
368
A Musicall Banquet
Inoltre, Conservatorio? No, grazie (Alla ricerca del nuovo volto
della Civica scuola musicale “Zandonai”), intervista di Nora
Gianmoena all’autore, in “Alto Adige” del 27 febbraio 1988
(Cronaca di Rovereto).
Si segnala anche la partecipazione con R. Chiesa e F. Zanoni
al Comitato di redazione del primo volume dei “Quaderni
Zandonaiani”, Rovereto 1987.
Vedi, inoltre: Dionisi, Renato (1990).
Tonetti, Ottone
Missa B.V.M. Dominae Gratiarum, in Di canto in canto,
Trento 2003, Federazione Cori del Trentino, pp. 118 - 119
[per l’esecuzione a Cles l’8 maggio 1993].
Trento
Bonporti: Note biografiche e Bibliografia, in “Francesco A.
Bonporti nel terzo centenario della nascita (1672 -1972)”,
Trento 1972, pp. 12 - 13 e 25 - 29.
Trent, articolo per “The New Grove Dictionary of Music &
Musicians", 1980 [con adattamenti e inserti redazionali non
riconosciuti dall’autore].
Le bacchette più prestigiose per il podio dell’orchestra regionale
“Haydn” [Titolo nel sommario: Questa è l’orchestra
Haydn], in “Il Trentino”, rivista mensile della Provincia
369
A Musicall Banquet
Autonoma di Trento, n. 154, anno XXVII, febbraio 1990,
pp. 54 - 58 [versione con destinazione trentina dello scritto
altrove citato: v. Orchestra “Haydn”, in “Il cristallo”, 1989].
Nel secondo centenario della Filarmonica di Trento (1795 1995), in “l’Adige” del 13 dicembre 1995 [titolo originale:
Filarmonica, quanti ricordi ].
Si veda anche il contributo in occasione del duecentocinquantesimo anniversario della morte di F.A. Bonporti
(1999), citato alla voce: Lunelli, Renato.
Vedi inoltre Bonporti, F.A. (1999).
Varie
Dall’apartheid al vino (Considerazioni sulla vita musicale
regionale, compreso un excursus su Mozart e il Marzemino), in
“Alto Adige” dell’8 maggio 1991.
Da F.A. Bonporti fino a Köchel passando per la SAT
(Considerazioni di uno studioso minuzioso), in “Alto
Adige” del 18 dicembre 1991 [Il Coro della SAT è citato nel
contesto d’un ampio discorso sull’etnomusicologia].
Odonomastica in regione: Giuseppe Verdi è il capocannoniere. E Rovereto è la città più incline ai musici (Mozart e
Zandonai bene rappresentati), in “Alto Adige” del 15 marzo
1992 [Indagine sullo stradario di “TuttoCittà” della SIP di
Bolzano e Trento, con sei località per ciascuna provincia].
370
A Musicall Banquet
Il karaoke produrrà musica o quattrini?, in “l’Adige” del 22
aprile 1992, contestando la tesi di G. Visetti esposta nell’articolo Addio alla Montanara. Arriva il karaoke, i teen-ager
snobbano i cori.
Canti gregoriani, in “Alto Adige” del 20 novembre 1992
[All’esordio di un lungo discorso su argomenti vari].
Si dà citazione di questo scritto perché l’argomento era stato toccato più
volte sul quotidiano di Bolzano nel corso dell’anno, soprattutto per la
ricorrenza del centenario della nascita di Celestino Eccher, illustre gregorianist (Dermulo, Val di Non, 12 giugno 1892).
Qui l’autore manifesta qualche dissenso nei confronti di P. Buscaroli,
che in un focoso articolo sul “Giornale” del 16 settembre lamentava
atteggiamenti negativi di Paolo VI riguardo alla “cultura cristiana”, fra
cui la “dilapidazione del patrimonio musicale che la Chiesa aveva ereditato dai suoi secoli migliori”, e con esso anche l’uso del latino.
Ma se il canto gregoriano è stato tolto dal repertorio liturgico, l’antica
“cantilena” romana rimane pur sempre viva e coltivata da un punto di
vista propriamente musicale, artistico. Lo stesso Eccher scriveva fra l’altro che “pur fuori di chiesa, il gregoriano non cessa di interessare gli
odierni musicisti”; anche se Alberto Turco, pure sacerdote, nella presentazione dei “Concerti di canto gregoriano” (“Concerti”, non messe), si
limita più realisticamente a osservare che “la riproposta odierna è possibile solo perché fondata sul ‘fatto culturale’ cioè su quel complesso di
mezzi espressivi che fanno del canto liturgico romano la più toccante
esperienza di ‘orazione cantata’ finora conosciuta”. E Massimo Mila già
nel 1946 scriveva: “Ai nostri giorni, senza che più se ne senta, generalmente, la portata spirituale […] ha improntato più o meno ampiamente di sé le produzioni dei rinnovatori della musica italiana”.
Inoltre, diversi interventi e interviste ufficiali giornalistiche,
radiofoniche e televisive per alcune emittenti locali e per la
RAI (sedi di Trento e di Bolzano), in virtù degli incarichi di
371
responsabilità presso alcuni organismi musicali rivani e del
capoluogo altoatesino. In forma personale, tre interventi
monografici nelle rubriche radiofoniche di R. Morelli (25
febbraio 2000, 31 gennaio 2001 e 9 maggio 2003), un doppio DVD per il progetto archivio orale della Biblioteca provinciale italiana “Claudia Augusta” di Bolzano (a cura di G.
Delle Donne, 4 novembre 2005) e inserimento in un DVD
con libro per il ventennale della morte di Camillo Moser (a
cura di G.Calliari, 2006).
E ancora, un intervento alla trasmissione per il cinquantesimo del Concorso “Busoni”, condotta da G. Vincenti, accanto a E. Frangipane in onda su “Telepace” il 6 giugno 1998
(repliche il 10 e il 12 dello stesso mese).
***
* Precisazione per le pagine 364-365: Riva del Garda (1960)
Lo scritto del 17 febbraio era: Una lettera dell’assessore allA P.I. in margine al concerto di domenica (con sottotitolo: Occorre studiare il fenomeno del preoccupante
assenteismo dei cittadini per quanto riguarda le manifestazioni artistiche). Esso era
stato preceduto, il giorno prima, da una recensione a firma dello stesso autore,
che già metteva il dito sulla piaga: Preoccupante assenteismo dei cittadini all’eccezionale concerto di domenica).
***
NOTA: In questo elenco non sono stati citati, ovviamente, gli
scritti che nel volume risultano inediti.
372
A Musicall Banquet
III
ELENCO IN ORDINE CRONOLOGICO
DI
SCRITTI DI ARGOMENTO NON LOCALE
(“extra moenia”)
373
A Musicall Banquet
Studio comparato delle famiglie paleografiche gregoriane e La
polifonia nell’alto Medioevo: dispense dei due corsi universitari del prof. R. Monterosso alla Scuola di paleografia musicale di Cremona (1954 - 55).
L’espressione musicale dei Trovatori e La notazione mensurale
nei secoli XII-XIV (dispense per gli stessi corsi nel 1955 56).
L’educazione musicale nei Conservatori e nelle Accademie di
musica: “Atti del Congresso internazionale dei Direttori di
Conservatorii e delle Accademie musicali” (Venezia 1956)
sotto l’egida dell’UNESCO. Raccolta dei documenti e
prima redazione del testo.
Nell’estate del 1957 e del ’58, entrambe trascorse a Venezia
come responsabile dell’Ufficio Stampa delle Vacanze musicali internazionali organizzate dal Conservatorio
“B.Marcello”: diverse Note di sala per importanti manifestazioni del ciclo “Concerti notturni di gala”, curati dallo
stesso istituto, e qualche articolo per Il Gazzettino e per
L’Adige, anche sul Festival di musica contemporanea.
Domenico Dragonetti, “il patriarca dei contrabassi”, saggio
nel Numero Unico per la XX “Settimana Musicale Senese”,
Firenze 1963, Olschki.
Domenico Dragonetti e Beethoven, articolo in “Musica
d’Oggi”, 1963.
Felice Anerio e la “Congregazione dell’Oratorio”, saggio in
“Chigiana”, 1964.
374
A Musicall Banquet
(Il) Liuto, in collaborazione con G. Tintori, e alcune voci
sui liutisti del XVI secolo, nell’ “Enciclopedia della Musica”,
Milano 1964, Ricordi.
Cenni illustrativi e presentazione del programma per il ciclo
“Storia del trio con pianoforte”, Roma 1964, Istituzione
universitaria dei concerti.
La XXI “Settimana musicale senese”, in “Musica Università”,
Roma, Dicembre 1964.
Johannes Maria Alamanus e Giovanni Maria da Crema, saggio in “Quaderni della Rassegna musicale - 3”, Torino 1965,
Einaudi.
Settimana Musicale Senese [XXII Ediz.], in “Musica
Università”, Roma, Novembre 1965.
Considerazioni sull’opera di Giovanni Maria da Crema, liutista del Cinquecento, saggio in “Collectanea Historiae
Musicae” - IV, Firenze 1966, Olschki.
“La passione” di Attilio Ariosti, saggio in “Chigiana”, 1966.
Trascrizione, in “La Musica” - Enciclopedia storica, Torino
1966, UTET.
Terzi, Giovanni Antonio e Testagrossa, Giovanni Angelo, nell’enciclopedia “Die Musik in Geschichte und Gegenwart”
(MGG), Band 13, 1966, Bärenreiter Verlag Kassel.
375
A Musicall Banquet
B. Disertori, Le frottole per canto e liuto intabulate da
Franciscus Bossinensis (Milano 1964, Ricordi), recensione in
“Rivista Italiana di Musicologia”, 1966.
Questo lavoro, che richiese diversi mesi di applicazione e perplessità, fu oggetto
di un’ accesa e altrettanto lunga disputa fra la direzione e i redattori per la sua
pubblicazione nel nuovo periodico, la cui prima uscita subì per questo un ritardo di quasi un semestre rispetto alle previsioni.
Circa 800 voci per “La Musica”- Dizionario, Torino 1968,
UTET.
Studi sul corale, volume in collaborazione con R.Dionisi e
M.Toffoletti, Padova 1969, Zanibon (e rist. fino al 1993).
E. Pohlmann, Laute, Theorbe, Chitarrone: Die Instrumente,
ihre Musik und Literatur von 1500 bis zur Gegenwart
(Brema 1968), recensione in “Nuova Rivista Musicale
Italiana“, Gennaio - Febbraio 1970.
L’autore del volume, constatata una valutazione piuttosto negativa, si recò
alquanto seccato dal recensore, accusandolo fra l’altro di incompetenza nelle
cose liutistiche. Ma nella seconda edizione (1970) lo ringraziò – con pochi altri
– per la segnalazione dei numerosi errori riscontrati.
Borrono, Pietro Paolo e Bottegari, Cosimo, nel “Dizionario
Biografico degli Italiani”, XIII (1971).
Abondante, Julio; Asioli, Francesco; Bossinensis, Franciscus;
Carrara, Michele; Castaldi, Bellerofonte; Coriandoli, Francesco
(nella cit. enciclopedia MGG, Band 15, 1973, Bärenreiter
Verlag Kassel.
376
A Musicall Banquet
Giovan Maria, in “Rizzoli Ricordi / Enciclopedia della
Musica”, III, Milano 1973, Rizzoli.
Liuto, ivi, IV (1974).
Trent, in “The New Grove Dictionary of Music and
Musicians”, 1980. Nella stessa enciclopedia c’è anche la voce
Carrara, Michele, mutuata dalla MGG.
Trascrizione [aggiornamento completo], nel “Dizionario
enciclopedico universale della musica e dei musicisti”
[DEUMM], Il Lessico, Torino 1983, UTET.
Almeno trenta voci firmate sui maggiori liutisti europei dei
secoli XVI - XVIII e su qualche chitarrista del XVII secolo,
nel succitato DEUMM, Le biografie, 1985 - 88, UTET.
Nel quinquennio 1989-1994: alcuni interventi su
“Coralità” (Federazione Cori del Trentino) e specialmente
sull’Alto Adige (“Sillabario Musicale”, e altro).
W. A. Mozart: Sonate per pianoforte e violino. Precisazioni e
note illustrative, in “Musica Riva”, VIII (1991) - Numero
Unico per l’ottava edizione.
Nel 1997 si completa la serie didattica per pianoforte in 6
volumi Mani sull’avorio, di N. Montanari e G.L. Dardo, con
la collaborazione di A. Montanari, iniziata nel 1987 (edizioni Bèrben, Ancona).
377
A Musicall Banquet
Dal 1997, oltre alla collaborazione per edizioni musicali
della suddetta federazione: Di canto in canto, volume in collaborazione con S. de Salvo Fattor (Trento 2003), con una
breve nota biografica sull’autore e un elenco dei suoi piccoli lavori per coro (pp. 157- 160).
[Altre notizie, anche più dettagliate, si possono trovare nel
DEUMM (Le biografie) della UTET, e nel Dizionario dei
Musicisti nel Trentino di A. Carlini - C. Lunelli (Trento
1992)].
378
Congedo
Mi dispiace di non aver potuto ricordare nella prima parte
del volume – per le precarie condizioni fisiche di questi ultimi tempi – figure di rilievo come Claudio Gallico,
Francesco Valdambrini e qualche altra; nonché, più ampiamente di quello che ho fatto, Andrea Mascagni.
E nelle parti opportune, forse, ancora vicende particolari di
Riva del Garda...
A Musicall Banquet
QUADRO INDICATIVO DELLE RESIDENZE
Il quadro che segue, indica le mie residenze diverse nel corso degli anni
- un quasi costante “palleggio” fra Riva del Garda e Bolzano – e illustra
in modo conciso dove ho operato continuativamente come didatta e ho
svolto altre attività, esclusa quella musicologica.
1931 – 1963
Riva del Garda (TN)
Scuola musicale (dal 1956). Direzione coro polifonico. Organizzazione
prime stagioni concerti “Amici della musica”, con 4 edizioni della
“Rassegna giovani concertisti italiani” e, in estate, dei “Concerti notturni benacensi”.
1957 e ’58: collaboratore “Vacanze musicali” estive del Conservatorio di
Venezia.
1963 – 1972
Bolzano
Conservatorio “Monteverdi”. Collaboratore concorso “Busoni”,
“Società dei concerti”, Orchestra “Haydn” e Sez. AGIMUS.
Vicedirettore per la sezione staccata del conservatorio in Riva del Garda
(dal 1970, anno dell’istituzione).
Gennaio 1968 – giugno 1969: consulenza al Liceo mus. “V. Gianferrari”
di Trento.
1972 – 1974
Riva del Garda (TN)
Conservatorio “Monteverdi” – Bolzano (pendolare). Reincarico vicedirezione Riva del Garda fino al ’73. Proseguimento collaborazione concorso “Busoni”.
1974 – 1975
Bolzano
Conservatorio “Monteverdi” e collaborazione concorso “Busoni”.
1975 – 1988
Riva del Garda (TN)
Conservatorio di Brescia (1975-76; pendolare). Conservatorio di Riva
del Garda (Sezione staccata, 1976-88), con incarico di Fiduciario dal
1982 al 1988. Cofondatore “Musica Riva” (1983). Consulente Scuola
380
A Musicall Banquet
musicale civica. Collaboratore Federazione cori del Trentino (dal 1982).
1988 – ?
Caldaro (BZ)
Conservatorio “Monteverdi” – Bolzano (fino al 30.X.1991).
Collaboratore Orchestra “Haydn” (1988-91). Consulenze a Riva del
Garda fino al 1996. Collaboratore Federazione cori del Trentino (dal
1996 solo per l’editoria). Cofondatore “Concorso corale internazionale”
(Associazione) di Riva del Garda (1991).
Collaboratore, per tre anni, della Federazione Cori della Provincia di
Bolzano (di lingua italiana). Cofondatore (1994) e primo presidente
IABiMus (Istituto Atesino di Bibliografia Musicale). Collaboratore per
la prima edizione del “Concorso europeo di canto popolare”, come
membro della Commissione artistica (Bolzano, 1999-2000).
Scritti di carattere locale.
381
A Musicall Banquet
ILLUSTRAZIONI
numerate
1
2
3
Siena, settembre 1964 (Collezione Dardo).
Archivio Enrico Eccher, Dermulo (TN).
Foto Excelsior, Bolzano. - Archivio Enrico Eccher,
Dermulo (TN) .
4 Frammento della prima pagina della “Sonatina
Folcloristica” di E. Michelotti, dedicata “Al M° Renato
Dionisi” (Edizioni R. MAURRI, Firenze, 1965).
5 Foto Loprieno/Illustrazione Italiana (da “Piano Time”
n. 115).
6 Da “Roveretani in controluce / 73 profili e caricature”,
di Talieno Manfrini - Mario Miorelli, Manfrini
Editori, Calliano, 1992, p. 207 (non num.).
7 Fondazione Coro della SAT, Trento. - 1997 APPASSIONATO AG/CH. 4310 Rheinfelden (Suisse).
8 Edizioni Paoline - Albano (Roma) SR 30.74.
9 Foto riprodotta all’inizio del libro edito per il 60° compleanno (Firenze, Olschki, 1966), passato come 4°
volume in “Collectanea Historiae Musicae”.
10 Nuove edizioni Milano – Ufficio stampa del Festival
pianistico internazionale “A. Benedetti Michelangeli”
1968.
382
A Musicall Banquet
11 Lettera di L. Feininger: la crocetta nella sesta riga del
dattiloscritto richiama una nota marginale, non riprodotta: “o anche più tardi della metà”.
12 Dipinto del “Maestro della Leggenda di S. Lucia”
(Fondazione Kress).
13 Foto da “Piano Time” n. 126.
14 “Tra la la”, canto romeno per coro maschile, con dedica
(ottobre 1997).
15 31 agosto 1958, per la XIX Esposizione Internazionale
d’Arte Cinematografica.
16 Dal “Journal pour rire”, 1850.
17 Fotocolor F.lli Biatel, 21 gennaio 1961 (Collezione
Dardo).
18 RCA/ND 75119 - 1991 BMG Ariola S.p.A. - Foto di
Flavio Faganello / Grafica: Mario Scardala.
19 L’Adige, 23 maggio 1971, p. 11 (Riva del Garda Arco).
20 Jesolo, 1° luglio 1992 (Collezione Dardo).
21 Da sinistra: Neumüller, Pelischek (in piedi), Aprea,
Magaloff, Wührer, Cambissa, Vidusso, Rogers,
Silvestri, Rauch. Dietro: Dardo. Foto Egidio
Casagrande, Bolzano (Collezione Dardo).
22 Foto G. Pompanin (Collezione Dardo).
23 Fotocolor F.lli Biatel - Riva del Garda.
24 Foto Carlo Armani - Riva del Garda.
383
25 Fotocolor F.lli Biatel - Riva del Garda.
26 Agenzia fotografica ESPRESS SERVICE - Roma.
27 “L’Arcivescovo mentre consegna i diplomi”: “L’Adige” di
venerdì 5 dicembre 1958, p. 5. La pubblicazione della
foto con la presenza di G. L. Dardo fu puramente casuale.
NOTA - Le illustrazioni non numerate sono reperibili nella
Collezione Dardo.
A Musicall Banquet
INDICE
Praefatio
pag. 7
Avvertenze
pag. 15
Elenco delle testate e istituzioni citate in
forma abbreviata
pag. 16
Parte prima
...et absentes, adsunt
pag. 17
Parte seconda
Celebrazioni e avvenimenti
pag. 153
Parte terza
«Satura»
pag. 201
Parte quarta
«K 522»
pag. 251
Appendice
pag. 283
Congedo
pag. 379
Quadro delle residenze
pag. 380
Indice delle illustrazioni numerate
pag. 382
385
Cordofono a pizzico del sec. XVII (liuto attiorbato), appartenente alla
Collezione privata di strumenti musicali di Carel van Leeuwen Boomkamp di
Bussum, presso Amsterdam, ora nel Museo Municipale dell’Aia.
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