n. 28 - gennaio-aprile 2009
Rivista quadrimestrale della FENIARCO
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Federazione Nazionale Italiana Associazioni Regionali Corali
Dossier
La produzione
discografica
compositore
vic nees
la forma
musicale
cos’è e a cosa serve
TORINO 2012
Il sogno, la sfida
Voci
& tradizione
nuova collana feniarco
Pronti, attenti, via!
arriva la nuova choraliter
n. 28 - gennaio-aprile 2009
Rivista quadrimestrale della Fe.N.I.A.R.Co.
Federazione Nazionale Italiana
Associazioni Regionali Corali
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In copertina: Alpe Adria Cantat 2008
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Editoriale
È con qualche trepidazione che licenziamo questo
28° numero di Choraliter, il primo della nuova serie.
Ci lasciamo alle spalle ventisette numeri, nove anni
di lavoro, per intraprendere un percorso in parte
diverso. Non è un semplice rinnovamento grafico,
ma una nuova impostazione che vogliamo dare alla
nostra rivista.
C’è continuità con quanto abbiamo fin qui proposto,
ed è per questo che manteniamo non solo il nome
della nostra testata, ma anche la numerazione.
Ma al tempo stesso si apre una nuova fase, per
Choraliter e per Feniarco. Fino ad oggi si è trattato
di rafforzare l’associazione dei cori italiani, dotarla
di mezzi e strutture, farne un riferimento per tutti
gli attori della coralità, un interlocutore affidabile per le istituzioni. Choraliter è
stata al servizio di quest’opera di rafforzamento della coralità italiana e
attraverso i suoi quadrimestrali dossier ha dato conto dei temi che hanno
segnato questi anni.
Oggi che su questo percorso si è fatta molta strada, la nostra rivista può
guardare oltre e diventare non solo la voce delle associazioni corali, ma
dialogare direttamente con i cantori, i direttori e quanti altri sono interessati al
canto corale come elemento importante della nostra cultura musicale.
Girava un Decalogo del corista, qualche tempo fa, dal quale si potevano
ricavare queste norme:
IV. il buon corista desidera essere il migliore
V. il buon corista non crede di essere il migliore
È questa capacità di coniugare l’ambizione all’umiltà attraverso l’impegno a fare
della pratica corale un’esperienza valida sul piano culturale e su quello civile.
Di questa idea alta, non mero passatempo ricreativo, della coralità, Choraliter
vuole essere l’interprete. A quanti vivono con questo spirito la loro pratica
corale, siano essi cantori, direttori, compositori, Choraliter vuole rivolgersi.
Ad essi chiede di essere sostenuta.
E sullo sfondo intravediamo uno spazio ancora più ampio, quello di chi non
canta in un coro, ma ama la musica e non trova a sufficienza fonti cui attingere
la musica corale, e forse nemmeno sa cosa si perde. Anche a questi ci dovremo
prima o poi rivolgere, per dare anche in Italia, quello spazio che la musica
corale ha nelle altre culture europee e che la coralità italiana si merita.
Con più spazio alla musica, con più informazione sugli avvenimenti, col cd che
annualmente allegheremo, con un magazine come Italiacori.it il cui primo
numero è da poco arrivato ai lettori di Choraliter, e che si accompagnerà,
quadrimestralmente, alla nostra rivista, completandone e arricchendone
l’informazione, con una serie di pubblicazioni, di cui il promo allegato allo
scorso numero è una significativa testimonianza, quello che Feniarco propone è
un progetto editoriale completo per la musica corale italiana.
Completo e coraggioso, perché in un momento difficile, che talvolta costringe
anche il nostro mondo corale a segnare il passo (la sospensione del concorso
di Vittorio Veneto ne è un esempio) Feniarco decide di non aspettare momenti
migliori, ma di investire subito.
La coralità italiana lo merita e di questa coralità l’Italia ha bisogno.
Sandro Bergamo
direttore responsabile
n. 28 - gennaio-aprile 2009
Rivista quadrimestrale della FENIARCO
Federazione Nazionale Italiana Associazioni Regionali Corali
DossieR
La produzione discografica
2
Pubblicare un cd
Cui prodest?
Mauro Zuccante
5
Il progetto musicale di un’incisione
Riflessioni a voce alta
Maria Dal Bianco
7
Dalla registrazione alla stampa
Renato Campajola e Mario Bertodo
11 La scelta della location
nella ripresa audio
della musica corale
36 Europa Cantat Torino 2012
14 Gli armonici, l’irraggiamento,
l’acustica corale
Harald Jers
16 Compact disc
Castel San Pietro Terme, bologna
Giorgio Morandi
44 Voci & Tradizione
Nuova collana Feniarco
Lapo Giambono e Sandro Bergamo
Cronaca
preparazione del libretto
Marco Rossi
20 Cori e dvd video
Il sogno, la sfida
Pier Filippo Rendina
40 un primo bilancio… sociale
42 Assemblea Feniarco
Luca Ricci
Attività dell’Associazione
la musica da vedere
Mauro Zuccante
46 Lo “stato dell’arte” della coralità italiana
Dossier compositore
Vic Nees
22 La tradizione come modello
intervista a Vic Nees
Efisio Blanc
28 La sostenibile leggerezza di Vic Nees
un’analisi dai seven madrigals
Nova et vetera
Carlo Tommasi
32 La forma musicale
cos’è, a cosa serve
Piero Caraba e Carlo Pedini
intervista a giancarlo comar
Sandro Bergamo
48
Notizie dalle regioni
Rubriche
52 Discografia
54 Scaffale
58 Mondocoro
INDICE
Pubblicare
un cd
pubblic
cui prodest?
di Mauro Zuccante
Scagli la prima pietra colui che non ha già provveduto a pubblicare un cd audio,
o non ci ha fatto su un pensierino! C’è forse ancora in giro qualcuno che la
pensa come Sergiu Celibidache? È noto che il grande direttore d’orchestra
romeno rifiutò di effettuare registrazioni, perché riteneva che la musica
(“pensata per essere tramandata a mezzo di scrittura”), innanzi tutto fosse
incompatibile con il supporto fonografico; e inoltre che, per sua stessa natura,
la musica prevedeva che l’esecutore e lo spettatore condividessero lo stesso
spazio. Insomma, Celibidache non intendeva rinunciare all’hic et nunc; al tempo
e allo spazio in cui si compie l’evento musicale, nella sua originalità,
irripetibilità, unità e autenticità. Ricordate l’intuizione di Walter Benjamin?
Egli ne L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica sosteneva il
dossIER
concetto di “aura”. Un concetto in base al quale
un’opera d’arte – a esempio un quadro – prima
dell’avvento dei mezzi di riproduzione era un pezzo
unico e originale (non prodotto in serie); un pezzo
autentico, ossia esso era irripetibile e destinato a un
godimento estetico esclusivo nel luogo in cui si trova.
Eppure, sarà il cd un segno della decadenza
dell’esperienza estetica, ma esso rappresenta oggi un
veicolo di divulgazione della musica, a cui non si
3
Ben diversi sono, invece, gli esiti dall’ascolto di un cd
al quale fa seguito un giudizio favorevole. Lo
apprezzo pubblicamente, lo consiglio volentieri a un
amico, cerco l’occasione buona per verificare, dal vivo,
musiche ed esecutori che mi hanno convinto su cd.
A questo proposito, però, le sorprese non mancano.
Il maquillage di un abile tecnico del suono potrebbe
mascherare vizi e difetti degli interpreti e delle
musiche e potrebbe abbagliarci con virtù virtuali.
Un disco interessante nei contenuti,
convincente nell’esecuzione
e accattivante nella presa del suono, aiuta. Eccome!
rinuncia facilmente. Pertanto, prima o poi anche i cori
amatoriali s’imbarcano nell’impresa di esibire le loro
prestazioni, registrandole su supporto digitale
prodotto in proprio, o per conto di un editore.
Le nuove tecnologie, infatti, e il conseguente
abbattimento dei costi, offrono a tutti l’opportunità di
confezionare un prodotto smerciabile; cosa, in
passato, riservata a pochi, bravi e fortunati.
Posso supporre che la motivazione primaria che
persuade un direttore di coro a intraprendere la
realizzazione di un cd audio sia quella di avviare
un’opera di promozione. Intendiamoci, non è detto
che questa sia l’unica motivazione. In subordine
possono esserci altre valide intenzioni. Proviamo a
elencarne qualcuna. Lasciare una testimonianza
concreta e duratura del proprio operato; valorizzare
un progetto musicale, che si ritiene interessante;
fissare un traguardo di lavoro per il proprio gruppo,
al fine di stimolarne i progressi tecnici e la crescita
artistica; celebrare un anniversario o un evento che si
reputano meritevoli; fissare su un supporto duraturo
una live performance memorabile. Infine (perché no?),
introitare qualche utile risorsa economica.
Ma, essendo per sua natura il cd un mezzo di
divulgazione su larga scala della musica, rimane
prioritario lo scopo di utilizzarlo come strumento di
promozione. Perciò, al termine dell’ascolto del cd di
un coro (che mi sono procurato o che mi è stato
gentilmente donato), mi chiedo se quel manufatto
raggiunge l’obiettivo della promozione. Intendo per
promozione un attestato di stima nei confronti di chi
l’ha prodotto.
Ahimè, spesso il riscontro non è positivo. Ciò mi
accade dopo l’ascolto di un cd poco convincente sul
piano dell’esecuzione, insignificante nei contenuti
proposti e sgradevole come qualità di suono. Esso mi
lascia un’impressione sfavorevole su autori e
interpreti, da provocare in me l’insorgere di un
pregiudizio difficile da cancellare nel tempo.
Quante volte (soprattutto nella musica pop e rock)
siamo stati colti da delusione, dopo l’ascolto di un
brano eseguito dal vivo, di cui avevamo apprezzato la
registrazione su disco! Ricordo che i Queen, quando
eseguivano nel corso dei concerti la loro Bohemian
Rhapsody, dovevano ricorre alla base registrata, in
quanto non erano in grado di riprodurre il gioco di
voci che in studio era stato ottenuto con le
sovraincisioni. In questo caso, con buona pace di
Sergiu Celibidache, il valore del brano sta tutto nella
versione registrata su cd.
Altrimenti, comunque, è innegabile che un cd ben
costruito facilita nel farsi conoscere, apprezzare,
contattare e, nei casi più eclatanti, aiuta a ottenere
un largo successo. Tra le altre, penso alla vicenda di
Arvo Pärt. Bravura, genialità, clima culturale
favorevole, caduta del muro di Berlino stanno alla
base del successo, largamente condiviso, del
compositore estone. Ma ha giovato alla sua fama (e
non da ultimo fattore) il fortunato incontro con Paul
Hillier e Manfred Eicher (patron della celebre Ecm).
icare
Hilliard
Ensemble
4
la seconda spesso non c’è il fonico ad ascoltare il
risultato». Con sincera onestà i coniugi Pärt
riconoscono i vantaggi ricevuti da un’edizione
discografica di alto livello.
E nell’ambito più strettamente corale? Ebbene, anche
qui gli esempi non mancano. Leggete cosa racconta
Luigi Dallapiccola: «Un giorno d’estate, al lago di San
Cristoforo, un grammofono viene messo in azione.
Un tango, un fox, un altro tango. Dischi vecchi, di
nessun interesse. Sdraiato al sole ascolto e non
ascolto quella specie di musica. A un tratto mi scuoto.
Un coro fermo e solenne mi obbliga a una maggiore
attenzione. Mi sembra di conoscere questa musica di
stampo popolano, così pura nell’invenzione melodica,
così semplice nell’armonia. Ma oggi mi sembra quasi
trasfigurata. Il canto continua.
Una strofa, la terza, la quarta non so, viene attaccata
con un improvviso “più lento e pianissimo” di effetto
stupendo. […] non mi restava altro che informarmi del
titolo del pezzo. “Il testamento del capitano, mi fu
risposto, cantato dal Coro della SAT di Trento”.
Poche settimane più tardi ho conosciuto di persona
i fratelli Pedrotti, i fotografi-cantori, il nucleo
fondamentale dell’ottimo coro». In sostanza,
galeotto fu quel disco, per l’incontro tra il Coro della
SAT e il celebre musicista istriano. Una circostanza
di riferimento per tutti i cori. Un disco, purché sia
interessante nei contenuti, convincente
nell’esecuzione musicale (ricordate le melodie
“popolane” e il “pianissimo” che hanno catturato
l’attenzione di Dallapiccola) e accattivante nella
presa del suono, aiuta. Eccome!
Concludo con le parole di
Igor Stravinsky (uno che in
materia di registrazioni su
Walter Benjamin___________________________
disco a fine promozionale,
aveva ben poco da
L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica
imparare): «Le incisioni
Einaudi, Torino 2000
fonografiche? Quando
penso che un disco o un
La Gioconda su un foulard o l’incisione di un concerto di Ravel diretto dall’autore
nastro magnetico di una
stesso e ogni giorno riascoltabile sono due esemplificazioni di quel fenomeno
nuova composizione
che Benjamin definisce la “perdita dell’aura” nell’epoca della riproducibilità
musicale può avere un
tecnica dell’opera d’arte, ossia la perdita del “qui e ora” magico e unico che si
potere (un’influenza)
fonde con la creazione artistica e la contraddistingue. Nel chiuso di
superiore di parecchie
un’automobile, a esempio, mediante un mangianastri si può ascoltare quel
migliaia di volte a quello di
concerto di Ravel al di fuori della sua unicità spazio-temporale, oggettivandolo e
un’esecuzione dal vivo,
spersonificandolo. Nondimeno, la perdita del carisma insito nell’opera d’arte,
quel disco o quel nastro
“unica” eppure riprodotta, non è deplorata da Benjamin con quell’atteggiamento
diventano oggetti
aristocratico che contraddistingue alcuni esponenti della Scuola di Francoforte.
veramente terrificanti».
Egli collega infatti la “perdita dell’aura” nella società contemporanea all’irruzione
“Terrificanti”? Certamente,
delle masse sulla scena e alla loro richiesta di beni culturali che è giocoforza
se quelle incisioni sono
diventino merce. La riproduzione dell’opera d’arte in “sede impropria” non ne
malfatte.
comporta una perdita di qualità, ma piuttosto una desacralizzazione, il che
Raccontano Arvo e Nora Pärt a proposito dello Hilliard
Ensemble: «Ricordo che quando assistemmo la prima
volta alle registrazioni per la Bbc restammo senza
parole: cantavano in un modo assolutamente
stupendo e anche l’organista era molto bravo.
Quinte e terze così pulite non le avevamo mai sentite.
Ogni cosa era perfettamente a posto, intonazione,
fraseggio, tutto era cantato con il piglio giusto.
Ricordo che, dopo averli ascoltati, Arvo disse “Non ho
nulla da aggiungere. È tutto perfetto”. Eravamo
confusi fino alle lacrime, felicissimi di aver trovato
gente adatta in tutto e per tutto a questa musica».
E ancora, a proposito dell’editore discografico: «Eicher
ha sempre lavorato in modo esemplare, spendendo
tempo ed energie per ingaggiare buoni musicisti e per
conferire a ogni registrazione uno speciale valore, che
nasceva anche dall’accostare pezzi con una coerenza
così profonda che finiva con il trasformare il disco in
un’opera d’arte. Un’altra particolarità di questa casa
discografica è che le vecchie registrazioni restano
sempre in commercio. Come lei sa, con le grandi case
discografiche le registrazioni durano qualche anno e
poi vanno fuori catalogo. Il modo in cui venne
effettuata la registrazione della Passione potrebbe
valere come modello questo metodo di lavoro. Con lo
Hilliard Ensemble la eseguimmo almeno venti o trenta
volte prima di inciderla. Lei sa benissimo che anche
con le migliori orchestre le cose vanno in modo
completamente diverso: si fanno un paio di letture del
pezzo nuovo e poi si passa direttamente alla
registrazione. Quando si ha fortuna il direttore
propone di farne un’altra versione, ma tra la prima e
favorisce un’esperienza laica della cultura e ne sostituisce il valore rituale con un
valore espositivo antiestetizzante. [Nota di copertina al volume]
dossIER
5
Il progetto musicale di un’incisione
Riflessioni a voce alta
di Maria Dal Bianco
che si apre sul passato, che può chiudere o riassumere
un progetto durato alcuni anni, oppure una proiezione
verso un nuovo percorso, una porta verso il futuro.
Nel 1887, quando Emil Berliner inventò il disco, una
sottile lamina di zinco di dodici centimetri ricoperta di
cera sulla quale veniva tracciato un solco a spirale entro
cui la puntina vibrava orizzontalmente, non immaginava
l’evoluzione che sarebbe avvenuta nel giro di un secolo.
Neppure l’anno successivo, quando fu messa a punto la
tecnologia destinata a divenire la carta vincente del
disco, ossia la duplicazione tramite una matrice
plastica. Dal 1896, anno ufficiale di nascita del
grammofono, l’evoluzione tecnica fu continua e con
essa, parallelamente, si assistette all’ampliarsi delle
possibilità esecutive offerte ai musicisti. L’invenzione
della registrazione sonora ha dato nuove possibilità di
fissare l’evento sonoro nel suo svolgersi, prima
altrimenti consegnato inevitabilmente ai ricordi. È facile
comprendere l’importanza della registrazione nel fissare
la manifestazione artistica e poterne quindi usufruire
poi in situazioni e con modalità differenti. L’incisione
può dare anche grandi stimoli di approfondimento e di
revisione critica di un’esecuzione, divenendo un potente
strumento di crescita.
Ma quali scelte percorrere per fissare le immagini
sonore della propria creatività musicale? E per propria
intendo tutto il fermento creativo che vive insieme a noi
l’esperienza musicale e corale.
Il pensiero di chiudere in un cofanetto le intenzioni
interpretative e realizzare un progetto discografico, fa
sentire ulteriormente l’importanza e le responsabilità
del progetto. Una parte della storia di una formazione
corale può essere riassunta in una serie di documenti
sonori. Si tratta quindi di un’esperienza, una finestra
La monografia
Una buona parte delle incisioni disponibili è costituita
da monografie. Spesso ispirate ad autori o a periodi
storici ben individuati, presuppongono in genere uno
studio e un approfondimento specifici: la scelta
dell’autore, del repertorio, la valutazione critica delle
edizioni musicali disponibili, un’oculata scelta
dell’organico, vocale e strumentale, l’interpretazione
alla luce degli orientamenti esecutivi sempre più
analitici e specialistici. Un approccio filologico, in
presenza di musica composta per essere eseguita in
ambienti ben definiti, suggerisce inoltre l’opportunità di
individuare ambienti acusticamente idonei, in modo da
ricreare, nei limiti del possibile, le sonorità e l’acustica
originali. La scelta monografica è spesso suggerita dal
produttore, perché obbedisce a logiche commerciali
ben precise. Alcune etichette sono specializzate in
musica di un determinato periodo storico, altre a
esempio in autori minori, nel lodevole intento di
proporre degli inediti.
Dal concerto al cd, dal cd al concerto
A partire dal 1979, comparve un supporto audio digitale
destinato al grande pubblico: il compact disc, frutto di
ricerche condotte dalla Philips già dalla fine degli anni
Cinquanta. L’avvento del compact disc ha consentito di
estendere oramai fino a ottanta minuti la durata della
registrazione su un unico supporto, aprendo nuove
possibilità e un diverso approccio alla produzione
discografica. Il cd diventa antefatto o documento
dell’evento concertistico. Alcuni gruppi professionistici
pianificano annualmente la propria attività concertistica,
su uno o due programmi di base che propongono
anche in versione cd. Penso a grandi nomi conosciuti e
spesso citati: Tallis Scholars, King’s Singers, Hilliard
Ensemble. Da subito hanno imboccato questo percorso.
Quali scelte percorrere per
fissare le immagini sonore della
propria creatività musicale?
6
Il cd audio______
Il Compact Disc Digital Audio,
acronimo CDDA, comunemente
abbreviato in cd audio, è uno
standard di registrazione audio
digitale su compact disc, il
supporto di memoria removibile
attualmente più utilizzato.
Lo standard è stato creato dalla
Sony congiuntamente alla Philips
e rilasciato nel 1979, anno in cui
è iniziata la commercializzazione
dei primi cd audio. Il cd audio è
stato la prima applicazione
pratica implementata per il
compact disc da cui sono derivati
tutti gli altri suoi formati e
utilizzi. La struttura fisica del
disco e i protocolli di memorizzazione dei dati sono descritte nel
cosiddetto red book (termine
inglese che tradotto letteralmente significa “libro rosso”). Tali
specifiche tecniche prevedono
una capacità massima di 747 MB e audio stereofonico LPCM campionato a 44,1 kHz con
campioni di 16 bit, quindi,
tenendo conto dello spazio
occupato per la correzione
d’errore, una capacità massima
di registrazione di 74 minuti.
Il cd audio è nato come formato
di compact disc prestampato
(quindi come memoria a sola
lettura) destinato all’industria
multimediale per la commercializzazione di contenuti sonori,
in particolare dall’industria
discografica per la commercializzazione di musica. In tali settori
merceologici è stato inizialmente
concorrente del disco in vinile
soppiantandolo quasi completamente nel giro di una decina
d’anni. Tutt’oggi rappresenta il
supporto audio più utilizzato in
tali settori. Con la nascita del
cd-r, nel 1988, e del cd-rw, nel
1997, è diventato anche uno dei
formati di registrazione più
utilizzati nell’home audio
soppiantando in particolare la
compact cassette sempre nel
giro di una decina d’anni.
Il titolo del cd diviene il titolo del concerto:
Codex Specialnik, Officium, fino al più
recente Arkhangelos, per citarne solo alcuni
esempi. Ma ci sono anche validissimi gruppi
italiani che hanno adottato questo stesso
modello. Con i 45-50 minuti del vinile
sarebbe stato piuttosto difficile. La finalità
commerciale è sottilmente presente. Si
sfrutta il meccanismo per cui chi assiste a un
evento musicale emozionante è portato
tendenzialmente ad acquistare qualcosa che
gli faccia rivivere l’emozione vissuta.
Funzionano un po’ così anche i bookshop dei
musei. Esco da un concerto che mi è
piaciuto, trovo il cd con quello che ho
appena ascoltato, lo prendo. Occorre tuttavia
saper muovere la leva emotiva, altrimenti i
cd rimangono sul tavolino.
Il linguaggio e lo stile
A volte invece sono il linguaggio, la tecnica
compositiva o lo stile, che diventano temi
ispiratori di una produzione discografica.
Penso, a esempio, alla spazialità oppure alla
modalità. In questi casi si possono ottenere
interessantissimi risultati recuperando, a
esempio, la letteratura medievale e
rinascimentale, il novecento e il
contemporaneo. Il filo conduttore unisce
periodi molto diversi e crea interessanti
parallelismi fra composizioni e opere
apparentemente molto lontane tra loro.
Ne gioirà l’ascoltatore non particolarmente
incline alle raccolte monotematiche.
Musica e testo letterario
Un interessante taglio che anch’io, col mio
gruppo, sto considerando con interesse,
riguarda il tema, come dire, “letterario”.
Prevalente diventa, in questo caso, il peso
dei testi e gli elementi letterari che li hanno
ispirati (la luce, le tenebre, la sera, la
natura, una determinata area geografica,
ecc.). Esistono in circolazione degli esempi
molto ben riusciti di programmi basati su
quest’impostazione. L’aspetto interessante è
la possibilità di spaziare tra repertori anche
molto diversi tra loro, epoche storiche, stili
e generi musicali. Tra l’altro è possibile
realizzare raccolte con brani sacri e profani,
operazione che non sempre risulta agevole.
Il risultato può essere vario e di piacevole
ascolto. C’è però un limite. Il trasferimento
in concerto del progetto può essere a volte
problematico, a causa della difficoltà di
conciliare i diversi repertori con le
caratteristiche e il contesto degli spazi
esecutivi (teatri, chiese, auditorium,
ville ecc.).
Una testimonianza sonora
È successo in più di un’occasione che alcuni
compositori abbiano chiesto la nostra
collaborazione per la realizzazione di
antologie, opere monografiche, raccolte di
elaborazioni e armonizzazioni. Uno di loro,
un giorno, mi confidò: «Per me è arrivato il
momento di guardare al passato e di fissare
alcune fasi del mio percorso. Sto chiedendo
ai miei amici musicisti di contribuire, con me,
a realizzare questa sorta di bilancio della mia
vita musicale, registrando alcuni miei lavori».
Abbiamo aderito al progetto, così come altri
gruppi. L’effetto finale è risultato molto
suggestivo: la voce dell’autore testimoniava
direttamente sul suo percorso artistico e gli
esecutori si alternavano proponendone i
brani che ne avevano segnato le tappe.
Il documento sonoro diventava non solo
un’antologia retrospettiva, ma una
testimonianza viva e diretta dell’autore, della
propria evoluzione artistica.
Ulteriori possibilità di ricerca e di
sperimentazione per programmi inediti
saranno offerte sicuramente dalle nuove
tecnologie che stanno avanzando.
La registrazione multicanale (multichannel
audio 5.1, 6.1, 7.1), a esempio, è in grado di
restituire un’immagine sonora molto vicina
all’evento esecutivo. Permetterà di percepire
i movimenti degli esecutori, con le
caratteristiche e le dimensioni dello spazio.
Voci parlate, cantate e suoni, potranno
essere restituite all’ascoltatore, nell’originale
spazializzazione.
Credo, tuttavia, che un’incisione debba
rimanere una fotografia reale, anche con tutti
i limiti esecutivi. Solo così può essere di
fondamentale importanza per comprendere il
presente di una realtà corale, per rileggerne
il passato e per testimoniarne un percorso
evolutivo. Unico rischio è che le grandi
possibilità offerte dall’attuale tecnologia
possano in qualche modo prevalere
sull’autenticità del documento sonoro.
In ogni caso, riascoltarsi, rievoca le emozioni
del passato, fa riscoprire la vibrazione dei
suoni di un tempo lontano, ma sempre vicino
perché ti appartiene.
r
dalla registrazione
alla stampa
regis
di Renato Campajola e Mario Bertodo (SMC Records)
La produzione di un cd di musica corale, sia classica sia popolare, è un lavoro molto
interessante per chi si occupa di registrazione perché richiede di affrontare una serie di
problemi complessi, ai quali bisogna dare una soluzione armonica per ottenere un
prodotto valido sia dal punto artistico-musicale che tecnico. In queste pagine cercheremo
di presentare le nostre modalità di lavoro che rappresentano il frutto di un’esperienza,
ormai più che trentennale, nella registrazione di musiche corali. Per maggiore chiarezza
affronteremo separatamente le fasi che portano alla realizzazione di un cd.
La scelta della location
Quando ci viene richiesta la produzione di un cd di coro, il primo problema che
ci poniamo è la scelta del luogo sede delle registrazioni: è una decisione
importante, spesso sottovalutata, che caratterizzerà in modo irreversibile le
caratteristiche sonore del prodotto finito.
Oggi è piuttosto diffusa la convinzione che sia possibile registrare praticamente
ovunque “tanto poi col computer si aggiusta tutto”: questa affermazione, se
può essere in parte vera per altre fasi della realizzazione, non è applicabile al
momento della ripresa sonora. Solo registrando in un ambiente che sia
acusticamente “confortevole” e con una disposizione fisica che metta a proprio
8
fra le sezioni del coro, per rimediare ai piccoli sbilanciamenti
che, talvolta, si verificano durante l’esecuzione. Pur senza
entrare in particolari tecnici circa il calcolo delle posizioni dei
microfoni, ci pare interessante sottolineare l’importanza della
scelta del tipo di microfoni da utilizzare: noi riteniamo
fondamentale usare microfoni a condensatore con diaframma
da 1/2 pollice, aventi diagrammi polari molto regolari in
funzione della frequenza, per ottenere il minimo delle
“colorazioni” sui suoni laterali che, in una ripresa di questo
tipo, costituiscono la maggioranza del campo sonoro.
agio il coro, sarà possibile ottenere la miglior resa dai coristi
e quindi un risultato musicalmente apprezzabile.
Per quanto attiene agli aspetti più tecnici della registrazione è
certamente preferibile lavorare in ambienti grandi (non meno
di 300 metri quadri), con pareti sufficientemente lontane dai
coristi e soffitto alto almeno 6 metri: questo consente di
sfruttare appieno l’acustica ambientale per ottenere
un’immagine stereofonica gradevole e naturale. I piccoli
ambienti, poiché creano riflessioni temporalmente molto
vicine, caratterizzano la registrazione con un suono “da
stanza” che non è solitamente piacevole e che, soprattutto,
non è possibile eliminare anche cercando di mascherarlo con
aggiunta di riverberi digitali. Lavorando in Italia praticamente
nessuno studio dispone di sale di ripresa di dimensione
adeguate e, vista la carenza di auditorium e teatri
acusticamente ben progettati ed economicamente accessibili,
la soluzione migliore è scegliere una chiesa non troppo
grande, silenziosa e non esageratamente riverberante (dai 2
ai 4 secondi di tempo di riverberazione).
Un’ultima interessante considerazione riguarda proprio una
caratteristica del riverbero: se si ascolta attentamente la coda
di riverberazione, in molte chiese si potrà notare come questa
sia calante rispetto al suono che l’ha generata. Registrare in
queste condizioni aumenterà la difficoltà di mantenere stabile
l’intonazione del coro.
La tecnica di ripresa
Se è possibile registrare in un luogo scelto accuratamente, la
disposizione dei microfoni risulta molto semplificata a tutto
vantaggio della qualità dell’immagine stereo ottenibile.
Solitamente noi lavoriamo in multitraccia, con una coppia
stereo che riprende il campo sonoro complessivo coadiuvata
da 4-5 microfoni di prossimità. Questa tecnica consente di
coniugare il realismo della ripresa stereo bi-microfonica, con
una certa possibilità di variare in post produzione l’equilibrio
La programmazione e la conduzione
delle sedute di registrazione
La programmazione delle sedute di registrazione è un altro
elemento importante per la buona riuscita del lavoro.
La maggior parte dei cori è formata da amatori che, spesso,
cantano per imitazione la musica: questo fa sì che sia meglio
registrare 4-5 brani per seduta di 3-4 ore, distanziando le
sedute di 7-15 giorni così da consentire un ripasso in prova
dei brani da incidere. Raramente registrazioni concentrate in
2-3 giorni hanno portato a risultati eccellenti, a meno di non
lavorare con formazioni professionali.
Anche la conduzione della registrazione è fondamentale per
un buon risultato e la collaborazione tra maestro del coro e
direttore della registrazione può consentire di ottenere il
massimo dai coristi. Durante la registrazione noi seguiamo
l’esecuzione sulla partitura, annotando i punti critici che, al
termine di ciascun take, comunichiamo al maestro: decidiamo
quindi se e cosa rifare di ciascun brano finché non si è
ottenuto il risultato voluto. In questa fase è importante che il
direttore della registrazione riesca ad avere un’idea ben
precisa della qualità musicale ottenibile dalla formazione che
si sta registrando: al meglio non c’è limite, ma ciascun coro
ha un suo limite che, almeno al momento della registrazione,
non è superabile. È pertanto inutile e controproducente
cercare di superare questo limite con un numero esagerato di
ripetizioni: la qualità non migliorerà ma si otterrà un
affaticamento e una demotivazione degli esecutori.
Molto spesso è utile ripetere solo una piccola parte del brano
da registrare, per tale ragione è importante che il coro,
durante le prove in preparazione della registrazione, si abitui
a partire non solo dall’inizio del pezzo, ma anche da punti
intermedi, ovviamente musicalmente ragionevoli.
Un’ultima considerazione la dedichiamo agli strumenti
utilizzati per fornire l’intonazione al coro: la nostra esperienza
consiglia di impiegare una piccola tastiera elettronica, perché
fornisce una scala cromatica con intonazione stabile.
Strumenti come il “corista” ad ance non sempre sono
affidabili come riferimento, poiché variano l’intonazione con la
temperatura e l’intensità del soffio. L’uso del diapason, a
meno di maestri con sensibilità eccezionale, porta ad avere
differenze di parecchi cent fra le varie ripetizioni rendendo
quindi indispensabile l’uso di pitch shifter durante il
montaggio e complicando quindi non poco il lavoro di post
produzione.
dossIER
La post produzione
Al termine delle sedute di registrazione ci si ritrova con alcune ore di
materiale registrato, suddiviso in molte decine di takes. Il primo lavoro da
realizzare è la selezione del materiale registrato per costruire la versione
definitiva: è un compito delicato dal quale dipende molto della qualità
finale. Non si tratta infatti di eliminare semplicemente gli errori, ma di
valutare anche le piccole differenze interpretative che sono sempre
presenti tra le varie versioni: per tale ragione noi riteniamo che questo
lavoro sia svolto al meglio dal maestro del coro. Se durante la
registrazione si è lavorato con metodo e si sono segnate correttamente le
varie versioni, non è un lavoro “terribile” ma richiede comunque 15-20 ore
di attenti ascolti.
Spesso ci si chiede se questa modalità di lavoro non porti a realizzare
registrazioni “puzzle” senza una precisa linea musicale: la nostra
esperienza ci dimostra che, se il coro è arrivato alla registrazione con una
preparazione adeguata, le varie versioni differiscono di pochissimo l’una
dall’altra sia come tempo sia come interpretazione.
Dal punto di vista tecnico i migliori sistemi di montaggio digitale
consentono di intervenire in ogni punto del brano: è possibile montare su
note legate e congiungere takes aventi anche piccole differenze di volume
di suono o di intonazione. Da qualche tempo sono anche disponibili
software che consentono di variare in modo continuo e programmabile
l’intonazione, risolvendo così il problema di congiungere fra loro versioni
con bella interpretazione, ma con variazione dell’intonazione durante
l’esecuzione. Se si utilizzano i migliori prodotti e si conoscono a fondo le
possibilità che offrono e i loro limiti, l’impiego di questi mezzi tecnici è
assolutamente “trasparente” e inudibile a lavoro finito.
Ci sembra importante sottolineare che tutti gli aspetti musicaliinterpretativi non sono sostituibili dall’impiego di mezzi tecnici più
sofisticati, ma restano totale appannaggio degli esecutori: la postproduzione consente solo di ottenere quella “esecuzione ideale” che si
verifica talvolta nei concerti e che tutti sperano di poter inserire nel loro cd.
Al termine del montaggio si procede con il missaggio definitivo delle tracce
registrate; a questa operazione è importante far partecipare anche il
maestro del coro, perché si potranno apportare quelle piccole correzioni
nel bilanciamento fra le sezioni che possono sensibilmente migliorare il
prodotto finito.
Un discorso a parte lo merita la gestione della “dinamica” di una
registrazione: è la fase definita mastering, l’ultima prima della stampa del
cd. Oggi i sistemi di registrazione digitale consentono di catturare il suono
nella sua interezza sia come gamma di frequenze che come gamma
dinamica; purtroppo se le apparecchiature di registrazione professionale
garantiscono dinamiche ampiamente superiori a quella del cd, le
apparecchiature di riproduzione usate dalla maggior parte degli ascoltatori
sono spesso di qualità inferiore a quelle in uso venti anni fa, molto
inferiori alla qualità cd (nonostante le affermazioni della pubblicità).
Sistemi mobili come i-pod, mp3 players, ascolto in auto e internet se da un
lato hanno reso fruibile la musica in contesti una volta impensabili,
ci hanno però abituato a una qualità di ascolto mediocre con dinamiche
ridottissime.
È una realtà con la quale bisogna confrontarsi: produrre un cd da “puristi”
può renderlo “inascoltabile” dalla maggior parte degli utenti finali,
fortunatamente anche qui ci vengono in aiuto i mezzi tecnici. Oggi è
possibile ridurre significativamente la dinamica di una registrazione senza
penalizzare la dinamica percepita, si può cioè diminuire il rapporto di
9
SMC Records______________
SMC è attiva, da oltre venticinque anni, nel
settore discografico. Fondata da Renato
Campajola come studio mobile di
registrazione di musica acustica (classica e
jazz) al massimo livello tecnologico e
professionale, oggi è un’azienda di servizi
discografici, punto di riferimento a livello
nazionale. SMC collabora con le più importanti
etichette discografiche, prestigiose riviste
italiane di musica classica e jazz, enti,
istituzioni e fondazioni. Inoltre produce e
realizza numerosi progetti discografici per
conto di aziende nazionali e internazionali che
identificano nella musica un veicolo per
qualificare la propria immagine. Lo studio
SMC ha inciso oltre 800 compact disc di
musica classica e jazz con famosi solisti,
formazioni orchestrali e/o cameristiche
italiane e straniere, artisti jazz internazionali.
SMC ha prodotto cd e musicassette per
prestigiosi cori polifonici, nonché numerose
lavorazioni di remastering digitale di
registrazioni etnomusicologiche. Ha registrato
colonne sonore per campagne pubblicitarie di
primarie aziende nazionali, sonorizzazioni per
cd-rom a carattere culturale e musiche
orchestrali per film e trasmissioni televisive.
Dal 1992 collabora con Sony Dadc Austria, la
più grande azienda europea per la produzione
di supporti ottici e dal 2003 ne è diventata
service partner per il supporto dei clienti e la
commercializzazione dei suoi prodotti.
www.smcrecords.eu
10
Il mastering_____
Il mastering è il processo
fondamentale per creare il
master di un album
musicale partendo dalle
tracce ottenute dopo il
missaggio. Il master è
quindi la copia dalla quale
verranno stampate tutte le
altre.
Il mastering ha
fondamentalmente due
scopi: amalgamare i brani
presenti su un album (a
meno che non si tratti di un
singolo brano) decidendone
la scaletta, le pause tra i
brani e uniformandone i
volumi, la risposta in
frequenza e l’immagine
stereofonica; ottimizzare la
resa sonora dei brani
rispetto al supporto su cui
verrà stampato l’album (cd,
dvd, vinile o altro) facendo
sì che il disco riesca a
suonare al meglio su
qualsiasi supporto venga
riprodotto.
Il mastering non sarebbe
mai stato possibile senza
l’invenzione del nastro
magnetico prima, e del
digitale poi. Queste due
tecnologie hanno permesso
l’editing dell’audio registrato
successivamente alla
registrazione, ovvero hanno
dato vita alla
postproduzione. Prima
dell’invenzione del mixer e
dei microfoni, i dischi
venivano registrati mediante
l’uso di un diaframma di
cera che, posizionato nella
sala ripresa, vibrando
trasmetteva l’energia
acustica a un tornitore
posto in una stanza
adiacente il quale scriveva
in tempo reale l’esecuzione
musicale creando
direttamente il master.
volume fra il piano e il forte senza che
l’ascoltatore abbia la sensazione di
un’esecuzione “piatta”; in questo la musica
corale è anche avvantaggiata dal fatto che
il piano e il forte, oltre che dalla pressione
sonora, sono molto caratterizzati dalla
differenza timbrica che si ha nei due casi.
Se si interviene con apparecchiature
adeguate, usate in modo tecnicamente e
musicalmente accorto, è così possibile
produrre cd che suonano bene su impianti
eccellenti ma che sono ancora fruibili
quando ascoltati su media di minore
qualità, come in auto, via radio o internet.
La produzione del cd
Ultimo ma non meno importante passo è la
replicazione del cd. La scelta di una
copertina accattivante, una grafica accurata,
pur non aggiungendo nulla al contenuto
musicale, contribuiscono certamente a
catturare l’attenzione del possibile
acquirente. Un cd con un aspetto esterno
“professionale” fa immaginare che anche la
parte musicale sia stata curata nei dettagli
per offrire un prodotto valido. Anche la
scelta dello stabilimento di replicazione è
importante: è assolutamente falso
affermare che «i cd sono tutti uguali».
Innanzi tutto esistono due metodi di
replicazione: lo stampaggio e la
masterizzazione su cd-r. La stampa è il
metodo utilizzato in tutte le produzioni in
grandi quantitativi e garantisce (se prodotto
correttamente) affidabilità, durata e
compatibilità con i diversi lettori. La
masterizzazione su cd-r anche se ormai ha
raggiunto qualità molto alte, mantiene
comunque una certa incompatibilità con
alcuni lettori; è anche fondamentale che il
duplicatore utilizzi supporti di qualità
(quindi di maggior costo): i cd-r più
economici (prodotti con materiali scadenti)
hanno spesso problemi di durata nel tempo
e cd perfettamente funzionanti da nuovi
divengono inservibili dopo solo 2-3 anni
dalla produzione. Per esperienza diretta,
possiamo affermare che cd o cd-r di qualità,
dopo oltre dieci anni sono perfettamente
funzionanti e con tassi d’errore paragonabili
a quelli appena prodotti.
Conclusioni
L’autoproduzione di un disco è oggi molto
diffusa fra i cori ma rappresenta pur
sempre un notevole investimento di danaro
ed energie; il mercato della registrazione
offre un panorama molto variegato, non è
raro trovare “tecnici” più o meno
improvvisati che, a fronte di compensi
bassi, offrono servizi scadenti.
Con queste righe speriamo di aver fornito
indicazioni utili ai cori che si accingono a
realizzare una registrazione discografica.
l
de
La scelta
della location
la sce
della
nella ripresa audio della musica corale
di Luca Ricci
Sto terminando in questi giorni il missaggio dell’oratorio
Angela da Foligno del compositore e direttore d’orchestra
umbro Carlo Pedini, da me registrato durante
l’esecuzione in prima assoluta il 31 gennaio scorso in
occasione dell’apertura della stagione concertistica degli
Amici della Musica di Foligno (Pg).
L’organico prevedeva: orchestra d’archi, tre flauti, arpa,
organo positivo e percussioni, quattro voci recitanti, un
coro gregoriano femminile, un gruppo vocale leggero, un
coro lirico femminile e un grande coro misto (di circa 60
elementi).
Il luogo più adatto per rappresentare e riprendere un
opera così imponente (quasi 2 ore di musica) ci è
sembrato l’Auditorium di San Domenico di Foligno,
ricavato dalla ex chiesa omonima. La struttura, una
navata unica di grandi dimensioni, vede il palco occupare
il transetto con alle spalle uno spesso tendaggio a
coprire l’abside e un soffitto mobile fatto di tralicci
ricoperti da lenti acustiche in legno. Il segnale sul palco
risulta uniformemente diffuso, cosa che in un organico
così grande facilita il monitoring reciproco, con un tempo
di riverberazione piuttosto corto e privo di colorazioni
indotte dalla vicinanza di pareti e soffitto. L’area così
trattata produce in sala un riverbero con attacco
piuttosto ritardato, mentre le poltrone della sala
(opportunamente progettate) garantiscono un
assorbimento che ne limita la densità.
Nel contesto in questione (l’oratorio) una microfonazione
su 18 canali (più 4 in linea) atta a rendere le
caratteristiche dell’auditorium funzionali alle varie sezioni
dell’opera ha permesso di ottenere il seguente risultato:
l’organico strumentale (organo escluso) collocato e
ripreso al centro del palco, forniva un suono ben a fuoco,
con tempi di riverberazione corti e spazi tra gli strumenti
tali da poter ben separare ogni sezione in ciascuna delle
tracce a essi dedicate. L’organo positivo posto appena al
di fuori del perimetro coperto dal tetto a lenti acustiche
sfruttava l’intera altezza della crociera, permettendo alle
note più basse di svilupparsi per la lunghezza necessaria
all’onda relativa e a tutti i registri di colorarsi di una
riverberazione più simile a quella di una chiesa.
Trattamento simile è stato riservato al gruppo
gregoriano, posto per motivi di monitoring entro il
perimetro del tetto mobile ma collocato in maniera tale
da poter essere ripreso dalla sala; questo per miscelarne
nei limiti del possibile il segnale diretto con quello
riverberato dalla navata, al fine di avvicinarsi alle
tipologie di ripresa standard del canto monodico
cristiano. Il sestetto vocale leggero è stato ripreso con
microfonazione ravvicinata anche se non chiusa, in
maniera da ottenere una ripresa simile a quella ottenibile
in uno studio di registrazione, luogo generalmente
progettato per riprese in multisessione (tipologia di
registrazione degli strumenti e/o voci “a turno”, allo
scopo di costruire il brano traccia dopo traccia) e dunque
caratterizzato da una acustica secca e scarna che
12
necessita di successivi consistenti
trattamenti in termine di dinamica, di
colore e di riverberazione. Microfonazione
ravvicinata dicevo e non chiusa, per
avvicinarsi “all’effetto presenza” che in
genere caratterizza le riprese dei gruppi
vocali leggeri, ma potendo pur sempre
riverberarne il segnale con quanto fornito
dall’ambiente e non successivamente
mediante un processore digitale.
Microfonazioni d’accento sulle sezioni
infine per il coro lirico e il grande coro
misto, che sommate alla presa
panoramica di tutto l’insieme ha fornito
un segnale in grado di dettagliare la
condotta delle parti pur contestualizzando
il tutto in un ambiente di grande
dimensioni.
Ho voluto iniziare questo articolo
descrivendo una situazione di ripresa
complessa, caratterizzata dalla presenza
di diverse formazioni vocali che leggono
contemporaneamente una partitura fatta
di parti cucite addosso alle caratteristiche
di ciascun coro. Per fortuna il mio lavoro è
fatto anche di tipologie di ripresa meno
impegnative (piazzare tutti quei canali, e
smontare tutto alla fine della sessione
non è mica uno scherzo!)
Giro Giro Canto 2, il cd del coro di voci
bianche La Corolla di Ascoli Piceno diretto
dal maestro Mario Giorgi, edito da
Feniarco, da me registrato nel 2006, è
caratterizzato da un repertorio a cappella
o con accompagnamento di strumentini
piuttosto variegato; da semplici
filastrocche a brani con effetti sonori
vocali tipici della musica classica
contemporanea, passando per brani
polifonici fino a 5 voci. Ci sono poi i brani
con pianoforte, e quelli con pianoforte e
strumentini, fra cui flauti dolci solisti. Per
una situazione così variegata dal punto di
vista del repertorio i lunghi tempi di
riverberazione di una chiesa avrebbero
potuto inficiare la corretta lettura in sede
di successivo ascolto delle parti spesso
complesse e a volte molto delicate (gli
effetti vocali quali sibili, schiocchi delle
labbra. sussurrato ecc. sono sonorità
critiche anche per voci mature). L’uso
intensivo in molti brani di percussioni
assai sonore in chiesa rischiava di
produrre un rimbombo francamente
inaccettabile, per non parlate del
pianoforte, strumento il cui immenso
repertorio romantico e novecentesco,
solistico, orchestrale e cameristico ci
porta ad associarne il suono a grandi sale
da concerto, a teatri e perfino a salotti,
ma non certo a una chiesa! La scelta della
location è caduta così sul Teatro Ventidio
Basso di Ascoli Piceno. La tipologia
acustica “teatro” è caratterizzata da tempi
di riverberazione piuttosto corti, da una
forma della struttura (a ferro di cavallo) e
dai materiali impiegati (legno, stucchi,
velluto) che limitano le fastidiose
risonanze a bassa frequenza (il cosiddetto
“rimbombo”). A seconda delle dimensioni
dell’organico che richiede questo tipo di
location per una ripresa audio si stabilisce
anche di quali dimensioni del teatro si
abbia bisogno. Per il cd della Schola
Gregoriana Piergiorgio Righele, diretta da
Tito Molisani, Altissima Luce edito nel
2008 da Bottega Discantica e contenente
polifonia della scuola di Notre Dame,
elaborazioni di brani tratti dal laudario di
Cortona e brani di autori contemporanei,
si è optato per la chiesa romanica di
medie dimensioni annessa al convento di
San Francesco in Penne, provincia di
Pescara. La struttura a tre navate
separate da colonne in pietra con sezione
rotonda, garantisce una buona diffusione
del suono. La chiesa conferisce alle voci
un suono vellutato e bagnato da un
riverbero morbido e mediamente denso,
che è risultato adatto a uniformare il
variegato repertorio del cd conservando
l’equilibrio tra la leggibilità delle parti e la
suggestione di un’ambientazione sacrocerimoniale. Trattandosi di un gruppo
vocale femminile non abbiamo riscontrato
problemi di risonanza a bassa frequenza,
pericolo sempre in agguato nelle chiese di
dimensioni medio/piccole.
Diversa e per certi versi opposta la scelta
effettuata per la registrazione del cd Ave
Donna Santissima, del gruppo vocale
femminile Armoniosoincanto di Perugia
diretto da Franco Radicchia edito da
Tactus nel 2007. Il repertorio era costituito
da monodie e polifonie sacre tardo
medievali provenienti dal territorio umbro
e toscano, con presenza predominante di
materiale musicale in uso presso
confraternite laiche. Abbiamo effettuato
una serie di sondaggi sonori su altrettante
chiese di piccole dimensioni la cui
costruzione risalisse al tardo medioevo,
piccole strutture analoghe a quelle a cui
spesso le confraternite facevano capo,
piuttosto spoglie negli arredi,
generalmente affrescate, strutturate in
singole navate con soffitti relativamente
bassi; elementi questi che in genere
contribuiscono a un incremento della
presenza di prime riflessioni, che
conferiscono al suono una lieve asprezza,
tipologia sonora che si ritrova spesso
nelle ambientazioni dei cd di musica
medievale. La scelta è caduta su due
piccole chiese del territorio perugino, di
cui una utilizzata per il repertorio a
cappella, e l’altra per quello in cui erano
previsti accompagnamenti strumentali
costituiti da salterio, campanelle intonate,
viella e flauto a becco. La chiesa in
questione vede ricavata a fianco all’altare
una cappella che è risultata utilissima per
la collocazione degli strumenti che
altrimenti rischiavano di coprire le voci.
Per la ripresa di un coro accompagnato da
un grande organo a canne la tipologia
acustica “chiesa” diventa ovviamente una
scelta obbligata, a meno di non affittare
un auditorium provvisto di questo
strumento; obbligo ulteriore è fornito dal
tipo di strumento prescritto in partitura, e
dal fatto che deve essere ospitato in una
chiesa con caratteristiche adatte a
valorizzare anche la musica vocale. La
Basilica Inferiore di San Francesco in
Assisi è stata la cornice perfetta per la
registrazione della Missa Pro Defunctis di
Domenico Stella, che proprio in questa
sede fu maestro di cappella fino al 1956,
anno della sua morte
Il coro della Cappella Musicale della
Papale Basilica di San Francesco d’Assisi,
diretto da Giuseppe Magrino, disposto sul
coro ligneo alle spalle dell’altare ha dato
vita al cd edito da Cefa, contenente oltre
al Requiem anche il ben noto Cantico
delle Creature, dello stesso autore. In
questo caso il lavoro del tecnico del
suono dal “cercare un’ambientazione
migliore possibile per la ripresa in
questione” si trasforma in “documentare
nel modo più fedele possibile un evento
sonoro realizzato nell’ambiente dove e per
il quale è stato concepito”. Accentate le
sezioni del coro ho cercato in navata un
dossIER
punto di ripresa panoramico che soddisfacesse i seguenti requisiti: 1) fornire un
suono d’insieme del coro; 2) documentare la riverberazione dell’ambiente così come
lo percepiscono i fedeli seduti sulle panche della chiesa; 3) raccogliere il segnale
dell’organo. Da notare che le canne dell’organo sono disposte dietro a tutto il
perimetro del coro ligneo, la cui altezza sfiora le basse volte del soffitto le quali
innescano un meccanismo di trasmissione del suono che è stato necessario studiare
con cura.
Oltre all’auditorium, alla chiesa e al teatro una tipologia acustica alla quale può
capitare di ricorrere nella ripresa di repertori particolari quali a esempio quello
madrigalistico è quella di una sala per ricevimenti di un palazzo rinascimentale o
barocco, o di un salotto borghese ottocentesco per la musica vocale da camera,
anche a volte la difficoltà a reperire location così particolari spinge a sostituirle
rispettivamente con chiese e teatri. Molto spesso le registrazioni hanno luogo in
location obbligate da motivi non propriamente legati al repertorio o all’organico,
situazione frequentissima quando il cd da realizzare è ricavato dalle sessioni di prova
e dal successivo concerto, che in genere ha luogo in sale utilizzate per questo scopo
e vengono scelte dagli organizzatori dell’evento e non dai musicisti e dal tecnico del
suono. Il risultato è che splendide cornici risultano spesso acusticamente inadatte,
ma in qualche caso incredibilmente calzanti al contesto! Cito a caso dai ricordi di
dieci anni di lavoro il recital dell’Oxford College nella Basilica di San Pietro a Perugia,
la cui navata unica ricoperta di grandi tele è capace di una diffusione del suono
capillare e di grande morbidezza. La cattedrale di Viterbo, una delle sedi storiche del
Festival Barocco, la cui austerità delle sue tre navate è ampiamente compensata dal
riverbero vellutato e dal nitore del suono diretto degli strumenti e delle voci, un
luogo adattissimo alla ripresa di grandi partiture sacre sei e settecentesche. Ricordo
in questa sede le registrazioni live davvero molto soddisfacenti della Messa in si
minore di Bach, della Grande Messa in do minore di Mozart o del Radamisto di
Haendel, solo per citarne alcune. Una bella sorpresa, acusticamente parlando, il
santuario delle Clavature a Bologna, prestato a un Vespro della Beata Vergine di
Monteverdi diretto da Andrew Lawrence King, lo splendido Teatro Coccia di Novara,
dove Maurizio Boriolo diresse la sua monumentale opera Naufragus, per coro misto
di oltre 100 elementi, soli e grande orchestra, e ancora il Requiem Tedesco di Brahms
dell’Athestis Chorus diretto da Filippo Maria Bressan nel grande Salone dei Bronzi
del Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria di Perugia. Altrettanto spesso vengo
contattato da gruppi che desiderano realizzare un proprio cd e che hanno possibilità
di accesso a un’unica location. In tal caso… si fa quel che si può per limitare i danni!
Scherzi a parti è in realtà possibile mediante una microfonazione accorta effettuare
riprese di qualunque organico in quasi ogni tipologia d’ambiente a patto di essere
disposti a dei compromessi per quello che riguarda la contestualizzazione filologica
della partitura in questione. Fin da quando svolgevo il mio apprendistato come
tecnico del suono in seno al corso di musica elettronica del Conservatorio di Perugia,
allora (erano i primi anni ’90) complementare al corso di composizione al quale ero
iscritto, documentando l’attività dell’Orchestra Sinfonica dell’Umbria, sono convinto
che un’ambientazione live sia acusticamente più adatta a ospitare una ripresa audio
di musica classica, antica, barocca, romantica o contemporanea che sia, rispetto a
uno studio di registrazione, i cui trattamenti acustici spesso impoveriscono e
spersonalizzano il suono che poi spesso, nonostante pesanti procedimenti digitali,
fatica a essere proponibile in una produzione discografica. Non c’è dubbio che un
disco come un film sia una finzione, ma una finzione ben prodotta può risultare
suggestiva e credibile grazie anche a un’ambientazione acustica scelta in base a
criteri acustici e filologici. Altro ingrediente fondamentale, oltre alla buona
preparazione dei musicisti, è la competenza del tecnico del suono, la qualità delle
macchine da lui utilizzate e soprattutto l’amore con il quale si dedica questa attività,
che nel mio caso considero di natura artistico/interpretativa prima ancora che
tecnica.
13
Luca Ricci_________
Dopo aver conseguito la
maturità classica Luca Ricci ha
studiato composizione presso il
conservatorio statale di musica
F. Morlacchi di Perugia sotto la
guida del maestro Stefano
Bracci e in seno al corso di
musica elettronica del maestro
Luigi Ceccarelli ha partecipato
alle registrazioni di vari concerti
dell’Orchestra Sinfonica
dell’Umbria diretta dal maestro
Giuliano Silveri.
A partire dal 1986 ha effettuato
nel suo studio e in studio mobile
registrazioni di demo per varie
formazioni di musica classica,
leggera e jazz, nonché proprie
produzioni musicali acustiche ed
elettroniche.
Dal 1998 si occupa
esclusivamente della
registrazione di musica classica,
evolvendo progressivamente il
proprio parco macchine in quella
direzione.
14
Gli armonici, l’irraggiamento,
l’acustica corale
di Harald Jers
tratto da
EC magazine 3/2008
Purtroppo, questo aspetto molto importante è
spesso trascurato nelle prove a beneficio
della ricerca di una migliore omogeneità.
Si può tuttavia ottenere, grazie a questo
processo, una brillantezza, una definizione
di suono e una dizione inaspettate.
Dov’è situata la posizione ideale di un cantore
in un coro o del coro in una sala da concerto?
Come rendere un coro più omogeneo,
migliorandone l’intonazione? Nella maggior
parte dei casi è l’esperienza personale o gli
esperimenti pratici che permettono di
rispondere a questo tipo di questione.
Tuttavia, in certi casi, anche la soluzione così
trovata si dimostra scorretta, o non conduce
a un risultato soddisfacente. Le indicazioni
basate sul mio lavoro di direttore qui di
seguito presentate devono essere considerate
a titolo di esempio. Si basano su ricerche di
fisica acustica applicata al canto corale, che,
una volta messe in pratica, hanno condotto a
un miglioramento della qualità del coro.
Irraggiamento del suono cantato
Oltre alla qualità e al timbro della voce
cantata, non bisogna dimenticare l’importanza
della trasmissione del suono dal corista
all’ascoltatore nella sala prove o in quella del
concerto. Il principale responsabile di questa
trasmissione è il modo col quale il suono
parte dal cantore, in che direzione e con
quale intensità si irradia. Questa caratteristica
direzionale è una delle proprietà acustiche
del cantore. L’irradiazione di ogni frequenza
sarà deviata, riflessa e assorbita
differentemente da labbra, naso, orecchie,
testa, spalle e busto. I diagrammi a pagina
seguente rappresentano il comportamento
dell’irradiazione nell’immediata prossimità del
cantore; il colore scuro indica una forte
irradiazione, il colore chiaro un’irradiazione
più debole. La direzione della freccia indica
quella dello sguardo del cantore. L’esempio
mostra il comportamento dell’irradiazione di
tre parti del suono corrispondente allo spettro
rappresentato qui sotto.
Spettro sonoro della voce cantata
Da un punto di vista acustico, un suono
cantato è composto da un numero importante
di suoni naturali di intensità diversa.
Lo scarto presente tra questi suoni naturali
determina l’altezza del suo prodotto. Il timbro
è il risultato del comportamento di queste
differenti intensità sonore tra loro. Qui, la
zona delle frequenze situata tra i 2000 e i
4000 Hz gioca un ruolo particolarmente
importante per la solidità della voce. Per
l’elevata sensibilità dell’orecchio umano,
questa zona – chiamata anche formante o
formante del cantante – è decisiva: essa
causa un aumento dell’intensità degli
armonici intorno a queste frequenze.
L’obbiettivo sarà allora quello di incoraggiare
il sorgere delle formanti nei coristi e con
questo migliorare la solidità del suono.
Grafici qui sotto:
spettro di una
nota cantata
(La, 200 Hz di
frequenza di base)
su una vocale “a”
Suono di base (200Hz)
L’irraggiamento è quasi sferico, questa parte
del suono è inviata con la stessa intensità in
tutte le direzioni. Ritroviamo lo stesso effetto
nel subwoofer del nostro impianto ad alta
E# 4VPOPEJCBTF
E# 4VPOPEJCBTF
"SNPOJDJ
"SNPOJDJ
E#
4VPOPEJCBTF
4VPOPEJCBTF
4FO[BGPSNBOUF
"SNPOJDJ
"SNPOJDJ 4FO[BGPSNBOUF
EFMDBOUBOUF
EFMDBOUBOUF
E#
'SFRVFO[B)[
'SFRVFO[B)[
'PSNBOUFEFMDBOUBOUF
'PSNBOUFEFMDBOUBOUF
)[
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BSNPOJDP
BSNPOJDP
BSNPOJDP
BSNPOJDP
'SFRVFO[B)[
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DOSSIER
SFRVFO[B)[
fedeltà: essendo sostanzialmente sferico il comportamento dei
raggi sonori di bassa frequenza,
la posizione della cassa
subwoofer in una stanza è quasi senza importanza e poco
importa la natura del suono.
15
Decimo armonico (2400 Hz)
In questo grafico, il comportamento
dei raggi è nettamente
differente. Si
riconosce
un
netto
effetto
direzionale
verso la parte
anteriore. La cosa più sorprendente è che questo irraggiamento
principale non è diretto solo in avanti, ma leggermente verso i
lati e in alto. L’irraggiamento verso il basso è nettamente più
debole. Si riconosce questo effetto quando il suono della voce di
un attore o di un cantante suona differentemente a seconda del
lato che questi presenta all’ascoltatore.
Quindicesimo armonico (3400 Hz)
L’irraggiamento principale
è in gran parte diretto in avanti,
piuttosto
verso
il
basso,
anche
qui con un irraggiamento laterale
non trascurabile. Contro ogni attesa, l’irraggiamento dietro il
cantore non è assente, è anzi in parte rinforzato.
Il comportamento dell’irraggiamento qui rappresentato da tre
suoni
parziali si ritrova in tutte le parti dello spettro vocale.
Secondo la potenza degli armonici, questo fenomeno caratterizza
il suono d’insieme. Intorno alla formante tra i 2000 e i 3600 Hz,
le direzioni dell’irraggiamento sono particolarmente distinte. Più
la direzione dell’irraggiamento in avanti sarà presente, più la
voce raggiungerà l’ascoltatore e il suono sarà pieno. Questo
sottolinea ancora una volta il ruolo della formante nel cantante.
I risultati qui rappresentati non sono senza importanza per la disposizione del coro in situazione
di prove o di concerto. Durante l’8° Symposium Mondiale per la Musica Corale, l’autore ha
tenuto un laboratorio sul tema “Il canto corale: un fenomeno acustico”, dove ha illustrato e
dimostrato le conseguenze e i risultati qui presentati sulla pratica del canto corale.
Harald Jers_______________
È direttore d’orchestra e dei cori da camera
Consono e Constant di Colonia coi quali si
dedica a un interessante repertorio
mondiale ancora sconosciuto che va dal
periodo romantico al contemporaneo. È ricercatore esperto nel campo dell’acustica
degli ambienti dove il coro fa prova e/o
concerti, il tutto rapportato all’analisi della
voce umana nel coro e alla sua esperienza
di cantante solista e di direttore di cori
amatoriali e professionali.
Durante l’8° Symposium Mondiale della
Musica Corale a Copenhagen, nel mese di
luglio 2008, è stato docente titolare
dell’atelier di acustica corale.
16
Compact disc
Preparazione del libretto
di Marco Rossi
Se nel progetto di realizzazione di una registrazione
discografica in compact disc (o eventuale dvd) sono
innumerevoli le cose da valutare, dalla scelta del repertorio
all’organico, al luogo di registrazione, alla gestione
amministrativa (Siae, liberatorie degli esecutori…), non ultimo
deve essere considerato quel piccolo “prodotto” editoriale che
concorre alla maggiore illustrazione del supporto musicale,
ovvero il libretto.
Come per ogni progetto anche il libretto rispetta (o meglio
dovrebbe rispettare) ben determinate regole. Il supporto
scritto per una registrazione discografica risponde infatti a
norme ben precise, soprattutto per il suo particolare formato,
una serie di pagine in un formato quadrato piuttosto piccolo
di circa 12 centimetri di lato.
In questi casi il lavoro editoriale non viene svolto da una casa
discografica (qualora il cd sia un prodotto di catena
commerciale) ma è il frutto di un lavoro che potremmo
definire casalingo. Molti cori spesso si affidano a registrazioni
fatte in proprio, ma sicuramente di pregio vista la grande
evoluzione tecnologica dei nostri tempi, per poi predisporre
“in casa” tutto il materiale.
Ecco quindi che raramente il libretto è opera di persone
esperte nel settore musicologico-editoriale. Più spesso si
coinvolgono amici abili nell’arte della scrittura, spesso è lo
stesso direttore di coro, talvolta un giornalista conosciuto o
un docente di conservatorio.
Spesso però ci si allontana dalla realtà: troviamo allora
fascicoletti scarni e privi di qualsivoglia informazione
piuttosto che dotti trattati musicologici che, dopo poche righe
di lettura, vengono lasciati all’oblio del tempo per dedicare
più attenzione all’ascolto della musica. Inutile dire che in
medio stat virtus.
Questo piccolo stampato deve contenere anzitutto una serie
di informazioni basilari, che elenchiamo di seguito e che poi
tratteremo singolarmente: indice, elenco degli esecutori,
strumenti usati (qualora vi siano), aspetti tecnici (luogo di
registrazione, editing, tecnico o fonico…), testi che illustrano il
contenuto, curriculum degli esecutori, immagini.
Se poi dovessimo valutare oltre al cd anche un dvd
dovremmo mettere in cantiere anche una serie di norme
visive che tale supporto deve rispettare viste le sue
peculiarità, ma non è questo per ora il campo di analisi.
Premettiamo che il cd (o il dvd) può avere una triplice
funzione in origine: 1) si produce per la gioia dei cantori (o
degli esecutori); 2) deve essere un oggetto commerciale,
insomma permette al coro di recuperarne le spese con la sua
vendita; 3) è oggetto principale di promozione per farsi
conoscere.
Quindi il cd deve avere anzitutto un titolo corretto, diciamo
pure invitante (a livello commerciale) e che indica chiaramente
il contenuto sia rispetto al compositore che alle opere
registrate. Ora valutiamo con attenzione i singoli punti
sopracitati.
Indice
La corretta compilazione dell’indice resta ancora un mistero
per molti. Un indice completo dovrebbe riportare anzitutto il
nome e cognome del (o dei) compositori con relativi dati
biografici, se vengono citati anche il luogo e la data di nascita
e di morte (qualora non si tratta di autori contemporanei) non
fa assolutamente male.
Ovviamente ogni brano registrato andrebbe verificato con
attenzione, direi che ormai il pubblico ha capito che… l’Ave
Maria di Arcadelt non esiste e che non basta scrivere Missa
(quantomeno brevis) se si tratta di Mozart, Gabrieli o
Palestrina, ma indicare anche un numero di catalogo o
qualche riferimento più preciso.
Spesso manca il nome di battesimo; sembra poca cosa, ma
se si tratta di Gabrieli, Scarlatti, Marcello?
E il catalogo delle perle in questo campo è enorme… In un
noto negozio che vende cd a Milano, tra le migliaia di
richieste, citiamo giusto tre esempi che dimostrano la
preparazione della clientela nelle domande ai commessi
DOSSIER
(in ambito corale): vorrei «il Sabato
santo di Mastro Gesualdo», oppure «…i
gioielli della Madonna di Monteverdi» e
ancora «posso avere i... canti gregoriani
per chiesa con orchestra». E allora
tentiamo, almeno noi, nella confezione
di un compact disc di mantenere uno
scopo didattico. Essere precisi e attenti
è un dovere, anzitutto per la credibilità
degli esecutori, poi per un seppur
minimo tentativo di acculturazione del
pubblico!
Elenco degli esecutori
Altro aspetto basilare che si deve
trattare nella compilazione del libretto.
Spesso capita di trovarsi di fronte a
elenchi di ogni genere e tipo, alcuni
molto precisi, altri dispersivi e
incomprensibili. È opportuno che
l’elenco degli esecutori rispetti delle
norme fondamentali: come si può
leggere sulle locandine dei grandi teatri
piuttosto che su quelle delle stagioni
musicali di pregio.
Ecco un esempio di ordine (da verificare
secondo l’organico coinvolto nella
registrazione): solisti vocali, coro,
direttore (o maestro) del coro, orchestra
ed eventuale indicazione di strumenti
ed esecutori, direttore d’orchestra.
Usare poi la sigla abbreviata per nome
e cognome in presenza di una
registrazione articolata e complessa
rende giustizia agli esecutori e facilita
l’ascolto meditato da parte del pubblico
per riconoscere gli interpreti.
Nella norma è bene anche non
dimenticare l’elenco dei cantori
suddiviso per voci (soprani, contralti,
tenori e bassi, indicativamente, salvo
ulteriori divisioni all’interno delle
sezioni), elenco che dovrebbe essere
posto sempre in vicinanza del nome
degli altri esecutori.
Strumenti usati (qualora vi siano)
Se poi siamo in presenza di una
registrazione con strumenti storici è
buona cosa indicare anche quali
strumenti vengono utilizzati (copie o
originali) con relativa datazione (sia
dell’originale che della copia con
indicazione del costruttore).
Come spesso capita, il coro molte volte
si vale di una registrazione in chiesa
con un organo a canne. Talvolta, come
ormai capita in molte realtà italiane, si
tratta di uno strumento storico.
Predisporre una piccola scheda sullo
strumento non è affatto male, qualche
riga di storia, nome dell’eventuale
restauratore con la data di ripristino,
l’elenco dei registri e, magari come si fa
in molti fascicoli “professionali”, la
scelta dei registri utilizzati per i brani
organistici o per l’accompagnamento
del coro. È un piccolo tocco di finezza e
precisione che non guasta mai.
Aspetti tecnici (luogo di registrazione,
editing, tecnico o fonico …)
Non è assolutamente necessario che in
sede di registrazione vi siano
interminabili elenchi di persone, ma
spesso sarebbe opportuno sapere chi e
con che cosa si è registrato.
17
verificare che i livelli definitivi siano
equilibrati.
Per questo i “responsabili” del settore
vanno indicati. Se poi vogliamo
aggiungere nome e tipo dei microfoni
usati, qualche amante del settore sarà
ulteriormente felice. Sicuramente
possiamo evitare l’indicazione della
pressione atmosferica e della
temperatura che qualche volta capita di
vedere in registrazioni organistiche da
paradosso, ma piuttosto la citazione
esatta del luogo e delle date di
registrazione sono cosa necessaria.
Non dimentichiamo poi i vari
ringraziamenti ai collaboratori, a chi
ospita o sponsorizza la registrazione…
Testi che illustrano il contenuto
Veniamo ora all’aspetto più delicato e
fondamentale del libretto: i contenuti di
analisi e presentazione del repertorio
Come per ogni progetto anche
il libretto rispetta (o meglio dovrebbe
rispettare) ben determinate regole.
In questo caso non si deve scendere in
aspetti tecnici approfonditi: è sufficiente
indicare il nome del fonico che registra,
seguito dal nome delle persone che si
occupano dell’editing ovvero della
scelta artistica che segue la
registrazione e del suo montaggio.
Un buon fonico deve seguire con
attenzione la registrazione, se poi è
anche musicista può far guadagnare
tempo fermando l’esecuzione se vede
delle inesattezze. Meglio non stancarsi
ripetendo all’infinito un brano e creare
tracce ben fatte.
Però anche la fase di montaggio e la
predisposizione del master devono
offrire la garanzia del “lavoro fatto a
regola d’arte”. Infatti non basta
registrare bene, bisogna anche fare un
lavoro di montaggio preciso, verificare
che non vi siano rumori estranei,
preparare i giusti timing nell’apertura e
chiusura di una traccia musicale,
registrato.
Anche per questo aspetto ci si trova
spesso di fronte a due tipologie di
comportamento. In molti casi non si
trova alcuna nota informativa, ma
piuttosto alcune righe generiche sul
coro, sugli esecutori, sull’occasione più
o meno celebrativa e così via. In altri
casi il testo è un dotto, quanto
illeggibile saggio musicologico, che tutti
noi vorremmo trovare altrove in sedi
più opportune. Anche in questo caso la
via di mezzo è la soluzione migliore.
Se il cd rappresenta l’occasione per
ricordare un anniversario del coro o di
un compositore è opportuno che i testi
illustrino sinteticamente la storia del
gruppo vocale, soprattutto dal suo
punto di vista musicale. È ovvio che poi
altre informazioni possono confluire nel
settore curricula.
Se il cd invece propone registrazioni
monografiche, ricostruzioni di
18
celebrazioni liturgiche (vespri, messe,
passio…), prime esecuzioni moderne di opere
storiche o antologie di compositori
contemporanei, quindi prime assolute, il
discorso è diverso.
Allora è più che corretto dedicare un po’ più
di spazio all’analisi delle opere eseguite, ma
sempre senza debordare. Il testo, come
abbiamo anticipato, viene pubblicato su
pagine piccole, di solito ha un corpo del
carattere altrettanto minuscolo e non sempre
invoglia alla lettura.
Recuperiamo allora notizie fondamentali,
approfondite, ma soprattutto divulgative, che
perlomeno portino il lettore (ascoltatore) a
cercare ulteriori informazioni sull’autore,
spesso poco noto o del tutto sconosciuto, e
sulle sue opere.
La nostra finalità dovrebbe essere sempre
quella di lasciare alla memoria della
registrazione una traccia ben precisa:
ricordiamo un compositore, in molti casi
facciamolo conoscere, promuoviamo opere
rare, inedite o interessanti per il mondo della
coralità. Mondo ben inteso di esecutori e di
ascoltatori.
Un pizzico di volontà didattica dovrebbe
essere sempre presente. Facciamo sì che il cd
sia anche questo, divulgazione, conoscenza e
cultura.
Ma torniamo al testo: un cd che contiene
opere di un compositore contemporaneo
permette di delineare un quadro sul musicista
e su alcuni aspetti della sua produzione. Se il
nostro progetto ripropone una sorta di
cerimonia liturgica, brevi note su questa
operazione, unite a una sintesi dei
compositori coinvolti sarà ben gradita, anche
a firma di persone diverse. Cito tra tutte una
delle mie innumerevoli esperienze: il Vespro
per la festa della Sensa con musiche inedite
di Lazaro Valvasensi e di Giovanni Croce. In
qualità di autore del progetto era doveroso
un brevissimo saggio sulla ricostruzione di
questa parte dell’Ufficio delle Ore, ma
altrettanto era opportuno proporre un piccolo
testo dedicato all’autore poco noto,
Valvasensi, e in questo caso la cosa più
corretta era rivolgersi all’esperto del settore.
Ecco una ennesima operazione da prendere in
considerazione: all’inizio di un progetto
discografico è sempre opportuno valutare la
scelta delle musiche.
Se l’autore delle musiche è un compositore
vivente lo si può contattare, sarà un gesto
sempre particolarmente gradito. Se si tratta
di un compositore storico, antico, non è
difficile cercare lo studioso che a lui ha
dedicato parte della sua vita di musicologo.
Anche in questo caso sarà una cosa corretta
e coerente.
Ricorro ancora alla mia esperienza: in
occasione della registrazione di alcune Sonate
da Chiesa inedite di Tomaso Albinoni ho
chiesto la presentazione a Michel Talbot, un
celebre musicologo inglese autore del saggio
fondamentale per la conoscenza del musicista
veneziano. Vi posso garantire che il reciproco
incontro è stato decisamente positivo e
costruttivo, stimolo ulteriore per me per
proseguire le mie ricerche, e per lui per
conoscere l’esecuzione di brani che, nei suoi
studi erano solamente citati.
Vi sono poi altri piccoli dettagli importanti:
spazio permettendo sarebbe opportuno
riportare i testi delle composizioni eseguite
(cosa che normalmente accade con i cori),
possibilmente con una traduzione in lingua
italiana, ovviamente fatta da persone che ben
conoscono la lingua originale, anche in
questo campo abbiamo esempi eclatanti per
bestialità citate. Una cosa è certa: si deve
sempre avere il coraggio della ricerca, del
DOSSIER
coinvolgimento, della voglia di approfondire e
cercare cose nuove, dall’origine e gestazione
del progetto discografico alla preparazione
del testo che lo illustra.
p.s. Non entro qui nel merito dell’aspetto
tipografico: scelta dei caratteri, corpo degli
stessi, qualità della carta (sarebbe ora di
finirla con il patinato lucido che riflette la luce
e complica la lettura), grammatura della
stessa… Capita anche di trovare lunghi saggi
molto interessanti stampati su carta velina.
Tutto questo sarebbe oggetto di un capitolo a
parte.
Curriculum degli esecutori
È buona norma riportare, rigorosamente in
coda al libretto, i curricula degli esecutori.
Anche in questo caso si deve procedere con
attenzione. Frequentemente ci troviamo di
fronte ad aridi elenchi di concerti, rassegne e
premi in concerti, concorsi e così via.
La regola in questo caso è essere brevi e
sintetici. Anche la compilazione di un
curriculum rispetta regole precise: origine del
coro, fondatori, sua attività (riassunta),
direttore musicale. Per ogni esecutore, dal
direttore del coro agli eventuali solisti (vocali
e strumentisti) la forma è la consueta:
formazione scolastica (corsi, docenti e
eventuali luoghi di studio), formazione
didattica (eventuale attività d’insegnamento),
formazione artistica (poche righe su concerti
e rassegne).
La cosa importante da segnalare è che non
conta il numero delle righe del curriculum e
neppure la quantità di diplomi (ma questo lo
troviamo anche nei programmi di sala dei
concerti, quasi che i curricula più lunghi siano
dimostrazione di migliore capacità esecutiva!).
Ricordatevi, chi cita “teoria e solfeggio” o
altre materie complementari ha conseguito
una licenza, non si tratta di un diploma o
tantomeno di una laurea accademica, questo
titolo è riservato ai corsi ufficiali, come citano
i programmi dei conservatori.
Insomma quello che conta è il prodotto
musicale che si registra, lunghi curricula
servono solo a dare un’impronta di inutile
provincialismo, visto che ormai i cd si
divulgano con grande facilità ovunque.
Il pubblico (non tutto) fortunatamente ha
orecchie per ascoltare e, lentamente, comincia
ad avere anche un po’ di spirito critico per
giudicare non solo i testi ma anche
un’esecuzione!
19
Immagini
Il corredo iconografico del nostro piccolo
supporto è la giusta valvola di sfogo di un
impaginato piccolo ove spesso il testo è parte
predominante.
Nel libretto non dovrebbero mai mancare una
(o più) foto del coro e degli esecutori, in veste
ufficiale o durante le sedute di registrazione.
Se si tratta di compositori antichi alcune
immagini delle partiture e dei frontespizi
originali in fac simile saranno ben gradite.
Ovviamente sarà importante una foto del
compositore contemporaneo, se la scelta
della registrazione verte su autori dei giorni
nostri.
Anche in questo caso un piccolo avviso: se
evitiamo le solite fotografie stile “carta
d’identità” faremo un regalo agli esecutori;
con gli odierni mezzi digitali è molto semplice
realizzare foto di organisti, cantanti, cori in
sede esecutiva, diamo così un maggiore
senso di realtà, evitando immagini che
ricordano altre… situazioni.
Conclusioni
Realizzare il libretto di un compact disc, così
come l’intero iter progettuale, oggi è cosa
abbastanza semplice, come tutte le cose però
necessità di un percorso che deve essere
attentamente valutato, sia esso
particolarmente semplice o impegnativo.
Il consiglio e l’esperienza portano però
sempre a impegnarsi nel confronto, alla
necessità di approfondimento, una parte del
proprio tempo deve essere così dedicato non
solo al puro aspetto esecutivo (prove e
verifiche musicali) ma anche a molte altre
operazioni.
Spetta infatti a un direttore di coro la
decisione di procedere in questo senso con la
voglia di ricercare musiche rare e inedite, di
contattare studiosi, compositori, musicologi
(non è cosa difficile, la disponibilità
solitamente si trova con facilità), con l’umiltà
di voler sempre migliorare. Parole difficili e
pesanti che forse per molti, come per me,
sono pane quotidiano nel mio lavoro di
musicista che riparte sempre dall’inizio, ma
che, ahimè, non lo sono per tutti!
Cori
e dvd video
Cori e
la musica da vedere
di Mauro Zuccante
Sosteneva Stravinsky, che non basta ascoltare la musica, bisogna anche vederla.
È innegabile che il fare musica comporta una gestualità e un dinamismo corporeo che sono
indissolubilmente legati al contenuto espressivo del discorso musicale.
Chi ascolta, perciò, viene maggiormente coinvolto nell’emozione, se può partecipare
visivamente all’atto della creazione del suono.
Da qualche tempo, si sono diffusi sul mercato supporti capienti (dvd e memorie di massa
simili), in grado di contenere registrazioni audio-video di eventi musicali. Il cd audio aveva già
introdotto radicali cambiamenti di abitudini. Con il cd audio il rito dell’ascolto collettivo si è
trasformato in ascolto privato. Ora il dvd video impone all’ascoltatore-spettatore un’altra
rilevante rinuncia. Il personale punto di vista viene sostituito dallo sguardo del regista, il
quale inquadra e monta le sequenze, seguendo un suo impianto di visione. Con le innovazioni
tecnologiche, insomma, una parte di autenticità dell’ascolto-visione rischia di venire smarrita.
Non vanno, però, trascurati alcuni vantaggi. Penso, a esempio, alla comodità di farsi un’idea
delle opere che richiedono una messa in scena, senza doversi necessariamente recare in
teatro; penso al vantaggio di utilizzare video musicali realizzati a scopo didattico; penso alla
possibilità di abbinare le immagini al suono, al fine di calare l’evento musicale in un contesto
DOSSIER
comunicativo più ampio.
Come al solito, i nuovi mezzi ampliano le
opportunità, ma il loro uso dev’essere
accorto. Mi viene in mente Herbert von
Karajan, il quale concentrava in se stesso il
ruolo di musicista e di regista. Dirigeva, cioè,
orchestra e telecamera. Nelle riprese dei
suoi concerti l’inquadratura è costantemente
fissa sul profilo del direttore in piano medio,
a eccezione di qualche fugace ripresa di uno
strumento, o di qualche raro scorcio di una
sezione dell’orchestra. Con tutto il rispetto
per il talento musicale di Karajan, oggi i suoi
video sono inguardabili. Personalmente, li
colloco sul piano di una volontà accentratrice
e narcisistica, che pone il direttore-registademiurgo al centro di ogni esecuzione. Una
forzatura che declina in second’ordine
l’opera musicale. Un uso discutibile delle
immagini, alle quali, al contrario, dovrebbe
essere anteposta l’opera musicale.
Mi è capitato recentemente di visionare un
dvd video, dal titolo Kantika, prodotto nel
2007 dal Coro di Conservatorio Leioa Kantika
Korala, diretto da Basilio Astulez. In questo
caso, ho avuto modo di apprezzare il lavoro
del film-maker. I canti, il coro di ragazzi, il
pianoforte che li accompagna, costituiscono
il centro gravitazionale attorno al quale
ruotano con garbo i 12 video-clip, inseriti nel
disco. Le immagini non soffocano il discorso
musicale, ma lo assecondano, giocando con
le espressioni dei volti dei ragazzi,
inquadrati nell’atto di cantare, con una
ripresa assai mossa delle loro semplici
coreografie, con accostamenti di colore tra i
variegati costumi da loro indossati e le cose
e l’ambiente che, di volta in volta, li
circondano. Questo dvd è un buon esempio
di come si possa “spettacolarizzare” (ma nel
significato etimologico di “guardare”) il
canto corale, senza travisare la sua
essenzialità. Vedendo scorrere le immagini
dei ragazzi baschi, ho pensato a quante
volte, assistendo a un concerto corale dal
vivo, indugio nell’osservare come il discorso
musicale si riflette sui volti e sulle posture
delle persone che cantano. Uno spettacolo
di umanità che solo l’arte corale sa offrire
all’ascoltatore-spettatore con tanta
immediatezza e verità.
Prima di terminare ancora un paio di
segnalazioni. La prima è quella di un video
(per certi aspetti simile a quello testé
descritto), che ha come protagonista ancora
21
una volta un coro di ragazzi. L’ho visto
trasmesso nel 2005 dalla benemerita rete
televisiva franco-tedesca Arte. Si tratta del
coro parigino SottoVoce diretto da Scott
Alan Prouty, che il documentarista Christian
Leblé ha seguito durante la preparazione per
le 18e Choralies di Vaison-la-Romaine, dove i
giovani cantori hanno tenuto un concerto
davanti a un pubblico di 3000 persone.
È un bel reportage, che illustra l’entusiastico
lavoro di un’intera equipe pedagogica; un
team impegnato a liberare il talento musicale
ed espressivo dei ragazzi.
L’altra segnalazione che faccio è per un
cortometraggio realizzato nel 1997 dal
Non basta ascoltare la musica,
bisogna anche vederla.
regista Francesco Dal Bosco. Il filmato,
intitolato Il Coro, ritrae il Coro della SAT di
Trento tra passato e presente. Di notevole
effetto è la parte in cui il cineasta racconta
poeticamente la tournée canadese del coro.
Lo sguardo di Dal Bosco descrive con grande
intensità la passione dei protagonisti e
l’incanto che il coro esercita presso il
pubblico. Un originale lavoro in cui il
linguaggio della musica e quello del cinema
s’incontrano sul piano dell’arte.
la tradizione
come modello
Vic
Intervista a Vic Nees in occasione del 4° Seminario europeo
per giovani compositori di Aosta
a cura di Efisio Blanc
Maestro Vic Nees, quale è stato il suo
approccio alla musica?
Mio padre era musicista, compositore, anche
di musica corale, ma era soprattutto
carillonneur (letteralmente: suonatore di
campane n.d.r.): il carillon in Olanda e nelle
Fiandre è uno strumento con 48 campane con
il quale si suona musica storica, dal XVIII secolo sino alla musica moderna. Era
carillonneur a Malines e direttore della scuola
di carillon, l’unica allora esistente, mentre ora
ce ne sono altre. Io non volevo seguire le
orme di mio padre e quindi, dopo gli studi di
greco e latino, mi sono iscritto all’università
alla facoltà di lettere e filosofia
indirizzandomi verso una carriera letteraria.
Dopo un anno però il mio talento musicale ha
avuto il sopravvento. Mi sono quindi arreso
all’evidenza, sono entrato in conservatorio e
sin da subito le cose sono andate molto
bene.
E sin dall’inizio, come compositore, ha
prediletto la musica corale?
Inizialmente ho fatto esperienza come cantore
nel coro della cattedrale di Malines. È una
città tra Anversa e Bruxelles, dove la
cattedrale dell’arcivescovado aveva un coro di
grande tradizione (ora non più!) composta da
molti giovani ragazzi. Ho quindi coltivato
questo genere musicale e ho avuto anche
grandi contatti con la poesia. Scrivere per
coro è stata anche la maniera per coniugare
queste mie due passioni: la musica e la
poesia. Dopo essermi specializzato in questo
campo non ho poi ritenuto di scrivere per
strumenti e dovermi quindi occupare di cose
che altri fanno molto meglio di me.
compositorE
Lei è compositore e direttore di coro. È stato importante per lei, come
compositore, avere sperimentato la direzione corale?
All’inizio della mia carriera, sono stato responsabile della programmazione di
musica vocale alla radio nazionale belga, dopo avere vinto un concorso nel
1961. Il mio compito era selezionare produzioni di direttori di coro e di
compositori contemporanei. Dopo 9 anni di questo lavoro, improvvisamente
muore il direttore del coro della stessa radio nazionale (1970) e mi propongono
di assumere quell’incarico per alcuni mesi, poiché avevo fatto degli studi di
direzione corale in Germania. Ho accettato e ho mantenuto entrambi gli incarichi
fino a quando mi è stato proposto di assumere la direzione del coro in via
definitiva. Dopo una attenta riflessione ho accettato e sono rimasto alla guida
del coro per altri 21 anni. Il coro gradualmente è cambiato e sono arrivati dei
giovani che si sono uniti a qualche corista di più lunga data. Bisogna inoltre
sapere che la programmazione di un coro di quel tipo non consisteva nel fare
La passione Secondo S. Matteo o nel fare ciò che fanno gli altri cori: si
programmava ciò che non si poteva reperire su disco, musiche di compositori
prevalentemente belgi, musica contemporanea o comunque musica del XIX
secolo che nessuno ancora conosceva. Ho quindi avuto a che fare con migliaia
di titoli sconosciuti al grande pubblico, con musica molto specialistica e ho
inevitabilmente subito l’influenza di tutti i compositori la cui musica mi era
passata tra le mani, spesso contemporanei o autori sconosciuti del XIX secolo.
Io stesso sono cambiato nel tempo: all’inizio mi definivo moderno ed ero in
conflitto soprattutto con mio padre, che aveva una tradizione romantica.
Ora, che sono più anziano, ho un lirismo che non cerco più di nascondere.
Ho sempre cercato di evitarlo, mentre ora lascio libero corso a questa mia
inclinazione, che comunque non è un lirismo romantico.
Se dovesse definire il suo stile: si sente più vicino alla tradizione o
all’avanguardia o…
L’avanguardia l’ho praticata negli anni sessanta. In Francia erano anni di
fermento, ci avvicinavamo al ’68 e, anche se a quell’epoca io non ero già più
così giovane per parteciparvi in pieno, ne ho subìto l’influenza. Tra il ’68 e il ’70
ho scritto delle opere: una cantata, non direi “anti-Natale”, ma “alternativa” al
Natale; ho fatto un’opera sul tema della ricchezza in San Matteo (su tutti i suoi
testi che riguardavano la ricchezza). Ora considero quello stile come molto
facile. Io, al contrario, sono piuttosto tradizionale. Ho fatto la guerra a mio
padre, ma in realtà anch’io ho adottato una tradizione, quella di Schütz e altri.
Si tratta di concezione diversa di tradizione: lo storicismo per me ha significato
rivolgersi alla musica corale che va dai fiamminghi sino a Schütz, rivolgersi a un
linguaggio pre-classico che ho voluto studiare soprattutto per la sua logica
musicale. Ho assunto tale tradizione come un modello, naturalmente.
A parte la sua esperienza, ritiene quindi importante per un compositore di
musica corale essere anche direttore di coro...
Sì, molto importante... o per lo meno l’essere stato corista, perché si apprende
ascoltando. È come coloro che sanno orchestrare molto bene: sono quelli che
sono sempre in mezzo all’orchestra e ascoltano come suona questa parte o
quell’altra. Anche se non per tutti è stato così (Ravel, Respighi), ma
consideriamo che Ravel o Respighi sono stati dei grandissimi talenti.
Ciononostante si può pensare che anche un compositore non cantore e non
corista può comunque scrivere della buona musica corale. A esempio, Poulenc è
un compositore che i cori amano cantare, forse per l’armonia “sdolcinata” e
ricca di colori, eppure non scrive bene per le voci. Pensi che un direttore
inglese, anche compositore, ha inciso opere di Poulenc cambiando delle note, in
modo da rendere le melodie più vocali. Io però non farei mai questo...
23
Vic Nees________
Vic Nees nasce nel 1936 a Malines
(Anversa, Belgio). Dopo avere
terminato i suoi studi musicali a
Anversa (con menzione speciale)
sotto la guida del compositore Flor
Peeters, si perfeziona in direzione
di coro con Kurt Thomas a
Amburgo. Assume quindi l’incarico
di responsabile della
programmazione di musica vocale
presso la radio nazionale belga di
espressione fiamminga Brt (oggi
Vrt) e, dal 1970 al 1996, diventa
direttore del coro della stessa
istituzione.
Come compositore è conosciuto a
livello internazionale, soprattutto
per la sua musica vocale, e sue
composizioni sono eseguite sia in
Europa che negli Stati Uniti.
È stato anche membro di giuria in
concorsi prestigiosi (Arnheim,
Arezzo, Cantonigros, Cork, Malta,
Neerpelt, Tours, Varna) ed è un
punto di riferimento per la coralità
amatoriale del suo paese. Diversi
suoi lavori sono stati premiati e
sono stati incisi. Dal 1994 è
membro dell’Académie Belge des
Sciences et des Arts.
24
Almeno sino ad alcuni anni or sono (forse
ora è cambiato) da noi i compositori si
dedicavano molto poco alla musica corale.
Per quali ragioni secondo lei?
Non conosco naturalmente queste ragioni, ma
credo che siano da attribuire al fatto che in
Italia la musica vocale sia tradizionalmente
solistica. Credo che in Italia la formazione
vocale si concentri soprattutto su solisti e
non so neanche se esista una scuola per il
canto corale così come esiste in Olanda, in
Inghilterra, da noi in Belgio... Nei cori dei
teatri d’opera, a esempio, si tende ad
assumere dei “solisti mancati”, cioè cantanti
che non sono riusciti a realizzarsi come
solisti. In Italia, nonostante ci sia stato Puccini
come modello eccellente dal punto di vista
vocale, se si eccettua Malipiero e Pizzetti, la
musica moderna si è espressa attraverso la
dodecafonia, che ha ucciso la tradizione
vocale italiana. Dallapiccola e Petrassi, a
esempio, hanno composto musica
estremamente moderna. Li ho conosciuti
entrambi a Bruxelles quando ho eseguito i
Canti di prigionia (di L. Dallapiccola n.d.r.) e
Petrassi ha diretto il suo brano Noche oscura.
Li ho incontrati, li ammiro molto, ma non è
una musica abbordabile dai cori, se si
eccettuano i lavori iniziali di Dallapiccola,
I cori di Michelangelo Buonarroti, e i Nonsense
di Petrassi. È comunque musica difficile,
perlomeno per i cori amatoriali. Dopo di loro
c’è stata la generazione di Berio e Maderna
che non ha scritto quasi nulla per coro.
Forse che questi compositori non hanno
scritto per coro perché lo consideravano uno
strumento di secondo ordine? O perché non
erano in grado di farlo?
Può darsi che non abbiano considerato il coro
nella sua giusta valenza, ma non credo che
fosse un problema di incapacità. Berio,
soprattutto, è un grandissimo compositore e
avrebbe potuto scrivere per coro, anzi sono
sicuro che se fosse vissuto in Olanda o in
Inghilterra l’avrebbe fatto.
Quando lei compone, da cosa parte,
seguendo quale suggestione: ha una
commissione, sente una esigenza, parte da
un testo piuttosto che da un’idea musicale o
da entrambe?
Spesso la leva che mi spinge a comporre è
una commissione. Sono conosciuto nel
mondo corale e ho sempre molte richieste.
Attualmente rifiuto anche delle commissioni,
voglio vivere un po’ più tranquillo e non
impegnarmi con dei lavori che prevedono
delle scadenze di consegna. Mi prendo del
tempo. Ho dedicato l’intero scorso anno alla
composizione di un Requiem: vi ho lavorato
per dieci mesi. Dopo sono stato ammalato e
quest’anno (2008 n.d.r.) mi sono dedicato a
tre piccoli lavori.
Quando le fanno delle commissioni corali,
le indicano il tipo di composizione, un testo o
altro…
Nel caso del Requiem, sì. È un Requiem per
coro a cappella a 10 voci, con solisti: è un
brano abbastanza difficile. In genere, per un
brano di 10 minuti o per un brano d’obbligo
per concorso, di circa 3 minuti, sono
abbastanza libero, al massimo mi indicano la
lingua: francese, tedesco, latino… Talvolta
utilizzo dei brani “multitestuali”
(intertestuels), termine con cui si intende
l’assemblare un testo attingendo da fonti
diverse, talvolta anche utilizzando lingue
diverse. Sono parti di testo che possono stare
insieme, sono complementari fra loro e una
parte commenta l’altra. L’esperienza mi ha
insegnato, a esempio, che per i cori olandesi
è molto difficile cantare in francese, per cui
ho fatto un lavoro su commissione olandese
in cui il coro canta in latino e il solista in
francese. Si tratta del brano Stella maris per
coro femminile, baritono solista e fisarmonica.
Utilizzo spesso questa tecnica in quanto in
genere i solisti non hanno problemi per le
lingue, mentre i cori generalmente
preferiscono il latino, anche se poi i tedeschi
pronunciano il latino leggermente diverso dai
francesi...
E rispetto ai generi: predilige la musica
sacra o quella profana?
A parte gli arrangiamenti, la maggior parte
della mia produzione è di musica corale
religiosa. Io tengo a che un coro possa
credere in ciò che canta, mentre l’espressione
dei poeti è spesso troppo individuale: “io
sono…”, “io ti amo….”. Tutti quei “io” sono
troppo individuali e io li evito. Se c’è un “io”
è quello dei Salmi in quanto è un “io”
collettivo. Credo che là dove si canta
collettivamente sia importante evitare temi
troppo individuali. Al contrario, tutto ciò che è
biblico ci appartiene, per cui attingo molti
testi dalla Bibbia e utilizzo non solo il latino,
Seminario europeo
per giovani
compositori,
Aosta 2008
compositorE
25
compositori: Mis̆kinis, Busto e altri. Non si può dire che siano
dei grandi compositori perché non li si sente se non nel
mondo corale, ma in questo settore sono dei compositori
importanti. Ci sono poi compositori come Kortekangas e altri
compositori svedesi o finlandesi. La generazione di
compositori ora cinquantenne, comprende musicisti che
scrivono bene per coro, a esempio nella produzione inglese
c’è Tippett, Maxwell Davis, Judith Weir; da noi, nelle Fiandre,
Kurt Bikkembergs, musicista quarantaduenne, buon direttore
di coro ed eccellente compositore.
C’è una difficoltà per i compositori di musica corale nel
dovere spesso scrivere per degli esecutori non professionisti?
Ci sono paesi dove il canto corale è molto praticato: in
Inghilterra, a esempio, dove i giovani sono tutti educati in
college, dove si canta; in Svezia, dove c’è una grande cultura
corale; in Ungheria, dove dopo la prima giovinezza si fanno
dei corsi di canto. In quei paesi, frequentando tali scuole,
anche un compositore sa cosa vuol dire cantare: conosce i
propri limiti vocali che saranno anche i limiti di ogni cantore.
Quindi consiglio sempre ai giovani compositori, che hanno
tendenza a scrivere difficile (bisogna dimostrare quanto si
vale...), di provare loro stessi a cantare ciò che stanno
scrivendo e se ciò che scrivono sarà difficile per loro, lo sarà
per tutti. Ci sono dei compositori che arrivano subito a questo
traguardo e sentono se una linea melodica è cantabile o no e
se ci sono degli intervalli troppo difficili. Il mio consiglio è di
non scrivere melodicamente difficile, piuttosto, a esempio, si
incrocino le voci...
ma anche il francese, l’irlandese, l’inglese… Per me la
religione è importante: sono credente e sono anche un
estimatore del linguaggio biblico.
E il suo rapporto con la musica popolare?
Ho arrangiato un centinaio di melodie popolari, in maniera
moderna. È un genere che mi interessa, soprattutto per lo
stile vocale tipico della musica folcloristica. Nella musica
corale popolare ci sono spesso dei tempi lenti, soprattutto
nella musica popolare delle Fiandre: il moderato è il tempo
più veloce. Io, al contrario, ho scritto molti tempi rapidi: sono
io che ho scritto l’opera corale irlandese più “veloce”. Volevo
dimostrare che anche il coro, come gli strumenti, può
eseguire tempi molto rapidi: si tratta unicamente di sapersi
destreggiare bene con il testo. Nella mia musica, anche
biblica o religiosa, ci sono comunque sempre dei momenti
molto allegri e molto rapidi. Credo che questo si discosti dalla
maggior parte della musica religiosa, sempre molto seria. Con
questo non voglio però dire che la mia musica non sia seria….
Nel panorama internazionale attuale, quali sono secondo
lei i compositori di musica corale più interessanti?
Ci sono dei compositori che, come me, sono prevalentemente
conosciuti nel mondo corale e sono tutti dei buoni
Possiamo quindi affermare che uno dei principi basilari
per la composizione corale è che le singole voci siano
cantabili?
Sì, le diverse parti devono essere lineari e tutte le voci
devono assumere la stessa importanza. Nella tradizione c’è
spesso il canto superiore che prevale e poi una sorta di
accompagnamento da parte delle altre voci. In questo caso si
parte talvolta da una buona base, ma il fatto che le voci
intermedie siano concentrate nell’arco ristretto di una quinta
o di una sesta le rende fisse e le priva di libertà melodica.
Quindi la musica rinascimentale....
Sì, è il modello. E non solamente la musica rinascimentale:
si parte dalla polifonia dei fiamminghi, si passa ai Gabrieli a
Venezia, che a loro volta insegnano a Schütz. Io ho imparato
molto da Schütz, un grande compositore di musica vocale che
tiene conto della prosodia e ha la capacità di scegliere fra i
testi che possono essere trattati polifonicamente e altri che,
per la loro importanza, devono essere omofonici affinché
siano capiti da tutti. Questo lo si vede in Schütz, a esempio
quando tratta il testo “Ehre sei dem Vater”.
Quindi lei non ritiene sia un grande limite il fatto che il
compositore debba scrivere spesso per cori di non
professionisti?
26
No, no, ci sono dei limiti. La voce ha comunque una
estensione limitata rispetto a uno strumento come il violino o
il flauto e quindi vi è già un limite fisiologico. Il ritmo poi è
spesso molto complesso perché bisogna rispettare la
prosodia del testo e nello stesso tempo cercare una
autonomia ritmica. I compositori, entro certi limiti, devono
spesso scegliere uno dei due aspetti, il rispetto della prosodia
o la libertà inventiva, ma c’è comunque una grande libertà nel
modo di trattare un testo.
Possiamo quindi affermare che scrivere per un coro di
professionisti o per un coro amatoriale di un certo livello è la
stessa cosa?
È più o meno la stessa cosa perché in fondo i professionisti
sono gente normale, come tutti, a cui piace cantare questo
piuttosto che quello. Anche a loro non piace cantare un “do
acuto” per due minuti. Le sarà accaduto di ascoltare un coro
parrocchiale che esce dalle prove, non canticchierà certo un
brano come quello di... (e dice il nome di un corsista del
seminario di composizione n.d.r.): non è un brano che si
canticchia in ascensore. Ciò che piace è cantare una bella
melodia, qualcosa di semplice: è normale, è nella natura
dell’uomo. Se consideriamo la musica antica, il canto
gregoriano o anche certa musica extra europea, vediamo che
c’è sempre una melodia, talvolta molto limitata, (come in
Africa) talvolta limitata a tre o quattro note solamente. C’è
sempre un testo e una melodia, anche se è fattibile scrivere
della musica corale senza testo, naturalmente, non come
norma.
Durante le due edizioni del Seminario di composizione
corale che ha tenuto a Aosta, ha avuto modo di conoscere
giovani compositori di diverse nazionalità europee. Come
giudica le capacità, il livello di questi giovani? Possiamo
bene sperare per il futuro?
Nell’ultima edizione, in cui ho potuto seguire meglio ogni
allievo (perché la bottega ne prevedeva solo cinque mentre
nella scorsa edizione gli allievi per ogni insegnante erano di
più), ho notato come alcuni di loro siano già dei compositori e
quindi come si possa aiutarli sottolineando alcuni aspetti,
senza il bisogno di dovere loro insegnare a comporre: lo
sanno già fare. Sono però le persone con meno esperienza
che traggono i maggiori vantaggi e che hanno più da
apprendere in un corso di questo tipo.
Come giudica l’iniziativa del Seminario per giovani
compositori di Aosta, si potrebbe ancora migliorare?
In questo contesto gli allievi devono comporre il loro brano in
tre giorni. Si potrebbe proporre di anticipare il loro arrivo di
tre giorni affinché possano lavorare prima con i loro docenti
e, all’arrivo del coro, i loro brani siano quasi pronti. Avendo
così più tempo a disposizione, si potrebbe far fare loro della
pratica, a esempio facendo loro dirigere i propri pezzi.
Sarebbe molto istruttivo metterli davanti alle difficoltà che
loro stessi hanno scritto. Naturalmente è già buono quanto si
fa attualmente, ma se avessero più tempo i corsisti sarebbero
più a loro agio.
In effetti lo scopo del seminario è che gli allievi
compongano il brano in quella settimana e che non arrivino
con un brano già fatto...
Sì, in alcuni casi gli allievi arrivano con il brano quasi
completato. In quei casi propongo dei cambiamenti qui o là,
ma questo non è lo scopo del corso...
Crede che la formula che prevede di comporre un brano
in una settimana, con un coro a disposizione, sia una buona
opportunità?
Sì, questa opportunità è rara, anzi, non esiste altrove. È una
situazione ideale ed è veramente eccellente. Bisognerebbe
solo cercare di concedere più tempo a quegli allievi che sono
più riflessivi e meno immediati nella composizione.
I partecipanti
al seminario di Aosta 2008
compositorE
27
Catalogo delle opere
Anno
1964
1967
1969
1970
1972
1975
1976
1978
1979
1980
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1994
1995
1997
1998
2000
Titolo
Fünf Motetten
European Stabat Mater
Ave Maria
O Domine Deus
Repleatur os meum
Sur le pont d’Avignon
Rachel
Salve Regina
Vigilia de Pentecostes
Ave Regina coelorum
Haec est praeclarum vas
Laudate pueri
Tota pulchra est
Seven Madrigals
Beatus vir
Liedjes voor de slapelozen
Sine musica nulla disciplina
Magnificat
Veni Sancte Spiritus
Eight Japanese folk songs
Fortissimi
Musica, solamen et gaudium
Rijke armoede van de trekharmonika
L’Escaut
Nausikaä
Alma Redemptoris Mater
Liermolen
Gloria Patri
Regina coeli, blue be it
Ricordi de Sicilia
Bonum est confiteri Domino
A bunch of cherries
Memoria justi
Anima Christi
Voetbalgavotte (Gavotta del calcio)
Nuestra Senora de la Soledad
Upon G Cantemus
Trois Chansons de Hollande
Emmanuel
Rana et Bos
Pichiarello
E cantico canticorum fragmenta
Quatre chansons de Flandre
Ego flos
Three partsongs
Babel
Neusser Messe
Concerto per la b Vergine
The music of the sea
Organico
SATB
A+T-solo, SATB SSA
SATB
SA
SATB - S-solo
A+T-solo, cl, ctb, SATB
SSAA
SATB, org, cor in f
SA
SATB SATB
SATB
SATB
SATB, pf
SA S-solo, SATB
SATB, quintetto di ottoni
SATB
SA (voci bianche)
SA SSAA
SSA Bar-solo, SSA, pf, fl
SSATTB T-solo, SSA, arpa
SSATTB, S-solo, campana
S-solo, SATB, celesta
voci bianchi SA T-solo, SATB, arpa, perc.
SATB
SSAA T+Bar-solo, SATB, 8 strumenti
SATB A-solo, viola, SATB
SATB
SSA
TTBB
SSAA
TTBB
SSA voci bianche
TTBB
SATB
SATB
SSAA
SSAA
SATB, org, tromba
SATB, ob
SA, pf a 4 mani
Editore
Möseler Verlag
Möseler Verlag
CVM
CVM
CVM
CVM
CVM
Ed. Musica, Montserrat
Ed. Musica, Montserrat
CVM
CVM
Harmonia
CVM
Euprint
Harmonia
CVM
CVM
Möseler
CVM
CVM
CVM
CVM
CVM
CVM
CVM
CVM
CVM
CVM
CVM
Suvini Zerboni (Cartellina 1991)
Möseler Verlag
CVM
CVM
Edition privée
CVM
CVM
CVM
CVM
CVM
CVM
CVM
Suvini Zerboni (Cartellina 1993)
Koneza
CVM
CVM
CVM
Annie Bank
Annie Bank
Annie Bank
Carus Verlag
28
La sostenibile leggerezza di Vic Nees
Un’analisi dai Seven madrigals
di Carlo Tommasi
Esponente di un’importante generazione di compositori belgi
(alla quale appartengono nomi come Herman Roelstraete,
Roland Coryn, Willem Kersters, Wilfried Westerlinck) e figlio
del famoso suonatore di carillon Staff Nees, dopo aver
studiato composizione al conservatorio di Anversa con Flor
Peeters, Vic Nees vince uno scolarship per studiare direzione
corale a Amburgo con Kurt Thomas. Dal 1961 è programmatore
artistico presso la radiotelevisione belga (Brt), e diviene
anche, dal 1970 al 1996, direttore del coro della radio. La sua
grande esperienza in quest’ultimo campo – che lo ha portato
a girare il mondo come direttore ospite e come giurato a
concorsi corali internazionali – ha informato fortemente il suo
operato di autore di partiture che, oltre che premiate ed
eseguite in tutto il mondo, sono unanimemente considerate
dei capolavori della musica corale del XX secolo: il Magnificat,
il Veni Sancte Spiritus, il Regina Coeli-Blue be it, il Concerto
per la Beata Vergine, il Trumpet Te Deum, il Requiem…
Anche laddove, in queste composizioni, il suono delle voci si
mescola a quello di uno o più strumenti, protagonista assoluto
rimane comunque il coro. E ciò fa parte, potremmo dire, della
filosofia del personaggio. Come direttore di cori professionali,
ma molto attento alla realtà dei complessi corali amatoriali,
Nees ha infatti sempre lavorato impiegando le nuove tecniche
della composizione vocale adattate alle capacità di cantori
anche non professionisti (in ciò possiamo accostare la sua
figura, per esempio, a quella del finlandese Yaakko
Mäntyjärvi). Didatta illuminato e infaticabile dall’approccio
I hear you not yet, o nightingale,
And the Eastersun is at dawn;
Where stay you so long,
or have you forgotten to console?
No summering, truly, no sprouting:
there springs no leaflet now
from the hedgerows,
there is ice in the wind, snow in the sky,
stormy it is and the gust blows.
Yet it starlings and finches
loud all about
the blackbird laughs and babbles;
it is sparrow and tits, cuckoos in woods,
it swifts and it sways and it swaggers.
Where stays so long,
so long the nightingale,
No summering yet,
but summer it will,
the Eastersun is at dawn.
gioioso1 (che si riflette nella sua musica!), egli adopera questo
suo punto di forza per affrontare e risolvere il problema delle
difficoltà di esecuzione da parte dei cori amatoriali; e ne fa un
importante fondamento del suo comporre. Convincimento
interiore? Vocazione? Diremmo, anche e soprattutto, un talento
naturale affinato con lo studio e la lunga esperienza sul
campo: sembra che la voce umana per Nees non abbia
segreti, tanto egli ne conosce le possibilità e i limiti e nella
sua scrittura ne tiene conto, evitando complicazioni gratuite e
adottando invece soluzioni di grande raffinatezza, freschezza
e originalità che ottimizzano la resa del coro, portavoce di un
messaggio sempre pieno di poesia.
La partitura di Nees oggetto della nostra analisi sarà I hear
not yet (’K en hoore u nog niet) dai Seven madrigals su testi
di Guido Gezelle (1830-1899): è giusto spendere qualche
parola su questo affascinante personaggio, sacerdote ribelle la
cui arte è dotata di un grande afflato mistico-naturalistico e di
un lirismo spesso malinconico (in cui si riflettono le travagliate
vicende personali); suo merito non ultimo, quello di aver
contribuito con la sua poesia alla formazione di una lingua
nazionale (ragion per cui i Belgi lo venerano come da noi un
Dante o un Manzoni). La versione musicata da Nees è tuttavia
in lingua inglese, nella traduzione della celebre letterata belga
Christine D’Haen (1923), grande studiosa di Gezelle e autrice
di una celebre biografia del poeta. Riporto qui il testo in una
– sia pur approssimativa – traduzione italiana:
La D’Haen ha impiegato un inglese volutamente arcaico (lo si
Non ti sento ancora, o usignolo,
e il Sole di Pasqua sta nascendo;
dove ti trattieni così a lungo,
o ti sei dimenticato di consolare?
Niente caldo estivo né germogli;
là ora non spunta foglia
dalle siepi,
là vi è ghiaccio nel vento, neve nel cielo,
è bufera e soffiano raffiche di vento.
Ancora storni e fringuelli,
ad alta voce tutt’intorno
il merlo, nero uccello, ride ciarliero:
passeri e cincie, cuculi nei boschi,
con il suo volo rapido egli domina pavoneggiandosi.
Dove si trattiene così a lungo
l’usignolo?,
non ancora estate,
ma arriverà,
Sole di Pasqua che nasce.
compositorE
vede da alcune costruzioni, desinenze dei verbi e, in altri
pezzi della stessa raccolta, dalla seconda persona singolare
thou invece del you, formula usata ancora oggi nell’inglese
devozionale): un modo adatto, direi, per rendere il misticismo
naturalistico dal linguaggio poetico di Gezelle. Le immagini
espresse dal testo sono altamente suggestive; la musica di
Nees le tratta in modo più evocativo che descrittivo,
adoperando a tale scopo con grande sapienza gli artifici
tecnici della scrittura.
Il brano si articola in una forma ternaria la cui terza parte
(b. 29-41) ripete il contenuto della prima (b. 1-12), ma – come
vedremo – con delle sostanziali differenze di atmosfera, del
resto perfettamente in linea con il contenuto del poema. La
parte di mezzo (b. 13-28), più rarefatta e imitativa, riprende
alcuni spunti tematici e per questo la si può considerare una
sorta di sviluppo modulante. A loro volta, com’è tipico delle
composizioni madrigalistiche, le tre parti sono suddivise
ciascuna in due episodi concatenati, e anche il passaggio
dall’una all’altra si svolge in maniera molto fluida. Possiamo
quindi asserire che questo brano presenta un’interessante
intermediazione (o coesistenza) tra la forma-Lied e quella più
libera, appunto, del madrigale.
Soffermiamoci sui due episodi A (b. 1-8) e B (b. 9-12) che
compongono la prima parte. L’impianto tonale dominante qui
è un tranquillo la minore naturale (questa sicurezza
conoscerà in seguito delle increspature più inquietanti, già a
partire dall’episodio B, per poi essere – e vedremo come –
riaffermata alla fine). Il canone iniziale a due entrate (b. 1-3),
che dopo l’incipit prosegue abbastanza liberamente, gioca
su una sonorità volutamente spoglia. Assistiamo, qui come
altrove, a una tendenza delle voci maschili e femminili a
raggrupparsi in due blocchi unisoni (es. 1); ciò rende tanto
più affascinanti le armonie che vengono a formarsi quando
le voci prendono percorsi diversi: in questa prima fase, si
tratta di accordi perlopiù consonanti (triadi e settime in vari
rivolti).
29
facilmente intonabili, segno della grande cura che Nees
rivolge a un apprendimento agevole da parte dei cantori.
Rispetto a A, la sonorità di B è molto più sommessa, come a
voler creare una zona di mistero nella quale non si capiscono
bene gli eventi che seguiranno, in accordo col testo che
sospira l’avvento – negato – della bella stagione; le voci sono,
singolarmente, raggruppate in un ambito sonoro intermedio.
Troviamo qui un accordo nuovo: la triade eccedente che
compare due volte alle b. 9 e 10; le conclusive battute 11 e 12
mantengono alta la tensione, che si stempera nell’accordo di
re maggiore mf su “hedgerows”.
Tonalmente e armonicamente più accidentata è la sezione
intermedia, quasi uno sviluppo che comprende due episodi: il
più breve e denso C (b. 13-16) e il più dilatato e rarefatto D (b. 17-28), al quale C fa quasi da introduzione. Diversi sono
anche gli argomenti del testo, resi in maniera vagamente
descrittiva: in C gli agenti atmosferici, in D vari tipi di uccelli.
Prosegue la complicazione armonica iniziata con l’accordo
eccedente di B: nell’episodio imitativo alle b. 13-14 (che vede
contrapposti i soprani alle altre 3 voci) il cromatismo fa#-fa
dei contralti – quasi un madrigalismo – rende, in maniera
effettivamente agghiacciante, il testo:
es. 2: inizio di C, batt. 13
Nella parte del verso che si riferisce alla neve, inoltre, le voci
prendono un movimento più turbinoso e il linguaggio
armonico ingloba dei frammenti di scala ottofonica (come
nell’es. 3) che rendono l’atmosfera ancor più misteriosa
proprio grazie all’indeterminatezza del quadro tonale:
es. 3: soprano, batt. 14-15
es. 1: inizio del brano
Il discorso musicale prosegue in maniera omoritmica a 4 voci,
terminando, sopra “console”, con una cadenza frigia su uno
spoglio accordo privo di terza, dal sapore arcaico (riguardo a
un rifarsi agli antichi modi, c’è un altro punto interessante: la
libera imitazione di b. 2, dove l’insistere sul fa delle voci
femminili e il si, sebbene di passaggio, delle voci maschili,
sembra per un attimo trascolorare in un intrigante modo lidio;
vedi es. 1). Punto culminante di A è senz’altro il sol4 toccato
dai soprani a b. 7, sopra “forgotten”. Già da questo inizio si
può notare la cantabilità profusa in tutte le parti e il loro
muoversi armonioso, per intervalli piccoli e comunque
Nelle successive b. 15-16, ove dominano armonie cromatiche
attribuibili a una zona di sol minore, la tensione cresce e il
discorso musicale raggiunge un altro apice (ravvisabile anche
stavolta in un sol4 del soprano f a b. 16); al senso di tensione
contribuisce l’ambito molto acuto raggiunto da tutte le voci in
questo punto (tenori la3, bassi mib3, contralti mib4!).
Un’improvvisa modulazione cromatica (la cui nota cardine è il
mib dei tenori che diventa re#) introduce all’episodio D, che si
svolge in una zona di sol# minore e successivamente di mi
maggiore. Abbiamo qui un gioco di libere imitazioni che,
presentando le varie specie di uccelli evocate, ne mimano il
canto con vari tipi di arpeggi. Sono protagonisti gruppi di sole
2 voci: soprani e tenori (b. 17-20, es. 4),
contralti e bassi (b. 21-25; i due episodi si sovrappongono
30
Note
1. Ho avuto la fortuna di
conoscere Nees e di essere stato,
anche se per pochi giorni, suo
allievo al Seminario europeo per
giovani compositori di Aosta nel
2006 e nel 2008, ricevendone
paterni consigli e
incoraggiamenti.
2. A titolo di esempio si può
citare l’inizio di un’altra
composizione di Nees: il salmo
Singet dem Herrn, alle batt. 1-9 e
12-22; nel secondo caso l’inciso
ripetuto diventa oggetto di
un’imitazione “stretta” fra
contralto e tenore, ridotta alla
fine a un semplice frammento.
parzialmente alle b. 20-21).
Le b. 23-25, isolando e ripetendo in
imitazione un unico intervallo di terza
minore discendente, ripercorrono un topos
della musica madrigalistica: il canto del
cucù. Giunto qui al suo punto di massima
rarefazione, il brano si addensa
nuovamente alle b. 26-28 che, a mo’ di
compendio e di commento in vista della
“ripresa”, concludono la seconda parte.
Senza modulare si passa alla zona di re
maggiore: l’accordo conclusivo costituisce
un visibile richiamo alla fine della prima
parte (b. 12) rendendo ancora più
intrigante la simmetria interna del brano.
Richiamo preciso è anche il piccolo canone
di b. 26, dove le voci procedono in due
blocchi unisoni, come avveniva all’inizio, e
come avverrà tra breve.
Dalle b. 26-27 si può trarre spunto per
un’altra constatazione generale sul brano.
Se il testo è musicato tendenzialmente in
maniera sillabica, vi sono tuttavia alcune
piccole fioriture melismatiche dal carattere
vagamente descrittivo, se non di un
preciso elemento, di un’atmosfera a esso
legata, o – se si preferisce – della sua
riverberazione interiore: si segnalano
significativamente quelle della prima parte
su “nightingale” (b. 2, vedi es. 1) e su
“dawn” (b. 4), dove il gioco delle terze
ripetute rimanda giocoforza al canto degli
uccelli, elemento determinante
nell’ispirazione del pezzo. Queste
ripetizioni di piccoli incisi melodici o
intervalli sono caratteristiche della musica
di Nees, di cui costituiscono un tratto
distintivo, quasi un “marchio di fabbrica”2
(e contribuiscono, alla pari con la
cantabilità e la scelta degli intervalli, a
facilitare l’apprendimento e la
memorizzazione da parte del coro).
Qui le ritroviamo, unico punto del brano,
in tutte le voci (b. 27).
Nella terza e ultima parte l’atmosfera dei
versi finali, densa di speranza, trova una
perfetta rispondenza musicale. Vista la
somiglianza molto puntuale con l’inizio
possiamo chiamare i due episodi che la
compongono con il nome di A’ (b. 29-33) e
B’ (34-41): il primo, rispetto a A, è più
contratto come dimensioni, viceversa il
secondo è molto più sviluppato rispetto a
B, tanto più motivatamente visto che ha il
compito di concludere l’intero brano.
Ma la differenza più sostanziale e decisiva
rispetto all’inizio è il cambio di modo da
minore a maggiore che – anche in A’ dove
la ripetizione di A è quasi letterale – da
solo vale a mutare il colore: anche le
armonie assumono un carattere più dolce,
laddove in A serbavano pur sempre alcuni
tratti “spigolosi”. Sull’incipit omoritmico di
B’ un crescendo porta a nuovo culmine
sonoro (il f su “dawn”, b. 37), dopodiché,
in una graduale e generale evaporazione
della sonorità, i soprani riprendono il
gioco delle terze ripetute, che alla fine
(39-41) si trasforma in un’altra citazione
del cucù; le voci inferiori sono come un
tappeto accordale dolce e intimo che
scende verso il basso, affermando
quell’ambito di la maggiore, a cui dopo
varie peripezie siamo approdati. Alla fine
la voce del soprano rimane da sola e
svanisce in un pp.
Nonostante alcune zone inquietanti, una
serenità di fondo, espressione di un animo
serafico, permea il brano emergendo
chiaramente nella conclusione. L’attenzione
ai valori poetici e formali rende la
composizione un piccolo capolavoro,
rappresentativo di uno spirito elegante,
discreto e raffinato.
Esempio di grande passione artistica e
coerenza professionale, paziente tessitore
di arazzi i cui fili sottili legano musica e
vita, Nees è stato ed è tuttora (speriamo
ancora a lungo!) un modello insostituibile
per tanti giovani musicisti.
Associazione Regionale
Cori Marchigiani
5a ACCADEMIA EUROPEA
per
direttori di coro
e cantori
repertorio vocal
pop
FANO (Pu)
6/13 settembre 2009
Docente
Fred Sjöberg
Assistente
Stefan Berglund
In collaborazione con
COMUNE DI FANO
CORO POLIFONICO MALATESTIANO
INCONTRO INTERNAZIONALE POLIFONICO
CITTÀ DI FANO
Con il contributo del
MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI
Iscrizioni entro
il 31 maggio 2009
la forma
musicale
cos’È, a cosa serve
di Piero Caraba e Carlo Pedini
nova et vetera
L’aspetto esteriore di qualcosa è la più semplice e immediata definizione del
termine forma. Ne consegue immediatamente che la forma è strettamente
connessa a quella materia che ne costituisce e forgia il suo aspetto, e che si
tratti di una sorta di contenitore esterno, visibile e riconoscibile, per qualcosa
che sta al suo interno. La prima conseguenza logica è dunque che la forma
potrebbe essere diversa dal suo contenuto. Ma andiamo con ordine.
Quando osserviamo un oggetto, un monumento o una grande opera
dell’architettura quale potrebbe essere una reggia o una cattedrale, notiamo
un’infinità di particolari: scale, colonne, portali, finestre, guglie, statue, fregi
ecc.; a un primo sguardo tutto ciò ci colpisce nel suo insieme ma a una
successiva riflessione siamo in grado di afferrare che ogni elemento,
indispensabile o accessorio, utilizzato nel rispetto o a volte nella sfida di leggi
della statica e della fisica, concorre a dare un significato complessivo all’edificio.
La stessa cosa accade all’ascolto di un brano musicale, in cui ogni elemento
svolge una sua precisa funzione, usuale o nuova, determinando in tal modo la
fisionomia e il senso complessivo della composizione. La forma musicale è il
risultato di questi rapporti e della nostra osservazione.
Ma come si arriva a percepire e quindi a definire una forma musicale?
Quando ascoltiamo una composizione siamo sollecitati da una serie di
informazioni contemporanee: melodia, armonia, ritmo, andamento,
strumentazione, timbro ecc.; ognuno di questi elementi può essere oggetto di
una osservazione attenta, cioè di una analisi, sotto almeno due prospettive
diverse:
1) isolatamente, come dato a se stante;
2) in rapporto alla composizione nel suo complesso.
Ogni elemento musicale, pur costruito con propri criteri e funzioni, assume
infatti un significato e una determinata funzione solo in rapporto con altri
elementi, perseguendo con essi uno scopo comune. Per questa ragione le forme
musicali si manifestano in una pluralità di tipologie; è infatti sufficiente che
mutino alcuni criteri nei rapporti di organizzazione tra i vari elementi perché si
determini un aspetto esteriore differente, o viceversa, una uguaglianza di criteri
organizzativi e costruttivi determinerà una uguaglianza di forma, da cui la
possibilità di una sua identificazione e classificazione.1
Riconoscere la forma in se stessa rappresenta un primo, indispensabile,
momento di comprensione della composizione; l’analisi ulteriore permetterà poi
di approfondire le diverse implicazioni connesse con il fatto musicale, quali a
esempio i rapporti che legano internamente melodia, armonia, tempo,
andamento, colore strumentale, testo ecc.
Come si arriva a percepire
e quindi a definire una forma musicale?
Si parla anche di senso della forma come della capacità del compositore di dare
al brano un giusto equilibrio in rapporto alla conformazione, al numero, al
carattere degli elementi utilizzati. Tutto dunque concorre a imprimere un
significato al gesto musicale, e se il generale senso della forma conduce
l’ascoltatore alla comprensione e, diremmo, alla semplice e libera fruizione di un
brano in se stesso, è una analisi più approfondita della forma stessa che ci
consente di arrivare al significato di una composizione.
A questo punto emerge l’altro grande argomento, intimamente legato al
precedente: quello appunto del “significato” della musica, del “qual è il
contenuto” di un brano, che è tuttora oggetto di vivaci dibattiti tra gli studiosi
di estetica musicale.
33
Note
1. A esempio, senza entrare nel
merito dell’epoca e dello stile, le
successive entrate di voci che
ripetono esattamente la linea
melodica e ritmica proposta dalla
voce precedente, identificano la
struttura del canone; ogni volta che
si incontrerà questo procedimento
compositivo lo si riconoscerà dunque
come tale, cioè come formalmente
determinato: è un canone, di Bach, di
Mozart o di Beethoven, ma sempre di
canone si tratta, visto che possiede
quelle specifiche caratteristiche
formali.
34
Pur non potendo risolvere il problema in
maniera esaustiva in questa sede, è
impossibile parlare di forme della musica
senza almeno indicare i termini della
questione circa il rapporto tra forma e
contenuto. È osservazione comune che il
contenuto di una forma possa essere
tutt’altra cosa che non la forma stessa; nel
linguaggio parlato e in poesia ciò è
chiarissimo: un sonetto ha sempre la stessa
forma ma i suoi contenuti possono essere i
più diversi.
L’inevitabile riferimento con il linguaggio
verbale ci pone immediatamente nel cuore del
problema. Stabilire se la musica sia o no un
linguaggio è forse il primo passo per giungere
al discorso circa i suoi significati.2 Certamente
la musica è un sistema, ha le sue leggi, ha
una sua grammatica, ha una sua sintassi e
dunque sul piano dell’indagine strutturalista
rientra a pieno titolo nella categoria
linguaggio. La parola è per definizione
significante di qualcosa che nella nostra
mente si trasforma in un significato (il
vocabolo casa, a esempio, si traduce nella
nostra mente in un significato ben preciso e
inequivocabile); la musica, al contrario, non
detiene la capacità di riferirsi a qualcosa di
oggettivo, non possiede termini traducibili in
precisi significati e non dispone di un
vocabolario.3 Questo vuole forse dire che la
musica in realtà non è un linguaggio o,
peggio, che non è un linguaggio
comprensibile? No di certo, anzi, le precedenti
osservazioni mettono in luce il suo modo
particolare di porsi come linguaggio, un
linguaggio sui generis che, pur avendo una
precisa organizzazione e articolazione, è
sprovvisto di vocabolario, è dunque
intraducibile ma nonostante ciò è intelligibile
e significativo.
Il fatto che la musica non abbia significati che
possano riferirsi a qualcosa di concreto non
vuol dire che non significhi nulla quanto
piuttosto che «i suoi significati non sono
verbalizzabili puntualmente». 4
L’antica disputa sulla semanticità o
asemanticità della musica condotta dai
contenutisti (sostenitori della possibilità da
parte della musica di riferirsi ad altro)
contrapposti ai formalisti (assertori della
musica come espressione di null’altro che se
stessa) è improntata in massima parte sul
costante riferimento al linguaggio verbale, per
il quale il significante “casa” si traduce in
quel preciso significato oggettivo.
Nel linguaggio musicale il significante è la
musica stessa, sono i suoni nella loro
organizzazione e struttura formale; tale
significante non assume poi significati diversi
da se stesso: se dunque dal punto di vista
dell’analisi semiologica il rapporto
significante/significato certifica che la musica
è asemantica, non si può certo negare (e
neppure i formalisti lo negano) che proprio
questi suoi mancati riferimenti con la realtà
concreta consentono alla musica di esprimere
o addirittura di incarnare i movimenti e le
dinamiche più profonde e più alte dello spirito
umano, altrimenti non esprimibili con un
linguaggio strettamente semantico.
Lo studio delle strutture dell’opera
ci dà la chiave dell’emozione
estetica che provoca (U. Eco)
Anche considerando il campo della poesia,
che si fonda sulla semanticità della parola,
il più delle volte notiamo che il significato
poetico va ben al di là dello stretto
messaggio semantico e addirittura,
soprattutto nella poesia contemporanea, testi
poetici assolutamente privi di significato
inteso nel senso comune del termine offrono
una tale quantità di informazioni emotive da
determinare continue e nuove prospettive di
lettura, come ben esemplifica Umberto Eco in
Opera aperta citando come esempio la poesia
L’isola di G. Ungaretti.5
Pertanto, così come abbiamo definito sui
generis il linguaggio della musica, possiamo
parlare di una sua semanticità sui generis o,
come la definisce Fubini, di una semanticità
indeterminata6 che si esprime non attraverso
il singolo suono o gruppo di suoni ma emerge
dal contesto generale dell’opera, cioè dalla
sua struttura formale a sua volta considerata
«nel contesto storico in cui l’opera stessa si
inserisce».7 8
Le diverse tecniche, i differenti procedimenti
linguistici che vanno a creare la forma sono
infatti assolutamente dipendenti dal loro
contesto storico, anzi, costituiscono essi
stessi la storia della musica: studiare una
forma prescindendo dalla sua posizione nella
nova et vetera
storia è una operazione priva di senso sul piano della comprensione dei suoi
significati.
La forma, considerata nel suo contesto storico, appare dunque come il mezzo
attraverso cui si esprime il significato della musica e, compiendo altro tipo di
percorso, diremo che solo passando attraverso la comprensione della forma si
può giungere a capire il significato di una composizione.
Come ben descrive il Nattiez,9 a sua volta rifacendosi alle teorie strutturaliste di
J. Molino, c’è una linea che unisce il compositore all’ascoltatore; questa linea
passa per l’opera d’arte, la cui comprensione richiede da parte di chi ascolta un
processo attivo che lo coinvolge razionalmente ed emotivamente. Entrambi,
compositore e ascoltatore, compiono un processo attivo di costruzione: il primo
compiendo l’atto creativo, il secondo ponendo in atto consciamente o
inconsciamente delle strategie atte a percepire e comprendere l’opera. I due
– mittente e destinatario – non si conoscono, sono lontani nello spazio e spesso
lontanissimi nel tempo, e il destinatario sarà portato, proiettando se stesso
sull’opera, a formulare delle ipotesi circa il cosa ha voluto dire l’autore.
È a questo punto che la struttura formale assume il suo primario ruolo di
condurci al significato dell’opera; è l’analisi della forma nelle sue connessioni
generali e nel suo contesto storico a fornirci la chiave di quella semanticità, sia
pure emotiva e ineffabile, di cui la musica è significante.
«Lo studio delle strutture dell’opera ci dà così la chiave della emozione estetica
che provoca e nel contempo ci fornisce lo schema di una emozione possibile.
L’ineffabile non appare nel tessuto dell’opera analizzata: ma l’opera analizzata ci
fornisce l’intelaiatura di una macchina generatrice di ineffabile».10
Nel passo citato Umberto Eco chiarisce lo scopo dello studio strutturale di
un’opera individuandone al tempo stesso i limiti: una analisi, sia pure
ottimamente condotta, non sarà comunque in grado di enucleare i termini
concreti di quella semanticità sui generis o di quell’ineffabile che è la struttura
stessa a generare. L’analisi formale spiegherà gli artifici, chiarirà le connessioni,
prenderà atto delle tecniche che provocano l’emozione; ci condurrà sulla via del
giusto significato e con la storia ci indirizzerà verso la più esatta chiave di
lettura estetica ed emozionale, ma non ci mostrerà, in se stessa, l’ineffabile,
né mai riuscirà a spiegarcelo.
35
2. Per un approfondimento scientifico
del problema è di particolare
interesse la recente trattazione
di A. Frova, Dal parlato alla musica,
in Armonia celeste e dodecafonia,
Milano 2006, p. 99 e segg.
3. La cosiddetta musica a
programma, o forme come il
madrigale sono tra gli esempi più
evidenti del tentativo di rendere la
musica significato o addirittura
immagine di una realtà concreta.
4. Cfr. E. Fubini, Musica e linguaggio
nell’estetica contemporanea, Torino
1973.
5. «Leggendo questa poesia –
assolutamente priva di “significato”
nel senso comune del termine –
ricevo una massa vertiginosa di
informazione circa quest’isola, anzi,
ogni volta che mi pongo a rileggere
la poesia apprendo qualcosa di più
intorno a essa; il messaggio pare
proliferare a ogni sguardo, aprirsi a
continue prospettive» U.Eco, Opera
aperta, Bompiani, Milano 1962.
6. Cfr. E. Fubini, op. cit.
7. Ibid. p. 44.
8. Per meglio comprendere la
necessità di inserire nel proprio
contesto storico una forma, proviamo
a pensare a un compositore
contemporaneo che scriva un
minuetto in perfetto stile del ’700.
Quella forma, oggi, ci condurrebbe
certamente a una lettura atta a
evidenziare i significati provocatori o
ironici di una simile sfida creativa
che, sul piano estetico, risulterebbe
al più un esercizio di bravura; se
viceversa quel minuetto fosse stato
composto da un autore del secolo
XVIII, tenendo conto di ciò, la nostra
indagine formale ci condurrebbe alla
comprensione del suo vero significato
e ci fornirebbe i mezzi per una giusta
valutazione estetica dell’opera.
9. Cfr. J.J. Nattiez, Il discorso
musicale, Einaudi, Torino 1987.
10. U. Eco, La definizione dell’arte,
Garzanti, Milano 1978, p. 173.
europa cantat
TORINO 2012
Europa
IL SOGNO, LA SFIDA
di Pier Filippo Rendina
Piazza Palazzo di Città
ASSOCIAZIONE
«Il Festival Europa Cantat a Torino nel 2012: un sogno che
vorremo diventi realtà».
Con queste parole il Presidente Fornasier annunciava, a fine
2008, la candidatura della città di Torino a ospitare nel 2012 il
XVIII Festival Europa Cantat.
Da allora la notizia è rimbalzata attraverso tutti i canali
comunicativi della Federazione, da questa stessa rivista al
nuovo magazine Italiacori.it, dal sito web alle newsletter, fino
al video promozionale presentato ufficialmente a Europa
Cantat nell’assemblea di San Sebastian.
Questa è indubbiamente una grande opportunità per il nostro
paese. Ospitare il festival per la prima volta in Italia significa
compiere un grande passo verso una più ampia
collaborazione con le altre nazioni europee nel panorama
culturale internazionale.
Ma facciamo un passo indietro e ripercorriamo la tappe del
cammino che hanno condotto dall’insorgere di una quasi folle
idea al concretizzarsi di questo grande progetto…
Europa Cantat a Torino: la genesi
Siamo agli inizi dell’estate 2007 quando si profila in Feniarco
l’intento ambizioso quanto determinato di proporre l’Italia
quale sede per il Festival Europa Cantat del 2012.
«La coralità italiana merita questo evento – spiega oggi Sante
Fornasier – perché in questi dieci anni ha lavorato in modo
forte e significativo ed è pronta a questa grande sfida».
Una sfida, dunque, che vuole suggellare un impegno continuo
e costantemente rinnovato a favore della crescita della
coralità italiana, non più marginale nel panorama europeo,
ma viva protagonista della scena musicale internazionale.
Perché proprio Torino? La risposta arriva, ancora una volta,
dal presidente di Feniarco. «Molte sarebbero le città italiane
che potrebbero ospitare Europa Cantat, ma noi abbiamo
scelto Torino perché ha dato prova di una vocazione europea
e internazionale, ha dimostrato capacità di organizzazione e
ha strutture adeguate da mettere a disposizione per un
evento così importante. La scelta del capoluogo piemontese
trova altrettanta conferma da parte di un testimonial
d’eccezione, Piero Angela, che in un graditissimo videointervento dichiara che «il Festival Europa Cantat nel 2012
avrà tutto l’interesse a venire a Torino, perché è una bella
città, antica, con una grande tradizione culturale e musicale, e
inoltre ha l’attrezzatura per accogliere tante persone, grazie
all’esperienza delle Olimpiadi invernali.
In sintonia di intenti con gli amici dell’Acp Piemonte – che sin
d’ora si ringraziano per la loro preziosa collaborazione – il
2007 si chiude con un forte proposito: mettersi in gioco e
accettare questa grande sfida.
Tappe e traguardi
È nel corso del 2008 che la candidatura di Torino acquista via
via definizione e concretezza. Due incontri – il primo nel mese
di aprile con i funzionari del Comune di Torino e della Regione
Piemonte, il secondo a settembre con la presenza
dell’assessore alla cultura dott. Alfieri e del funzionario della
37
Regione dott. Rocca – portano all’attivo coinvolgimento e
sostegno al progetto da parte del Comune di Torino e della
Regione Piemonte. Il riconoscimento istituzionale,
ufficializzato attraverso una lettera di intenti che esprime il
pieno appoggio da parte dei due enti, aggiunge così ulteriore
valore alla candidatura del capoluogo piemontese.
In vista dell’assemblea annuale di Europa Cantat, svoltasi
successivamente nel mese di novembre a San Sebastian
(Spagna), viene quindi realizzato il già citato video
promozionale, curato dal vicepresidente Alvaro Vatri, con la
partecipazione dei due testimonials di prim’ordine Mirella
Freni e Piero Angela. Il risultato è un prodotto di grande
appeal, capace di dare la giusta valorizzazione a questo
ambizioso progetto.
Il grande e importante lavoro di squadra che nel corso di
tutto il 2008 accompagna la definizione della candidatura di
Torino, in stretta sinergia tra il Consiglio di Presidenza
Feniarco, lo staff della segreteria e gli amici dell’Acp, viene
sottolineato dal vicepresidente Semeraro, il quale osserva che
«Torino 2012 si è concretizzato nel 2008. Noi parleremo di
quest’anno come di un anno importante nella storia di
Feniarco, un po’ come lo è stato il 2004 con l’assemblea di
Europa Cantat a Venezia. Sempre più Feniarco sta trovando
larghi consensi a livello internazionale: si tratta di un lavoro
che stiamo svolgendo in squadra, in maniera veramente
coesa e con una grande armonia di intenti.»
Il «consenso internazionale» giunge proprio a San Sebastian,
in occasione della riunione del Board e dell’assemblea
annuale di novembre, alla quale partecipa una nutrita
delegazione italiana (vedi Choraliter n. 27, pag. 38). Il Board
accoglie con grande favore la candidatura proposta da
Feniarco e rimanda la decisione definitiva a seguito del
sopralluogo da svolgersi nel mese di gennaio 2009.
La visita ufficiale
Neve e sole accolgono la delegazione di Europa Cantat –
composta dal presidente Jeroen Schrijner, dal vicepresidente e
presidente della Commissione Musicale Fred Sjöberg e dalla
segretaria generale Sonja Greiner – che sbarca finalmente a
Torino il 21 gennaio. Ad attenderli, le delegazioni di Feniarco,
dell’Acp Piemonte, della Città di Torino e della Regione
Piemonte.
La visita alla città da parte dei rappresentanti della
federazione europea costituisce, ovviamente, un banco di
prova fondamentale: una cattiva impressione potrebbe far
cadere l’intero castello costruito in un anno e mezzo di
progettazione. Ma la realtà si conferma all’altezza delle
aspettative, e buona parte del merito va riconosciuto
all’impeccabile organizzazione congiunta in loco tra Acp,
Comune e Regione: con una serrata quanto precisa tabella di
marcia, presidente, vicepresidente e segretaria hanno modo di
visitare in lungo e in largo la città, i suoi prestigiosi siti
storico-artistici ma anche le numerose e ben attrezzate
strutture ricettive (si parla di circa 2.000 posti universitari!).
A completare il quadro, una serie di fortunate coincidenze, a
38
cominciare dal concerto dei King’s
Singers, programmato a Torino proprio
nella serata del 21. L’indomani, alla
visita in anteprima al Teatro Carignano
– che sarà inaugurato solo quattro
giorni più tardi – segue il sopralluogo al
Teatro Regio, nel quale (quasi a
simboleggiare il grande interesse della
Feniarco per il mondo giovanile) oltre
trecento bambini assistono alle prove
generali d’opera. Last but not least (e a
questo punto non si può non pensare a
un segno del destino) l’arrivo dei nostri
all’Auditorium Rai sorprende la grande
clarinettista Sabine Mayer impegnata
nelle prove del concerto per clarinetto e
orchestra di Mozart. Grande musica,
grande interprete, grande impressione.
La delegazione di Europa Cantat lascia
Torino la mattina del 23 gennaio e
l’esito viene espresso chiaramente: la
città dispone di tutti i requisiti
necessari e l’organizzazione si è rivelata
ottima; non solo, Feniarco si conferma,
in ambito europeo, una (se non forse
la) realtà più dinamica in questi ultimi
anni.
«Sicuramente è stata una grande
occasione per Feniarco – commenta il
presidente Acp Sandro Coda Luchina –
che si è presentata indubbiamente
bene. Questo sogno, voluto quasi da
sempre, lo abbiamo perfezionato in
collaborazione: non ci sono solo la
Feniarco e l’Acp; a essere coinvolta è
l’intera coralità italiana.»
La svolta propulsiva
Arriviamo così al primo, grande
traguardo di questo cammino: dopo
una relazione estremamente positiva da
parte del presidente Schrijner sulla
visita alla città, il Board di Europa
Cantat nella riunione di Bonn del 13 e
14 febbraio delibera all’unanimità di
assegnare in via definitiva a Torino la
XVIII edizione del Festival Europa
Cantat.
Abbiamo detto “traguardo”, ma in
realtà sarebbe più giusto parlare di
“svolta propulsiva”, perché da ora
dovrà prendere avvio il vero motore
organizzativo di questo grande
progetto. Il primo appuntamento sarà a
Utrecht nel mese di luglio, quando
l’Italia riceverà ufficialmente le
consegne per il festival del 2012;
seguirà un triennio di preparazione che
ci coinvolgerà tutti e richiederà il nostro
impegno ma anche tutta la nostra
passione, per il raggiungimento di un
obiettivo unico nella storia della coralità
italiana.
«Immagino la presenza della coralità
italiana a Torino con un ruolo da
protagonista. Feniarco metterà a
disposizione tutta la sua esperienza, la
sua capacità e le sue risorse
economiche e intellettuali per un
grande, grande evento.»
Con queste parole del presidente
Fornasier vogliamo concludere
sottolineando un binomio che
contraddistingue l’attività di Feniarco: il
“sogno”, che è immaginazione, fantasia
creativa, sguardo in avanti verso la
costruzione del futuro, e la “sfida”, da
perseguire attraverso una solida
progettualità fatta di mezzi, sì, ma
soprattutto di qualificate competenze e
professionalità. Un binomio raro,
probabilmente, nell’universo del terzo
settore, ma in grado di portare a grandi
risultati quale di certo sarà il Festival
Europa Cantat TORINO 2012.
Solidarietà per l’Abruzzo
Siamo dolorosamente colpiti dalle notizie del tremendo terremoto che ha sconvolto L’Aquila e alcuni centri dell’Abruzzo.
Esprimiamo il profondo cordoglio per le vittime e la vicinanza più solidale a tutti coloro che sono stati colpiti dalla catastrofe.
In particolare vogliamo far sentire ai nostri amici dei cori abruzzesi la solidarietà fattiva di tutta la coralità amatoriale italiana
aprendo una sottoscrizione per raccogliere fondi la cui destinazione sarà concordata con l’Arca (Associazione Regionale
Cori Abruzzo) per individuare i settori di intervento. È stato dunque aperto presso Feniarco un conto dedicato presso il quale
versare i contributi, a partire dalla Federazione stessa che mette a disposizione mille euro. Le coordinate sono le seguenti:
Cassa di Risparmio del Friuli Venezia Giulia
Piazza del Popolo, 5 - 33078 San Vito al Tagliamento Pn
IBAN IT29 W063 4065 0101 0000 0005 362
intestato a Feniarco
Solidarietà
Esprimiamo il vivo auspicio che questa profonda ferita possa essere al più presto rimarginata pur nella consapevolezza
che resteranno irreparabili alcune perdite di legami umani, storici e culturali.
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Rivista quadrimestrale della FENIARCO Federazione Nazionale Italiana Associazioni Regionali Corali
Un primo
bilancio… sociale
bilancio
di Marco Fornasier
Feniarco cresce e si dota di uno strumento innovativo,
complesso e ambizioso, che mira a rendicontare l’impatto sociale
dell’attività svolta da un ente non profit. Un mezzo capace di
orientare la federazione nella programmazione e progettazione,
nel perseguimento della qualità delle attività svolte,
nell’ottimizzazione delle risorse umane, nella valutazione
e nel controllo di gestione. Uno strumento identitario e distintivo
della coralità amatoriale italiana che permette di dare una
risposta concreta alla domanda su chi siamo, cosa facciamo
e qual è il nostro valore aggiunto.
ASSOCIAZIONE
«In venticinque anni di attività, Feniarco è
diventata un’organizzazione che impegna risorse
umane, investe risorse economiche, sviluppa
un’attività al servizio della coralità su più livelli,
da quello formativo a quello editoriale, dalla
promozione di eventi alle relazioni internazionali.
È diventata così un’organizzazione non profit,
affermata sul piano nazionale per la
professionalità con cui persegue la diffusione
della musica corale, che in questo momento
della sua vita associativa sente la necessità di
fare il punto della situazione e di raccogliere
quanto seminato in anni di devozione alla sua
missione istituzionale. Da qui l’idea di realizzare
il primo bilancio sociale dell’organizzazione, uno
strumento cioè che tenga conto delle attività
della federazione, dei suoi sforzi in campo
musicale, culturale e sociale». Con queste parole
Sante Fornasier enuncia le motivazioni profonde
che hanno portato Feniarco a realizzare il suo
primo Bilancio sociale, un ricco volume che ne
illustra la mission, le attività, i risultati concreti e
le ricadute tangibili sul territorio. Un volume nato
grazie a un progetto favorevolmente accolto e
sostenuto dal Ministero della Solidarietà Sociale
(ora Ministero del Lavoro, della Salute, e delle
Politiche Sociali) e frutto di un lungo lavoro di
raccolta delle informazioni, di elaborazione e di
revisione, per giungere alla stampa e alla
successiva diffusione presso tutti gli associati.
È questo un segnale forte della crescita che ha
caratterizzato in questi ultimi anni Feniarco che,
dotandosi per la prima volta di uno strumento
quale è il Bilancio sociale, vede riconosciuta
l’importanza e il rilievo della propria attività,
superando quelli che sono i “limiti” di una
amatorialità troppo spesso relegata a ruoli
marginali e allineandosi ai grandi attori della
scena culturale nazionale. Il Bilancio sociale
vuole essere anche uno strumento identitario,
“distintivo” della coralità amatoriale italiana; un
documento in grado di attestare chi siamo, cosa
facciamo, perché lo facciamo, “quanto” siamo.
Tali domande trovano esauriente risposta nelle
articolate sezioni che compongono il volume:
all’organigramma della federazione si
aggiungono le schede relative alle singole
associazioni regionali, riportanti dati e numeri
significativi per tracciare un quadro demografico
e geo-antropologico della coralità in Italia.
A seguire, le principali attività della federazione
e delle regioni sono presentate nelle differenti
sezioni “concertistica”, “corsi e seminari”,
“editoria” e “progetti, concorsi e convegni”:
ciascuna sezione è preceduta da un’introduzione
o
41
che delinea l’orizzonte del pensiero sulla
coralità elaborato da Feniarco;
di ogni attività vengono
esplicitati gli obiettivi, lo
svolgimento, le tematiche di
contesto, i risultati ottenuti e i
dati statistici sui soggetti
coinvolti. Arricchiscono le schede
alcuni interessanti approfondimenti
storico-artistici che rafforzano il
legame vivo della coralità con il
territorio nel quale essa opera. Non
poteva mancare ovviamente una
sezione “bilancio e distribuzione del
valore aggiunto”, la quale offre una
quantificazione chiara e trasparente
della consistenza in termini economici
dell’attività della federazione.
A completamento di questo ampio
documento, l’elenco dei cori associati (lo
ricordiamo, oltre 2.300!) rende il merito a
una presenza numerosa e capillare su
tutto il territorio nazionale. Non da ultimo,
la veste grafica moderna e accurata nonché
la ricchezza del materiale iconografico che
completa e illustra il volume, ne fanno un
prodotto qualitativamente significativo,
capace di offrire un’immagine viva e dinamica
della coralità italiana quale essa si è configurata
in questi ultimi anni.
Ma il Bilancio sociale rappresenta uno strumento
identitario anche per il metodo paradigmatico
che ne ha accompagnato la realizzazione, in virtù
dello stretto rapporto di sinergia tra Feniarco e le
associazioni regionali: l’elaborazione e la
proposizione del progetto da parte della
federazione e il successivo processo di raccolta e
di revisione omogenea dei dati forniti dalle
regioni, con la congiunta presentazione del
risultato definitivo, hanno costituito un’ulteriore e
fondamentale occasione di coesione della
coralità italiana al suo interno e di confronto con
il mondo esterno. «L’indagine sullo stato attuale
della federazione» conclude il Presidente
Fornasier nella sua introduzione al volume «e la
proiezione rispetto al futuro mettono in luce i
processi decisionali, le modalità organizzative, i
metodi di lavoro, consentendo di cogliere i punti
deboli, su cui intervenire per migliorare e
progredire. Da quest’ultimo punto deriva la
dimensione dinamica del bilancio sociale, che,
lungi dal porsi a conclusione di un percorso, può
diventare, e lo è nelle intenzioni di Feniarco, il
punto di partenza di un altro quarto di secolo di
musica corale in Italia».
42
Assemblea Feniarco
Castel San Pietro Terme, Bologna
di Giorgio Morandi
“Anusca Palace”: nome “misterioso”, per chi non è
avvezzo a stare fuori casa almeno tre volte al mese, o
non fa parte dell’Associazione Nazionale Ufficiali di
Stato Civile Anagrafe; ma ora il piccolo mistero è
svelato: chiaramente è la denominazione di uno
stupendo hotel a cui mi porta una puntualissima
navetta.
Ecco nominati soltanto due elementi (l’hotel e il
servizio trasposto), ma entrambi già portano il chiaro
marchio di una organizzazione che si rivelerà di
altissimo livello anche in tutto il resto: è il marchio
Aerco-Feniarco dove l’immagine e la qualità
sostengono giustamente la mole di lavoro realizzata
da venerdì 20 a domenica 22 marzo 2009.
«Sig. M…. ben arrivato» è il saluto diretto, personale,
sonoro dell’addetto alla reception che espletata
brevissima formalità di registrazione con evidente
elevata professionalità continua: «Ora prenda la
camera, poi le indicherò il ristorante dove la stanno
aspettando»!
Pochi minuti più tardi… al ristorante delle terme di
Castel San Pietro Terme: una serena compagnia di
almeno trenta persone mi accoglie con amicizia; saluti
sonori, strette di mano, abbracci. Vecchi e nuovi amici
si incontrano… La cosa non avviene in ordine
gerarchico, ma… arrivo velocemente al presidente
Sante Fornasier che accoglie con la consueta affabile
signorilità e offre un posto accanto a lui.
Non sto dilungandomi su inezie personali, ho voluto
tentare di dare al nostro lettore un’idea dell’atmosfera
che caratterizza l’ambiente Feniarco. È questo un
elemento importantissimo, perché su di esso si poggia
una mole enorme di lavoro: due gruppi di studio che
il giorno precedente, per sei/sette ore, hanno lavorato
rispettivamente sui temi “concorsi e festival” e
“legislazioni regionali a favore dei cori”; una
assemblea che in circa otto ore dovrà evadere ben 12
punti segnati all’ordine del giorno della convocazione
assembleare. Il tutto incorniciato dai momenti
conviviali e da un gustosissimo concerto del
complesso Gruppo Emiliano, offerto dagli
organizzatori dell’Aerco nella serata di sabato.
Lungi dal voler inutilmente raddoppiare il verbale
dell’assemblea che verrà consegnato dalla segreteria
a tutti gli aventi diritto, voglio sottolineare la
partecipazione globale all’assemblea da parte di tutte
le componenti Feniarco: il Consiglio di Presidenza al
gran completo, con Sante Fornasier, Alvaro Vatri e
Pierfranco Semeraro e il segretario Lorenzo Benedet,
accompagnati dai collaboratori di segreteria Annarita
Rigo e Marco Fornasier; i rappresentanti del Comitato
di Redazione di Choraliter e di Italiacori.it Sandro
Bergamo e Giorgio Morandi (ma tra i delegati regionali
siedono anche i colleghi di redazione Puccio Pucci e
Alvaro Vatri); presenti, con uno o due rappresentanti,
quasi tutte le associazioni regionali.
Gli argomenti trattati nella giornata di studio li
abbiamo già brevemente citati; ecco ora alcuni di
quelli trattati durante l’assemblea.
In primis, le normali procedure assembleari, con
l’approvazione del verbale della riunione precedente,
l’approvazione della relazione sull’attività del 2008 e il
bilancio consuntivo 2008. Il consenso unanime degli
aventi diritto di voto già la dice lunga sull’ottimo
lavoro svolto dal Consiglio di Presidenza e sulla
fiducia esplicita dei membri della federazione corale
nazionale nei loro dirigenti. I programmi di attività
2009 e il relativo bilancio preventivo ricevono lo
stesso unanime consenso. È poi la volta dei progetti
specifici, tra cui emerge nella sua importanza il
Festival Europa Cantat 2012 in via di organizzazione a
Torino. Il presidente mette a conoscenza di tutti le
procedure approntate a tutt’oggi per tale iniziativa, le
collaborazioni attente e d’alto livello trovate sia
nell’Associazione Cori Piemontesi, sia nelle autorità
civili che sono coinvolte nella grande manifestazione
corale di portata europea. Ben evidenziato è il
ASSOCIAZIONE
consenso totale ed entusiasta della
presidenza di Europa Cantat che lo scorso
mese di gennaio ha visitato la città e le
strutture su cui l’evento sarà costruito.
Ed ecco, quindi, le iniziative finora organizzate
e quelle in preparazione per il prossimo
futuro. Importantissima, veramente decisiva
sarà quella che porterà ad avere uno stand
promozionale nell’ambito del festival triennale
di Europa Cantat a Utrecht nel prossimo mese
di luglio, quando la città olandese passerà il
testimone alle autorità torinesi.
L’avvio del progetto Aps denominato
inDirection in collaborazione con l’Università
Cattolica: è ormai in fase avanzata la raccolta
dei nominativi dei direttori di coro
partecipanti da tutte le regioni italiane; la sua
attuazione sarà immediata secondo la
tempistica prevista dal progetto approvato dal
ministero.
Sul fronte dell’editoria, numerose le opere
realizzate negli ultimi tempi e ricche le
iniziative già in cantiere per un futuro
prossimo. Pubblicato il corposo Bilancio
sociale 2007 della Feniarco, avviata con i
volumi della Toscana e del Friuli Venezia
Giulia la collana Voci & Tradizione, presentata
la pubblicazione delle Composizioni
selezionate nell’ambito del Seminario
europeo per giovani compositori di Aosta
2008, ecco annunciata la pubblicazione a
breve di nuovi volumi delle collane Giro giro
canto, Melos e Teenc@nta.
Grosso impegno ormai in fase di realizzazione
è quello della nuova rivista Choraliter e di
Italiacori.it. Appena archiviato il primo numero
di Italiacori.it, la nuova Choraliter (di cui state
leggendo il primo numero) necessita di
ulteriore promozione.
Il pur discreto numero di abbonamenti raccolti
non è sufficiente per il suo sostegno
definitivo.
Grande notizia fornita dal presidente: l’editore
Feniarco avrà, nell’ambito di Europa Cantat
Festival 2009 di Utrecht, un proprio stand ove
pubblicizzare e mettere a disposizione dei
partecipanti le opere pubblicate in questi
anni.
Il nuovo disegno di legge a favore di cori e
bande: dettagliato e puntuale aggiornamento
da parte del presidente.
I portavoce dei gruppi di studio su “concorsi
e festival” e sulle “legislazioni regionali a
favore dei cori” presentano all’assemblea il
risultato del loro lavoro: si tratta dell’analisi
43
dei diversi problemi e le proposte che
ritengono di suggerire per affrontarli al
meglio.
È ancora il presidente Fornasier ben sostenuto
e affiancato dai suoi vicepresidenti Alvaro
Vatri e Pierfranco Semeraro che tira le fila e
porta alla conclusione l’intensa e fruttuosa
assemblea primaverile di una Feniarco
lanciatissima sulle attività previste,
nonostante non manchino preoccupazioni
legate alla situazione di crisi che pervade la
società odierna in tutti i suoi ambiti.
È giusto ora dedicare un momento di
attenzione a chi ha ospitato il nuovo evento
Feniarco: il sindaco della città di Castel San
Pietro Terme che sabato mattina ha portato
personalmente i saluti dell’amministrazione e
di tutta la cittadinanza (foto sotto); gli
organizzatori dell’evento “Assemblea Feniarco
primavera 2009 a Castel San Pietro Terme”:
l’Aerco, Associazione Emiliano-Romagnola
Cori, rappresentata dal suo presidente Fedele
Fantuzzi, dal vicepresidente Giacomo Monica,
da Andrea Angelini in veste di consigliere
Aerco nonché direttore della rivista regionale
FarCoro e dal piccolo vulcano (affiancatelo al
nostro segretario Lorenzo Benedet e ditemi
se posso esprimermi diversamente!) Puccio
Pucci segretario dell’Aerco e delegato per la
Feniarco, responsabile di tutta
l’organizzazione della “tre giorni Feniarco” a
Castel San Pietro Terme.
I ringraziamenti per l’ottima organizzazione
sono davvero meritati, così come è ben
motivata la gioia che Puccio e amici Aerco
non hanno certo nascosto, anzi… hanno ben
espresso con le brevi parole del loro
presidente Fedele Fantuzzi che ha salutato
cordialmente.
voci
& tradizione
voci &
Nuova collana feniarco
Con i primi due volumi, quello relativo alla Toscana e quello concernente il Friuli Venezia
Giulia, si è finalmente avviata la collana Voci & Tradizione. Un’opera attesa, che viene a
sottolineare l’importanza che, anche in Italia, ricopre la musica di tradizione orale per il
movimento corale. Nell’opera trovano spazio sia le ragioni della fedeltà al dato etnomusicale,
con la trascrizione e una puntuale scheda della versione orale originaria, sia quelle della libera
rielaborazione artistica, con la pubblicazione di elaborazioni per coro, talvolta ripubblicando
brani già noti, più spesso con la commissione di nuove elaborazioni. Questo impianto generale
trova poi in ciascun volume un’applicazione corrispondente alle specificità regionali. Mentre i
primi due volumi sono stati presentati nel corso dell’assemblea nazionale Feniarco di Castel
San Pietro lo scorso marzo e saranno distribuiti a breve, altri sono già in dirittura d’arrivo e
andranno presto ad arricchire la collana.
ASSOCIAZIONE
Toscana
Il volume Voci & Tradizione della Toscana è stato coordinato
da Paolo Bon, Alessandro Buggiani e Claudio Malcapi
seguendo rigorosamente il principio del doppio binario,
filologico ed espressivo, indicato dalla Feniarco. Per ogni
brano vi troviamo una scheda filologica a uso
dell’etnomusicologo, con la trascrizione della melodia alla
fonte e tutte le informazioni a lui utili; la bibliografia specifica,
brano per brano, è situata in calce al volume, prima della
bibliografia generale, ed è stata curata da Claudio Malcapi e
Luca Bonavia; alla scheda segue l’elaborazione dell’esito
orale, ma forse sarebbe più giusto dire la composizione
sull’esito orale a cura di musicisti prestigiosi di svariate aree
italiane. I musicisti hanno potuto lavorare in piena libertà,
senza sudditanza alcuna ai dati calligrafici offerti dai singoli
esiti, poiché quei dati erano già contenuti nelle schede.
Proprio per questo si tratta di composizioni su piuttosto che
di elaborazioni di esiti orali.
In questo volume assistiamo a una inversione di rotta rispetto
alla tradizionale armonizzazione dei canti popolari. Dal lessico
scompare l’attributo popolare, che viene sostituito con
arcaico: alla materia espressiva orale si riconosce la dignità
dell’arcaico, la stessa che usualmente riserviamo al canto
gregoriano; all’interpretazione sociologica delle fonti orali si
sostituisce dunque quella antropologica. La composizione che
si innesta sulla fonte orale va nella stessa direzione, alla
ricerca delle implicazioni più profonde di essa, verticali e
orizzontali (armoniche e contrappuntistiche), che vengono
liberate e portate alla luce e infine organizzate nel
procedimento compositivo.
Lapo Giambono
45
Friuli Venezia Giulia
Il secondo volume della collana Voci & Tradizione è dedicato
al Friuli Venezia Giulia, regione in cui convivono popolazioni
diversissime quanto a lingua e tradizione. Di queste diverse
realtà culturali e linguistiche il volume, curato da Roberto
Frisano, vuole essere una raccolta il più possibile
rappresentativa. I canti nella loro versione originale sono stati
in parte scelti tra i documenti registrati sul campo, spesso tra
i canti presenti in pubblicazioni di vario genere: in Friuli
Venezia Giulia l’interesse per il canto di tradizione orale ha
avuto inizio intorno alla metà del diciannovesimo secolo e,
pur in varia misura nei diversi territori linguistico-culturali di
cui la regione si compone, si è concretizzato in un’attività di
ricerca, raccolta e pubblicazione che ha prodotto abbondanti
testimonianze delle tradizioni musicali popolari locali.
Per comporre una proposta varia si è preferito accostare a
canti e armonizzazioni già note, nuovi lavori su materiali
popolari poco o per nulla conosciuti. Le versioni corali sono
state scelte tra quelle che maggiormente rispettano il modello
musicale ed espressivo originario (senso comunicativo del
testo, integrità della melodia, conduzione armonica, ecc.),
evitando elaborazioni troppo complesse. Si è posta attenzione
anche all’eseguibilità delle versioni, avendo come riferimento
lo standard dei cori amatoriali, e anche alla varietà degli
organici vocali di destinazione.
In conformità alle indicazioni della Commissione Artistica
Feniarco, si è deciso di inserire nella raccolta anche due
esempi di canto d’autore (assai noti anche al di fuori del
Friuli) che già da quasi un secolo sono oggetto
dell’appropriazione popolare tanto da poter essere considerati
parte del patrimonio tradizionale friulano a tutti gli effetti.
Inoltre sono stati inseriti anche due canti della tradizione
triestina così diffusi da rendere privo di
significato il rimando a specifici esempi
raccolti sul campo. Per evidenziare la loro
sostanziale diversità rispetto al resto
dall’antologia si è preferito raccogliere
queste armonizzazioni in un’appendice.
Sandro Bergamo
46
Lo “stato dell’arte” della coralità italiana
Intervista a Giancarlo Comar
a cura di Sandro Bergamo
Nello scorso numero abbiamo trattato ampiamente del
“Polifonico” di Arezzo, sottolineando, in particolare, il quadro
positivo della coralità italiana emerso dalle giornate aretine.
Ritorniamo sull’argomento con Giancarlo Comar, che con il
Coro da Camera Trentino ha ottenuto il terzo posto alla
competizione internazionale.
Il Coro da Camera Trentino è il coro italiano che ha
ottenuto il miglior risultato al 56° Concorso Polifonico
Internazionale “Guido d’Arezzo”. Quali considerazioni sullo
“stato dell’arte” della coralità italiana le suggerisce non solo
il risultato suo e del suo coro, ma quanto abbiamo potuto
ascoltare quest’anno a Arezzo?
Anche se per motivi legati agli impegni del coro durante la
manifestazione non ho potuto ascoltare i protagonisti
dell’ultima edizione del concorso aretino che in modo molto
frammentario, ritengo che la coralità italiana abbia in parte
recuperato in questi ultimi anni il divario che la separava dai
paesi più evoluti in questo settore.
Tra i diversi elementi che potrebbero sostenere questa
affermazione due sono, a mio avviso, particolarmente
significativi.
In primo luogo l’elenco degli autori e dei brani che troviamo
nei siti web di moltissimi dei nostri cori alla voce “repertorio”;
negli ultimi anni ho notato una confortante tendenza da parte
di un numero sempre crescente di formazioni a voler essere
aggiornate e a confrontarsi, molto più che in passato, con ciò
che viene scritto ed eseguito al di fuori del nostro paese,
cimentandosi con lo studio e l’esecuzione di brani di difficoltà
un tempo improponibili.
Un altro incoraggiante segnale di risveglio, non meno
importante del primo, è dato in questo periodo dalla presenza
di diversi cori italiani negli “Albi d’oro” di numerosi concorsi
internazionali. È questo un indicatore di grande importanza,
poiché significa che il percorso che ci ha portati a conoscere
ciò che sono in grado di fare gli altri (grazie alla
frequentazione di concorsi, rassegne internazionali, corsi di
perfezionamento e così via) sta producendo i suoi frutti,
consentendoci ora di confrontarci con loro in maniera
adeguata.
Personalmente ritengo che le potenzialità del mondo corale
italiano siano ancora largamente inespresse e che comunque
un settore su cui si debba ancora migliorare in modo
particolare sia quello della musica contemporanea, ambito
che forse più di altri ci vede meno competitivi.
Un premio che arriva certamente dopo un intenso lavoro
preparatorio. Come avete affrontato e vissuto la preparazione
al concorso?
In questi anni abbiamo partecipato a numerosi concorsi
nazionali e internazionali anche con l’obiettivo di acquisire
un’esperienza e una sicurezza sempre maggiori in
competizione: in questo senso posso senz’altro dire che il
risultato di Arezzo è frutto di una programmazione
pluriennale.
Cantare davanti a una giuria, infatti, è a mio avviso una
situazione del tutto particolare, il cui “allenamento” è soltanto
la competizione stessa; per quante prove o concerti uno
faccia, non riuscirà mai a riprodurre le stesse condizioni di un
concorso.
In ogni caso abbiamo sostenuto un buon numero di concerti
preparatori, cercando di cantare in situazioni di difficoltà
soprattutto per quanto riguarda l’acustica.
Come sceglie i brani da portare al concorso? Solo vecchi
e collaudati cavalli di battaglia o il concorso può stimolare a
percorrere strade nuove?
Ritengo innanzitutto che il repertorio che un coro canta a un
concorso debba essere ben consolidato e padroneggiato con
sicurezza sia dai coristi che dal direttore: non possono
sussistere passaggi irrisolti o zone d’ombra nell’esecuzione
dei brani quando si partecipa a una competizione.
Ciò non significa, tuttavia, che i brani debbano essere sempre
gli stessi, anche perché approfondire ogni volta le solite cose
crea un senso di stanchezza e di ripetitività alla lunga
dannoso.
Credo che per essere competitivi a un concorso
internazionale, tuttavia, sia importante anche scegliere dei
brani che abbiano anche un’adeguata difficoltà, ovviamente
alla portata del coro, e ciò soprattutto per il periodo
contemporaneo.
Seguendo questa idea, oltre alla volontà di studiare qualcosa
di nuovo e stimolante nel 2006, al concorso di Tours,
eseguimmo un Cantate Domino scritto per noi da Pietro
Ferrario qualche mese prima; tuttavia in quella circostanza
non ci fu forse il tempo di assestare completamente il brano e
non riuscimmo a ottenere un buon risultato.
Cosa rimane in un coro di una vittoria a un concorso: la
maturazione artistica, una maggior dimestichezza col
pubblico, la capacità di concentrasi su un obbiettivo…
Penso che partecipare a una competizione, con tutto ciò che
questa cosa implica, contribuisca innanzitutto a migliorare i
CRONACA
rapporti tra i componenti del coro, rendendoli più solidi e sentiti: è
un’esperienza molto profonda da un punto di vista umano che, a mio modo di
vedere, si imprime in modo indelebile e significativo in coloro che la vivono.
Dal lato artistico poi il concorso restituisce non solo un eventuale risultato
positivo ma anche, e questo in ogni caso, una nuova consapevolezza e un
diverso modo di affrontare i concerti e le esibizioni “normali”.
Le condizioni del tutto particolari, direi quasi “estreme” del concorso, con il suo
carico di aspettative e di energia, ma anche di tensione, consentono spesso al
gruppo di fare un salto qualitativo importante verso una sempre maggior
sicurezza e maturazione.
Avete in programma la partecipazione ad altri concorsi?
Saremo impegnati alla fine di aprile e nei primi giorni di maggio a Cork, in
Irlanda, per la 56ª edizione del concorso internazionale “Fleischmann Trophy”.
In questo caso, pur portando brani consolidati, sperimenteremo invece una
nuova – almeno per noi – modalità esecutiva, abbandonando la consueta
disposizione delle sezioni in blocchi, ma mescolando le coriste sul palco in
modo “disordinato” per ottenere una diversa sonorità.
La generale situazione di crisi finanziaria sta creando qualche problema
anche alla coralità. L’edizione 2009 del concorso di Vittorio Veneto è stata
sospesa, mentre altre competizioni vedono ridursi le risorse a diposizione.
Come giudica questa situazione?
Ovviamente non in modo positivo. Non credo tuttavia sia un problema di
mancanza di risorse, anche se certamente il momento non è dei migliori, ma di
come le risorse a disposizione vengono investite.
Bisognerebbe chiedersi il perché, tanto per fare qualche esempio, talune
manifestazioni estive o certi programmi televisivi abbiano sempre un
finanziamento pronto e sicuro.
Penso che il problema sia “politico” nell’accezione più ampia del termine, cioè
riguardi l’importanza che le istituzioni, a qualsiasi livello, attribuiscono al canto
corale e alla sua funzione nella nostra società.
In questo senso è fondamentale far sentire le nostre voci non solo nei concerti,
ma anche per far comprendere e diffondere con decisione i valori artistici e
sociali che la pratica del cantare in coro reca con sé.
47
Coro da Camera
Trentino__________
Il Coro da Camera Trentino di Borgo
Valsugana si è costituito nel 2005
nell’ambito dei laboratori attivati
dalla scuola di musica di Borgo,
Levico e Caldonazzo. Caratteristica
del coro è quella di potersi
presentare al pubblico con diverse
formazioni in relazione al
programma proposto; anche se il
coro è nato con lo scopo di eseguire
e diffondere repertori di tutti gli stili
e periodi storici, un’attenzione
speciale viene riservata alla musica
contemporanea. La sezione
femminile in particolare, attiva dal
1998 al 2004 con il nome di Coro
femminile della Scuola di Musica di
Borgo, Levico e Caldonazzo, svolge
un’intensa attività concertistica e
partecipa regolarmente a
competizioni corali in Italia e
all’estero. In questi anni il coro ha
ottenuto diversi premi a concorsi
quali il 10° Concorso polifonico
nazionale di Palazzo Pignano
(Cremona 2000), il 22° Concorso
polifonico nazionale e internazionale
Guido d’Arezzo (2005), il Concorso
di Quartiano (Lodi) e il 35° Concorso
internazionale “Florilege Vocal de
Tours” (Francia). Nel corso degli
anni il coro ha preso parte anche a
importanti eventi musicali in
Trentino e in altre regioni, come a
esempio il Festival regionale di
musica sacra di Trento e Bolzano,
Pergine Spettacolo Aperto,
BassanoIncanto. Particolarmente
significativa, nell’agosto 2006, la
collaborazione con Marco Brunello e
Moni Ovadia per la realizzazione
dell’evento musicale Fuochi in cielo,
fuochi in terra promosso
dall’Associazione Arte Sella del
Borgo di Valsugana. Il coro è stato
inoltre invitato a esibirsi presso la
Camera dei Deputati a Roma in
occasione del secondo concerto di
Natale della coralità di montagna. Il
coro è stato fondato e diretto dal
maestro Giancarlo Comar.
48
Notizie dalle regioni
A.BA.CO.
Associazione Basilicata Cori
Via Lucania, 12 - 75023 Montalbano Jonico (Mt)
Presidente: Rocco Pontevolpe
Nella giornata di sabato 28 marzo presso la sala grande della biblioteca comunale del Comune di Grassano (Mt), ospiti dell’associazione corale Polimnia, si è tenuta l’assemblea regionale dell’Abaco. Presenti quasi tutti i presidenti e delegati
delle 21 associazioni iscritte, con la partecipazione anche del commissario artistico di Feniarco Alessandra Barbaro.
Nutrita quest’anno la partecipazione delle associazioni potentine, che grazie alle
nuove iscrizioni sono riuscite a equilibrare la platea corale tra le due province.
Dopo i saluti del sindaco di Grassano Vito Magnante e del responsabile dell’associazione ospitante Mario Soranno, sono stati affrontati i numerosi punti in agenda,
dalla programmazione 2009 ai nuovi progetti ministeriali, all’elezione degli organi
collegiali. Il presidente ha aperto i lavori con una nutrita relazione, tracciando
tutto quello che è stato fatto dall’Abaco in questi ultimi tre anni, presentando
anche il bilancio consuntivo dell’associazione, approvato all’unanimità.
Dopo l’ampia relazione del presidente, i delegati hanno confermato all’unanimità
e per la prima volta con voto palese alla presidenza Rocco Pontevolpe insieme ai
consiglieri Giovanni Donadio, Antonio Santercole, Salvatore Panzaro (vicepresidente) e Michele Lioy (neoeletto).
Il presidente, dopo aver espresso gratitudine ai delegati per la fiducia espressa,
e ringraziato in modo particolare il consigliere uscente Guido Cicchetti, ha affrontato gli impegni per il biennio 2009/2010: la XI Rassegna corale regionale, il II corso per direttori di coro e coristi, i concerti d’insieme per la Santa Pasqua, la
programmazione e l’uscita della brochure della VI edizione del “Canto corale in
Basilicata” per il Natale 2009 e altri eventi importanti come il XVII Festival Europa
Cantat Utrecht (Olanda), XVIII Europa Cantat Torino 2012, i progetti Aps Bilancio
sociale e inDirection.
U.S.C.I. Friuli Venezia Giulia
Unione Società Corali del Friuli Venezia Giulia
Via Altan, 39 - 33078 San Vito al Tagliamento (Pn)
Presidente: Sante Fornasier
L’Usci Friuli Venezia Giulia si è riunita sabato 28 marzo a Trieste, presso l’aula
magna del Conservatorio “G. Tartini”, per l’assemblea annuale, importante occasione di riflessione e di sintesi sulle molteplici attività svolte e sui progetti futuri.
Particolarmente gradita la presenza dell’assessore regionale alla cultura Roberto
Molinaro, che nel suo intervento ha riconfermato il sostegno da parte dell’Ente
Regione nei confronti dell’associazione, che rappresenta l’interlocutore privilegiato per la promozione e la diffusione della cultura musicale-corale su tutto il territorio regionale. In particolare, l’assessore ha sottolineato e riconosciuto l’importanza di una presenza capillare sul territorio nonché l’impegno a favore della
REGIONI
crescita qualitativa dei cori, per perseguire obiettivi di eccellenza artistica. Di primaria importanza anche il dialogo con il mondo della scuola, per favorire la diffusione della pratica corale
negli istituti di ogni ordine e grado, e l’apertura all’internazionalità, specie in una regione di confine come è il Friuli Venezia
Giulia, collocata in uno strategico punto di incontro tra differenti culture e tradizioni musicali.
Le numerose attività svolte nel 2008 e i nuovi programmi per
il 2009, ampiamente illustrati dal presidente Fornasier nel corso dell’assemblea, si confermano attenti alle linee guide espresse dall’assessore Molinaro. Molte le iniziative formative consolidate negli anni e confermate anche per l’anno in corso, dai
Seminari internazionali di canto gregoriano Verbum Resonans
ai Corsi di formazione per direttori di coro, dai seminari di Voce
e consapevolezza corporea al corso di intonazione naturale IntoNat; un’attività formativa che guarda proprio alla crescita e
maturazione qualitativa della coralità nei suoi molteplici aspetti, rivolgendosi tanto ai direttori quanto ai singoli coristi.
Un occhio di riguardo viene inoltre rivolto al mondo della scuola, sia attraverso il progetto biennale Primavera di Voci, rassegna regionale dedicata ai cori di voci bianche e cori scolastici,
sia tramite la collaborazione con l’Ente Regionale Teatrale del
Friuli Venezia Giulia per la realizzazione del progetto Teatro di
Voci, iniziativa giunta alla sua terza edizione e articolata nel
corso dell’anno scolastico 2008-09 in due percorsi, il primo rivolto alla formazione degli insegnanti, il secondo, di tipo laboratoriale, rivolto agli alunni e agli insegnanti delle scuole che
hanno partecipato alle precedenti edizioni.
Grande rilievo riveste, infine, l’apertura a una prospettiva europea e internazionale che ha contraddistinto sempre più la vita
dell’associazione in questi ultimi anni. Nativitas, il grande progetto dedicato ai canti e alle tradizioni natalizie in Alpe Adria
che nell’ultima edizione 2008 ha visto l’allestimento di un cartellone di ben 70 appuntamenti, si conferma quale importante
occasione di incontro e confronto tra le differenti culture che
compongono la nostra regione e sempre più si amplia a coinvolgere le aree limitrofe, anche oltre confine. In quest’ottica,
l’Usci Friuli Venezia Giulia ha inoltre recentemente presentato
in qualità di capofila, nell’ambito del programma di cooperazione transfrontaliera Interreg IV Italia-Austria 2007/2013, un ampio e importante progetto volto allo sviluppo del turismo culturale e musicale tramite la valorizzazione del patrimonio
corale transfrontaliero. Un progetto sicuramente ambizioso
quanto rilevante per gli obiettivi prefissati e le numerose attività previste, al quale partecipano come partners le associazioni corali delle regioni interessate dal programma – Südtiroler
Sängerbund, Federazione Cori dell’Alto Adige, Asac Veneto, Ti-
49
roler Sängerbund e Chorverband Salzburg – ma anche alcuni
enti pubblici quali il Comune di San Vito, il Comune di Monfalcone
e il Comune di Mel.
A.E.R.CO.
Associazione Emiliano-Romagnola Cori
Via San Carlo, 25/F - 40121 Bologna
Presidente: Fedele Fantuzzi
Voci di solidarietà
L’Aerco con la collaborazione della Famiglia Abruzzese Molisana
di Bologna ha patrocinato due serate di concerti allo scopo di
promuovere una raccolta fondi da destinare al recupero della
sede regionale abruzzese e del Coro La Portella, rappresentata
da un palazzo del 1300 ubicato nella cittadina di Paganica. Venerdì 24 aprile si sono esibiti a Bologna al salone San Domenico il Coro Stelutis diretto da Silvia Vacchi e il Rhythm’n’Sound
diretto da Riccardo Galassi; venerdì 15 maggio il secondo concerto nella Chiesa di Santa Teresa del Bambin Gesù con il Coro
Euridice diretto da Pier Paolo Scattolin e il Coro Stelutis.
A.C.P.
Associazione Cori Piemontesi
Via Monte Mucrone, 3 - 13900 Biella
Presidente: Sandro Coda Luchina
Diversi gli appuntamenti che vedono coinvolta l’Acp in questo
anno 2009, a partire dal 5 aprile con l’assemblea ordinaria:
all’ordine del giorno, la relazione sull’attività svolta nel 2008,
l’approvazione del bilancio 2008 e l’illustrazione dei programmi
2009, tra cui “Piemonte in canto”, il ciclo di rassegne corali che
da giugno a dicembre coinvolgerà le varie province della regione, e il Festival internazionale di Stresa, riservato alla coralità
popolare e ai cori gospel e pop, che si terrà il 24 e 25 ottobre.
Si svolge inoltre tra i mesi di gennaio e giugno la fortunata
iniziativa Cantincoro 2009, corsi di formazione musicale corale
rivolti ai bambini delle scuole elementari delle province di Biella e Torino, con la partecipazione dei docenti Simona Niccolo,
Silvio Vuillermoz, Davide Cominetto e Guido Antoniotti.
50
A.R.S. Cori
Associazione Regionale Cori Siciliani
Largo Celso, 4 - 95043 Militello V.C. (Ct)
Presidente: Alfio Penna
Diverse le manifestazioni svoltesi recentemente con la collaborazione o il patrocinio dell’Associazione Regionale Cori Siciliani. Nella cornice del Parco delle Madonie
a Polizzi Generosa (Pa) il 29 novembre 2008 si è svolto il II Concorso polifonico
nazionale Città di Polizzi Generosa, articolato in un’unica categoria per cori a voci
miste e a voci pari con programma di musica sacra a cappella. Al concorso, organizzato dal Comune e dal Centro Italiano Studi Musicali Emiolia con la collaborazione dell’Ars Cori, si è classificata al primo posto l’associazione corale Ad Dei
Laudem diretta da Ezio Spinoccia, alla quale è stato assegnato anche il premio
dell’Ars Cori per il migliore coro siciliano.
“Alessandria in Musica” è la manifestazione organizzata dall’associazione Cantores
Dei con il patrocinio dell’Ars Cori e che del 21 al 22 novembre ha visto svolgersi
a Alessandria (Ag) la VII Rassegna di musica corale sacra e il II Concorso internazionale di canto lirico.
Il 29 dicembre scorso si è tenuta a Militello in Val di Catania la prima rassegna
polifonica “Natale, la musica degli angeli”, che ha visto diversi cori unirsi nel tradizionale spirito natalizio. La rassegna è stata realizzata grazie al patrocinio della
Provincia di Catania, del Comune di Militello, dell’Associazione Italiana Santa Cecilia e dell’Ars Cori.
Sempre con il patrocinio dell’Ars Cori, l’International Choir Concert tenutosi il 18
ottobre 2008 nella Chiesa di Santa Maria Maggiore a Scordia (Ct), con la partecipazione di due cori stranieri: il coro Comune di Echedoros (Grecia) e il Coral Harmonia di Santiago do Cacém (Portogallo), ospiti del coro polifonico Alma Redemptoris Mater di Scordia.
Federazione Cori del Trentino
Passaggio Zippel, 2 - 38100 Trento
Presidente: Sergio Franceschinelli
Sabato 4 aprile si è tenuta a Trento presso la sala riunioni del Museo Caproni
l’assemblea ordinaria della Federazione Cori del Trentino, consueto appuntamento
di primavera convocato per approvare il rendiconto dell’attività 2008 e il relativo
consuntivo finanziario. Molti i presidenti e i rappresentanti dei cori provinciali, a
conferma di un positivo trend di partecipazione. Ha presenziato ai lavori il neoassessore provinciale alla cultura Franco Panizza.
Con una giornata di esami si sono conclusi sabato 18 aprile, presso la sede dei
Minipolifonici a Trento, i corsi della Scuola per direttori di coro. Attraverso questa
proposta, che la Federazione Cori del Trentino porta avanti da qualche anno e
sostiene con convinzione, viene offerto un graduale percorso di formazione. Un
biennio di formazione di base, aperto a coristi e maestri, attraverso il quale vengono fornite nozioni di base come la lettura ritmica e intonata di una partitura.
REGIONI
Ben 42 i partecipanti che con molto impegno hanno seguito le
circa 40 ore di lezione. Nel successivo triennio, rivolto tanto agli
aspiranti direttori quanto a chi già dirige una formazione corale, viene offerta una importante occasione di arricchimento e
di approfondimento: dieci incontri di quattro ore ciascuno per
un totale di 25 partecipanti.
Al giro di boa “Polifonie di primavera”, seconda rassegna del
progetto “Non solo cori, non cori soli”, registra un bilancio molto positivo. La formula dell’incontro amichevole tra due formazioni, unite al brano di nuova composizione, si è dimostrata ora
come nello scorso autunno riuscita: i cori si ascoltano, confrontano repertori e scelte interpretative, uniti da un filo tematico
e dall’impegno sulla nuova partitura che alle voci mescola gli
strumenti. Primo appuntamento è stato “Questo amor pien di
dolcezza” tenutosi a Trento il 27 marzo e a San Lorenzo in Banale il 28, con la partecipazione dei Cantores ad Nives di Valsabbia e della Corale Sant’Elena di Cadine che, al termine delle loro singole esecuzioni, hanno proposto la preziosa nuova
pagina Questo amor pien di dolcezza composta da Enrico Miaroma. “Victimae”, secondo dei quattro appuntamenti in programma, si è svolto a Caldonazzo il 17 aprile e il giorno successivo a Trento e ha visto l’incontro della Corale Città di Trento
con il coro giovanile Valsugana Singers, che si sono fusi nel
conclusivo Victimae di Maurizio Postai.
Tra il 22 novembre e il 14 dicembre si è svolta la rassegna corale “Bambino Divino”, che sostituisce la storica Rassegna di
Primavera, interamente dedicata alle voci bianche della Federazione. Quattro gli appuntamenti che hanno visto coinvolte,
come di consueto, diverse località del Trentino.
Nel mese di marzo 2009 è stato pubblicato il volume 45 anni
di storia, a cura di Silvia Vernaccini. Il testo, che ripercorre la
storia della federazione lungo i suoi quarantacinque anni, è una
avvincente narrazione, capace di assorbire in un flusso di grande piacevolezza i dati e gli eventi, le figure e le rifrazioni nella
vita sociale. Corredato da un apparato fotografico accuratamente selezionato, dal quale traspaiono le figure imprescindibili dei
fondatori e degli animatori nel corso del tempo e le molte forme
della coralità trentina, il libro documenta con freschezza e insieme con precisa cura la capillarità della sua presenza nella
vita culturale, il dinamismo del suo cammino. Nell’avvicendarsi
delle quattro presidenze la federazione ha interpretato via via
momenti della storia dell’associazionismo, cogliendo il mutare
dei tempi e delle esigenze, interpretando una vocazione di servizio sempre più mirata alla crescita qualitativa del canto corale, in tutte le sue espressioni. Schede poste in appendice documentano i settori specifici di intervento della federazione. Se
la coniugazione di associazionismo amatoriale e contributo pro-
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fessionistico dei musicisti è da sempre la cifra distintiva di questa lunga e positiva storia, oggi un ben leggibile orientamento
costruttivo sortisce apprezzabili risultati: giovani maestri di coro
sempre più preparati, diffusione dei cori giovanili e di quelli di
voci bianche sono fatti che indicano i nuovi, quasi insperati,
orizzonti della coralità.
A.C.T.
Associazione Cori della Toscana
Via del Pantano, 40 - 52100 Arezzo
Presidente: Fernando Catacchini
Prosegue in questo secondo trimestre del 2009 il progetto “Un
coro in ogni scuola”, attività formativa realizzata dall’Act in collaborazione con la direzione generale dell’Ufficio Scolastico
Regionale per la Toscana. Attraverso la sottoscrizione di uno
specifico protocollo d’intesa è stato elaborato dalla commissione artistica regionale, presidente Fabio Lombardo, un progetto
biennale (articolato in tre moduli tra loro correlati) finalizzato
al sostegno e valorizzazione delle competenze musicali degli
insegnanti della scuola del primo ciclo di istruzione, in relazione alle attività corali; allo sviluppo di percorsi formativi utili alla
gestione dei cori nella scuola primaria; alla promozione della
costituzione di cori nelle scuole favorendone la partecipazione
a iniziative corali nella regione; alla promozione della documentazione della attività corale nelle scuole; all’elaborazione e raccolta di materiali e sussidi utili al percorso formativo dei docenti impegnati nei cori e nella loro organizzazione.
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DISCOGRAFIA
a cura di Alvaro Vatri
Aurora
Polifonia del XX secolo
Ensemble vocale “Calycanthus” - Parabiago (Mi) - direttore, Pietro Ferrario
«Ci sono maestri che non muoiono. O, meglio, che attraverso il ricordo della loro
lezione di vita e di arte, continuano a esserci di modello. Aurora - polifonia del XX
secolo è il titolo del recente programma dell’ensemble Calycanthus registrato dalla
Bottega Discantica. L’Aurora che dà titolo al cd è una meravigliosa pagina a voci
sole, sulla parafrasi di un inno di Sant’Ambrogio, che Bruno Bettinelli scrisse nel
1997. E il 1997 è l’anno di nascita, a Parabiago (Mi), dell’ensemble vocale Calycanthus, fondato e diretto da Pietro Ferrario che di Bettinelli è stato uno degli allievi.
Ci sono altri brani del “maestro di maestri” scomparso nel 2004 in questa vivace
antologia polifonica, eseguita con slancio e virtù musical-vocali ammirabili. Ma è
la tinta musicale crepuscolare, pensosa ma lieve, spontanea ma nobile di Aurora
a riassumere in modo perfetto – già dal titolo fiducioso – scienza musicale e
umanità profonde di Bettinelli: vive, ancora, e rimpiante.» Questa recensione di
Angelo Foletto, unita ai giudizi molto positivi espressi dai compositori eseguiti nel
cd e altre eminenti personalità del mondo corale, rappresenta un giusto riconoscimento all’impegno dell’ensemble Calycanthus e al suo direttore per l’incisione
discografica che vogliamo proporre ai nostri lettori. Il cd «si configura come un’antologia di brani per coro a cappella, prevalentemente sacri, con l’intento di offrire
una breve istantanea di alcune tendenze presenti nella musica corale contemporanea degli ultimi 25 anni, senza alcuna pretesa di esaustività. Evitando volutamente nomi di risonanza planetaria come Pärt, Penderecki e altri, per un maggior
spirito di ricerca si è preferito rivolgere l’attenzione ad altri artisti, probabilmente
non altrettanto noti al grande pubblico, o in qualche caso semi-sconosciuti, ma
che secondo noi presentano vari motivi d’interesse. Molti di questi compositori
sono anche direttori di coro e quindi possiedono una preziosa conoscenza dello
“strumento-coro” dall’interno.» [dalle note di Ferrario nel booklet].
Troviamo dunque il compositore basco Javier Busto con O magnum mysterium,
il lituano Mis̆kinis (O salutaris e Regina Coeli), il lettone Dubra (Salve Regina), il
filippino Ryan Cayabyab (Gloria), l’americano Eric Whitacre (Sleep), e poi gli
italiani: Bruno Bettinelli, alla cui memoria è dedicata l’incisione, con Aurora, lo
stesso Pietro Ferrario, discepolo diretto di Bruno Bettinelli, (con Panis Angelicus, O sacrum Convivium, Jubilate Deo), e ancora il compositore romano Sergio
Sentinelli (con The waning moon e Scivolando sui muri dei nostri corpi grigi).
Chiudono il cd un brano da un musical e uno spiritual, (Bring him home dal musical
Les Miserables di Claude M. Schonberg e Ain’t got time to die di Hall Johnson) che
esulano consapevolmente dal tema del cd, ma che sono due tra i bis più richiesti
del gruppo e che permettono di farsi un’idea della resa del gruppo in un repertorio completamente diverso, da sempre coltivato con entusiasmo e in modo
parallelo alla polifonia “impegnata”.
Per informazioni:
www.discantica.it - [email protected]
RUBRICHE
Alessandro Orologio
Musico friulano del Cinquecento e il suo tempo
Coro del Friuli Venezia Giulia - maestro del coro, Cristiano
Dell’Oste - Ensemble strumentale “Orologio” - maestro di
concerto, Davide De Lucia
Dall’Usci Friuli Venezia Giulia viene un cd dedicato a un “musico
friulano” del Cinquecento: Alessandro Orologio, nato nel 1551,
verosimilmente a Aurava di San Giorgio della Richinvelda (Pn),
e morto nel 1633 in Vienna. Il cd è in realtà una parte di un
impegnativo progetto: l’edizione dell’opera omnia di Orologio,
«nata – come sottolinea il presidente dell’Usci Sante Fornasier
– con poche forze e una buona dose di coraggio (o, forse, di
incoscienza), all’interno dell’Usci Pn – Unione delle Società Corali della Provincia di Pordenone – in collaborazione con le
Edizioni musicali Pizzicato di Udine, nell’ormai lontano 1992
quando vide la luce il primo volume, a cui seguirono altri sette
nell’arco di un decennio, con il coinvolgimento anche dell’Usci
regionale». L’iniziativa è stata suggellata dalla celebrazione di
un convegno internazionale di studi su “Alessandro Orologio
musico friulano e il suo tempo”, svoltosi in Friuli dal 15 al 17
ottobre 2004, i cui atti (un ricco volume di oltre 500 pagine)
sono stati pubblicati a Udine nel 2008 per i tipi di Pizzicato.
Proprio nell’ambito del convegno, nell’ottobre 2004, presso il
Castello di Udine, è stata realizzata l’incisione di 21 brani di
Alessandro Orologio, contenuti nel cd, da parte del Coro del
Friuli Venezia Giulia – maestro del coro, Cristiano Dell’Oste – con
l’ensemble strumentale Orologio – maestro di concerto, Davide
De Lucia. Un progetto ampio, dunque, e articolato che mette a
disposizione della coralità non solo friulana materiale musicale,
musicologico e discografico che si integra e si completa e consente di conoscere a tutto tondo una figura di musicista «protagonista non secondario della diffusione in diverse corti
dell’Europa centro-settentrionale del linguaggio musicale italiano (in particolare della cosiddetta scuola veneta) nelle forme
del madrigale, della canzonetta e del mottetto liturgico latino,
trattati, se non con particolari arditezze e spinte innovatrici,
certo con una cifra personale, non priva di originalità e di esiti
artistici significativi», come sottolinea il prof. Giulio Cattin nella
prefazione del volume, il quale sottolinea come l’iniziativa colmi
una lacuna, anzi sia una sorta di “risarcimento” verso questo
musicista da parte della sua terra che «non fu in grado di trattenerlo, come già era accaduto per altri e come accadde anche
in seguito[…]. Orologio, spe lucri amplioris, et condizione certa
alicuius uberioris commodi, scelse la via del Nord soggiornando
perlomeno a Praga, Dresda, Kassel, Wolfenbúttel, Steyr, Vienna, etc. e divenendo, al culmine della carriera, vice-maestro
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nella cappella dell’imperatore Rodolfo II; e dal Nord, dopo un
oblio durato più secoli, è ripartito lentamente il cammino ideale
che ha condotto alla sua riscoperta: dalla prima pubblicazione
di un suo Miserere mei Deus, a 5 voci, ospitato nel 1883 nel
XXIV volume della collana Musica sacra dal musicologo tedesco
F. Commer, al madrigale Occhi miei che vedeste, pure a 5 voci,
edito nel 1934 da A. Einstein nel LXXVII volume dei Denkmiilerder Tonkust in Osterreich, per giungere, dopo qualche altra
iniziativa all’estero, finalmente nella sua terra d’origine, alla
edizione moderna del suo Primo libro de madrigali a cinque
voci curata da S. Cisilino nel 1979 e poi, a partire dal 1992,
dell’opera omnia promossa dall’Usci Pn.» Della attività compositiva di Orologio oggi restano tre libri di canzonette a tre voci,
quattro libri di madrigali per organici diversi, una raccolta di
mottetti a 8 voci, un libro di intradae strumentali a 5 e 6 voci
e diverse altre composizioni vocali, per lo più sacre, sparse in
antologie dell’epoca. Nel cd c’è una significativa esemplificazione della produzione di Orologio: una esperienza intellettuale,
dunque, oltre che un ascolto interessante, davvero
stimolante.
Per informazioni:
U.S.C.I. Friuli Venezia Giulia
Unione Società Corali del Friuli Venezia Giulia
Via Altan, 39 - 33078 San Vito al Tagliamento Pn
tel. 0434 875167 - www.uscifvg.it - [email protected]
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SCAFFALE
Orazio Vecchi
Selva di varia ricreatione
a cura di Giovanni Torre
Modena, Mucchi editore, 2007
Giungono in redazione due interessanti lavori dedicati a Orazio Vecchi nel IV centenario della morte del compositore. Il primo volume che sfogliamo è: Orazio Vecchi, Selva di varia ricreatione, a cura di Giovanni Torre, Modena, Mucchi
editore, 2007. Si tratta di un testo di 495 pagine molto ben curato, che riporta
la trascrizione del noto lavoro di Vecchi e un esauriente apparato musicologico.
Quella della trascrizione è un’arte davvero impegnativa, che richiede profonde
conoscenze di prassi grafica, compositiva ma anche esecutiva. È il primo importantissimo passo che condurrà l’esecutore verso un risultato che potrà essere
diverso da un altro proprio in virtù (a volte per demerito) della trascrizione. Essa
giace in una zona cruciale all’interno del percorso che va dal processo di composizione a quello di esecuzione. Nel primo il compositore si pone alla ricerca di un
segno grafico per porre stabilmente sulla carta quello che in quel momento è il
suo raffinato ed emozionato pensiero musicale – per quanto ciò sia concesso a
un semplice segno grafico. Nel processo esecutivo, invece, l’esecutore si trova a
fare a ritroso il percorso inverso. Egli ha a disposizione soltanto un segno grafico,
dal quale parte per un itinerario consapevole ma anche per certi aspetti aleatorio, con la speranza-certezza di ritornare al punto iniziale del processo: il pensiero musicale dell’autore. Se oggi può essere complicato evincere quale sia stato
il pensiero vero di un autore contemporaneo basandoci sui segni che egli ha impresso sulla carta, figuriamoci quanto possa esserlo nei confronti di un musicista
del passato. Per la musica contemporanea siamo strettamente dipendenti dalla
“legenda” esplicativa dei vari segni, a volte molto personali e quindi pressoché
indecifrabili; per la musica antica siamo fortemente debitori della trascrizioneinterpretazione che il curatore ci fornisce. Occorre una notevole maturità musicale e musicologica per eventualmente reinterpretare la decodificazione fornita
dal trascrittore secondo altre soluzioni. Fatta questa doverosa premessa, che
mette in risalto l’importanza del lavoro di Giovanni Torre, sfogliamo il volume e
notiamo una particolare cura della impostazione grafica. Dopo le presentazioni
di Ferdinando Taddei e di Massimo Privitera giunge l’introduzione del curatore,
nella quale si delinea un interessante contorno storico dell’opera in questione.
Segue l’illustrazione delle fonti, quella dei criteri per l’edizione dei testi poetici e
i testi poetici stessi, tutti accuratamente tradotti in lingua inglese. L’esposizione
dei criteri per l’edizione delle musiche occupa brevemente tre pagine, seguite da
un succinto apparato critico. Il tutto sempre tradotto in lingua inglese, a sottolineare l’intento divulgativo dello sforzo di Giovanni Torre, con il lecito obiettivo di
allargare la fruizione del volume anche all’estero. Infine il lavoro vero e proprio di
trascrizione dei 47 brani che costituiscono l’intera opera di Vecchi, tra Madrigali
a cinque e sei voci, Capricci a cinque, Arie a tre, Iustiniane a tre, Canzonette a
quattro, fino al Dialogo e la Battaglia d’amore conclusivi a dieci voci. Si apprezza
la presenza di ogni incipit della stampa antica per meglio giudicare l’eventuale
intervento sul tempo scelto per la trascrizione. Il curatore ha fatto correttamente
in modo che si vedesse il suo intervento sia sul testo – con le classiche parentesi
RUBRICHE
quadre in occorrenza delle omissioni – sia con le alterazioni
suggerite sopra le note. Queste ultime sono limitate a una presenza molto discreta e misurata. In un volume così curato l’assenza delle copie anastatiche – che avrebbero garantito una
maggiore vicinanza con l’originale – è mitigata dalla presenza
della parte originale almeno della voce superiore (anche del
secondo coro in caso di doppio coro) relativa al brano iniziale di ogni nuovo gruppo di trascrizioni. Si fa notare in questo
senso l’aver riportato in due situazioni la intavolatura del liuto, sempre molto utile per verificare le alterazioni della musica
ficta realmente usate dagli esecutori dell’epoca.
Il theatro dell’udito
Società, musica, storia e cultura nell’epoca di Orazio Vecchi
Conferenze in occasione
del IV Centenario della morte di Orazio Vecchi
a cura di Ferdinando Taddei e Alessandra Chiarelli
Modena, Mucchi editore, 2007
Il secondo volume sul nostro scaffale costituisce la pubblicazione delle conferenze tenutesi a Modena, iniziando dal
26 gennaio 2005 fino al 2 febbraio 2006, in occasione del IV centenario della morte di Orazio Vecchi: Il theatro dell’udito,
Società, Musica, Storia e Cultura nell’epoca di Orazio Vecchi, Conferenze in occasione del IV Centenario della morte
di Orazio Vecchi, a cura di Ferdinando Taddei e Alessandra
Chiarelli, Modena, Mucchi editore, 2007. Il volume contiene
373 pagine ed è curato da Ferdinando Taddei, presidente del
Comitato Organizzatore delle Celebrazioni del IV centenario
della morte di Orazio Vecchi, e da Alessandra Chiarelli. Attraverso i contributi di illustri studiosi si materializza davanti al
lettore uno spaccato del panorama storico, sociale e musicale
della Modena e della corte estense al tempo di Orazio Vecchi.
Oltre a questo vengono toccati altrettanto interessanti argomenti di carattere più generale, a esempio relativi al sistema
editoriale del tempo, ai rapporti tra le cosiddette cultura “alta”
e cultura “bassa”, alla riduzione delle differenze linguistiche e
al madrigale drammatico. Per un quadro completo dell’area di
indagine storico-musicologica che il volume esaustivamente
tocca, si riportano nel dettaglio i titoli e gli autori in esso contenuti:
Alessandra Chiarelli, Riflessioni su Orazio Vecchi e il suo tempo nelle
conferenze tenutesi a Modena - Graziella Martinelli Braglia, Luoghi e
artefici dello spettacolo nella Modena di Orazio Vecchi - Giovanni Torre,
Orazio Vecchi: poeta e cantore della sua terra - Sabine Meine, La questione della lingua e la musica profana, rapporti tra cultura “alta” e
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“bassa” - Massimo Privitera, Orazio Vecchi, musico-poeta all’autunno
del Rinascimento - Marta Lucchi, Orazio Vecchi. Musica a Modena tra
Cattedrale, Corte e Confraternite - Maria Donata Panforti, Denaro e affetti. Ritratto di famiglia all’epoca di Orazio Vecchi - Mauro Tosco, On language, governement, and the reduction of linguistc diversity - Simona
Boni, Orazio Vecchi e la vita musicale alla Corte Estense di Modena nei
primi anni del Ducato di Cesare I - Lorenzo Pongiluppi, I Codici polifonici
cinquecenteschi dell’Archivio Capitolare di Modena - Tarcisio Balbo,
Alle falde dell’Amfiparnaso: contesti del “Madrigale drammatico” tra
Cinque e Seicento - Carlida Steffan, Signori illustrissimi patroni colendissimi e devotissimi servitori. Dediche, destinatari e sistema editoriale al tempo di Orazio Vecchi - Giovanni Indulti, Sacro e profano, nuovo
e antico nei mottetti di Orazio Vecchi - Paolo Da Col, Dalla pagina al
suono. La fortuna critica, editoriale ed esecutiva dell’Amfiparnaso di
Orazio Vecchi - Alessandra Chiarelli, Fonti e mondo musicale a Modena
al tempo di Orazio Vecchi.
Walter Marzilli
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Sandro Filippi
Piccoli quadri vocali
Milano, 2008
Edizioni Musicali Europee
La pubblicazione di una raccolta di musiche corali dedicata al coro di voci bianche
non può che essere accolta con favore. L’offerta editoriale in questo settore è giustamente e opportunamente ampia. La Feniarco stessa ha recentemente contribuito ad allargarla con l’uscita dei volumi 2 e 3 di Giro giro canto. Un titolo in più
appaga solo in parte l’ampia richiesta di repertori nuovi e aggiornati che direttori
di coro e insegnanti vanno cercando per i loro giovani cantori. Ben vengano, quindi, iniziative che incrementano i cataloghi delle pubblicazioni corali riservate ai
cori di bambini. Sandro Filippi è un compositore che ha sempre manifestato una
forte attenzione per il mondo della coralità infantile, incoraggiando con la sua
azione didattica e la sua produzione musicale coloro che avviano le nuove generazioni al canto corale. Filippi ha recentemente dato alle stampe, per i tipi delle
Edizioni Musicali Europee, un’antologia di musiche per coro di voci bianche, che
porta il titolo di Piccoli quadri vocali. Il volume contiene 18 brani, che si caratterizzano per varietà di scrittura, carattere e impegno esecutivo. Apre la raccolta La
note di Natale, rivisitazione di un canto popolare trentino. Un pezzo che mette
in evidenza la vena più felice dell’autore, quando cioè elabora le melodie della
sua terra. Più avanti, incontriamo le cinque miniature che costituiscono la suite
Piccoli quadri (da cui il titolo della pubblicazione), su testi originali di Giuseppe Calliari. È un lavoro interessante che ripropone in veste corale la formula del
Mikrokosmos pianistico di Béla Bartók. I singoli pezzi infatti sviluppano in chiave moderna vari spunti stilistici: il canone, il ritmo bulgaro, la melodia semplice
accompagnata, il dialogo con uno strumento, la bitonalità. Ancora su testo di
Calliari, troviamo nell’antologia la composizione dal titolo Ali in volo; un’ampia
pagina per coro a tre voci con supporto di piccole percussioni. Il brano esibisce
una scrittura cangiante e policroma che risponde ai sempre validi schemi del madrigale. Concludono la raccolta sei Filastrocche popolari per coro parlato (con e
senza piccole percussioni) e per coro accompagnato da pianoforte. Si tratta di
una serie di frammenti di testo, ove le parole (spesso nonsense) sono pretesto
per ideare caleidoscopici divertimenti musicali.
Completa il volume una prefazione di Piervito Malusà.
Mauro Zuccante
Alessandro Orologio (1551-1633)
musico friulano e il suo tempo
atti del convegno internazionale di studi
a cura di Franco Colussi
Udine, Pizzicato, 2008
Benché la personalità artistica di Alessandro Orologio, il più importante musicista
friulano della sua epoca, vada ben al di là della dimensione regionale (peraltro
in Friuli visse e operò solo all’inizio della sua carriera, che poi si sviluppò nelle
RUBRICHE
corti europee e in particolare in quelle di Vienna e di Praga), la
sua opera è rimasta a lungo nell’ombra, con l’eccezione delle
sua composizioni strumentali, le Intradae, pubblicate e note
da tempo. Iniziata nel 1992 dall’Usci della Provincia di Pordenone, con il primo volume dedicato alle canzonette a tre voci,
proseguita poi dall’Usci del Friuli Venezia Giulia, la pubblicazione dell’opera omnia di Alessandro Orologio (1551-1633) si
è finalmente conclusa. La corona il volume contenente gli atti
del convegno celebrato tra il 15 e il 17 ottobre 2004 a Pordenone, Udine e San Giorgio della Richinvelda (quest’ultimo paese natale del musicista) e pubblicato, come gli altri volumi,
con la collaborazione dell’editore Pizzicato. La mole dell’opera
giustifica da sola la distanza il tempo trascorso dal convegno
alla pubblicazione degli atti: oltre 500 pagine, che contengono
venti relazioni e quattro comunicazioni. Il convegno, peraltro,
è andato ben al di là della vicenda biografica e artistica del
compositore e alcune relazioni esaminano in profondità la
sua epoca, analizzando la realtà storica della Patria del Friuli, evidenziando i suoi legami con la corte imperiale, legami
che si traducevano nel frequente trasferimento di musicisti
friulani per mettersi al servizio delle corti d’oltralpe. Concentrandosi poi sulle tematiche musicali, il volume dà conto della
vita musicale friulana nel Cinquecento: vita che appare decisamente ricca se paragonata alle dimensioni di una regione
che, all’epoca, non arrivava a centomila abitanti. Numerose
le cappelle musicali e le compagnie strumentali, dipendenti
dalle istituzioni ecclesiastiche, dalle corti feudali o dai comuni, al cui servizio operavano musicisti che hanno lasciato una
notevole produzione sacra e profana. Così, scorrendo gli atti
del convegno, incontriamo i nomi di Giovan Battista Mosto e
di Giacomo Gorzanis, cui vengono dedicate specifiche relazioni, ma anche altri maestri, strumentisti, organari, la cui opera
contribuì a formare il giovane musicista, destinato a una carriera più brillante della loro. E infine lui, Alessandro Orologio,
il cui ritratto, casualmente scoperto di recente al Museo degli
strumenti dell’Università di Lipsia, campeggia sulla copertina
degli atti. Anche qui il discorso si amplia, non si limita al profilo
biografico e all’analisi stilistica delle opere, ma giunge anche a
riflettere sulle modalità esecutive di alcune sue composizioni:
composizioni che peraltro sono risuonate, nel corso del convegno, grazie a un concerto, della cui registrazione si parla in altra parte di questa stessa rivista. Completando così l’impresa
editoriale, l’Usci Friuli Venezia Giulia ha messo a disposizione
del pubblico, degli interpreti e degli studiosi l’opera di un compositore che da tempo attendeva la giusta valorizzazione e ha
contemporaneamente sottolineato come quello della riscoperta del patrimonio musicale locale sia uno dei compiti ai quali
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può proficuamente applicarsi l’associazionismo corale.
I. Il contesto storico-religioso in Friuli e nei Paesi Nordici
Giuseppe Trebbi, Le istituzioni della Patria del Friuli alla metà del Cinquecento - Paolo Fabbri, Musica e controriforma nel Friuli Orientale - Silvano
Cavazza, Praga e le corti tedesche all’epoca di Alessandro Orologio
II. La tecnica dei maestri orologiai
Paolo Lodolo, Tecniche costruttive degli orologi da torre dal Medioevo
al Rinascimento
III. Profilo biografico di Alessandro Orologio (con documenti inediti)
e vicende della Compagnia strumentale udinese
Franco Colussi, Scheda biografica di Alessandro Orologio e alcuni documenti inediti - Alessandro Catalano, Dai fasti musicali alla «benedetta
podagra». La corrispondenza tra Alessandro Orologio e Georg Sigmund von Lamberg - Pavle Merkù, Il testamento di Alessandro Orologio - Franco Colussi, La Compagnia strumentale della magnifica città
di Udine
IV. Orologio e altri musici fuori dal’Italia
Michaela Z̆ác̆ková Rossi, Da Udine a Praga. La crescente fortuna dei musicisti friulani alla corte imperiale di Rodolfo II - Robert Lindell, Alessandro Orologio - Chamber Musician and Vice Chapelmaster of Emperor Rudolph II - Tomasz Jez̆ , Sulle relazioni tra Alessandro Orologio e i
mecenati polacchi Piotr e Zygmunt Gonzaga-Myszkowski - Iain Fenlon,
Orologio and the Danish Connection
V. Forme e stile della produzione di Orologio e prassi esecutive coeve
Rodobaldo Tibaldi, Aspetti stilistici della musica sacra di Alessandro
Orologio - Giulio Cattin, I testi sacri intonati polifonicamente da Orologio - Francesco Luisi, Le intradae di Alessandro Orologio: appunti per
una lettura oltre la forma - Paolo Zerbinatti, Trommeter und musicus
VI. Alcuni musicisti contemporanei a Orologio
Alba Zanini, Giovanni Battista Falcidio musicista cividalese - Paolo Da
Col, Madrigali in Cividal. Pietro Andrea Bonini maestro di cappella tra
Belluno e Cividale - Elisabetta Fantinati, Giovanni Battista Mosto: un
musicista della ricostituita Compagnia strumentale di Udine (1573) Alenka Bagaric̆ , Le Villanelle di Giacomo Gorzanis e la loro diffusione
dal Veneto alle province dell’Austria Interna.
VII. Comunicazioni
Roberto Calabretto, Un singolare omaggio a Alessandro Orologio - David Bryant, Cosa c’è di locale nelle edizioni di musica sacra di autori
friulani? - Bruno Rossi, Breve riflessione dell’editore sugli opera omnia
di Alessandro Orologio - Gian Paolo Fagotto, Le modalità esecutive delle canzonette nel cd Primo libro delle canzonette - Intrade a cinque
voci di Alessandro Orologio
Sandro Bergamo
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MONDOCORO
a cura di Giorgio Morandi
Madonnina mia
Sono solo,
solo come sempre,
e come sempre ti aspetto
(Madonnina mia)
Sento soltanto il vento...
le sue parole...
(Ave Maria)
La mia voce non ha suono,
s’è persa tra i venti
che sfiorano le cime dei Campelli
(Madonnina mia).
Aiutami a dimenticare
chi non vuole essere ricordato
(Ave Maria).
Cade una lacrima
su un fiore d’erica.
Il mio cuore è fermo.
Il vento s’è fatto silente.
Non ti avrò mai.
(Ave Maria).
Poesia e scultura sono dell’artista bergamasco Tommaso Pizio. Si trovano in una
stupenda località montana chiamata “I Campelli”, a 1700 m nel comune di Schilpario (Bg). Dalla poesia del testo, della scultura e del luogo incantevole dei Campelli, il maestro Kurt Dubienski ha tratto l’ispirazione (parole e musica) per il suo
bel canto conosciuto con il titolo Madonnina dei Campelli.
Kurt, venuto dall’Austria a seguito delle leggi razziali (era infatti di religione ebraica)
fondò il Coro Idica di Clusone più di 50 anni or sono, lo diresse per oltre 30 anni,
fu compositore di tanta musica dalla quale hanno attinto gioia, entusiasmo e piacere centinaia di cori almeno in tutta Europa. Kurt… l’amico, il maestro, il direttore
di coro, il musicista… ci ha lasciati la quarta settimana di marzo. Augurare ai nostri
ventiquattro lettori un cordiale ben ritrovati con questa notizia non è soltanto
doveroso saluto/ricordo di qualcuno che alla coralità italiana ha dato tanto. È anche
augurio a tutti i cantori perché da entusiasmo e da gioia del cuore sia sempre
sostenuta la loro arte del cantare insieme.
RUBRICHE
Nel cuore della fede attraverso il canto
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forti e capaci dalla sua visione, dal suo dono e dalla sua generosità. Allo stesso modo in tutto il mondo egli sarà ricordato
con affetto e rispetto da migliaia di cantori a cui egli ha toccato
e arricchito la vita e ai quali ha ispirato capacità artistica e
umanità. (Comunicato di IFCM)
Poiché andare al cuore della fede implica andare al cuore
dell’uomo, troviamo qui delle riflessioni sull’etica del canto.
Poiché andare al cuore della fede significa mettere alla portata
della gente ciò che ci è dato dalla Bibbia e particolarmente dalla
rivelazione del Cristo, troveremo qui l’invito a preoccuparci del
contenuto dei testi.
Poiché non si va al cuore della fede singolarmente, ma in comunità, ripeteremo il ruolo della Chiesa nell’iniziazione cristiana. Andare al cuore dell’uomo: mi ci vorrà tutta la mia vita per
andare al cuore del mio cuore. Posso io, con tutto il rispetto
dovuto, andare al cuore degli altri o almeno avvicinarmi un
po’?
Una risposta si può avere attraverso l’analisi dei seguenti temi:
il legame Canto-rito, il legame canto-corpo, la bellezza, la libertà, la memoria, la musica.
E come si arriva al cuore della Bibbia, il Cristo? Esaminando le
grandi attitudini e le fonti bibliche.
La fede si vive nella Chiesa: un gruppo di canto è un luogo di
incontro, di ascolto, di costruzione comune. Cantare insieme è
accogliersi e conoscersi; un repertorio che viene da lontano,
chissà da quali terre, forse da paesi di non so dove…
(“Aller au coeur de la foi par le chante”, articolo di Louis Groslambert in “Canticum novum”, Bollettino dell’Unione San Pio
X, Lussemburgo; n. 1/2009)
«Quando un coro conosce bene un brano, quando esso è maturato abbastanza per essere sentito da tutti i cantori allo stesso
modo, il direttore ha talvolta l’impressione di essere inutile.
Forse è la prova migliore della sua efficacia nel lavoro che ha
preceduto questo stadio.
E allora bisogna smettere di dirigere? No, prima di tutto perché
questo potrebbe turbare i cantori, e poi perché bisogna sempre
essere pronti a rimettere a posto le cose nel caso di un incidente.
Più precisamente bisogna pre-sentire quando un intervento diventa necessario per evitare l’incidente. Il direttore è “un critico
in azione”, diceva Joseph Sanson. Del resto è in questi rari momenti di eccezionale qualità che si può oltrepassare lo stadio
della tecnica, della misura, dell’attacco da dare, per dirigere
davvero il gruppo, suggerendogli a ogni istante quel misterioso
supplemento di anima che dei cantori ben preparati possono
finalmente captare…»
(Michel Veuthey, “Canticum Novum”, n. 4/2008)
Il prof. Erkki Pohjola ci ha lasciato
Risorse corali di alto livello
Esimio musicista e direttore di coro; raramente una persona
sola ha avuto un effetto così straordinariamente positivo e forte
su molte altre. Erkki è stato un creatore e incoraggiatore.
Fondando il Tapiola Choir egli ha ampliato enormemente la capacità e le aspettative dei cori di ragazzi come forza unica e
vitale. Per i giovani creando l’evento Songbridge ha ampliato in
loro questa possibilità, contemporaneamente mettendoli in grado, con
abilità artistica e comprensione, di
trovarsi e conoscere culture diverse
e di collaborare tra loro ma anche
con grandi compositori che attraverso la musica corale esprimevano
temi vitali delle sfide condivise
dall’umanità.
Erkki Pohjola lascia un’eredità stupenda che in tutto il mondo sopravvive nel lavoro continuo di innumerevoli direttori e insegnanti resi più
ChorTeach vuole essere una nuova risorsa corale per direttori
di coro di ogni livello.
Trattasi di una nuova rivista corale online messa a disposizione
dall’Associazione dei Direttori di Coro Americani ACDA. È stata
pensata per direttori di coro e per educatori musicali che cercano delle risposte e necessitano di idee e tecniche fresche per
affrontare il loro lavoro.
Gli articoli vengono presi dalle newsletter delle ADCD nazionali
della Federazione degli Stati Uniti. Naturalmente i temi trattati
variano di volta in volta, ma col tempo ci si può aspettare di
avere utili suggerimenti sulla pedagogia vocale, sulla tecnica
corale, sui vocalizzi per cantori di varie età, sulla letteratura
corale, su particolari esigenze dei cantori, sulla gestione della
classe musicale, sulle risorse tecnologiche disponibili e… molto
di più ancora. ChorTeach si può trovare in www.acda.org.
Contenuti del primo numero della rivista: Strategie di ricerca
del repertorio; L’angolo vocale; Pensieri di Richard Miller sulla
voce; Insegnare a cori delle scuole medie; La prova di coro
collaborativa.
Un critico in azione
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Una classifica da tenere d’occhio
A nessuno verrebbe in mente di proporre lo studio a memoria di alcune pagine
della rubrica telefonica, ma quanto si sta per suggerire è cosa ben diversa. Ciò
che si propone di osservare e seguire da vicino d’ora in poi è la classifica del V Concorso internazionale per giovani direttori di coro che ha avuto luogo dal 26 al
30 marzo in Slovenia, nella città di Ljubljana, su organizzazione del Fondo Pubblico
per le Attività Culturali della Repubblica di Slovenia.
Non mancano piacevoli e interessanti risvolti italiani. Ma andiamo con ordine:
Classifica generale dei vincitori del concorso:
Dani Juris, Finlandia: primo premio con punteggio 94. Risulterà essere anche il più
giovane partecipante al concorso e il direttore preferito da tre dei cinque cori laboratorio presenti; inoltre verrà scelto da Europa Cantat per l’assegnazione di un
incarico di docenza al Festival Europa Cantat di Torino nel 2012.
Andreas Felber, Svizzera: secondo premio, con punteggio 89.
Jerica Gregorc Bukovec, Slovenia: terzo premio, con punteggio 87,93.
Vincitori dei premi speciali dell’Università di Ljubljana su raccomandazione della
giuria:
Matteo Valbusa, Italia: per la migliore interpretazione di una composizione del
periodo rinascimentale.
Stefan Vanselow, Germania: per la migliore esecuzione del brano d’obbligo.
Il francese Maud Hamon su suggerimento della commissione viene segnalato da
Europa Cantat ai propri partner e associati perché sia invitato come docente nelle
settimane cantanti e in altre significative manifestazioni di questo genere.
L’angolo dei cd: dal XIV al XX secolo
Ludus Danielis: scritto per la Cattedrale di Beauvais (Francia) nel 1320, è senza
alcun dubbio il dramma liturgico del Medioevo più altamente sviluppato. Davvero
il suo racconto – la storia del profeta Daniele e del lussurioso re di Babilonia – è
pieno di colore, la sua musica è varia e altamente sofisticata. È logico, quindi che
questa piccola “opera sacra” medievale ha attratto l’attenzione di molti
appassionati di questo genere di repertorio. Recentemente questo capolavoro è stato affrontato
da William Lyons con il Dufay Collective, una dozzina di cantori e un piccolo coro di ragazzi
accompagnati da vielle, organo, arpa e campane.
La loro esecuzione rivela chiaramente alcuni aspetti contrastanti dell’opera che va da sezioni meditative a sezioni dal suono misterioso fino a passaggi molto più ritmici e formali. Qua e là i dotati
musicisti inglesi seminano belle improvvisazioni
che rendono seducente e vivace l’esecuzione. (Harmonia Mundi HMU 907479)
Missa piena in Do maggiore, di Ferdinando Paër (1771-1839): ne è uscita recentemente in prima mondiale una incisione live. Gli amanti di precedenti capolavori
mai incisi saranno sicuramente felici di scoprire questo interessante lavoro. A volte
contenuto e operatico, è tipico di un certo stile germanico-italiano di inizio XIX
RUBRICHE
sec. Il cd è prova concreta che
Paër merita più di un semplice
accenno, anche se l’esecuzione
in concerto avrebbe potuto essere facilmente migliorata sotto molti aspetti (coesione, colore, precisione). (Dresdner
Kreuz­chor, Staatskapelle Dresden, dir. Roderich Kreile - Carus 83.246)
Edvard Grieg: per ultimo proponiamo l’ultima incisione prodotta dall’eccellente coro Grex Vocalis (dir. Carl Hogset) e dedicata
a opere di Edvard Grieg. Oltre al
famoso Fire Salmer op. 74 troviamo qui l’Album for Mandssang op. 30, Syv Barnlige Sange
op. 61, Vären op. 32/2, Pinsesalme op. 23/25 e l’Ave Maris Stella
EG 150. Dall’inizio alla fine si assapora questa dimostrazione di
superiorità tecnica in una esecuzione coerente, piena di colori
e garantita, sostenuta da una eccellente registrazione sonora.
61
Un compositore
Johan Duijk (Belgio, n. 1954) è conosciuto in Europa soprattutto
come direttore di coro. Migliaia di persone hanno cantato sotto
la sua direzione durante settimane cantanti in Belgio e all’estero, negli atelier di Europa Cantat e nel Coro Giovanile Europeo.
Molti cantori professionisti hanno lavorato con lui nel coro
dell’Academy of St Martin in the Fields a Londra, in cori professionisti europei e sudamericani e in particolare nel coro della
Radio Fiamminga di cui è stato direttore principale per 12
anni.
Pochi di questi cantori si rendono conto che egli è anche un
importante compositore. È appena stato nominato Composer in
residence del Coro della Radio Fiamminga. Ultimamente ha prodotto un cd dal titolo El Camino de Alma (il cammino dell’anima),
con tre composizioni su testi mistici spagnoli: Alma de la Musica
su testo di Fray Louis De léon (del XVI sec.) per soprano solo,
coro misto e orchestra; Cantar de Alma (canto dell’anima) basato su una poesia di Juan De La Cruz, per alto solo, coro misto
e pianoforte; Alma bùscate en Mi (anima, cerca te stessa in me)
basato su un testo di Teresa d’Avila, per coro misto e organo.
La forma delle sue composizioni è esemplare. Egli segue sempre
un chiaro corso senza sviluppi interminabili. Cambia direzione
quando è necessario e offre una ricca varietà di linguaggio musicale. La lista delle sue composizioni comprende opere per
pianoforte, organo, coro (a cappella o con orchestra, piano e
organo) e cicli di canzoni.
Mettere insieme tutti questi talenti richiede una grande capacità
di autodisciplina. Egli rappresenta un modello di artista contemporaneo allo stesso modo di un “businessman” che gestisce
il suo tempo per attività che comprendono anche la nuotata
quotidiana e lo studio in treno. Il tenere prove settimanali con
il Ghent Madrigal Choir di cui è direttore da più di trentacinque
anni e l’amicizia sono per lui ugualmente importanti.
Ma Johan Duijk non è soltanto direttore e compositore bensì
anche pianista che si esibisce regolarmente in concerto. Per 25
anni è stato docente di pianoforte al Royal College of Music di
Ghent. (Vic Nees, ICB 1st Quarter 2009)
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Iniziative corali internazionali
WYC, Coro Mondiale Giovanile
Adriano, Alberto, Annalisa, Matteo e Veronica: auguri!
Bei nomi italiani pescati a caso dal calendario? Pescati a caso, no! Si sono sottoposti
a specifiche audizioni e sono stati scelti dalla commissione per la formazione del
Coro Mondiale Giovanile 2009 (WYC 2009). Col calendario però hanno sicuramente
a che fare, in particolare con quello estivo che dall’8 luglio al 1 agosto prossimo
li porterà in Belgio, Olanda, Francia e Germania. Per la verità l’esperienza strepitosa
del Coro Mondiale Giovanile non è ancora certa per Veronica Ciurletti… le auguriamo
di cuore che il coro abbia bisogno ancora di una “S1”; l’esperienza è certa, invece,
per Annalisa Ferraini “S2” e Alberto Folino “T2” che entrano nel coro per la prima
volta e per Matteo Mezzaro “T1” e Adriano Gaglianello “T1” per i quali si tratta,
invece, di un ritorno.
I giovani cantori italiani sono davvero ben rappresentati nella magnifica iniziativa
“mondiale” che ha luogo due volte all’anno, in estate e in inverno.
Di che cosa si diletteranno i nostri amici? Di una compagnia di 75 giovani come
loro (75 esperienze di vita diverse!) provenienti da 32 paesi del mondo. Si godranno
l’esperienza, la creatività e l’arte di due musicisti di livello mondiale: Johan Duijk
(Belgio) e Ana Maria Raga (Venezuela); della gioia – con i rispettivi docenti – del
fare arte loro stessi su un repertorio di musica corale dell’inizio XX sec. e un repertorio di musica popolare e contemporanea latino americana. Dopo tre settimane
di studio e preparazione intensa a Gent (Belgio) oltre ai 10 concerti nei paesi sopraccitati parteciperanno come coro laboratorio alla Master Class dell’Accademia
di Metz (con il Direttore Dr. Steve Zegree) e si esibiranno al Festival Europa Cantat
di Utrecht.
20° anniversario del Coro Mondiale Giovanile
Per questa celebrazione è stato organizzato un Festival che avrà luogo a Örebro
(Svezia) dal 21 al 25 ottobre 2009. Per 20 anni il Coro Mondiale Giovanile (WYC) è
stato il luogo d’incontro per giovani cantori di tutto il mondo. Molti individui vi
hanno preso parte e hanno lasciato nell’ensemble mondiale un segno indelebile
permeandolo con il loro talento unico, la loro personalità, la loro creatività, il loro
calore umano e il loro humour. In uno spirito di cooperazione internazionale dal 21
al 25 ottobre il Coro Mondiale Giovanile farà sentire ancora più forte la sua voce
con oltre 300 cantori, direttori di coro e organizzatori di tutto il mondo riuniti per
la festa di compleanno. La IFCM (Federazione Mondiale per la Musica Corale), la
JMI (Jeunesses Musicales Internationales) e Europa Cantat, organizzazioni patrocinatrici del coro sono fiere di presentare in Svezia, il paese che per primo ospitò il
neonato Coro Mondiale Giovanile, una settimana di iniziative celebrative che comprenderanno concerti, seminari, laboratori e altro ancora. Örebro è una bella città
a 90 minuti da Stoccolma, circondata da vaste foreste e riserve naturali. Il festival
coinciderà con l’apertura del Centro Corale Internazionale Svedese di Örebro (SWICCO) (ICB n. 2/2009).
Sull’argomento ricordiamo anche che il Centro Internazionale per la Musica Corale di Namur (ICCM International Center for Choral Music) ha raccolto in 6 cd
una selezione delle produzioni migliori offerte dal Coro Mondiale Giovanile nei
suoi primi 20 anni di attività. La collezione di 6 cd può essere richiesta a ifcm@
ifcm.net.
RUBRICHE
Europa Cantat XVII Festival - Utrecht (Olanda)
Europa Cantat XVII Utrecht 2009, dal 17 al 26 luglio – è il festival
della coralità che, a cadenza triennale, attira attorno a sé più
di 3.000 persone tra coristi, direttori, professionisti e semplici
appassionati di musica corale, provenienti da tutto il mondo.
Nel 2009 si svolgerà a Utrecht,
nel cuore dell’Olanda, dal 17 al
26 luglio. L’Italia sarà rappresentata da 11 cori par­te­ci­pan­ti, da
un nutrito staff della Feniarco e
da diverse persone a titolo individuale, per almeno 220/230
persone complessivamente: ottima rappresentanza che è ottima
premessa per la prossima edizione che avrà luogo a Torino nel
2012.
Ricordiamo che il Festival Europa
Cantat offre programmi specifici
anche per direttori di coro principianti o di livello avanzato. È un’occasione per incontrare ottimi colleghi provenienti da paesi diversi, con i quali scambiare
esperienze, informazioni e musica. Le iscrizioni sono scadute a
novembre 2008, ma è sempre possibile indagare (suggerimento: tramite Feniarco) se vi sono ancora posti per gli ultimi
arrivati.
Assemblee corali internazionali
Assemblea generale della IFCM (Federazione Mondiale per la
Musica corale): avrà luogo a Örebro (Svezia) il 23 e 24 ottobre
2009, nell’ambito del festival celebrativo dei 20 anni di attività
del Coro Mondiale Giovanile (WYC) e in occasione dell’apertura
del Centro Corale Internazionale Svedese di Örebro (SWICCO).
Assemblea Generale di Europa Cantat: avrà luogo a Sofia, in
Bulgaria, dal 13 al 15 novembre 2009.
Si sottolinea che le Assemblee sia della IFCM sia di Europa
Cantat non sono mai una semplice arida riunione per approvare
altrettanto aridi bilanci. Durano almeno due giorni perché sono
arricchite da convegni, laboratori, discussioni e concerti di alto
livello. Sono anche occasione per conoscere di persona queste
realtà internazionali e innumerevoli rappresentanti delle associazioni corali di tutto il mondo, direttori e rappresentanti di
cori, di editori musicali, di organizzatori di festival.
Che il futuro canti!
Certo, sempre di più! È per questo che diamo il benvenuto alla
celebrazione corale che si terrà a Stoccolma per celebrare i 70
63
anni di attività della scuola musicale Adolf Fredriks, una delle
scuole corali più importanti di tutto il mondo, con 36 cori operativi. Detta scuola si fa vanto di invitare molti cori di ragazzi
e di giovani famosi in tutto il mondo per partecipare – con i cori
della scuola – ai 10 giorni di festival di alto livello artistico denominato appunto Che il Futuro Canti (Let the future sing!).
Sono invitati anche direttori di coro e insegnanti di musica perché partecipino al vasto programma di concerti e di seminari
previsti dal programma dei festeggiamenti. In questa occasione
sarà pubblicato il Libro dei Canti del Festival che raccoglierà
musica di tutti i paesi dei partecipanti. (ICB n. 1/2009)
Opus Choral
Maria Catalina Prieto, una ex del Coro Mondiale Giovanile (WYC),
impegnata con IFCM (Federazione Mondiale per la Musica Corale) racconta su ICB (Notiziario della Federazione) una esperienza che anche molti di noi hanno vissuto più volte e ci presenta una iniziativa che dovrebbe far sì che esperienze di questo
tipo non si vivano più. Maria Catalina racconta che, volendo
collaborare con il direttore che aveva deciso di proporre al coro
di studiare un nuovo pezzo, passò lungo tempo in un negozio
di dischi. Non avendo trovato nulla si rivolse al personale che
la mandò al settore di musica classica, senza nemmeno ascoltare che il brano da lei cercato era stato scritto nel tardo 1900.
Naturalmente trovò soltanto le solite tre edizioni dei Carmina
Burana, una Nona sinfonia di Beethoven e il Requiem di Mozart.
Più tardi si affidò a i-tunes ma solo per realizzare che nulla
aveva a che fare con la musica corale e che lei non apparteneva
alla categoria del “grande pubblico” ma a quella della piccola
nicchia degli amanti della musica corale (ma se si stima che in
tutto il mondo siamo 60 milioni di cantori!?!?! È proprio vero
che tutto è relativo!). Per farla breve: ora Maria Catalina ci suggerisce Opus Choral (www.opuschoral.com) che è stato creato
recentemente (dovrebbe essere disponibile entro il mese di
aprile), tutto per gli appassionati di musica corale!
Il sito è un negozio virtuale dedicato in modo speciale a tutti i
tipi di gruppi corali (quartetti, cori da camera, cori sinfonici) e
a tutti i generi musicali (musica contemporanea, pop, jazz, etnica, e molto altro). È stato creato in partnership con IFCM ed
è stato disegnato esclusivamente per noi. Oltre alle incisioni, il
sito avrà una pagina di tutti gli eventi corali in corso, tutto ciò
che avviene nel mondo, compresi gli annunci di nuovi cd, nuovi
cori, nuovi festival, concorsi e altre risorse.
Tutti i gruppi che non hanno un contratto per la distribuzione
dei loro cd che quindi possono essere venduti soltanto dopo i
concerti troveranno in questo sito una soluzione commerciale
64
per le loro incisioni. Basterà che il loro cd abbia tutti i requisiti tecnici e artistici
necessari e quindi potranno inviarlo perché sia venduto in tutto il mondo. Visto
così, Maria Catalina Prieto ha ragione: Opus Choral è il sito ideale per direttori di
coro, coristi e per tutti gli appassionati di musica corale. Seguite il suggerimento
di Maria Catalana a cui porgiamo dall’Italia un cordiale saluto! (ICB n. 1/2009)
Libri in breve
Choral Intonation - P.G. Alldahl: Viene dalla Svezia.
Il direttore di coro americano Philippe Brunelle, fondatore e direttore artistico del coro Vocal Essence
di Minneapolis (USA Minnesota) ci dice che PerGunnar Alldahl, scrivendo questo libro, ha fatto per
tutti noi impegnati nella musica corale un grande
servizio. L’intonazione e il ritmo sono il cuore di ciò
che un coro deve cercare per prima cosa, e Alldahl
aiuta i direttori a capire come può essere raggiunta
la buona intonazione. Egli fornisce utili esempi ed
è sempre molto pratico nell’offrire soluzioni ai molti
modi diversi in cui la buona intonazione deve essere
raggiunta. (Reperibile presso la Gehrmans Musikförlag www.gehrmans.se)
Fare Arte attraverso l’eccellenza corale (Creating
Artistry Through Choral Excellence) - Henry Lech
with Flossie Jordan. Attraverso la comprensibile
guida per direttori di coro, insegna come i ragazzi
possono eseguire musica in modo artistico e cosciente. Sviluppa la capacità didattica, le attitudini
al comando, la tecnica di direzione, la conoscenza
del repertorio, le capacità organizzative necessarie
per aver successo e molto altro ancora. È corredato
da cd-rom con dozzine di utili esempi forniti dal coro
di ragazzi di Indianapolis. (Reperibile presso www.
halleonard.com a USD 34,00)
Federazione Nazionale Italiana delle Associazioni Regionali Corali
33078 San Vito al Tagliamento (Pn) via Altan, 39
tel. 0434 876724 - [email protected] - www.feniarco.it
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Fax +39 0434 877554
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