n. 28 - gennaio-aprile 2009 Rivista quadrimestrale della FENIARCO Spedizione in A.P. - art. 2 comma 20/c - legge 662/96 - dci Pordenone - in caso di mancato recapito inviare al CPO di Pordenone per la restituzione al mittente previo pagamento resi Federazione Nazionale Italiana Associazioni Regionali Corali Dossier La produzione discografica compositore vic nees la forma musicale cos’è e a cosa serve TORINO 2012 Il sogno, la sfida Voci & tradizione nuova collana feniarco Pronti, attenti, via! arriva la nuova choraliter n. 28 - gennaio-aprile 2009 Rivista quadrimestrale della Fe.N.I.A.R.Co. Federazione Nazionale Italiana Associazioni Regionali Corali Presidente: Sante Fornasier Direttore responsabile: Sandro Bergamo Comitato di redazione: Efisio Blanc, Walter Marzilli, Giorgio Morandi, Puccio Pucci, Mauro Zuccante Segretario di redazione: Pier Filippo Rendina Hanno collaborato: Maria Dal Bianco, Renato Campajola, Mario Bertodo, Luca Ricci, Marco Rossi, Carlo Tommasi, Piero Caraba, Carlo Pedini, Lapo Giambono Redazione: via Altan 39, 33078 San Vito al Tagliamento Pn tel. 0434 876724 - fax 0434 877554 [email protected] In copertina: Alpe Adria Cantat 2008 (foto Renato Bianchini) Progetto grafico e impaginazione: Interattiva, Spilimbergo Pn Stampa: Areagrafica, Meduno Pn Associato all’Uspi Unione Stampa Periodica Italiana ISSN 2035-4851 Spedizione in A.P. - art. 2 comma 20/c legge 662/96 dci Pordenone Autorizzazione Tribunale di Pordenone del 25.01.2000 n° 460 Reg. periodici Abbonamento annuale: 25 € 5 abbonamenti: 100 € c.c.p. 11139599 Feniarco - Via Altan 39 33078 San Vito al Tagliamento Pn Editoriale È con qualche trepidazione che licenziamo questo 28° numero di Choraliter, il primo della nuova serie. Ci lasciamo alle spalle ventisette numeri, nove anni di lavoro, per intraprendere un percorso in parte diverso. Non è un semplice rinnovamento grafico, ma una nuova impostazione che vogliamo dare alla nostra rivista. C’è continuità con quanto abbiamo fin qui proposto, ed è per questo che manteniamo non solo il nome della nostra testata, ma anche la numerazione. Ma al tempo stesso si apre una nuova fase, per Choraliter e per Feniarco. Fino ad oggi si è trattato di rafforzare l’associazione dei cori italiani, dotarla di mezzi e strutture, farne un riferimento per tutti gli attori della coralità, un interlocutore affidabile per le istituzioni. Choraliter è stata al servizio di quest’opera di rafforzamento della coralità italiana e attraverso i suoi quadrimestrali dossier ha dato conto dei temi che hanno segnato questi anni. Oggi che su questo percorso si è fatta molta strada, la nostra rivista può guardare oltre e diventare non solo la voce delle associazioni corali, ma dialogare direttamente con i cantori, i direttori e quanti altri sono interessati al canto corale come elemento importante della nostra cultura musicale. Girava un Decalogo del corista, qualche tempo fa, dal quale si potevano ricavare queste norme: IV. il buon corista desidera essere il migliore V. il buon corista non crede di essere il migliore È questa capacità di coniugare l’ambizione all’umiltà attraverso l’impegno a fare della pratica corale un’esperienza valida sul piano culturale e su quello civile. Di questa idea alta, non mero passatempo ricreativo, della coralità, Choraliter vuole essere l’interprete. A quanti vivono con questo spirito la loro pratica corale, siano essi cantori, direttori, compositori, Choraliter vuole rivolgersi. Ad essi chiede di essere sostenuta. E sullo sfondo intravediamo uno spazio ancora più ampio, quello di chi non canta in un coro, ma ama la musica e non trova a sufficienza fonti cui attingere la musica corale, e forse nemmeno sa cosa si perde. Anche a questi ci dovremo prima o poi rivolgere, per dare anche in Italia, quello spazio che la musica corale ha nelle altre culture europee e che la coralità italiana si merita. Con più spazio alla musica, con più informazione sugli avvenimenti, col cd che annualmente allegheremo, con un magazine come Italiacori.it il cui primo numero è da poco arrivato ai lettori di Choraliter, e che si accompagnerà, quadrimestralmente, alla nostra rivista, completandone e arricchendone l’informazione, con una serie di pubblicazioni, di cui il promo allegato allo scorso numero è una significativa testimonianza, quello che Feniarco propone è un progetto editoriale completo per la musica corale italiana. Completo e coraggioso, perché in un momento difficile, che talvolta costringe anche il nostro mondo corale a segnare il passo (la sospensione del concorso di Vittorio Veneto ne è un esempio) Feniarco decide di non aspettare momenti migliori, ma di investire subito. La coralità italiana lo merita e di questa coralità l’Italia ha bisogno. Sandro Bergamo direttore responsabile n. 28 - gennaio-aprile 2009 Rivista quadrimestrale della FENIARCO Federazione Nazionale Italiana Associazioni Regionali Corali DossieR La produzione discografica 2 Pubblicare un cd Cui prodest? Mauro Zuccante 5 Il progetto musicale di un’incisione Riflessioni a voce alta Maria Dal Bianco 7 Dalla registrazione alla stampa Renato Campajola e Mario Bertodo 11 La scelta della location nella ripresa audio della musica corale 36 Europa Cantat Torino 2012 14 Gli armonici, l’irraggiamento, l’acustica corale Harald Jers 16 Compact disc Castel San Pietro Terme, bologna Giorgio Morandi 44 Voci & Tradizione Nuova collana Feniarco Lapo Giambono e Sandro Bergamo Cronaca preparazione del libretto Marco Rossi 20 Cori e dvd video Il sogno, la sfida Pier Filippo Rendina 40 un primo bilancio… sociale 42 Assemblea Feniarco Luca Ricci Attività dell’Associazione la musica da vedere Mauro Zuccante 46 Lo “stato dell’arte” della coralità italiana Dossier compositore Vic Nees 22 La tradizione come modello intervista a Vic Nees Efisio Blanc 28 La sostenibile leggerezza di Vic Nees un’analisi dai seven madrigals Nova et vetera Carlo Tommasi 32 La forma musicale cos’è, a cosa serve Piero Caraba e Carlo Pedini intervista a giancarlo comar Sandro Bergamo 48 Notizie dalle regioni Rubriche 52 Discografia 54 Scaffale 58 Mondocoro INDICE Pubblicare un cd pubblic cui prodest? di Mauro Zuccante Scagli la prima pietra colui che non ha già provveduto a pubblicare un cd audio, o non ci ha fatto su un pensierino! C’è forse ancora in giro qualcuno che la pensa come Sergiu Celibidache? È noto che il grande direttore d’orchestra romeno rifiutò di effettuare registrazioni, perché riteneva che la musica (“pensata per essere tramandata a mezzo di scrittura”), innanzi tutto fosse incompatibile con il supporto fonografico; e inoltre che, per sua stessa natura, la musica prevedeva che l’esecutore e lo spettatore condividessero lo stesso spazio. Insomma, Celibidache non intendeva rinunciare all’hic et nunc; al tempo e allo spazio in cui si compie l’evento musicale, nella sua originalità, irripetibilità, unità e autenticità. Ricordate l’intuizione di Walter Benjamin? Egli ne L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica sosteneva il dossIER concetto di “aura”. Un concetto in base al quale un’opera d’arte – a esempio un quadro – prima dell’avvento dei mezzi di riproduzione era un pezzo unico e originale (non prodotto in serie); un pezzo autentico, ossia esso era irripetibile e destinato a un godimento estetico esclusivo nel luogo in cui si trova. Eppure, sarà il cd un segno della decadenza dell’esperienza estetica, ma esso rappresenta oggi un veicolo di divulgazione della musica, a cui non si 3 Ben diversi sono, invece, gli esiti dall’ascolto di un cd al quale fa seguito un giudizio favorevole. Lo apprezzo pubblicamente, lo consiglio volentieri a un amico, cerco l’occasione buona per verificare, dal vivo, musiche ed esecutori che mi hanno convinto su cd. A questo proposito, però, le sorprese non mancano. Il maquillage di un abile tecnico del suono potrebbe mascherare vizi e difetti degli interpreti e delle musiche e potrebbe abbagliarci con virtù virtuali. Un disco interessante nei contenuti, convincente nell’esecuzione e accattivante nella presa del suono, aiuta. Eccome! rinuncia facilmente. Pertanto, prima o poi anche i cori amatoriali s’imbarcano nell’impresa di esibire le loro prestazioni, registrandole su supporto digitale prodotto in proprio, o per conto di un editore. Le nuove tecnologie, infatti, e il conseguente abbattimento dei costi, offrono a tutti l’opportunità di confezionare un prodotto smerciabile; cosa, in passato, riservata a pochi, bravi e fortunati. Posso supporre che la motivazione primaria che persuade un direttore di coro a intraprendere la realizzazione di un cd audio sia quella di avviare un’opera di promozione. Intendiamoci, non è detto che questa sia l’unica motivazione. In subordine possono esserci altre valide intenzioni. Proviamo a elencarne qualcuna. Lasciare una testimonianza concreta e duratura del proprio operato; valorizzare un progetto musicale, che si ritiene interessante; fissare un traguardo di lavoro per il proprio gruppo, al fine di stimolarne i progressi tecnici e la crescita artistica; celebrare un anniversario o un evento che si reputano meritevoli; fissare su un supporto duraturo una live performance memorabile. Infine (perché no?), introitare qualche utile risorsa economica. Ma, essendo per sua natura il cd un mezzo di divulgazione su larga scala della musica, rimane prioritario lo scopo di utilizzarlo come strumento di promozione. Perciò, al termine dell’ascolto del cd di un coro (che mi sono procurato o che mi è stato gentilmente donato), mi chiedo se quel manufatto raggiunge l’obiettivo della promozione. Intendo per promozione un attestato di stima nei confronti di chi l’ha prodotto. Ahimè, spesso il riscontro non è positivo. Ciò mi accade dopo l’ascolto di un cd poco convincente sul piano dell’esecuzione, insignificante nei contenuti proposti e sgradevole come qualità di suono. Esso mi lascia un’impressione sfavorevole su autori e interpreti, da provocare in me l’insorgere di un pregiudizio difficile da cancellare nel tempo. Quante volte (soprattutto nella musica pop e rock) siamo stati colti da delusione, dopo l’ascolto di un brano eseguito dal vivo, di cui avevamo apprezzato la registrazione su disco! Ricordo che i Queen, quando eseguivano nel corso dei concerti la loro Bohemian Rhapsody, dovevano ricorre alla base registrata, in quanto non erano in grado di riprodurre il gioco di voci che in studio era stato ottenuto con le sovraincisioni. In questo caso, con buona pace di Sergiu Celibidache, il valore del brano sta tutto nella versione registrata su cd. Altrimenti, comunque, è innegabile che un cd ben costruito facilita nel farsi conoscere, apprezzare, contattare e, nei casi più eclatanti, aiuta a ottenere un largo successo. Tra le altre, penso alla vicenda di Arvo Pärt. Bravura, genialità, clima culturale favorevole, caduta del muro di Berlino stanno alla base del successo, largamente condiviso, del compositore estone. Ma ha giovato alla sua fama (e non da ultimo fattore) il fortunato incontro con Paul Hillier e Manfred Eicher (patron della celebre Ecm). icare Hilliard Ensemble 4 la seconda spesso non c’è il fonico ad ascoltare il risultato». Con sincera onestà i coniugi Pärt riconoscono i vantaggi ricevuti da un’edizione discografica di alto livello. E nell’ambito più strettamente corale? Ebbene, anche qui gli esempi non mancano. Leggete cosa racconta Luigi Dallapiccola: «Un giorno d’estate, al lago di San Cristoforo, un grammofono viene messo in azione. Un tango, un fox, un altro tango. Dischi vecchi, di nessun interesse. Sdraiato al sole ascolto e non ascolto quella specie di musica. A un tratto mi scuoto. Un coro fermo e solenne mi obbliga a una maggiore attenzione. Mi sembra di conoscere questa musica di stampo popolano, così pura nell’invenzione melodica, così semplice nell’armonia. Ma oggi mi sembra quasi trasfigurata. Il canto continua. Una strofa, la terza, la quarta non so, viene attaccata con un improvviso “più lento e pianissimo” di effetto stupendo. […] non mi restava altro che informarmi del titolo del pezzo. “Il testamento del capitano, mi fu risposto, cantato dal Coro della SAT di Trento”. Poche settimane più tardi ho conosciuto di persona i fratelli Pedrotti, i fotografi-cantori, il nucleo fondamentale dell’ottimo coro». In sostanza, galeotto fu quel disco, per l’incontro tra il Coro della SAT e il celebre musicista istriano. Una circostanza di riferimento per tutti i cori. Un disco, purché sia interessante nei contenuti, convincente nell’esecuzione musicale (ricordate le melodie “popolane” e il “pianissimo” che hanno catturato l’attenzione di Dallapiccola) e accattivante nella presa del suono, aiuta. Eccome! Concludo con le parole di Igor Stravinsky (uno che in materia di registrazioni su Walter Benjamin___________________________ disco a fine promozionale, aveva ben poco da L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica imparare): «Le incisioni Einaudi, Torino 2000 fonografiche? Quando penso che un disco o un La Gioconda su un foulard o l’incisione di un concerto di Ravel diretto dall’autore nastro magnetico di una stesso e ogni giorno riascoltabile sono due esemplificazioni di quel fenomeno nuova composizione che Benjamin definisce la “perdita dell’aura” nell’epoca della riproducibilità musicale può avere un tecnica dell’opera d’arte, ossia la perdita del “qui e ora” magico e unico che si potere (un’influenza) fonde con la creazione artistica e la contraddistingue. Nel chiuso di superiore di parecchie un’automobile, a esempio, mediante un mangianastri si può ascoltare quel migliaia di volte a quello di concerto di Ravel al di fuori della sua unicità spazio-temporale, oggettivandolo e un’esecuzione dal vivo, spersonificandolo. Nondimeno, la perdita del carisma insito nell’opera d’arte, quel disco o quel nastro “unica” eppure riprodotta, non è deplorata da Benjamin con quell’atteggiamento diventano oggetti aristocratico che contraddistingue alcuni esponenti della Scuola di Francoforte. veramente terrificanti». Egli collega infatti la “perdita dell’aura” nella società contemporanea all’irruzione “Terrificanti”? Certamente, delle masse sulla scena e alla loro richiesta di beni culturali che è giocoforza se quelle incisioni sono diventino merce. La riproduzione dell’opera d’arte in “sede impropria” non ne malfatte. comporta una perdita di qualità, ma piuttosto una desacralizzazione, il che Raccontano Arvo e Nora Pärt a proposito dello Hilliard Ensemble: «Ricordo che quando assistemmo la prima volta alle registrazioni per la Bbc restammo senza parole: cantavano in un modo assolutamente stupendo e anche l’organista era molto bravo. Quinte e terze così pulite non le avevamo mai sentite. Ogni cosa era perfettamente a posto, intonazione, fraseggio, tutto era cantato con il piglio giusto. Ricordo che, dopo averli ascoltati, Arvo disse “Non ho nulla da aggiungere. È tutto perfetto”. Eravamo confusi fino alle lacrime, felicissimi di aver trovato gente adatta in tutto e per tutto a questa musica». E ancora, a proposito dell’editore discografico: «Eicher ha sempre lavorato in modo esemplare, spendendo tempo ed energie per ingaggiare buoni musicisti e per conferire a ogni registrazione uno speciale valore, che nasceva anche dall’accostare pezzi con una coerenza così profonda che finiva con il trasformare il disco in un’opera d’arte. Un’altra particolarità di questa casa discografica è che le vecchie registrazioni restano sempre in commercio. Come lei sa, con le grandi case discografiche le registrazioni durano qualche anno e poi vanno fuori catalogo. Il modo in cui venne effettuata la registrazione della Passione potrebbe valere come modello questo metodo di lavoro. Con lo Hilliard Ensemble la eseguimmo almeno venti o trenta volte prima di inciderla. Lei sa benissimo che anche con le migliori orchestre le cose vanno in modo completamente diverso: si fanno un paio di letture del pezzo nuovo e poi si passa direttamente alla registrazione. Quando si ha fortuna il direttore propone di farne un’altra versione, ma tra la prima e favorisce un’esperienza laica della cultura e ne sostituisce il valore rituale con un valore espositivo antiestetizzante. [Nota di copertina al volume] dossIER 5 Il progetto musicale di un’incisione Riflessioni a voce alta di Maria Dal Bianco che si apre sul passato, che può chiudere o riassumere un progetto durato alcuni anni, oppure una proiezione verso un nuovo percorso, una porta verso il futuro. Nel 1887, quando Emil Berliner inventò il disco, una sottile lamina di zinco di dodici centimetri ricoperta di cera sulla quale veniva tracciato un solco a spirale entro cui la puntina vibrava orizzontalmente, non immaginava l’evoluzione che sarebbe avvenuta nel giro di un secolo. Neppure l’anno successivo, quando fu messa a punto la tecnologia destinata a divenire la carta vincente del disco, ossia la duplicazione tramite una matrice plastica. Dal 1896, anno ufficiale di nascita del grammofono, l’evoluzione tecnica fu continua e con essa, parallelamente, si assistette all’ampliarsi delle possibilità esecutive offerte ai musicisti. L’invenzione della registrazione sonora ha dato nuove possibilità di fissare l’evento sonoro nel suo svolgersi, prima altrimenti consegnato inevitabilmente ai ricordi. È facile comprendere l’importanza della registrazione nel fissare la manifestazione artistica e poterne quindi usufruire poi in situazioni e con modalità differenti. L’incisione può dare anche grandi stimoli di approfondimento e di revisione critica di un’esecuzione, divenendo un potente strumento di crescita. Ma quali scelte percorrere per fissare le immagini sonore della propria creatività musicale? E per propria intendo tutto il fermento creativo che vive insieme a noi l’esperienza musicale e corale. Il pensiero di chiudere in un cofanetto le intenzioni interpretative e realizzare un progetto discografico, fa sentire ulteriormente l’importanza e le responsabilità del progetto. Una parte della storia di una formazione corale può essere riassunta in una serie di documenti sonori. Si tratta quindi di un’esperienza, una finestra La monografia Una buona parte delle incisioni disponibili è costituita da monografie. Spesso ispirate ad autori o a periodi storici ben individuati, presuppongono in genere uno studio e un approfondimento specifici: la scelta dell’autore, del repertorio, la valutazione critica delle edizioni musicali disponibili, un’oculata scelta dell’organico, vocale e strumentale, l’interpretazione alla luce degli orientamenti esecutivi sempre più analitici e specialistici. Un approccio filologico, in presenza di musica composta per essere eseguita in ambienti ben definiti, suggerisce inoltre l’opportunità di individuare ambienti acusticamente idonei, in modo da ricreare, nei limiti del possibile, le sonorità e l’acustica originali. La scelta monografica è spesso suggerita dal produttore, perché obbedisce a logiche commerciali ben precise. Alcune etichette sono specializzate in musica di un determinato periodo storico, altre a esempio in autori minori, nel lodevole intento di proporre degli inediti. Dal concerto al cd, dal cd al concerto A partire dal 1979, comparve un supporto audio digitale destinato al grande pubblico: il compact disc, frutto di ricerche condotte dalla Philips già dalla fine degli anni Cinquanta. L’avvento del compact disc ha consentito di estendere oramai fino a ottanta minuti la durata della registrazione su un unico supporto, aprendo nuove possibilità e un diverso approccio alla produzione discografica. Il cd diventa antefatto o documento dell’evento concertistico. Alcuni gruppi professionistici pianificano annualmente la propria attività concertistica, su uno o due programmi di base che propongono anche in versione cd. Penso a grandi nomi conosciuti e spesso citati: Tallis Scholars, King’s Singers, Hilliard Ensemble. Da subito hanno imboccato questo percorso. Quali scelte percorrere per fissare le immagini sonore della propria creatività musicale? 6 Il cd audio______ Il Compact Disc Digital Audio, acronimo CDDA, comunemente abbreviato in cd audio, è uno standard di registrazione audio digitale su compact disc, il supporto di memoria removibile attualmente più utilizzato. Lo standard è stato creato dalla Sony congiuntamente alla Philips e rilasciato nel 1979, anno in cui è iniziata la commercializzazione dei primi cd audio. Il cd audio è stato la prima applicazione pratica implementata per il compact disc da cui sono derivati tutti gli altri suoi formati e utilizzi. La struttura fisica del disco e i protocolli di memorizzazione dei dati sono descritte nel cosiddetto red book (termine inglese che tradotto letteralmente significa “libro rosso”). Tali specifiche tecniche prevedono una capacità massima di 747 MB e audio stereofonico LPCM campionato a 44,1 kHz con campioni di 16 bit, quindi, tenendo conto dello spazio occupato per la correzione d’errore, una capacità massima di registrazione di 74 minuti. Il cd audio è nato come formato di compact disc prestampato (quindi come memoria a sola lettura) destinato all’industria multimediale per la commercializzazione di contenuti sonori, in particolare dall’industria discografica per la commercializzazione di musica. In tali settori merceologici è stato inizialmente concorrente del disco in vinile soppiantandolo quasi completamente nel giro di una decina d’anni. Tutt’oggi rappresenta il supporto audio più utilizzato in tali settori. Con la nascita del cd-r, nel 1988, e del cd-rw, nel 1997, è diventato anche uno dei formati di registrazione più utilizzati nell’home audio soppiantando in particolare la compact cassette sempre nel giro di una decina d’anni. Il titolo del cd diviene il titolo del concerto: Codex Specialnik, Officium, fino al più recente Arkhangelos, per citarne solo alcuni esempi. Ma ci sono anche validissimi gruppi italiani che hanno adottato questo stesso modello. Con i 45-50 minuti del vinile sarebbe stato piuttosto difficile. La finalità commerciale è sottilmente presente. Si sfrutta il meccanismo per cui chi assiste a un evento musicale emozionante è portato tendenzialmente ad acquistare qualcosa che gli faccia rivivere l’emozione vissuta. Funzionano un po’ così anche i bookshop dei musei. Esco da un concerto che mi è piaciuto, trovo il cd con quello che ho appena ascoltato, lo prendo. Occorre tuttavia saper muovere la leva emotiva, altrimenti i cd rimangono sul tavolino. Il linguaggio e lo stile A volte invece sono il linguaggio, la tecnica compositiva o lo stile, che diventano temi ispiratori di una produzione discografica. Penso, a esempio, alla spazialità oppure alla modalità. In questi casi si possono ottenere interessantissimi risultati recuperando, a esempio, la letteratura medievale e rinascimentale, il novecento e il contemporaneo. Il filo conduttore unisce periodi molto diversi e crea interessanti parallelismi fra composizioni e opere apparentemente molto lontane tra loro. Ne gioirà l’ascoltatore non particolarmente incline alle raccolte monotematiche. Musica e testo letterario Un interessante taglio che anch’io, col mio gruppo, sto considerando con interesse, riguarda il tema, come dire, “letterario”. Prevalente diventa, in questo caso, il peso dei testi e gli elementi letterari che li hanno ispirati (la luce, le tenebre, la sera, la natura, una determinata area geografica, ecc.). Esistono in circolazione degli esempi molto ben riusciti di programmi basati su quest’impostazione. L’aspetto interessante è la possibilità di spaziare tra repertori anche molto diversi tra loro, epoche storiche, stili e generi musicali. Tra l’altro è possibile realizzare raccolte con brani sacri e profani, operazione che non sempre risulta agevole. Il risultato può essere vario e di piacevole ascolto. C’è però un limite. Il trasferimento in concerto del progetto può essere a volte problematico, a causa della difficoltà di conciliare i diversi repertori con le caratteristiche e il contesto degli spazi esecutivi (teatri, chiese, auditorium, ville ecc.). Una testimonianza sonora È successo in più di un’occasione che alcuni compositori abbiano chiesto la nostra collaborazione per la realizzazione di antologie, opere monografiche, raccolte di elaborazioni e armonizzazioni. Uno di loro, un giorno, mi confidò: «Per me è arrivato il momento di guardare al passato e di fissare alcune fasi del mio percorso. Sto chiedendo ai miei amici musicisti di contribuire, con me, a realizzare questa sorta di bilancio della mia vita musicale, registrando alcuni miei lavori». Abbiamo aderito al progetto, così come altri gruppi. L’effetto finale è risultato molto suggestivo: la voce dell’autore testimoniava direttamente sul suo percorso artistico e gli esecutori si alternavano proponendone i brani che ne avevano segnato le tappe. Il documento sonoro diventava non solo un’antologia retrospettiva, ma una testimonianza viva e diretta dell’autore, della propria evoluzione artistica. Ulteriori possibilità di ricerca e di sperimentazione per programmi inediti saranno offerte sicuramente dalle nuove tecnologie che stanno avanzando. La registrazione multicanale (multichannel audio 5.1, 6.1, 7.1), a esempio, è in grado di restituire un’immagine sonora molto vicina all’evento esecutivo. Permetterà di percepire i movimenti degli esecutori, con le caratteristiche e le dimensioni dello spazio. Voci parlate, cantate e suoni, potranno essere restituite all’ascoltatore, nell’originale spazializzazione. Credo, tuttavia, che un’incisione debba rimanere una fotografia reale, anche con tutti i limiti esecutivi. Solo così può essere di fondamentale importanza per comprendere il presente di una realtà corale, per rileggerne il passato e per testimoniarne un percorso evolutivo. Unico rischio è che le grandi possibilità offerte dall’attuale tecnologia possano in qualche modo prevalere sull’autenticità del documento sonoro. In ogni caso, riascoltarsi, rievoca le emozioni del passato, fa riscoprire la vibrazione dei suoni di un tempo lontano, ma sempre vicino perché ti appartiene. r dalla registrazione alla stampa regis di Renato Campajola e Mario Bertodo (SMC Records) La produzione di un cd di musica corale, sia classica sia popolare, è un lavoro molto interessante per chi si occupa di registrazione perché richiede di affrontare una serie di problemi complessi, ai quali bisogna dare una soluzione armonica per ottenere un prodotto valido sia dal punto artistico-musicale che tecnico. In queste pagine cercheremo di presentare le nostre modalità di lavoro che rappresentano il frutto di un’esperienza, ormai più che trentennale, nella registrazione di musiche corali. Per maggiore chiarezza affronteremo separatamente le fasi che portano alla realizzazione di un cd. La scelta della location Quando ci viene richiesta la produzione di un cd di coro, il primo problema che ci poniamo è la scelta del luogo sede delle registrazioni: è una decisione importante, spesso sottovalutata, che caratterizzerà in modo irreversibile le caratteristiche sonore del prodotto finito. Oggi è piuttosto diffusa la convinzione che sia possibile registrare praticamente ovunque “tanto poi col computer si aggiusta tutto”: questa affermazione, se può essere in parte vera per altre fasi della realizzazione, non è applicabile al momento della ripresa sonora. Solo registrando in un ambiente che sia acusticamente “confortevole” e con una disposizione fisica che metta a proprio 8 fra le sezioni del coro, per rimediare ai piccoli sbilanciamenti che, talvolta, si verificano durante l’esecuzione. Pur senza entrare in particolari tecnici circa il calcolo delle posizioni dei microfoni, ci pare interessante sottolineare l’importanza della scelta del tipo di microfoni da utilizzare: noi riteniamo fondamentale usare microfoni a condensatore con diaframma da 1/2 pollice, aventi diagrammi polari molto regolari in funzione della frequenza, per ottenere il minimo delle “colorazioni” sui suoni laterali che, in una ripresa di questo tipo, costituiscono la maggioranza del campo sonoro. agio il coro, sarà possibile ottenere la miglior resa dai coristi e quindi un risultato musicalmente apprezzabile. Per quanto attiene agli aspetti più tecnici della registrazione è certamente preferibile lavorare in ambienti grandi (non meno di 300 metri quadri), con pareti sufficientemente lontane dai coristi e soffitto alto almeno 6 metri: questo consente di sfruttare appieno l’acustica ambientale per ottenere un’immagine stereofonica gradevole e naturale. I piccoli ambienti, poiché creano riflessioni temporalmente molto vicine, caratterizzano la registrazione con un suono “da stanza” che non è solitamente piacevole e che, soprattutto, non è possibile eliminare anche cercando di mascherarlo con aggiunta di riverberi digitali. Lavorando in Italia praticamente nessuno studio dispone di sale di ripresa di dimensione adeguate e, vista la carenza di auditorium e teatri acusticamente ben progettati ed economicamente accessibili, la soluzione migliore è scegliere una chiesa non troppo grande, silenziosa e non esageratamente riverberante (dai 2 ai 4 secondi di tempo di riverberazione). Un’ultima interessante considerazione riguarda proprio una caratteristica del riverbero: se si ascolta attentamente la coda di riverberazione, in molte chiese si potrà notare come questa sia calante rispetto al suono che l’ha generata. Registrare in queste condizioni aumenterà la difficoltà di mantenere stabile l’intonazione del coro. La tecnica di ripresa Se è possibile registrare in un luogo scelto accuratamente, la disposizione dei microfoni risulta molto semplificata a tutto vantaggio della qualità dell’immagine stereo ottenibile. Solitamente noi lavoriamo in multitraccia, con una coppia stereo che riprende il campo sonoro complessivo coadiuvata da 4-5 microfoni di prossimità. Questa tecnica consente di coniugare il realismo della ripresa stereo bi-microfonica, con una certa possibilità di variare in post produzione l’equilibrio La programmazione e la conduzione delle sedute di registrazione La programmazione delle sedute di registrazione è un altro elemento importante per la buona riuscita del lavoro. La maggior parte dei cori è formata da amatori che, spesso, cantano per imitazione la musica: questo fa sì che sia meglio registrare 4-5 brani per seduta di 3-4 ore, distanziando le sedute di 7-15 giorni così da consentire un ripasso in prova dei brani da incidere. Raramente registrazioni concentrate in 2-3 giorni hanno portato a risultati eccellenti, a meno di non lavorare con formazioni professionali. Anche la conduzione della registrazione è fondamentale per un buon risultato e la collaborazione tra maestro del coro e direttore della registrazione può consentire di ottenere il massimo dai coristi. Durante la registrazione noi seguiamo l’esecuzione sulla partitura, annotando i punti critici che, al termine di ciascun take, comunichiamo al maestro: decidiamo quindi se e cosa rifare di ciascun brano finché non si è ottenuto il risultato voluto. In questa fase è importante che il direttore della registrazione riesca ad avere un’idea ben precisa della qualità musicale ottenibile dalla formazione che si sta registrando: al meglio non c’è limite, ma ciascun coro ha un suo limite che, almeno al momento della registrazione, non è superabile. È pertanto inutile e controproducente cercare di superare questo limite con un numero esagerato di ripetizioni: la qualità non migliorerà ma si otterrà un affaticamento e una demotivazione degli esecutori. Molto spesso è utile ripetere solo una piccola parte del brano da registrare, per tale ragione è importante che il coro, durante le prove in preparazione della registrazione, si abitui a partire non solo dall’inizio del pezzo, ma anche da punti intermedi, ovviamente musicalmente ragionevoli. Un’ultima considerazione la dedichiamo agli strumenti utilizzati per fornire l’intonazione al coro: la nostra esperienza consiglia di impiegare una piccola tastiera elettronica, perché fornisce una scala cromatica con intonazione stabile. Strumenti come il “corista” ad ance non sempre sono affidabili come riferimento, poiché variano l’intonazione con la temperatura e l’intensità del soffio. L’uso del diapason, a meno di maestri con sensibilità eccezionale, porta ad avere differenze di parecchi cent fra le varie ripetizioni rendendo quindi indispensabile l’uso di pitch shifter durante il montaggio e complicando quindi non poco il lavoro di post produzione. dossIER La post produzione Al termine delle sedute di registrazione ci si ritrova con alcune ore di materiale registrato, suddiviso in molte decine di takes. Il primo lavoro da realizzare è la selezione del materiale registrato per costruire la versione definitiva: è un compito delicato dal quale dipende molto della qualità finale. Non si tratta infatti di eliminare semplicemente gli errori, ma di valutare anche le piccole differenze interpretative che sono sempre presenti tra le varie versioni: per tale ragione noi riteniamo che questo lavoro sia svolto al meglio dal maestro del coro. Se durante la registrazione si è lavorato con metodo e si sono segnate correttamente le varie versioni, non è un lavoro “terribile” ma richiede comunque 15-20 ore di attenti ascolti. Spesso ci si chiede se questa modalità di lavoro non porti a realizzare registrazioni “puzzle” senza una precisa linea musicale: la nostra esperienza ci dimostra che, se il coro è arrivato alla registrazione con una preparazione adeguata, le varie versioni differiscono di pochissimo l’una dall’altra sia come tempo sia come interpretazione. Dal punto di vista tecnico i migliori sistemi di montaggio digitale consentono di intervenire in ogni punto del brano: è possibile montare su note legate e congiungere takes aventi anche piccole differenze di volume di suono o di intonazione. Da qualche tempo sono anche disponibili software che consentono di variare in modo continuo e programmabile l’intonazione, risolvendo così il problema di congiungere fra loro versioni con bella interpretazione, ma con variazione dell’intonazione durante l’esecuzione. Se si utilizzano i migliori prodotti e si conoscono a fondo le possibilità che offrono e i loro limiti, l’impiego di questi mezzi tecnici è assolutamente “trasparente” e inudibile a lavoro finito. Ci sembra importante sottolineare che tutti gli aspetti musicaliinterpretativi non sono sostituibili dall’impiego di mezzi tecnici più sofisticati, ma restano totale appannaggio degli esecutori: la postproduzione consente solo di ottenere quella “esecuzione ideale” che si verifica talvolta nei concerti e che tutti sperano di poter inserire nel loro cd. Al termine del montaggio si procede con il missaggio definitivo delle tracce registrate; a questa operazione è importante far partecipare anche il maestro del coro, perché si potranno apportare quelle piccole correzioni nel bilanciamento fra le sezioni che possono sensibilmente migliorare il prodotto finito. Un discorso a parte lo merita la gestione della “dinamica” di una registrazione: è la fase definita mastering, l’ultima prima della stampa del cd. Oggi i sistemi di registrazione digitale consentono di catturare il suono nella sua interezza sia come gamma di frequenze che come gamma dinamica; purtroppo se le apparecchiature di registrazione professionale garantiscono dinamiche ampiamente superiori a quella del cd, le apparecchiature di riproduzione usate dalla maggior parte degli ascoltatori sono spesso di qualità inferiore a quelle in uso venti anni fa, molto inferiori alla qualità cd (nonostante le affermazioni della pubblicità). Sistemi mobili come i-pod, mp3 players, ascolto in auto e internet se da un lato hanno reso fruibile la musica in contesti una volta impensabili, ci hanno però abituato a una qualità di ascolto mediocre con dinamiche ridottissime. È una realtà con la quale bisogna confrontarsi: produrre un cd da “puristi” può renderlo “inascoltabile” dalla maggior parte degli utenti finali, fortunatamente anche qui ci vengono in aiuto i mezzi tecnici. Oggi è possibile ridurre significativamente la dinamica di una registrazione senza penalizzare la dinamica percepita, si può cioè diminuire il rapporto di 9 SMC Records______________ SMC è attiva, da oltre venticinque anni, nel settore discografico. Fondata da Renato Campajola come studio mobile di registrazione di musica acustica (classica e jazz) al massimo livello tecnologico e professionale, oggi è un’azienda di servizi discografici, punto di riferimento a livello nazionale. SMC collabora con le più importanti etichette discografiche, prestigiose riviste italiane di musica classica e jazz, enti, istituzioni e fondazioni. Inoltre produce e realizza numerosi progetti discografici per conto di aziende nazionali e internazionali che identificano nella musica un veicolo per qualificare la propria immagine. Lo studio SMC ha inciso oltre 800 compact disc di musica classica e jazz con famosi solisti, formazioni orchestrali e/o cameristiche italiane e straniere, artisti jazz internazionali. SMC ha prodotto cd e musicassette per prestigiosi cori polifonici, nonché numerose lavorazioni di remastering digitale di registrazioni etnomusicologiche. Ha registrato colonne sonore per campagne pubblicitarie di primarie aziende nazionali, sonorizzazioni per cd-rom a carattere culturale e musiche orchestrali per film e trasmissioni televisive. Dal 1992 collabora con Sony Dadc Austria, la più grande azienda europea per la produzione di supporti ottici e dal 2003 ne è diventata service partner per il supporto dei clienti e la commercializzazione dei suoi prodotti. www.smcrecords.eu 10 Il mastering_____ Il mastering è il processo fondamentale per creare il master di un album musicale partendo dalle tracce ottenute dopo il missaggio. Il master è quindi la copia dalla quale verranno stampate tutte le altre. Il mastering ha fondamentalmente due scopi: amalgamare i brani presenti su un album (a meno che non si tratti di un singolo brano) decidendone la scaletta, le pause tra i brani e uniformandone i volumi, la risposta in frequenza e l’immagine stereofonica; ottimizzare la resa sonora dei brani rispetto al supporto su cui verrà stampato l’album (cd, dvd, vinile o altro) facendo sì che il disco riesca a suonare al meglio su qualsiasi supporto venga riprodotto. Il mastering non sarebbe mai stato possibile senza l’invenzione del nastro magnetico prima, e del digitale poi. Queste due tecnologie hanno permesso l’editing dell’audio registrato successivamente alla registrazione, ovvero hanno dato vita alla postproduzione. Prima dell’invenzione del mixer e dei microfoni, i dischi venivano registrati mediante l’uso di un diaframma di cera che, posizionato nella sala ripresa, vibrando trasmetteva l’energia acustica a un tornitore posto in una stanza adiacente il quale scriveva in tempo reale l’esecuzione musicale creando direttamente il master. volume fra il piano e il forte senza che l’ascoltatore abbia la sensazione di un’esecuzione “piatta”; in questo la musica corale è anche avvantaggiata dal fatto che il piano e il forte, oltre che dalla pressione sonora, sono molto caratterizzati dalla differenza timbrica che si ha nei due casi. Se si interviene con apparecchiature adeguate, usate in modo tecnicamente e musicalmente accorto, è così possibile produrre cd che suonano bene su impianti eccellenti ma che sono ancora fruibili quando ascoltati su media di minore qualità, come in auto, via radio o internet. La produzione del cd Ultimo ma non meno importante passo è la replicazione del cd. La scelta di una copertina accattivante, una grafica accurata, pur non aggiungendo nulla al contenuto musicale, contribuiscono certamente a catturare l’attenzione del possibile acquirente. Un cd con un aspetto esterno “professionale” fa immaginare che anche la parte musicale sia stata curata nei dettagli per offrire un prodotto valido. Anche la scelta dello stabilimento di replicazione è importante: è assolutamente falso affermare che «i cd sono tutti uguali». Innanzi tutto esistono due metodi di replicazione: lo stampaggio e la masterizzazione su cd-r. La stampa è il metodo utilizzato in tutte le produzioni in grandi quantitativi e garantisce (se prodotto correttamente) affidabilità, durata e compatibilità con i diversi lettori. La masterizzazione su cd-r anche se ormai ha raggiunto qualità molto alte, mantiene comunque una certa incompatibilità con alcuni lettori; è anche fondamentale che il duplicatore utilizzi supporti di qualità (quindi di maggior costo): i cd-r più economici (prodotti con materiali scadenti) hanno spesso problemi di durata nel tempo e cd perfettamente funzionanti da nuovi divengono inservibili dopo solo 2-3 anni dalla produzione. Per esperienza diretta, possiamo affermare che cd o cd-r di qualità, dopo oltre dieci anni sono perfettamente funzionanti e con tassi d’errore paragonabili a quelli appena prodotti. Conclusioni L’autoproduzione di un disco è oggi molto diffusa fra i cori ma rappresenta pur sempre un notevole investimento di danaro ed energie; il mercato della registrazione offre un panorama molto variegato, non è raro trovare “tecnici” più o meno improvvisati che, a fronte di compensi bassi, offrono servizi scadenti. Con queste righe speriamo di aver fornito indicazioni utili ai cori che si accingono a realizzare una registrazione discografica. l de La scelta della location la sce della nella ripresa audio della musica corale di Luca Ricci Sto terminando in questi giorni il missaggio dell’oratorio Angela da Foligno del compositore e direttore d’orchestra umbro Carlo Pedini, da me registrato durante l’esecuzione in prima assoluta il 31 gennaio scorso in occasione dell’apertura della stagione concertistica degli Amici della Musica di Foligno (Pg). L’organico prevedeva: orchestra d’archi, tre flauti, arpa, organo positivo e percussioni, quattro voci recitanti, un coro gregoriano femminile, un gruppo vocale leggero, un coro lirico femminile e un grande coro misto (di circa 60 elementi). Il luogo più adatto per rappresentare e riprendere un opera così imponente (quasi 2 ore di musica) ci è sembrato l’Auditorium di San Domenico di Foligno, ricavato dalla ex chiesa omonima. La struttura, una navata unica di grandi dimensioni, vede il palco occupare il transetto con alle spalle uno spesso tendaggio a coprire l’abside e un soffitto mobile fatto di tralicci ricoperti da lenti acustiche in legno. Il segnale sul palco risulta uniformemente diffuso, cosa che in un organico così grande facilita il monitoring reciproco, con un tempo di riverberazione piuttosto corto e privo di colorazioni indotte dalla vicinanza di pareti e soffitto. L’area così trattata produce in sala un riverbero con attacco piuttosto ritardato, mentre le poltrone della sala (opportunamente progettate) garantiscono un assorbimento che ne limita la densità. Nel contesto in questione (l’oratorio) una microfonazione su 18 canali (più 4 in linea) atta a rendere le caratteristiche dell’auditorium funzionali alle varie sezioni dell’opera ha permesso di ottenere il seguente risultato: l’organico strumentale (organo escluso) collocato e ripreso al centro del palco, forniva un suono ben a fuoco, con tempi di riverberazione corti e spazi tra gli strumenti tali da poter ben separare ogni sezione in ciascuna delle tracce a essi dedicate. L’organo positivo posto appena al di fuori del perimetro coperto dal tetto a lenti acustiche sfruttava l’intera altezza della crociera, permettendo alle note più basse di svilupparsi per la lunghezza necessaria all’onda relativa e a tutti i registri di colorarsi di una riverberazione più simile a quella di una chiesa. Trattamento simile è stato riservato al gruppo gregoriano, posto per motivi di monitoring entro il perimetro del tetto mobile ma collocato in maniera tale da poter essere ripreso dalla sala; questo per miscelarne nei limiti del possibile il segnale diretto con quello riverberato dalla navata, al fine di avvicinarsi alle tipologie di ripresa standard del canto monodico cristiano. Il sestetto vocale leggero è stato ripreso con microfonazione ravvicinata anche se non chiusa, in maniera da ottenere una ripresa simile a quella ottenibile in uno studio di registrazione, luogo generalmente progettato per riprese in multisessione (tipologia di registrazione degli strumenti e/o voci “a turno”, allo scopo di costruire il brano traccia dopo traccia) e dunque caratterizzato da una acustica secca e scarna che 12 necessita di successivi consistenti trattamenti in termine di dinamica, di colore e di riverberazione. Microfonazione ravvicinata dicevo e non chiusa, per avvicinarsi “all’effetto presenza” che in genere caratterizza le riprese dei gruppi vocali leggeri, ma potendo pur sempre riverberarne il segnale con quanto fornito dall’ambiente e non successivamente mediante un processore digitale. Microfonazioni d’accento sulle sezioni infine per il coro lirico e il grande coro misto, che sommate alla presa panoramica di tutto l’insieme ha fornito un segnale in grado di dettagliare la condotta delle parti pur contestualizzando il tutto in un ambiente di grande dimensioni. Ho voluto iniziare questo articolo descrivendo una situazione di ripresa complessa, caratterizzata dalla presenza di diverse formazioni vocali che leggono contemporaneamente una partitura fatta di parti cucite addosso alle caratteristiche di ciascun coro. Per fortuna il mio lavoro è fatto anche di tipologie di ripresa meno impegnative (piazzare tutti quei canali, e smontare tutto alla fine della sessione non è mica uno scherzo!) Giro Giro Canto 2, il cd del coro di voci bianche La Corolla di Ascoli Piceno diretto dal maestro Mario Giorgi, edito da Feniarco, da me registrato nel 2006, è caratterizzato da un repertorio a cappella o con accompagnamento di strumentini piuttosto variegato; da semplici filastrocche a brani con effetti sonori vocali tipici della musica classica contemporanea, passando per brani polifonici fino a 5 voci. Ci sono poi i brani con pianoforte, e quelli con pianoforte e strumentini, fra cui flauti dolci solisti. Per una situazione così variegata dal punto di vista del repertorio i lunghi tempi di riverberazione di una chiesa avrebbero potuto inficiare la corretta lettura in sede di successivo ascolto delle parti spesso complesse e a volte molto delicate (gli effetti vocali quali sibili, schiocchi delle labbra. sussurrato ecc. sono sonorità critiche anche per voci mature). L’uso intensivo in molti brani di percussioni assai sonore in chiesa rischiava di produrre un rimbombo francamente inaccettabile, per non parlate del pianoforte, strumento il cui immenso repertorio romantico e novecentesco, solistico, orchestrale e cameristico ci porta ad associarne il suono a grandi sale da concerto, a teatri e perfino a salotti, ma non certo a una chiesa! La scelta della location è caduta così sul Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno. La tipologia acustica “teatro” è caratterizzata da tempi di riverberazione piuttosto corti, da una forma della struttura (a ferro di cavallo) e dai materiali impiegati (legno, stucchi, velluto) che limitano le fastidiose risonanze a bassa frequenza (il cosiddetto “rimbombo”). A seconda delle dimensioni dell’organico che richiede questo tipo di location per una ripresa audio si stabilisce anche di quali dimensioni del teatro si abbia bisogno. Per il cd della Schola Gregoriana Piergiorgio Righele, diretta da Tito Molisani, Altissima Luce edito nel 2008 da Bottega Discantica e contenente polifonia della scuola di Notre Dame, elaborazioni di brani tratti dal laudario di Cortona e brani di autori contemporanei, si è optato per la chiesa romanica di medie dimensioni annessa al convento di San Francesco in Penne, provincia di Pescara. La struttura a tre navate separate da colonne in pietra con sezione rotonda, garantisce una buona diffusione del suono. La chiesa conferisce alle voci un suono vellutato e bagnato da un riverbero morbido e mediamente denso, che è risultato adatto a uniformare il variegato repertorio del cd conservando l’equilibrio tra la leggibilità delle parti e la suggestione di un’ambientazione sacrocerimoniale. Trattandosi di un gruppo vocale femminile non abbiamo riscontrato problemi di risonanza a bassa frequenza, pericolo sempre in agguato nelle chiese di dimensioni medio/piccole. Diversa e per certi versi opposta la scelta effettuata per la registrazione del cd Ave Donna Santissima, del gruppo vocale femminile Armoniosoincanto di Perugia diretto da Franco Radicchia edito da Tactus nel 2007. Il repertorio era costituito da monodie e polifonie sacre tardo medievali provenienti dal territorio umbro e toscano, con presenza predominante di materiale musicale in uso presso confraternite laiche. Abbiamo effettuato una serie di sondaggi sonori su altrettante chiese di piccole dimensioni la cui costruzione risalisse al tardo medioevo, piccole strutture analoghe a quelle a cui spesso le confraternite facevano capo, piuttosto spoglie negli arredi, generalmente affrescate, strutturate in singole navate con soffitti relativamente bassi; elementi questi che in genere contribuiscono a un incremento della presenza di prime riflessioni, che conferiscono al suono una lieve asprezza, tipologia sonora che si ritrova spesso nelle ambientazioni dei cd di musica medievale. La scelta è caduta su due piccole chiese del territorio perugino, di cui una utilizzata per il repertorio a cappella, e l’altra per quello in cui erano previsti accompagnamenti strumentali costituiti da salterio, campanelle intonate, viella e flauto a becco. La chiesa in questione vede ricavata a fianco all’altare una cappella che è risultata utilissima per la collocazione degli strumenti che altrimenti rischiavano di coprire le voci. Per la ripresa di un coro accompagnato da un grande organo a canne la tipologia acustica “chiesa” diventa ovviamente una scelta obbligata, a meno di non affittare un auditorium provvisto di questo strumento; obbligo ulteriore è fornito dal tipo di strumento prescritto in partitura, e dal fatto che deve essere ospitato in una chiesa con caratteristiche adatte a valorizzare anche la musica vocale. La Basilica Inferiore di San Francesco in Assisi è stata la cornice perfetta per la registrazione della Missa Pro Defunctis di Domenico Stella, che proprio in questa sede fu maestro di cappella fino al 1956, anno della sua morte Il coro della Cappella Musicale della Papale Basilica di San Francesco d’Assisi, diretto da Giuseppe Magrino, disposto sul coro ligneo alle spalle dell’altare ha dato vita al cd edito da Cefa, contenente oltre al Requiem anche il ben noto Cantico delle Creature, dello stesso autore. In questo caso il lavoro del tecnico del suono dal “cercare un’ambientazione migliore possibile per la ripresa in questione” si trasforma in “documentare nel modo più fedele possibile un evento sonoro realizzato nell’ambiente dove e per il quale è stato concepito”. Accentate le sezioni del coro ho cercato in navata un dossIER punto di ripresa panoramico che soddisfacesse i seguenti requisiti: 1) fornire un suono d’insieme del coro; 2) documentare la riverberazione dell’ambiente così come lo percepiscono i fedeli seduti sulle panche della chiesa; 3) raccogliere il segnale dell’organo. Da notare che le canne dell’organo sono disposte dietro a tutto il perimetro del coro ligneo, la cui altezza sfiora le basse volte del soffitto le quali innescano un meccanismo di trasmissione del suono che è stato necessario studiare con cura. Oltre all’auditorium, alla chiesa e al teatro una tipologia acustica alla quale può capitare di ricorrere nella ripresa di repertori particolari quali a esempio quello madrigalistico è quella di una sala per ricevimenti di un palazzo rinascimentale o barocco, o di un salotto borghese ottocentesco per la musica vocale da camera, anche a volte la difficoltà a reperire location così particolari spinge a sostituirle rispettivamente con chiese e teatri. Molto spesso le registrazioni hanno luogo in location obbligate da motivi non propriamente legati al repertorio o all’organico, situazione frequentissima quando il cd da realizzare è ricavato dalle sessioni di prova e dal successivo concerto, che in genere ha luogo in sale utilizzate per questo scopo e vengono scelte dagli organizzatori dell’evento e non dai musicisti e dal tecnico del suono. Il risultato è che splendide cornici risultano spesso acusticamente inadatte, ma in qualche caso incredibilmente calzanti al contesto! Cito a caso dai ricordi di dieci anni di lavoro il recital dell’Oxford College nella Basilica di San Pietro a Perugia, la cui navata unica ricoperta di grandi tele è capace di una diffusione del suono capillare e di grande morbidezza. La cattedrale di Viterbo, una delle sedi storiche del Festival Barocco, la cui austerità delle sue tre navate è ampiamente compensata dal riverbero vellutato e dal nitore del suono diretto degli strumenti e delle voci, un luogo adattissimo alla ripresa di grandi partiture sacre sei e settecentesche. Ricordo in questa sede le registrazioni live davvero molto soddisfacenti della Messa in si minore di Bach, della Grande Messa in do minore di Mozart o del Radamisto di Haendel, solo per citarne alcune. Una bella sorpresa, acusticamente parlando, il santuario delle Clavature a Bologna, prestato a un Vespro della Beata Vergine di Monteverdi diretto da Andrew Lawrence King, lo splendido Teatro Coccia di Novara, dove Maurizio Boriolo diresse la sua monumentale opera Naufragus, per coro misto di oltre 100 elementi, soli e grande orchestra, e ancora il Requiem Tedesco di Brahms dell’Athestis Chorus diretto da Filippo Maria Bressan nel grande Salone dei Bronzi del Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria di Perugia. Altrettanto spesso vengo contattato da gruppi che desiderano realizzare un proprio cd e che hanno possibilità di accesso a un’unica location. In tal caso… si fa quel che si può per limitare i danni! Scherzi a parti è in realtà possibile mediante una microfonazione accorta effettuare riprese di qualunque organico in quasi ogni tipologia d’ambiente a patto di essere disposti a dei compromessi per quello che riguarda la contestualizzazione filologica della partitura in questione. Fin da quando svolgevo il mio apprendistato come tecnico del suono in seno al corso di musica elettronica del Conservatorio di Perugia, allora (erano i primi anni ’90) complementare al corso di composizione al quale ero iscritto, documentando l’attività dell’Orchestra Sinfonica dell’Umbria, sono convinto che un’ambientazione live sia acusticamente più adatta a ospitare una ripresa audio di musica classica, antica, barocca, romantica o contemporanea che sia, rispetto a uno studio di registrazione, i cui trattamenti acustici spesso impoveriscono e spersonalizzano il suono che poi spesso, nonostante pesanti procedimenti digitali, fatica a essere proponibile in una produzione discografica. Non c’è dubbio che un disco come un film sia una finzione, ma una finzione ben prodotta può risultare suggestiva e credibile grazie anche a un’ambientazione acustica scelta in base a criteri acustici e filologici. Altro ingrediente fondamentale, oltre alla buona preparazione dei musicisti, è la competenza del tecnico del suono, la qualità delle macchine da lui utilizzate e soprattutto l’amore con il quale si dedica questa attività, che nel mio caso considero di natura artistico/interpretativa prima ancora che tecnica. 13 Luca Ricci_________ Dopo aver conseguito la maturità classica Luca Ricci ha studiato composizione presso il conservatorio statale di musica F. Morlacchi di Perugia sotto la guida del maestro Stefano Bracci e in seno al corso di musica elettronica del maestro Luigi Ceccarelli ha partecipato alle registrazioni di vari concerti dell’Orchestra Sinfonica dell’Umbria diretta dal maestro Giuliano Silveri. A partire dal 1986 ha effettuato nel suo studio e in studio mobile registrazioni di demo per varie formazioni di musica classica, leggera e jazz, nonché proprie produzioni musicali acustiche ed elettroniche. Dal 1998 si occupa esclusivamente della registrazione di musica classica, evolvendo progressivamente il proprio parco macchine in quella direzione. 14 Gli armonici, l’irraggiamento, l’acustica corale di Harald Jers tratto da EC magazine 3/2008 Purtroppo, questo aspetto molto importante è spesso trascurato nelle prove a beneficio della ricerca di una migliore omogeneità. Si può tuttavia ottenere, grazie a questo processo, una brillantezza, una definizione di suono e una dizione inaspettate. Dov’è situata la posizione ideale di un cantore in un coro o del coro in una sala da concerto? Come rendere un coro più omogeneo, migliorandone l’intonazione? Nella maggior parte dei casi è l’esperienza personale o gli esperimenti pratici che permettono di rispondere a questo tipo di questione. Tuttavia, in certi casi, anche la soluzione così trovata si dimostra scorretta, o non conduce a un risultato soddisfacente. Le indicazioni basate sul mio lavoro di direttore qui di seguito presentate devono essere considerate a titolo di esempio. Si basano su ricerche di fisica acustica applicata al canto corale, che, una volta messe in pratica, hanno condotto a un miglioramento della qualità del coro. Irraggiamento del suono cantato Oltre alla qualità e al timbro della voce cantata, non bisogna dimenticare l’importanza della trasmissione del suono dal corista all’ascoltatore nella sala prove o in quella del concerto. Il principale responsabile di questa trasmissione è il modo col quale il suono parte dal cantore, in che direzione e con quale intensità si irradia. Questa caratteristica direzionale è una delle proprietà acustiche del cantore. L’irradiazione di ogni frequenza sarà deviata, riflessa e assorbita differentemente da labbra, naso, orecchie, testa, spalle e busto. I diagrammi a pagina seguente rappresentano il comportamento dell’irradiazione nell’immediata prossimità del cantore; il colore scuro indica una forte irradiazione, il colore chiaro un’irradiazione più debole. La direzione della freccia indica quella dello sguardo del cantore. L’esempio mostra il comportamento dell’irradiazione di tre parti del suono corrispondente allo spettro rappresentato qui sotto. Spettro sonoro della voce cantata Da un punto di vista acustico, un suono cantato è composto da un numero importante di suoni naturali di intensità diversa. Lo scarto presente tra questi suoni naturali determina l’altezza del suo prodotto. Il timbro è il risultato del comportamento di queste differenti intensità sonore tra loro. Qui, la zona delle frequenze situata tra i 2000 e i 4000 Hz gioca un ruolo particolarmente importante per la solidità della voce. Per l’elevata sensibilità dell’orecchio umano, questa zona – chiamata anche formante o formante del cantante – è decisiva: essa causa un aumento dell’intensità degli armonici intorno a queste frequenze. L’obbiettivo sarà allora quello di incoraggiare il sorgere delle formanti nei coristi e con questo migliorare la solidità del suono. Grafici qui sotto: spettro di una nota cantata (La, 200 Hz di frequenza di base) su una vocale “a” Suono di base (200Hz) L’irraggiamento è quasi sferico, questa parte del suono è inviata con la stessa intensità in tutte le direzioni. Ritroviamo lo stesso effetto nel subwoofer del nostro impianto ad alta E# 4VPOPEJCBTF E# 4VPOPEJCBTF "SNPOJDJ "SNPOJDJ E# 4VPOPEJCBTF 4VPOPEJCBTF 4FO[BGPSNBOUF "SNPOJDJ "SNPOJDJ 4FO[BGPSNBOUF EFMDBOUBOUF EFMDBOUBOUF E# 'SFRVFO[B)[ 'SFRVFO[B)[ 'PSNBOUFEFMDBOUBOUF 'PSNBOUFEFMDBOUBOUF )[ )[ BSNPOJDP BSNPOJDP BSNPOJDP BSNPOJDP 'SFRVFO[B)[ 'SFRVFO[B)[ DOSSIER SFRVFO[B)[ fedeltà: essendo sostanzialmente sferico il comportamento dei raggi sonori di bassa frequenza, la posizione della cassa subwoofer in una stanza è quasi senza importanza e poco importa la natura del suono. 15 Decimo armonico (2400 Hz) In questo grafico, il comportamento dei raggi è nettamente differente. Si riconosce un netto effetto direzionale verso la parte anteriore. La cosa più sorprendente è che questo irraggiamento principale non è diretto solo in avanti, ma leggermente verso i lati e in alto. L’irraggiamento verso il basso è nettamente più debole. Si riconosce questo effetto quando il suono della voce di un attore o di un cantante suona differentemente a seconda del lato che questi presenta all’ascoltatore. Quindicesimo armonico (3400 Hz) L’irraggiamento principale è in gran parte diretto in avanti, piuttosto verso il basso, anche qui con un irraggiamento laterale non trascurabile. Contro ogni attesa, l’irraggiamento dietro il cantore non è assente, è anzi in parte rinforzato. Il comportamento dell’irraggiamento qui rappresentato da tre suoni parziali si ritrova in tutte le parti dello spettro vocale. Secondo la potenza degli armonici, questo fenomeno caratterizza il suono d’insieme. Intorno alla formante tra i 2000 e i 3600 Hz, le direzioni dell’irraggiamento sono particolarmente distinte. Più la direzione dell’irraggiamento in avanti sarà presente, più la voce raggiungerà l’ascoltatore e il suono sarà pieno. Questo sottolinea ancora una volta il ruolo della formante nel cantante. I risultati qui rappresentati non sono senza importanza per la disposizione del coro in situazione di prove o di concerto. Durante l’8° Symposium Mondiale per la Musica Corale, l’autore ha tenuto un laboratorio sul tema “Il canto corale: un fenomeno acustico”, dove ha illustrato e dimostrato le conseguenze e i risultati qui presentati sulla pratica del canto corale. Harald Jers_______________ È direttore d’orchestra e dei cori da camera Consono e Constant di Colonia coi quali si dedica a un interessante repertorio mondiale ancora sconosciuto che va dal periodo romantico al contemporaneo. È ricercatore esperto nel campo dell’acustica degli ambienti dove il coro fa prova e/o concerti, il tutto rapportato all’analisi della voce umana nel coro e alla sua esperienza di cantante solista e di direttore di cori amatoriali e professionali. Durante l’8° Symposium Mondiale della Musica Corale a Copenhagen, nel mese di luglio 2008, è stato docente titolare dell’atelier di acustica corale. 16 Compact disc Preparazione del libretto di Marco Rossi Se nel progetto di realizzazione di una registrazione discografica in compact disc (o eventuale dvd) sono innumerevoli le cose da valutare, dalla scelta del repertorio all’organico, al luogo di registrazione, alla gestione amministrativa (Siae, liberatorie degli esecutori…), non ultimo deve essere considerato quel piccolo “prodotto” editoriale che concorre alla maggiore illustrazione del supporto musicale, ovvero il libretto. Come per ogni progetto anche il libretto rispetta (o meglio dovrebbe rispettare) ben determinate regole. Il supporto scritto per una registrazione discografica risponde infatti a norme ben precise, soprattutto per il suo particolare formato, una serie di pagine in un formato quadrato piuttosto piccolo di circa 12 centimetri di lato. In questi casi il lavoro editoriale non viene svolto da una casa discografica (qualora il cd sia un prodotto di catena commerciale) ma è il frutto di un lavoro che potremmo definire casalingo. Molti cori spesso si affidano a registrazioni fatte in proprio, ma sicuramente di pregio vista la grande evoluzione tecnologica dei nostri tempi, per poi predisporre “in casa” tutto il materiale. Ecco quindi che raramente il libretto è opera di persone esperte nel settore musicologico-editoriale. Più spesso si coinvolgono amici abili nell’arte della scrittura, spesso è lo stesso direttore di coro, talvolta un giornalista conosciuto o un docente di conservatorio. Spesso però ci si allontana dalla realtà: troviamo allora fascicoletti scarni e privi di qualsivoglia informazione piuttosto che dotti trattati musicologici che, dopo poche righe di lettura, vengono lasciati all’oblio del tempo per dedicare più attenzione all’ascolto della musica. Inutile dire che in medio stat virtus. Questo piccolo stampato deve contenere anzitutto una serie di informazioni basilari, che elenchiamo di seguito e che poi tratteremo singolarmente: indice, elenco degli esecutori, strumenti usati (qualora vi siano), aspetti tecnici (luogo di registrazione, editing, tecnico o fonico…), testi che illustrano il contenuto, curriculum degli esecutori, immagini. Se poi dovessimo valutare oltre al cd anche un dvd dovremmo mettere in cantiere anche una serie di norme visive che tale supporto deve rispettare viste le sue peculiarità, ma non è questo per ora il campo di analisi. Premettiamo che il cd (o il dvd) può avere una triplice funzione in origine: 1) si produce per la gioia dei cantori (o degli esecutori); 2) deve essere un oggetto commerciale, insomma permette al coro di recuperarne le spese con la sua vendita; 3) è oggetto principale di promozione per farsi conoscere. Quindi il cd deve avere anzitutto un titolo corretto, diciamo pure invitante (a livello commerciale) e che indica chiaramente il contenuto sia rispetto al compositore che alle opere registrate. Ora valutiamo con attenzione i singoli punti sopracitati. Indice La corretta compilazione dell’indice resta ancora un mistero per molti. Un indice completo dovrebbe riportare anzitutto il nome e cognome del (o dei) compositori con relativi dati biografici, se vengono citati anche il luogo e la data di nascita e di morte (qualora non si tratta di autori contemporanei) non fa assolutamente male. Ovviamente ogni brano registrato andrebbe verificato con attenzione, direi che ormai il pubblico ha capito che… l’Ave Maria di Arcadelt non esiste e che non basta scrivere Missa (quantomeno brevis) se si tratta di Mozart, Gabrieli o Palestrina, ma indicare anche un numero di catalogo o qualche riferimento più preciso. Spesso manca il nome di battesimo; sembra poca cosa, ma se si tratta di Gabrieli, Scarlatti, Marcello? E il catalogo delle perle in questo campo è enorme… In un noto negozio che vende cd a Milano, tra le migliaia di richieste, citiamo giusto tre esempi che dimostrano la preparazione della clientela nelle domande ai commessi DOSSIER (in ambito corale): vorrei «il Sabato santo di Mastro Gesualdo», oppure «…i gioielli della Madonna di Monteverdi» e ancora «posso avere i... canti gregoriani per chiesa con orchestra». E allora tentiamo, almeno noi, nella confezione di un compact disc di mantenere uno scopo didattico. Essere precisi e attenti è un dovere, anzitutto per la credibilità degli esecutori, poi per un seppur minimo tentativo di acculturazione del pubblico! Elenco degli esecutori Altro aspetto basilare che si deve trattare nella compilazione del libretto. Spesso capita di trovarsi di fronte a elenchi di ogni genere e tipo, alcuni molto precisi, altri dispersivi e incomprensibili. È opportuno che l’elenco degli esecutori rispetti delle norme fondamentali: come si può leggere sulle locandine dei grandi teatri piuttosto che su quelle delle stagioni musicali di pregio. Ecco un esempio di ordine (da verificare secondo l’organico coinvolto nella registrazione): solisti vocali, coro, direttore (o maestro) del coro, orchestra ed eventuale indicazione di strumenti ed esecutori, direttore d’orchestra. Usare poi la sigla abbreviata per nome e cognome in presenza di una registrazione articolata e complessa rende giustizia agli esecutori e facilita l’ascolto meditato da parte del pubblico per riconoscere gli interpreti. Nella norma è bene anche non dimenticare l’elenco dei cantori suddiviso per voci (soprani, contralti, tenori e bassi, indicativamente, salvo ulteriori divisioni all’interno delle sezioni), elenco che dovrebbe essere posto sempre in vicinanza del nome degli altri esecutori. Strumenti usati (qualora vi siano) Se poi siamo in presenza di una registrazione con strumenti storici è buona cosa indicare anche quali strumenti vengono utilizzati (copie o originali) con relativa datazione (sia dell’originale che della copia con indicazione del costruttore). Come spesso capita, il coro molte volte si vale di una registrazione in chiesa con un organo a canne. Talvolta, come ormai capita in molte realtà italiane, si tratta di uno strumento storico. Predisporre una piccola scheda sullo strumento non è affatto male, qualche riga di storia, nome dell’eventuale restauratore con la data di ripristino, l’elenco dei registri e, magari come si fa in molti fascicoli “professionali”, la scelta dei registri utilizzati per i brani organistici o per l’accompagnamento del coro. È un piccolo tocco di finezza e precisione che non guasta mai. Aspetti tecnici (luogo di registrazione, editing, tecnico o fonico …) Non è assolutamente necessario che in sede di registrazione vi siano interminabili elenchi di persone, ma spesso sarebbe opportuno sapere chi e con che cosa si è registrato. 17 verificare che i livelli definitivi siano equilibrati. Per questo i “responsabili” del settore vanno indicati. Se poi vogliamo aggiungere nome e tipo dei microfoni usati, qualche amante del settore sarà ulteriormente felice. Sicuramente possiamo evitare l’indicazione della pressione atmosferica e della temperatura che qualche volta capita di vedere in registrazioni organistiche da paradosso, ma piuttosto la citazione esatta del luogo e delle date di registrazione sono cosa necessaria. Non dimentichiamo poi i vari ringraziamenti ai collaboratori, a chi ospita o sponsorizza la registrazione… Testi che illustrano il contenuto Veniamo ora all’aspetto più delicato e fondamentale del libretto: i contenuti di analisi e presentazione del repertorio Come per ogni progetto anche il libretto rispetta (o meglio dovrebbe rispettare) ben determinate regole. In questo caso non si deve scendere in aspetti tecnici approfonditi: è sufficiente indicare il nome del fonico che registra, seguito dal nome delle persone che si occupano dell’editing ovvero della scelta artistica che segue la registrazione e del suo montaggio. Un buon fonico deve seguire con attenzione la registrazione, se poi è anche musicista può far guadagnare tempo fermando l’esecuzione se vede delle inesattezze. Meglio non stancarsi ripetendo all’infinito un brano e creare tracce ben fatte. Però anche la fase di montaggio e la predisposizione del master devono offrire la garanzia del “lavoro fatto a regola d’arte”. Infatti non basta registrare bene, bisogna anche fare un lavoro di montaggio preciso, verificare che non vi siano rumori estranei, preparare i giusti timing nell’apertura e chiusura di una traccia musicale, registrato. Anche per questo aspetto ci si trova spesso di fronte a due tipologie di comportamento. In molti casi non si trova alcuna nota informativa, ma piuttosto alcune righe generiche sul coro, sugli esecutori, sull’occasione più o meno celebrativa e così via. In altri casi il testo è un dotto, quanto illeggibile saggio musicologico, che tutti noi vorremmo trovare altrove in sedi più opportune. Anche in questo caso la via di mezzo è la soluzione migliore. Se il cd rappresenta l’occasione per ricordare un anniversario del coro o di un compositore è opportuno che i testi illustrino sinteticamente la storia del gruppo vocale, soprattutto dal suo punto di vista musicale. È ovvio che poi altre informazioni possono confluire nel settore curricula. Se il cd invece propone registrazioni monografiche, ricostruzioni di 18 celebrazioni liturgiche (vespri, messe, passio…), prime esecuzioni moderne di opere storiche o antologie di compositori contemporanei, quindi prime assolute, il discorso è diverso. Allora è più che corretto dedicare un po’ più di spazio all’analisi delle opere eseguite, ma sempre senza debordare. Il testo, come abbiamo anticipato, viene pubblicato su pagine piccole, di solito ha un corpo del carattere altrettanto minuscolo e non sempre invoglia alla lettura. Recuperiamo allora notizie fondamentali, approfondite, ma soprattutto divulgative, che perlomeno portino il lettore (ascoltatore) a cercare ulteriori informazioni sull’autore, spesso poco noto o del tutto sconosciuto, e sulle sue opere. La nostra finalità dovrebbe essere sempre quella di lasciare alla memoria della registrazione una traccia ben precisa: ricordiamo un compositore, in molti casi facciamolo conoscere, promuoviamo opere rare, inedite o interessanti per il mondo della coralità. Mondo ben inteso di esecutori e di ascoltatori. Un pizzico di volontà didattica dovrebbe essere sempre presente. Facciamo sì che il cd sia anche questo, divulgazione, conoscenza e cultura. Ma torniamo al testo: un cd che contiene opere di un compositore contemporaneo permette di delineare un quadro sul musicista e su alcuni aspetti della sua produzione. Se il nostro progetto ripropone una sorta di cerimonia liturgica, brevi note su questa operazione, unite a una sintesi dei compositori coinvolti sarà ben gradita, anche a firma di persone diverse. Cito tra tutte una delle mie innumerevoli esperienze: il Vespro per la festa della Sensa con musiche inedite di Lazaro Valvasensi e di Giovanni Croce. In qualità di autore del progetto era doveroso un brevissimo saggio sulla ricostruzione di questa parte dell’Ufficio delle Ore, ma altrettanto era opportuno proporre un piccolo testo dedicato all’autore poco noto, Valvasensi, e in questo caso la cosa più corretta era rivolgersi all’esperto del settore. Ecco una ennesima operazione da prendere in considerazione: all’inizio di un progetto discografico è sempre opportuno valutare la scelta delle musiche. Se l’autore delle musiche è un compositore vivente lo si può contattare, sarà un gesto sempre particolarmente gradito. Se si tratta di un compositore storico, antico, non è difficile cercare lo studioso che a lui ha dedicato parte della sua vita di musicologo. Anche in questo caso sarà una cosa corretta e coerente. Ricorro ancora alla mia esperienza: in occasione della registrazione di alcune Sonate da Chiesa inedite di Tomaso Albinoni ho chiesto la presentazione a Michel Talbot, un celebre musicologo inglese autore del saggio fondamentale per la conoscenza del musicista veneziano. Vi posso garantire che il reciproco incontro è stato decisamente positivo e costruttivo, stimolo ulteriore per me per proseguire le mie ricerche, e per lui per conoscere l’esecuzione di brani che, nei suoi studi erano solamente citati. Vi sono poi altri piccoli dettagli importanti: spazio permettendo sarebbe opportuno riportare i testi delle composizioni eseguite (cosa che normalmente accade con i cori), possibilmente con una traduzione in lingua italiana, ovviamente fatta da persone che ben conoscono la lingua originale, anche in questo campo abbiamo esempi eclatanti per bestialità citate. Una cosa è certa: si deve sempre avere il coraggio della ricerca, del DOSSIER coinvolgimento, della voglia di approfondire e cercare cose nuove, dall’origine e gestazione del progetto discografico alla preparazione del testo che lo illustra. p.s. Non entro qui nel merito dell’aspetto tipografico: scelta dei caratteri, corpo degli stessi, qualità della carta (sarebbe ora di finirla con il patinato lucido che riflette la luce e complica la lettura), grammatura della stessa… Capita anche di trovare lunghi saggi molto interessanti stampati su carta velina. Tutto questo sarebbe oggetto di un capitolo a parte. Curriculum degli esecutori È buona norma riportare, rigorosamente in coda al libretto, i curricula degli esecutori. Anche in questo caso si deve procedere con attenzione. Frequentemente ci troviamo di fronte ad aridi elenchi di concerti, rassegne e premi in concerti, concorsi e così via. La regola in questo caso è essere brevi e sintetici. Anche la compilazione di un curriculum rispetta regole precise: origine del coro, fondatori, sua attività (riassunta), direttore musicale. Per ogni esecutore, dal direttore del coro agli eventuali solisti (vocali e strumentisti) la forma è la consueta: formazione scolastica (corsi, docenti e eventuali luoghi di studio), formazione didattica (eventuale attività d’insegnamento), formazione artistica (poche righe su concerti e rassegne). La cosa importante da segnalare è che non conta il numero delle righe del curriculum e neppure la quantità di diplomi (ma questo lo troviamo anche nei programmi di sala dei concerti, quasi che i curricula più lunghi siano dimostrazione di migliore capacità esecutiva!). Ricordatevi, chi cita “teoria e solfeggio” o altre materie complementari ha conseguito una licenza, non si tratta di un diploma o tantomeno di una laurea accademica, questo titolo è riservato ai corsi ufficiali, come citano i programmi dei conservatori. Insomma quello che conta è il prodotto musicale che si registra, lunghi curricula servono solo a dare un’impronta di inutile provincialismo, visto che ormai i cd si divulgano con grande facilità ovunque. Il pubblico (non tutto) fortunatamente ha orecchie per ascoltare e, lentamente, comincia ad avere anche un po’ di spirito critico per giudicare non solo i testi ma anche un’esecuzione! 19 Immagini Il corredo iconografico del nostro piccolo supporto è la giusta valvola di sfogo di un impaginato piccolo ove spesso il testo è parte predominante. Nel libretto non dovrebbero mai mancare una (o più) foto del coro e degli esecutori, in veste ufficiale o durante le sedute di registrazione. Se si tratta di compositori antichi alcune immagini delle partiture e dei frontespizi originali in fac simile saranno ben gradite. Ovviamente sarà importante una foto del compositore contemporaneo, se la scelta della registrazione verte su autori dei giorni nostri. Anche in questo caso un piccolo avviso: se evitiamo le solite fotografie stile “carta d’identità” faremo un regalo agli esecutori; con gli odierni mezzi digitali è molto semplice realizzare foto di organisti, cantanti, cori in sede esecutiva, diamo così un maggiore senso di realtà, evitando immagini che ricordano altre… situazioni. Conclusioni Realizzare il libretto di un compact disc, così come l’intero iter progettuale, oggi è cosa abbastanza semplice, come tutte le cose però necessità di un percorso che deve essere attentamente valutato, sia esso particolarmente semplice o impegnativo. Il consiglio e l’esperienza portano però sempre a impegnarsi nel confronto, alla necessità di approfondimento, una parte del proprio tempo deve essere così dedicato non solo al puro aspetto esecutivo (prove e verifiche musicali) ma anche a molte altre operazioni. Spetta infatti a un direttore di coro la decisione di procedere in questo senso con la voglia di ricercare musiche rare e inedite, di contattare studiosi, compositori, musicologi (non è cosa difficile, la disponibilità solitamente si trova con facilità), con l’umiltà di voler sempre migliorare. Parole difficili e pesanti che forse per molti, come per me, sono pane quotidiano nel mio lavoro di musicista che riparte sempre dall’inizio, ma che, ahimè, non lo sono per tutti! Cori e dvd video Cori e la musica da vedere di Mauro Zuccante Sosteneva Stravinsky, che non basta ascoltare la musica, bisogna anche vederla. È innegabile che il fare musica comporta una gestualità e un dinamismo corporeo che sono indissolubilmente legati al contenuto espressivo del discorso musicale. Chi ascolta, perciò, viene maggiormente coinvolto nell’emozione, se può partecipare visivamente all’atto della creazione del suono. Da qualche tempo, si sono diffusi sul mercato supporti capienti (dvd e memorie di massa simili), in grado di contenere registrazioni audio-video di eventi musicali. Il cd audio aveva già introdotto radicali cambiamenti di abitudini. Con il cd audio il rito dell’ascolto collettivo si è trasformato in ascolto privato. Ora il dvd video impone all’ascoltatore-spettatore un’altra rilevante rinuncia. Il personale punto di vista viene sostituito dallo sguardo del regista, il quale inquadra e monta le sequenze, seguendo un suo impianto di visione. Con le innovazioni tecnologiche, insomma, una parte di autenticità dell’ascolto-visione rischia di venire smarrita. Non vanno, però, trascurati alcuni vantaggi. Penso, a esempio, alla comodità di farsi un’idea delle opere che richiedono una messa in scena, senza doversi necessariamente recare in teatro; penso al vantaggio di utilizzare video musicali realizzati a scopo didattico; penso alla possibilità di abbinare le immagini al suono, al fine di calare l’evento musicale in un contesto DOSSIER comunicativo più ampio. Come al solito, i nuovi mezzi ampliano le opportunità, ma il loro uso dev’essere accorto. Mi viene in mente Herbert von Karajan, il quale concentrava in se stesso il ruolo di musicista e di regista. Dirigeva, cioè, orchestra e telecamera. Nelle riprese dei suoi concerti l’inquadratura è costantemente fissa sul profilo del direttore in piano medio, a eccezione di qualche fugace ripresa di uno strumento, o di qualche raro scorcio di una sezione dell’orchestra. Con tutto il rispetto per il talento musicale di Karajan, oggi i suoi video sono inguardabili. Personalmente, li colloco sul piano di una volontà accentratrice e narcisistica, che pone il direttore-registademiurgo al centro di ogni esecuzione. Una forzatura che declina in second’ordine l’opera musicale. Un uso discutibile delle immagini, alle quali, al contrario, dovrebbe essere anteposta l’opera musicale. Mi è capitato recentemente di visionare un dvd video, dal titolo Kantika, prodotto nel 2007 dal Coro di Conservatorio Leioa Kantika Korala, diretto da Basilio Astulez. In questo caso, ho avuto modo di apprezzare il lavoro del film-maker. I canti, il coro di ragazzi, il pianoforte che li accompagna, costituiscono il centro gravitazionale attorno al quale ruotano con garbo i 12 video-clip, inseriti nel disco. Le immagini non soffocano il discorso musicale, ma lo assecondano, giocando con le espressioni dei volti dei ragazzi, inquadrati nell’atto di cantare, con una ripresa assai mossa delle loro semplici coreografie, con accostamenti di colore tra i variegati costumi da loro indossati e le cose e l’ambiente che, di volta in volta, li circondano. Questo dvd è un buon esempio di come si possa “spettacolarizzare” (ma nel significato etimologico di “guardare”) il canto corale, senza travisare la sua essenzialità. Vedendo scorrere le immagini dei ragazzi baschi, ho pensato a quante volte, assistendo a un concerto corale dal vivo, indugio nell’osservare come il discorso musicale si riflette sui volti e sulle posture delle persone che cantano. Uno spettacolo di umanità che solo l’arte corale sa offrire all’ascoltatore-spettatore con tanta immediatezza e verità. Prima di terminare ancora un paio di segnalazioni. La prima è quella di un video (per certi aspetti simile a quello testé descritto), che ha come protagonista ancora 21 una volta un coro di ragazzi. L’ho visto trasmesso nel 2005 dalla benemerita rete televisiva franco-tedesca Arte. Si tratta del coro parigino SottoVoce diretto da Scott Alan Prouty, che il documentarista Christian Leblé ha seguito durante la preparazione per le 18e Choralies di Vaison-la-Romaine, dove i giovani cantori hanno tenuto un concerto davanti a un pubblico di 3000 persone. È un bel reportage, che illustra l’entusiastico lavoro di un’intera equipe pedagogica; un team impegnato a liberare il talento musicale ed espressivo dei ragazzi. L’altra segnalazione che faccio è per un cortometraggio realizzato nel 1997 dal Non basta ascoltare la musica, bisogna anche vederla. regista Francesco Dal Bosco. Il filmato, intitolato Il Coro, ritrae il Coro della SAT di Trento tra passato e presente. Di notevole effetto è la parte in cui il cineasta racconta poeticamente la tournée canadese del coro. Lo sguardo di Dal Bosco descrive con grande intensità la passione dei protagonisti e l’incanto che il coro esercita presso il pubblico. Un originale lavoro in cui il linguaggio della musica e quello del cinema s’incontrano sul piano dell’arte. la tradizione come modello Vic Intervista a Vic Nees in occasione del 4° Seminario europeo per giovani compositori di Aosta a cura di Efisio Blanc Maestro Vic Nees, quale è stato il suo approccio alla musica? Mio padre era musicista, compositore, anche di musica corale, ma era soprattutto carillonneur (letteralmente: suonatore di campane n.d.r.): il carillon in Olanda e nelle Fiandre è uno strumento con 48 campane con il quale si suona musica storica, dal XVIII secolo sino alla musica moderna. Era carillonneur a Malines e direttore della scuola di carillon, l’unica allora esistente, mentre ora ce ne sono altre. Io non volevo seguire le orme di mio padre e quindi, dopo gli studi di greco e latino, mi sono iscritto all’università alla facoltà di lettere e filosofia indirizzandomi verso una carriera letteraria. Dopo un anno però il mio talento musicale ha avuto il sopravvento. Mi sono quindi arreso all’evidenza, sono entrato in conservatorio e sin da subito le cose sono andate molto bene. E sin dall’inizio, come compositore, ha prediletto la musica corale? Inizialmente ho fatto esperienza come cantore nel coro della cattedrale di Malines. È una città tra Anversa e Bruxelles, dove la cattedrale dell’arcivescovado aveva un coro di grande tradizione (ora non più!) composta da molti giovani ragazzi. Ho quindi coltivato questo genere musicale e ho avuto anche grandi contatti con la poesia. Scrivere per coro è stata anche la maniera per coniugare queste mie due passioni: la musica e la poesia. Dopo essermi specializzato in questo campo non ho poi ritenuto di scrivere per strumenti e dovermi quindi occupare di cose che altri fanno molto meglio di me. compositorE Lei è compositore e direttore di coro. È stato importante per lei, come compositore, avere sperimentato la direzione corale? All’inizio della mia carriera, sono stato responsabile della programmazione di musica vocale alla radio nazionale belga, dopo avere vinto un concorso nel 1961. Il mio compito era selezionare produzioni di direttori di coro e di compositori contemporanei. Dopo 9 anni di questo lavoro, improvvisamente muore il direttore del coro della stessa radio nazionale (1970) e mi propongono di assumere quell’incarico per alcuni mesi, poiché avevo fatto degli studi di direzione corale in Germania. Ho accettato e ho mantenuto entrambi gli incarichi fino a quando mi è stato proposto di assumere la direzione del coro in via definitiva. Dopo una attenta riflessione ho accettato e sono rimasto alla guida del coro per altri 21 anni. Il coro gradualmente è cambiato e sono arrivati dei giovani che si sono uniti a qualche corista di più lunga data. Bisogna inoltre sapere che la programmazione di un coro di quel tipo non consisteva nel fare La passione Secondo S. Matteo o nel fare ciò che fanno gli altri cori: si programmava ciò che non si poteva reperire su disco, musiche di compositori prevalentemente belgi, musica contemporanea o comunque musica del XIX secolo che nessuno ancora conosceva. Ho quindi avuto a che fare con migliaia di titoli sconosciuti al grande pubblico, con musica molto specialistica e ho inevitabilmente subito l’influenza di tutti i compositori la cui musica mi era passata tra le mani, spesso contemporanei o autori sconosciuti del XIX secolo. Io stesso sono cambiato nel tempo: all’inizio mi definivo moderno ed ero in conflitto soprattutto con mio padre, che aveva una tradizione romantica. Ora, che sono più anziano, ho un lirismo che non cerco più di nascondere. Ho sempre cercato di evitarlo, mentre ora lascio libero corso a questa mia inclinazione, che comunque non è un lirismo romantico. Se dovesse definire il suo stile: si sente più vicino alla tradizione o all’avanguardia o… L’avanguardia l’ho praticata negli anni sessanta. In Francia erano anni di fermento, ci avvicinavamo al ’68 e, anche se a quell’epoca io non ero già più così giovane per parteciparvi in pieno, ne ho subìto l’influenza. Tra il ’68 e il ’70 ho scritto delle opere: una cantata, non direi “anti-Natale”, ma “alternativa” al Natale; ho fatto un’opera sul tema della ricchezza in San Matteo (su tutti i suoi testi che riguardavano la ricchezza). Ora considero quello stile come molto facile. Io, al contrario, sono piuttosto tradizionale. Ho fatto la guerra a mio padre, ma in realtà anch’io ho adottato una tradizione, quella di Schütz e altri. Si tratta di concezione diversa di tradizione: lo storicismo per me ha significato rivolgersi alla musica corale che va dai fiamminghi sino a Schütz, rivolgersi a un linguaggio pre-classico che ho voluto studiare soprattutto per la sua logica musicale. Ho assunto tale tradizione come un modello, naturalmente. A parte la sua esperienza, ritiene quindi importante per un compositore di musica corale essere anche direttore di coro... Sì, molto importante... o per lo meno l’essere stato corista, perché si apprende ascoltando. È come coloro che sanno orchestrare molto bene: sono quelli che sono sempre in mezzo all’orchestra e ascoltano come suona questa parte o quell’altra. Anche se non per tutti è stato così (Ravel, Respighi), ma consideriamo che Ravel o Respighi sono stati dei grandissimi talenti. Ciononostante si può pensare che anche un compositore non cantore e non corista può comunque scrivere della buona musica corale. A esempio, Poulenc è un compositore che i cori amano cantare, forse per l’armonia “sdolcinata” e ricca di colori, eppure non scrive bene per le voci. Pensi che un direttore inglese, anche compositore, ha inciso opere di Poulenc cambiando delle note, in modo da rendere le melodie più vocali. Io però non farei mai questo... 23 Vic Nees________ Vic Nees nasce nel 1936 a Malines (Anversa, Belgio). Dopo avere terminato i suoi studi musicali a Anversa (con menzione speciale) sotto la guida del compositore Flor Peeters, si perfeziona in direzione di coro con Kurt Thomas a Amburgo. Assume quindi l’incarico di responsabile della programmazione di musica vocale presso la radio nazionale belga di espressione fiamminga Brt (oggi Vrt) e, dal 1970 al 1996, diventa direttore del coro della stessa istituzione. Come compositore è conosciuto a livello internazionale, soprattutto per la sua musica vocale, e sue composizioni sono eseguite sia in Europa che negli Stati Uniti. È stato anche membro di giuria in concorsi prestigiosi (Arnheim, Arezzo, Cantonigros, Cork, Malta, Neerpelt, Tours, Varna) ed è un punto di riferimento per la coralità amatoriale del suo paese. Diversi suoi lavori sono stati premiati e sono stati incisi. Dal 1994 è membro dell’Académie Belge des Sciences et des Arts. 24 Almeno sino ad alcuni anni or sono (forse ora è cambiato) da noi i compositori si dedicavano molto poco alla musica corale. Per quali ragioni secondo lei? Non conosco naturalmente queste ragioni, ma credo che siano da attribuire al fatto che in Italia la musica vocale sia tradizionalmente solistica. Credo che in Italia la formazione vocale si concentri soprattutto su solisti e non so neanche se esista una scuola per il canto corale così come esiste in Olanda, in Inghilterra, da noi in Belgio... Nei cori dei teatri d’opera, a esempio, si tende ad assumere dei “solisti mancati”, cioè cantanti che non sono riusciti a realizzarsi come solisti. In Italia, nonostante ci sia stato Puccini come modello eccellente dal punto di vista vocale, se si eccettua Malipiero e Pizzetti, la musica moderna si è espressa attraverso la dodecafonia, che ha ucciso la tradizione vocale italiana. Dallapiccola e Petrassi, a esempio, hanno composto musica estremamente moderna. Li ho conosciuti entrambi a Bruxelles quando ho eseguito i Canti di prigionia (di L. Dallapiccola n.d.r.) e Petrassi ha diretto il suo brano Noche oscura. Li ho incontrati, li ammiro molto, ma non è una musica abbordabile dai cori, se si eccettuano i lavori iniziali di Dallapiccola, I cori di Michelangelo Buonarroti, e i Nonsense di Petrassi. È comunque musica difficile, perlomeno per i cori amatoriali. Dopo di loro c’è stata la generazione di Berio e Maderna che non ha scritto quasi nulla per coro. Forse che questi compositori non hanno scritto per coro perché lo consideravano uno strumento di secondo ordine? O perché non erano in grado di farlo? Può darsi che non abbiano considerato il coro nella sua giusta valenza, ma non credo che fosse un problema di incapacità. Berio, soprattutto, è un grandissimo compositore e avrebbe potuto scrivere per coro, anzi sono sicuro che se fosse vissuto in Olanda o in Inghilterra l’avrebbe fatto. Quando lei compone, da cosa parte, seguendo quale suggestione: ha una commissione, sente una esigenza, parte da un testo piuttosto che da un’idea musicale o da entrambe? Spesso la leva che mi spinge a comporre è una commissione. Sono conosciuto nel mondo corale e ho sempre molte richieste. Attualmente rifiuto anche delle commissioni, voglio vivere un po’ più tranquillo e non impegnarmi con dei lavori che prevedono delle scadenze di consegna. Mi prendo del tempo. Ho dedicato l’intero scorso anno alla composizione di un Requiem: vi ho lavorato per dieci mesi. Dopo sono stato ammalato e quest’anno (2008 n.d.r.) mi sono dedicato a tre piccoli lavori. Quando le fanno delle commissioni corali, le indicano il tipo di composizione, un testo o altro… Nel caso del Requiem, sì. È un Requiem per coro a cappella a 10 voci, con solisti: è un brano abbastanza difficile. In genere, per un brano di 10 minuti o per un brano d’obbligo per concorso, di circa 3 minuti, sono abbastanza libero, al massimo mi indicano la lingua: francese, tedesco, latino… Talvolta utilizzo dei brani “multitestuali” (intertestuels), termine con cui si intende l’assemblare un testo attingendo da fonti diverse, talvolta anche utilizzando lingue diverse. Sono parti di testo che possono stare insieme, sono complementari fra loro e una parte commenta l’altra. L’esperienza mi ha insegnato, a esempio, che per i cori olandesi è molto difficile cantare in francese, per cui ho fatto un lavoro su commissione olandese in cui il coro canta in latino e il solista in francese. Si tratta del brano Stella maris per coro femminile, baritono solista e fisarmonica. Utilizzo spesso questa tecnica in quanto in genere i solisti non hanno problemi per le lingue, mentre i cori generalmente preferiscono il latino, anche se poi i tedeschi pronunciano il latino leggermente diverso dai francesi... E rispetto ai generi: predilige la musica sacra o quella profana? A parte gli arrangiamenti, la maggior parte della mia produzione è di musica corale religiosa. Io tengo a che un coro possa credere in ciò che canta, mentre l’espressione dei poeti è spesso troppo individuale: “io sono…”, “io ti amo….”. Tutti quei “io” sono troppo individuali e io li evito. Se c’è un “io” è quello dei Salmi in quanto è un “io” collettivo. Credo che là dove si canta collettivamente sia importante evitare temi troppo individuali. Al contrario, tutto ciò che è biblico ci appartiene, per cui attingo molti testi dalla Bibbia e utilizzo non solo il latino, Seminario europeo per giovani compositori, Aosta 2008 compositorE 25 compositori: Mis̆kinis, Busto e altri. Non si può dire che siano dei grandi compositori perché non li si sente se non nel mondo corale, ma in questo settore sono dei compositori importanti. Ci sono poi compositori come Kortekangas e altri compositori svedesi o finlandesi. La generazione di compositori ora cinquantenne, comprende musicisti che scrivono bene per coro, a esempio nella produzione inglese c’è Tippett, Maxwell Davis, Judith Weir; da noi, nelle Fiandre, Kurt Bikkembergs, musicista quarantaduenne, buon direttore di coro ed eccellente compositore. C’è una difficoltà per i compositori di musica corale nel dovere spesso scrivere per degli esecutori non professionisti? Ci sono paesi dove il canto corale è molto praticato: in Inghilterra, a esempio, dove i giovani sono tutti educati in college, dove si canta; in Svezia, dove c’è una grande cultura corale; in Ungheria, dove dopo la prima giovinezza si fanno dei corsi di canto. In quei paesi, frequentando tali scuole, anche un compositore sa cosa vuol dire cantare: conosce i propri limiti vocali che saranno anche i limiti di ogni cantore. Quindi consiglio sempre ai giovani compositori, che hanno tendenza a scrivere difficile (bisogna dimostrare quanto si vale...), di provare loro stessi a cantare ciò che stanno scrivendo e se ciò che scrivono sarà difficile per loro, lo sarà per tutti. Ci sono dei compositori che arrivano subito a questo traguardo e sentono se una linea melodica è cantabile o no e se ci sono degli intervalli troppo difficili. Il mio consiglio è di non scrivere melodicamente difficile, piuttosto, a esempio, si incrocino le voci... ma anche il francese, l’irlandese, l’inglese… Per me la religione è importante: sono credente e sono anche un estimatore del linguaggio biblico. E il suo rapporto con la musica popolare? Ho arrangiato un centinaio di melodie popolari, in maniera moderna. È un genere che mi interessa, soprattutto per lo stile vocale tipico della musica folcloristica. Nella musica corale popolare ci sono spesso dei tempi lenti, soprattutto nella musica popolare delle Fiandre: il moderato è il tempo più veloce. Io, al contrario, ho scritto molti tempi rapidi: sono io che ho scritto l’opera corale irlandese più “veloce”. Volevo dimostrare che anche il coro, come gli strumenti, può eseguire tempi molto rapidi: si tratta unicamente di sapersi destreggiare bene con il testo. Nella mia musica, anche biblica o religiosa, ci sono comunque sempre dei momenti molto allegri e molto rapidi. Credo che questo si discosti dalla maggior parte della musica religiosa, sempre molto seria. Con questo non voglio però dire che la mia musica non sia seria…. Nel panorama internazionale attuale, quali sono secondo lei i compositori di musica corale più interessanti? Ci sono dei compositori che, come me, sono prevalentemente conosciuti nel mondo corale e sono tutti dei buoni Possiamo quindi affermare che uno dei principi basilari per la composizione corale è che le singole voci siano cantabili? Sì, le diverse parti devono essere lineari e tutte le voci devono assumere la stessa importanza. Nella tradizione c’è spesso il canto superiore che prevale e poi una sorta di accompagnamento da parte delle altre voci. In questo caso si parte talvolta da una buona base, ma il fatto che le voci intermedie siano concentrate nell’arco ristretto di una quinta o di una sesta le rende fisse e le priva di libertà melodica. Quindi la musica rinascimentale.... Sì, è il modello. E non solamente la musica rinascimentale: si parte dalla polifonia dei fiamminghi, si passa ai Gabrieli a Venezia, che a loro volta insegnano a Schütz. Io ho imparato molto da Schütz, un grande compositore di musica vocale che tiene conto della prosodia e ha la capacità di scegliere fra i testi che possono essere trattati polifonicamente e altri che, per la loro importanza, devono essere omofonici affinché siano capiti da tutti. Questo lo si vede in Schütz, a esempio quando tratta il testo “Ehre sei dem Vater”. Quindi lei non ritiene sia un grande limite il fatto che il compositore debba scrivere spesso per cori di non professionisti? 26 No, no, ci sono dei limiti. La voce ha comunque una estensione limitata rispetto a uno strumento come il violino o il flauto e quindi vi è già un limite fisiologico. Il ritmo poi è spesso molto complesso perché bisogna rispettare la prosodia del testo e nello stesso tempo cercare una autonomia ritmica. I compositori, entro certi limiti, devono spesso scegliere uno dei due aspetti, il rispetto della prosodia o la libertà inventiva, ma c’è comunque una grande libertà nel modo di trattare un testo. Possiamo quindi affermare che scrivere per un coro di professionisti o per un coro amatoriale di un certo livello è la stessa cosa? È più o meno la stessa cosa perché in fondo i professionisti sono gente normale, come tutti, a cui piace cantare questo piuttosto che quello. Anche a loro non piace cantare un “do acuto” per due minuti. Le sarà accaduto di ascoltare un coro parrocchiale che esce dalle prove, non canticchierà certo un brano come quello di... (e dice il nome di un corsista del seminario di composizione n.d.r.): non è un brano che si canticchia in ascensore. Ciò che piace è cantare una bella melodia, qualcosa di semplice: è normale, è nella natura dell’uomo. Se consideriamo la musica antica, il canto gregoriano o anche certa musica extra europea, vediamo che c’è sempre una melodia, talvolta molto limitata, (come in Africa) talvolta limitata a tre o quattro note solamente. C’è sempre un testo e una melodia, anche se è fattibile scrivere della musica corale senza testo, naturalmente, non come norma. Durante le due edizioni del Seminario di composizione corale che ha tenuto a Aosta, ha avuto modo di conoscere giovani compositori di diverse nazionalità europee. Come giudica le capacità, il livello di questi giovani? Possiamo bene sperare per il futuro? Nell’ultima edizione, in cui ho potuto seguire meglio ogni allievo (perché la bottega ne prevedeva solo cinque mentre nella scorsa edizione gli allievi per ogni insegnante erano di più), ho notato come alcuni di loro siano già dei compositori e quindi come si possa aiutarli sottolineando alcuni aspetti, senza il bisogno di dovere loro insegnare a comporre: lo sanno già fare. Sono però le persone con meno esperienza che traggono i maggiori vantaggi e che hanno più da apprendere in un corso di questo tipo. Come giudica l’iniziativa del Seminario per giovani compositori di Aosta, si potrebbe ancora migliorare? In questo contesto gli allievi devono comporre il loro brano in tre giorni. Si potrebbe proporre di anticipare il loro arrivo di tre giorni affinché possano lavorare prima con i loro docenti e, all’arrivo del coro, i loro brani siano quasi pronti. Avendo così più tempo a disposizione, si potrebbe far fare loro della pratica, a esempio facendo loro dirigere i propri pezzi. Sarebbe molto istruttivo metterli davanti alle difficoltà che loro stessi hanno scritto. Naturalmente è già buono quanto si fa attualmente, ma se avessero più tempo i corsisti sarebbero più a loro agio. In effetti lo scopo del seminario è che gli allievi compongano il brano in quella settimana e che non arrivino con un brano già fatto... Sì, in alcuni casi gli allievi arrivano con il brano quasi completato. In quei casi propongo dei cambiamenti qui o là, ma questo non è lo scopo del corso... Crede che la formula che prevede di comporre un brano in una settimana, con un coro a disposizione, sia una buona opportunità? Sì, questa opportunità è rara, anzi, non esiste altrove. È una situazione ideale ed è veramente eccellente. Bisognerebbe solo cercare di concedere più tempo a quegli allievi che sono più riflessivi e meno immediati nella composizione. I partecipanti al seminario di Aosta 2008 compositorE 27 Catalogo delle opere Anno 1964 1967 1969 1970 1972 1975 1976 1978 1979 1980 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1994 1995 1997 1998 2000 Titolo Fünf Motetten European Stabat Mater Ave Maria O Domine Deus Repleatur os meum Sur le pont d’Avignon Rachel Salve Regina Vigilia de Pentecostes Ave Regina coelorum Haec est praeclarum vas Laudate pueri Tota pulchra est Seven Madrigals Beatus vir Liedjes voor de slapelozen Sine musica nulla disciplina Magnificat Veni Sancte Spiritus Eight Japanese folk songs Fortissimi Musica, solamen et gaudium Rijke armoede van de trekharmonika L’Escaut Nausikaä Alma Redemptoris Mater Liermolen Gloria Patri Regina coeli, blue be it Ricordi de Sicilia Bonum est confiteri Domino A bunch of cherries Memoria justi Anima Christi Voetbalgavotte (Gavotta del calcio) Nuestra Senora de la Soledad Upon G Cantemus Trois Chansons de Hollande Emmanuel Rana et Bos Pichiarello E cantico canticorum fragmenta Quatre chansons de Flandre Ego flos Three partsongs Babel Neusser Messe Concerto per la b Vergine The music of the sea Organico SATB A+T-solo, SATB SSA SATB SA SATB - S-solo A+T-solo, cl, ctb, SATB SSAA SATB, org, cor in f SA SATB SATB SATB SATB SATB, pf SA S-solo, SATB SATB, quintetto di ottoni SATB SA (voci bianche) SA SSAA SSA Bar-solo, SSA, pf, fl SSATTB T-solo, SSA, arpa SSATTB, S-solo, campana S-solo, SATB, celesta voci bianchi SA T-solo, SATB, arpa, perc. SATB SSAA T+Bar-solo, SATB, 8 strumenti SATB A-solo, viola, SATB SATB SSA TTBB SSAA TTBB SSA voci bianche TTBB SATB SATB SSAA SSAA SATB, org, tromba SATB, ob SA, pf a 4 mani Editore Möseler Verlag Möseler Verlag CVM CVM CVM CVM CVM Ed. Musica, Montserrat Ed. Musica, Montserrat CVM CVM Harmonia CVM Euprint Harmonia CVM CVM Möseler CVM CVM CVM CVM CVM CVM CVM CVM CVM CVM CVM Suvini Zerboni (Cartellina 1991) Möseler Verlag CVM CVM Edition privée CVM CVM CVM CVM CVM CVM CVM Suvini Zerboni (Cartellina 1993) Koneza CVM CVM CVM Annie Bank Annie Bank Annie Bank Carus Verlag 28 La sostenibile leggerezza di Vic Nees Un’analisi dai Seven madrigals di Carlo Tommasi Esponente di un’importante generazione di compositori belgi (alla quale appartengono nomi come Herman Roelstraete, Roland Coryn, Willem Kersters, Wilfried Westerlinck) e figlio del famoso suonatore di carillon Staff Nees, dopo aver studiato composizione al conservatorio di Anversa con Flor Peeters, Vic Nees vince uno scolarship per studiare direzione corale a Amburgo con Kurt Thomas. Dal 1961 è programmatore artistico presso la radiotelevisione belga (Brt), e diviene anche, dal 1970 al 1996, direttore del coro della radio. La sua grande esperienza in quest’ultimo campo – che lo ha portato a girare il mondo come direttore ospite e come giurato a concorsi corali internazionali – ha informato fortemente il suo operato di autore di partiture che, oltre che premiate ed eseguite in tutto il mondo, sono unanimemente considerate dei capolavori della musica corale del XX secolo: il Magnificat, il Veni Sancte Spiritus, il Regina Coeli-Blue be it, il Concerto per la Beata Vergine, il Trumpet Te Deum, il Requiem… Anche laddove, in queste composizioni, il suono delle voci si mescola a quello di uno o più strumenti, protagonista assoluto rimane comunque il coro. E ciò fa parte, potremmo dire, della filosofia del personaggio. Come direttore di cori professionali, ma molto attento alla realtà dei complessi corali amatoriali, Nees ha infatti sempre lavorato impiegando le nuove tecniche della composizione vocale adattate alle capacità di cantori anche non professionisti (in ciò possiamo accostare la sua figura, per esempio, a quella del finlandese Yaakko Mäntyjärvi). Didatta illuminato e infaticabile dall’approccio I hear you not yet, o nightingale, And the Eastersun is at dawn; Where stay you so long, or have you forgotten to console? No summering, truly, no sprouting: there springs no leaflet now from the hedgerows, there is ice in the wind, snow in the sky, stormy it is and the gust blows. Yet it starlings and finches loud all about the blackbird laughs and babbles; it is sparrow and tits, cuckoos in woods, it swifts and it sways and it swaggers. Where stays so long, so long the nightingale, No summering yet, but summer it will, the Eastersun is at dawn. gioioso1 (che si riflette nella sua musica!), egli adopera questo suo punto di forza per affrontare e risolvere il problema delle difficoltà di esecuzione da parte dei cori amatoriali; e ne fa un importante fondamento del suo comporre. Convincimento interiore? Vocazione? Diremmo, anche e soprattutto, un talento naturale affinato con lo studio e la lunga esperienza sul campo: sembra che la voce umana per Nees non abbia segreti, tanto egli ne conosce le possibilità e i limiti e nella sua scrittura ne tiene conto, evitando complicazioni gratuite e adottando invece soluzioni di grande raffinatezza, freschezza e originalità che ottimizzano la resa del coro, portavoce di un messaggio sempre pieno di poesia. La partitura di Nees oggetto della nostra analisi sarà I hear not yet (’K en hoore u nog niet) dai Seven madrigals su testi di Guido Gezelle (1830-1899): è giusto spendere qualche parola su questo affascinante personaggio, sacerdote ribelle la cui arte è dotata di un grande afflato mistico-naturalistico e di un lirismo spesso malinconico (in cui si riflettono le travagliate vicende personali); suo merito non ultimo, quello di aver contribuito con la sua poesia alla formazione di una lingua nazionale (ragion per cui i Belgi lo venerano come da noi un Dante o un Manzoni). La versione musicata da Nees è tuttavia in lingua inglese, nella traduzione della celebre letterata belga Christine D’Haen (1923), grande studiosa di Gezelle e autrice di una celebre biografia del poeta. Riporto qui il testo in una – sia pur approssimativa – traduzione italiana: La D’Haen ha impiegato un inglese volutamente arcaico (lo si Non ti sento ancora, o usignolo, e il Sole di Pasqua sta nascendo; dove ti trattieni così a lungo, o ti sei dimenticato di consolare? Niente caldo estivo né germogli; là ora non spunta foglia dalle siepi, là vi è ghiaccio nel vento, neve nel cielo, è bufera e soffiano raffiche di vento. Ancora storni e fringuelli, ad alta voce tutt’intorno il merlo, nero uccello, ride ciarliero: passeri e cincie, cuculi nei boschi, con il suo volo rapido egli domina pavoneggiandosi. Dove si trattiene così a lungo l’usignolo?, non ancora estate, ma arriverà, Sole di Pasqua che nasce. compositorE vede da alcune costruzioni, desinenze dei verbi e, in altri pezzi della stessa raccolta, dalla seconda persona singolare thou invece del you, formula usata ancora oggi nell’inglese devozionale): un modo adatto, direi, per rendere il misticismo naturalistico dal linguaggio poetico di Gezelle. Le immagini espresse dal testo sono altamente suggestive; la musica di Nees le tratta in modo più evocativo che descrittivo, adoperando a tale scopo con grande sapienza gli artifici tecnici della scrittura. Il brano si articola in una forma ternaria la cui terza parte (b. 29-41) ripete il contenuto della prima (b. 1-12), ma – come vedremo – con delle sostanziali differenze di atmosfera, del resto perfettamente in linea con il contenuto del poema. La parte di mezzo (b. 13-28), più rarefatta e imitativa, riprende alcuni spunti tematici e per questo la si può considerare una sorta di sviluppo modulante. A loro volta, com’è tipico delle composizioni madrigalistiche, le tre parti sono suddivise ciascuna in due episodi concatenati, e anche il passaggio dall’una all’altra si svolge in maniera molto fluida. Possiamo quindi asserire che questo brano presenta un’interessante intermediazione (o coesistenza) tra la forma-Lied e quella più libera, appunto, del madrigale. Soffermiamoci sui due episodi A (b. 1-8) e B (b. 9-12) che compongono la prima parte. L’impianto tonale dominante qui è un tranquillo la minore naturale (questa sicurezza conoscerà in seguito delle increspature più inquietanti, già a partire dall’episodio B, per poi essere – e vedremo come – riaffermata alla fine). Il canone iniziale a due entrate (b. 1-3), che dopo l’incipit prosegue abbastanza liberamente, gioca su una sonorità volutamente spoglia. Assistiamo, qui come altrove, a una tendenza delle voci maschili e femminili a raggrupparsi in due blocchi unisoni (es. 1); ciò rende tanto più affascinanti le armonie che vengono a formarsi quando le voci prendono percorsi diversi: in questa prima fase, si tratta di accordi perlopiù consonanti (triadi e settime in vari rivolti). 29 facilmente intonabili, segno della grande cura che Nees rivolge a un apprendimento agevole da parte dei cantori. Rispetto a A, la sonorità di B è molto più sommessa, come a voler creare una zona di mistero nella quale non si capiscono bene gli eventi che seguiranno, in accordo col testo che sospira l’avvento – negato – della bella stagione; le voci sono, singolarmente, raggruppate in un ambito sonoro intermedio. Troviamo qui un accordo nuovo: la triade eccedente che compare due volte alle b. 9 e 10; le conclusive battute 11 e 12 mantengono alta la tensione, che si stempera nell’accordo di re maggiore mf su “hedgerows”. Tonalmente e armonicamente più accidentata è la sezione intermedia, quasi uno sviluppo che comprende due episodi: il più breve e denso C (b. 13-16) e il più dilatato e rarefatto D (b. 17-28), al quale C fa quasi da introduzione. Diversi sono anche gli argomenti del testo, resi in maniera vagamente descrittiva: in C gli agenti atmosferici, in D vari tipi di uccelli. Prosegue la complicazione armonica iniziata con l’accordo eccedente di B: nell’episodio imitativo alle b. 13-14 (che vede contrapposti i soprani alle altre 3 voci) il cromatismo fa#-fa dei contralti – quasi un madrigalismo – rende, in maniera effettivamente agghiacciante, il testo: es. 2: inizio di C, batt. 13 Nella parte del verso che si riferisce alla neve, inoltre, le voci prendono un movimento più turbinoso e il linguaggio armonico ingloba dei frammenti di scala ottofonica (come nell’es. 3) che rendono l’atmosfera ancor più misteriosa proprio grazie all’indeterminatezza del quadro tonale: es. 3: soprano, batt. 14-15 es. 1: inizio del brano Il discorso musicale prosegue in maniera omoritmica a 4 voci, terminando, sopra “console”, con una cadenza frigia su uno spoglio accordo privo di terza, dal sapore arcaico (riguardo a un rifarsi agli antichi modi, c’è un altro punto interessante: la libera imitazione di b. 2, dove l’insistere sul fa delle voci femminili e il si, sebbene di passaggio, delle voci maschili, sembra per un attimo trascolorare in un intrigante modo lidio; vedi es. 1). Punto culminante di A è senz’altro il sol4 toccato dai soprani a b. 7, sopra “forgotten”. Già da questo inizio si può notare la cantabilità profusa in tutte le parti e il loro muoversi armonioso, per intervalli piccoli e comunque Nelle successive b. 15-16, ove dominano armonie cromatiche attribuibili a una zona di sol minore, la tensione cresce e il discorso musicale raggiunge un altro apice (ravvisabile anche stavolta in un sol4 del soprano f a b. 16); al senso di tensione contribuisce l’ambito molto acuto raggiunto da tutte le voci in questo punto (tenori la3, bassi mib3, contralti mib4!). Un’improvvisa modulazione cromatica (la cui nota cardine è il mib dei tenori che diventa re#) introduce all’episodio D, che si svolge in una zona di sol# minore e successivamente di mi maggiore. Abbiamo qui un gioco di libere imitazioni che, presentando le varie specie di uccelli evocate, ne mimano il canto con vari tipi di arpeggi. Sono protagonisti gruppi di sole 2 voci: soprani e tenori (b. 17-20, es. 4), contralti e bassi (b. 21-25; i due episodi si sovrappongono 30 Note 1. Ho avuto la fortuna di conoscere Nees e di essere stato, anche se per pochi giorni, suo allievo al Seminario europeo per giovani compositori di Aosta nel 2006 e nel 2008, ricevendone paterni consigli e incoraggiamenti. 2. A titolo di esempio si può citare l’inizio di un’altra composizione di Nees: il salmo Singet dem Herrn, alle batt. 1-9 e 12-22; nel secondo caso l’inciso ripetuto diventa oggetto di un’imitazione “stretta” fra contralto e tenore, ridotta alla fine a un semplice frammento. parzialmente alle b. 20-21). Le b. 23-25, isolando e ripetendo in imitazione un unico intervallo di terza minore discendente, ripercorrono un topos della musica madrigalistica: il canto del cucù. Giunto qui al suo punto di massima rarefazione, il brano si addensa nuovamente alle b. 26-28 che, a mo’ di compendio e di commento in vista della “ripresa”, concludono la seconda parte. Senza modulare si passa alla zona di re maggiore: l’accordo conclusivo costituisce un visibile richiamo alla fine della prima parte (b. 12) rendendo ancora più intrigante la simmetria interna del brano. Richiamo preciso è anche il piccolo canone di b. 26, dove le voci procedono in due blocchi unisoni, come avveniva all’inizio, e come avverrà tra breve. Dalle b. 26-27 si può trarre spunto per un’altra constatazione generale sul brano. Se il testo è musicato tendenzialmente in maniera sillabica, vi sono tuttavia alcune piccole fioriture melismatiche dal carattere vagamente descrittivo, se non di un preciso elemento, di un’atmosfera a esso legata, o – se si preferisce – della sua riverberazione interiore: si segnalano significativamente quelle della prima parte su “nightingale” (b. 2, vedi es. 1) e su “dawn” (b. 4), dove il gioco delle terze ripetute rimanda giocoforza al canto degli uccelli, elemento determinante nell’ispirazione del pezzo. Queste ripetizioni di piccoli incisi melodici o intervalli sono caratteristiche della musica di Nees, di cui costituiscono un tratto distintivo, quasi un “marchio di fabbrica”2 (e contribuiscono, alla pari con la cantabilità e la scelta degli intervalli, a facilitare l’apprendimento e la memorizzazione da parte del coro). Qui le ritroviamo, unico punto del brano, in tutte le voci (b. 27). Nella terza e ultima parte l’atmosfera dei versi finali, densa di speranza, trova una perfetta rispondenza musicale. Vista la somiglianza molto puntuale con l’inizio possiamo chiamare i due episodi che la compongono con il nome di A’ (b. 29-33) e B’ (34-41): il primo, rispetto a A, è più contratto come dimensioni, viceversa il secondo è molto più sviluppato rispetto a B, tanto più motivatamente visto che ha il compito di concludere l’intero brano. Ma la differenza più sostanziale e decisiva rispetto all’inizio è il cambio di modo da minore a maggiore che – anche in A’ dove la ripetizione di A è quasi letterale – da solo vale a mutare il colore: anche le armonie assumono un carattere più dolce, laddove in A serbavano pur sempre alcuni tratti “spigolosi”. Sull’incipit omoritmico di B’ un crescendo porta a nuovo culmine sonoro (il f su “dawn”, b. 37), dopodiché, in una graduale e generale evaporazione della sonorità, i soprani riprendono il gioco delle terze ripetute, che alla fine (39-41) si trasforma in un’altra citazione del cucù; le voci inferiori sono come un tappeto accordale dolce e intimo che scende verso il basso, affermando quell’ambito di la maggiore, a cui dopo varie peripezie siamo approdati. Alla fine la voce del soprano rimane da sola e svanisce in un pp. Nonostante alcune zone inquietanti, una serenità di fondo, espressione di un animo serafico, permea il brano emergendo chiaramente nella conclusione. L’attenzione ai valori poetici e formali rende la composizione un piccolo capolavoro, rappresentativo di uno spirito elegante, discreto e raffinato. Esempio di grande passione artistica e coerenza professionale, paziente tessitore di arazzi i cui fili sottili legano musica e vita, Nees è stato ed è tuttora (speriamo ancora a lungo!) un modello insostituibile per tanti giovani musicisti. Associazione Regionale Cori Marchigiani 5a ACCADEMIA EUROPEA per direttori di coro e cantori repertorio vocal pop FANO (Pu) 6/13 settembre 2009 Docente Fred Sjöberg Assistente Stefan Berglund In collaborazione con COMUNE DI FANO CORO POLIFONICO MALATESTIANO INCONTRO INTERNAZIONALE POLIFONICO CITTÀ DI FANO Con il contributo del MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI Iscrizioni entro il 31 maggio 2009 la forma musicale cos’È, a cosa serve di Piero Caraba e Carlo Pedini nova et vetera L’aspetto esteriore di qualcosa è la più semplice e immediata definizione del termine forma. Ne consegue immediatamente che la forma è strettamente connessa a quella materia che ne costituisce e forgia il suo aspetto, e che si tratti di una sorta di contenitore esterno, visibile e riconoscibile, per qualcosa che sta al suo interno. La prima conseguenza logica è dunque che la forma potrebbe essere diversa dal suo contenuto. Ma andiamo con ordine. Quando osserviamo un oggetto, un monumento o una grande opera dell’architettura quale potrebbe essere una reggia o una cattedrale, notiamo un’infinità di particolari: scale, colonne, portali, finestre, guglie, statue, fregi ecc.; a un primo sguardo tutto ciò ci colpisce nel suo insieme ma a una successiva riflessione siamo in grado di afferrare che ogni elemento, indispensabile o accessorio, utilizzato nel rispetto o a volte nella sfida di leggi della statica e della fisica, concorre a dare un significato complessivo all’edificio. La stessa cosa accade all’ascolto di un brano musicale, in cui ogni elemento svolge una sua precisa funzione, usuale o nuova, determinando in tal modo la fisionomia e il senso complessivo della composizione. La forma musicale è il risultato di questi rapporti e della nostra osservazione. Ma come si arriva a percepire e quindi a definire una forma musicale? Quando ascoltiamo una composizione siamo sollecitati da una serie di informazioni contemporanee: melodia, armonia, ritmo, andamento, strumentazione, timbro ecc.; ognuno di questi elementi può essere oggetto di una osservazione attenta, cioè di una analisi, sotto almeno due prospettive diverse: 1) isolatamente, come dato a se stante; 2) in rapporto alla composizione nel suo complesso. Ogni elemento musicale, pur costruito con propri criteri e funzioni, assume infatti un significato e una determinata funzione solo in rapporto con altri elementi, perseguendo con essi uno scopo comune. Per questa ragione le forme musicali si manifestano in una pluralità di tipologie; è infatti sufficiente che mutino alcuni criteri nei rapporti di organizzazione tra i vari elementi perché si determini un aspetto esteriore differente, o viceversa, una uguaglianza di criteri organizzativi e costruttivi determinerà una uguaglianza di forma, da cui la possibilità di una sua identificazione e classificazione.1 Riconoscere la forma in se stessa rappresenta un primo, indispensabile, momento di comprensione della composizione; l’analisi ulteriore permetterà poi di approfondire le diverse implicazioni connesse con il fatto musicale, quali a esempio i rapporti che legano internamente melodia, armonia, tempo, andamento, colore strumentale, testo ecc. Come si arriva a percepire e quindi a definire una forma musicale? Si parla anche di senso della forma come della capacità del compositore di dare al brano un giusto equilibrio in rapporto alla conformazione, al numero, al carattere degli elementi utilizzati. Tutto dunque concorre a imprimere un significato al gesto musicale, e se il generale senso della forma conduce l’ascoltatore alla comprensione e, diremmo, alla semplice e libera fruizione di un brano in se stesso, è una analisi più approfondita della forma stessa che ci consente di arrivare al significato di una composizione. A questo punto emerge l’altro grande argomento, intimamente legato al precedente: quello appunto del “significato” della musica, del “qual è il contenuto” di un brano, che è tuttora oggetto di vivaci dibattiti tra gli studiosi di estetica musicale. 33 Note 1. A esempio, senza entrare nel merito dell’epoca e dello stile, le successive entrate di voci che ripetono esattamente la linea melodica e ritmica proposta dalla voce precedente, identificano la struttura del canone; ogni volta che si incontrerà questo procedimento compositivo lo si riconoscerà dunque come tale, cioè come formalmente determinato: è un canone, di Bach, di Mozart o di Beethoven, ma sempre di canone si tratta, visto che possiede quelle specifiche caratteristiche formali. 34 Pur non potendo risolvere il problema in maniera esaustiva in questa sede, è impossibile parlare di forme della musica senza almeno indicare i termini della questione circa il rapporto tra forma e contenuto. È osservazione comune che il contenuto di una forma possa essere tutt’altra cosa che non la forma stessa; nel linguaggio parlato e in poesia ciò è chiarissimo: un sonetto ha sempre la stessa forma ma i suoi contenuti possono essere i più diversi. L’inevitabile riferimento con il linguaggio verbale ci pone immediatamente nel cuore del problema. Stabilire se la musica sia o no un linguaggio è forse il primo passo per giungere al discorso circa i suoi significati.2 Certamente la musica è un sistema, ha le sue leggi, ha una sua grammatica, ha una sua sintassi e dunque sul piano dell’indagine strutturalista rientra a pieno titolo nella categoria linguaggio. La parola è per definizione significante di qualcosa che nella nostra mente si trasforma in un significato (il vocabolo casa, a esempio, si traduce nella nostra mente in un significato ben preciso e inequivocabile); la musica, al contrario, non detiene la capacità di riferirsi a qualcosa di oggettivo, non possiede termini traducibili in precisi significati e non dispone di un vocabolario.3 Questo vuole forse dire che la musica in realtà non è un linguaggio o, peggio, che non è un linguaggio comprensibile? No di certo, anzi, le precedenti osservazioni mettono in luce il suo modo particolare di porsi come linguaggio, un linguaggio sui generis che, pur avendo una precisa organizzazione e articolazione, è sprovvisto di vocabolario, è dunque intraducibile ma nonostante ciò è intelligibile e significativo. Il fatto che la musica non abbia significati che possano riferirsi a qualcosa di concreto non vuol dire che non significhi nulla quanto piuttosto che «i suoi significati non sono verbalizzabili puntualmente». 4 L’antica disputa sulla semanticità o asemanticità della musica condotta dai contenutisti (sostenitori della possibilità da parte della musica di riferirsi ad altro) contrapposti ai formalisti (assertori della musica come espressione di null’altro che se stessa) è improntata in massima parte sul costante riferimento al linguaggio verbale, per il quale il significante “casa” si traduce in quel preciso significato oggettivo. Nel linguaggio musicale il significante è la musica stessa, sono i suoni nella loro organizzazione e struttura formale; tale significante non assume poi significati diversi da se stesso: se dunque dal punto di vista dell’analisi semiologica il rapporto significante/significato certifica che la musica è asemantica, non si può certo negare (e neppure i formalisti lo negano) che proprio questi suoi mancati riferimenti con la realtà concreta consentono alla musica di esprimere o addirittura di incarnare i movimenti e le dinamiche più profonde e più alte dello spirito umano, altrimenti non esprimibili con un linguaggio strettamente semantico. Lo studio delle strutture dell’opera ci dà la chiave dell’emozione estetica che provoca (U. Eco) Anche considerando il campo della poesia, che si fonda sulla semanticità della parola, il più delle volte notiamo che il significato poetico va ben al di là dello stretto messaggio semantico e addirittura, soprattutto nella poesia contemporanea, testi poetici assolutamente privi di significato inteso nel senso comune del termine offrono una tale quantità di informazioni emotive da determinare continue e nuove prospettive di lettura, come ben esemplifica Umberto Eco in Opera aperta citando come esempio la poesia L’isola di G. Ungaretti.5 Pertanto, così come abbiamo definito sui generis il linguaggio della musica, possiamo parlare di una sua semanticità sui generis o, come la definisce Fubini, di una semanticità indeterminata6 che si esprime non attraverso il singolo suono o gruppo di suoni ma emerge dal contesto generale dell’opera, cioè dalla sua struttura formale a sua volta considerata «nel contesto storico in cui l’opera stessa si inserisce».7 8 Le diverse tecniche, i differenti procedimenti linguistici che vanno a creare la forma sono infatti assolutamente dipendenti dal loro contesto storico, anzi, costituiscono essi stessi la storia della musica: studiare una forma prescindendo dalla sua posizione nella nova et vetera storia è una operazione priva di senso sul piano della comprensione dei suoi significati. La forma, considerata nel suo contesto storico, appare dunque come il mezzo attraverso cui si esprime il significato della musica e, compiendo altro tipo di percorso, diremo che solo passando attraverso la comprensione della forma si può giungere a capire il significato di una composizione. Come ben descrive il Nattiez,9 a sua volta rifacendosi alle teorie strutturaliste di J. Molino, c’è una linea che unisce il compositore all’ascoltatore; questa linea passa per l’opera d’arte, la cui comprensione richiede da parte di chi ascolta un processo attivo che lo coinvolge razionalmente ed emotivamente. Entrambi, compositore e ascoltatore, compiono un processo attivo di costruzione: il primo compiendo l’atto creativo, il secondo ponendo in atto consciamente o inconsciamente delle strategie atte a percepire e comprendere l’opera. I due – mittente e destinatario – non si conoscono, sono lontani nello spazio e spesso lontanissimi nel tempo, e il destinatario sarà portato, proiettando se stesso sull’opera, a formulare delle ipotesi circa il cosa ha voluto dire l’autore. È a questo punto che la struttura formale assume il suo primario ruolo di condurci al significato dell’opera; è l’analisi della forma nelle sue connessioni generali e nel suo contesto storico a fornirci la chiave di quella semanticità, sia pure emotiva e ineffabile, di cui la musica è significante. «Lo studio delle strutture dell’opera ci dà così la chiave della emozione estetica che provoca e nel contempo ci fornisce lo schema di una emozione possibile. L’ineffabile non appare nel tessuto dell’opera analizzata: ma l’opera analizzata ci fornisce l’intelaiatura di una macchina generatrice di ineffabile».10 Nel passo citato Umberto Eco chiarisce lo scopo dello studio strutturale di un’opera individuandone al tempo stesso i limiti: una analisi, sia pure ottimamente condotta, non sarà comunque in grado di enucleare i termini concreti di quella semanticità sui generis o di quell’ineffabile che è la struttura stessa a generare. L’analisi formale spiegherà gli artifici, chiarirà le connessioni, prenderà atto delle tecniche che provocano l’emozione; ci condurrà sulla via del giusto significato e con la storia ci indirizzerà verso la più esatta chiave di lettura estetica ed emozionale, ma non ci mostrerà, in se stessa, l’ineffabile, né mai riuscirà a spiegarcelo. 35 2. Per un approfondimento scientifico del problema è di particolare interesse la recente trattazione di A. Frova, Dal parlato alla musica, in Armonia celeste e dodecafonia, Milano 2006, p. 99 e segg. 3. La cosiddetta musica a programma, o forme come il madrigale sono tra gli esempi più evidenti del tentativo di rendere la musica significato o addirittura immagine di una realtà concreta. 4. Cfr. E. Fubini, Musica e linguaggio nell’estetica contemporanea, Torino 1973. 5. «Leggendo questa poesia – assolutamente priva di “significato” nel senso comune del termine – ricevo una massa vertiginosa di informazione circa quest’isola, anzi, ogni volta che mi pongo a rileggere la poesia apprendo qualcosa di più intorno a essa; il messaggio pare proliferare a ogni sguardo, aprirsi a continue prospettive» U.Eco, Opera aperta, Bompiani, Milano 1962. 6. Cfr. E. Fubini, op. cit. 7. Ibid. p. 44. 8. Per meglio comprendere la necessità di inserire nel proprio contesto storico una forma, proviamo a pensare a un compositore contemporaneo che scriva un minuetto in perfetto stile del ’700. Quella forma, oggi, ci condurrebbe certamente a una lettura atta a evidenziare i significati provocatori o ironici di una simile sfida creativa che, sul piano estetico, risulterebbe al più un esercizio di bravura; se viceversa quel minuetto fosse stato composto da un autore del secolo XVIII, tenendo conto di ciò, la nostra indagine formale ci condurrebbe alla comprensione del suo vero significato e ci fornirebbe i mezzi per una giusta valutazione estetica dell’opera. 9. Cfr. J.J. Nattiez, Il discorso musicale, Einaudi, Torino 1987. 10. U. Eco, La definizione dell’arte, Garzanti, Milano 1978, p. 173. europa cantat TORINO 2012 Europa IL SOGNO, LA SFIDA di Pier Filippo Rendina Piazza Palazzo di Città ASSOCIAZIONE «Il Festival Europa Cantat a Torino nel 2012: un sogno che vorremo diventi realtà». Con queste parole il Presidente Fornasier annunciava, a fine 2008, la candidatura della città di Torino a ospitare nel 2012 il XVIII Festival Europa Cantat. Da allora la notizia è rimbalzata attraverso tutti i canali comunicativi della Federazione, da questa stessa rivista al nuovo magazine Italiacori.it, dal sito web alle newsletter, fino al video promozionale presentato ufficialmente a Europa Cantat nell’assemblea di San Sebastian. Questa è indubbiamente una grande opportunità per il nostro paese. Ospitare il festival per la prima volta in Italia significa compiere un grande passo verso una più ampia collaborazione con le altre nazioni europee nel panorama culturale internazionale. Ma facciamo un passo indietro e ripercorriamo la tappe del cammino che hanno condotto dall’insorgere di una quasi folle idea al concretizzarsi di questo grande progetto… Europa Cantat a Torino: la genesi Siamo agli inizi dell’estate 2007 quando si profila in Feniarco l’intento ambizioso quanto determinato di proporre l’Italia quale sede per il Festival Europa Cantat del 2012. «La coralità italiana merita questo evento – spiega oggi Sante Fornasier – perché in questi dieci anni ha lavorato in modo forte e significativo ed è pronta a questa grande sfida». Una sfida, dunque, che vuole suggellare un impegno continuo e costantemente rinnovato a favore della crescita della coralità italiana, non più marginale nel panorama europeo, ma viva protagonista della scena musicale internazionale. Perché proprio Torino? La risposta arriva, ancora una volta, dal presidente di Feniarco. «Molte sarebbero le città italiane che potrebbero ospitare Europa Cantat, ma noi abbiamo scelto Torino perché ha dato prova di una vocazione europea e internazionale, ha dimostrato capacità di organizzazione e ha strutture adeguate da mettere a disposizione per un evento così importante. La scelta del capoluogo piemontese trova altrettanta conferma da parte di un testimonial d’eccezione, Piero Angela, che in un graditissimo videointervento dichiara che «il Festival Europa Cantat nel 2012 avrà tutto l’interesse a venire a Torino, perché è una bella città, antica, con una grande tradizione culturale e musicale, e inoltre ha l’attrezzatura per accogliere tante persone, grazie all’esperienza delle Olimpiadi invernali. In sintonia di intenti con gli amici dell’Acp Piemonte – che sin d’ora si ringraziano per la loro preziosa collaborazione – il 2007 si chiude con un forte proposito: mettersi in gioco e accettare questa grande sfida. Tappe e traguardi È nel corso del 2008 che la candidatura di Torino acquista via via definizione e concretezza. Due incontri – il primo nel mese di aprile con i funzionari del Comune di Torino e della Regione Piemonte, il secondo a settembre con la presenza dell’assessore alla cultura dott. Alfieri e del funzionario della 37 Regione dott. Rocca – portano all’attivo coinvolgimento e sostegno al progetto da parte del Comune di Torino e della Regione Piemonte. Il riconoscimento istituzionale, ufficializzato attraverso una lettera di intenti che esprime il pieno appoggio da parte dei due enti, aggiunge così ulteriore valore alla candidatura del capoluogo piemontese. In vista dell’assemblea annuale di Europa Cantat, svoltasi successivamente nel mese di novembre a San Sebastian (Spagna), viene quindi realizzato il già citato video promozionale, curato dal vicepresidente Alvaro Vatri, con la partecipazione dei due testimonials di prim’ordine Mirella Freni e Piero Angela. Il risultato è un prodotto di grande appeal, capace di dare la giusta valorizzazione a questo ambizioso progetto. Il grande e importante lavoro di squadra che nel corso di tutto il 2008 accompagna la definizione della candidatura di Torino, in stretta sinergia tra il Consiglio di Presidenza Feniarco, lo staff della segreteria e gli amici dell’Acp, viene sottolineato dal vicepresidente Semeraro, il quale osserva che «Torino 2012 si è concretizzato nel 2008. Noi parleremo di quest’anno come di un anno importante nella storia di Feniarco, un po’ come lo è stato il 2004 con l’assemblea di Europa Cantat a Venezia. Sempre più Feniarco sta trovando larghi consensi a livello internazionale: si tratta di un lavoro che stiamo svolgendo in squadra, in maniera veramente coesa e con una grande armonia di intenti.» Il «consenso internazionale» giunge proprio a San Sebastian, in occasione della riunione del Board e dell’assemblea annuale di novembre, alla quale partecipa una nutrita delegazione italiana (vedi Choraliter n. 27, pag. 38). Il Board accoglie con grande favore la candidatura proposta da Feniarco e rimanda la decisione definitiva a seguito del sopralluogo da svolgersi nel mese di gennaio 2009. La visita ufficiale Neve e sole accolgono la delegazione di Europa Cantat – composta dal presidente Jeroen Schrijner, dal vicepresidente e presidente della Commissione Musicale Fred Sjöberg e dalla segretaria generale Sonja Greiner – che sbarca finalmente a Torino il 21 gennaio. Ad attenderli, le delegazioni di Feniarco, dell’Acp Piemonte, della Città di Torino e della Regione Piemonte. La visita alla città da parte dei rappresentanti della federazione europea costituisce, ovviamente, un banco di prova fondamentale: una cattiva impressione potrebbe far cadere l’intero castello costruito in un anno e mezzo di progettazione. Ma la realtà si conferma all’altezza delle aspettative, e buona parte del merito va riconosciuto all’impeccabile organizzazione congiunta in loco tra Acp, Comune e Regione: con una serrata quanto precisa tabella di marcia, presidente, vicepresidente e segretaria hanno modo di visitare in lungo e in largo la città, i suoi prestigiosi siti storico-artistici ma anche le numerose e ben attrezzate strutture ricettive (si parla di circa 2.000 posti universitari!). A completare il quadro, una serie di fortunate coincidenze, a 38 cominciare dal concerto dei King’s Singers, programmato a Torino proprio nella serata del 21. L’indomani, alla visita in anteprima al Teatro Carignano – che sarà inaugurato solo quattro giorni più tardi – segue il sopralluogo al Teatro Regio, nel quale (quasi a simboleggiare il grande interesse della Feniarco per il mondo giovanile) oltre trecento bambini assistono alle prove generali d’opera. Last but not least (e a questo punto non si può non pensare a un segno del destino) l’arrivo dei nostri all’Auditorium Rai sorprende la grande clarinettista Sabine Mayer impegnata nelle prove del concerto per clarinetto e orchestra di Mozart. Grande musica, grande interprete, grande impressione. La delegazione di Europa Cantat lascia Torino la mattina del 23 gennaio e l’esito viene espresso chiaramente: la città dispone di tutti i requisiti necessari e l’organizzazione si è rivelata ottima; non solo, Feniarco si conferma, in ambito europeo, una (se non forse la) realtà più dinamica in questi ultimi anni. «Sicuramente è stata una grande occasione per Feniarco – commenta il presidente Acp Sandro Coda Luchina – che si è presentata indubbiamente bene. Questo sogno, voluto quasi da sempre, lo abbiamo perfezionato in collaborazione: non ci sono solo la Feniarco e l’Acp; a essere coinvolta è l’intera coralità italiana.» La svolta propulsiva Arriviamo così al primo, grande traguardo di questo cammino: dopo una relazione estremamente positiva da parte del presidente Schrijner sulla visita alla città, il Board di Europa Cantat nella riunione di Bonn del 13 e 14 febbraio delibera all’unanimità di assegnare in via definitiva a Torino la XVIII edizione del Festival Europa Cantat. Abbiamo detto “traguardo”, ma in realtà sarebbe più giusto parlare di “svolta propulsiva”, perché da ora dovrà prendere avvio il vero motore organizzativo di questo grande progetto. Il primo appuntamento sarà a Utrecht nel mese di luglio, quando l’Italia riceverà ufficialmente le consegne per il festival del 2012; seguirà un triennio di preparazione che ci coinvolgerà tutti e richiederà il nostro impegno ma anche tutta la nostra passione, per il raggiungimento di un obiettivo unico nella storia della coralità italiana. «Immagino la presenza della coralità italiana a Torino con un ruolo da protagonista. Feniarco metterà a disposizione tutta la sua esperienza, la sua capacità e le sue risorse economiche e intellettuali per un grande, grande evento.» Con queste parole del presidente Fornasier vogliamo concludere sottolineando un binomio che contraddistingue l’attività di Feniarco: il “sogno”, che è immaginazione, fantasia creativa, sguardo in avanti verso la costruzione del futuro, e la “sfida”, da perseguire attraverso una solida progettualità fatta di mezzi, sì, ma soprattutto di qualificate competenze e professionalità. Un binomio raro, probabilmente, nell’universo del terzo settore, ma in grado di portare a grandi risultati quale di certo sarà il Festival Europa Cantat TORINO 2012. Solidarietà per l’Abruzzo Siamo dolorosamente colpiti dalle notizie del tremendo terremoto che ha sconvolto L’Aquila e alcuni centri dell’Abruzzo. Esprimiamo il profondo cordoglio per le vittime e la vicinanza più solidale a tutti coloro che sono stati colpiti dalla catastrofe. In particolare vogliamo far sentire ai nostri amici dei cori abruzzesi la solidarietà fattiva di tutta la coralità amatoriale italiana aprendo una sottoscrizione per raccogliere fondi la cui destinazione sarà concordata con l’Arca (Associazione Regionale Cori Abruzzo) per individuare i settori di intervento. È stato dunque aperto presso Feniarco un conto dedicato presso il quale versare i contributi, a partire dalla Federazione stessa che mette a disposizione mille euro. Le coordinate sono le seguenti: Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia Piazza del Popolo, 5 - 33078 San Vito al Tagliamento Pn IBAN IT29 W063 4065 0101 0000 0005 362 intestato a Feniarco Solidarietà Esprimiamo il vivo auspicio che questa profonda ferita possa essere al più presto rimarginata pur nella consapevolezza che resteranno irreparabili alcune perdite di legami umani, storici e culturali. à OPUJ[JF BQQSPGPOEJNFOUJ DVSJPTJUh SVCSJDIF NVTJDB TFSWJ[JTVJQSJODJQBMJ BWWFOJNFOUJDPSBMJ UVUUPTVJDPSJJOVOBOVPWJTTJNBWFTUFHSB¾DB BQBSUJSFEBM -"3*7*45"%&-$03*45" BJVUBDJBTPTUFOFSFMBDVMUVSBDPSBMF BCCPOBUJB$)03"-*5&3FBWSBJJOPNBHHJP*5"-*"$03**5 VONBHB[JOFEFEJDBUPBHMJFWFOUJDPSBMJFBMMFJOJ[JBUJWFEFMMµBTTPDJB[JPOF BCCPOBNFOUPBOOVPFVSPBCCPOBNFOUJFVSP Rivista quadrimestrale della FENIARCO Federazione Nazionale Italiana Associazioni Regionali Corali Un primo bilancio… sociale bilancio di Marco Fornasier Feniarco cresce e si dota di uno strumento innovativo, complesso e ambizioso, che mira a rendicontare l’impatto sociale dell’attività svolta da un ente non profit. Un mezzo capace di orientare la federazione nella programmazione e progettazione, nel perseguimento della qualità delle attività svolte, nell’ottimizzazione delle risorse umane, nella valutazione e nel controllo di gestione. Uno strumento identitario e distintivo della coralità amatoriale italiana che permette di dare una risposta concreta alla domanda su chi siamo, cosa facciamo e qual è il nostro valore aggiunto. ASSOCIAZIONE «In venticinque anni di attività, Feniarco è diventata un’organizzazione che impegna risorse umane, investe risorse economiche, sviluppa un’attività al servizio della coralità su più livelli, da quello formativo a quello editoriale, dalla promozione di eventi alle relazioni internazionali. È diventata così un’organizzazione non profit, affermata sul piano nazionale per la professionalità con cui persegue la diffusione della musica corale, che in questo momento della sua vita associativa sente la necessità di fare il punto della situazione e di raccogliere quanto seminato in anni di devozione alla sua missione istituzionale. Da qui l’idea di realizzare il primo bilancio sociale dell’organizzazione, uno strumento cioè che tenga conto delle attività della federazione, dei suoi sforzi in campo musicale, culturale e sociale». Con queste parole Sante Fornasier enuncia le motivazioni profonde che hanno portato Feniarco a realizzare il suo primo Bilancio sociale, un ricco volume che ne illustra la mission, le attività, i risultati concreti e le ricadute tangibili sul territorio. Un volume nato grazie a un progetto favorevolmente accolto e sostenuto dal Ministero della Solidarietà Sociale (ora Ministero del Lavoro, della Salute, e delle Politiche Sociali) e frutto di un lungo lavoro di raccolta delle informazioni, di elaborazione e di revisione, per giungere alla stampa e alla successiva diffusione presso tutti gli associati. È questo un segnale forte della crescita che ha caratterizzato in questi ultimi anni Feniarco che, dotandosi per la prima volta di uno strumento quale è il Bilancio sociale, vede riconosciuta l’importanza e il rilievo della propria attività, superando quelli che sono i “limiti” di una amatorialità troppo spesso relegata a ruoli marginali e allineandosi ai grandi attori della scena culturale nazionale. Il Bilancio sociale vuole essere anche uno strumento identitario, “distintivo” della coralità amatoriale italiana; un documento in grado di attestare chi siamo, cosa facciamo, perché lo facciamo, “quanto” siamo. Tali domande trovano esauriente risposta nelle articolate sezioni che compongono il volume: all’organigramma della federazione si aggiungono le schede relative alle singole associazioni regionali, riportanti dati e numeri significativi per tracciare un quadro demografico e geo-antropologico della coralità in Italia. A seguire, le principali attività della federazione e delle regioni sono presentate nelle differenti sezioni “concertistica”, “corsi e seminari”, “editoria” e “progetti, concorsi e convegni”: ciascuna sezione è preceduta da un’introduzione o 41 che delinea l’orizzonte del pensiero sulla coralità elaborato da Feniarco; di ogni attività vengono esplicitati gli obiettivi, lo svolgimento, le tematiche di contesto, i risultati ottenuti e i dati statistici sui soggetti coinvolti. Arricchiscono le schede alcuni interessanti approfondimenti storico-artistici che rafforzano il legame vivo della coralità con il territorio nel quale essa opera. Non poteva mancare ovviamente una sezione “bilancio e distribuzione del valore aggiunto”, la quale offre una quantificazione chiara e trasparente della consistenza in termini economici dell’attività della federazione. A completamento di questo ampio documento, l’elenco dei cori associati (lo ricordiamo, oltre 2.300!) rende il merito a una presenza numerosa e capillare su tutto il territorio nazionale. Non da ultimo, la veste grafica moderna e accurata nonché la ricchezza del materiale iconografico che completa e illustra il volume, ne fanno un prodotto qualitativamente significativo, capace di offrire un’immagine viva e dinamica della coralità italiana quale essa si è configurata in questi ultimi anni. Ma il Bilancio sociale rappresenta uno strumento identitario anche per il metodo paradigmatico che ne ha accompagnato la realizzazione, in virtù dello stretto rapporto di sinergia tra Feniarco e le associazioni regionali: l’elaborazione e la proposizione del progetto da parte della federazione e il successivo processo di raccolta e di revisione omogenea dei dati forniti dalle regioni, con la congiunta presentazione del risultato definitivo, hanno costituito un’ulteriore e fondamentale occasione di coesione della coralità italiana al suo interno e di confronto con il mondo esterno. «L’indagine sullo stato attuale della federazione» conclude il Presidente Fornasier nella sua introduzione al volume «e la proiezione rispetto al futuro mettono in luce i processi decisionali, le modalità organizzative, i metodi di lavoro, consentendo di cogliere i punti deboli, su cui intervenire per migliorare e progredire. Da quest’ultimo punto deriva la dimensione dinamica del bilancio sociale, che, lungi dal porsi a conclusione di un percorso, può diventare, e lo è nelle intenzioni di Feniarco, il punto di partenza di un altro quarto di secolo di musica corale in Italia». 42 Assemblea Feniarco Castel San Pietro Terme, Bologna di Giorgio Morandi “Anusca Palace”: nome “misterioso”, per chi non è avvezzo a stare fuori casa almeno tre volte al mese, o non fa parte dell’Associazione Nazionale Ufficiali di Stato Civile Anagrafe; ma ora il piccolo mistero è svelato: chiaramente è la denominazione di uno stupendo hotel a cui mi porta una puntualissima navetta. Ecco nominati soltanto due elementi (l’hotel e il servizio trasposto), ma entrambi già portano il chiaro marchio di una organizzazione che si rivelerà di altissimo livello anche in tutto il resto: è il marchio Aerco-Feniarco dove l’immagine e la qualità sostengono giustamente la mole di lavoro realizzata da venerdì 20 a domenica 22 marzo 2009. «Sig. M…. ben arrivato» è il saluto diretto, personale, sonoro dell’addetto alla reception che espletata brevissima formalità di registrazione con evidente elevata professionalità continua: «Ora prenda la camera, poi le indicherò il ristorante dove la stanno aspettando»! Pochi minuti più tardi… al ristorante delle terme di Castel San Pietro Terme: una serena compagnia di almeno trenta persone mi accoglie con amicizia; saluti sonori, strette di mano, abbracci. Vecchi e nuovi amici si incontrano… La cosa non avviene in ordine gerarchico, ma… arrivo velocemente al presidente Sante Fornasier che accoglie con la consueta affabile signorilità e offre un posto accanto a lui. Non sto dilungandomi su inezie personali, ho voluto tentare di dare al nostro lettore un’idea dell’atmosfera che caratterizza l’ambiente Feniarco. È questo un elemento importantissimo, perché su di esso si poggia una mole enorme di lavoro: due gruppi di studio che il giorno precedente, per sei/sette ore, hanno lavorato rispettivamente sui temi “concorsi e festival” e “legislazioni regionali a favore dei cori”; una assemblea che in circa otto ore dovrà evadere ben 12 punti segnati all’ordine del giorno della convocazione assembleare. Il tutto incorniciato dai momenti conviviali e da un gustosissimo concerto del complesso Gruppo Emiliano, offerto dagli organizzatori dell’Aerco nella serata di sabato. Lungi dal voler inutilmente raddoppiare il verbale dell’assemblea che verrà consegnato dalla segreteria a tutti gli aventi diritto, voglio sottolineare la partecipazione globale all’assemblea da parte di tutte le componenti Feniarco: il Consiglio di Presidenza al gran completo, con Sante Fornasier, Alvaro Vatri e Pierfranco Semeraro e il segretario Lorenzo Benedet, accompagnati dai collaboratori di segreteria Annarita Rigo e Marco Fornasier; i rappresentanti del Comitato di Redazione di Choraliter e di Italiacori.it Sandro Bergamo e Giorgio Morandi (ma tra i delegati regionali siedono anche i colleghi di redazione Puccio Pucci e Alvaro Vatri); presenti, con uno o due rappresentanti, quasi tutte le associazioni regionali. Gli argomenti trattati nella giornata di studio li abbiamo già brevemente citati; ecco ora alcuni di quelli trattati durante l’assemblea. In primis, le normali procedure assembleari, con l’approvazione del verbale della riunione precedente, l’approvazione della relazione sull’attività del 2008 e il bilancio consuntivo 2008. Il consenso unanime degli aventi diritto di voto già la dice lunga sull’ottimo lavoro svolto dal Consiglio di Presidenza e sulla fiducia esplicita dei membri della federazione corale nazionale nei loro dirigenti. I programmi di attività 2009 e il relativo bilancio preventivo ricevono lo stesso unanime consenso. È poi la volta dei progetti specifici, tra cui emerge nella sua importanza il Festival Europa Cantat 2012 in via di organizzazione a Torino. Il presidente mette a conoscenza di tutti le procedure approntate a tutt’oggi per tale iniziativa, le collaborazioni attente e d’alto livello trovate sia nell’Associazione Cori Piemontesi, sia nelle autorità civili che sono coinvolte nella grande manifestazione corale di portata europea. Ben evidenziato è il ASSOCIAZIONE consenso totale ed entusiasta della presidenza di Europa Cantat che lo scorso mese di gennaio ha visitato la città e le strutture su cui l’evento sarà costruito. Ed ecco, quindi, le iniziative finora organizzate e quelle in preparazione per il prossimo futuro. Importantissima, veramente decisiva sarà quella che porterà ad avere uno stand promozionale nell’ambito del festival triennale di Europa Cantat a Utrecht nel prossimo mese di luglio, quando la città olandese passerà il testimone alle autorità torinesi. L’avvio del progetto Aps denominato inDirection in collaborazione con l’Università Cattolica: è ormai in fase avanzata la raccolta dei nominativi dei direttori di coro partecipanti da tutte le regioni italiane; la sua attuazione sarà immediata secondo la tempistica prevista dal progetto approvato dal ministero. Sul fronte dell’editoria, numerose le opere realizzate negli ultimi tempi e ricche le iniziative già in cantiere per un futuro prossimo. Pubblicato il corposo Bilancio sociale 2007 della Feniarco, avviata con i volumi della Toscana e del Friuli Venezia Giulia la collana Voci & Tradizione, presentata la pubblicazione delle Composizioni selezionate nell’ambito del Seminario europeo per giovani compositori di Aosta 2008, ecco annunciata la pubblicazione a breve di nuovi volumi delle collane Giro giro canto, Melos e Teenc@nta. Grosso impegno ormai in fase di realizzazione è quello della nuova rivista Choraliter e di Italiacori.it. Appena archiviato il primo numero di Italiacori.it, la nuova Choraliter (di cui state leggendo il primo numero) necessita di ulteriore promozione. Il pur discreto numero di abbonamenti raccolti non è sufficiente per il suo sostegno definitivo. Grande notizia fornita dal presidente: l’editore Feniarco avrà, nell’ambito di Europa Cantat Festival 2009 di Utrecht, un proprio stand ove pubblicizzare e mettere a disposizione dei partecipanti le opere pubblicate in questi anni. Il nuovo disegno di legge a favore di cori e bande: dettagliato e puntuale aggiornamento da parte del presidente. I portavoce dei gruppi di studio su “concorsi e festival” e sulle “legislazioni regionali a favore dei cori” presentano all’assemblea il risultato del loro lavoro: si tratta dell’analisi 43 dei diversi problemi e le proposte che ritengono di suggerire per affrontarli al meglio. È ancora il presidente Fornasier ben sostenuto e affiancato dai suoi vicepresidenti Alvaro Vatri e Pierfranco Semeraro che tira le fila e porta alla conclusione l’intensa e fruttuosa assemblea primaverile di una Feniarco lanciatissima sulle attività previste, nonostante non manchino preoccupazioni legate alla situazione di crisi che pervade la società odierna in tutti i suoi ambiti. È giusto ora dedicare un momento di attenzione a chi ha ospitato il nuovo evento Feniarco: il sindaco della città di Castel San Pietro Terme che sabato mattina ha portato personalmente i saluti dell’amministrazione e di tutta la cittadinanza (foto sotto); gli organizzatori dell’evento “Assemblea Feniarco primavera 2009 a Castel San Pietro Terme”: l’Aerco, Associazione Emiliano-Romagnola Cori, rappresentata dal suo presidente Fedele Fantuzzi, dal vicepresidente Giacomo Monica, da Andrea Angelini in veste di consigliere Aerco nonché direttore della rivista regionale FarCoro e dal piccolo vulcano (affiancatelo al nostro segretario Lorenzo Benedet e ditemi se posso esprimermi diversamente!) Puccio Pucci segretario dell’Aerco e delegato per la Feniarco, responsabile di tutta l’organizzazione della “tre giorni Feniarco” a Castel San Pietro Terme. I ringraziamenti per l’ottima organizzazione sono davvero meritati, così come è ben motivata la gioia che Puccio e amici Aerco non hanno certo nascosto, anzi… hanno ben espresso con le brevi parole del loro presidente Fedele Fantuzzi che ha salutato cordialmente. voci & tradizione voci & Nuova collana feniarco Con i primi due volumi, quello relativo alla Toscana e quello concernente il Friuli Venezia Giulia, si è finalmente avviata la collana Voci & Tradizione. Un’opera attesa, che viene a sottolineare l’importanza che, anche in Italia, ricopre la musica di tradizione orale per il movimento corale. Nell’opera trovano spazio sia le ragioni della fedeltà al dato etnomusicale, con la trascrizione e una puntuale scheda della versione orale originaria, sia quelle della libera rielaborazione artistica, con la pubblicazione di elaborazioni per coro, talvolta ripubblicando brani già noti, più spesso con la commissione di nuove elaborazioni. Questo impianto generale trova poi in ciascun volume un’applicazione corrispondente alle specificità regionali. Mentre i primi due volumi sono stati presentati nel corso dell’assemblea nazionale Feniarco di Castel San Pietro lo scorso marzo e saranno distribuiti a breve, altri sono già in dirittura d’arrivo e andranno presto ad arricchire la collana. ASSOCIAZIONE Toscana Il volume Voci & Tradizione della Toscana è stato coordinato da Paolo Bon, Alessandro Buggiani e Claudio Malcapi seguendo rigorosamente il principio del doppio binario, filologico ed espressivo, indicato dalla Feniarco. Per ogni brano vi troviamo una scheda filologica a uso dell’etnomusicologo, con la trascrizione della melodia alla fonte e tutte le informazioni a lui utili; la bibliografia specifica, brano per brano, è situata in calce al volume, prima della bibliografia generale, ed è stata curata da Claudio Malcapi e Luca Bonavia; alla scheda segue l’elaborazione dell’esito orale, ma forse sarebbe più giusto dire la composizione sull’esito orale a cura di musicisti prestigiosi di svariate aree italiane. I musicisti hanno potuto lavorare in piena libertà, senza sudditanza alcuna ai dati calligrafici offerti dai singoli esiti, poiché quei dati erano già contenuti nelle schede. Proprio per questo si tratta di composizioni su piuttosto che di elaborazioni di esiti orali. In questo volume assistiamo a una inversione di rotta rispetto alla tradizionale armonizzazione dei canti popolari. Dal lessico scompare l’attributo popolare, che viene sostituito con arcaico: alla materia espressiva orale si riconosce la dignità dell’arcaico, la stessa che usualmente riserviamo al canto gregoriano; all’interpretazione sociologica delle fonti orali si sostituisce dunque quella antropologica. La composizione che si innesta sulla fonte orale va nella stessa direzione, alla ricerca delle implicazioni più profonde di essa, verticali e orizzontali (armoniche e contrappuntistiche), che vengono liberate e portate alla luce e infine organizzate nel procedimento compositivo. Lapo Giambono 45 Friuli Venezia Giulia Il secondo volume della collana Voci & Tradizione è dedicato al Friuli Venezia Giulia, regione in cui convivono popolazioni diversissime quanto a lingua e tradizione. Di queste diverse realtà culturali e linguistiche il volume, curato da Roberto Frisano, vuole essere una raccolta il più possibile rappresentativa. I canti nella loro versione originale sono stati in parte scelti tra i documenti registrati sul campo, spesso tra i canti presenti in pubblicazioni di vario genere: in Friuli Venezia Giulia l’interesse per il canto di tradizione orale ha avuto inizio intorno alla metà del diciannovesimo secolo e, pur in varia misura nei diversi territori linguistico-culturali di cui la regione si compone, si è concretizzato in un’attività di ricerca, raccolta e pubblicazione che ha prodotto abbondanti testimonianze delle tradizioni musicali popolari locali. Per comporre una proposta varia si è preferito accostare a canti e armonizzazioni già note, nuovi lavori su materiali popolari poco o per nulla conosciuti. Le versioni corali sono state scelte tra quelle che maggiormente rispettano il modello musicale ed espressivo originario (senso comunicativo del testo, integrità della melodia, conduzione armonica, ecc.), evitando elaborazioni troppo complesse. Si è posta attenzione anche all’eseguibilità delle versioni, avendo come riferimento lo standard dei cori amatoriali, e anche alla varietà degli organici vocali di destinazione. In conformità alle indicazioni della Commissione Artistica Feniarco, si è deciso di inserire nella raccolta anche due esempi di canto d’autore (assai noti anche al di fuori del Friuli) che già da quasi un secolo sono oggetto dell’appropriazione popolare tanto da poter essere considerati parte del patrimonio tradizionale friulano a tutti gli effetti. Inoltre sono stati inseriti anche due canti della tradizione triestina così diffusi da rendere privo di significato il rimando a specifici esempi raccolti sul campo. Per evidenziare la loro sostanziale diversità rispetto al resto dall’antologia si è preferito raccogliere queste armonizzazioni in un’appendice. Sandro Bergamo 46 Lo “stato dell’arte” della coralità italiana Intervista a Giancarlo Comar a cura di Sandro Bergamo Nello scorso numero abbiamo trattato ampiamente del “Polifonico” di Arezzo, sottolineando, in particolare, il quadro positivo della coralità italiana emerso dalle giornate aretine. Ritorniamo sull’argomento con Giancarlo Comar, che con il Coro da Camera Trentino ha ottenuto il terzo posto alla competizione internazionale. Il Coro da Camera Trentino è il coro italiano che ha ottenuto il miglior risultato al 56° Concorso Polifonico Internazionale “Guido d’Arezzo”. Quali considerazioni sullo “stato dell’arte” della coralità italiana le suggerisce non solo il risultato suo e del suo coro, ma quanto abbiamo potuto ascoltare quest’anno a Arezzo? Anche se per motivi legati agli impegni del coro durante la manifestazione non ho potuto ascoltare i protagonisti dell’ultima edizione del concorso aretino che in modo molto frammentario, ritengo che la coralità italiana abbia in parte recuperato in questi ultimi anni il divario che la separava dai paesi più evoluti in questo settore. Tra i diversi elementi che potrebbero sostenere questa affermazione due sono, a mio avviso, particolarmente significativi. In primo luogo l’elenco degli autori e dei brani che troviamo nei siti web di moltissimi dei nostri cori alla voce “repertorio”; negli ultimi anni ho notato una confortante tendenza da parte di un numero sempre crescente di formazioni a voler essere aggiornate e a confrontarsi, molto più che in passato, con ciò che viene scritto ed eseguito al di fuori del nostro paese, cimentandosi con lo studio e l’esecuzione di brani di difficoltà un tempo improponibili. Un altro incoraggiante segnale di risveglio, non meno importante del primo, è dato in questo periodo dalla presenza di diversi cori italiani negli “Albi d’oro” di numerosi concorsi internazionali. È questo un indicatore di grande importanza, poiché significa che il percorso che ci ha portati a conoscere ciò che sono in grado di fare gli altri (grazie alla frequentazione di concorsi, rassegne internazionali, corsi di perfezionamento e così via) sta producendo i suoi frutti, consentendoci ora di confrontarci con loro in maniera adeguata. Personalmente ritengo che le potenzialità del mondo corale italiano siano ancora largamente inespresse e che comunque un settore su cui si debba ancora migliorare in modo particolare sia quello della musica contemporanea, ambito che forse più di altri ci vede meno competitivi. Un premio che arriva certamente dopo un intenso lavoro preparatorio. Come avete affrontato e vissuto la preparazione al concorso? In questi anni abbiamo partecipato a numerosi concorsi nazionali e internazionali anche con l’obiettivo di acquisire un’esperienza e una sicurezza sempre maggiori in competizione: in questo senso posso senz’altro dire che il risultato di Arezzo è frutto di una programmazione pluriennale. Cantare davanti a una giuria, infatti, è a mio avviso una situazione del tutto particolare, il cui “allenamento” è soltanto la competizione stessa; per quante prove o concerti uno faccia, non riuscirà mai a riprodurre le stesse condizioni di un concorso. In ogni caso abbiamo sostenuto un buon numero di concerti preparatori, cercando di cantare in situazioni di difficoltà soprattutto per quanto riguarda l’acustica. Come sceglie i brani da portare al concorso? Solo vecchi e collaudati cavalli di battaglia o il concorso può stimolare a percorrere strade nuove? Ritengo innanzitutto che il repertorio che un coro canta a un concorso debba essere ben consolidato e padroneggiato con sicurezza sia dai coristi che dal direttore: non possono sussistere passaggi irrisolti o zone d’ombra nell’esecuzione dei brani quando si partecipa a una competizione. Ciò non significa, tuttavia, che i brani debbano essere sempre gli stessi, anche perché approfondire ogni volta le solite cose crea un senso di stanchezza e di ripetitività alla lunga dannoso. Credo che per essere competitivi a un concorso internazionale, tuttavia, sia importante anche scegliere dei brani che abbiano anche un’adeguata difficoltà, ovviamente alla portata del coro, e ciò soprattutto per il periodo contemporaneo. Seguendo questa idea, oltre alla volontà di studiare qualcosa di nuovo e stimolante nel 2006, al concorso di Tours, eseguimmo un Cantate Domino scritto per noi da Pietro Ferrario qualche mese prima; tuttavia in quella circostanza non ci fu forse il tempo di assestare completamente il brano e non riuscimmo a ottenere un buon risultato. Cosa rimane in un coro di una vittoria a un concorso: la maturazione artistica, una maggior dimestichezza col pubblico, la capacità di concentrasi su un obbiettivo… Penso che partecipare a una competizione, con tutto ciò che questa cosa implica, contribuisca innanzitutto a migliorare i CRONACA rapporti tra i componenti del coro, rendendoli più solidi e sentiti: è un’esperienza molto profonda da un punto di vista umano che, a mio modo di vedere, si imprime in modo indelebile e significativo in coloro che la vivono. Dal lato artistico poi il concorso restituisce non solo un eventuale risultato positivo ma anche, e questo in ogni caso, una nuova consapevolezza e un diverso modo di affrontare i concerti e le esibizioni “normali”. Le condizioni del tutto particolari, direi quasi “estreme” del concorso, con il suo carico di aspettative e di energia, ma anche di tensione, consentono spesso al gruppo di fare un salto qualitativo importante verso una sempre maggior sicurezza e maturazione. Avete in programma la partecipazione ad altri concorsi? Saremo impegnati alla fine di aprile e nei primi giorni di maggio a Cork, in Irlanda, per la 56ª edizione del concorso internazionale “Fleischmann Trophy”. In questo caso, pur portando brani consolidati, sperimenteremo invece una nuova – almeno per noi – modalità esecutiva, abbandonando la consueta disposizione delle sezioni in blocchi, ma mescolando le coriste sul palco in modo “disordinato” per ottenere una diversa sonorità. La generale situazione di crisi finanziaria sta creando qualche problema anche alla coralità. L’edizione 2009 del concorso di Vittorio Veneto è stata sospesa, mentre altre competizioni vedono ridursi le risorse a diposizione. Come giudica questa situazione? Ovviamente non in modo positivo. Non credo tuttavia sia un problema di mancanza di risorse, anche se certamente il momento non è dei migliori, ma di come le risorse a disposizione vengono investite. Bisognerebbe chiedersi il perché, tanto per fare qualche esempio, talune manifestazioni estive o certi programmi televisivi abbiano sempre un finanziamento pronto e sicuro. Penso che il problema sia “politico” nell’accezione più ampia del termine, cioè riguardi l’importanza che le istituzioni, a qualsiasi livello, attribuiscono al canto corale e alla sua funzione nella nostra società. In questo senso è fondamentale far sentire le nostre voci non solo nei concerti, ma anche per far comprendere e diffondere con decisione i valori artistici e sociali che la pratica del cantare in coro reca con sé. 47 Coro da Camera Trentino__________ Il Coro da Camera Trentino di Borgo Valsugana si è costituito nel 2005 nell’ambito dei laboratori attivati dalla scuola di musica di Borgo, Levico e Caldonazzo. Caratteristica del coro è quella di potersi presentare al pubblico con diverse formazioni in relazione al programma proposto; anche se il coro è nato con lo scopo di eseguire e diffondere repertori di tutti gli stili e periodi storici, un’attenzione speciale viene riservata alla musica contemporanea. La sezione femminile in particolare, attiva dal 1998 al 2004 con il nome di Coro femminile della Scuola di Musica di Borgo, Levico e Caldonazzo, svolge un’intensa attività concertistica e partecipa regolarmente a competizioni corali in Italia e all’estero. In questi anni il coro ha ottenuto diversi premi a concorsi quali il 10° Concorso polifonico nazionale di Palazzo Pignano (Cremona 2000), il 22° Concorso polifonico nazionale e internazionale Guido d’Arezzo (2005), il Concorso di Quartiano (Lodi) e il 35° Concorso internazionale “Florilege Vocal de Tours” (Francia). Nel corso degli anni il coro ha preso parte anche a importanti eventi musicali in Trentino e in altre regioni, come a esempio il Festival regionale di musica sacra di Trento e Bolzano, Pergine Spettacolo Aperto, BassanoIncanto. Particolarmente significativa, nell’agosto 2006, la collaborazione con Marco Brunello e Moni Ovadia per la realizzazione dell’evento musicale Fuochi in cielo, fuochi in terra promosso dall’Associazione Arte Sella del Borgo di Valsugana. Il coro è stato inoltre invitato a esibirsi presso la Camera dei Deputati a Roma in occasione del secondo concerto di Natale della coralità di montagna. Il coro è stato fondato e diretto dal maestro Giancarlo Comar. 48 Notizie dalle regioni A.BA.CO. Associazione Basilicata Cori Via Lucania, 12 - 75023 Montalbano Jonico (Mt) Presidente: Rocco Pontevolpe Nella giornata di sabato 28 marzo presso la sala grande della biblioteca comunale del Comune di Grassano (Mt), ospiti dell’associazione corale Polimnia, si è tenuta l’assemblea regionale dell’Abaco. Presenti quasi tutti i presidenti e delegati delle 21 associazioni iscritte, con la partecipazione anche del commissario artistico di Feniarco Alessandra Barbaro. Nutrita quest’anno la partecipazione delle associazioni potentine, che grazie alle nuove iscrizioni sono riuscite a equilibrare la platea corale tra le due province. Dopo i saluti del sindaco di Grassano Vito Magnante e del responsabile dell’associazione ospitante Mario Soranno, sono stati affrontati i numerosi punti in agenda, dalla programmazione 2009 ai nuovi progetti ministeriali, all’elezione degli organi collegiali. Il presidente ha aperto i lavori con una nutrita relazione, tracciando tutto quello che è stato fatto dall’Abaco in questi ultimi tre anni, presentando anche il bilancio consuntivo dell’associazione, approvato all’unanimità. Dopo l’ampia relazione del presidente, i delegati hanno confermato all’unanimità e per la prima volta con voto palese alla presidenza Rocco Pontevolpe insieme ai consiglieri Giovanni Donadio, Antonio Santercole, Salvatore Panzaro (vicepresidente) e Michele Lioy (neoeletto). Il presidente, dopo aver espresso gratitudine ai delegati per la fiducia espressa, e ringraziato in modo particolare il consigliere uscente Guido Cicchetti, ha affrontato gli impegni per il biennio 2009/2010: la XI Rassegna corale regionale, il II corso per direttori di coro e coristi, i concerti d’insieme per la Santa Pasqua, la programmazione e l’uscita della brochure della VI edizione del “Canto corale in Basilicata” per il Natale 2009 e altri eventi importanti come il XVII Festival Europa Cantat Utrecht (Olanda), XVIII Europa Cantat Torino 2012, i progetti Aps Bilancio sociale e inDirection. U.S.C.I. Friuli Venezia Giulia Unione Società Corali del Friuli Venezia Giulia Via Altan, 39 - 33078 San Vito al Tagliamento (Pn) Presidente: Sante Fornasier L’Usci Friuli Venezia Giulia si è riunita sabato 28 marzo a Trieste, presso l’aula magna del Conservatorio “G. Tartini”, per l’assemblea annuale, importante occasione di riflessione e di sintesi sulle molteplici attività svolte e sui progetti futuri. Particolarmente gradita la presenza dell’assessore regionale alla cultura Roberto Molinaro, che nel suo intervento ha riconfermato il sostegno da parte dell’Ente Regione nei confronti dell’associazione, che rappresenta l’interlocutore privilegiato per la promozione e la diffusione della cultura musicale-corale su tutto il territorio regionale. In particolare, l’assessore ha sottolineato e riconosciuto l’importanza di una presenza capillare sul territorio nonché l’impegno a favore della REGIONI crescita qualitativa dei cori, per perseguire obiettivi di eccellenza artistica. Di primaria importanza anche il dialogo con il mondo della scuola, per favorire la diffusione della pratica corale negli istituti di ogni ordine e grado, e l’apertura all’internazionalità, specie in una regione di confine come è il Friuli Venezia Giulia, collocata in uno strategico punto di incontro tra differenti culture e tradizioni musicali. Le numerose attività svolte nel 2008 e i nuovi programmi per il 2009, ampiamente illustrati dal presidente Fornasier nel corso dell’assemblea, si confermano attenti alle linee guide espresse dall’assessore Molinaro. Molte le iniziative formative consolidate negli anni e confermate anche per l’anno in corso, dai Seminari internazionali di canto gregoriano Verbum Resonans ai Corsi di formazione per direttori di coro, dai seminari di Voce e consapevolezza corporea al corso di intonazione naturale IntoNat; un’attività formativa che guarda proprio alla crescita e maturazione qualitativa della coralità nei suoi molteplici aspetti, rivolgendosi tanto ai direttori quanto ai singoli coristi. Un occhio di riguardo viene inoltre rivolto al mondo della scuola, sia attraverso il progetto biennale Primavera di Voci, rassegna regionale dedicata ai cori di voci bianche e cori scolastici, sia tramite la collaborazione con l’Ente Regionale Teatrale del Friuli Venezia Giulia per la realizzazione del progetto Teatro di Voci, iniziativa giunta alla sua terza edizione e articolata nel corso dell’anno scolastico 2008-09 in due percorsi, il primo rivolto alla formazione degli insegnanti, il secondo, di tipo laboratoriale, rivolto agli alunni e agli insegnanti delle scuole che hanno partecipato alle precedenti edizioni. Grande rilievo riveste, infine, l’apertura a una prospettiva europea e internazionale che ha contraddistinto sempre più la vita dell’associazione in questi ultimi anni. Nativitas, il grande progetto dedicato ai canti e alle tradizioni natalizie in Alpe Adria che nell’ultima edizione 2008 ha visto l’allestimento di un cartellone di ben 70 appuntamenti, si conferma quale importante occasione di incontro e confronto tra le differenti culture che compongono la nostra regione e sempre più si amplia a coinvolgere le aree limitrofe, anche oltre confine. In quest’ottica, l’Usci Friuli Venezia Giulia ha inoltre recentemente presentato in qualità di capofila, nell’ambito del programma di cooperazione transfrontaliera Interreg IV Italia-Austria 2007/2013, un ampio e importante progetto volto allo sviluppo del turismo culturale e musicale tramite la valorizzazione del patrimonio corale transfrontaliero. Un progetto sicuramente ambizioso quanto rilevante per gli obiettivi prefissati e le numerose attività previste, al quale partecipano come partners le associazioni corali delle regioni interessate dal programma – Südtiroler Sängerbund, Federazione Cori dell’Alto Adige, Asac Veneto, Ti- 49 roler Sängerbund e Chorverband Salzburg – ma anche alcuni enti pubblici quali il Comune di San Vito, il Comune di Monfalcone e il Comune di Mel. A.E.R.CO. Associazione Emiliano-Romagnola Cori Via San Carlo, 25/F - 40121 Bologna Presidente: Fedele Fantuzzi Voci di solidarietà L’Aerco con la collaborazione della Famiglia Abruzzese Molisana di Bologna ha patrocinato due serate di concerti allo scopo di promuovere una raccolta fondi da destinare al recupero della sede regionale abruzzese e del Coro La Portella, rappresentata da un palazzo del 1300 ubicato nella cittadina di Paganica. Venerdì 24 aprile si sono esibiti a Bologna al salone San Domenico il Coro Stelutis diretto da Silvia Vacchi e il Rhythm’n’Sound diretto da Riccardo Galassi; venerdì 15 maggio il secondo concerto nella Chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù con il Coro Euridice diretto da Pier Paolo Scattolin e il Coro Stelutis. A.C.P. Associazione Cori Piemontesi Via Monte Mucrone, 3 - 13900 Biella Presidente: Sandro Coda Luchina Diversi gli appuntamenti che vedono coinvolta l’Acp in questo anno 2009, a partire dal 5 aprile con l’assemblea ordinaria: all’ordine del giorno, la relazione sull’attività svolta nel 2008, l’approvazione del bilancio 2008 e l’illustrazione dei programmi 2009, tra cui “Piemonte in canto”, il ciclo di rassegne corali che da giugno a dicembre coinvolgerà le varie province della regione, e il Festival internazionale di Stresa, riservato alla coralità popolare e ai cori gospel e pop, che si terrà il 24 e 25 ottobre. Si svolge inoltre tra i mesi di gennaio e giugno la fortunata iniziativa Cantincoro 2009, corsi di formazione musicale corale rivolti ai bambini delle scuole elementari delle province di Biella e Torino, con la partecipazione dei docenti Simona Niccolo, Silvio Vuillermoz, Davide Cominetto e Guido Antoniotti. 50 A.R.S. Cori Associazione Regionale Cori Siciliani Largo Celso, 4 - 95043 Militello V.C. (Ct) Presidente: Alfio Penna Diverse le manifestazioni svoltesi recentemente con la collaborazione o il patrocinio dell’Associazione Regionale Cori Siciliani. Nella cornice del Parco delle Madonie a Polizzi Generosa (Pa) il 29 novembre 2008 si è svolto il II Concorso polifonico nazionale Città di Polizzi Generosa, articolato in un’unica categoria per cori a voci miste e a voci pari con programma di musica sacra a cappella. Al concorso, organizzato dal Comune e dal Centro Italiano Studi Musicali Emiolia con la collaborazione dell’Ars Cori, si è classificata al primo posto l’associazione corale Ad Dei Laudem diretta da Ezio Spinoccia, alla quale è stato assegnato anche il premio dell’Ars Cori per il migliore coro siciliano. “Alessandria in Musica” è la manifestazione organizzata dall’associazione Cantores Dei con il patrocinio dell’Ars Cori e che del 21 al 22 novembre ha visto svolgersi a Alessandria (Ag) la VII Rassegna di musica corale sacra e il II Concorso internazionale di canto lirico. Il 29 dicembre scorso si è tenuta a Militello in Val di Catania la prima rassegna polifonica “Natale, la musica degli angeli”, che ha visto diversi cori unirsi nel tradizionale spirito natalizio. La rassegna è stata realizzata grazie al patrocinio della Provincia di Catania, del Comune di Militello, dell’Associazione Italiana Santa Cecilia e dell’Ars Cori. Sempre con il patrocinio dell’Ars Cori, l’International Choir Concert tenutosi il 18 ottobre 2008 nella Chiesa di Santa Maria Maggiore a Scordia (Ct), con la partecipazione di due cori stranieri: il coro Comune di Echedoros (Grecia) e il Coral Harmonia di Santiago do Cacém (Portogallo), ospiti del coro polifonico Alma Redemptoris Mater di Scordia. Federazione Cori del Trentino Passaggio Zippel, 2 - 38100 Trento Presidente: Sergio Franceschinelli Sabato 4 aprile si è tenuta a Trento presso la sala riunioni del Museo Caproni l’assemblea ordinaria della Federazione Cori del Trentino, consueto appuntamento di primavera convocato per approvare il rendiconto dell’attività 2008 e il relativo consuntivo finanziario. Molti i presidenti e i rappresentanti dei cori provinciali, a conferma di un positivo trend di partecipazione. Ha presenziato ai lavori il neoassessore provinciale alla cultura Franco Panizza. Con una giornata di esami si sono conclusi sabato 18 aprile, presso la sede dei Minipolifonici a Trento, i corsi della Scuola per direttori di coro. Attraverso questa proposta, che la Federazione Cori del Trentino porta avanti da qualche anno e sostiene con convinzione, viene offerto un graduale percorso di formazione. Un biennio di formazione di base, aperto a coristi e maestri, attraverso il quale vengono fornite nozioni di base come la lettura ritmica e intonata di una partitura. REGIONI Ben 42 i partecipanti che con molto impegno hanno seguito le circa 40 ore di lezione. Nel successivo triennio, rivolto tanto agli aspiranti direttori quanto a chi già dirige una formazione corale, viene offerta una importante occasione di arricchimento e di approfondimento: dieci incontri di quattro ore ciascuno per un totale di 25 partecipanti. Al giro di boa “Polifonie di primavera”, seconda rassegna del progetto “Non solo cori, non cori soli”, registra un bilancio molto positivo. La formula dell’incontro amichevole tra due formazioni, unite al brano di nuova composizione, si è dimostrata ora come nello scorso autunno riuscita: i cori si ascoltano, confrontano repertori e scelte interpretative, uniti da un filo tematico e dall’impegno sulla nuova partitura che alle voci mescola gli strumenti. Primo appuntamento è stato “Questo amor pien di dolcezza” tenutosi a Trento il 27 marzo e a San Lorenzo in Banale il 28, con la partecipazione dei Cantores ad Nives di Valsabbia e della Corale Sant’Elena di Cadine che, al termine delle loro singole esecuzioni, hanno proposto la preziosa nuova pagina Questo amor pien di dolcezza composta da Enrico Miaroma. “Victimae”, secondo dei quattro appuntamenti in programma, si è svolto a Caldonazzo il 17 aprile e il giorno successivo a Trento e ha visto l’incontro della Corale Città di Trento con il coro giovanile Valsugana Singers, che si sono fusi nel conclusivo Victimae di Maurizio Postai. Tra il 22 novembre e il 14 dicembre si è svolta la rassegna corale “Bambino Divino”, che sostituisce la storica Rassegna di Primavera, interamente dedicata alle voci bianche della Federazione. Quattro gli appuntamenti che hanno visto coinvolte, come di consueto, diverse località del Trentino. Nel mese di marzo 2009 è stato pubblicato il volume 45 anni di storia, a cura di Silvia Vernaccini. Il testo, che ripercorre la storia della federazione lungo i suoi quarantacinque anni, è una avvincente narrazione, capace di assorbire in un flusso di grande piacevolezza i dati e gli eventi, le figure e le rifrazioni nella vita sociale. Corredato da un apparato fotografico accuratamente selezionato, dal quale traspaiono le figure imprescindibili dei fondatori e degli animatori nel corso del tempo e le molte forme della coralità trentina, il libro documenta con freschezza e insieme con precisa cura la capillarità della sua presenza nella vita culturale, il dinamismo del suo cammino. Nell’avvicendarsi delle quattro presidenze la federazione ha interpretato via via momenti della storia dell’associazionismo, cogliendo il mutare dei tempi e delle esigenze, interpretando una vocazione di servizio sempre più mirata alla crescita qualitativa del canto corale, in tutte le sue espressioni. Schede poste in appendice documentano i settori specifici di intervento della federazione. Se la coniugazione di associazionismo amatoriale e contributo pro- 51 fessionistico dei musicisti è da sempre la cifra distintiva di questa lunga e positiva storia, oggi un ben leggibile orientamento costruttivo sortisce apprezzabili risultati: giovani maestri di coro sempre più preparati, diffusione dei cori giovanili e di quelli di voci bianche sono fatti che indicano i nuovi, quasi insperati, orizzonti della coralità. A.C.T. Associazione Cori della Toscana Via del Pantano, 40 - 52100 Arezzo Presidente: Fernando Catacchini Prosegue in questo secondo trimestre del 2009 il progetto “Un coro in ogni scuola”, attività formativa realizzata dall’Act in collaborazione con la direzione generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana. Attraverso la sottoscrizione di uno specifico protocollo d’intesa è stato elaborato dalla commissione artistica regionale, presidente Fabio Lombardo, un progetto biennale (articolato in tre moduli tra loro correlati) finalizzato al sostegno e valorizzazione delle competenze musicali degli insegnanti della scuola del primo ciclo di istruzione, in relazione alle attività corali; allo sviluppo di percorsi formativi utili alla gestione dei cori nella scuola primaria; alla promozione della costituzione di cori nelle scuole favorendone la partecipazione a iniziative corali nella regione; alla promozione della documentazione della attività corale nelle scuole; all’elaborazione e raccolta di materiali e sussidi utili al percorso formativo dei docenti impegnati nei cori e nella loro organizzazione. 52 DISCOGRAFIA a cura di Alvaro Vatri Aurora Polifonia del XX secolo Ensemble vocale “Calycanthus” - Parabiago (Mi) - direttore, Pietro Ferrario «Ci sono maestri che non muoiono. O, meglio, che attraverso il ricordo della loro lezione di vita e di arte, continuano a esserci di modello. Aurora - polifonia del XX secolo è il titolo del recente programma dell’ensemble Calycanthus registrato dalla Bottega Discantica. L’Aurora che dà titolo al cd è una meravigliosa pagina a voci sole, sulla parafrasi di un inno di Sant’Ambrogio, che Bruno Bettinelli scrisse nel 1997. E il 1997 è l’anno di nascita, a Parabiago (Mi), dell’ensemble vocale Calycanthus, fondato e diretto da Pietro Ferrario che di Bettinelli è stato uno degli allievi. Ci sono altri brani del “maestro di maestri” scomparso nel 2004 in questa vivace antologia polifonica, eseguita con slancio e virtù musical-vocali ammirabili. Ma è la tinta musicale crepuscolare, pensosa ma lieve, spontanea ma nobile di Aurora a riassumere in modo perfetto – già dal titolo fiducioso – scienza musicale e umanità profonde di Bettinelli: vive, ancora, e rimpiante.» Questa recensione di Angelo Foletto, unita ai giudizi molto positivi espressi dai compositori eseguiti nel cd e altre eminenti personalità del mondo corale, rappresenta un giusto riconoscimento all’impegno dell’ensemble Calycanthus e al suo direttore per l’incisione discografica che vogliamo proporre ai nostri lettori. Il cd «si configura come un’antologia di brani per coro a cappella, prevalentemente sacri, con l’intento di offrire una breve istantanea di alcune tendenze presenti nella musica corale contemporanea degli ultimi 25 anni, senza alcuna pretesa di esaustività. Evitando volutamente nomi di risonanza planetaria come Pärt, Penderecki e altri, per un maggior spirito di ricerca si è preferito rivolgere l’attenzione ad altri artisti, probabilmente non altrettanto noti al grande pubblico, o in qualche caso semi-sconosciuti, ma che secondo noi presentano vari motivi d’interesse. Molti di questi compositori sono anche direttori di coro e quindi possiedono una preziosa conoscenza dello “strumento-coro” dall’interno.» [dalle note di Ferrario nel booklet]. Troviamo dunque il compositore basco Javier Busto con O magnum mysterium, il lituano Mis̆kinis (O salutaris e Regina Coeli), il lettone Dubra (Salve Regina), il filippino Ryan Cayabyab (Gloria), l’americano Eric Whitacre (Sleep), e poi gli italiani: Bruno Bettinelli, alla cui memoria è dedicata l’incisione, con Aurora, lo stesso Pietro Ferrario, discepolo diretto di Bruno Bettinelli, (con Panis Angelicus, O sacrum Convivium, Jubilate Deo), e ancora il compositore romano Sergio Sentinelli (con The waning moon e Scivolando sui muri dei nostri corpi grigi). Chiudono il cd un brano da un musical e uno spiritual, (Bring him home dal musical Les Miserables di Claude M. Schonberg e Ain’t got time to die di Hall Johnson) che esulano consapevolmente dal tema del cd, ma che sono due tra i bis più richiesti del gruppo e che permettono di farsi un’idea della resa del gruppo in un repertorio completamente diverso, da sempre coltivato con entusiasmo e in modo parallelo alla polifonia “impegnata”. Per informazioni: www.discantica.it - [email protected] RUBRICHE Alessandro Orologio Musico friulano del Cinquecento e il suo tempo Coro del Friuli Venezia Giulia - maestro del coro, Cristiano Dell’Oste - Ensemble strumentale “Orologio” - maestro di concerto, Davide De Lucia Dall’Usci Friuli Venezia Giulia viene un cd dedicato a un “musico friulano” del Cinquecento: Alessandro Orologio, nato nel 1551, verosimilmente a Aurava di San Giorgio della Richinvelda (Pn), e morto nel 1633 in Vienna. Il cd è in realtà una parte di un impegnativo progetto: l’edizione dell’opera omnia di Orologio, «nata – come sottolinea il presidente dell’Usci Sante Fornasier – con poche forze e una buona dose di coraggio (o, forse, di incoscienza), all’interno dell’Usci Pn – Unione delle Società Corali della Provincia di Pordenone – in collaborazione con le Edizioni musicali Pizzicato di Udine, nell’ormai lontano 1992 quando vide la luce il primo volume, a cui seguirono altri sette nell’arco di un decennio, con il coinvolgimento anche dell’Usci regionale». L’iniziativa è stata suggellata dalla celebrazione di un convegno internazionale di studi su “Alessandro Orologio musico friulano e il suo tempo”, svoltosi in Friuli dal 15 al 17 ottobre 2004, i cui atti (un ricco volume di oltre 500 pagine) sono stati pubblicati a Udine nel 2008 per i tipi di Pizzicato. Proprio nell’ambito del convegno, nell’ottobre 2004, presso il Castello di Udine, è stata realizzata l’incisione di 21 brani di Alessandro Orologio, contenuti nel cd, da parte del Coro del Friuli Venezia Giulia – maestro del coro, Cristiano Dell’Oste – con l’ensemble strumentale Orologio – maestro di concerto, Davide De Lucia. Un progetto ampio, dunque, e articolato che mette a disposizione della coralità non solo friulana materiale musicale, musicologico e discografico che si integra e si completa e consente di conoscere a tutto tondo una figura di musicista «protagonista non secondario della diffusione in diverse corti dell’Europa centro-settentrionale del linguaggio musicale italiano (in particolare della cosiddetta scuola veneta) nelle forme del madrigale, della canzonetta e del mottetto liturgico latino, trattati, se non con particolari arditezze e spinte innovatrici, certo con una cifra personale, non priva di originalità e di esiti artistici significativi», come sottolinea il prof. Giulio Cattin nella prefazione del volume, il quale sottolinea come l’iniziativa colmi una lacuna, anzi sia una sorta di “risarcimento” verso questo musicista da parte della sua terra che «non fu in grado di trattenerlo, come già era accaduto per altri e come accadde anche in seguito[…]. Orologio, spe lucri amplioris, et condizione certa alicuius uberioris commodi, scelse la via del Nord soggiornando perlomeno a Praga, Dresda, Kassel, Wolfenbúttel, Steyr, Vienna, etc. e divenendo, al culmine della carriera, vice-maestro 53 nella cappella dell’imperatore Rodolfo II; e dal Nord, dopo un oblio durato più secoli, è ripartito lentamente il cammino ideale che ha condotto alla sua riscoperta: dalla prima pubblicazione di un suo Miserere mei Deus, a 5 voci, ospitato nel 1883 nel XXIV volume della collana Musica sacra dal musicologo tedesco F. Commer, al madrigale Occhi miei che vedeste, pure a 5 voci, edito nel 1934 da A. Einstein nel LXXVII volume dei Denkmiilerder Tonkust in Osterreich, per giungere, dopo qualche altra iniziativa all’estero, finalmente nella sua terra d’origine, alla edizione moderna del suo Primo libro de madrigali a cinque voci curata da S. Cisilino nel 1979 e poi, a partire dal 1992, dell’opera omnia promossa dall’Usci Pn.» Della attività compositiva di Orologio oggi restano tre libri di canzonette a tre voci, quattro libri di madrigali per organici diversi, una raccolta di mottetti a 8 voci, un libro di intradae strumentali a 5 e 6 voci e diverse altre composizioni vocali, per lo più sacre, sparse in antologie dell’epoca. Nel cd c’è una significativa esemplificazione della produzione di Orologio: una esperienza intellettuale, dunque, oltre che un ascolto interessante, davvero stimolante. Per informazioni: U.S.C.I. Friuli Venezia Giulia Unione Società Corali del Friuli Venezia Giulia Via Altan, 39 - 33078 San Vito al Tagliamento Pn tel. 0434 875167 - www.uscifvg.it - [email protected] 54 SCAFFALE Orazio Vecchi Selva di varia ricreatione a cura di Giovanni Torre Modena, Mucchi editore, 2007 Giungono in redazione due interessanti lavori dedicati a Orazio Vecchi nel IV centenario della morte del compositore. Il primo volume che sfogliamo è: Orazio Vecchi, Selva di varia ricreatione, a cura di Giovanni Torre, Modena, Mucchi editore, 2007. Si tratta di un testo di 495 pagine molto ben curato, che riporta la trascrizione del noto lavoro di Vecchi e un esauriente apparato musicologico. Quella della trascrizione è un’arte davvero impegnativa, che richiede profonde conoscenze di prassi grafica, compositiva ma anche esecutiva. È il primo importantissimo passo che condurrà l’esecutore verso un risultato che potrà essere diverso da un altro proprio in virtù (a volte per demerito) della trascrizione. Essa giace in una zona cruciale all’interno del percorso che va dal processo di composizione a quello di esecuzione. Nel primo il compositore si pone alla ricerca di un segno grafico per porre stabilmente sulla carta quello che in quel momento è il suo raffinato ed emozionato pensiero musicale – per quanto ciò sia concesso a un semplice segno grafico. Nel processo esecutivo, invece, l’esecutore si trova a fare a ritroso il percorso inverso. Egli ha a disposizione soltanto un segno grafico, dal quale parte per un itinerario consapevole ma anche per certi aspetti aleatorio, con la speranza-certezza di ritornare al punto iniziale del processo: il pensiero musicale dell’autore. Se oggi può essere complicato evincere quale sia stato il pensiero vero di un autore contemporaneo basandoci sui segni che egli ha impresso sulla carta, figuriamoci quanto possa esserlo nei confronti di un musicista del passato. Per la musica contemporanea siamo strettamente dipendenti dalla “legenda” esplicativa dei vari segni, a volte molto personali e quindi pressoché indecifrabili; per la musica antica siamo fortemente debitori della trascrizioneinterpretazione che il curatore ci fornisce. Occorre una notevole maturità musicale e musicologica per eventualmente reinterpretare la decodificazione fornita dal trascrittore secondo altre soluzioni. Fatta questa doverosa premessa, che mette in risalto l’importanza del lavoro di Giovanni Torre, sfogliamo il volume e notiamo una particolare cura della impostazione grafica. Dopo le presentazioni di Ferdinando Taddei e di Massimo Privitera giunge l’introduzione del curatore, nella quale si delinea un interessante contorno storico dell’opera in questione. Segue l’illustrazione delle fonti, quella dei criteri per l’edizione dei testi poetici e i testi poetici stessi, tutti accuratamente tradotti in lingua inglese. L’esposizione dei criteri per l’edizione delle musiche occupa brevemente tre pagine, seguite da un succinto apparato critico. Il tutto sempre tradotto in lingua inglese, a sottolineare l’intento divulgativo dello sforzo di Giovanni Torre, con il lecito obiettivo di allargare la fruizione del volume anche all’estero. Infine il lavoro vero e proprio di trascrizione dei 47 brani che costituiscono l’intera opera di Vecchi, tra Madrigali a cinque e sei voci, Capricci a cinque, Arie a tre, Iustiniane a tre, Canzonette a quattro, fino al Dialogo e la Battaglia d’amore conclusivi a dieci voci. Si apprezza la presenza di ogni incipit della stampa antica per meglio giudicare l’eventuale intervento sul tempo scelto per la trascrizione. Il curatore ha fatto correttamente in modo che si vedesse il suo intervento sia sul testo – con le classiche parentesi RUBRICHE quadre in occorrenza delle omissioni – sia con le alterazioni suggerite sopra le note. Queste ultime sono limitate a una presenza molto discreta e misurata. In un volume così curato l’assenza delle copie anastatiche – che avrebbero garantito una maggiore vicinanza con l’originale – è mitigata dalla presenza della parte originale almeno della voce superiore (anche del secondo coro in caso di doppio coro) relativa al brano iniziale di ogni nuovo gruppo di trascrizioni. Si fa notare in questo senso l’aver riportato in due situazioni la intavolatura del liuto, sempre molto utile per verificare le alterazioni della musica ficta realmente usate dagli esecutori dell’epoca. Il theatro dell’udito Società, musica, storia e cultura nell’epoca di Orazio Vecchi Conferenze in occasione del IV Centenario della morte di Orazio Vecchi a cura di Ferdinando Taddei e Alessandra Chiarelli Modena, Mucchi editore, 2007 Il secondo volume sul nostro scaffale costituisce la pubblicazione delle conferenze tenutesi a Modena, iniziando dal 26 gennaio 2005 fino al 2 febbraio 2006, in occasione del IV centenario della morte di Orazio Vecchi: Il theatro dell’udito, Società, Musica, Storia e Cultura nell’epoca di Orazio Vecchi, Conferenze in occasione del IV Centenario della morte di Orazio Vecchi, a cura di Ferdinando Taddei e Alessandra Chiarelli, Modena, Mucchi editore, 2007. Il volume contiene 373 pagine ed è curato da Ferdinando Taddei, presidente del Comitato Organizzatore delle Celebrazioni del IV centenario della morte di Orazio Vecchi, e da Alessandra Chiarelli. Attraverso i contributi di illustri studiosi si materializza davanti al lettore uno spaccato del panorama storico, sociale e musicale della Modena e della corte estense al tempo di Orazio Vecchi. Oltre a questo vengono toccati altrettanto interessanti argomenti di carattere più generale, a esempio relativi al sistema editoriale del tempo, ai rapporti tra le cosiddette cultura “alta” e cultura “bassa”, alla riduzione delle differenze linguistiche e al madrigale drammatico. Per un quadro completo dell’area di indagine storico-musicologica che il volume esaustivamente tocca, si riportano nel dettaglio i titoli e gli autori in esso contenuti: Alessandra Chiarelli, Riflessioni su Orazio Vecchi e il suo tempo nelle conferenze tenutesi a Modena - Graziella Martinelli Braglia, Luoghi e artefici dello spettacolo nella Modena di Orazio Vecchi - Giovanni Torre, Orazio Vecchi: poeta e cantore della sua terra - Sabine Meine, La questione della lingua e la musica profana, rapporti tra cultura “alta” e 55 “bassa” - Massimo Privitera, Orazio Vecchi, musico-poeta all’autunno del Rinascimento - Marta Lucchi, Orazio Vecchi. Musica a Modena tra Cattedrale, Corte e Confraternite - Maria Donata Panforti, Denaro e affetti. Ritratto di famiglia all’epoca di Orazio Vecchi - Mauro Tosco, On language, governement, and the reduction of linguistc diversity - Simona Boni, Orazio Vecchi e la vita musicale alla Corte Estense di Modena nei primi anni del Ducato di Cesare I - Lorenzo Pongiluppi, I Codici polifonici cinquecenteschi dell’Archivio Capitolare di Modena - Tarcisio Balbo, Alle falde dell’Amfiparnaso: contesti del “Madrigale drammatico” tra Cinque e Seicento - Carlida Steffan, Signori illustrissimi patroni colendissimi e devotissimi servitori. Dediche, destinatari e sistema editoriale al tempo di Orazio Vecchi - Giovanni Indulti, Sacro e profano, nuovo e antico nei mottetti di Orazio Vecchi - Paolo Da Col, Dalla pagina al suono. La fortuna critica, editoriale ed esecutiva dell’Amfiparnaso di Orazio Vecchi - Alessandra Chiarelli, Fonti e mondo musicale a Modena al tempo di Orazio Vecchi. Walter Marzilli 56 Sandro Filippi Piccoli quadri vocali Milano, 2008 Edizioni Musicali Europee La pubblicazione di una raccolta di musiche corali dedicata al coro di voci bianche non può che essere accolta con favore. L’offerta editoriale in questo settore è giustamente e opportunamente ampia. La Feniarco stessa ha recentemente contribuito ad allargarla con l’uscita dei volumi 2 e 3 di Giro giro canto. Un titolo in più appaga solo in parte l’ampia richiesta di repertori nuovi e aggiornati che direttori di coro e insegnanti vanno cercando per i loro giovani cantori. Ben vengano, quindi, iniziative che incrementano i cataloghi delle pubblicazioni corali riservate ai cori di bambini. Sandro Filippi è un compositore che ha sempre manifestato una forte attenzione per il mondo della coralità infantile, incoraggiando con la sua azione didattica e la sua produzione musicale coloro che avviano le nuove generazioni al canto corale. Filippi ha recentemente dato alle stampe, per i tipi delle Edizioni Musicali Europee, un’antologia di musiche per coro di voci bianche, che porta il titolo di Piccoli quadri vocali. Il volume contiene 18 brani, che si caratterizzano per varietà di scrittura, carattere e impegno esecutivo. Apre la raccolta La note di Natale, rivisitazione di un canto popolare trentino. Un pezzo che mette in evidenza la vena più felice dell’autore, quando cioè elabora le melodie della sua terra. Più avanti, incontriamo le cinque miniature che costituiscono la suite Piccoli quadri (da cui il titolo della pubblicazione), su testi originali di Giuseppe Calliari. È un lavoro interessante che ripropone in veste corale la formula del Mikrokosmos pianistico di Béla Bartók. I singoli pezzi infatti sviluppano in chiave moderna vari spunti stilistici: il canone, il ritmo bulgaro, la melodia semplice accompagnata, il dialogo con uno strumento, la bitonalità. Ancora su testo di Calliari, troviamo nell’antologia la composizione dal titolo Ali in volo; un’ampia pagina per coro a tre voci con supporto di piccole percussioni. Il brano esibisce una scrittura cangiante e policroma che risponde ai sempre validi schemi del madrigale. Concludono la raccolta sei Filastrocche popolari per coro parlato (con e senza piccole percussioni) e per coro accompagnato da pianoforte. Si tratta di una serie di frammenti di testo, ove le parole (spesso nonsense) sono pretesto per ideare caleidoscopici divertimenti musicali. Completa il volume una prefazione di Piervito Malusà. Mauro Zuccante Alessandro Orologio (1551-1633) musico friulano e il suo tempo atti del convegno internazionale di studi a cura di Franco Colussi Udine, Pizzicato, 2008 Benché la personalità artistica di Alessandro Orologio, il più importante musicista friulano della sua epoca, vada ben al di là della dimensione regionale (peraltro in Friuli visse e operò solo all’inizio della sua carriera, che poi si sviluppò nelle RUBRICHE corti europee e in particolare in quelle di Vienna e di Praga), la sua opera è rimasta a lungo nell’ombra, con l’eccezione delle sua composizioni strumentali, le Intradae, pubblicate e note da tempo. Iniziata nel 1992 dall’Usci della Provincia di Pordenone, con il primo volume dedicato alle canzonette a tre voci, proseguita poi dall’Usci del Friuli Venezia Giulia, la pubblicazione dell’opera omnia di Alessandro Orologio (1551-1633) si è finalmente conclusa. La corona il volume contenente gli atti del convegno celebrato tra il 15 e il 17 ottobre 2004 a Pordenone, Udine e San Giorgio della Richinvelda (quest’ultimo paese natale del musicista) e pubblicato, come gli altri volumi, con la collaborazione dell’editore Pizzicato. La mole dell’opera giustifica da sola la distanza il tempo trascorso dal convegno alla pubblicazione degli atti: oltre 500 pagine, che contengono venti relazioni e quattro comunicazioni. Il convegno, peraltro, è andato ben al di là della vicenda biografica e artistica del compositore e alcune relazioni esaminano in profondità la sua epoca, analizzando la realtà storica della Patria del Friuli, evidenziando i suoi legami con la corte imperiale, legami che si traducevano nel frequente trasferimento di musicisti friulani per mettersi al servizio delle corti d’oltralpe. Concentrandosi poi sulle tematiche musicali, il volume dà conto della vita musicale friulana nel Cinquecento: vita che appare decisamente ricca se paragonata alle dimensioni di una regione che, all’epoca, non arrivava a centomila abitanti. Numerose le cappelle musicali e le compagnie strumentali, dipendenti dalle istituzioni ecclesiastiche, dalle corti feudali o dai comuni, al cui servizio operavano musicisti che hanno lasciato una notevole produzione sacra e profana. Così, scorrendo gli atti del convegno, incontriamo i nomi di Giovan Battista Mosto e di Giacomo Gorzanis, cui vengono dedicate specifiche relazioni, ma anche altri maestri, strumentisti, organari, la cui opera contribuì a formare il giovane musicista, destinato a una carriera più brillante della loro. E infine lui, Alessandro Orologio, il cui ritratto, casualmente scoperto di recente al Museo degli strumenti dell’Università di Lipsia, campeggia sulla copertina degli atti. Anche qui il discorso si amplia, non si limita al profilo biografico e all’analisi stilistica delle opere, ma giunge anche a riflettere sulle modalità esecutive di alcune sue composizioni: composizioni che peraltro sono risuonate, nel corso del convegno, grazie a un concerto, della cui registrazione si parla in altra parte di questa stessa rivista. Completando così l’impresa editoriale, l’Usci Friuli Venezia Giulia ha messo a disposizione del pubblico, degli interpreti e degli studiosi l’opera di un compositore che da tempo attendeva la giusta valorizzazione e ha contemporaneamente sottolineato come quello della riscoperta del patrimonio musicale locale sia uno dei compiti ai quali 57 può proficuamente applicarsi l’associazionismo corale. I. Il contesto storico-religioso in Friuli e nei Paesi Nordici Giuseppe Trebbi, Le istituzioni della Patria del Friuli alla metà del Cinquecento - Paolo Fabbri, Musica e controriforma nel Friuli Orientale - Silvano Cavazza, Praga e le corti tedesche all’epoca di Alessandro Orologio II. La tecnica dei maestri orologiai Paolo Lodolo, Tecniche costruttive degli orologi da torre dal Medioevo al Rinascimento III. Profilo biografico di Alessandro Orologio (con documenti inediti) e vicende della Compagnia strumentale udinese Franco Colussi, Scheda biografica di Alessandro Orologio e alcuni documenti inediti - Alessandro Catalano, Dai fasti musicali alla «benedetta podagra». La corrispondenza tra Alessandro Orologio e Georg Sigmund von Lamberg - Pavle Merkù, Il testamento di Alessandro Orologio - Franco Colussi, La Compagnia strumentale della magnifica città di Udine IV. Orologio e altri musici fuori dal’Italia Michaela Z̆ác̆ková Rossi, Da Udine a Praga. La crescente fortuna dei musicisti friulani alla corte imperiale di Rodolfo II - Robert Lindell, Alessandro Orologio - Chamber Musician and Vice Chapelmaster of Emperor Rudolph II - Tomasz Jez̆ , Sulle relazioni tra Alessandro Orologio e i mecenati polacchi Piotr e Zygmunt Gonzaga-Myszkowski - Iain Fenlon, Orologio and the Danish Connection V. Forme e stile della produzione di Orologio e prassi esecutive coeve Rodobaldo Tibaldi, Aspetti stilistici della musica sacra di Alessandro Orologio - Giulio Cattin, I testi sacri intonati polifonicamente da Orologio - Francesco Luisi, Le intradae di Alessandro Orologio: appunti per una lettura oltre la forma - Paolo Zerbinatti, Trommeter und musicus VI. Alcuni musicisti contemporanei a Orologio Alba Zanini, Giovanni Battista Falcidio musicista cividalese - Paolo Da Col, Madrigali in Cividal. Pietro Andrea Bonini maestro di cappella tra Belluno e Cividale - Elisabetta Fantinati, Giovanni Battista Mosto: un musicista della ricostituita Compagnia strumentale di Udine (1573) Alenka Bagaric̆ , Le Villanelle di Giacomo Gorzanis e la loro diffusione dal Veneto alle province dell’Austria Interna. VII. Comunicazioni Roberto Calabretto, Un singolare omaggio a Alessandro Orologio - David Bryant, Cosa c’è di locale nelle edizioni di musica sacra di autori friulani? - Bruno Rossi, Breve riflessione dell’editore sugli opera omnia di Alessandro Orologio - Gian Paolo Fagotto, Le modalità esecutive delle canzonette nel cd Primo libro delle canzonette - Intrade a cinque voci di Alessandro Orologio Sandro Bergamo 58 MONDOCORO a cura di Giorgio Morandi Madonnina mia Sono solo, solo come sempre, e come sempre ti aspetto (Madonnina mia) Sento soltanto il vento... le sue parole... (Ave Maria) La mia voce non ha suono, s’è persa tra i venti che sfiorano le cime dei Campelli (Madonnina mia). Aiutami a dimenticare chi non vuole essere ricordato (Ave Maria). Cade una lacrima su un fiore d’erica. Il mio cuore è fermo. Il vento s’è fatto silente. Non ti avrò mai. (Ave Maria). Poesia e scultura sono dell’artista bergamasco Tommaso Pizio. Si trovano in una stupenda località montana chiamata “I Campelli”, a 1700 m nel comune di Schilpario (Bg). Dalla poesia del testo, della scultura e del luogo incantevole dei Campelli, il maestro Kurt Dubienski ha tratto l’ispirazione (parole e musica) per il suo bel canto conosciuto con il titolo Madonnina dei Campelli. Kurt, venuto dall’Austria a seguito delle leggi razziali (era infatti di religione ebraica) fondò il Coro Idica di Clusone più di 50 anni or sono, lo diresse per oltre 30 anni, fu compositore di tanta musica dalla quale hanno attinto gioia, entusiasmo e piacere centinaia di cori almeno in tutta Europa. Kurt… l’amico, il maestro, il direttore di coro, il musicista… ci ha lasciati la quarta settimana di marzo. Augurare ai nostri ventiquattro lettori un cordiale ben ritrovati con questa notizia non è soltanto doveroso saluto/ricordo di qualcuno che alla coralità italiana ha dato tanto. È anche augurio a tutti i cantori perché da entusiasmo e da gioia del cuore sia sempre sostenuta la loro arte del cantare insieme. RUBRICHE Nel cuore della fede attraverso il canto 59 forti e capaci dalla sua visione, dal suo dono e dalla sua generosità. Allo stesso modo in tutto il mondo egli sarà ricordato con affetto e rispetto da migliaia di cantori a cui egli ha toccato e arricchito la vita e ai quali ha ispirato capacità artistica e umanità. (Comunicato di IFCM) Poiché andare al cuore della fede implica andare al cuore dell’uomo, troviamo qui delle riflessioni sull’etica del canto. Poiché andare al cuore della fede significa mettere alla portata della gente ciò che ci è dato dalla Bibbia e particolarmente dalla rivelazione del Cristo, troveremo qui l’invito a preoccuparci del contenuto dei testi. Poiché non si va al cuore della fede singolarmente, ma in comunità, ripeteremo il ruolo della Chiesa nell’iniziazione cristiana. Andare al cuore dell’uomo: mi ci vorrà tutta la mia vita per andare al cuore del mio cuore. Posso io, con tutto il rispetto dovuto, andare al cuore degli altri o almeno avvicinarmi un po’? Una risposta si può avere attraverso l’analisi dei seguenti temi: il legame Canto-rito, il legame canto-corpo, la bellezza, la libertà, la memoria, la musica. E come si arriva al cuore della Bibbia, il Cristo? Esaminando le grandi attitudini e le fonti bibliche. La fede si vive nella Chiesa: un gruppo di canto è un luogo di incontro, di ascolto, di costruzione comune. Cantare insieme è accogliersi e conoscersi; un repertorio che viene da lontano, chissà da quali terre, forse da paesi di non so dove… (“Aller au coeur de la foi par le chante”, articolo di Louis Groslambert in “Canticum novum”, Bollettino dell’Unione San Pio X, Lussemburgo; n. 1/2009) «Quando un coro conosce bene un brano, quando esso è maturato abbastanza per essere sentito da tutti i cantori allo stesso modo, il direttore ha talvolta l’impressione di essere inutile. Forse è la prova migliore della sua efficacia nel lavoro che ha preceduto questo stadio. E allora bisogna smettere di dirigere? No, prima di tutto perché questo potrebbe turbare i cantori, e poi perché bisogna sempre essere pronti a rimettere a posto le cose nel caso di un incidente. Più precisamente bisogna pre-sentire quando un intervento diventa necessario per evitare l’incidente. Il direttore è “un critico in azione”, diceva Joseph Sanson. Del resto è in questi rari momenti di eccezionale qualità che si può oltrepassare lo stadio della tecnica, della misura, dell’attacco da dare, per dirigere davvero il gruppo, suggerendogli a ogni istante quel misterioso supplemento di anima che dei cantori ben preparati possono finalmente captare…» (Michel Veuthey, “Canticum Novum”, n. 4/2008) Il prof. Erkki Pohjola ci ha lasciato Risorse corali di alto livello Esimio musicista e direttore di coro; raramente una persona sola ha avuto un effetto così straordinariamente positivo e forte su molte altre. Erkki è stato un creatore e incoraggiatore. Fondando il Tapiola Choir egli ha ampliato enormemente la capacità e le aspettative dei cori di ragazzi come forza unica e vitale. Per i giovani creando l’evento Songbridge ha ampliato in loro questa possibilità, contemporaneamente mettendoli in grado, con abilità artistica e comprensione, di trovarsi e conoscere culture diverse e di collaborare tra loro ma anche con grandi compositori che attraverso la musica corale esprimevano temi vitali delle sfide condivise dall’umanità. Erkki Pohjola lascia un’eredità stupenda che in tutto il mondo sopravvive nel lavoro continuo di innumerevoli direttori e insegnanti resi più ChorTeach vuole essere una nuova risorsa corale per direttori di coro di ogni livello. Trattasi di una nuova rivista corale online messa a disposizione dall’Associazione dei Direttori di Coro Americani ACDA. È stata pensata per direttori di coro e per educatori musicali che cercano delle risposte e necessitano di idee e tecniche fresche per affrontare il loro lavoro. Gli articoli vengono presi dalle newsletter delle ADCD nazionali della Federazione degli Stati Uniti. Naturalmente i temi trattati variano di volta in volta, ma col tempo ci si può aspettare di avere utili suggerimenti sulla pedagogia vocale, sulla tecnica corale, sui vocalizzi per cantori di varie età, sulla letteratura corale, su particolari esigenze dei cantori, sulla gestione della classe musicale, sulle risorse tecnologiche disponibili e… molto di più ancora. ChorTeach si può trovare in www.acda.org. Contenuti del primo numero della rivista: Strategie di ricerca del repertorio; L’angolo vocale; Pensieri di Richard Miller sulla voce; Insegnare a cori delle scuole medie; La prova di coro collaborativa. Un critico in azione 60 Una classifica da tenere d’occhio A nessuno verrebbe in mente di proporre lo studio a memoria di alcune pagine della rubrica telefonica, ma quanto si sta per suggerire è cosa ben diversa. Ciò che si propone di osservare e seguire da vicino d’ora in poi è la classifica del V Concorso internazionale per giovani direttori di coro che ha avuto luogo dal 26 al 30 marzo in Slovenia, nella città di Ljubljana, su organizzazione del Fondo Pubblico per le Attività Culturali della Repubblica di Slovenia. Non mancano piacevoli e interessanti risvolti italiani. Ma andiamo con ordine: Classifica generale dei vincitori del concorso: Dani Juris, Finlandia: primo premio con punteggio 94. Risulterà essere anche il più giovane partecipante al concorso e il direttore preferito da tre dei cinque cori laboratorio presenti; inoltre verrà scelto da Europa Cantat per l’assegnazione di un incarico di docenza al Festival Europa Cantat di Torino nel 2012. Andreas Felber, Svizzera: secondo premio, con punteggio 89. Jerica Gregorc Bukovec, Slovenia: terzo premio, con punteggio 87,93. Vincitori dei premi speciali dell’Università di Ljubljana su raccomandazione della giuria: Matteo Valbusa, Italia: per la migliore interpretazione di una composizione del periodo rinascimentale. Stefan Vanselow, Germania: per la migliore esecuzione del brano d’obbligo. Il francese Maud Hamon su suggerimento della commissione viene segnalato da Europa Cantat ai propri partner e associati perché sia invitato come docente nelle settimane cantanti e in altre significative manifestazioni di questo genere. L’angolo dei cd: dal XIV al XX secolo Ludus Danielis: scritto per la Cattedrale di Beauvais (Francia) nel 1320, è senza alcun dubbio il dramma liturgico del Medioevo più altamente sviluppato. Davvero il suo racconto – la storia del profeta Daniele e del lussurioso re di Babilonia – è pieno di colore, la sua musica è varia e altamente sofisticata. È logico, quindi che questa piccola “opera sacra” medievale ha attratto l’attenzione di molti appassionati di questo genere di repertorio. Recentemente questo capolavoro è stato affrontato da William Lyons con il Dufay Collective, una dozzina di cantori e un piccolo coro di ragazzi accompagnati da vielle, organo, arpa e campane. La loro esecuzione rivela chiaramente alcuni aspetti contrastanti dell’opera che va da sezioni meditative a sezioni dal suono misterioso fino a passaggi molto più ritmici e formali. Qua e là i dotati musicisti inglesi seminano belle improvvisazioni che rendono seducente e vivace l’esecuzione. (Harmonia Mundi HMU 907479) Missa piena in Do maggiore, di Ferdinando Paër (1771-1839): ne è uscita recentemente in prima mondiale una incisione live. Gli amanti di precedenti capolavori mai incisi saranno sicuramente felici di scoprire questo interessante lavoro. A volte contenuto e operatico, è tipico di un certo stile germanico-italiano di inizio XIX RUBRICHE sec. Il cd è prova concreta che Paër merita più di un semplice accenno, anche se l’esecuzione in concerto avrebbe potuto essere facilmente migliorata sotto molti aspetti (coesione, colore, precisione). (Dresdner Kreuz­chor, Staatskapelle Dresden, dir. Roderich Kreile - Carus 83.246) Edvard Grieg: per ultimo proponiamo l’ultima incisione prodotta dall’eccellente coro Grex Vocalis (dir. Carl Hogset) e dedicata a opere di Edvard Grieg. Oltre al famoso Fire Salmer op. 74 troviamo qui l’Album for Mandssang op. 30, Syv Barnlige Sange op. 61, Vären op. 32/2, Pinsesalme op. 23/25 e l’Ave Maris Stella EG 150. Dall’inizio alla fine si assapora questa dimostrazione di superiorità tecnica in una esecuzione coerente, piena di colori e garantita, sostenuta da una eccellente registrazione sonora. 61 Un compositore Johan Duijk (Belgio, n. 1954) è conosciuto in Europa soprattutto come direttore di coro. Migliaia di persone hanno cantato sotto la sua direzione durante settimane cantanti in Belgio e all’estero, negli atelier di Europa Cantat e nel Coro Giovanile Europeo. Molti cantori professionisti hanno lavorato con lui nel coro dell’Academy of St Martin in the Fields a Londra, in cori professionisti europei e sudamericani e in particolare nel coro della Radio Fiamminga di cui è stato direttore principale per 12 anni. Pochi di questi cantori si rendono conto che egli è anche un importante compositore. È appena stato nominato Composer in residence del Coro della Radio Fiamminga. Ultimamente ha prodotto un cd dal titolo El Camino de Alma (il cammino dell’anima), con tre composizioni su testi mistici spagnoli: Alma de la Musica su testo di Fray Louis De léon (del XVI sec.) per soprano solo, coro misto e orchestra; Cantar de Alma (canto dell’anima) basato su una poesia di Juan De La Cruz, per alto solo, coro misto e pianoforte; Alma bùscate en Mi (anima, cerca te stessa in me) basato su un testo di Teresa d’Avila, per coro misto e organo. La forma delle sue composizioni è esemplare. Egli segue sempre un chiaro corso senza sviluppi interminabili. Cambia direzione quando è necessario e offre una ricca varietà di linguaggio musicale. La lista delle sue composizioni comprende opere per pianoforte, organo, coro (a cappella o con orchestra, piano e organo) e cicli di canzoni. Mettere insieme tutti questi talenti richiede una grande capacità di autodisciplina. Egli rappresenta un modello di artista contemporaneo allo stesso modo di un “businessman” che gestisce il suo tempo per attività che comprendono anche la nuotata quotidiana e lo studio in treno. Il tenere prove settimanali con il Ghent Madrigal Choir di cui è direttore da più di trentacinque anni e l’amicizia sono per lui ugualmente importanti. Ma Johan Duijk non è soltanto direttore e compositore bensì anche pianista che si esibisce regolarmente in concerto. Per 25 anni è stato docente di pianoforte al Royal College of Music di Ghent. (Vic Nees, ICB 1st Quarter 2009) 62 Iniziative corali internazionali WYC, Coro Mondiale Giovanile Adriano, Alberto, Annalisa, Matteo e Veronica: auguri! Bei nomi italiani pescati a caso dal calendario? Pescati a caso, no! Si sono sottoposti a specifiche audizioni e sono stati scelti dalla commissione per la formazione del Coro Mondiale Giovanile 2009 (WYC 2009). Col calendario però hanno sicuramente a che fare, in particolare con quello estivo che dall’8 luglio al 1 agosto prossimo li porterà in Belgio, Olanda, Francia e Germania. Per la verità l’esperienza strepitosa del Coro Mondiale Giovanile non è ancora certa per Veronica Ciurletti… le auguriamo di cuore che il coro abbia bisogno ancora di una “S1”; l’esperienza è certa, invece, per Annalisa Ferraini “S2” e Alberto Folino “T2” che entrano nel coro per la prima volta e per Matteo Mezzaro “T1” e Adriano Gaglianello “T1” per i quali si tratta, invece, di un ritorno. I giovani cantori italiani sono davvero ben rappresentati nella magnifica iniziativa “mondiale” che ha luogo due volte all’anno, in estate e in inverno. Di che cosa si diletteranno i nostri amici? Di una compagnia di 75 giovani come loro (75 esperienze di vita diverse!) provenienti da 32 paesi del mondo. Si godranno l’esperienza, la creatività e l’arte di due musicisti di livello mondiale: Johan Duijk (Belgio) e Ana Maria Raga (Venezuela); della gioia – con i rispettivi docenti – del fare arte loro stessi su un repertorio di musica corale dell’inizio XX sec. e un repertorio di musica popolare e contemporanea latino americana. Dopo tre settimane di studio e preparazione intensa a Gent (Belgio) oltre ai 10 concerti nei paesi sopraccitati parteciperanno come coro laboratorio alla Master Class dell’Accademia di Metz (con il Direttore Dr. Steve Zegree) e si esibiranno al Festival Europa Cantat di Utrecht. 20° anniversario del Coro Mondiale Giovanile Per questa celebrazione è stato organizzato un Festival che avrà luogo a Örebro (Svezia) dal 21 al 25 ottobre 2009. Per 20 anni il Coro Mondiale Giovanile (WYC) è stato il luogo d’incontro per giovani cantori di tutto il mondo. Molti individui vi hanno preso parte e hanno lasciato nell’ensemble mondiale un segno indelebile permeandolo con il loro talento unico, la loro personalità, la loro creatività, il loro calore umano e il loro humour. In uno spirito di cooperazione internazionale dal 21 al 25 ottobre il Coro Mondiale Giovanile farà sentire ancora più forte la sua voce con oltre 300 cantori, direttori di coro e organizzatori di tutto il mondo riuniti per la festa di compleanno. La IFCM (Federazione Mondiale per la Musica Corale), la JMI (Jeunesses Musicales Internationales) e Europa Cantat, organizzazioni patrocinatrici del coro sono fiere di presentare in Svezia, il paese che per primo ospitò il neonato Coro Mondiale Giovanile, una settimana di iniziative celebrative che comprenderanno concerti, seminari, laboratori e altro ancora. Örebro è una bella città a 90 minuti da Stoccolma, circondata da vaste foreste e riserve naturali. Il festival coinciderà con l’apertura del Centro Corale Internazionale Svedese di Örebro (SWICCO) (ICB n. 2/2009). Sull’argomento ricordiamo anche che il Centro Internazionale per la Musica Corale di Namur (ICCM International Center for Choral Music) ha raccolto in 6 cd una selezione delle produzioni migliori offerte dal Coro Mondiale Giovanile nei suoi primi 20 anni di attività. La collezione di 6 cd può essere richiesta a ifcm@ ifcm.net. RUBRICHE Europa Cantat XVII Festival - Utrecht (Olanda) Europa Cantat XVII Utrecht 2009, dal 17 al 26 luglio – è il festival della coralità che, a cadenza triennale, attira attorno a sé più di 3.000 persone tra coristi, direttori, professionisti e semplici appassionati di musica corale, provenienti da tutto il mondo. Nel 2009 si svolgerà a Utrecht, nel cuore dell’Olanda, dal 17 al 26 luglio. L’Italia sarà rappresentata da 11 cori par­te­ci­pan­ti, da un nutrito staff della Feniarco e da diverse persone a titolo individuale, per almeno 220/230 persone complessivamente: ottima rappresentanza che è ottima premessa per la prossima edizione che avrà luogo a Torino nel 2012. Ricordiamo che il Festival Europa Cantat offre programmi specifici anche per direttori di coro principianti o di livello avanzato. È un’occasione per incontrare ottimi colleghi provenienti da paesi diversi, con i quali scambiare esperienze, informazioni e musica. Le iscrizioni sono scadute a novembre 2008, ma è sempre possibile indagare (suggerimento: tramite Feniarco) se vi sono ancora posti per gli ultimi arrivati. Assemblee corali internazionali Assemblea generale della IFCM (Federazione Mondiale per la Musica corale): avrà luogo a Örebro (Svezia) il 23 e 24 ottobre 2009, nell’ambito del festival celebrativo dei 20 anni di attività del Coro Mondiale Giovanile (WYC) e in occasione dell’apertura del Centro Corale Internazionale Svedese di Örebro (SWICCO). Assemblea Generale di Europa Cantat: avrà luogo a Sofia, in Bulgaria, dal 13 al 15 novembre 2009. Si sottolinea che le Assemblee sia della IFCM sia di Europa Cantat non sono mai una semplice arida riunione per approvare altrettanto aridi bilanci. Durano almeno due giorni perché sono arricchite da convegni, laboratori, discussioni e concerti di alto livello. Sono anche occasione per conoscere di persona queste realtà internazionali e innumerevoli rappresentanti delle associazioni corali di tutto il mondo, direttori e rappresentanti di cori, di editori musicali, di organizzatori di festival. Che il futuro canti! Certo, sempre di più! È per questo che diamo il benvenuto alla celebrazione corale che si terrà a Stoccolma per celebrare i 70 63 anni di attività della scuola musicale Adolf Fredriks, una delle scuole corali più importanti di tutto il mondo, con 36 cori operativi. Detta scuola si fa vanto di invitare molti cori di ragazzi e di giovani famosi in tutto il mondo per partecipare – con i cori della scuola – ai 10 giorni di festival di alto livello artistico denominato appunto Che il Futuro Canti (Let the future sing!). Sono invitati anche direttori di coro e insegnanti di musica perché partecipino al vasto programma di concerti e di seminari previsti dal programma dei festeggiamenti. In questa occasione sarà pubblicato il Libro dei Canti del Festival che raccoglierà musica di tutti i paesi dei partecipanti. (ICB n. 1/2009) Opus Choral Maria Catalina Prieto, una ex del Coro Mondiale Giovanile (WYC), impegnata con IFCM (Federazione Mondiale per la Musica Corale) racconta su ICB (Notiziario della Federazione) una esperienza che anche molti di noi hanno vissuto più volte e ci presenta una iniziativa che dovrebbe far sì che esperienze di questo tipo non si vivano più. Maria Catalina racconta che, volendo collaborare con il direttore che aveva deciso di proporre al coro di studiare un nuovo pezzo, passò lungo tempo in un negozio di dischi. Non avendo trovato nulla si rivolse al personale che la mandò al settore di musica classica, senza nemmeno ascoltare che il brano da lei cercato era stato scritto nel tardo 1900. Naturalmente trovò soltanto le solite tre edizioni dei Carmina Burana, una Nona sinfonia di Beethoven e il Requiem di Mozart. Più tardi si affidò a i-tunes ma solo per realizzare che nulla aveva a che fare con la musica corale e che lei non apparteneva alla categoria del “grande pubblico” ma a quella della piccola nicchia degli amanti della musica corale (ma se si stima che in tutto il mondo siamo 60 milioni di cantori!?!?! È proprio vero che tutto è relativo!). Per farla breve: ora Maria Catalina ci suggerisce Opus Choral (www.opuschoral.com) che è stato creato recentemente (dovrebbe essere disponibile entro il mese di aprile), tutto per gli appassionati di musica corale! Il sito è un negozio virtuale dedicato in modo speciale a tutti i tipi di gruppi corali (quartetti, cori da camera, cori sinfonici) e a tutti i generi musicali (musica contemporanea, pop, jazz, etnica, e molto altro). È stato creato in partnership con IFCM ed è stato disegnato esclusivamente per noi. Oltre alle incisioni, il sito avrà una pagina di tutti gli eventi corali in corso, tutto ciò che avviene nel mondo, compresi gli annunci di nuovi cd, nuovi cori, nuovi festival, concorsi e altre risorse. Tutti i gruppi che non hanno un contratto per la distribuzione dei loro cd che quindi possono essere venduti soltanto dopo i concerti troveranno in questo sito una soluzione commerciale 64 per le loro incisioni. Basterà che il loro cd abbia tutti i requisiti tecnici e artistici necessari e quindi potranno inviarlo perché sia venduto in tutto il mondo. Visto così, Maria Catalina Prieto ha ragione: Opus Choral è il sito ideale per direttori di coro, coristi e per tutti gli appassionati di musica corale. Seguite il suggerimento di Maria Catalana a cui porgiamo dall’Italia un cordiale saluto! (ICB n. 1/2009) Libri in breve Choral Intonation - P.G. Alldahl: Viene dalla Svezia. Il direttore di coro americano Philippe Brunelle, fondatore e direttore artistico del coro Vocal Essence di Minneapolis (USA Minnesota) ci dice che PerGunnar Alldahl, scrivendo questo libro, ha fatto per tutti noi impegnati nella musica corale un grande servizio. L’intonazione e il ritmo sono il cuore di ciò che un coro deve cercare per prima cosa, e Alldahl aiuta i direttori a capire come può essere raggiunta la buona intonazione. Egli fornisce utili esempi ed è sempre molto pratico nell’offrire soluzioni ai molti modi diversi in cui la buona intonazione deve essere raggiunta. (Reperibile presso la Gehrmans Musikförlag www.gehrmans.se) Fare Arte attraverso l’eccellenza corale (Creating Artistry Through Choral Excellence) - Henry Lech with Flossie Jordan. Attraverso la comprensibile guida per direttori di coro, insegna come i ragazzi possono eseguire musica in modo artistico e cosciente. Sviluppa la capacità didattica, le attitudini al comando, la tecnica di direzione, la conoscenza del repertorio, le capacità organizzative necessarie per aver successo e molto altro ancora. È corredato da cd-rom con dozzine di utili esempi forniti dal coro di ragazzi di Indianapolis. (Reperibile presso www. halleonard.com a USD 34,00) Federazione Nazionale Italiana delle Associazioni Regionali Corali 33078 San Vito al Tagliamento (Pn) via Altan, 39 tel. 0434 876724 - [email protected] - www.feniarco.it 5x1000 5x1000 5x1000 5x1000 5x1000 5x1000 5x1000 5x1000 5x1000 5x1000 5x1000 5x1000 0 0 0 1 O C R IA 5 P 5x1000 5x1 R E 0005x 0005x1 10005x lia a t i n i e l Fla cEoraN a i r lità amato 1000 5x100 5x1000 05x100 05x 10005 10005x x10005 x1000 Sostieni FENIARCO e firma nell’apposito spazio della dichiarazione dei redditi riservato al sostegno delle Associazioni di Promozione Sociale (A.P.S.) che trovi nei modelli 730, UNICO e CUD, indicando a fianco il nostro codice fiscale: 92004340516 www.feniarco.it LJ:@ =I@LC@ÛM<E<Q@8Û>@LC@8 8J8: M<E<KF I<>@FE< =I@LC@ÛM<E<Q@8Û>@LC@8 D@E@JK<IFÛG<IÛ@Û9<E@ <ÛC<Û8KK@M@KÛ:LCKLI8C@ Via Altan S.Vito al Tagliamento (Pn) Italy Tel +39 0434 876724 Fax +39 0434 877554 www.feniarco.it [email protected] ori dirett r e p orso ni e c IT) i b m i ba fo ( cori d Paranin r e p na ica rta Û Mus nte: Robe ola Venezia ~ Û I < @ C IT) doce della Scu olo ( ÝÛ8K< n g a Sp ica Û Mus e: Antonio Û I < @ C ) nt l ÝÛ8K< doce l e gospe (USA y a R a rt ritu -IT) Û Spi nte: Robe Û I < @ (USA C e s < y c K e r l o 8 u Û b d Ý nsem e Woodb cal e o ev V Û Û I e: St ca t < E) @ n C e < nti er (D doc a f ÝÛ8K e m i o ca r as K Musi e: Thom Û E) Û I t C@< en on (S azione < c s z K z s o 8 Û a n d j Ý öra nov op / ers G ione e in cal p d o V n Û A z C@<IÛ docente: olare: tradi chi (IT) ÝÛ8K< Bar pop rizio usica b M a Û F FI) C@<IÛ docente: icals ark ( s m ÝÛ8K< l u A m us na Û Famo nte: Johan Û ) I < @ C a (IT FLI doce K Û stoll ÝÛ8K< P a r ; L C a ÛJK @FE8C nte: Andre K 8 E I < doce ÝÛ@EK C@>E8EFÛ¨L;©Û@K8CP Û8>FJKFÛJ<KK<D9I< ak[jaragfaÛ]fljgÛadÛ~ÛeY__agÛ