1 La Cattedrale di San Giovanni Battista, il cui perimetro fu

Arcidiocesi Brindisi-Ostuni
UFFICIO STAMPA
BRINDISI, 16 Novembre 2007
RIAPERTURA AL CULTO DELLA BASILICA CATTEDRALE
Abstract della relazione storica curata dal Prof. Giacomo Carito,
Direttore Ufficio BB.CC.EE.
La Cattedrale di San Giovanni Battista, il cui perimetro fu consacrato dal pontefice Urbano II
(1088-99) nel 1089, fu compiuta entro il 1143. L'intrapresa sottolineava la ricostruzione della città,
voluta dai normanni nel contesto della loro politica d'espansione verso oriente; Brindisi, di fatto,
riacquistò in breve il ruolo, già suo proprio nell'età antica, di caposcalo nelle rotte verso levante,
passaggio obbligato per quanti da Roma volevano dirigersi verso Gerusalemme. A sottolinearne il
ruolo, Ruggiero, figlio di Tancredi, fu qui, nella grande cattedrale, incoronato re di Sicilia nel 1191,
primo fra i normanni ad esserlo fuori Palermo, e nell'anno successivo si unì in matrimonio con
Irene, figlia di Isacco l'Angelo imperatore di Costantinopoli.
Nel 1225 ancora proveniente dall'oriente, la quattordicenne Isabella di Brienne, regina di
Gerusalemme, avrebbe celebrato le proprie nozze in Brindisi; lo sposo era il signore dell'occidente,
l'imperatore Federico II.
È nella cattedrale, prossima alle banchine del porto, che si riuniscono in preghiera i crociati
prima di salpare verso Terra Santa: Brindisi è campo di raduno già dei partecipanti alla I crociata. I
segni della secolare presenza della basilica cattedrale nella via dei pellegrini, da Roma a
Gerusalemme, sono nelle reliquie che allora arricchiscono il suo tesoro: il braccio di San Giorgio,
l'idria delle nozze di Cana, le reliquie di san Teodoro d'Amasea rendono alla sede metropolitica
brindisina prestigio e alla città flusso ininterrotto di pellegrini.
Teodoro era ed è grandemente venerato nel Mediterraneo orientale; protettore dell'esercito
bizantino, dedicatario di numerose città, per secoli, dal IV sino alla traslazione delle sue reliquie a
Brindisi nel XIII, aveva avuto in Eucaita, nell'attuale Turchia, il fulcro del suo culto. La basilica
cattedrale fu ricostruita dopo il terremoto del 20 febbraio 1743 e in seguito più volte restaurata. Tra
il 1920 e il 1923, ad iniziativa dell'arcivescovo Tommaso Valeri (1910 - 42), si completò la facciata
con un timpano cui si pensò di sostituire, coi restauri del 1957 promossi dall'arcivescovo Nicola
Margiotta (1953-75) e condotti sotto la direzione dell'arch. Lorenzo Cesanelli, le statue dei santi
Teodoro, Lorenzo da Brindisi, Leucio e Pio X, in cemento, modellate da Alessandro Fiordegiglio.
Nel 2007 sono state collocate sulla facciata della basilica le statue dei santi Leucio d’Alessandria,
Teodoro d’Amasea, Lorenzo da Brindisi e Giustino de Jacobis, opere di Francesco Fiorentino.
Il campanile, ove è ammurato lo stemma dell'arcivescovo Giovan Battista Rivellini (1778-95)
che ne promosse la costruzione protrattasi dal 1780 al 1793, fu progettato dagli architetti Giuseppe e
Carlo Fasano di Ostuni; danneggiato dai bombardamenti aerei alleati su Brindisi durante la seconda
guerra mondiale, fu ricostruito attenendosi all'antico modello.
Della chiesa romanica è rimasta la planimetria basilicale, comune a quella della coeva basilica di
San Nicola in Bari, a tre navate senza transetto, com’è dimostrato dalle coincidenze dei limiti
estremi della nuova chiesa con quelli dell'antica. La posizione attuale della facciata è la stessa di
quella romanica, tripartita verticalmente in fasce corrispondenti, la centrale alla navata di mezzo e le
altre due alle laterali. La navata centrale aveva la copertura a doppio spiovente più alta che non
quella delle navate laterali che erano a semplici spioventi. Una bifora era al di sopra dell'unica porta
di accesso sulla facciata.
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Il pavimento musivo della cattedrale di Brindisi appartiene ad un gruppo di pavimenti eseguiti in
Puglia e Calabria tra 1160 e 1178. Datato 1178, esso conclude la serie, seguendo nel tempo i
pavimenti delle cattedrali di Taranto, Otranto e Trani e della chiesa monastica di Santa Maria del
Patirion presso Rossano Calabro. Il pavimento musivo di Brindisi, voluto dall'arcivescovo francese
Guglielmo (1173-81), ha grandemente sofferto lungo i secoli sino alla distruzione avvenuta per
volere dell'arcivescovo Raffale Ferrigno (1857-75). Oggi sono visibili alcuni frammenti nella
navata laterale sinistra ed intorno all'altar maggiore. Il mosaico fu opera di un artista che
probabilmente conosceva i pavimenti di Otranto e Taranto; creò tuttavia una composizione originale
sia per lo stile che per l'inserimento di nuove immagini, come la figura di Ascanio e per il rilievo
dato ad episodi della Chanson de Roland. Nei frammenti che sono verso il fondo della navata
sinistra è la rappresentazione di un tronco d'albero che ha radici sopra un globo con decorazione a
giglio, spinto verso destra da due uomini, tra cerchi a larghe bordure e con decorazioni zoomorfe
nell'interno. Gli altri vicino l'altare maggiore includono cerchi a larga bordura in cui sono motivi
zoomorfi. A differenza di ciò che resta nella navata, vi sono animali non inclusi in cerchi o cornici
che giocano dentro e fuori i bordi, alla destra e alla sinistra dell'altare. Questi animali sono
movimentati e vari: cani che mordono cani, uccelli con colli legati, bestie con code trasformate in
feroci teste ed uccelli appaiati coi colli intrecciati attraverso le eleganti bordature alla base
dell'originale muro absidale.
L’area presbiteriale fu rialzata, rispetto al piano delle navate, allorché si ripensarono gli spazi
della chiesa in relazione alle indicazioni offerte dal Concilio di Trento; l'abside centrale fu demolita
sul finire del 1582 per dar luogo al magnifico coro dei canonici, in legno di noce, poi realizzato nel
1594 dall'arcivescovo Andrea de Ajardes (1591-5) e modificato, forse per l'intervento di Giuseppe
Cino (1644-1722), nella seconda metà del XVII secolo. Può ritenersi opera di intagliatori locali,
forse gli stessi che hanno eseguito il coro della chiesa cattedrale di Nardò. Le formelle con le
immagini dei santi Giorgio e Teodoro rendono, sullo sfondo, l'una la città, l'altra il porto di Brindisi
nel '500. Il presbiterio è definito da una balaustra marmorea eseguita durante l'episcopato di
Antonino Sersale (1743-50) che pure commise al napoletano Aniello Gentile il rifacimento degli
altari nelle cappelle del Santissimo Sacramento, di Sant’Antonio da Padova e di San Teodoro
d'Amasea, in cui sono tele dei Bianchi di Manduria, Diego Oronzo firma l'Ultima Cena, datata 1715
e del napoletano Filippo Palizzi (1818-99) autore del San Teodoro a cavallo eseguito nel 1840. Le
absidi laterali furono occluse dagli altari per i quali furono da Oronzo Tiso (1726-1800) dipinte le
due tele rappresentanti la Predicazione di san Leucio ed il Martirio di san Pelino, compiute nel
1771. L'abside di destra, l'unica di cui sussista la struttura esterna, ha cornicione sostenuto da teste
di elefanti scolpite in pietra dura; alla base è tuttavia leggibile la firma dell'architetto costruttore
della cattedrale romanica. La lettura di questa iscrizione è incerta potendosi leggere PETRUS
FILIUS GU(ilelm)I DE L(oc)O COM(ens)E oppure PETRUS FILIUS GUI(donis) DE L(oc)O
CON(s)E.
Il fonte battesimale, voluto dall'arcivescovo Bernardino de Figueroa (1571-86) è in pietra
leccese; la vasca, ornata da quattro cherubini, poggia su un supporto in cui si evidenzia il motivo del
delfino, simbolo del Cristo. La Morte di sant'Anna, tela dipinta da Domenico Viola nel 1682, era
nella chiesa delle Scuole Pie ove, per essere adattata al sito predisposto, fu ampliata da altra mano.
Nella sacrestia sono due epigrafi, già all'esterno, sulla porta principale della chiesa, riferibili alla
costruzione della cattedrale con memoria dell'arcivescovo Bailardo (1122-43):
COMPOSUIT TEMPLUM/ PRESUL BAILARDUS HONES(T)UM/ AUDIAT IN CELIS/
GAUDE BONE SERVE FIDELIS e del re normanno Ruggero II (1130-54): GLORIA VERA DEI/
T(IBI) SIT REX MAGNE ROGERI/ AUXILIO CUIUS/ TE(M)PLI LABOR EXTITIT HUIUS.
Brindisi, 16 novembre 2007
Prof. Giacomo Carito
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