tipi da festival

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Anno V
Numero 43
Luglio 2008
TIPI DA FESTIVAL
Tutto è cominciato un’estate, “the summer of
love”. Sono passati quaranta anni e poco più,
da allora, dal Monterey pop festival, da quando
il potere sembrava essere nei fiori, nella pace,
nell’amore che tutto vince. Erano anni in cui l’urlo
disperato di Ginsberg tornava a farsi sentire, in
cui il beat, la libertà di essere ancora, magari per
tutta la vita, “on the road” aveva senso. Doveva
averlo. Mentre ragazzi morivano lontano da casa
altri sperimentavano i confini della percezione,
ne oltrepassavano le “porte”. Era una estate in
cui si pensava che la musica avesse il potere, che
“people have the power” di cambiare le cose.
Di lì a poco il sogno sarebbe svanito, colpa di
angeli venuti dall’inferno per un concerto degli
Stones a ricordarci che esiste la morte. La
stessa che poco dopo si sarebbe portata via le
tre J. Ma quell’estate la voce di Scott McKenzie
consigliava di non dimenticare i fiori, quell’estate
San Francisco era la cosa più vicina al paradiso.
Anni prima una chitarra era capace di uccidere
i fascisti, solo con la musica, con le parole, con
un’idea. Era quella di Woody Guthrie che morì
proprio in quell’anno in cui la contestazione
divenne movimento.
Una filosofia che ancora oggi aleggia in tutti
i festival sparsi per il mondo: la speranza, la
voglia di cantarlo insieme, di sentire che l’estate
per sempre sarà la stagione dell’amore.
Per il terzo anno un nostro numero estivo (nei
primi due casi giugno, questa volta luglio) è
dedicato ai festival. Il primo anno abbiamo
parlato dei figli dei festival, il secondo di chi
pensa i festival.
Questo numero, ultimo della trilogia, è dedicato
ai tipi da festival: i protagonisti, i musicisti, chi i
festival li suona.
Largo alla musica capace di raccontare ancora
prima della parola.
Per chi cerca risposte alle domande di Dylan, per
chi cerca qualcuno da amare come i Jefferson
Airplaine, per chi piange anche se è estate e
tutto sembra andare bene come Janis Joplin.
Per questi e per tutti gli altri è questo numero
di Coolclub.it.
Oltre alle nostre segnalazioni di dischi, libri,
cinema, tante interviste ai protagonisti di questa
estate in musica, una panoramica sui festival,
un calendario di appuntamenti mai così ricco...e
l’augurio di un’estate piena d’amore.
Osvaldo Piliego
EDITORIALE 3
WOODY GUTHRIE
CoolClub.it
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c/o Manifatture Knos
73100 Lecce
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Anno 5 Numero 43
luglio 2008
Iscritto al registro della
stampa del tribunale di Lecce
il 15.01.2004 al n.844
Direttore responsabile
Osvaldo Piliego
Collettivo redazionale
Pierpaolo Lala, C. Michele
Pierri, Cesare Liaci,
Antonietta Rosato, Dario
Goffredo, Michela Cerini
Hanno collaborato a questo
numero: Giancarlo Susanna,
Sergio Perrone, Tobia
D’Onofrio, Melissa Calò,
Viviana Amati, Ilario Galati,
Ludovico Fontana, Camillo
Fasulo, Dino Amenduni,
Rakelman, Mino Degli Atti,
Stefania Ricchiuto, Roberto
Conturso, Rossano Astremo,
Roberto Cesano
In copertina Eugene Hutz
(Gogol Bordello). Foto
Bossanostra (Creative
Commons)
Ringraziamo Manifatture
Knos e le redazioni di
Blackmailmag.com, Radio
Popolare Salento di Taranto
e Lecce, Controradio di Bari,
Mondoradio di Tricase (Le),
Ciccio Riccio di Brindisi,
L’impaziente di Lecce,
quiSalento, Lecceprima,
Musicaround.net.
Tipi da festival
Summer of love 6
Un’estate di festival 12
Progetto grafico
erik chilly
musica
Impaginazione
un po’ di mani
Assalti Frontali 18
Stampa
Martano Editrice - Lecce
Recensioni 25
Chiuso in redazione di
domenica al caldo mentre
tutti sono al mare e noi siamo
a lavorare (grazie anche a
Roberto Pasanisi e Gianfranco
Massa)
Per inserzioni pubblicitarie e
abbonamenti:
[email protected]
Libri
Cosimo Argentina 36
Recensioni 39
Cinema Teatro Arte
Becchini si nasce 48
Cinema del Reale 50
Eventi
Calendario 55
Sommario 5
SUMMER OF LOVE
Quella dei grandi festival rock è diventata
una realtà consolidata e frequente. Pensate ad
appuntamenti come Reading o Glastonbury in
Gran Bretagna. Perfino l’Italia, buon ultima ruota
del carro ma comunque capace di sorprendere i
cugini europei, ha dato un suo contributo agli
appuntamenti dei raduni con Arezzo Wave. Per
individuare la scintilla dello “stare insieme in
tanti ad ascoltare musica” bisogna fare un bel
passo indietro.
Vi sarà capitato di vedere qualche immagine
della famigerata performance di Bob Dylan al
Newport Folk Festival del 1965. Una parte del
pubblico, più esigua di quanto poi fu detto e
scritto, protestò per il volume troppo alto degli
strumenti elettrici. L’amplificazione era più o
meno quella che un gruppo di oggi utilizza in un
garage, ma le orecchie del pubblico di Newport
non erano abituate al “frastuono” provocato
da Dylan. Una frattura, quella provocata dal
6
TIPI DA FESTIVAL
nervoso e magrissimo Bob. Possiamo tuttavia
affermare che all’origine dei Rock Festival ci
sono proprio manifestazioni come quelle che a
Newport venivano dedicate al jazz, al blues e al
folk. Il modello era quello.
Bastano le immagini del film Monterey Pop di
D. A. Pennebaker a creare un ideale ponte fra
Newport e la tranquilla cittadina californiana:
ricordate le sedie bianche messe in fila davanti al
palco? O il flash di Brian Jones che cammina su un
prato come un giovane principe rinascimentale?
In quale altro luogo e in quale altro momento
storico una rock star di quel calibro sarebbe
potuta passare inosservata? Amplificate dal
film, le esibizioni degli artisti del Festival di
Monterey, diedero ad alcuni gruppi la statura di
un vero e proprio fenomeno. Gli Who distrussero
letteralmente chitarre e batteria (God bless
you, Keith Moon!!!) portando alla disperazione i
tecnici di palco; Jimi Hendrix diede alle fiamme
la sua chitarra ancora attaccata all’amplificatore;
Janis Joplin si abbattè sui presenti come un
devastante uragano… e non da meno furono Eric
Burdon con gli Animals, i Jefferson Airplane e
Otis Redding, senza dimenticare Ravi Shankar e
i Mamas and Papas, il cui leader, John Phillips,
era stato uno degli ideatori e promotori della
leggendaria tre giorni.
Era il 1967 e appena un paio d’anni dopo si
sarebbe celebrato a Woodstock, dall’altra parte
degli Stati Uniti “il Festival dei festival”. Per
gli europei fu ovviamente più accessibile Wight
– l’Inghilterra era dagli anni dei Beatles una
meta indispensabile per un giovane “alternativo”
- ma in linea di massima gli italiani presenti a
questi “eventi” erano pochissimi. Tutto quello
che potevamo fare – poco più che adolescenti
e provinciali – era celebrare nel buio di una
sala cinematografica il rito di una Woodstock
mitica (grazie al regista Michael Wadleigh). Con
Santana, Jimi Hendrix, John Sebastian, Arlo
Guthrie, Joan Baez… Ci avremmo messo decenni
per recuperare, ma lo stacco tra quella cultura
– il rock nei paesi anglosassoni è considerato
tale da almeno 40 anni, grazie a giornalisti/
critici “illuminati” come Ralph J. Gleason – e la
nostra è perfino più grande di allora, una specie
di incolmabile abisso. Del resto l’Utopia di “pace,
amore e musica” durò l’espace d’un matin: già
con Altamont – con un omicidio sotto il palco
documentato nel film Gimme Shelter – il sogno
aveva rivelato il suo lato più oscuro.
Con tanti anni e la fatica di qualche festival
sulle spalle – su tutti il Wembley Stadium del
1974 con Jesse Colin Young, Joni Mitchell,
The Band e Crosby, Stills, Nash & Young – o
un Reading 1978 – con Squeeze, Albion Band,
Foreigner (!), Tom Robinson Band e Patti
Smith - abbiamo conquistato un po’ di sano e
salutare realismo. Ovvero quel tanto di filosofico
distacco dal desiderio di confondersi nel caos
colorato e rumoroso di un evento di quel tipo.
O ancora quella stanchezza e gli acciacchi che
inevitabilmente accompagnano il passare del
tempo. La storia del rock passa certamente per i
megafestival, ma nasce ancora e soprattutto nei
piccoli club e nei teatri tra il Nord America, la
Gran Bretagna e l’Irlanda. E non c’è musica che
rappresenti meglio del rock il legame indissolubile
fra vita e arte. Come questo articolo, sospeso tra
memoria storica e sparsi ricordi personali, voleva
modestamente ricordare.
Giancarlo Susanna
LET’S SPEND THE
NIGHT TOGETHER
Dietro ogni grande palco, c’è una grande donna.
Protagoniste del dietro le quinte sono da sempre le groupies, icone della trasgressione a partire dagli anni 60. Da Pamela De Barres fino a
Courtey Love passando per Nancy Splugen, le
groupies rappresentavano appieno l’incipit della
formula “sex, drugs and rock and roll”. Artiste
a loro modo, muse ispiratrici come nel caso di
Layla a cui Eric Clapton dedicò una bellissima
canzone o di Angie dei Rolling Stones, le groupies sono parte integrante della storia del rock.
Perfino i più, apparentemente, compassati Beatles gli dedicarono una canzone (Apple Scruffs di
George Harrison). E dietro ognuna di queste ragazze ci sono storie, a volte bizzarre come quella
di Cynthia che collezionava i calchi in gesso del
sesso dei propri amanti, altre volte tristi, a volte con un lieto fine. Incarnazione della libertà,
paladine dell’emancipazione e della rivoluzione
sessuale, le groupies sono l’affermazione stessa
del successo di un artista. Lo stesso Frank Zappa diceva: “se non hai una groupie intorno vuol
dire che non stai facendo sul serio.” Questo fenomeno di costume che sottintende interessanti
risvolti sociologici è tornato in questi anni molto
di moda. Anche in Italia sono stati pubblicati
molti libri a riguardo.Biografie che raccontano
la storia della musica da una prospettiva più
intima, racconti che mettono letteralmente a
“nudo” le grandi star per restituircele nella loro
umanità, a tratti fragilità. Vi segnaliamo tra i
tanti: Groupie. Ragazze a perdere di Barbara Tomasino (L’Epos); Sto con la band di Pamela De
Barres (Castelvecchi) e Groupie di Jenny Fabian
(Arcana).
Osvaldo Piliego
TIPI DA FESTIVAL
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LADYTRON
Suoni pop, elettronici, effects pedals, sintetizzatori
e niente campionamenti. Questa è la musica dei
Ladytron che cercano e non si stancano mai di
sperimentare e scoprire nuove melodie e ritmi.
Prendono il nome da una famosa canzone dei
Roxy Music, ma non per cieca devozione verso
il gruppo londinese, al quale comunque si sono
ispirati durante la composizione del loro primo
lavoro. È successo allora che, per caso, si sono
mescolate le esperienze e le culture bulgara,
inglese e orientale. Una costruzione faticosa e
voluta dice Mira Aroyo, la cantante bulgara che
abbiamo intervistato. Insieme a lei canta Helen
Marnie accompagnata dalle musiche di Daniel
Hunt e Reuben Wu. Velocifero per dare l’idea
della velocità, della rapidità. Tredici i pezzi in
questo album, Ghosts il singolo più di impatto,
sia melodico che ritmico. Anche in questa ultima
produzione, particolare l’atmosfera un po’ folk
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TIPI DA FESTIVAL
regalata dall’ormai collaudato uso del bulgaro
per i testi di Black Cat e Kletva. In tour dal 2
luglio al 5 ottobre con tappe in Nord America ed
Europa, Italia compresa. Venerdì 1 agosto sono
al Venice Airport Festival e sabato 3 agosto a
Marina di Ravenna per l’MTV Sunset.
Ladytron è una band composta da persone
di differente origine etnica e culturale,
esiste una sorta di competizione relativa
alla composizione della musica e la scelta
della lingua in cui cantare i pezzi?
La ragione per la quale usiamo il bulgaro è perché
io lo conosco, essendo la mia lingua madre. La
prima volta che è successo è stato in Commodore
Rock è stato una specie di esperimento da ubriachi
e ci accorgemmo che andava, funzionava e questo
perché il bulgaro ha un ritmo differente. Sono
le canzoni che richiamano il linguaggio, il suono
e aumentare le nostre conoscenze riguardo
la produzione. Adesso ci piace pensare che
abbiamo acquisito più esperienza. 604 è stato
un esperimento in cui la musicalità prodotta
derivava semplicemente da un incontro di suoni
dettati dalle esperienze e gusti di ognuno di noi.
Velocifero è nato dopo uno studio comune, sia per
quanto riguarda le musiche che i testi. Arrivare
a comporre delle musiche così differenti tra loro
vuol dire lavorarci sopra tanto e battersi fino
ad arrivare a suonare dei pezzi che sono frutto
di sforzi. I live shows sono delle palestre molto
importanti per una band perché permettono
di imparare a sviluppare le proprie abilità, di
assorbire nuove influenze e dare forma a un
suono sempre differente.
Pensate che una delle cose più importanti
per la vostra band siano la flessibilità
e la sperimentazione per garantire
un’evoluzione continua dei vostri ritmi
o credete sia più importante trovare
una sorta di marchio sonoro che vi
contraddistingua?
Per noi l’innovazione è una cosa molto
importante. Sarebbe semplice fare un album
con 13 o 17 differenti versioni di Destroy e molte
bands lo fanno. Noi lottiamo ogni volta per far
si che ogni album sia differente dal precedente
e lottiamo per questo. Io credo che noi abbiamo
un marchio sonoro che ci contraddistingua, ma
questo è il frutto di un naturale processo che
ingloba quello che facciamo volta per volta e
quello che siamo.
di un pezzo richiede delle cadenze differenti.
Non decidiamo a priori se cantare in inglese, ci
proviamo e vediamo se funziona o no.
Usare 4 sintetizzatori piuttosto che un
sistema di campionamento pensate possa
dare più profondità e intensità nella musica
prodotta durante i vostri live shows?
Attualmente abbiamo 8 sintetizzatori analogici
quando suoniamo dal vivo e molti effects pedals.
Questo ci permette di produrre un suono più
caldo e molto meno piatto dei normali sistemi di
campionamento.
Quali sono le differenze, riguardo lo scopo
e le aspettative tra il vostro primo lavoro e
Velocifero?
Il nostro primo lavoro, è stato un modo per iniziare
a prendere confidenza con la strumentazione
Un’ultima cosa: quando lavorate a un
nuovo lavoro lo fate rispettando una
scheda temporale o vi fate guidare solo
dall’ispirazione?
Un po’ un misto di tutte e due. Quando si suona
un album per un lungo periodo di tempo, ad
esempio in tour, è difficile non sentire l’esigenza
di andare in studio per registrare qualcosa di
nuovo per fare in modo di continuare a suonare
senza annoiarsi. Poi non vedi l’ora di andare in
tour e suonare dal vivo. È una sorta di circolo
virtuoso che ci permette di produrre nuova
musica ad intervalli più o meno regolari. Anche
mentre si viaggia si ha molto tempo per pensare
e trovare stimoli intorno, trovare delle nuove
ispirazioni da cogliere per scrivere.
Sergio Perrone
TIPI DA FESTIVAL
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THE WHIP
The Whip sono una delle next big thing inglesi,
vengono dalla mitica Manchester e sono pronti
ad atterrare da noi quest’estate al sempre
verde e inossidabile Italia Wave festival. Dopo
varie peripezie il festival approda quest’anno a
Livorno e promette scintille. Dal 16 al 19 Luglio
tutto quello che vi passa per la mente e anche un
pizzico di più sarà in Toscana. Chemical Brothers,
The Verve, Elio e le Storie Tese, solo per citarne
alcuni, saranno affiancati dalle realtà emergenti
più interessanti come The Whip. Abbiamo parlato
con Bruce, frontman della band.
Tu e Danny suonavate nei Nylon Pylon
(amici di Kbc e Performance) che firmarono
per London records nel 2003: poi il sogno si
è infranto. Perché?
Abbiamo imparato molto dalle esperienze con
l’altra band, tecniche di produzione, errori da
non fare, ma siamo rimasti chiusi nello studio
di registrazione per un anno, cosa abbastanza
ridicola; alla fine di quell’anno, con tre
produttori nello stesso momento ed uno studio di
registrazione fin troppo costoso, il risultato finale
non suonava come la band di cui facevamo parte
10 TIPI DA FESTIVAL
e siamo scoppiati: eravamo esausti e ci siamo
separati, ma io e Dani avevamo delle nuove
canzoni…
…e Nathan e Fiona?
Ci conoscevamo perché giravamo tutti a
Manchester; Dani e io abbiamo registrato delle
canzoni nella cantina di un pub e gli abbiamo
chiesto di unirsi a noi per suonarle dal vivo;
all’epoca erano fidanzati, poi si sono lasciati, ma
oramai The Whip era in pista…
Una vibrazione dark vi avvicina al postpunk, ai New Order. Potreste già essere la
nuova “Madchester” (il movimento indiedance di New Order, H.Mondays, Stone
Roses, n.d.t.). In più coltivate amicizie
con molte band e dimostrate comunione
d’intenti e fratellanza: esiste davvero la
scena “new rave”?
Comunque si voglia chiamare la scena, la gente
con cui abbiamo avuto a che fare (Hadouken!,
Simian Mobile Disco, ecc) è davvero amichevole.
Ci sono gruppi che cercano di fare i duri e
generare conflitti con altre band. Le persone con
cui abbiamo collaborato non sono in competizione,
cercano solo di stare bene creando belle feste…
sono vere collaborazioni. Abbiamo remixato
Hadouken! e loro hanno fatto lo stesso con noi… o
per esempio tramite internet abbiamo collaborato
con gli italiani Crookers: ho cantato in un pezzo
e ci hanno remixato Trash… con altri ci siamo
conosciuti ai party.
La vostra musica è influenzata dai club e dai
rave. Blackout è un tributo alla Hacienda.
Come è cambiata la scena in 20 anni?
Ero troppo giovane per andare nei club Acid
House all’inizio, ma gli amici raccontavano
dell’Hacienda: ad un certo punto spegnevano le
luci e la gente cominciava ad urlare “Blackout,
blackout”… è solo una storiella, ma negli anni
Manchester ha mantenuto una buona “club
culture”, quindi alla fine è bello sapere che a casa
ti aspetta altro divertimento!
Avete suonato con Simian Mobile Disco:
J.Ford ha registrato con Brian Eno,
ArcticMonkeys, Last Shadow Puppets:
lavorerete ancora insieme?
Si, è stato bello lavorare con loro, sono bravi
ragazzi; abbiamo iniziato a registrare l’altro
disco con Jas Shaw, l’altra metà dei Simian MD
(e Arctic Monkeys, n.d.t.), ma alla fine per una
questione di impegni non abbiamo finito il lavoro
con lui ed è subentrata altra gente.
Lo Shoegaze ritorna; “Madchester” anche;
molte
band
emergenti
ripropongono
sonorità anni ‘80 (Hard-fi, Franz Ferdinand,
Mystery Jets). Fa piacere, ma viene da
chiedersi: se non è un revival, che cos’è?
Credo che tutta la musica ritorni in maniera
circolare dal passato: c’è talmente tanta roba
interessante! Per far muovere la musica e
mettere insieme una band, devi per forza essere
influenzato da qualcuno e poi spingerti oltre.
Credo sia la stessa cosa che è accaduta a The
Whip, partendo dai Nylon Pylon: adesso siamo
diversi, ma i punti di contatto sono rimasti.
In Trash dici che hai una pistola; come va
a Manchester, fra armi ed uccisioni fra
giovani?
Tengo la testa bassa ed evito sempre la “roba
dura”. Sarà un po’così dappertutto, siamo persone
buone armate di sorrisi, piuttosto che di pistole.
Sembra che stia per uscire un nuovo album:
siete velocissimi!
Si! Per il primo ci è voluto tanto a causa del tour
incessante; nel frattempo ci sono state altre
session e i nuovi pezzi scritti fra una data e l’altra
sono stati registrati nei giorni “liberi”.
Si parla a gran voce dei vostri live: siete
potenti già su disco, quanto conta per voi la
comunicazione col pubblico?
Cerchiamo di metterci tutta l’energia che
abbiamo, siamo spontanei, vogliamo tirar fuori
dal pubblico la stessa energia così che la festa
riesca per il meglio.
Sarete a Glastonbury: ci sono sempre i
festival “alternativi” e gli after-party che
riempiono l’intera vallata?
Amo quel posto; la cosa migliore è, appunto,
trovare le feste parallele delle quali non
conosci il programma: puoi vedere grandi band.
L’anno scorso dopo quella ufficiale c’è stata una
performance “segreta” in un tendone: forse è
stato meglio della mattina!
Divecomb ha una linea di synth quasi
“giapponese” e avete eseguito il singolo
proprio in Giappone: come è andata?
Ci siamo andati due volte lo scorso anno ed i fan
sono fuori di testa laggiù… preparano ogni sorta
di regali. Poi ho potuto farmi spedire tonnellate
di noodles (spaghetti giapponesi, n.d.t.)…spero
di poterci tornare quest’anno perché siamo stati
accolti veramente benissimo.
Come vedi Lil’Fee “front-girl” del gruppo?
Tanta energia e talento sembrano sprecati
dietro la batteria! Scherzi a parte, è precisa
come un orologio svizzero, sa anche
cantare?
Beh, non saprei dirtelo; non ha mai cantato più di
tanto…potrebbe provarci
Arriverete da noi per ItaliaWave, che accoglienza
vi aspettate?
Penso che ci divertiremo. Siamo venuti a Milano
a marzo, ma arrivati nel locale non c’erano “spie”:
per problemi tecnici siamo andati via senza
show… ecco perché non vediamo l’ora di tornare
da voi!
Buona fortuna per il tour ed il lavoro in studio.
Hai qualche desiderio particolare riguardante la
tua carriera?
Continuare così, suonando la nostra musica,
sarebbe fantastico, visti gli sforzi sostenuti fino
ad oggi. Penso che ciò che amiamo coincida
con l’aspirazione di qualunque band: girare il
mondo.
Tobia D’Onofrio
TIPI DA FESTIVAL 11
UN’ESTATE DI
FESTIVAL
Rock, punk, jazz, metal, folk, reggae, taranta
IN EUROPA
Machine, Chemical Brothers e R.E.M., solo per
citarne alcuni. www.tinthepark.com
JAZZ FEST VIENNA
OXEGEN FESTIVAL
Vienna - Austria
sino al 17 luglio
Star del calibro di Lou Reed, Bobby McFerrin,
Thomas Quasthoff, Sinead O’Connor e Caetano
Veloso sono i protagonisti dell’atteso festival
viennese che richiama appassionati da tutto
il nord Europa. Un’occasione unica per vivere
l’intera capitale austriaca. www.viennajazz.org
Puncheston Racecourse - Irlanda
dall’11 al 13 luglio
EUROCKÉENNES
Belfort - Francia
dal 4 al 6 luglio
Diciannove anni di storia per uno dei festival
francesi più amati ed importanti, ambientato nel
suggestivo scenario delle colline al confine con la
Svizzera. Da segnalare le presenze di Moby, Ben
Harper, Cat Power, The Wombats, Nerd, The
Offspring e Babyshambles in un nutrito calendario
di ben 75 artisti. www.eurockeennes.fr
T IN THE PARK
Balado Airfield - Scozia
dall’11 al 13 luglio
Cinque line up per una miriade di artisti dai
molteplici generi. Le proposte vanno dalla dance
dei Groove Armada al rock degli Interpol (nella
foto) fino ad arrivare a Prodigy e Aphex Twin.
www.oxegen.ie
FESTIVAL INTERNAZIONALE DI
BENICÀSSIM
Benicàssim - Spagna
dal 17 al 20 luglio
Il Festival ha nella sua programmazione più
di 100 concerti, oltre ad una serie di attività
extramusicali che includono cinema, moda, arte
contemporanea, teatro, danza e corsi estivi. Tra i
big di quest’anno: Leonard Cohen, Morrisey, The
Kills, My Blood Valentine, Hot Chip.
www.fiberfib.com
GLASTONBURY FESTIVAL
Dal 2004 una cittadina scozzese diventa il teatro
dove si svolge uno dei festival europei di maggior
successo. Forte di oltre 40mila tagliandi venduti
solo lo scorso anno, la kermesse ha in cartellone
Amy Winehouse (nella foto), Rage Against the
12 TIPI DA FESTIVAL
Glastonbury - Inghilterra
dal 17 al 22 luglio
Oltre 700 esibizioni e sei palchi principali
coinvolti nel più grande festival-raduno all’aperto
del mondo. In questa edizione nomi del calibro di
Jay-Z, Kings of Leon, The Verve, The Raconteurs
e John Mayer. www.glastonburyfestivals.co.uk
MONTREUX JAZZ FESTIVAL
Montreux - Svizzera
sino al 19 luglio
Leonard Cohen, Gilberto Gil, Mark Ronson,
Herbie Hancock e Lenny Kravitz. Questo il
programma del 2008 per uno dei festival jazz (e
non solo) più importanti del mondo.
www.montreuxjazz.com
SZIGET FESTIVAL
Budapest - Ungheria
dal 12 al 18 agosto
PUKKELPOP
Hasselt – Belgio
dal 14 al 16 agosto
Da evento di nicchia ad appuntamento
seguitissimo, il festival belga non ha perso lo
smalto e continua a convincere con un calendario
interessante. Metallica, The Killers, Serj
Tankian, Bloc Party, The Flaming Lips sono
alcuni degli artisti. www.pukkelpop.be
READING FESTIVAL
Reading - Inghilterra
dal 22 al 24 agosto
Considerato più commerciale dell’altrettanto
popolare Glastonbury, il Reading è fra i più
vecchi e interessanti festival d’Europa. Tra
gli ospiti i Rage Against the Machine (nella
foto), Killers, Metallica, Queens Of The Stone
Age, The Enemy, Babyshambles, Bullet For
My Valentine. Sei i palchi, di cui uno, l’NME
Stage dell’omonima rivista, riservato alle band
emergenti. Stesso cast (a giorni invertiti) al
“fratello minore” Leeds Festival.
www.readingfestival.com; www.leedsfestival.com
ROCK EN SEINE
Parigi - Francia
28 e 29 agosto
Trenta concerti in due giorni per uno dei festival
europei più giovani e interessanti.Organizzato
in un parco giochi a pochi chilometri da Parigi,
ha in cartellone artisti come Kaiser Chiefs, Rage
Against the Machine, The Roots, Jamie Lidell,
R.E.M. e Tricky. www.rockenseine.com
Giunto alla sedicesima edizione, il Sziget Festival
è un evento unico nel suo genere, multimediale,
aperto ad ogni espressione artistica e musicale,
punto d’incontro di culture e tendenze disparate
È noto anche come la “Woodstock sul Danubio”:
7 giorni no-stop, 1.000 spettacoli, 60 stages,
100.000 campeggiatori, 700.000 presenze in
una settimana. È l´unica manifestazione in cui
è possibile ascoltare praticamente tutti i generi,
disseminati su molti palchi: pop, rock, metal,
blues, Hip Hop, reggae, afro, world music, folk,
elettronica, jazz, classica, musica zigana ed ogni
altra sperimentazione sonora.
Ma il Sziget Festival è anche teatro, installazioni,
mostre, danza, rassegne video e cinematografiche,
sport estremi, cucina internazionale. Quest’anno
si esibiranno sul palco (solo alcni nomi tanto per
dare una idea) Alanis Morissette, Anti – flag,
Babyshambles (nella foto), Die arzte, Flogging
molly, Iron maiden, Jamiroquai, R.e.m., Sex
pistols, The killers, The wombats, Adam Green,
Goran Bregovic. L’Italia è rappresentata da Enzo
Avitabile & Bottari e dagli Acquaragia Drom.
Tutte le informazioni sono anche sul sito italiano
www.szigetfestival.it
TIPI DA FESTIVAL 13
IN ITALIA
di Sex Pistols, Patti Smith, Massimo Volume,
Baustelle, Tricky, Wire, Punkreas ed Afterhours.
www.trafficfestival.com
ROTOTOM SUNSPLASH
SPAZIALE FESTIVAL
Un vero e proprio angolo di Giamaica tra i
monti friulani: per dieci giorni Osoppo diventa
l’occasione per assistere a documentari e mostre,
oltre che per partecipare a decine di corsi artistici
e musicali. Tra gli oltre 200 nomi presenti, Inner
Circle, Sugar Minnott, Asian Dub Foundation,
Beres Hammond, Bushman, Luciano, Jah Cure
(nella foto), Africa Unite e gli immancabili Sud
Sound System. www.rototomsunsplash.com
UMBRIA JAZZ
TRAFFIC TORINO FREE FESTIVAL
SHERWOOD FESTIVAL
Osoppo (Udine)
sino al 12 luglio
Torino
dall’8 al 12 luglio
Nato nel 2004 dalle ceneri del celebre Pellerossa,
il più importante festival gratuito italiano
quest’anno ha per tema il punk. Ad animare
un programma che comprende anche iniziative
culturali e cinematografiche, le performance
14 TIPI DA FESTIVAL
sPazio211 - Torino
dall’8 al 22 luglio
Lo sPazio211 è la sede del festival torinese che
offre una degna alternativa alla programmazione
del più popolare Traffic. Sul palco Racounters,
Mars Volta, dEUS, Siouxsie e The Hives (nella
foto in alto). Molte anche le presenze italiane
tra cui OfflagaDiscoPax, Il Teatro degli Orrori e
Yuppie Flu. www.myspace.com/spazialefestival
Perugia
dall’11 al 20 luglio
Qualità e scenari artistici per il festival jazz più
colto della Penisola. Giunta al trentacinquesimo
compleanno, la kermesse ha un ricco cartellone
che comprende Alicia Keys, Enrico Rava, Stefano
Bollani, Mario Biondi, Herbie Hancock e Caetano
Veloso. www.umbriajazz.com
Padova
sino al 12 luglio
Afterhours, Marlene Kuntz e OfflagaDiscoPax
sono i protagonisti di un festival che nei mesi di
giugno e luglio anima la città veneta.
www.sherwood.it
ITALIA WAVE
Livorno
dal 16 al 19 luglio
Per i nostalgici probabilmente avrà sempre
il nome di Arezzo, ma il festival, che negli
ultimi tempi si è dato un pesante restyling,
approda quest’anno a Livorno con linfa nuova
e moltissime proposte nel mondo del cinema
(in collaborazione con il Milano Film Festival),
della letteratura (Carlo Lucarelli) e ovviamente
della musica. Qualche esempio? Linea 77, Elio
e le Storie Tese, Bugo, Tricarico, The Wip (vedi
intervista a pagina 10-11), Gnarls Barkley,
Sergent Garcia e Paolo Benvegnù.
www.italiawave.com
PISTOIA BLUES
Pistoia
dal 17 al 22 luglio
Un nome che è di per se una garanzia di qualità
per un festival partito nel 1980 e che ha saputo
imporsi sulla scena per l’altissima qualità della
proposta. Non è difficile crederlo visti i nomi di
quest’anno: Deep Purple, John Lee Hooker Jr.,
Johnny Winter e Jethro Tull.
www.pistoiablues.com
FESTIVAL DI VILLA ARCONATI
Milano
sino al 21 luglio
Il piccolo borgo di Bollate (Milano) e i giardini
del suo castello ottocentesco accolgono uno
dei festival italiani di maggior qualità. Nel
programma 2008 Paul Weller, Cat Power,
Caetano Veloso, Siouxsie e molti altri ancora.
www.insiemegroane.it/festivalarconati
PLAY- AREZZO ART FESTIVAL
Arezzo
dal 23 al 27 luglio
Quest’anno è “il cielo” il tema conduttore
degli spettacoli delle varie sezioni del festival:
musica, teatro, letteratura, cinema, danza e
multimedialità. La sezione musica ospita Joan
Baez, Ben Harper, Subsonica, Goran Bregovic,
Max Gazzè, Carmen Consoli. www.playarezzo.it
POP EYE FESTIVAL
La Spezia
dal 25 al 30 luglio
La quarta edizione verrà aperta dai Subsonica e
proseguirà con il reggae dei Sud Sound System,
le sonorità balcaniche di Goran Bregovic, il rock
dei Marlene Kuntz. www.pop-eye.it
SOUNDLABS FESTIVAL
Roseto degli Abruzzi (Te)
25 e 26 luglio
Mogwai, Blonde Redhead, Micah p. Hinson,
Girls in Hawaii, Offlaga disco pax, Lightspeed
champion, Port-royal sono alcuni degli ospiti
della dodicesima edizione del Soundlabs Festival
di Roseto degli Abruzzi (Te), a due passi da una
delle spiagge più belle dell’Adriatico.
www.soundlabs.it
ROMAROCK FESTIVAL
Roma
sino al 26 luglio
L’estate romana si tinge di rock con la kermesse
tematica più importante della Capitale. In
programma esibizioni di Subsonica, Pino Daniele,
Francesco De Gregori fino agli internazionali
Ben Harper e Massive Attack.
www.romarockfestival.it
FERRARA SOTTO LE STELLE
Ferrara
sino al 24 luglio
In un centro storico riconosciuto dall’Unesco
patrimonio dell’umanità, si svolge un festival
unico nel suo genere. Uno splendido scenario per
una line-up di grande spessore: Giovanni Allevi,
Caetano Veloso, Cat Power, The Notwist.
www.ferrarasottolestelle.it
VENICE AIRPORT FESTIVAL
Venezia
dall’1 al 3 agosto
I Ladytron, la band inglese che ha dettato le
regole del movimento definito electro-clash
(vedi intervista a pag. 8-9) arriva a Venezia per
presentare il nuovissimo album Velocifero. Tra gli
ospiti del festival lagunare anche il Teatro degli
Orrori. www.myspace.com/veniceairportfestival
TIPI DA FESTIVAL 15
IN PUGLIA
SALENTO NEGROAMARO
Salento
sino al 30 settembre
GIOVINAZZO ROCK FESTIVAL
Giovinazzo (Ba)
dal 26 al 28 luglio
Nuovo appuntamento con il giovane festival
pugliese che si conferma come una delle più
interessanti realtà estive. Tra gli ospiti Blonde
Redhead, Lombroso, Paolo Benvegnù, Alix e
Africa Unite.
SALENTO SOUNDS GOOD FESTIVAL
La Rassegna delle Culture Migranti della
Provincia di Lecce prosegue con spettacoli di
danza e di teatro, con il consueto appuntamento
del Cinema del Reale (24/26 luglio) e con i
concerti di Bollani Carioca (22 luglio, nella foto),
Orquesta de la Papaya (26 luglio) e Manuel
Obregon (27 luglio). Nel corso dell’estate
proseguiranno le quattro mostre inserite della
rassegna. In particolare Territorios, esposizione
d’arte contemporanea latinoamericana, sarà
allestita nel Castello di Otranto sino alla fine di
settembre. Info www.salentonegroamaro.org
Parco Torcito (Le)
2 e 9 agosto
La quinta edizione del Salento Sounds Good
Festival, organizzato dall’Associazione Salento
e Musica e sponsorizzato dalla Heineken, ospita
Apres La Classe e Bandabardò che saranno
affiancati da Aioresis, Cucuwawa, U’Papun e
Risonanze Folk, band vincitrici del Salento Sounds
Good Tour. www.salentosoundsgoodfestival.it
LOCOMOTIVE JAZZ FESTIVAL
Sogliano Cavour
dal 4 al 7 agosto
LOCUS FESTIVAL
Locorotondo
dal 5 luglio al 17 agosto
La quarta edizione del festival della Valle
D’Itria torna anche quest’anno. Tra gli ospiti
Alice Ricciardi, Cesare Picco, Enrico Rava e
Sergio Rubini, Paolo Fresu & Uri Caine con
Gianrico Carofiglio, Stefano Battaglia, Sergio
Cammariere, Nicola Conte E Gavino Murgia.
www.locusfestival.it
ADRIATIC INTERNATIONAL
FESTIVAL
Provincia di Brindisi
dal 19 al 28 luglio
La quarta edizione del festival si svolge in cinque
comuni della provincia di Brindisi per altrettanti
appuntamenti di musica internazionale. Tra gli
ospiti l’ottantenne pianorientalista maghrebino
Maurice el Medioni, Esma Redzepova, Kal,
Daniele Sepe con la Brigada Internazionale,
Elliot Murphy, Earth Wheel Sky Band, Cesare
Dell’Anna. www.adriaticinternationalfestival.it
16 TIPI DA FESTIVAL
La terza edizione ospita concerti, incontri, arte,
aperitivi musicali, dj set e molto altro. Tra
gli ospiti: Sheila Jordan (nella foto) in Heart
Strings con Billy Drummond, Roberto Cipelli,
Attilio Zanchi e Alborada quartet, Cuncordu
e Tenore De Orosei con Nguyen Le; e ancora
Franco Califano, Massimo Manzi, Bebo Ferra,
Maria Pia De Vito, che incontreranno il meglio
del jazz pugliese e salentino. La festa finale
prevede la presentazione in anteprima assoluta
della Locomotive Percussion Orchestra con un
“Omaggio a Dizzy Gillespie”, nato da un’idea del
direttore artistico del festival Raffaele Casarano
e Cesko degli Après La Classe. Info www.
locomotivejazzfestival.it
PRIMITIVO FESTIVAL
Provincia di Bari
sino al 5 agosto
Seconda edizione per la rassegna organizzata
dalla Provincia di Bari in collaborazione con
Timezones, con la presenza di Willy Deville,
Teresa Salgueiro (voce dei Madredeus), Giovanni
Sollima e Alessandra Celletti, Maceo Parker.
Info www.timezones.it
STREAMFEST
Galatina (Le)
7 e 8 agosto
La seconda edizione dell’Electronic Music
Festival ospita, tra gli altri, Ellen Allien, Bruno
Pronsato, Deadbeat, Thomas Brinkmann, Akiko
Kiyama, A Guy Called Gerald, Minimono,
Sonoteque, Supernova, Insintesi, Ivano Collalti,
Skizzo, Dario Lotti e Luciano Esse.
www.streamfest.org
SALENTO SUMMER FESTIVAL
PLUG’N’PLAY
Manà – Vernole (Le)
17 – 18 agosto
Magda, Shinedoe, Jeff Mills, Carl Craig, Alex
Under, Code Fish & Tuna, Mowgli, Skizzo,
Midihands sono alcuni degli ospiti della seconda
edizione del festival internazionale di musica
elettronica e arti visive. Info www.pnpfestival.it
SUD EST INDIPENDENTE
Parco Torcito – Cannole (Le)
20 agosto
La terza edizione del Sud Est Indipendent,
organizzato da Coolclub, Alta Fedeltà e 11/8
records, ospita i Gogol Bordello (nella foto in
alto), il fenomeno musicale degli ultimi cinque
anni: punk, rock, folk, pop, scenici, coreografici,
teatrali. I Gogol Bordello presenteranno il loro
ultimo cd SuperTaranta. Sul palco anche i
salentini Mascarimirì e Opa Cupa. Info www.
coolclub.it
Parco Torcito – Cannole (Le)
11 agosto
Bennie Man, Richie Spice, Krikka Reggae, Jovine
e Maquila Bbeba sono i protagonisti dell’ottava
edizione del Salento Summer Festival che
continua anche quest’anno a proporre il grande
reggae italiano e internazionale.
Info www.salentosummerfestival.it
L’ACQUA IN TESTA
GUSTO DOPA AL SOLE
LA NOTTE DELLA TARANTA
Parco Torcito – Cannole (Le)
12 – 15 agosto
Quattro giorni di reggae e hip hop tra ospiti
italiani e internazianali. Sul palco e in consolle
Alborosie & Shang Yeng Clan, Boom Da Bash,
Burro Banton, Castigo, dj Gruff, Dotvibes, Esa,
Esco, Junior Reid, Kaos, Moddi, Trix, Menhir,
Michael Rose, One love hi powa, Skizo, Sud
sound system, Supersonic, Treble & Roots
Family, Vibronics.
www.gustodopalsole.com
Bari
23 e 24 agosto
Nella Bari accaldata di fine agosto torna
l’appuntamento con L’acqua in testa. Quest’anno
i due ospiti principali sono gli svedesi The Hives,
con il loro garage punk, e lo statunitense Shaggy.
www.acquaintesta.it
Salento
Dal 7 al 23 agosto
Difficile aggiungere una virgola a quanto già
detto in questi dieci anni di storia sulla Notte
della Taranta. Il festival di riproposizione e
innovazione della musica tradizionale (non solo
salentina) ospita anche quest’anno una serie di
concerti di preparazione al Concertone Finale.
Il 23 agosto sul palco di Melpignano la grande
orchestra sarà diretta, per il secondo anno
consecutivo, dal Maestro Concertatore Mauro
Pagani. Info www.lanottedellataranta.it
TIPI DA FESTIVAL 17
MUSICA
ASSALTI FRONTALI
18 TIPI DA FESTIVAL
La band capitanata da Militant A è tornata ed
è più arrabbiata che mai. Un’Intesa Perfetta,
appena pubblicato dalle edizioni musicali de
il manifesto, rappresenta il settimo capitolo in
quasi venti anni di storia per la crew romana. Il
disco vede confermata l’ultima formazione degli
Assalti, quella del fortunato Mi Sa Che Stanotte:
accanto a Militant A ritroviamo infatti Pol G e
Glasnost, le basi di Bonnot e la postproduzione
di Casasonica. Ancora una volta radicali e
militanti, ma lontani da ideologie ingessate,
gli Assalti partono come consuetudine dalla
periferia per spiegare il loro mondo e per creare
inclusione difendendo le proprie basi sociali e
cercando di conquistare territori alternativi. È
la vita nelle “banlieue” che inventa nuove forme
di resistenza e si fa poesia.
Un’intesa perfetta rappresenta il terzo
disco per Assalti in quattro anni. L’ultimo
periodo sembra essere davvero fecondo,
soprattutto se paragonato al primo vostro
decennio di storia. A partire da Hsl mi
pare chiaro che qualcosa è cambiato.
Siamo diventati iperproduttivi (ride). Abbiamo
scelto di suonare tantissimo negli ultimi anni
e la voglia di fare nuove canzoni è venuta
spontaneamente. Mentre chiudevamo questo
disco ti confesso che stavamo già pensando al
successivo. La voglia di fare è tanta.
Il nuovo lavoro conferma la formazione
del disco precedente, compresa la
collaborazione con Casasonica…
…si, anche perché Mi Sa Che Stanotte è stato
un disco riuscito, al di là dei premi ricevuti (al
Mei è risultato il miglior disco indipendente del
2006, ndr) grazie alla sintonia creativa che era
nata tra di noi. Il nuovo disco sfrutta proprio
questo: lo trovo particolarmente solido e potente.
Mi sembra il più coerente, sia dal punto di vista
sia musicale che dei testi. Poi le esperienze
fanno crescere e per fortuna l’ispirazione
resta sempre forte. Stando in giro, vivendo
determinate situazioni, alla fine raccontiamo
quello che vediamo. Siamo chiaramente politici
ma raccontiamo le esperienze che viviamo
sulla nostra pelle. Conosciamo il territorio e
sappiamo da che parte stare… a Vicenza contro
la base militare, ad Aprilia contro la Turbogas.
Oggi la gente ha paura dello straniero ma le
vere devastazioni le fanno le multinazionali e
le banche. Noi raccontiamo quello che vediamo
e cerchiamo di metterlo in musica, utilizzando
anche l’ironia e la gioia perché al di là di tutto la
musica è anche divertimento affinché possano
nascere situazioni comunitarie.
Insomma, se non te le vivi certe cose poi
non le puoi cantare…
…è la cosa fondamentale. Io capisco la
disaffezione dalla politica…magari oggi fare
un comizio durante un concerto può avere poco
senso perché i linguaggi cambiano. Se uno
racconta delle storie però, cose che ha vissuto
davvero, arriva alla gente meglio che attraverso
gli slogan.
Anche in questo disco c’è molta periferia,
un luogo che conosci bene e magari puoi
aiutarci a capire come sta cambiando.
Quello che è successo a Roma ha dell’incredibile.
Un sindaco fascista… sembrava impossibile fino
a non molto tempo fa. Ci propinano valori fasulli
come la sicurezza e l’identità nazionale e poi
non dicono che senza l’immigrazione l’economia
sarebbe in ginocchio. Le nostre periferie sono
attraversate da contraddizioni enormi. Ormai
ricchi e poveri vivono gomito a gomito e i primi
cercano di mantenere i loro privilegi. Quello che
a noi interessa particolarmente è quel fenomeno
che vede gli esclusi, gente altrimenti condannata
ad una vita di miserie, cercare di riprendersi il
diritto di parola, gli spazi, un modo di vivere
dignitoso. Questo destino di esclusione per noi
diventa un progetto di inclusione.
Le vostre copertine hanno sempre dei
significati ben precisi. Stavolta avete
scelto il simbolo dei pirati. Come mai?
Perché cercavamo una copertina che fosse un
cazzotto immediato. In un momento in cui
crollano i simboli abbiamo scelto il simbolo dei
senza potere per antonomasia. Qualcuno mi dirà
che è un po’ inflazionato e commercializzato,
ma il nostro teschio è particolarmente cattivo
e per niente ammiccante (ride)… sembra quasi
vero. E poi i pirati vivevano in una sorta di
democrazia totale. Non c’era nessuna autorità
che riconoscevano fuori e dentro di loro.
Riconoscevano un unico capo che era quello
con maggiore esperienza durante la battaglia.
Per il resto dividevano tutto e conducevano una
vita di fratellanza… adesso sembra difficile
da ritrovare ma è quella a cui noi tendiamo
sempre.
Ilario Galati
musica 19
SUD SOUND SYSTEM
Dammene ancora è il titolo del nuovo cd dei Sud
Sound System: una miscela di reggae, blues,
soul e molto altro ancora. Ad impreziosire la
settima incisione in studio della band, prodotta
da Salento Sound System per V2/Universal
Music, collaborazioni con nomi del calibro di
Jah Mason, Kiprich, Esco, Bling Dawg, Neffa,
Morgan Heritage, Daddy Freddy, Laza. Nato
dopo due anni di analisi e studi, il lavoro si
muove agevolmente tra tracce d’amore e di
impegno sociale (La ballata del precario),
andando musicalmente a scavare nella musica
classica e nella migliore tradizione melodica
italiana. Un disco che assume la dimensione
della consacrazione e che ha dentro di se un
chiaro messaggio: ritrovare il passato per non
pregiudicare il futuro. Abbiamo intervistato
Nando Popu.
Siete ora in tutti i negozi di dischi con
Dammene ancora, un nuovo lavoro che per
20 musica
molti rappresenta la prima occasione per
ascoltarvi. In realtà sono passati molti anni
dai vostri primi passi. Nonostante questo i
temi delle vostre canzoni sembrano rimasti
immutati e attuali. Che spiegazione ti dai?
Penso che le canzoni che abbiamo fatto e che
facciamo rispecchino quello che siamo. Del resto
abbiamo imparato a fare musica guardandoci
intorno, descrivendo quel che vediamo. Mi
verrebbe da dire che si tratta di una sorta di
neorealismo musicale. Noi abbiamo iniziato a
cantare nel ’91, ma nel mondo non è cambiato
nulla. Basta alzare gli occhi per vedere che la
Chiesa è ancora lì a irrompere nella vita dei
cittadini, la corruzione dilaga e forse c’è ancora
la P2 che comanda. Negli ultimi due dischi
(Lontano 2003, Acqua pe sta terra 2005, ndr)
abbiamo fatto cronaca, in questa occasione c’è
stato spazio per una sorta di approfondimento,
una gestazione che è durata due anni.
Scorrendo le tracce del disco saltano subito
all’occhio le numerose collaborazioni,
alcune di stampo internazionale. In questi
giorni poi in rotazione nelle radio c’è
Chiedersi come mai, primo singolo estratto
dall’album cantato con Neffa. Ce ne racconti
la genesi?
Per quanto riguarda Neffa, ci conosciamo
da anni e tutto è stato abbastanza naturale.
Abbiamo condiviso per molto tempo gavetta e
casa discografica. Gli abbiamo semplicemente
spedito il pezzo via internet ed è stato lui stesso
a lavorarci su. Le altre collaborazioni invece
sono frutto della nostra voglia di confrontarci ed
aggiornarci. La nostra musica ci porta ad avere
come punto di riferimento artisti giamaicani
che sono il metro di come stiamo lavorando.
Loro poi sono fantastici. Basta mettersi in
studio per sviscerare in poco tempo moltissime
idee. E direi che il risultato è stato abbastanza
soddisfacente.
di Taranto e di Cerano e trovo sconvolgente il
silenzio che avvolge questi due ecomostri.
Il successo porta sempre con se opinioni
discordanti. A tal proposito, rispetto agli
esordi, c’è chi vi accusa di curare troppo il
lato commerciale. Che ne pensi?
Chi dice questo ha una scarsa cognizione della
musica. Non c’è bisogno di informarsi molto
per sapere che come gruppo siamo produttori
di noi stessi. Questo vuol dire che decidiamo
autonomamente per quanto tempo e come
fare un disco che poi presentiamo a svariate
etichette. Se lo apprezzano è bene altrimenti
siamo contenti ugualmente. Inutile negare che
è cambiato il volume delle nostre vendite, ma
questo non può che essere un dato positivo. Per
quanto riguarda l’aspetto squisitamente tecnico,
già da tempo c’è chi dice che ci siamo parecchio
imborghesiti. Io invece credo che sia stato fatto
un profondo lavoro di ricerca soprattutto nelle
sonorità tipiche della musica italiana e degli
strumenti classici.
Tornando ai vostri impegni, il live è
un’esperienza che occupa sempre molto del
vostro tempo. Quali sono le vostre date per
il mese di luglio?
Il rapporto col pubblico è qualcosa che non
può mancare nella vita di ogni artista, tanto
più per chi ha un’attitudine come la nostra. A
luglio avremo un calendario abbastanza intenso.
Fra quelli già fissati, gli appuntamenti più
importanti saranno il 18 a Livorno per Italia
Wave, il 22 all’Idroscalo di Milano e il 31 a Villa
Ada, a Roma. Ma torneremo presto anche in
Salento.
Malgrado le critiche sempre presenti nel
lavoro di un artista, nel disco non sembrano
mancare brani impegnati. Mi vengono in
mente La ballata del precario e Lu business
cumanna, dai titoli abbastanza eloquenti.
Quale attenzione pensi che rivolga il
pubblico nei confronti di questi testi?
Il nostro pubblico ci segue ma la realtà è che in
questa società la gente se ne fotte. Il Salento
così come il resto dell’Italia va salvaguardato.
Soffermandoci sulla nostra terra basta aprire gli
occhi per vedere che continua a subire un vero
e proprio disastro ambientale. Parlo dell’Ilva
La vostra presenza all’Earth day quindi
non è stata casuale…
È un’esperienza che ci ha riempito d’orgoglio. Ci
sono persone che dimostrano maggiore sensibilità
davanti allo schermo durante una partita di
calcio, ma basta parlare con qualsiasi oncologo
per rendersi conto di come le morti per tumore
e leucemia siano aumentate esponenzialmente e
senza alcuna “apparente” ragione. E non contento
di quello che abbiamo c’è chi in questi mesi parla
della costruzione di nuove centrali a biomassa
proprio in queste zone. La risposta è iniziare
a risparmiare energia, non inquinare le nostre
vite ulteriormente. Tutti possiamo iniziare a
farlo nel nostro piccolo. Ma una degna reazione
sarebbe anche quella di indignarsi, ne va del
nostro futuro. Ora basta, bisogna mobilitarsi
perché questo scempio, non può continuare.
Per chiudere, come detto prima uno dei
vostri obiettivi, artistici e non, è quello di
lanciare messaggi positivi. Ma pensi che
la vostra musica abbia davvero aiutato a
migliorare questa terra?
Non abbiamo la presunzione di credere in
cambiamenti sostanziali, ma musicalmente
credo che un po’ di merito possa esserci
attribuito. Quando abbiamo iniziato c’era
pochissimo movimento, mentre guarda ora; il
fermento è palpabile e il Salento è un riferimento
riconosciuto per quanto riguarda il genere che
noi proponiamo. Tornando ai messaggi, credo sia
essenziale lanciarli, soprattutto quando sei su
un palco. Sarebbe stupido non farlo, soprattutto
ora che la nostra terra è in difficoltà. Dipende
da noi. Perciò dico ragazzi, rimbocchiamoci le
maniche e salviamola.
C. Michele Pierri
musica 21
22
Di musica classica cosa ascolti?
Mi piacciono Bach e Rachmaninov. Di quest’ultimo,
in particolare, ascolto spesso il secondo dei Cinque
pezzi per pianoforte.
Di jazz cosa ti piace?
Miles Davis e Thelonious Monk. E poi adoro il rap,
lo ascolto sin da ragazzino. Amo la Old school:
Public Enemy, Nas...
Ascolti o conosci la musica italiana?
Mi piace la musica italiana tradizionale, ma non
mi ricordo i titoli (ride)
MATHEW
JONSON
Adora Bach e Rachmaninov, e la sua musica trae
ispirazione (anche) dai culi delle ragazze che
ballano davanti a lui. Niente di nuovo, l’arte è stata
spesso ispirata dalle forme. Mathew Jonson, 29
anni, nato e cresciuto in Canada (con una piccola
parentesi da bambino in Nuova Zelanda), da
novembre a Berlino, è uno dei guru della technojazz, anzi “tech-fusion”, come è stata definita.
In sostanza, è osannato dai critici musicali per
i raffinati progetti musicali di cui fa parte come
Cobblestone Jazz e Modern Deep Left Quartet, e
nel frattempo gira il mondo come deejay solista,
facendo muovere i ragazzi certamente poco attenti
alle sue ricercatezze musicali. Lo scorso aprile è
giunto anche allo Zenzero di Bari.
Nelle tue biografie c’è scritto che sei un
bambino prodigio, che suonavi sin da
piccolo.
Sono cresciuto in Canada, vicino Vancouver.
Suonavo nella banda cittadina e ho studiato la
musica classica. Ero abbastanza bravo. Poi a 10
anni ho scoperto l’elettronica, a 18 ho cominciato a
esibirmi ed è cominciata la mia carriera.
Che musica ascolti?
Di tutto: classica, jazz, hip hop.
La critica ti osanna per il tuo progetto
Copplestone jazz, che condividi con Danuel
Tate e Tyger Dhula Ti piace di più esibirti
con loro o da solo, nei club, come deejay?
Sono sicuramente due cose diverse. Con i
Cobblestone ci divertiamo molto. Dialoghiamo
musicalmente, come nei gruppi jazz, anche se
usiamo strumenti elettronici. Il pubblico è forse
più esigente. Ma mi piace anche esibirmi come
deejay techno, vedo la gente divertirsi ed è molto
bello.
Da cosa trai ispirazione per la tua musica?
Per esempio, questa serata allo Zenzero ti ha
ispirato qualche nuovo pezzo?
No, la musica che compongo è molto meditativa,
nasce da stati d’animo, nasce a casa mia, nel mio
studio. Quando faccio il deejay non penso a musica
nuova da comporre. L’ispirazione però può nascere
anche dai culi delle ragazze che ballano davanti a
me (ride ancora)...
Chi ti piace di più tra Aphex Twin e i
Chemical Brothers, per i quali hai realizzato
un remix?
Aphex Twin, senza dubbio. Quando ero più giovane,
mi piacevano di più i secondi, ma ora i miei gusti
musicali sono cambiati. Mi piacerebbe tantissimo
lavorare con Aphex Twin, Squarepusher e altri
grandi nel loro genere.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Vivo a Berlino dallo scorso novembre, e stiamo
sistemando lo studio di registrazione. E in cantiere
c’è anche una collaborazione con Goldie.
Sei soddisfatto della tua etichetta, la Wagon
Repair?
Molto. È un’esperienza molto bella perché siamo
tutti amici. E ho la possibilità di produrre tanti
generi musicali diversi, dall’elettronica al
rock’n’roll.
Ludovico Fontana
musica 23
COLDPLAY
Viva La Vida, or
Death and His
Friends
Emi
Non mi ricordo chi disse per
primo che chi disprezza vuol
comprare, fa sorridere però
che l’ultra criticato buonismo
secchione di Chris Martin,
venga sinteticamente bollato
“ecumenismo ciellino equo e
solidale”; e che una recensione
di venti parole (Blow Up 121)
liquidi l’ultimo Coldplay con
un 4. Fa sorridere me, che ho
amato Parachutes nonostante
detestassi quell’assenza di
originalità sul filo del plagio che
puzzava di fredda e calcolata
macchinazione
discografica
(lo stesso accadeva all’ascolto
dei primi album Stone Temple
Pilots,
imitazione-plagio
dei quattro Mostri Sacri del
grunge). In ultimo fa sorridere
il citazionismo colto della loro
musica, ormai comprensivo di
My Bloody Valentine e Arcade
Fire, ed ancor di più il fatto
che abbiano ripescato i primi,
soltanto dopo che lo shoegaze è
tornato di moda. Così, a meno
che non venga finalmente
fuori un’“anima personale”,
i criticoni storceranno il
naso e la gente continuerà a
comprare i loro dischi (perché
si tratta sempre di pop “tinto di
ricerca”). La ricerca qui sembra
però essere artificiosa e dettata
dalle sonorità più “in voga”.
Dopo
il
commercialissimo
X&Y, la band affida infatti
la produzione al mitico Brian
Eno, ricercando un suono
corposo e spaziale, più eclettico
che in passato. Dopo l’intro
strumentale, Cemeteries of
London è una ballata costruita
su mezza strofa di House of
the Rising Sun; Lost si stende
lisergica
sugli
handclaps;
Chris si permette di scrivere
la sua Eleanor Rigby (Yes) con
violino arabeggiante e corsa
shoegaze appiccicata nel finale
senza cognizione di causa; 42
è Martin-Lennon che esplode
suonando come i Radiohead;
Lost in Japan saluta i New
Order; la titletrack è Bono
vs TheBoss in salsa Arcade
Fire;
Strawberry
Swing
omaggia l’Irlanda; l’enfasi
pop di Violet Hill, per quanto
leggermente “atipica” e curata
nel sound, rasenta la banalità
mainstream degli ultimi U2.
In effetti l’amore di Chris
per Bono è fuori discussione,
come è indubbia la bravura di
Eno che ha compilato un gran
calderone di suoni: peccato non
potergli dare la sufficienza.
Tobia D’Onofrio
esotico e spiazzante che mi
capitò tra le orecchie alla metà
dei ’90, (e precisamente In A
Bar Under The Sea, uno dei
dischi più eclettici del gruppo
che precedeva di un paio d’anni
il successo di The Ideal Crash).
Vantage Point è un disco bello e
variegato. Mai piatto, per niente
scontato. Il funky assassino
di The Architet, primo singolo
scelto dalla band, fa il paio con
l’infuocata Oh Your God e con
la trascinante Favourite Game
per un lavoro che non innova
ma che segna l’ennesimo passo
avanti per una band che non ha
perso la voglia di scompaginare
le carte. Mr. Barman e soci
hanno attraversato 15 anni di
musica e, tra alti (tanti) e bassi
(pochi), sono ancora in ottima
salute. E le canzoni di Vantage
Point sono qui a dimostrarlo.
Ilario Galati
WILDBIRDS AND
PEACEDRUMS
Heartcore
Leaf
DEUS
Vantage Point
V2
Ispirati e concreti. I Deus di
questo 2008 potrebbero essere
definiti così. Lontani ormai da
quell’oggetto per certi versi
Capita assai raramente di
incontrare gemme di tale
valore artistico. Specialmente
in una cornice di musica
minimale
e
sperimentale
come quella di Heartcore,
concepita
come
visionario
gioco di sottrazione. Mariam
Wallentine e Andreas, coppia
nel gruppo e nella vita, studiano
insieme improvvisazione alla
musica 25
Accademia di Musica e Teatro
di Goteburg. Si innamorano e
iniziano a comporre, lei voce,
lui le percussioni più strambe
e il glockenspiel. Con un
approccio accostabile per certi
versi a quello delle Cocorosie,
il duo sforna pezzi che sono
dei capolavori, per intensità e
carica innovativa. La musica
viene presa per la gola e piegata
alle necessità rituali dei due
ragazzi, impegnati in un
viaggio mistico ed emozionale
alla ricerca della catarsi.
La scarna ma avvolgente
atmosfera assume spesso il
tratteggio della psichedelia
dei Sessanta (Mariam come
una versione svedese di Abbey
Lincoln Freedom Now Suite),
esplorando nei testi i temi
della tristezza, l’illusione e la
speranza. L’essenzialità della
strumentazione insieme al
potere fortemente descrittivo
delle composizioni, sollecitano
il
viaggio
personale
e
costringono l’immaginazione
dell’ascoltatore a giocare un
ruolo di primo piano. L’album
si esprime in un fresco e
originale eclettismo di forme,
fra tribalismi viscerali e
passionali melodie sofferte.
Folk, psichedelia, gospel, blues,
jazz e lieder, e la profondità
delle canzoni si manifesta
stratificandosi nei ripetuti
ascolti. Bird, Doubt/Hope, A
Story From A Chair,The Ones
That Should Save, The Window
e la sognante e malinconica
Battle In Water (completa di
strumenti e doppia voce) sono
veri e propri siparietti; i brani
di questo disco vi rapiranno
con
la
loro
espressività
teatrale e contagiosa; e se
malauguratamente
doveste
ascoltarli la mattina appena
svegli, potrebbero spalancarvi
le porte di un magico mondo
parallelo.
Tobia D’onofrio
THE CHARLATANS
You Cross My Path
Cooking Vinyl
Una volta avremmo gridato
allo scandalo. Oggi sembra
quasi la normalità. Navigare su
internet e scaricare legalmente
un intero disco, infatti, non fa
più notizia. Non sorprende,
dunque,
se
anche
The
Charlatans abbiano sfruttato la
cosa a loro vantaggio, regalando
(è proprio il caso di dirlo) la
versione completa del loro
ultimo lavoro in studio. Mossa
audace e coraggiosa che, certo,
solo un gruppo con una carriera
affermata e pluriennale può
probabilmente
permettersi.
L’album è stato, comunque,
pubblicato ufficialmente il 19
maggio scorso, in formato CD
e vinile. Prodotto dagli stessi
The Charlatans assieme a
James Spencer e registrato
tra Los Angeles, l’Irlanda ed
il Cheshire, è stato anticipato
di ben cinque mesi dalla titletrack, primo singolo battente
e tirato che già lasciava
trasparire
le
intenzioni
della band: abbandonare le
fascinazioni dub e reggae del
precedente Simpatico, per
puntare su più canoniche
atmosfere rock. Occorre notare,
però, che questa volta la band,
sembra tessere trame più
incisive e piacevoli rispetto
ad alcune precedenti opache
prove, evidente segnale di una
buona e ritrovata ispirazione.
Con You Cross My Path sembra
che The Charlatans vogliano
legittimare quasi vent’anni di
carriera. Tutto è perfetto qui
e tutto suona come dovrebbe
suonare. Una band allineata
con le sonorità del nuovo
millennio ma che rimane,
tuttavia, ancorata ad un
passato importante, pur senza
apparire superata. Questo
non fa che confermare che
The Charlatans siano ormai
una certezza anche per i più
giovani che ai dischi di LCD
Soundsystem e Arctic Monkeys
potranno
tranquillamente
affiancare pure You Cross My
Path…
Camillo “RADI@zioni”
Fasulo
CRISTINA DONÀ
Piccola Faccia
Capitol
Anche se fosse stato un album
“normale” avremmo dovuto
applaudire Cristina Donà per
la scelta, a solo un anno di
distanza dal suo ultimo album
di studio, La quinta stagione,
di dare alle stampe un prodotto
che è impossibile definire
semplicemente come un best
of. Arrangiare nuovamente
in chiave acustica i propri
brani più fortunati vuol dire
nobilitare dieci anni di carriera,
musica 27
impegnarsi e allo stesso tempo
mettersi in gioco. Il punto è che
però l’album non è normale, ma
bellissimo, forse addirittura
il più bello della carriera
della cantautrice milanese.
Molte tracce sembrano uscire
ulteriormente abbellite da
questa
rivisitazione
che
asciuga i suoni senza minare
l’impianto
complessivo
delle canzoni, nobilitandone
l’intimismo e l’emotività delle
liriche. La rivelazione di
quest’album è proprio la Donà
che, forse per la prima volta
nella sua carriera, non ha
paura di liberare totalmente la
sua voce, di lasciarsi andare.
Piccola Faccia trasmette la
passione di chi lo ha creato e
perciò conquista sin dal primo
ascolto. Giuliano Sangiorgi
impreziosisce Settembre, la
cover di Sign your name di
Terence Trent D’Arby strapperà
un sorriso ai nostalgici. Un
album pressoché perfetto, che
piacerà a tutti e che sedurrà gli
ultimi scettici sulle capacità di
una delle migliori espressioni
del pop italiano. Se tutti i best
of avessero un’anima…
Dino Amenduni
IL GENIO
Il genio
Cramps Music – Self
mettere in bella mostra. È il
caso di questo duo composto
da Gianluca De Rubertis, già
Studiodavoli, e Alessandra
Contini. Ed è proprio grazie a
Il Genio (è sempre meglio che
chiamarsi “Il deficiente”, dicono
loro) che torna sulla scene
la storica etichetta Cramps.
Insomma, i presupposti per il
colpaccio ci sono. E non è solo
una questione di immagine e
di etichetta: la raffinatezza del
suono, un pop vintage che non
disdegna inserti di psichedelia,
va a miscelarsi perfettamente
con testi talvolta visionari, in
altri casi ironici, comunque
sia vincenti. Il quartetto di
pezzi iniziale è da applausi,
in particolare Non è possibile,
un’irriverente
disamina
sullo sbarco dell’uomo sulla
Luna, e Pop porno, la perfetta
candidata a tormentone estivo
intellettuale (grazie a un testo
da 10 in pagella). L’album è
solido, forse troppo: non c’è il
sussulto, il cambio di direzione,
qualcosa che non faccia pensare
alle canzoni intermedie come
un, seppur onesto, riempitivo.
Una giapponese a Roma,
cover di un brano cult di
Kahimi Karie, chiude questo
disco d’esordio nobilitando
ancora una volta gli sforzi del
duo per cui noi, sempre più
spudoratamente, continueremo
a tifare.
Dino Amenduni
LE LUCI DELLA
CENTRALE
ELETTRICA
Canzoni da spiaggia
deturpata
La tempesta
Non ci si deve imbarazzare
a fare il tifo per i nostri
prodotti
migliori,
prodotti
da esportazione, prodotti da
28 musica
Sarà che i cantautori che
hanno qualcosa da dire si
contano sulle dita di una
mano. Sarà che molti rocker
nostrani sono più attenti alle
giacche e alla capigliatura
che alla sostanza. Sarà che
scrivere canzoni ‘autentiche’
non equivale a mettere delle
parole sensate su una buona
melodia. Sarà tutto questo ma
a me l’esordio di Vasco Brondi,
ventiquattrenne da Ferrara,
è sembrato subito bellissimo.
Si dirà che è acerbo (e non
potrebbe essere altrimenti
date le poche primavere del
nostro) ma il nichilismo di
Vasco è vero e amplifica tutta
quella merda che ci portiamo
dentro noi che attraversiamo
“questi cazzo di anni zero”.
Sfilano così istantanee crudeli,
scampoli di poesia urbana
che citano Tondelli e Rino
Gaetano, Gilberto Centi e
Andrea Pazienza, canzoni
dimesse che l’attento lavoro
di Giorgio Canali ha reso più
digeribili rispetto al demo
originario dello scorso anno.
Stagnola, Sere Feriali, La Lotta
Armata Al Bar, Piromani,
Per Combattere L’Acne, sono
canzoni fondamentali perché
raccontano con cruda realtà
il “sotto vuoto spinto” nel
quale galleggiamo. Canzoni
deturpate per una generazione
che non sogna più.
Ilario Galati
PIERO BREGA
Fuori dal paradiso
Manifesto
Voce storica del Canzoniere
del Lazio, fondatore del
Circolo Gianni Bosio, Piero
Brega
era
praticamente
scomparso dalle scene fino alla
pubblicazione, nel 2004, di
Come Li Viandanti, singolare
“esordio” da cantautore per
uno che di musica alle spalle ne
aveva tanta. Questo Fuori dal
Paradiso, pur non discostandosi
troppo dal disco precedente,
aggiunge un nuovo tassello a
questa seconda vita artistica
per Brega, la cui voce magnifica
risulterà subito riconoscibile
almeno per chi ha mandato a
memoria i dischi del Canzoniere
(ma anche di Carnascialia e
Malvasia). Non tutto a dire il
vero è perfetto e, in particolar
modo, è l’ibrido tra folk e scuola
romana su cui si regge l’intero
sound che a volte risulta essere
poco incisivo, ma un pugno
di canzoni significative non
mancano: su tutte Marinaio
Senza Mare, cantata insieme
all’amico Adriano Martire, e
la rilettura tangueira di Vile
Tanturi, canto antifascista
scritto da Dante Bartolini.
Ilario Galati
JUAN MORDECAI
Songs of flesh and
blood
Y2K Recordings / V2
music
L’album è uscito l’anno scorso,
ma è necessario segnalarlo,
perché forse ci era sfuggito
qualcosa di importante. E poi ho
visto il loro concerto e mi sono
piaciuti troppo! Juan Mordecai
sono David Moretti e Andrea
Viti (Afterhours), che insieme
agli ex-Karma e a quello
scoppiato di Xabier Iriondo
ci portano in pieno deserto,
americano ovviamente. Roba
del genere, in inglese, non è di
certo patrimonio nazionale; ma
qui la qualità c’è e vale la pena
ascoltare queste undici tracce
che trascinano in un paesaggio
brullo e allucinato, tra cactus,
pietre e visioni lisergiche nella
più affascinante cavalcata
stoner che si sia mai prodotta
da queste parti. Tanto sudore
e tanta passione in pezzi
strepitosi come Skin and bones
e Desert tree, oltre che una
massiccia dose di psichedelia.
Non saremo mai sazi di queste
delizie.
Rakelman
l’illusione di avere ancora
sedici anni e di essere una della
“cricca” di Dawson.
Rakelman
THE WEIRD WEEDS
I Miss This
Autobus
KATHLEEN
EDWARDS
Asking for flowers
Zoe Records
Kath è di Ottawa e a vederla non
le daresti un cent. Ha l’aspetto
di una qualsiasi trentenne della
provincia americana, anche
un po’ sciatta. Eppure è una
polistrumentista capace (piano,
violino e chitarra folk tanto per
dire) e un’ottima cantautrice,
che merita rispetto nel mondo
del folk rock. Accompagnata
da musicisti cazzuti (gente
che suona per Dylan, Cohen
e per gli Heartbreakers per
intendersi) e dal marito,
sforna questo terzo gioiellino
con cui sollazzarci nelle sere
d’estate, tra sviolinate e steel
guitar. Capolavoro assoluto e
consigliata a tutti i romanticoni
là
fuori
la
conclusiva
Goodnight California, con la
sua struggente malinconia. Un
po’ Springsteen dei bei tempi
andati, molto Sheryl Crow
degli esordi, la nostra ci regala
Album n.3 per i texani.
L’incipit ricorda Camoufleur
dei G Del Sol; il resto vive della
lezione di June of 44 (splendido
l’incedere di Save the Dogs) &
co. Voce maschile e chitarra
ricalcano talvolta D.Grubbs e
l’accostamento al country-folk
fa tesoro dell’esperienza Rex.
Con le radici nei 90, fedele a
una attitudine compositiva
libera, denso di atmosfere
appiccicose, l’album alterna
parti strumentali alle due voci.
La titletrack è un post-rock
minimale che incontra quella
femminile:
B&Sebastian-vsCurrent 93. L’intro rumorista
di Lies, graffiata da un
archetto
distorto
(sembra
Tommy degli Who), si scioglie
in inno psichedelico. H. in the
Light dondola ipnotica fino a
rivelare il delizioso intreccio
melodico, negli ultimi 20
secondi. Mantenendo costante
il
fattore
imprevedibilità,
sono rare le cadute di tono
come Sorry Rain, artificioso
esercizio di avanguardia fine
a se stesso. Atlas sfoggia un
cantautorato cupo alla Smog
e una rarefatta alba di archi
alla Sigur Ros. We’re Gonna
musica 29
Die è psichedelia anni 60 e
chitarra alla N Drake. L’ultimo
pezzo abbassa un po’il tono:
l’arpeggio semplice non rende
giustizia alla voce angelica, ma
se tutti i dischi suonassero così,
il mondo musicale non avrebbe
proprio di che lamentarsi.
Tobia D’Onofrio
BONNIE PRINCE
BILLY
Lie Down In The
Light
Domino
rara bellezza: “Conosco la mia
strada per il mondo, è circolare,
incomincia e finisce…” Come
se il tempo non fosse mai
passato, Will è splendente,
stavolta nelle vesti di Maestro
della Tradizione country-folk
americana e non di lamentoso e
fugace interprete di una forma
espressiva che si temeva persa
e invece oggi, grazie a lui, è più
attuale che mai. (TdO)
NOTWIST
The Devil, You and Me
City Slang
za a singhiozzi. La titletrack
indugia in un autunnale glitch
folk di matrice Sixties turgido
di speranza. Gravity sembra
Deus in salsa kraut. Il dubtrip-hop di On Planet Off concede varietà ritmica. Boneless è
un rilassante massaggio motorik. Hands On Us pura tensione lirica. La delicata Gone…è
un malinconico folk che chiude
un album più omogeneo, meno
eclettico ed innovativo, ma fortemente ispirato. Space-music
per viaggi astrali in universi
paralleli. (TdO)
DEATH CAB
CUTIE
Narrow Stairs
Atlantic
Un Will Oldham dei più
completi e ispirati: il “tormento”
è decisamente diminuito e BPB
sembra preso bene. Senza
tradire l’inconfondibile stile
vocale, i cambi e gli sviluppi
travolgenti
e
psichedelici,
Bonnie 08 risolve spesso la
malinconia in un morbido e
palpitante sorriso o in una
solare e fuggevole carezza. Il
menestrello duetta con la voce
femminile in un epico finale; in
Glory Goes strascica, biascica:
“Lei mi adora, lei mi ignora”,
rime e melodie intessono un
magico crescendo. Missing One
richiama l’intimismo stonato
ed ululante dell’interprete,
teso verso una soluzione più
luminosa. Willow Trees Bend
improvvisa strutture libere
in un lisergico mantra, I’ll Be
Glad riscopre la freschezza di
un saluto corale, So Everyone
ci saluta con un savio duetto di
30 musica
Questi
post-kraut-rockers
“campioni di understatement”
ci regalano nuove emozioni
dai contorni indefiniti. Prediligendo il registro acustico,
vivaci pennellate folk dipingono siparietti di cantautorato.
Musica dall’invisibile potere;
schegge sonore sfocate e subliminali penetrano sotto la pelle, ascolto dopo ascolto, senza
mai violentare l’attenzione.
Good Lies è un allucinato missile alla Stereolab che decolla
fra emo e shoegaze:“Imitiamo
la realtà!, finchè non ne troveremo una migliore” sintesi
eccellente dell’arte dei tedeschi. Where in this world vede
l’irrequieta A.Mega Express a
colorare un glitch riflessivo e
sincopato. Gloomy P è una docile ballata elettroacustica alla
B&Sebastian. Alphabet parte
sul punto di esplodere e incal-
FOR
Il secondo capitolo DCFC su
Atlantic, resta un gradino sotto
alle precedenti produzioni della
band californiana. L’album
vola basso mettendo da parte le
sperimentazioni ed indugiando
nel cantautorato esistenzialista
di Ben Gibbard, abile nella
scrittura, ma decisamente
meno ispirato. Il lavoro risulta
un po’ tedioso, omogeneo e
ben curato, ma con la “classe”
che stenta a venir fuori; fanno
eccezione il pezzo d’apertura,
psichedelico e con una marcia
finale di chitarre enfatica e
maestosa, e I Will Possess Your
Heart, che parte in sordina
con un atmosferico giro di
basso stile Jane’s Addiction,
stende un minimale tappeto di
impercettibili crescendo e rivela
la melodia al quinto minuto,
galoppando su una tensione da
tagliare a fette. No sunlight è
una prevedibile ballata acida
che sembra uscita dal catalogo
Pet Shop Boys. Cath sembra
un numero mal riuscito dei
Placebo. Il resto è scontato
ed insipido, nonostante le
registrazioni in presa diretta;
persino la cavalcata di Pity
And Fear lascia indifferenti.
Una decisiva caduta di tono,
perdonabile, ma che non fa
presagire niente di buono per il
futuro. (TdO)
SIGÙR ROS
Með Suð Í Eyrum Við
Spilum Endalaust
Beggars/XL
bravi. E qui sfornano il
capolavoro del cerchiobottismo
intellettuale. Questo lavoro
dal nome impossibile riesce ad
accontentare tutti con “soli”
3 capolavori: il marketing con
Inni mer syngur vitleysingur,
quattro minuti come biglietto
da visita per la promozione
radiofonica (con un battage
pubblicitario a rimorchio degno
di Madonna), i fan modaioli e
un po’ depressi con Ara batur,
gli appassionati più viscerali
e ortodossi con Festival,
candidata a far capolino nei
cuori di moltissimi devoti al
dio Jonsi, cantante etereo e
dominante allo stesso tempo.
Le prime quattro tracce
sembrano preludere a qualcosa
di nuovo, di diverso dal solito:
più pop, più rock, più prog.
Nella seconda parte si torna
sulla solita amabile solfa.
Quando si recensiscono album
così si utilizza un eufemismo:
disco di transizione. E non
si va oltre il 5 in pagella. Per
i Sìgur la transizione è ben
sopra la sufficienza. Un album
da consigliare, sempre che il
titolo vi permetta di farlo.
Dino Amenduni
MJUR
Mjur
Dracma records
Recensire i Sigùr Ros fa vivere
la stessa sensazione che
proverà il responsabile delle
pagelle della Roma del Corriere
dello Sport una volta arrivati a
dover parlare di Totti: non si
va al di sotto della sufficienza.
Sono una delle pochissime band
in grado di emergere senza
dover ricorrere al già sentito
(gli echi di Syd Barrett sono,
appunto, solo echi), spocchiosi
e irridenti per quanto sono
Quando quattro personalità
musicali diverse si incontrano
il risultato non può che essere
eclettico. È questo che colpisce
al primo ascolto di Mjur,
progetto nato da un’idea di
Simone Melissano: cercare
di rappresentare il caos della
dimensione clownesca, misto
di sentimenti tra loro molto in
contrasto. Un gioco che non si
ferma alla musica ma sfocia
nell’arte delle videoproiezioni,
nel travestimento. È un
progetto che sembra rimbalzare
tra i componenti, mettendone
in mostra le varie attitudini.
Si passa così dall’elettronica di
Dj Cordella (Aprés la Classe),
alla vocazione più rock della
chitarra di Antonio Tunno,
alla voce potente di Emma
(vincitrice della trasmissione
tv Superstar nel 2000) guidati
dall’estro artistico e il basso di
Simone. Una strada insolita,
un progetto che incuriosisce.
Osvaldo Piliego
FEET OF MUD
Feet of mud
Improvvisatore
involontario
Il jazz può essere di più, lo
ha dimostrato Miles Davis
e da allora tutto è diverso.
Le commistioni, o la fusion
per
essere
più
tecnici,
semplicemente sentirsi liberi
di sperimentare, “improvvisare
volontariamente”. Feet of mud
combo di musicisti italiani
ci conferma una scena di
altissimo livello nella sua
sintonia con i maestri ma
anche con la voglia di spostarsi
giusto quel metro un po’ più
in là incontrando musiche più
vicine addirittura al post rock.
In questa contaminazione c’è
posto per digressioni nella
psichedelia, grazie ai suoni
vintage di sinth, hammond,
ma anche all’elettronica mai
invadente rispetto a un impulso
del suono che è vitale, godibile,
pulsante in alune progressioni
più funky. (O.P.)
musica 31
32
THALIA ZEDEK
BAND
Liars and Prayers
Thrill jockey
Nella voce di Thalia Zedek si
sente tutta la grinta della vecchia guardia, tutta la rabbia di
una che dall’82, vive e suona
in un’America che non gli piace. Dopo la militanza in varie
formazioni ( Dangerous Birds,
Come) Thalia sceglie di metterci la faccia accompagnata
da una band eccezionale. Graffiante, amaro, malinconico,
potente, rock, lirico nei sipari
di archi e fiati. Diretto, arriva
subito nelle intenzioni e nel
messaggio. C’è ancora bisogno
di gridare per farsi sentire, c’è
ancora bisogno di fare casino
per farsi sentire. L’evoluzione
che ci aspettava da una come
Patti Smith, la sintonia con
un tempo nel suono come nella percezione di ciò che accade.
Un bel boccone amaro, necessario. (O.P.)
COSMICA
Cosmica
Interbeat Lab
All’inizio era lo stoner, poi il
tempo, le stagioni cangianti
come i musicisti, la maturità,
la fusione di nuovi elementi,
influenze che compongono una
ricca tavolozza di generi che affrescano la musica dei Cosmica.
Rock ….italiano? Si ma solo per
la scelta dell’idioma dei testi. Il
resto è un mix di funky, nu me-
tal, rock’n’roll, grunge. Un disco potente, risultato delle sapienti mani di tutti i musicisti.
Tecnica che non viene sfoggiata
con manierismo, ma funzionale alle canzoni che riescono a
trovare momenti più pop tra
le accelerazioni, le pause e le
aperture. Dietro tutto aleggia
uno spirito tipico di un certo
rock anni 90. Un lavoro che testimonia la grande amalgama
di una delle nostre formazioni
più longeve finalmente approdata a un disco che ne racconta
il passato, il presente e gli apre
le strade del futuro. (O.P.)
KLAUS
SCHULZE,
LISA GERRARD
Farscape
SPV/Audioglobe
L’incontro è di quelli che fanno rumore. Il risultato la cosa
più vicina al silenzio o per lo
meno alla quiete. Da una parte
Klaus Schulze, nome indissolubile dal concetto di elettronica
minimalista, accanto a lui Lisa
Gerrard indimenticabile voce
dei Dead Can Dance. Un’alchimia, quella tra i due, assolutamente speciale. Il risultato è
in sette brani contenuti in un
album doppio che sembrano
collocarsi in un limbo dove ambient, down tempo, vibrazioni
orientali, abitano tempi dilatati. Musica avvolgente a tratti
alienante, un lavoro ampio a
volte un po’ datato nella scelta
di alcuni beat e alcuni suoni.
Musica visionaria, provate a
mettere le cuffie e a chiudere
gli occhi. (O.P.)
FOLKABBESTIA
Il segreto della felicità
Upr
Quindici brani per raccontare,
tra ironia e impegno sociale,
una società multietnica. Tornano così, dopo circa cinque anni
di assenza dall’inedito (ma con
cd ed esibizioni live in abbondanza) i baresi Folkabbestia.
Celebre per il suo record da
guinnes dei primati, con l’esibizione dal vivo di un solo brano
più lunga della storia, la banda
propone anche in questo disco
una miscela da festa dove la
pizzica e la taranta convivono
con la musica balcanica, dove
folk e ballate si incontrano
perfettamente. La consolidata
formazione è una sicurezza per
sound e impatto live. L’impegno dei Folkabbestia ha condotto anche il violinista Fabio
Losito all’assessorato alla cultura della Provincia di Bari.
La realizzazione di quel Potere
alla poesia che è il titolo di uno
dei brani più riusciti. Numerose anche le collaborazioni
tra le quali segnaliamo quella
del fisarmonicista Antongiulio
Galeandro che firma la musica
di Rovo d’amore. Dopo l’uscita
del nuovo cd per i Folkabbestia sarà un’estate da vivere in
piazza e nel “palazzo”. Potere
della musica, potere della poesia. (pila)
musica 33
DISASTRO RECORDS
Disastro Records sceglie il salentino Genio per
affacciarsi sul mercato dell’indie italiano, non si
vergogna di essere pop perché lo fa con intelligenza, è orgogliosa di essere parente della storica Cramps e ha le idee molto chiare sul suo futuro prossimo. Con lo stile che contraddistingue la
discografia degli anni ‘70 e gli occhi ben sintonizzati sul presente, Disastro Records ironizza sul
nome ma per il resto fa le cose sul serio. Abbiamo
parlato con Davide.
Cramps è un nome con una storia lunghissima alle spalle, voi siete giovanissimi, come
vi siete avvicinati a questa “avventura”?
Diciamo che tra noi e Cramps c’è una sorta di
legame di parentela. Con le opere del suo catalogo siamo, in un certo senso, cresciuti. Questo
ci ha permesso di dare la giusta considerazione
all’etichetta, nel rispetto del suo valore storico. Il
nostro intento, infatti, è quello di rivalorizzare il
marchio Cramps attraverso le ristampe dei suoi
titoli, cercando di far capire al pubblico quelli
che sono i presupposti cronologici su cui nasce e
si fonda, un pò come per un quadro in continuo
restauro.
Come se non bastasse nasce Disastro Records. Che rapporti ha con la madre e soprattutto in cosa è differente?
Disastro Records nasce nel Settembre 2007 come
nuova label di casa Cramps Music. Quest’ultima
è una società attiva come publishing e come discografica, con tre differenti marchi al suo interno: la storica e più famosa Cramps Records,
la Artis Records e, ultima della famiglia, la Disastro.Cramps Records è stata, negli anni ’70,
la prima etichetta indipendente italiana, nata
e vissuta in un periodo storico-socio-politico in
grande fermento, e che ha avuto il merito assoluto di lasciare in eredità alla storia della musica
artisti oggi riconosciuti a livello internazionale,
come John Cage, Area, Demetrio Stratos e molti
altri; le sue produzioni si sono sempre rivolte alla
sperimentazione e all’avanguardia, nel tentativo
di percorrere nuovi ed inesplorati sentieri, in bilico tra la musica e la performance artistica in
senso lato. Disastro Records nasce oggi, invece,
in un periodo culturalmente molto diverso, con
l’intento di creare un marchio ad alta credibilità
nella scena indie attuale, e di seguire quelli che
sono, inutile nasconderlo, i nostri personalissimi
gusti in fatto di musica. Per rispondere alla tua
domanda, quindi, intenti e contenuti artistici
sono davvero diversi, così come lo è, del resto, il
contesto temporale in cui le due realtà si collocano.Sono questi i motivi principali per cui abbiamo scelto di creare un nuovo marchio dedicato.
piuttosto che proseguire con quello storico, che
non ci sembrava giusto contaminare con nuove
proposte, indipendentemente dal loro valore artistico.
Al momento avete lanciato il Genio, progetto tutto salentino, avete già in programma
nuove uscite?
Certo: a settembre usciremo con Girl with the
gun, un interessantissimo lavoro electro-folk,
per chi ama dare le definizioni alle cose, che vede
come protagonisti Populous (eclettico sperimentatore elettronico per la cult label berlinese Morr
Music) e Matilde Davoli (già raffinata voce del
progetto Studiodavoli). Probabilmente sempre
quest’anno, pubblicheremo l’album d’esordio di
una giovanissima indie-rock band delle nostre
parti (Vicenza), i Leggins, realtà già acclamata
nella scena indie italiana e vincitori del Nordkapp Indiependent Tour di quest’anno.Oltre a
questo, abbiamo anche qualche altro asso nella manica che, per ora, preferiamo non calare,
e, naturalmente, siamo alla continua ricerca in
quello che, devo dire, oggi è un sottobosco musicale italiano molto fertile.
Quale eredità e quale responsabilità sentite nel possedere (con Cramps) un patrimonio musicale dal valore inestimabile?
Direi enorme. Nutriamo un profondo rispetto per
tutti i titoli e gli artisti che hanno contribuito a
creare questo patrimonio, come dici giustamente tu, inestimabile. Senza esagerare, il catalogo
Cramps rappresenta una fetta di storia importantissima della musica italiana e non. Per questo motivo, ci sentiamo molto fortunati e cerchiamo ogni giorno, col nostro lavoro, di conservare e
valorizzare questa grande eredità.
Indie e mainstream possono convivere?
Credo proprio di sì, in una certa misura, o, quantomeno noi cerchiamo di lavorare proprio in questa direzione, per far sì che questo accada. Chiaramente non parlo del mainstream più sfacciato,
ma di quella zona, a cavallo tra i due mondi,
fatta di prodotti, in primo luogo, di buonissimo
livello, e che sono, al tempo stesso, sia originali e
credibili per piacere all’universo indie sia catchy
quanto basta da soddisfare quello mainstream.
Penso che in questa zona sia ancora possibile lavorare bene, con un buon apprezzamento da parte del pubblico, proponendo progetti di qualità,
che non sacrificano nulla nè in nome dell’essere
indie a tutti i costi nè, tantomeno, dell’essere
mainstream, ritornando ad un sempre valido
concetto di fare in primo luogo della buona musica, secondo quello che è il proprio gusto personale. Crediamo, ad esempio, che il lavoro de Il
Genio si possa calare molto bene in questa realtà
trasversale.
Osvaldo Piliego
musica 35
Taranto - foto Paolo Margari
COSIMO ARGENTINA
Dopo quattro anni dall’uscita di Cuore di cuoio,
Cosimo Argentina torna a raccontarci un sud
estremo sotto molti punti di vista. Maschio
Adulto Solitario, edito dalla casa editrice Manni
all’interno della collana Punto G, racconta la
formazione alla vita di Dànilo Colombia giovane
che si muove nella Taranto degli anni ottanta,
città sprofondata nella dannazione e nella
violenza. Maschio adulto solitario è un romanzo
duro, a tratti durissimo. Per penetrarlo abbiamo
rivolto all’autore alcune domande
L’affresco del sud, e in particolare di
Taranto, che emerge dal tuo ultimo romanzo
sembra più nero e più tragico del sud, a
tratti mitico, di Cuore di cuoio. Sembra che
tu abbia deciso di penetrare in profondità,
senza fare sconti, tutta la melma nella
36 Libri
quale si muove l’umanità varia che abita il
tuo romanzo. Qual è il processo che ti ha
portato dai miti dell’adolescenza a tutto lo
schifo che porta all’età adulta?
Guardati intorno e la risposta ti verrà automatica.
Il Sud, come il Nord – e mettiamoci dentro
l’Occidente e l’Oriente rappresenta un mondo
governato dallo sterco e dall’ingiustizia. Una
persona perbene o una persona debole, insicura,
viene stritolata da quelli che “hanno le palle”, dai
bravi, da quelli che hanno le conoscenze giuste.
Poi c’è la categoria che meno sopporto: quegli
individui che criticano il sistema da cui vengono
foraggiati. I contestatori arricchiti. I ribelli con gli
euro contratti in tasca. Qual è il processo che mi
ha portato da Cuore di cuoio a Mas? Un processo
di consapevolezza e di necessità narrativa. Se
parli di un ragazzo e “come” un ragazzo fallo
LIBRI
fino in fondo, senza giochini. Dagli i sogni e le
illusioni. Se metti in scena un uomo disilluso be’,
allora sono cazzi di chi legge. Fino in fondo.
Nonostante tutto, nonostante il sangue e una
narrazione in cui Dànilo sembra senza via
di scampo, portato a infrangere il proprio
destino contro quello di personaggi la cui
morale è imbevuta nell’abiezione e nella
violenza, lasci sempre che tracce comiche
attraversino la scena in una modalità che,
forse, sortisce l’effetto di amplificare lo
stesso spessore tragico degli eventi. Sei
d’accordo sul fatto che il grottesco può
essere più triste della tragedia?
Sì, d’accordissimo. La vita è così. Uno cade
dalle scale e si rompe l’osso del collo e scatta la
ghignata del pubblico pagante. Io a volte sono
spiritoso quando sto male. Se sto forte forte di
solito resto sereno. Se sto male faccio il buffone.
Alighiero Noschese si suicidò e tutti dissero ma
come? Faceva ridere!
C’è un personaggio nel tuo libro che gioca
un ruolo cruciale. È Anselmo di cui dici:
“Era vissuto troppo e male. Era un segnalato
di Dio, uno che per statuto sarebbe dovuto
essere cattivo ma io ero l’esempio vivente
che le cose non erano andate propriamente
così. Anselmo era stato quello che gli altri
manco avevano provato ad essere: uno dalla
mia parte. Punto”. Anselmo è un angelo, una
figura protettrice. Potresti dirci due parole
su questo personaggio?
Ne so quanto voi, su Anselmo. Però posso dire che
a volte la pugnalata arriva da chi non ti aspetti
e parimenti l’aiuto giunge da persone che non
avresti neanche preso in considerazione. Anselmo
è cieco. Chi è abituato a soffrire o diventa un
bastardo più bastardo di chiunque altro oppure
diventa buono, comprensivo e sensibile. Io sono
attratto dalle persone che hanno sofferto molto
nella loro vita. E di contro mi stanno sulle scatole
quelli che sono precisi e sicuri.
Caserma, ospedale militare, fabbrica,
università, studio legale. Dalle tue pagine
viene fuori una forte sensazione di cattività.
Kuma, maschio adulto solitario, costretto
ad abbandonare i ghiacci dell’antartide per
adattarsi alle gabbie della vita moderna.
Secondo te la scrittura è una maniera di
seguire la propria selvaggia natura di
lupo?
Siamo tutti in trappola. Tutti in gabbia ma il 99%
di noi non lo sa o fa finta di non saperlo e allora
colleziona francobolli, scopa un sacco di donne
o scrive. La scrittura è il MIO modo di tornare
al senso puro delle cose. Ognuno ha il suo.
Un’illusione, forse. Un falso scopo. Mettila come
meglio credi ma se ci dovessimo fermare un solo
istante capiremmo che non siamo niente. Siamo
una parentesi di carne nell’infinito. Certo, c’è la
speranza di Dio. Ma tolto quello siamo fottuti.
Kafka, Edgar Allan Poe, Arthur Rimbaud,
Bukowski, Dostoevskij, la Divina Commedia.
La libreria di Dànilo è anche la tua?
Vediamo un po’… di Kafka devo aver letto quasi
tutto ma non riesco a rileggere i suoi romanzi.
Edgar Allan Poe è uno dei padri fondatori della
ditta Argentina C. perché leggendo le sue cose,
tutte le sue cose, ho capito, a vent’anni, che
volevo essere come lui, un inventore di storie. Di
Rimbaud ho letto tutto e lui rappresenta il genio.
Un genio muore in fretta. Non conviene esserlo
fino al punto dell’uomo delle Ardenne. Bukowski
sì, è uno dei miei prediletti per la semplicità e
forza descrittiva. Dostoevskij è un dio della
letteratura ma bisogna prendere le distanze
da lui. E… vabbè, Dante. Non da leggere o da
ascoltare Benignamente quanto da tenere lì e
sfogliare e poi scegliere un brano e respirarlo.
Ovviamente ce ne sono altri. Ma questi della
biblioteca Colombia non li rinnego.
“Mi sentivo uno che doveva risalire tutti
i fiumi Mekong della terra ma una era la
foce in cui arrivare: Taranto”. Perché,
nonostante tutto, si torna ostinatamente a
sud?
A dire il vero io non sono tornato. Vivo a Meda
con Clara e due figli: Francesco un cabarettista
di 5 anni e Milena, una donnina di 5 mesi. Ma
la mia penna torna. Torna ossessivamente.
Torna ogni santo giorno. Io scrivo del mio
passato mescolandolo al mio presente. Taranto,
il Sud, i volti, i sapori, gli odori tornano con la
prepotenza di quegli amori rifiutati ma necessari.
Sono a Taranto ogni volta che mi siedo davanti
al computer. I tarantini a volte mi accusano di
violare il santuario del buonumore ma non ci
posso fare niente. Del resto io torno alla mia
Taranto. A quella degli anni settanta, ottanta e
primi anni novanta. Di quella di oggi ne so ben
poco se non che dovrà vedersi partite di calcio di
C1 – lega pro – anche l’anno prossimo.
Mino Degli Atti
Libri 37
SAM SAVAGE
Firmino
Einaudi
E questo è il blues del topo triste
che mangiava solo libri e riviste.
Potrebbe essere riassunto così
Firmino, il primo romanzo di
Sam Savage, già professore
di filosofia e poi meccanico di
biciclette e pescatore, esordiente
a sessant’anni, con un libro,
pubblicato in Italia da Einaudi,
dedicato a tutti coloro che dei
libri hanno fatto il loro pane quotidiano. Un
romanzo delicato, per chi ama le storie semplici
(dove semplice è un complimento) e raccontate
bene. Firmino narra le avventure di un topo
che vive in una libreria della Boston anni ‘60,
una di quelle librerie di periferia frequentate
da collezionisti, scrittori e amanti della lettura
in genere. La mamma di Firmino aveva dodici
mammelle e tredici figli, di cui il nostro eroe era
ovviamente il più debole e il più maltrattato
dei fratelli. Per riuscire a sopravvivere quindi
Firmino comincia ad assaggiare i libri e si
accorge che più i libri sono belli più sono buoni.
Diventa così un infaticabile lettore e ci regala
alcune indimenticabili perle su vita letteratura.
Dario Goffredo
TOMMASO DE LORENZIS MASSIMILIANO MITA -VALERIO
GUIZZARDI
Rosso
DeriveApprodi (libro+dvd)
Tre curatori eccellenti per
questo saggio, noti agli ambienti
bolognesi e non solo, tutti
redattori di Banlieus e Frame:
Tommaso De Lorenzis, Valerio
Guizzardi,
Massimiliano
Mita fanno movimento anche
in questo finissimo lavoro,
fondendo destrezza narrativa
e disciplina d’indagine, e
addentrandosi con minuzia quasi
esegetica tra titoli incendiari e satire inclementi.
Restituiscono così alla rielaborazione collettiva
una rivista criticamente eversiva, rendendo
tutta la dispettosa innovazione di Rosso, che
tra il 1973 e il 1979 superò il costume, umiliò la
consuetudine, sbaragliò la tradizione con le sue
pagine operaiste e differenti. Oltre la fabbrica e
l’ ”operaio massa”, Rosso si spinse alla ricerca
di altre mappature possibili, in pellegrinaggio
inferocito verso un soggetto nuovo e diffuso,
verso un orizzonte differente e più espanso che
“s’innerva sul territorio, sguscia nel terziario
e sussume la società”. Di questo vien resa ora
doverosa memoria. Tra questioni femminili
e liberazioni culturali, urgenze studentesche
e istanze omosessuali, le cronache brevi si
alternano agli stralci di rivista ben indovinati,
mentre le date fedeli incorniciano le incursioni
temporali in un altrove che diventa sempre
di più lo spazio dell’oggi. Così, si vivificano le
eredità di una stagione interrotta ma non per
questa esaurita, che rintraccia nel terreno
uniformato della società “veltrusconiana” altre
improrogabili analisi.
Stefania Ricchiuto
MARINA VALENTE
Osteria Calcutta
Ed. Sensibili alle foglie
La stravaganza della “solidarietà
non organizzata” diventa un libro, e
nonostante sia una testimonianza
si confonde spesso con l’incanto
di un romanzo. E’ il 2001,
infatti, quando una combriccola
di folli sceglie un nome insolito
per un’associazione altrettanto
bislacca: L’Osteria a Calcutta,
sintesi perfetta di un modo di
rapportarsi alle involuzioni contemporanee,
e di superare le dinamiche ordinarie del fare.
Come nelle antiche osterie – quelle genuine di
un tempo, non le mistificate di oggi – in questa
compagnia di bizzarri individui tutto procede
per convivialità. Tra un sorriso autentico e il cibo
condiviso, nell’autogestione più pura e davvero
dal basso, un appello inusuale viene redatto e
diffuso per giornali e altri canali, e in un tono
di rasserenante intimidazione comunica: “Né
complici né integrati. Vogliamo essere costruttori
contro. Un modo per costruire la pace è essere
fabbricanti di una nuova grammatica”. Le
parole sono poche, essenziali, ostinate. Circolano
ovunque, acchiappano inquietudini, conquistano
emarginazioni. Risponde a queste soprattutto
chi non è a suo agio nei meccanismi beceri di
una società mal congegnata, e sogna assenza di
dispositivi e distanza ampia da ogni apparato. Si
crea, così, un gruppo di disadattati cronici pronti
a partire per andare lontano, con la speranza,
forse sottintesa, di fare e subire meno danni
possibili altrove. Si comincia dall’India, “uno dei
cuori sanguinanti della Terra”, di preciso da uno
Libri 39
slum poverissimo alla periferia sud di Calcutta,
in cui un manipolo di volontari, reclutati nel
terreno fertile del disagio, incontra il disagio
altro e ne fa risorsa.
Stefania Ricchiuto
RICK MOODY
Tre vite
Minimum Fax
Un ex funzionario pubblico vaga
spaesato sulle rive di una ridente
isola del Nord America, con la
convinzione di dover scongiurare
una minaccia terroristica. Una
giovane impiegata di un’agenzia
di
assicurazioni
inizia
a
ricevere biglietti minatori che
la condurranno sulle tracce
dell’insospettabile autore delle
sue ossessioni. Un giornalista si aggira fra le
macerie di una New York post apocalittica, alla
ricerca di spunti e testimonianze per un articolo
su Albertine. Una droga capace di far rivivere
emozioni sopite. Tre personaggi, tre vite, tre
differenti modi di raccontare le insicurezze,
le paranoie, la confusione dell’America d’oggi.
Rick Moody sviscera attraverso tre racconti,
le psicosi ed i tormenti che si annidano nella
società post undici settembre. Ancora una volta
la piccola casa editrice romana, minimum fax, ci
consegna in questo libro, il lavoro, la passione e
l’immaginario creativo di uno dei più brillanti e
prolifici autori americani del nuovo secolo.
Roberto Conturso
Marinho, nonostante l’assoluta convinzione delle
sue idee, incontra e s’innamora di una cafona,
sorella di uno dei suoi più acerrimi nemici, le sue
convinzioni inizieranno a vacillare. Attraverso la
rappresentazione di una realtà cruenta popolata
da adolescenti, D’Amicis fotografa un’Italia
che cambia, l’Italia del primo contagio sociale:
quello che aveva denunciato Pasolini col termine
“omologazione”. Non più diversi per “casta”,
ma accomunati dai consumi, non più separati
dall’essere ma immersi nel medesimo avere.
Scritto utilizzando un duplice registro, quello
sostenuto dell’io narrante che rivive a trent’anni
di distanza l’estate del suo cambiamento, e
quello basso dei dialoghi tra le due bande di
adolescenti, La guerra dei cafoni conferma le
grandi doti narrative di D’Amicis.
Rossano Astremo
THURSTON MOORE
Mix tape. L’arte della cultura delle
audiocassette
Isbn
CARLO D’AMICIS
La guerra dei cafoni
Minimum Fax
È la torrida estate del 1975. A Torrematta,
località marittima del Salento, si fronteggiano,
come ogni anno, in una lotta irrazionale per
l’ottenimento della supremazia sul territorio,
i figli dei benestanti e i figli dei contadini e dei
pescatori, i cosiddetti cafoni. Questo è il nucleo
tematico attorno a cui ruota La guerra dei cafoni
(minimum fax, 2008), nuovo romanzo di Carlo
D’Amicis, lo scrittore tarantino, che da anni vive
a Roma, dove è redattore di Fahreneit, una delle
trasmissioni radiofoniche culto per gli amanti dei
libri. Scontro tra mondi antitetici, quindi, quello
che viene raccontato dall’io narrante Francisco
Marinho, quattordicenne capo dei signori,
ma la divisione di classe che sembra essere
immutabile crolla dinanzi all’amore. Quando
Un immenso effetto nostalgia è giunto dopo
la lettura di Mix tape. L’arte della cultura
delle audiocassette, edito da Isbn e curato dal
guru Thurston Moore, leader dei Sonic Youth.
Immenso effetto nostalgia perché ha aperto
scatole della memoria da un bel po’ in cantina,
quelle della mia adolescenza, quando per fare
colpo su una ragazzina che ti piaceva producevi
il tuo fantastico mix di tracce suddiviso nel
duplice lato, nella speranza che almeno un paio
di canzoni potessero travolgere il destinatario
dell’opera. Il libro raccoglie un’introduzione
all’edizione italiana di Bruce Sterling,
Libri 41
l’introduzione di Thurston Moore e poi una
serie di contributi di artisti, designer, registi,
musicisti e scrittori, tutti “vittime” anche loro
del fenomeno delle compilation su cassetta. C’è
Dean Wareham che nel suo intervento sintetizza
molto bene l’idea che si celava dietro la pratica
del mix tape: “Ci vogliono tempo e fatica per
registrare una compilation su cassetta. Il tempo
impiegato implica un legame emotivo con il
fruitore. Può essere l’intento di finirci a letto, o
di condividere idee. Il messaggio della cassetta
può significare. Ti amo. Ti penso sempre. Ascolta
cosa provo per te. Oppure, forse: mi amo. Sono
una persona di gusto che ascolta cose di gusto.
Questa cassetta dice tutto su di me. C’è un che di
narcisistico nel preparare un mix per qualcuno,
e il gesto stesso di regalare una cassetta pone in
qualche modo il destinatario a esserci debitore”.
È vero, il mix tape è stato sostituito dalle attuali
playlist, ma, ripeto, c’è l’onda anomale del culto
per il vintage a dare alle audiocassette quel
fascino immarcescibile e c’è, inoltre, un’altra
questione che Moore specifica a chiusura di
libro: “Con il digitale, il cervello assorbe le
informazioni nella loro algebrica perfezione.
L’analogico possiede quell’aura di mistero in cui
dimora il senso dell’universo, che il digitale non è
riuscito ad ottenere. Tutti noi abbiamo ascoltato
album a ripetizione, e ogni volta l’esperienza
era differente perché l’orecchio emotivo avrebbe
reagito a risonanze precedentemente non
riscontrate. Era come se ogni bacio regalasse
una nuova sensazione. Il formato digitale è come
un bacio freddo”.
Rossano Astremo
GIANLUCA MOROZZI E MARCO
ROSSARI (a cura di)
Dylan revisited. Racconti su Mr.
Tambourine
Manni
Dopo
i
musicisti
che raccontano Che
Guevara, gli scrittori
parlano
del
grande
Bob Dylan. La saletina
Manni proprone questo
interessante
Dylan
revisited. Racconti su
Mr. Tambourine a cura
di Gianluca Morozzi
e
Marco
Rossari.
Sedici scrittori si sono
cimentati con Robert
Allen Zimmerman. Non è solo solo un cantante,
ma l’icona di molte generazioni, un poeta, un
cialtrone, un ebreocattolico, un visionario, un
narciso, un misantropo, un acustico e un elettrico.
L’affresco variegato di uno dei più grandi
interpreti della musica internazionale. I racconti
sono di Ivano Bariani, Daniele Benati, Francesca
Bonafini, Alessandro Carrera, Gabriele Dadati,
Carlo Feltrinelli, Teo Lorini, Marco Missiroli,
Gianluca Morozzi, Livio Romano, Marco Rossari,
Angelina Rotolo, Francesco Savio, Fiammetta
Scharf, Alice Suella.
MARCO BOSONETTO
Requiem
per
un’adolescenza
prolungata
Meridiano Zero
L’altra sera ho bevuto un bicchiere di vino assieme
ad un’attrice. In verità lei non fa solo l’attrice,
ma gestisce assieme ad altri ragazzi un locale
qui a Roma. L’idea era quella di organizzare una
serie di incontri letterari curati dal sottoscritto.
Lei si è dimostrata molto disponibile, annuiva
a tutto quello che le dicevo, non distinguendo
Lucarelli da Carlotto. Lei legge molti libri, dice,
ma è un po’ disordinata, dice. Il punto, però, non
è questo. Dopo due minuti di discussione attorno
alla “questione libri”, lei inizia a parlarmi della
sua vita di intellettuale precaria, delle sue
giornate passate nella sua stanza, tra scrittura,
lavoro di ufficio stampa per il locale, varie ed
eventuali. A lei mancavano pochi esami per
laurearsi in Medicina, mica cazzi, poi ad un certo
punto molla tutto perché vuole fare l’attrice. A
lei non va a genio questa cosa di scrittori e registi
che fanno libri, spettacoli teatrali e film sul
precariato. Per lei il precariato è una forma di
libertà. È la migliore delle soluzioni possibili. Il
non sottostare a logiche contrattuali asfissianti.
Ok, ci siamo capiti. Io l’ascoltavo con la stessa
attenzione con cui si ascolta un rinoceronte
che russa. Perché questa lunga premessa, vi
chiederete. Perché stanotte quando ho letto
Requiem per un’adolescenza prolungata di Marco
Bosonetto, piccolo libro edito da Meridiano
Zero, mi è tornata in mente l’attrice precaria.
Perché Candido Neve, il 32enne protagonista
del romanzo, altro non è che una variante di
questa corposa fetta di intellettuali proletari che
infesta il nostro stivale: “Non si concede nessun
lusso, nessun orpello borghese come un cellulare
o un lavoro. Con i suoi pantaloni di velluto e la
camicia a quadretti dai polsini sfilacciati, attende
serenamente qualche evento che scuota i suoi
trent’anni, e intanto recita a memoria i passi
Libri 43
preferiti del Maestro e Margherita di Bulgakov
davanti allo specchio”. Giusto per avere chiaro
in mente il personaggio. Il romanzo è ambientato
in un futuribile 2013, anno in cui nella nostra
Italietta il Parlamento approva una legge volta
a snidare i bamboccioni, affinché questi siano
“prima uomini e poi figli”. Tale progetto va
sotto il nome di Campagna per lo Sradicamento
dell’Adolescenza Prolungata e quindi il nostro
Candido Neve è costretto ad abbandonare
l’abitazione della nonna, situata nello stesso
pianerottolo dei suoi, e a ricominciare la sua
esistenza da zero, considerandosi rapidamente
in una nuova prospettiva. Il libro è breve, scorre
veloce, diverte ma non lascia il segno. Però ho una
mia convinzione. Se per una volta la barriera che
separa realtà e finzione crollasse determinando
un irriguardoso mescolamento, credo che la mia
attrice troverebbe molto attraente Candido Neve
e chissà forse la voglia dello stesso di divenire
padre, espressa più volte nel libro, potrebbe
trovare un suo convincente approdo.
Rossano Astremo
PAOLO VINCENTI
A volo d’Arsapo
Il raggio verde edizioni
Imprenditore, scrittore, poeta, giornalista. Paolo Vincenti è una sorpresa, è un catino di idee
che prova a realizzare e mette, soprattutto per
iscritto. Ogni volta che lo incontri ti regala la
sua nuova opera. Articoli, saggetti, poesie. Mi ha
colpito molto però la presentazione di questo volume che raccoglie gli articoli scritti da lui su un
altro personaggio della cultura salentina Maurizio Nocera. Nel volume c’è anche una prima
bozza di bibliografia dell’intellettuale salentino
(classe 1947) dal 1979 ad oggi. Un pezzo della
storia culturale di questa terra tra Antonio Verri
e Salvatore Toma, Fernando Bevilacqua e Giuliana Coppola, riviste, incontri, volumi, convegni. Nocera è il passato e il presente, ponte tra
generazioni, Vincenti è il presente e il futuro.
Di un Salento curioso di provare nuove forme di
scrittura e di lettura.
ROBERTO VALENTINI
La tana del polpo
L’autore libri Firenze
Cosa non basta a un amore? Ci sono cose che
appartengono a noi solamente. È parte di un
istinto, di qualcosa che finisce per straripare
dalle convenzioni di una vita normale e rovina.
Sono i segreti a volte, qualcosa che neanche a noi
44 Libri
stessi abbiamo ammesso. Non basta una donna,
un bambino, una carriera contraddistinta da
brillantezza. La catarsi incombe e solo questa
può salvare, cucire, offrire una soluzione. La
tana del polpo racconta una storia, una storia
che è dentro a un racconto. Lo fa in modo vivido,
a tratti lirico a volte ironico. Lo fa con sincerità, è
vicina tanto che sembra di riconoscersi in alcune
meccaniche tipiche del logorio dell’amore. In ogni
tragedia c’è un momento per sorridere, magari
amaramente. Quello che conta è il dopo, la cura.
Per l’autore è la scrittura e noi non possiamo che
essere d’accordo. (O.P.)
ANDRÉ GORZ
Carta a D. Historia de un amor.
El Arco de Ulises
Si arriva a un punto
nella vita, presto o tardi,
in cui si sente il bisogno
di fermarsi nella corsa
estenuante in avanti,
guardarsi indietro e
tentare di capire come
si sia arrivati a quel
punto, cosa o chici abbia
dato la forza di arrivarci.
André Gorz, pseudonimo
sotto il quale si cela il
viennese Gérard Host,
filosofo e giornalista
riconosciuto, numerosi scritti di teoria politica
e critica sociale pubblicati, una vita dedicata
allavoro di riflessione e scrittura, è arrivato a
quel punto. Poco dopo la scoperta della malattia
che aveva colpito la moglie,Gorz decide di
fermarsi, ripercorrere i momenti vissuti per
dare un sensoal passato, per capire la storia d’
amore lunga una vita. Lo fa attraverso questa
lunga lettera indirizzata a D., sua moglie. Una
lettera dalle parole semplici e dirette, come per
confessarle le cose taciute, spiegare le decisioni
complicate, motivare le azioni, ricordare quei
momenti passati insieme che nel ricordo si fanno
ancora piú speciali. Questa lettera,ë peró sopra
ogni cosa, un ringraziamento a lei. A lei, bella
come un sogno, elegante come un fiore, e come
un fiore dai tratti fragili e dal forte carattere,
lei col suo francese dall’accento inglese, lei che
lo ha sempre spinto alla scrittura e appoggiato
nel lavoro, a lei, senza la quale non sarebbe
arrivato dove é arrivato. André Gorz, forse tardi
ma non troppo se n’é accorto e la ringrazia. Nel
1997, Gorz e sua moglie si suicidano nella loro
casa francese. Sempre si erano detti che se esiste
un’altra vita avrebbero voluto viverla insieme...
Valentina cataldo
MASSIMO
LEITEMPERGHER
Non ho dormito mai
Lupo Editore
Una “non-storia” costruita
sulla narrazione di esperienze,
incontri, viaggi nel corso dei
quali il protagonista interpreta
pienamente
il
disordinato
percorso di certa gioventù,
le sue inconsce autodifese,
l’incapacità di mettersi in gioco
fino in fondo. Enrico B. non sa,
forse non vuole trovare se stesso
e neppure incontrare davvero
gli altri, lasciandosi assorbire
solo
momentaneamente
da suggestioni e situazioni
che
potrebbero
invece
trasformare il suo universo o,
almeno, indurlo a mettere in
discussione il suo stile di vita,
suggerendogli valori nuovi e
dubbi costruttivi, capaci di
indicare una direzione.
Al contrario, per lui tutto
scorre, lasciandolo “libero” e
solo, sospeso in una specie di
superficiale cinismo che gli
impedisce di confrontarsi o di
riconoscersi nelle vicende e
nell’interiorità altrui, mentre
la sua definitiva perdita di
innocenza trasforma ogni volto
incontrato in quello sfumato di
una comparsa.
Il libro è corredato da una
playlist consigliata dall’autore,
una sorta di “discografia” del
libro (The Strokes, Johnny
Cash, Mogway, Black Heart
Procession) con brani suggeriti
per accompagnarne la lettura,
la playlist è consultabile
sul blog dell’autore (www.
nonhodormitomai.myblog.it).
LIBRI ERRANTI PER LETTORI OSPITALI
Franca B. presta libri a chiunque. Lo fa tramite
il blog librinprestito.splinder.com, su cui elenca
puntualmente le letture che con generosità
infinita mette a disposizione di chiunque,
accollandosi finanche le spese di spedizione se
il lettore desideroso di quel certo titolo si trovi
in una città altra rispetto alla sua. Chiede, in
cambio, che il libro venga restituito entro un
mese e poco più, che chi lo ha accolto provveda
alle spese di restituzione, e che tornando nelle
mie mani sappia raccontarmi qualcosa del tempo
passato nelle tue.
Solo questo, e nient’altro: la sottolineatura di
una frase piacevole, cara o determinante; una
riga scritta al margine che narri l’essenza di chi
ha letto; un segnalibro artigianale da scoprire
con sorpresa tra le pagine; un pensiero di carta
messo lì, tra le parole ormai assorbite; una foto,
che riporti un sorriso di lettore; uno spruzzo
di profumo, a suggerirne un’identità; un fiore
aderito così alla scrittura avvolgente.
In modo che, al suo ritorno, si possa annusare
un odore di libro vagabondo e differente, lo si
possa toccare per scoprirne una consistenza
consumata dal suo cammino, lo si possa osservare
indagandone l’usura bella del girovago convinto.
Riponendolo in biblioteca, sarà testo più ricco e
prezioso di prima, grazie alle mani che lo hanno
saggiato e agli occhi che sono annegati nelle sue
storie.
Poi, se qualcun altro lo desidererà, libro
vagabondo riprenderà ancora il viaggio per
acchiappare un pezzo di vita altra offrendo
accenni delle precedenti, per poi tornare,
restituire a Franca le sensazioni del momento,
e ripartire nuovamente alla vòlta di altri lettori
ospitali e cortesi, consapevoli sempre che la sosta
potrà durare solo il tempo giusto della lettura.
Sul blog, sono visibili gli ultimi titoli inseriti con
le schede di presentazione e qualche commento,
e sono scaricabili l’elenco completo dei testi
disponibili e il modulo per richiedere questo
“passaggio di lettura”.
Preferibile – suggerisce Franca – indicare almeno
tre titoli , perché sono molti i libri in giro, e con
più indicazioni si può subito inviare qualcosa
evitando che la voglia di leggere debba attendere
invano un incontro forse difficile.
Stefania Ricchiuto
Libri
Libri
CONTROLUCE
Salutare la nascita di una nuova casa editrice è
come scoprire che c’è ancora spazio per nuove idee,
storie, vite di carta. Quando poi, fin dall’inizio, si
scorge una visione chiara e illuminata, il piacere
è doppio. La constatazione, infine, che si può
fare editoria nel Salento senza essere provinciali
è un’ulteriore speranza. Abbiamo fatto qualche
domanda a Stefano Donno.
Ma c’è ancora bisogno di nuove case
editrici?
L’attuale mercato editoriale italiano presenta
un variegato e ricchissimo mondo costituito da
una costellazione di case editrici piccole, medie
e grandi che sinceramente offrono l’imbarazzo
della scelta. Da aggiungere che il numero della
tipologia di queste aziende sale anno dopo anno.
All’interno di questo sistema alcune di queste
imprese, hanno una linea editoriale piuttosto
marcata, altre un po’ meno preferendo un taglio
ampiamente generalista, altre ancora sono
semplici services. A quanto pare non ci sarebbe
proprio la necessità di pensare o discutere circa
la necessità di un’altra casa editrice …
Naturalmente si tratta di una provocazione,
lanciata anche da voi. Investire sulle parole
è sempre coraggioso. Da dove parte Edizioni
Controluce? Quale idea muove tutto?
Certamente investire sulle parole è sempre
coraggioso, l’importante è però non scivolare
in equivoci. Mi spiego meglio… Le Edizioni
Controluce partono da un’esigenza di fondo molto
forte, che si divide in due momenti principali: il
primo è la ricerca di carattere estetico (grafica,
impaginazione, editing) di un movimento che
testimoni l’ampio respiro transfrontaliero che
si intende seguire; il secondo è il superamento,
attraverso la scoperta di nuove e singolari voci
dal mondo delle lettere, di confini e limiti che
potrebbero in qualche modo impedire la scoperta
di opere poetiche e letterarie di altissimo valore
Vi guardate molto intorno, a volte
sconfinando, ci parli un po’ di questa vostra
curiosità?
La curiosità implica il cercare l’informazione
di cui si ha bisogno fine a se stessa, giusto per
placare un desiderio superficiale di conoscenza
alquanto circoscritto. Nel nostro caso si tratta
di un progetto di ricerca editoriale, fondantesi
su una filosofia del dialogo e dell’adiacenza
rispetto a
culture e geografie altre della
scrittura (dall’Australia, alla Cina, al Giappone,
all’Africa) che hanno ancora molto da raccontare
e offrire, senza ovviamente trascurare le voci più
interessanti della narrativa e poesia italiane
Siete giovanissimi ma avete già le idee
molto chiare. Ci racconti in breve le vostre
novità?
Innanzitutto accanto a nomi celebri del panorama
internazionale (Ismail Kadarè, Vasile Andru), si
sentirà parlare di autori poco conosciuti (Vasile
Andru, Michael Wilding), con la consapevolezza
però che il contenuto delle loro opere sorprenderà
tutti i lettori che entreranno in possesso di
un libro Controluce, per qualità e freschezza.
Un nuovo marchio che presenterà con le sue
pubblicazioni le migliori penne della narrativa,
poesia e saggistica mondiali. Una scelta di
campo che darà grande visibilità alla migliore
produzione che una cultura senza frontiere può
offrire al pubblico italiano e non solo.
Esperienze come questa hanno sempre una
lunga storia alle spalle. Come siete arrivati
a Edizioni Controluce?
L’esperienza professionale del nascente gruppo è
stata costruita all’interno di diverse esperienze
individuali nell’ambito editoriale, che sono state
fondamentali per sviluppare una propensione
operativa nel creare idee e progetti. Grazie
al background acquisito, e grazie ad una
profonda convinzione che c’è ancora molto da
dire e costruire nell’universo della letteratura e
saggistica internazionale di oggi, ecco che siamo
arrivati a creare Controluce.
Perché la parola “controluce”?
Perché guardare le cose, la letteratura, la realtà,
la vita, bilanciando i giochi di luce e ombra ti da
uno sguardo d’insieme più chiaro, più nitido…
Quali sono i progetti in cantiere?
Da pochissimo è uscito per i nostri tipi un inedito
del grande Tullio Pinelli che ha compiuto 100
anni, lo sceneggiatore di Fellini per intenderci,
dal titolo Innamorarsi, e un bellissimo lavoro a
cura di Mirco Dondi dal titolo I Rossi e i Neri.
In questi giorni sarà in libreria Favola scarlatta
della stanza che non si trova di Luisa Ruggio.
Ma se ci seguirete consultando puntualmente
il nostro sito (www.edizionicontroluce.it)
riserviamo delle belle sorprese…
Osvaldo Piliego
Libri 47
CINEMA TEATRO ARTE
BECCHINI SI NASCE
48
C’è un lembo di terra, in provincia di Bari
che sembra dire che le storie, quelle belle da
raccontare, non nascono solo nelle moderne
città. “Dei vivi bisogna aver paura, non dei
morti”, recita un adagio che riassume meglio
d’altri il leitmotiv di Pinuccio Lovero: sogno
di una morte di mezza estate, nuovo lavoro di
Pippo Mezzapesa, David di Donatello nel 2004
con Zinanà, prodotto da Paky Fanelli e Fanfara
Film. Siamo a Mariotto, frazione di Bitonto.
Nel mezzo di una torrida estate e dopo anni di
attesa, il quarantenne Pinuccio corona il suo
singolare sogno: fare il becchino. Ottenuto un
contratto a tempo determinato presso il cimitero
cittadino, aspetta con pazienza un funerale.
Perché dal giorno del suo arrivo, cinque mesi
prima, a Mariotto non è più morto nessuno. E
mentre i paesani festeggiano, Pinuccio attende
imperturbabile, fiducioso che la natura farà il
suo corso.
Questo il bizzarro personaggio che ha ispirato
il docufilm, sceneggiato dallo stesso autore con
Antonella Gaeta e che si è avvalso inoltre del
direttore della fotografia Michele D’Attanasio e
dell’aiuto regista Vito Palmieri, ricomponendo
così nei ruoli chiave la stessa troupe dei fortunati
Zinanà e Come a Cassano. A completare il
quadro il montaggio di Andrea Maguolo e le
musiche, realizzate da Umberto Smerilli e dal
salentino Cesare Dell’Anna, efficace sottofondo
per un’opera spassosa ma profonda.
In un Sud raccontato in maniera visionaria,
questo documentario “low budget” va oltre
l’aspetto folcloristico della vicenda per
soffermarsi sulla realtà di una vita precaria, in
ogni senso, come quella del protagonista e su
quella di una provincia fatta ancora di tradizioni
e vernacolo. In un mondo a velocità massima
come quello di oggi, questo mosaico popolato
da attori improvvisati a volte più efficaci di
quelli professionisti rivela tutto il valore di una
spontaneità popolare ancora viva e importante.
E cosa accade quando i propri desideri si
scontrano con quelli del resto del mondo? A
questo e ad altri interrogativi cerca di dare
risposta il piccolo film, ristretto trampolino che
fa balzare verso una visione universale delle
cose. Interprete principale, e non poteva essere
altrimenti, è il vero Pinuccio, che accompagna lo
spettatore in un percorso che attraversa non solo
le sue vicissitudini, ma che gli dà l’occasione di
esporre una filosofia di vita fatta di tesi divertenti
e condivisibili sul senso del trapasso, del lavoro e
dell’amore. Perché le apparenze potranno anche
ingannare, ma la morte no, quella alla fine arriva
per tutti. Basta aspettare. Pinuccio docet.
C. Michele Pierri
PEROTTI POINT
La preparazione è stata lunga. Anni di cause e
di polemiche, anni di speranze e di controversie
legali. Alla fine, nell’aprile del 2006, i
palazzoni di Punta Perotti a Bari caddero giù,
disintegrati da migliaia di chili di tritolo. Una
caduta spettacolare ripresa da centinaia di
videocamere. Quelle delle tv di tutta Italia, con
dirette lunghissime ed estenuanti, e quelle dei
filmmaker. Da queste riprese, di professionisti
e curiosi, è nato un documentario che racconta
la “triste” caduta di un ostacolo. L’ostacolo che
bloccava la vista, che disturbava l’orizzonte. Oggi
su quelle macerie è nato un parco, uno spazio
verde e attrezzato per bambini, per passeggiare,
per correre, per ospitare concerti.
Il documentario Perotti Point è nato da un’idea
del regista barese Alessandro Piva che ha
coordinato nei giorni della demolizione questo
collettivo. Il coordinamento dell’edizione è stato
invece curato da Maurizio Sciarra.
Il film fa vedere da decine di punti di vista la
deflagrazione e la caduta dei palazzi ma non è
solo questo: è il racconto, attraverso la voce dei
protagonisti di questa storia (costruttori, politici,
gente comune) della nascita e della morte di
quello che doveva essere un grande progetto e
che si è invece trasformato in una ferita aperta.
I punti di vista sono ovviamente diversi: il dolore
dei proprietari contrasta con la soddisfazione
degli amministratori, lo scetticismo di molti
baresi è opposto alle scene di giubilo seguite al
crollo. Il racconto è emozionante (anche per chi
di Bari non è) e non troppo fazioso. Qualcosa di
importante è accaduto. Andava raccontato bene.
Questo collettivo, in larga parte, ci riesce. (pila)
Cinema Teatro Arte 49
CINEMA DEL REALE
Giunge alla quinta edizione la Festa di Cinema
del Reale (24, 25 e 26 luglio), manifestazione
dedicata ad autori ed opere che offrono
descrizioni e interpretazioni personali e singolari
delle realtà del mondo, passate e presenti.
L’evento, organizzato da Big Sur con la direzione
artistica del filmaker Paolo Pisanelli,è inserito
nella programmazione di Salento Negroamaro,
festival delle culture migranti della Provincia di
Lecce, che quest’anno ha per titolo Territorios ed
è dedicato all’America Latina.
A fare da scenario alla manifestazione il
borgo antico di Specchia, considerato uno dei
più belli d’Italia, e il cinquecentesco Castello
Risolo, edificio medievale nell’incontaminato
paesaggio del basso Salento, che per tre giorni
si animeranno dando vita ad una vera e propria
50
Cinema Teatro Arte
Cittadella del Cinema che vedrà confrontarsi
pubblico e addetti ai lavori.
Protagonista indiscusso di questa edizione il
regista argentino Fernando Birri, definito dallo
scrittore Gabriel García Márquez il “grande
padre del nuovo cinema latino-americano”. Birri,
formatosi presso il Centro Sperimentale di Roma
e considerato un raffinato teorico del cinema e
un autore visionario, sarà al centro di un tributo
che darà al pubblico l’occasione di ammirare i
suoi primi due film, Tire dié e Los inundados, e
un ritratto di Che Guevara raccontato dal padre,
Mi hijo el Che.
A precedere il festival il seminario “Sguardi
nomadi”, organizzato in collaborazione con le
Manifatture Knos di Lecce, che dal 18 al 21
luglio darà modo ai partecipanti di approfondire
L’AMERICA LATINA DI BIRRI
Il talento visionario e surreale di Fernando Birri è
al centro dell’edizione 2008 della Festa di Cinema
del Reale. Nato in Argentina il 13 marzo 1925,
Birri esordisce giovanissimo come poeta e pittore
e nel 1950 si trasferisce a Roma dove frequenta il
Centro Sperimentale di Cinematografia. Tornato
in patria fonda l’Instituto de cinematografia de
la Universidad de Litoral e getta le sue basi di
raffinato teorico con la redazione del manifesto
Per un cinema nazionale, realista, critico e
popolare. Il documento, riconosciuto come il primo
atto di una rivoluzione artistica sudamericana,
gli frutterà anni dopo la definizione di “grande
padre del nuovo cinema latinoamericano” da
parte dello scrittore Gabriel García Márquez.
Molto attenta al racconto di vite e storie degli
“ultimi”, nell’ambito del festival la produzione
del maestro di Santa Fe seguirà un percorso
scandito da tre significativi passaggi.
Il primo, Tire diè (Gettaci un soldo, 1961),
in programma il 24 luglio alle ore 21.15, è
un’inchiesta sociale, la prima del regista, che
ha per scenario l’America Latina della povertà.
In un sobborgo di Santa Fe, l’occhio dell’autore
scorge semplici gesti quotidiani che diventano
un modo per raccontare la vita di chi lotta per la
sopravvivenza.
Sempre il 24 luglio, alle ore 00.45, verrà
proiettato Mi hijo el Che (Mio figlio il Che,
1985), intenso ritratto di uno dei rivoluzionari
più famosi del mondo, visto attraverso gli occhi
di suo padre, Ernesto Guevara Lynch. Una
testimonianza commovente dalla voce chi lo
conosceva davvero.
Chiude la retrospettiva Los inundados (Gli
inondati, 1962), suo primo film a soggetto in
proiezione alle ore 20.45 del 25 luglio. Nella
pellicola la storia tragicomica della famiglia
Gaitan e delle sue vicissitudini a seguito delle
cicliche inondazioni in una delle province
settentrionali dell’Argentina. Girato con gli stessi
alluvionati, il film usa la chiave della parodia
per mostrare in maniera sensibile l’umanità
variegata di chi vive ai margini. (C.M.P.)
poetiche e pratiche dell’attività del filmaker
e che verrà condotto da Paolo Pisanelli con la
collaborazione del montatore Mattia Soranzo e
della sceneggiatrice Giorgia Cecere.
Le proiezioni prevederanno invece il consueto
parco di documentari e film italiani. L’ecomafia
campana è al centro di Biùtiful cauntri di
Esmeralda Calabria, Andrea D’Ambrosio e
Peppe Ruggiero, reportage che sull’onda lunga
del successo di Gomorra descrive i danni
incalcolabili di un disastro ambientale senza
precedenti.
Premio Cipputi come miglior documentario sul
mondo del lavoro nel 2006, Il lato grottesco della
vita di Federica Di Giacomo lancia uno sguardo
ironico ma severo sul turismo lucano. Qui, nel
profondo Sud rurale, le atmosfere senza tempo
dei Sassi di Matera diventano lo strumento per
raccontare le storie di chi cerca di sopravvivere
al provincialismo.
Il novantenne Arturo è il rassicurante compagno
di percorso de Il passaggio della linea, pellicola
di Pietro Marcello che dal Nord al Meridione
mostra un’Italia fatta di contraddizioni e poesia,
vista attraverso i vagoni di un treno e i ricordi
della vita di un uomo. Il teatro e il Professore di
Paolo Pisanelli racconta l’esperienza del Centro
Diurno di Via Montesanto a Roma, luogo di
confronto e socializzazione aperto a chiunque
si sia allontanato dai “binari della realtà”.
Attraverso la guida del professor Vittorio De
Luca, filosofo della vita e protagonista del film
la storia di un laboratorio teatrale del tutto
particolare.
Vogliamo anche le rose di Alina Marazzi descrive
invece il profondo cambiamento portato dalla
liberazione sessuale femminista in Italia a
cavallo fra gli anni ’60 e ’70. Un mosaico di storie
e voci di tre donne provenienti da luoghi diversi
della Penisola.
Numerose le iniziative parallele come la neonata
collaborazione con la Cineteca Lucana e le
prosecuzioni di quelle con l’Archivio Audiovisivo
del movimento operaio e democratico di Roma e
con HomeMovies, archivio nazionale dei film di
famiglia di Bologna. Coinvolto anche il mondo della
produzione e dell’impresa cinematografica con il
Mediterranean CoProduction Forum, incontro
organizzato dall’Apulia Film Commission,
dalla
Copeam
(Conferenza
permanente
dell’audiovisivo del Mediterraneo) e dall’Istituto
di culture mediterranee della Provincia di Lecce.
A contorno della manifestazione mostre e videoinstallazioni curate da BigSurArtShowcase e
accompagnate da incontri musicali a cura del
gruppo femminile di musica popolare Triace.
Il programma su www.cinemadelreale.it
C. Michele Pierri
Cinema Teatro Arte 51
VENTI ANNI
SENZA PAZIENZA
Vent’anni fa moriva nel caldo abbraccio di
giugno Andrea Pazienza, l’unica rockstar del
fumetto italiano. Crepax, Pratt, Manara sono
astri indiscussi di un’arte troppo bistrattata
nel Belpaese; artisti riveriti ed elogiati da
critica, media e pubblico. Pazienza fu altro,
la sua esperienza creativa e personale unica
nel panorama non solo fumettistico italiano.
Se ne accorse subito Hugo Pratt, quando,
fortemente colpito da Le straordinarie avventure
di Pentothal, opera prima di Paz, decise di
pubblicarlo sulle pagine della rivista Alter Alter.
Attraverso un tratto già originale e maturo,
l’artista marchigiano ritraeva una sorta di
versione distorta ed allucinata di se stesso nel
clima forte e contraddittorio delle contestazioni
universitarie del ’77 bolognese, senza censure o
freni. Pazienza assurge al ruolo di profeta di una
generazione irrequieta che vive una stagione di
fervori politici e di estremismi. Egli la incarna
pienamente, non nascondendo una vita privata
colma d’eccessi ma anche d’una sottile e salvifica
autoironia. Nel 1981 inizia a pubblicare le
storie del sadico liceale Zanardi, inscenando e
profetizzando il declino della società “italica”,
alternando a tale ferocia l’umorismo gustoso
delle vignette dedicate a Sandro Pertini, il
più simpatico ed umano tra i Presidenti della
Repubblica della storia della nostra nazione. È
l’epoca del fermento; un’esplosione di creatività
dalla quale sgorgano le strepitose riviste
antologiche Cannibale, Frigidaire ed Il Male
che tennero a battesimo autori come il Tonino
Liberatore di Ranxerox e alle quali Pazienza
diede il suo fondamentale apporto, in quello
che fu un momento irripetibile per il fumetto
italiano. Il fumettista è oggetto dell’attenzione di
intellettuali come Pier Vittorio Tondelli che, come
Paz, proveniva dall’esperienza del ’77 bolognese
e che morirà pochi anni dopo di lui; di Fellini,
per il quale disegnerà il manifesto del film La
città delle donne. Intanto Paz fugge da Bologna,
per ritrovarsi nella verde Montepulciano, tra le
splendide campagne del senese. Apparentemente
gli anni estremi dello sballo e della “rabbia
giovanile” sembrano alle sue spalle, ed egli decide
di rendere ad essi omaggio attraverso l’opera che
è il suo testamento artistico: Gli ultimi giorni di
Pompeo. Anch’essa, come tutta la sua produzione,
brilla per la commovente, spiazzante sincerità
nel raccontare un frammento dell’esistenza
dell’autore. In Pompeo, Pazienza narra il delirio
e il declino di un eroinomane all’ultimo stadio
con toni elegiaci e struggenti. Fatalmente
anch’egli morirà d’overdose nel 1988, lasciando
angosciate le schiere di lettori ed estimatori che
s’era conquistato nella manciata d’anni della sua
folgorante carriera; Paz muore prematuramente
come molte divinità del ventesimo secolo, nel
pieno rispetto del mantra “Brucia tutto, muori
giovane”, ma egli non fu mai divo se osò pensare
a se stesso come un genio, simile com’era ai
suoi scarmigliati, dinoccolati personaggi. Come
spesso amava ripetere, “La pazienza ha un limite,
Pazienza no”; mai epigrafe fu più azzeccata.
Roberto Cesano
Cinema Teatro Arte 53
EVENTI
VENERDÌ 11 LUGLIO
Gil Evans Orchestra ad Alberobello (Ba)
Dopo l’apertura affidata a Ludovico Einaudi, la
Gil Evans Orchestra conclude la prima edizione
di Sovrana, International World Music Festival.
Info 080 4326030
Liars a Giovaninazzo (Ba)
Funkallisto al Soul Food di Torre Dell’Orso (Le)
SABATO 12
Passeggiando sulla luna a Melpignano
DOMENICA 13
Gondar Contest al Parco Gondar di Gallipoli
(Le)
LUNEDÌ 14
Alchimie al femminile alla Cutura di Giuggianello
(Le)
MARTEDÌ 15
Open Summer Party per Summer Bass al Parco
Manà di Vernole (Le)
GIOVEDÌ 17 E VENERDÌ 18
Il ritmo del mare al Soul Food di Torre dell’Orso
(Le)
Torna, per il terzo anno consecutivo, il festival
Il ritmo del mare dedicato quest’anno a jazz
e bossa nova con Antonio Ferriero Quartet e
Agnese Manganaro. Col Salento nel sangue e il
Brasile nel cuore Agnese Manganaro simuove da
sempre con agilità nel repertorio caro alla bossa
e aglianni ’60. Ingresso gratuito.
GIOVEDÌ 17
Sabato 12 luglio, dal tramonto sino a tarda notte,
torna per il terzo anno consecutivo “Passeggiando
sulla luna. La notte bianca di Melpignano”.
Dall’ex convento degli Agostiniani sino in
Piazza San Giorgio tutto il centro storico del
piccolo comune griko sarà costellato di incontri
letterari e mostre d’arte, concerti e performance
teatrali fino a spingersi verso ai ritmi dell’hip
hop. Un centinaio tra scrittori, musicisti, poeti,
attori, scienziati saranno coinvolti in una notte
dedicata agli astri e alle arti. Ospiti di livello
nazionale e internazionale che si confrontano
con artisti salentini e pugliesi, sempre alla
ricerca della qualità e dell’innovazione. Tra gli
ospiti lo scrittore statunitense Bruce Sterling,
Francesco Guccini, il cantautore Piers Faccini, i
Radiodervish, l’attore salentino Mario Perrotta,
gli scrittori Cosimo Argentina e Carlo D’Amicis,
le band Amor Fou e Grimoon, Pete Ross, la
cantante Francesca Romana e molti altri ancora.
Info www.comune.melpignano.le.it
Buenavista Social Club al Mavù di Locorotondo
La storia musicale di Cuba, un gruppo
fondamentale condiviso con il resto del mondo
solo di recente, approda in Valle d’Itria. I Buena
Vista Social Club sono guidati da Orlando
“Cachaito” Lopez, il contrabassista memoria
storica del collettivo.
Folkabbestia al Parco Gondar di Gallipoli (Le)
Willy Deville a Ruvo di Puglia (Bari)
Luciano al Villa Renoir di Bari
Sergio Caputo a Conversano (Ba)
Levia Gravia, Gegè Telesforo e The Groovinators
al Castello Svevo di Bari
Guy e gli specialisti al Buenaventura sulla
Litoranea San Cataldo/San Foca (Le)
Una ventata di travolgente musica degli anni
50 con il gruppo barese Guy e gli Specialisti
che ruota intorno a Guy Portoghese, voce, sax
baritono e sax alto. Insieme dal 1998, hanno
cominciato con l’intento di riproporre le cover dei
grandi nomi dello swing da Luis Jordan e Louis
Prima, da Rabagliati a Buscaglione. Negli anni
hanno iniziato anche a scrivere ed eseguire brani
originali.
Qui, se mai verrai… al Teatro Romano di Lecce
Nell’ambito di Mediterranea, rassegna estiva del
Comune di Lecce, viene presentato Qui, se mai
verrai… Il Salento dei Poeti, un concerto-recital
dedicato al Salento e ai suoi poeti. “Qui se mai
verrai…” - un verso di Vittore Fiore, un invito ed
un auspicio per i viaggiatori -è il concerto-recital
che il Fondo Verri dedica al Salento e alle voci
dei suoi poeti. “Qui se mai verrai…” è anche un
Cd ed un libro, la proposta di un itinerario, di
una visita che guarda il territorio cercando nei
luoghi il riverbero della poesia: un audioguida
poetica, nata dall’incontro di Piero Rapanà,
Simone Giorgino, Angela De Gaetano e gli Adria
di Claudio Prima, Maria Mazzotta, Redi Hasa,
Emanuele Coluccia, Ovidio Venturoso. L’opera,
introdotta da Antonio Errico, è composta di due
sezioni. Una ampiamente rivolta al capoluogo
Lecce e l’altra al Salento con versi dedicati ad
Acaya, a Roca, a Martano, a Otranto, a Castro,
Eventi 55
SOUND
RES
a Poggiardo, a Palmariggi, a Vitigliano, a
Cocumola, a Porto Badisco, a S. Maria di Leuca
e a Gallipoli. I poeti che costruiscono con i loro
versi l’itinerario sono: Vittorio Bodini, Girolamo
Comi, Ercole Ugo D’Andrea, Rina Durante,
Vittore Fiore, Vittorio Pagano, Claudia Ruggeri,
Salvatore Toma, Antonio Verri.
VENERDÌ 18
Caparezza a Galatina (Le)
Vanessa De Mata al Mavù di Locorotondo (Ba)
Ballarock (la discoteca rock) al Parco Gondar di
Gallipoli (Le)
Sergio Caputo a Erchie (Br)
C.F.F. E Il Nomade Venerabile e Petrol al
Castello Svevo di Bari
SABATO 19 E DOMENICA 20
Alvaro Restrepo nell’atrio di Palazzo dei Celestini
di Lecce
La sezione “Tierra que baila” di Salento
Negroamaro, a cura di Gianna Licchetta con la
produzione di ADCartdiffusion.com, prosegue
con la straordinaria personalità del colombiano
Alvaro Restrepo che approda in Salento dal 16
al 20 luglio con la sua Compagnia El Colegio Del
Cuerpo, presentando un laboratorio (dal 16 al 18
luglio) e gli spettacoli (19 e 20 luglio nell’atrio di
Palazzo dei Celestini a Lecce), in Prima Europea,
“Fragmentos”, estratti di opere di repertorio, e
un’anteprima dell’ultima produzione dal titolo
“Fuerza de Sangre”. Ingresso spettacoli 15 euro.
www.salentonegroamaro.org
SABATO 19
Sofa al Mavù di Locorotondo (Ba)
Villa Ada crew al Parco Gondar di Gallipoli (Le)
Cesare Picco (piano solo) per il Locus Festival a
Locorotondo
Sergio Caputo a Castel del Monte (Andria)
Maurice el Medioni e Roberto Rodriguez per
Adriatic International Festival alla Selva di
Fasano (Br)
Rock’n’Roll Party a Erchie (Br)
Terza edizione per questa stravagante
manifestazione dedicata agli amanti del Rock.
Nei pressi del campo sportivo oltre alla musica
ci sarà la selezione di Miss pin-up, parrucchieri
per ciuffi, mercatino vintage, mostra fotografica
anni ’50, campeggio libero. Sul palco da Firenze
Max Panconi R’n’r Trio. Tutte le info su www.
myspace.com/rocknrollpartyerchie
Il Parto Delle Nuvole Pesanti al Castello Svevo
di Bari
Salento Buskers Festival a Patù (Le)
57
DOMENICA 20
Gondar Contest al Parco Gondar di Gallipoli
(Le)
Salento Buskers Festival a Neviano (Le)
Qui, se mai verrai… a Minervino di Lecce
LUNEDÌ 21
Gondar Contest al Parco Gondar di Gallipoli
(Le)
MARTEDÌ 22
Bollani Carioca nell’atrio di Palazzo dei Celestini
a Lecce
Salento Negroamaro, rassegna delle culture
migranti della Provincia di Lecce, ospita Bollani
Carioca. L’evento è organizzato da Alta Fedeltà
Produzioni e Coolclub. Arriva anche a Lecce,
infatti, la nuova attesa tournée del pianista
Stefano Bollani accompagnato dai cinque grandi
musicisti brasiliani Zé Nogueira (sax), Marco
Pereira (chitarra), Jorge Helder (contrabbasso),
Armando Marçal (percussioni), Jurim Moreira
(batteria) e da Mirko Guerrini (sax), Nico
Gori (clarinetto). Ma cos’è Carioca? È l’inedito
viaggio che l’acclamato pianista, premiato nel
2007 con l’Hans Koller European Jazz Prize, ha
intrapreso andando alla scoperta del mondo del
samba e dello choro; le vere, autentiche colonne
sonore di Rio de Janeiro. Il brodo primordiale
da cui successivamente ha preso forma la Bossa
Nova. Ingresso 30 euro. Inizio ore 21.30. Info
0832303707
Turntable Night per Summer Bass al Parco
Manà di Vernole (Le)
MERCOLEDÌ 23
Esma Redzepova per Adriatic International
Festival a Mesagne (Br)
Eumir Deodato Orchestra per Notti di Stelle a
Bari
Gondar Contest al Parco Gondar di Gallipoli
(Le)
GIOVEDÌ 24
Fabri Fibra al Parco Gondar di Gallipoli (Le)
58 Eventi
Il rapper più amato/odiato del momento, Fabrizio
Tarducci, noto come Fabri Fibra approda a
Gallipoli. Nel 2002 dopo varie partecipazioni
con dj e rapper conosciuti (Esa, Sottotono…),
esordisce con il suo primo album da solista
intitolato Turbe Giovanili, su musiche prodotte e
arrangiate da Neffa. Successivamente arrivano:
Mr. Simpatia, Tradimento e Bugiardo. Ingresso
15 euro.
QCK al Soul Food di Torre dell’Orso (Le)
Suonano insieme da gennaio 2007, facendo
convergere all’interno di un progetto unitario,
le diverse esperienze musicali e i background
artistici dei cinque componenti, tutti di origine
salentina. Il genere di riferimento del gruppo,
per quanto eclettico, può essere descritto come
funky-lounge. Ingresso gratuito.
Kal (Serbia) per Adriatic International Festival
a Villa Castelli (Br)
Pino Daniele a Bari
Goran Bregovic and the Wedding Funeral Band
per Notti di Stelle a Bari
Brad Mehldau trio per Notti di stelle a Bari
Body & Soul e Frank Angelotti al Buenaventura
sulla Litoranea San Cataldo/San Foca (Le)
Uno dei primi gruppi in Italia che ha diffuso
il soul. Ha diviso il palco con Solomon Burke,
Rufus Thomas, Billy Preston, Otis Clay,
Zucchero e molti altri. In questo concerto sul
palco all’Hammond anche Frank Angelozzi.
VENERDÌ 25
Ska in Town dj set al Parco Gondar di Gallipoli
(Le)
Teresa Salgueiro per Primitivo Festival a
Putignano (Ba)
VENERDÌ 25 E SABATO 26
The best of Momix nell’Anfiteatro Romano di
Lecce
È un omaggio che il geniale coreografo Moses
Pendleton dedica alla propria compagnia.
Compagnia tra le più originali del mondo
della danza, i Momix da oltre venticinque anni
portano sulla scena coreografie uniche, in cui
la loro abilità di danzatori si fonde con quella
di illusionisti.Per informazioni: 0832 253791 –
0832 246517 – 0805580195.
SABATO 26 E DOMENICA 27
Salento. 5 Sensi per raccontare una Terra a
Scorrano (Le)
Due giorni di allestimenti sperimentali,
musica, essenze, multimedia, enogastronomia,
artigianato per cogliere l’anima del Salento.
Nella serata di sabato 26, il concerto dei
musicisti della Banda Adriatica, ormai da anni
“in viaggio” alla ricerca di un possibile linguaggio
comune mediterraneo. Un evento per catturare
le suggestioni e le emozioni del Salento, un
allestimento a più livelli all’interno dell’antico
borgo, cinque aree, cinque “sensation corners”,
veri e propri angoli di “esperienza emozionale”
dove saranno posizionate le gigantografie delle
opere vincitrici del concorso correlato all’evento
stesso
(http://concorsofotografico.danthea.eu).
Ingresso gratuito.
Etnica…. Diso Folk Festival a Diso (Le)
Arriva quest’anno alla decima edizione “Etnica
Diso folk festival 2008” crocevia di suoni dal
Mondo, promosso ed organizzato dall’associazione
Cultura e Musica Ariacorte. Sul palco nella prima
serata si alterneranno Gangbe’ Brass Band
(Benin – Africa) e Unnaddarè (Sicilia). I padroni
di casa e i Ratti della Sabina chiuderanno invece
la manifestazione. Info www.ariacorte.it
SABATO 26
Orquesta De La Papaya al Castello Aragonese di
Otranto (Le)
Nell’ambito del Locus Festival l’attore Sergio
Rubini ed il jazzista Enrico Rava portano in scena
un soggetto inedito (unica rappresentazione a
Parma nel settembre 2006) di Andrea Camilleri,
scritto per un film che non sarà mai realizzato:
una “storia siciliana” che si conclude in una New
Orleans, segnata dalla catastrofe dell’uragano
Katrina, che mantiene, nonostante la tragedia,
il fascino della sua tradizione musicale. Rubini e
Rava raccontano la storia di Chris Lambertine,
personaggio fantastico che incarna le origini e la
storia del jazz afro-americano, assieme a Mauro
Negri (sax contralto e clarinetto) e alla “Enrico
Rava New Generation”. Ingresso 10 euro. Info
www.locusfestival.it
Daniele Sepe con la Brigada Internazionale per
Adriatic International Festival a Erchie (Br)
L’orchestra multietnica diretta da Daniele
Sepe dà vita ad un manifesto fortemente
critico nei confronti della società e della cultura
contemporanea. Daniele Sepe dirige in questo
progetto un gruppo di diciassette elementi
provenienti da Bosnia, Argentina, Svezia, Cuba,
Romania, Brasile, Senegal, Algeria e Italia, con
sede a Napoli. Ingresso gratuito
Giovane letteratura pugliese a San Pancrazio
Salentino (Br)
Appuntamento letterario per la manifestazione
Giovani Idee. Il critico e scrittore Rossano
Astremo coordinerà l’incontro al quale
parteciperanno Omar Dimonopoli e Gianni
D’Attis. A seguire concerto con quattro band
iscritte al portale www.giovaniidee.net.
DOMENICA 27
Sin dalla sua creazione nel febbraio del 2002,
l’Orchestra della Papaya è diventata il più
emblematico biglietto da visita dell’America
Centrale, essendo composta da musicisti
provenienti da sette diversi paesi del
Centroamericana che sono stati in grado di
unire in maniera sorprendentemente armoniosa,
musicalità tradizionali e contemporanee della loro
terra. I musicisti della Papaya sono un riflesso
autentico della convergenza etnica in questa
grande area del centro America, miscellanea di
antenati indigeni, africani, europei che hanno
dato vita nel corso della loro convivenza, a
fecondissimi mix culturali ed artistici. Ingresso
15 euro. www.salentonegroamaro.org
Uduchà e dj set al Parco Gondar di Gallipoli
(Le)
Enrico Rava New Generation e Mauro Negri
con Sergio Rubini alla Cantina Sociale di
Locorotondo (Ba)
Paolo Fresu & Uri Caine con Gianrico Carofiglio
a Locorotondo (Ba)
La notte, tra strade, incontri e storie da
raccontare- scandisce il tempo dell’incontro tra
l’avvocato Guerrieri, personaggio lucido e ironico
creato da Giarico Carofiglio, e due jazzmen
Eventi 59
d’eccezione che ne accompagnano e assecondano
la passione per la musica. Un notturno, dunque,
breve passaggio nell’anima affidato al senso di
Paolo Fresu e Uri Caine per la parola e le note
e a quello di Carofiglio per la scrittura sonora.
Reading d’autore, tra un caso da risolvere, una
decisione da prendere e una notte da camminare,
tra libri, canzoni, ricordi. Appuntamento nel
piazzale antistante chiesa Madonna della
Greca - ore 21,30 - ingresso libero. Info www.
locusfestival.it
Enrico Rava New Generation e Mauro Negri
con Sergio Rubini (testo di Andrea Camilleri) a
Lecce
Manuel Obregon (Costa Rica) al Castello di
Acaya (Le)
Questo straordinario pianista e compositore,
è stato in grado di unire una forte formazione
accademica senza mai però dimenticare le
proprie tradizioni. Ha tracciato una carriera
davvero straordinaria con ben 14 dischi sia in
solo che con vari gruppi da egli stesso formati,
includendo Afro Cosmos, Cahuita,lo Sporadic
Jazz Quintet, Gospel Caribe, la Orquesta De
La Papaya E Malpaís. Ingresso 20 euro.www.
salentonegroamaro.org
La notte magica con Avion Travel e Salento
Buskers Festival a Soleto (Le)
Il gruppo casertano nato nel 1980 come Piccola
Orchestra Avion Travel è divenuto terzetto per
l’uscita di Danson Metropoli – Canzoni di Paolo
Conte (2007, Sugar), rivisitazione di undici
delle più belle canzoni del maestro di Asti. La
formazione attuale comprende alcuni dei membri
storici del gruppo ed è composta da Peppe
Servillo alla voce, Fausto Mesolella alla chitarra
e Mimì Ciaramella alla batteria. Ritenuti da
critica e pubblico una delle formazioni più
teatrali e coinvolgenti del panorama musicale
italiano, gli Avion Travel hanno attraversato nel
corso degli anni fasi creative che li hanno portati
dai suoni ruvidi degli esordi (nel 1987 vincono la
sezione rock di Sanremo) a una svolta pop e alla
creazione di uno stile riconoscibile e personale.
Ggd (Sud Sound System) al Parco Gondar di
Gallipoli (Le)
LUNEDÌ 28
Elliot Murphy per Adriatik International
Festival a San Pancrazio Salentino (Br)
Woodstock dj set al Parco Gondar di Gallipoli
(Le)
MARTEDÌ 29
Piotta al Parco Gondar di Gallipoli (Le)
Dj War per Summer Bass al Parco Manà di
Vernole (Le)
DAL 29 LUGLIO AL 3 AGOSTO
Popoli a Corsano
GIOVEDÌ 31
Electro Party al Parco Gondar di Gallipoli (Le)
Salento Buskers Festival a San Foca (Le)
1 AGOSTO
Stefano Battaglia (piano solo) per Locus Festival
a Locorotondo (Ba)
Salento Buskers Festival a Martano (Le)
Combat dj set (ska -Rock- punk) al Parco Gondar
di Gallipoli (Le)
Giuliano Palma e i Bluebeaters alla Festa della
Birra di Supersano (Le)
SABATO 2 e DOMENICA 3 Agosto
Emio Greco | Pc ai Cantieri Koreja di Lecce
Il progetto coinvolge oltre a Corsano anche
i Comuni di Botrugno e Tricase con concerti
itineranti che vedranno la partecipazione di
gruppi pugliesi e internazionali di alto valore
artistico come i salentini Mascarimirì, il gruppo
keniota MijiKenda, la cantante algerina Souad
Asla, artista simbolo della nuova generazione di
artiste originarie del Sud algerino ed ereditaria
della tradizione gnawa, il canto degli schiavi
provenienti dal Soudan, il gruppo parigino
Artbalist, che propone una miscela tra dub
electronico, drum bass, rub a dub, reggae roots,
jazz e ska, i Pitch Work. La manifestazione si
chiude il 3 agosto a Corsano con l’esibizione del
Popoli ensemble che mette insieme le esperienze
dei gruppi ospiti diretti da Claudio Cavallo
Giagnotti dei Mascarimirì. Ingresso gratuito.
MERCOLEDÌ 30
Gondar Contest al Parco Gondar di Gallipoli
(Le)
Popoli con Artbalist e Salento Buskers Festival a
Corsano (Le)
Prosegue la quinta edizione di Sound Res, nella
sua coniugazione Dance Res, con ospiti d’eccezione
del mondo della danza: il coreografo e danzatore
brindisino – che da molti anni lavora in “esilio”
all’estero - Emio Greco e il regista e drammaturgo
olandese Pieter C. Sholten, fondatori della
compagnia di teatro-danza EMIO GRECO | PC
che dal 1995 ha sede ad Amsterdam e che si è
distinta per creazioni indimenticabili presenti
nella programmazione di teatri di tutto il mondo.
Durante la residenza, utilizzata per mettere a
punto una nuova produzione e per costruire una
collaborazione futura tra musicisti e danzatori,
Emio Greco offre ai danzatori professionisti
italiani e salentini l’opportunità piuttosto unica
di un seminario intensivo dal titolo “Double
Skin/Double Mind” (sabato 2 e domenica 3 agosto
dalle 10.30 alle 14.30 presso i Cantieri Koreja di
Lecce) cui seguirà una conversazione/seminario
teorico aperta al pubblico intorno al tema
“Nomadismo e trasformazioni identitarie nella
danza contemporanea: appartenenze multiple
e frontiere del corpo” (domenica 3 agosto alle
20.00 sulle terrazze dell’Eos Hotel di Lecce). Info
www.soundre.org, 0832303707.
SABATO 2
Apres la Classe a Parco Torcito
Il Salento Sounds Good Festival, sponsorizzato
Heineken, si apre con il concerto degli Apres La
Classe. In apertura U’Papun e Risonanze Folk.
Arriva dal Salento, la compagnia di girovaghi
Après La Classe: Cesko (voce, synth, chitarre),
Combass (basso), Rekkia (batteria), Puccia
(fisarmonica, tastiere, organo).
Le Braghe Corte al Parco Gondar di Gallipoli
(Le)
DOMENICA 3
Perfect (Jamaica), Mighty Bass Crew , Gyalz
Danz Movement e Sud Sound System al Parco
Gondar di Gallipoli (Le)
Popoli ensemble a Corsano (Le)
MARTEDÌ 5
Punkreas al Parco Gondar di Gallipoli (Le)
I Punkreas, nati nel 1989 a Parabiago (MI),
possono essere considerati a buon diritto la
punk band più famosa d’Italia. Arrivati a
questo traguardo dopo molti anni di gavetta,
va sottolineato anche come la line up abbia
subito un solo cambio in 15 anni di presenza sui
palchi, a conferma della solidità granitica della
band. Attualmente la formazione è composta da
Cippa (voce), Flaco (chitarra), Paletta (basso),
Noyse (chitarra) e Gagno (batteria), che da
Falso, l’ultimo album, ha sostituito Mastino.
Musicalmente, la band cerca sonorità grezze
e furenti che rivelano peraltro una tecnica
eccellente ed una creatività - soprattutto nei
testi - fuori dal comune.
Festa della birra con Matthew Lee a Erchie (Br)
La quarta edizione della manifestazione ospita
l’eccentrico pianista e cantante Matthew Lee,
rock’n roll allo stato puro. Propone uno show del
tutto particolare ed unico in Italia. Oltre ad essere
un musicista di grande talento impreziosisce
il suo spettacolo con incredibili virtuosismi di
rara fattura. La sua voce, inconfondibile, sa
essere a seconda della situazione dura e grintosa
ma anche calda ed espressiva. La sorprendente
padronanza del palco lo rende, nonostante la
giovane età, uno degli artisti più completi e
carismatici del panorama musicale. Ingresso 5
euro. Info www.erchie.net
Tee Bee per Summer Bass al Parco Manà di
Vernole (Le)
MERCOLEDI 6
Bunna From Africa Unite + Funky dub Brockers
al Parco Gondar di Gallipoli (Le)
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