Anno V Numero 43 Luglio 2008 TIPI DA FESTIVAL Tutto è cominciato un’estate, “the summer of love”. Sono passati quaranta anni e poco più, da allora, dal Monterey pop festival, da quando il potere sembrava essere nei fiori, nella pace, nell’amore che tutto vince. Erano anni in cui l’urlo disperato di Ginsberg tornava a farsi sentire, in cui il beat, la libertà di essere ancora, magari per tutta la vita, “on the road” aveva senso. Doveva averlo. Mentre ragazzi morivano lontano da casa altri sperimentavano i confini della percezione, ne oltrepassavano le “porte”. Era una estate in cui si pensava che la musica avesse il potere, che “people have the power” di cambiare le cose. Di lì a poco il sogno sarebbe svanito, colpa di angeli venuti dall’inferno per un concerto degli Stones a ricordarci che esiste la morte. La stessa che poco dopo si sarebbe portata via le tre J. Ma quell’estate la voce di Scott McKenzie consigliava di non dimenticare i fiori, quell’estate San Francisco era la cosa più vicina al paradiso. Anni prima una chitarra era capace di uccidere i fascisti, solo con la musica, con le parole, con un’idea. Era quella di Woody Guthrie che morì proprio in quell’anno in cui la contestazione divenne movimento. Una filosofia che ancora oggi aleggia in tutti i festival sparsi per il mondo: la speranza, la voglia di cantarlo insieme, di sentire che l’estate per sempre sarà la stagione dell’amore. Per il terzo anno un nostro numero estivo (nei primi due casi giugno, questa volta luglio) è dedicato ai festival. Il primo anno abbiamo parlato dei figli dei festival, il secondo di chi pensa i festival. Questo numero, ultimo della trilogia, è dedicato ai tipi da festival: i protagonisti, i musicisti, chi i festival li suona. Largo alla musica capace di raccontare ancora prima della parola. Per chi cerca risposte alle domande di Dylan, per chi cerca qualcuno da amare come i Jefferson Airplaine, per chi piange anche se è estate e tutto sembra andare bene come Janis Joplin. Per questi e per tutti gli altri è questo numero di Coolclub.it. Oltre alle nostre segnalazioni di dischi, libri, cinema, tante interviste ai protagonisti di questa estate in musica, una panoramica sui festival, un calendario di appuntamenti mai così ricco...e l’augurio di un’estate piena d’amore. Osvaldo Piliego EDITORIALE 3 WOODY GUTHRIE CoolClub.it Via Vecchia Frigole 34 c/o Manifatture Knos 73100 Lecce Telefono: 0832303707 e-mail: [email protected] sito: www.coolclub.it Anno 5 Numero 43 luglio 2008 Iscritto al registro della stampa del tribunale di Lecce il 15.01.2004 al n.844 Direttore responsabile Osvaldo Piliego Collettivo redazionale Pierpaolo Lala, C. Michele Pierri, Cesare Liaci, Antonietta Rosato, Dario Goffredo, Michela Cerini Hanno collaborato a questo numero: Giancarlo Susanna, Sergio Perrone, Tobia D’Onofrio, Melissa Calò, Viviana Amati, Ilario Galati, Ludovico Fontana, Camillo Fasulo, Dino Amenduni, Rakelman, Mino Degli Atti, Stefania Ricchiuto, Roberto Conturso, Rossano Astremo, Roberto Cesano In copertina Eugene Hutz (Gogol Bordello). Foto Bossanostra (Creative Commons) Ringraziamo Manifatture Knos e le redazioni di Blackmailmag.com, Radio Popolare Salento di Taranto e Lecce, Controradio di Bari, Mondoradio di Tricase (Le), Ciccio Riccio di Brindisi, L’impaziente di Lecce, quiSalento, Lecceprima, Musicaround.net. Tipi da festival Summer of love 6 Un’estate di festival 12 Progetto grafico erik chilly musica Impaginazione un po’ di mani Assalti Frontali 18 Stampa Martano Editrice - Lecce Recensioni 25 Chiuso in redazione di domenica al caldo mentre tutti sono al mare e noi siamo a lavorare (grazie anche a Roberto Pasanisi e Gianfranco Massa) Per inserzioni pubblicitarie e abbonamenti: [email protected] Libri Cosimo Argentina 36 Recensioni 39 Cinema Teatro Arte Becchini si nasce 48 Cinema del Reale 50 Eventi Calendario 55 Sommario 5 SUMMER OF LOVE Quella dei grandi festival rock è diventata una realtà consolidata e frequente. Pensate ad appuntamenti come Reading o Glastonbury in Gran Bretagna. Perfino l’Italia, buon ultima ruota del carro ma comunque capace di sorprendere i cugini europei, ha dato un suo contributo agli appuntamenti dei raduni con Arezzo Wave. Per individuare la scintilla dello “stare insieme in tanti ad ascoltare musica” bisogna fare un bel passo indietro. Vi sarà capitato di vedere qualche immagine della famigerata performance di Bob Dylan al Newport Folk Festival del 1965. Una parte del pubblico, più esigua di quanto poi fu detto e scritto, protestò per il volume troppo alto degli strumenti elettrici. L’amplificazione era più o meno quella che un gruppo di oggi utilizza in un garage, ma le orecchie del pubblico di Newport non erano abituate al “frastuono” provocato da Dylan. Una frattura, quella provocata dal 6 TIPI DA FESTIVAL nervoso e magrissimo Bob. Possiamo tuttavia affermare che all’origine dei Rock Festival ci sono proprio manifestazioni come quelle che a Newport venivano dedicate al jazz, al blues e al folk. Il modello era quello. Bastano le immagini del film Monterey Pop di D. A. Pennebaker a creare un ideale ponte fra Newport e la tranquilla cittadina californiana: ricordate le sedie bianche messe in fila davanti al palco? O il flash di Brian Jones che cammina su un prato come un giovane principe rinascimentale? In quale altro luogo e in quale altro momento storico una rock star di quel calibro sarebbe potuta passare inosservata? Amplificate dal film, le esibizioni degli artisti del Festival di Monterey, diedero ad alcuni gruppi la statura di un vero e proprio fenomeno. Gli Who distrussero letteralmente chitarre e batteria (God bless you, Keith Moon!!!) portando alla disperazione i tecnici di palco; Jimi Hendrix diede alle fiamme la sua chitarra ancora attaccata all’amplificatore; Janis Joplin si abbattè sui presenti come un devastante uragano… e non da meno furono Eric Burdon con gli Animals, i Jefferson Airplane e Otis Redding, senza dimenticare Ravi Shankar e i Mamas and Papas, il cui leader, John Phillips, era stato uno degli ideatori e promotori della leggendaria tre giorni. Era il 1967 e appena un paio d’anni dopo si sarebbe celebrato a Woodstock, dall’altra parte degli Stati Uniti “il Festival dei festival”. Per gli europei fu ovviamente più accessibile Wight – l’Inghilterra era dagli anni dei Beatles una meta indispensabile per un giovane “alternativo” - ma in linea di massima gli italiani presenti a questi “eventi” erano pochissimi. Tutto quello che potevamo fare – poco più che adolescenti e provinciali – era celebrare nel buio di una sala cinematografica il rito di una Woodstock mitica (grazie al regista Michael Wadleigh). Con Santana, Jimi Hendrix, John Sebastian, Arlo Guthrie, Joan Baez… Ci avremmo messo decenni per recuperare, ma lo stacco tra quella cultura – il rock nei paesi anglosassoni è considerato tale da almeno 40 anni, grazie a giornalisti/ critici “illuminati” come Ralph J. Gleason – e la nostra è perfino più grande di allora, una specie di incolmabile abisso. Del resto l’Utopia di “pace, amore e musica” durò l’espace d’un matin: già con Altamont – con un omicidio sotto il palco documentato nel film Gimme Shelter – il sogno aveva rivelato il suo lato più oscuro. Con tanti anni e la fatica di qualche festival sulle spalle – su tutti il Wembley Stadium del 1974 con Jesse Colin Young, Joni Mitchell, The Band e Crosby, Stills, Nash & Young – o un Reading 1978 – con Squeeze, Albion Band, Foreigner (!), Tom Robinson Band e Patti Smith - abbiamo conquistato un po’ di sano e salutare realismo. Ovvero quel tanto di filosofico distacco dal desiderio di confondersi nel caos colorato e rumoroso di un evento di quel tipo. O ancora quella stanchezza e gli acciacchi che inevitabilmente accompagnano il passare del tempo. La storia del rock passa certamente per i megafestival, ma nasce ancora e soprattutto nei piccoli club e nei teatri tra il Nord America, la Gran Bretagna e l’Irlanda. E non c’è musica che rappresenti meglio del rock il legame indissolubile fra vita e arte. Come questo articolo, sospeso tra memoria storica e sparsi ricordi personali, voleva modestamente ricordare. Giancarlo Susanna LET’S SPEND THE NIGHT TOGETHER Dietro ogni grande palco, c’è una grande donna. Protagoniste del dietro le quinte sono da sempre le groupies, icone della trasgressione a partire dagli anni 60. Da Pamela De Barres fino a Courtey Love passando per Nancy Splugen, le groupies rappresentavano appieno l’incipit della formula “sex, drugs and rock and roll”. Artiste a loro modo, muse ispiratrici come nel caso di Layla a cui Eric Clapton dedicò una bellissima canzone o di Angie dei Rolling Stones, le groupies sono parte integrante della storia del rock. Perfino i più, apparentemente, compassati Beatles gli dedicarono una canzone (Apple Scruffs di George Harrison). E dietro ognuna di queste ragazze ci sono storie, a volte bizzarre come quella di Cynthia che collezionava i calchi in gesso del sesso dei propri amanti, altre volte tristi, a volte con un lieto fine. Incarnazione della libertà, paladine dell’emancipazione e della rivoluzione sessuale, le groupies sono l’affermazione stessa del successo di un artista. Lo stesso Frank Zappa diceva: “se non hai una groupie intorno vuol dire che non stai facendo sul serio.” Questo fenomeno di costume che sottintende interessanti risvolti sociologici è tornato in questi anni molto di moda. Anche in Italia sono stati pubblicati molti libri a riguardo.Biografie che raccontano la storia della musica da una prospettiva più intima, racconti che mettono letteralmente a “nudo” le grandi star per restituircele nella loro umanità, a tratti fragilità. Vi segnaliamo tra i tanti: Groupie. Ragazze a perdere di Barbara Tomasino (L’Epos); Sto con la band di Pamela De Barres (Castelvecchi) e Groupie di Jenny Fabian (Arcana). Osvaldo Piliego TIPI DA FESTIVAL 7 LADYTRON Suoni pop, elettronici, effects pedals, sintetizzatori e niente campionamenti. Questa è la musica dei Ladytron che cercano e non si stancano mai di sperimentare e scoprire nuove melodie e ritmi. Prendono il nome da una famosa canzone dei Roxy Music, ma non per cieca devozione verso il gruppo londinese, al quale comunque si sono ispirati durante la composizione del loro primo lavoro. È successo allora che, per caso, si sono mescolate le esperienze e le culture bulgara, inglese e orientale. Una costruzione faticosa e voluta dice Mira Aroyo, la cantante bulgara che abbiamo intervistato. Insieme a lei canta Helen Marnie accompagnata dalle musiche di Daniel Hunt e Reuben Wu. Velocifero per dare l’idea della velocità, della rapidità. Tredici i pezzi in questo album, Ghosts il singolo più di impatto, sia melodico che ritmico. Anche in questa ultima produzione, particolare l’atmosfera un po’ folk 8 TIPI DA FESTIVAL regalata dall’ormai collaudato uso del bulgaro per i testi di Black Cat e Kletva. In tour dal 2 luglio al 5 ottobre con tappe in Nord America ed Europa, Italia compresa. Venerdì 1 agosto sono al Venice Airport Festival e sabato 3 agosto a Marina di Ravenna per l’MTV Sunset. Ladytron è una band composta da persone di differente origine etnica e culturale, esiste una sorta di competizione relativa alla composizione della musica e la scelta della lingua in cui cantare i pezzi? La ragione per la quale usiamo il bulgaro è perché io lo conosco, essendo la mia lingua madre. La prima volta che è successo è stato in Commodore Rock è stato una specie di esperimento da ubriachi e ci accorgemmo che andava, funzionava e questo perché il bulgaro ha un ritmo differente. Sono le canzoni che richiamano il linguaggio, il suono e aumentare le nostre conoscenze riguardo la produzione. Adesso ci piace pensare che abbiamo acquisito più esperienza. 604 è stato un esperimento in cui la musicalità prodotta derivava semplicemente da un incontro di suoni dettati dalle esperienze e gusti di ognuno di noi. Velocifero è nato dopo uno studio comune, sia per quanto riguarda le musiche che i testi. Arrivare a comporre delle musiche così differenti tra loro vuol dire lavorarci sopra tanto e battersi fino ad arrivare a suonare dei pezzi che sono frutto di sforzi. I live shows sono delle palestre molto importanti per una band perché permettono di imparare a sviluppare le proprie abilità, di assorbire nuove influenze e dare forma a un suono sempre differente. Pensate che una delle cose più importanti per la vostra band siano la flessibilità e la sperimentazione per garantire un’evoluzione continua dei vostri ritmi o credete sia più importante trovare una sorta di marchio sonoro che vi contraddistingua? Per noi l’innovazione è una cosa molto importante. Sarebbe semplice fare un album con 13 o 17 differenti versioni di Destroy e molte bands lo fanno. Noi lottiamo ogni volta per far si che ogni album sia differente dal precedente e lottiamo per questo. Io credo che noi abbiamo un marchio sonoro che ci contraddistingua, ma questo è il frutto di un naturale processo che ingloba quello che facciamo volta per volta e quello che siamo. di un pezzo richiede delle cadenze differenti. Non decidiamo a priori se cantare in inglese, ci proviamo e vediamo se funziona o no. Usare 4 sintetizzatori piuttosto che un sistema di campionamento pensate possa dare più profondità e intensità nella musica prodotta durante i vostri live shows? Attualmente abbiamo 8 sintetizzatori analogici quando suoniamo dal vivo e molti effects pedals. Questo ci permette di produrre un suono più caldo e molto meno piatto dei normali sistemi di campionamento. Quali sono le differenze, riguardo lo scopo e le aspettative tra il vostro primo lavoro e Velocifero? Il nostro primo lavoro, è stato un modo per iniziare a prendere confidenza con la strumentazione Un’ultima cosa: quando lavorate a un nuovo lavoro lo fate rispettando una scheda temporale o vi fate guidare solo dall’ispirazione? Un po’ un misto di tutte e due. Quando si suona un album per un lungo periodo di tempo, ad esempio in tour, è difficile non sentire l’esigenza di andare in studio per registrare qualcosa di nuovo per fare in modo di continuare a suonare senza annoiarsi. Poi non vedi l’ora di andare in tour e suonare dal vivo. È una sorta di circolo virtuoso che ci permette di produrre nuova musica ad intervalli più o meno regolari. Anche mentre si viaggia si ha molto tempo per pensare e trovare stimoli intorno, trovare delle nuove ispirazioni da cogliere per scrivere. Sergio Perrone TIPI DA FESTIVAL 9 THE WHIP The Whip sono una delle next big thing inglesi, vengono dalla mitica Manchester e sono pronti ad atterrare da noi quest’estate al sempre verde e inossidabile Italia Wave festival. Dopo varie peripezie il festival approda quest’anno a Livorno e promette scintille. Dal 16 al 19 Luglio tutto quello che vi passa per la mente e anche un pizzico di più sarà in Toscana. Chemical Brothers, The Verve, Elio e le Storie Tese, solo per citarne alcuni, saranno affiancati dalle realtà emergenti più interessanti come The Whip. Abbiamo parlato con Bruce, frontman della band. Tu e Danny suonavate nei Nylon Pylon (amici di Kbc e Performance) che firmarono per London records nel 2003: poi il sogno si è infranto. Perché? Abbiamo imparato molto dalle esperienze con l’altra band, tecniche di produzione, errori da non fare, ma siamo rimasti chiusi nello studio di registrazione per un anno, cosa abbastanza ridicola; alla fine di quell’anno, con tre produttori nello stesso momento ed uno studio di registrazione fin troppo costoso, il risultato finale non suonava come la band di cui facevamo parte 10 TIPI DA FESTIVAL e siamo scoppiati: eravamo esausti e ci siamo separati, ma io e Dani avevamo delle nuove canzoni… …e Nathan e Fiona? Ci conoscevamo perché giravamo tutti a Manchester; Dani e io abbiamo registrato delle canzoni nella cantina di un pub e gli abbiamo chiesto di unirsi a noi per suonarle dal vivo; all’epoca erano fidanzati, poi si sono lasciati, ma oramai The Whip era in pista… Una vibrazione dark vi avvicina al postpunk, ai New Order. Potreste già essere la nuova “Madchester” (il movimento indiedance di New Order, H.Mondays, Stone Roses, n.d.t.). In più coltivate amicizie con molte band e dimostrate comunione d’intenti e fratellanza: esiste davvero la scena “new rave”? Comunque si voglia chiamare la scena, la gente con cui abbiamo avuto a che fare (Hadouken!, Simian Mobile Disco, ecc) è davvero amichevole. Ci sono gruppi che cercano di fare i duri e generare conflitti con altre band. Le persone con cui abbiamo collaborato non sono in competizione, cercano solo di stare bene creando belle feste… sono vere collaborazioni. Abbiamo remixato Hadouken! e loro hanno fatto lo stesso con noi… o per esempio tramite internet abbiamo collaborato con gli italiani Crookers: ho cantato in un pezzo e ci hanno remixato Trash… con altri ci siamo conosciuti ai party. La vostra musica è influenzata dai club e dai rave. Blackout è un tributo alla Hacienda. Come è cambiata la scena in 20 anni? Ero troppo giovane per andare nei club Acid House all’inizio, ma gli amici raccontavano dell’Hacienda: ad un certo punto spegnevano le luci e la gente cominciava ad urlare “Blackout, blackout”… è solo una storiella, ma negli anni Manchester ha mantenuto una buona “club culture”, quindi alla fine è bello sapere che a casa ti aspetta altro divertimento! Avete suonato con Simian Mobile Disco: J.Ford ha registrato con Brian Eno, ArcticMonkeys, Last Shadow Puppets: lavorerete ancora insieme? Si, è stato bello lavorare con loro, sono bravi ragazzi; abbiamo iniziato a registrare l’altro disco con Jas Shaw, l’altra metà dei Simian MD (e Arctic Monkeys, n.d.t.), ma alla fine per una questione di impegni non abbiamo finito il lavoro con lui ed è subentrata altra gente. Lo Shoegaze ritorna; “Madchester” anche; molte band emergenti ripropongono sonorità anni ‘80 (Hard-fi, Franz Ferdinand, Mystery Jets). Fa piacere, ma viene da chiedersi: se non è un revival, che cos’è? Credo che tutta la musica ritorni in maniera circolare dal passato: c’è talmente tanta roba interessante! Per far muovere la musica e mettere insieme una band, devi per forza essere influenzato da qualcuno e poi spingerti oltre. Credo sia la stessa cosa che è accaduta a The Whip, partendo dai Nylon Pylon: adesso siamo diversi, ma i punti di contatto sono rimasti. In Trash dici che hai una pistola; come va a Manchester, fra armi ed uccisioni fra giovani? Tengo la testa bassa ed evito sempre la “roba dura”. Sarà un po’così dappertutto, siamo persone buone armate di sorrisi, piuttosto che di pistole. Sembra che stia per uscire un nuovo album: siete velocissimi! Si! Per il primo ci è voluto tanto a causa del tour incessante; nel frattempo ci sono state altre session e i nuovi pezzi scritti fra una data e l’altra sono stati registrati nei giorni “liberi”. Si parla a gran voce dei vostri live: siete potenti già su disco, quanto conta per voi la comunicazione col pubblico? Cerchiamo di metterci tutta l’energia che abbiamo, siamo spontanei, vogliamo tirar fuori dal pubblico la stessa energia così che la festa riesca per il meglio. Sarete a Glastonbury: ci sono sempre i festival “alternativi” e gli after-party che riempiono l’intera vallata? Amo quel posto; la cosa migliore è, appunto, trovare le feste parallele delle quali non conosci il programma: puoi vedere grandi band. L’anno scorso dopo quella ufficiale c’è stata una performance “segreta” in un tendone: forse è stato meglio della mattina! Divecomb ha una linea di synth quasi “giapponese” e avete eseguito il singolo proprio in Giappone: come è andata? Ci siamo andati due volte lo scorso anno ed i fan sono fuori di testa laggiù… preparano ogni sorta di regali. Poi ho potuto farmi spedire tonnellate di noodles (spaghetti giapponesi, n.d.t.)…spero di poterci tornare quest’anno perché siamo stati accolti veramente benissimo. Come vedi Lil’Fee “front-girl” del gruppo? Tanta energia e talento sembrano sprecati dietro la batteria! Scherzi a parte, è precisa come un orologio svizzero, sa anche cantare? Beh, non saprei dirtelo; non ha mai cantato più di tanto…potrebbe provarci Arriverete da noi per ItaliaWave, che accoglienza vi aspettate? Penso che ci divertiremo. Siamo venuti a Milano a marzo, ma arrivati nel locale non c’erano “spie”: per problemi tecnici siamo andati via senza show… ecco perché non vediamo l’ora di tornare da voi! Buona fortuna per il tour ed il lavoro in studio. Hai qualche desiderio particolare riguardante la tua carriera? Continuare così, suonando la nostra musica, sarebbe fantastico, visti gli sforzi sostenuti fino ad oggi. Penso che ciò che amiamo coincida con l’aspirazione di qualunque band: girare il mondo. Tobia D’Onofrio TIPI DA FESTIVAL 11 UN’ESTATE DI FESTIVAL Rock, punk, jazz, metal, folk, reggae, taranta IN EUROPA Machine, Chemical Brothers e R.E.M., solo per citarne alcuni. www.tinthepark.com JAZZ FEST VIENNA OXEGEN FESTIVAL Vienna - Austria sino al 17 luglio Star del calibro di Lou Reed, Bobby McFerrin, Thomas Quasthoff, Sinead O’Connor e Caetano Veloso sono i protagonisti dell’atteso festival viennese che richiama appassionati da tutto il nord Europa. Un’occasione unica per vivere l’intera capitale austriaca. www.viennajazz.org Puncheston Racecourse - Irlanda dall’11 al 13 luglio EUROCKÉENNES Belfort - Francia dal 4 al 6 luglio Diciannove anni di storia per uno dei festival francesi più amati ed importanti, ambientato nel suggestivo scenario delle colline al confine con la Svizzera. Da segnalare le presenze di Moby, Ben Harper, Cat Power, The Wombats, Nerd, The Offspring e Babyshambles in un nutrito calendario di ben 75 artisti. www.eurockeennes.fr T IN THE PARK Balado Airfield - Scozia dall’11 al 13 luglio Cinque line up per una miriade di artisti dai molteplici generi. Le proposte vanno dalla dance dei Groove Armada al rock degli Interpol (nella foto) fino ad arrivare a Prodigy e Aphex Twin. www.oxegen.ie FESTIVAL INTERNAZIONALE DI BENICÀSSIM Benicàssim - Spagna dal 17 al 20 luglio Il Festival ha nella sua programmazione più di 100 concerti, oltre ad una serie di attività extramusicali che includono cinema, moda, arte contemporanea, teatro, danza e corsi estivi. Tra i big di quest’anno: Leonard Cohen, Morrisey, The Kills, My Blood Valentine, Hot Chip. www.fiberfib.com GLASTONBURY FESTIVAL Dal 2004 una cittadina scozzese diventa il teatro dove si svolge uno dei festival europei di maggior successo. Forte di oltre 40mila tagliandi venduti solo lo scorso anno, la kermesse ha in cartellone Amy Winehouse (nella foto), Rage Against the 12 TIPI DA FESTIVAL Glastonbury - Inghilterra dal 17 al 22 luglio Oltre 700 esibizioni e sei palchi principali coinvolti nel più grande festival-raduno all’aperto del mondo. In questa edizione nomi del calibro di Jay-Z, Kings of Leon, The Verve, The Raconteurs e John Mayer. www.glastonburyfestivals.co.uk MONTREUX JAZZ FESTIVAL Montreux - Svizzera sino al 19 luglio Leonard Cohen, Gilberto Gil, Mark Ronson, Herbie Hancock e Lenny Kravitz. Questo il programma del 2008 per uno dei festival jazz (e non solo) più importanti del mondo. www.montreuxjazz.com SZIGET FESTIVAL Budapest - Ungheria dal 12 al 18 agosto PUKKELPOP Hasselt – Belgio dal 14 al 16 agosto Da evento di nicchia ad appuntamento seguitissimo, il festival belga non ha perso lo smalto e continua a convincere con un calendario interessante. Metallica, The Killers, Serj Tankian, Bloc Party, The Flaming Lips sono alcuni degli artisti. www.pukkelpop.be READING FESTIVAL Reading - Inghilterra dal 22 al 24 agosto Considerato più commerciale dell’altrettanto popolare Glastonbury, il Reading è fra i più vecchi e interessanti festival d’Europa. Tra gli ospiti i Rage Against the Machine (nella foto), Killers, Metallica, Queens Of The Stone Age, The Enemy, Babyshambles, Bullet For My Valentine. Sei i palchi, di cui uno, l’NME Stage dell’omonima rivista, riservato alle band emergenti. Stesso cast (a giorni invertiti) al “fratello minore” Leeds Festival. www.readingfestival.com; www.leedsfestival.com ROCK EN SEINE Parigi - Francia 28 e 29 agosto Trenta concerti in due giorni per uno dei festival europei più giovani e interessanti.Organizzato in un parco giochi a pochi chilometri da Parigi, ha in cartellone artisti come Kaiser Chiefs, Rage Against the Machine, The Roots, Jamie Lidell, R.E.M. e Tricky. www.rockenseine.com Giunto alla sedicesima edizione, il Sziget Festival è un evento unico nel suo genere, multimediale, aperto ad ogni espressione artistica e musicale, punto d’incontro di culture e tendenze disparate È noto anche come la “Woodstock sul Danubio”: 7 giorni no-stop, 1.000 spettacoli, 60 stages, 100.000 campeggiatori, 700.000 presenze in una settimana. È l´unica manifestazione in cui è possibile ascoltare praticamente tutti i generi, disseminati su molti palchi: pop, rock, metal, blues, Hip Hop, reggae, afro, world music, folk, elettronica, jazz, classica, musica zigana ed ogni altra sperimentazione sonora. Ma il Sziget Festival è anche teatro, installazioni, mostre, danza, rassegne video e cinematografiche, sport estremi, cucina internazionale. Quest’anno si esibiranno sul palco (solo alcni nomi tanto per dare una idea) Alanis Morissette, Anti – flag, Babyshambles (nella foto), Die arzte, Flogging molly, Iron maiden, Jamiroquai, R.e.m., Sex pistols, The killers, The wombats, Adam Green, Goran Bregovic. L’Italia è rappresentata da Enzo Avitabile & Bottari e dagli Acquaragia Drom. Tutte le informazioni sono anche sul sito italiano www.szigetfestival.it TIPI DA FESTIVAL 13 IN ITALIA di Sex Pistols, Patti Smith, Massimo Volume, Baustelle, Tricky, Wire, Punkreas ed Afterhours. www.trafficfestival.com ROTOTOM SUNSPLASH SPAZIALE FESTIVAL Un vero e proprio angolo di Giamaica tra i monti friulani: per dieci giorni Osoppo diventa l’occasione per assistere a documentari e mostre, oltre che per partecipare a decine di corsi artistici e musicali. Tra gli oltre 200 nomi presenti, Inner Circle, Sugar Minnott, Asian Dub Foundation, Beres Hammond, Bushman, Luciano, Jah Cure (nella foto), Africa Unite e gli immancabili Sud Sound System. www.rototomsunsplash.com UMBRIA JAZZ TRAFFIC TORINO FREE FESTIVAL SHERWOOD FESTIVAL Osoppo (Udine) sino al 12 luglio Torino dall’8 al 12 luglio Nato nel 2004 dalle ceneri del celebre Pellerossa, il più importante festival gratuito italiano quest’anno ha per tema il punk. Ad animare un programma che comprende anche iniziative culturali e cinematografiche, le performance 14 TIPI DA FESTIVAL sPazio211 - Torino dall’8 al 22 luglio Lo sPazio211 è la sede del festival torinese che offre una degna alternativa alla programmazione del più popolare Traffic. Sul palco Racounters, Mars Volta, dEUS, Siouxsie e The Hives (nella foto in alto). Molte anche le presenze italiane tra cui OfflagaDiscoPax, Il Teatro degli Orrori e Yuppie Flu. www.myspace.com/spazialefestival Perugia dall’11 al 20 luglio Qualità e scenari artistici per il festival jazz più colto della Penisola. Giunta al trentacinquesimo compleanno, la kermesse ha un ricco cartellone che comprende Alicia Keys, Enrico Rava, Stefano Bollani, Mario Biondi, Herbie Hancock e Caetano Veloso. www.umbriajazz.com Padova sino al 12 luglio Afterhours, Marlene Kuntz e OfflagaDiscoPax sono i protagonisti di un festival che nei mesi di giugno e luglio anima la città veneta. www.sherwood.it ITALIA WAVE Livorno dal 16 al 19 luglio Per i nostalgici probabilmente avrà sempre il nome di Arezzo, ma il festival, che negli ultimi tempi si è dato un pesante restyling, approda quest’anno a Livorno con linfa nuova e moltissime proposte nel mondo del cinema (in collaborazione con il Milano Film Festival), della letteratura (Carlo Lucarelli) e ovviamente della musica. Qualche esempio? Linea 77, Elio e le Storie Tese, Bugo, Tricarico, The Wip (vedi intervista a pagina 10-11), Gnarls Barkley, Sergent Garcia e Paolo Benvegnù. www.italiawave.com PISTOIA BLUES Pistoia dal 17 al 22 luglio Un nome che è di per se una garanzia di qualità per un festival partito nel 1980 e che ha saputo imporsi sulla scena per l’altissima qualità della proposta. Non è difficile crederlo visti i nomi di quest’anno: Deep Purple, John Lee Hooker Jr., Johnny Winter e Jethro Tull. www.pistoiablues.com FESTIVAL DI VILLA ARCONATI Milano sino al 21 luglio Il piccolo borgo di Bollate (Milano) e i giardini del suo castello ottocentesco accolgono uno dei festival italiani di maggior qualità. Nel programma 2008 Paul Weller, Cat Power, Caetano Veloso, Siouxsie e molti altri ancora. www.insiemegroane.it/festivalarconati PLAY- AREZZO ART FESTIVAL Arezzo dal 23 al 27 luglio Quest’anno è “il cielo” il tema conduttore degli spettacoli delle varie sezioni del festival: musica, teatro, letteratura, cinema, danza e multimedialità. La sezione musica ospita Joan Baez, Ben Harper, Subsonica, Goran Bregovic, Max Gazzè, Carmen Consoli. www.playarezzo.it POP EYE FESTIVAL La Spezia dal 25 al 30 luglio La quarta edizione verrà aperta dai Subsonica e proseguirà con il reggae dei Sud Sound System, le sonorità balcaniche di Goran Bregovic, il rock dei Marlene Kuntz. www.pop-eye.it SOUNDLABS FESTIVAL Roseto degli Abruzzi (Te) 25 e 26 luglio Mogwai, Blonde Redhead, Micah p. Hinson, Girls in Hawaii, Offlaga disco pax, Lightspeed champion, Port-royal sono alcuni degli ospiti della dodicesima edizione del Soundlabs Festival di Roseto degli Abruzzi (Te), a due passi da una delle spiagge più belle dell’Adriatico. www.soundlabs.it ROMAROCK FESTIVAL Roma sino al 26 luglio L’estate romana si tinge di rock con la kermesse tematica più importante della Capitale. In programma esibizioni di Subsonica, Pino Daniele, Francesco De Gregori fino agli internazionali Ben Harper e Massive Attack. www.romarockfestival.it FERRARA SOTTO LE STELLE Ferrara sino al 24 luglio In un centro storico riconosciuto dall’Unesco patrimonio dell’umanità, si svolge un festival unico nel suo genere. Uno splendido scenario per una line-up di grande spessore: Giovanni Allevi, Caetano Veloso, Cat Power, The Notwist. www.ferrarasottolestelle.it VENICE AIRPORT FESTIVAL Venezia dall’1 al 3 agosto I Ladytron, la band inglese che ha dettato le regole del movimento definito electro-clash (vedi intervista a pag. 8-9) arriva a Venezia per presentare il nuovissimo album Velocifero. Tra gli ospiti del festival lagunare anche il Teatro degli Orrori. www.myspace.com/veniceairportfestival TIPI DA FESTIVAL 15 IN PUGLIA SALENTO NEGROAMARO Salento sino al 30 settembre GIOVINAZZO ROCK FESTIVAL Giovinazzo (Ba) dal 26 al 28 luglio Nuovo appuntamento con il giovane festival pugliese che si conferma come una delle più interessanti realtà estive. Tra gli ospiti Blonde Redhead, Lombroso, Paolo Benvegnù, Alix e Africa Unite. SALENTO SOUNDS GOOD FESTIVAL La Rassegna delle Culture Migranti della Provincia di Lecce prosegue con spettacoli di danza e di teatro, con il consueto appuntamento del Cinema del Reale (24/26 luglio) e con i concerti di Bollani Carioca (22 luglio, nella foto), Orquesta de la Papaya (26 luglio) e Manuel Obregon (27 luglio). Nel corso dell’estate proseguiranno le quattro mostre inserite della rassegna. In particolare Territorios, esposizione d’arte contemporanea latinoamericana, sarà allestita nel Castello di Otranto sino alla fine di settembre. Info www.salentonegroamaro.org Parco Torcito (Le) 2 e 9 agosto La quinta edizione del Salento Sounds Good Festival, organizzato dall’Associazione Salento e Musica e sponsorizzato dalla Heineken, ospita Apres La Classe e Bandabardò che saranno affiancati da Aioresis, Cucuwawa, U’Papun e Risonanze Folk, band vincitrici del Salento Sounds Good Tour. www.salentosoundsgoodfestival.it LOCOMOTIVE JAZZ FESTIVAL Sogliano Cavour dal 4 al 7 agosto LOCUS FESTIVAL Locorotondo dal 5 luglio al 17 agosto La quarta edizione del festival della Valle D’Itria torna anche quest’anno. Tra gli ospiti Alice Ricciardi, Cesare Picco, Enrico Rava e Sergio Rubini, Paolo Fresu & Uri Caine con Gianrico Carofiglio, Stefano Battaglia, Sergio Cammariere, Nicola Conte E Gavino Murgia. www.locusfestival.it ADRIATIC INTERNATIONAL FESTIVAL Provincia di Brindisi dal 19 al 28 luglio La quarta edizione del festival si svolge in cinque comuni della provincia di Brindisi per altrettanti appuntamenti di musica internazionale. Tra gli ospiti l’ottantenne pianorientalista maghrebino Maurice el Medioni, Esma Redzepova, Kal, Daniele Sepe con la Brigada Internazionale, Elliot Murphy, Earth Wheel Sky Band, Cesare Dell’Anna. www.adriaticinternationalfestival.it 16 TIPI DA FESTIVAL La terza edizione ospita concerti, incontri, arte, aperitivi musicali, dj set e molto altro. Tra gli ospiti: Sheila Jordan (nella foto) in Heart Strings con Billy Drummond, Roberto Cipelli, Attilio Zanchi e Alborada quartet, Cuncordu e Tenore De Orosei con Nguyen Le; e ancora Franco Califano, Massimo Manzi, Bebo Ferra, Maria Pia De Vito, che incontreranno il meglio del jazz pugliese e salentino. La festa finale prevede la presentazione in anteprima assoluta della Locomotive Percussion Orchestra con un “Omaggio a Dizzy Gillespie”, nato da un’idea del direttore artistico del festival Raffaele Casarano e Cesko degli Après La Classe. Info www. locomotivejazzfestival.it PRIMITIVO FESTIVAL Provincia di Bari sino al 5 agosto Seconda edizione per la rassegna organizzata dalla Provincia di Bari in collaborazione con Timezones, con la presenza di Willy Deville, Teresa Salgueiro (voce dei Madredeus), Giovanni Sollima e Alessandra Celletti, Maceo Parker. Info www.timezones.it STREAMFEST Galatina (Le) 7 e 8 agosto La seconda edizione dell’Electronic Music Festival ospita, tra gli altri, Ellen Allien, Bruno Pronsato, Deadbeat, Thomas Brinkmann, Akiko Kiyama, A Guy Called Gerald, Minimono, Sonoteque, Supernova, Insintesi, Ivano Collalti, Skizzo, Dario Lotti e Luciano Esse. www.streamfest.org SALENTO SUMMER FESTIVAL PLUG’N’PLAY Manà – Vernole (Le) 17 – 18 agosto Magda, Shinedoe, Jeff Mills, Carl Craig, Alex Under, Code Fish & Tuna, Mowgli, Skizzo, Midihands sono alcuni degli ospiti della seconda edizione del festival internazionale di musica elettronica e arti visive. Info www.pnpfestival.it SUD EST INDIPENDENTE Parco Torcito – Cannole (Le) 20 agosto La terza edizione del Sud Est Indipendent, organizzato da Coolclub, Alta Fedeltà e 11/8 records, ospita i Gogol Bordello (nella foto in alto), il fenomeno musicale degli ultimi cinque anni: punk, rock, folk, pop, scenici, coreografici, teatrali. I Gogol Bordello presenteranno il loro ultimo cd SuperTaranta. Sul palco anche i salentini Mascarimirì e Opa Cupa. Info www. coolclub.it Parco Torcito – Cannole (Le) 11 agosto Bennie Man, Richie Spice, Krikka Reggae, Jovine e Maquila Bbeba sono i protagonisti dell’ottava edizione del Salento Summer Festival che continua anche quest’anno a proporre il grande reggae italiano e internazionale. Info www.salentosummerfestival.it L’ACQUA IN TESTA GUSTO DOPA AL SOLE LA NOTTE DELLA TARANTA Parco Torcito – Cannole (Le) 12 – 15 agosto Quattro giorni di reggae e hip hop tra ospiti italiani e internazianali. Sul palco e in consolle Alborosie & Shang Yeng Clan, Boom Da Bash, Burro Banton, Castigo, dj Gruff, Dotvibes, Esa, Esco, Junior Reid, Kaos, Moddi, Trix, Menhir, Michael Rose, One love hi powa, Skizo, Sud sound system, Supersonic, Treble & Roots Family, Vibronics. www.gustodopalsole.com Bari 23 e 24 agosto Nella Bari accaldata di fine agosto torna l’appuntamento con L’acqua in testa. Quest’anno i due ospiti principali sono gli svedesi The Hives, con il loro garage punk, e lo statunitense Shaggy. www.acquaintesta.it Salento Dal 7 al 23 agosto Difficile aggiungere una virgola a quanto già detto in questi dieci anni di storia sulla Notte della Taranta. Il festival di riproposizione e innovazione della musica tradizionale (non solo salentina) ospita anche quest’anno una serie di concerti di preparazione al Concertone Finale. Il 23 agosto sul palco di Melpignano la grande orchestra sarà diretta, per il secondo anno consecutivo, dal Maestro Concertatore Mauro Pagani. Info www.lanottedellataranta.it TIPI DA FESTIVAL 17 MUSICA ASSALTI FRONTALI 18 TIPI DA FESTIVAL La band capitanata da Militant A è tornata ed è più arrabbiata che mai. Un’Intesa Perfetta, appena pubblicato dalle edizioni musicali de il manifesto, rappresenta il settimo capitolo in quasi venti anni di storia per la crew romana. Il disco vede confermata l’ultima formazione degli Assalti, quella del fortunato Mi Sa Che Stanotte: accanto a Militant A ritroviamo infatti Pol G e Glasnost, le basi di Bonnot e la postproduzione di Casasonica. Ancora una volta radicali e militanti, ma lontani da ideologie ingessate, gli Assalti partono come consuetudine dalla periferia per spiegare il loro mondo e per creare inclusione difendendo le proprie basi sociali e cercando di conquistare territori alternativi. È la vita nelle “banlieue” che inventa nuove forme di resistenza e si fa poesia. Un’intesa perfetta rappresenta il terzo disco per Assalti in quattro anni. L’ultimo periodo sembra essere davvero fecondo, soprattutto se paragonato al primo vostro decennio di storia. A partire da Hsl mi pare chiaro che qualcosa è cambiato. Siamo diventati iperproduttivi (ride). Abbiamo scelto di suonare tantissimo negli ultimi anni e la voglia di fare nuove canzoni è venuta spontaneamente. Mentre chiudevamo questo disco ti confesso che stavamo già pensando al successivo. La voglia di fare è tanta. Il nuovo lavoro conferma la formazione del disco precedente, compresa la collaborazione con Casasonica… …si, anche perché Mi Sa Che Stanotte è stato un disco riuscito, al di là dei premi ricevuti (al Mei è risultato il miglior disco indipendente del 2006, ndr) grazie alla sintonia creativa che era nata tra di noi. Il nuovo disco sfrutta proprio questo: lo trovo particolarmente solido e potente. Mi sembra il più coerente, sia dal punto di vista sia musicale che dei testi. Poi le esperienze fanno crescere e per fortuna l’ispirazione resta sempre forte. Stando in giro, vivendo determinate situazioni, alla fine raccontiamo quello che vediamo. Siamo chiaramente politici ma raccontiamo le esperienze che viviamo sulla nostra pelle. Conosciamo il territorio e sappiamo da che parte stare… a Vicenza contro la base militare, ad Aprilia contro la Turbogas. Oggi la gente ha paura dello straniero ma le vere devastazioni le fanno le multinazionali e le banche. Noi raccontiamo quello che vediamo e cerchiamo di metterlo in musica, utilizzando anche l’ironia e la gioia perché al di là di tutto la musica è anche divertimento affinché possano nascere situazioni comunitarie. Insomma, se non te le vivi certe cose poi non le puoi cantare… …è la cosa fondamentale. Io capisco la disaffezione dalla politica…magari oggi fare un comizio durante un concerto può avere poco senso perché i linguaggi cambiano. Se uno racconta delle storie però, cose che ha vissuto davvero, arriva alla gente meglio che attraverso gli slogan. Anche in questo disco c’è molta periferia, un luogo che conosci bene e magari puoi aiutarci a capire come sta cambiando. Quello che è successo a Roma ha dell’incredibile. Un sindaco fascista… sembrava impossibile fino a non molto tempo fa. Ci propinano valori fasulli come la sicurezza e l’identità nazionale e poi non dicono che senza l’immigrazione l’economia sarebbe in ginocchio. Le nostre periferie sono attraversate da contraddizioni enormi. Ormai ricchi e poveri vivono gomito a gomito e i primi cercano di mantenere i loro privilegi. Quello che a noi interessa particolarmente è quel fenomeno che vede gli esclusi, gente altrimenti condannata ad una vita di miserie, cercare di riprendersi il diritto di parola, gli spazi, un modo di vivere dignitoso. Questo destino di esclusione per noi diventa un progetto di inclusione. Le vostre copertine hanno sempre dei significati ben precisi. Stavolta avete scelto il simbolo dei pirati. Come mai? Perché cercavamo una copertina che fosse un cazzotto immediato. In un momento in cui crollano i simboli abbiamo scelto il simbolo dei senza potere per antonomasia. Qualcuno mi dirà che è un po’ inflazionato e commercializzato, ma il nostro teschio è particolarmente cattivo e per niente ammiccante (ride)… sembra quasi vero. E poi i pirati vivevano in una sorta di democrazia totale. Non c’era nessuna autorità che riconoscevano fuori e dentro di loro. Riconoscevano un unico capo che era quello con maggiore esperienza durante la battaglia. Per il resto dividevano tutto e conducevano una vita di fratellanza… adesso sembra difficile da ritrovare ma è quella a cui noi tendiamo sempre. Ilario Galati musica 19 SUD SOUND SYSTEM Dammene ancora è il titolo del nuovo cd dei Sud Sound System: una miscela di reggae, blues, soul e molto altro ancora. Ad impreziosire la settima incisione in studio della band, prodotta da Salento Sound System per V2/Universal Music, collaborazioni con nomi del calibro di Jah Mason, Kiprich, Esco, Bling Dawg, Neffa, Morgan Heritage, Daddy Freddy, Laza. Nato dopo due anni di analisi e studi, il lavoro si muove agevolmente tra tracce d’amore e di impegno sociale (La ballata del precario), andando musicalmente a scavare nella musica classica e nella migliore tradizione melodica italiana. Un disco che assume la dimensione della consacrazione e che ha dentro di se un chiaro messaggio: ritrovare il passato per non pregiudicare il futuro. Abbiamo intervistato Nando Popu. Siete ora in tutti i negozi di dischi con Dammene ancora, un nuovo lavoro che per 20 musica molti rappresenta la prima occasione per ascoltarvi. In realtà sono passati molti anni dai vostri primi passi. Nonostante questo i temi delle vostre canzoni sembrano rimasti immutati e attuali. Che spiegazione ti dai? Penso che le canzoni che abbiamo fatto e che facciamo rispecchino quello che siamo. Del resto abbiamo imparato a fare musica guardandoci intorno, descrivendo quel che vediamo. Mi verrebbe da dire che si tratta di una sorta di neorealismo musicale. Noi abbiamo iniziato a cantare nel ’91, ma nel mondo non è cambiato nulla. Basta alzare gli occhi per vedere che la Chiesa è ancora lì a irrompere nella vita dei cittadini, la corruzione dilaga e forse c’è ancora la P2 che comanda. Negli ultimi due dischi (Lontano 2003, Acqua pe sta terra 2005, ndr) abbiamo fatto cronaca, in questa occasione c’è stato spazio per una sorta di approfondimento, una gestazione che è durata due anni. Scorrendo le tracce del disco saltano subito all’occhio le numerose collaborazioni, alcune di stampo internazionale. In questi giorni poi in rotazione nelle radio c’è Chiedersi come mai, primo singolo estratto dall’album cantato con Neffa. Ce ne racconti la genesi? Per quanto riguarda Neffa, ci conosciamo da anni e tutto è stato abbastanza naturale. Abbiamo condiviso per molto tempo gavetta e casa discografica. Gli abbiamo semplicemente spedito il pezzo via internet ed è stato lui stesso a lavorarci su. Le altre collaborazioni invece sono frutto della nostra voglia di confrontarci ed aggiornarci. La nostra musica ci porta ad avere come punto di riferimento artisti giamaicani che sono il metro di come stiamo lavorando. Loro poi sono fantastici. Basta mettersi in studio per sviscerare in poco tempo moltissime idee. E direi che il risultato è stato abbastanza soddisfacente. di Taranto e di Cerano e trovo sconvolgente il silenzio che avvolge questi due ecomostri. Il successo porta sempre con se opinioni discordanti. A tal proposito, rispetto agli esordi, c’è chi vi accusa di curare troppo il lato commerciale. Che ne pensi? Chi dice questo ha una scarsa cognizione della musica. Non c’è bisogno di informarsi molto per sapere che come gruppo siamo produttori di noi stessi. Questo vuol dire che decidiamo autonomamente per quanto tempo e come fare un disco che poi presentiamo a svariate etichette. Se lo apprezzano è bene altrimenti siamo contenti ugualmente. Inutile negare che è cambiato il volume delle nostre vendite, ma questo non può che essere un dato positivo. Per quanto riguarda l’aspetto squisitamente tecnico, già da tempo c’è chi dice che ci siamo parecchio imborghesiti. Io invece credo che sia stato fatto un profondo lavoro di ricerca soprattutto nelle sonorità tipiche della musica italiana e degli strumenti classici. Tornando ai vostri impegni, il live è un’esperienza che occupa sempre molto del vostro tempo. Quali sono le vostre date per il mese di luglio? Il rapporto col pubblico è qualcosa che non può mancare nella vita di ogni artista, tanto più per chi ha un’attitudine come la nostra. A luglio avremo un calendario abbastanza intenso. Fra quelli già fissati, gli appuntamenti più importanti saranno il 18 a Livorno per Italia Wave, il 22 all’Idroscalo di Milano e il 31 a Villa Ada, a Roma. Ma torneremo presto anche in Salento. Malgrado le critiche sempre presenti nel lavoro di un artista, nel disco non sembrano mancare brani impegnati. Mi vengono in mente La ballata del precario e Lu business cumanna, dai titoli abbastanza eloquenti. Quale attenzione pensi che rivolga il pubblico nei confronti di questi testi? Il nostro pubblico ci segue ma la realtà è che in questa società la gente se ne fotte. Il Salento così come il resto dell’Italia va salvaguardato. Soffermandoci sulla nostra terra basta aprire gli occhi per vedere che continua a subire un vero e proprio disastro ambientale. Parlo dell’Ilva La vostra presenza all’Earth day quindi non è stata casuale… È un’esperienza che ci ha riempito d’orgoglio. Ci sono persone che dimostrano maggiore sensibilità davanti allo schermo durante una partita di calcio, ma basta parlare con qualsiasi oncologo per rendersi conto di come le morti per tumore e leucemia siano aumentate esponenzialmente e senza alcuna “apparente” ragione. E non contento di quello che abbiamo c’è chi in questi mesi parla della costruzione di nuove centrali a biomassa proprio in queste zone. La risposta è iniziare a risparmiare energia, non inquinare le nostre vite ulteriormente. Tutti possiamo iniziare a farlo nel nostro piccolo. Ma una degna reazione sarebbe anche quella di indignarsi, ne va del nostro futuro. Ora basta, bisogna mobilitarsi perché questo scempio, non può continuare. Per chiudere, come detto prima uno dei vostri obiettivi, artistici e non, è quello di lanciare messaggi positivi. Ma pensi che la vostra musica abbia davvero aiutato a migliorare questa terra? Non abbiamo la presunzione di credere in cambiamenti sostanziali, ma musicalmente credo che un po’ di merito possa esserci attribuito. Quando abbiamo iniziato c’era pochissimo movimento, mentre guarda ora; il fermento è palpabile e il Salento è un riferimento riconosciuto per quanto riguarda il genere che noi proponiamo. Tornando ai messaggi, credo sia essenziale lanciarli, soprattutto quando sei su un palco. Sarebbe stupido non farlo, soprattutto ora che la nostra terra è in difficoltà. Dipende da noi. Perciò dico ragazzi, rimbocchiamoci le maniche e salviamola. C. Michele Pierri musica 21 22 Di musica classica cosa ascolti? Mi piacciono Bach e Rachmaninov. Di quest’ultimo, in particolare, ascolto spesso il secondo dei Cinque pezzi per pianoforte. Di jazz cosa ti piace? Miles Davis e Thelonious Monk. E poi adoro il rap, lo ascolto sin da ragazzino. Amo la Old school: Public Enemy, Nas... Ascolti o conosci la musica italiana? Mi piace la musica italiana tradizionale, ma non mi ricordo i titoli (ride) MATHEW JONSON Adora Bach e Rachmaninov, e la sua musica trae ispirazione (anche) dai culi delle ragazze che ballano davanti a lui. Niente di nuovo, l’arte è stata spesso ispirata dalle forme. Mathew Jonson, 29 anni, nato e cresciuto in Canada (con una piccola parentesi da bambino in Nuova Zelanda), da novembre a Berlino, è uno dei guru della technojazz, anzi “tech-fusion”, come è stata definita. In sostanza, è osannato dai critici musicali per i raffinati progetti musicali di cui fa parte come Cobblestone Jazz e Modern Deep Left Quartet, e nel frattempo gira il mondo come deejay solista, facendo muovere i ragazzi certamente poco attenti alle sue ricercatezze musicali. Lo scorso aprile è giunto anche allo Zenzero di Bari. Nelle tue biografie c’è scritto che sei un bambino prodigio, che suonavi sin da piccolo. Sono cresciuto in Canada, vicino Vancouver. Suonavo nella banda cittadina e ho studiato la musica classica. Ero abbastanza bravo. Poi a 10 anni ho scoperto l’elettronica, a 18 ho cominciato a esibirmi ed è cominciata la mia carriera. Che musica ascolti? Di tutto: classica, jazz, hip hop. La critica ti osanna per il tuo progetto Copplestone jazz, che condividi con Danuel Tate e Tyger Dhula Ti piace di più esibirti con loro o da solo, nei club, come deejay? Sono sicuramente due cose diverse. Con i Cobblestone ci divertiamo molto. Dialoghiamo musicalmente, come nei gruppi jazz, anche se usiamo strumenti elettronici. Il pubblico è forse più esigente. Ma mi piace anche esibirmi come deejay techno, vedo la gente divertirsi ed è molto bello. Da cosa trai ispirazione per la tua musica? Per esempio, questa serata allo Zenzero ti ha ispirato qualche nuovo pezzo? No, la musica che compongo è molto meditativa, nasce da stati d’animo, nasce a casa mia, nel mio studio. Quando faccio il deejay non penso a musica nuova da comporre. L’ispirazione però può nascere anche dai culi delle ragazze che ballano davanti a me (ride ancora)... Chi ti piace di più tra Aphex Twin e i Chemical Brothers, per i quali hai realizzato un remix? Aphex Twin, senza dubbio. Quando ero più giovane, mi piacevano di più i secondi, ma ora i miei gusti musicali sono cambiati. Mi piacerebbe tantissimo lavorare con Aphex Twin, Squarepusher e altri grandi nel loro genere. Quali sono i tuoi progetti futuri? Vivo a Berlino dallo scorso novembre, e stiamo sistemando lo studio di registrazione. E in cantiere c’è anche una collaborazione con Goldie. Sei soddisfatto della tua etichetta, la Wagon Repair? Molto. È un’esperienza molto bella perché siamo tutti amici. E ho la possibilità di produrre tanti generi musicali diversi, dall’elettronica al rock’n’roll. Ludovico Fontana musica 23 COLDPLAY Viva La Vida, or Death and His Friends Emi Non mi ricordo chi disse per primo che chi disprezza vuol comprare, fa sorridere però che l’ultra criticato buonismo secchione di Chris Martin, venga sinteticamente bollato “ecumenismo ciellino equo e solidale”; e che una recensione di venti parole (Blow Up 121) liquidi l’ultimo Coldplay con un 4. Fa sorridere me, che ho amato Parachutes nonostante detestassi quell’assenza di originalità sul filo del plagio che puzzava di fredda e calcolata macchinazione discografica (lo stesso accadeva all’ascolto dei primi album Stone Temple Pilots, imitazione-plagio dei quattro Mostri Sacri del grunge). In ultimo fa sorridere il citazionismo colto della loro musica, ormai comprensivo di My Bloody Valentine e Arcade Fire, ed ancor di più il fatto che abbiano ripescato i primi, soltanto dopo che lo shoegaze è tornato di moda. Così, a meno che non venga finalmente fuori un’“anima personale”, i criticoni storceranno il naso e la gente continuerà a comprare i loro dischi (perché si tratta sempre di pop “tinto di ricerca”). La ricerca qui sembra però essere artificiosa e dettata dalle sonorità più “in voga”. Dopo il commercialissimo X&Y, la band affida infatti la produzione al mitico Brian Eno, ricercando un suono corposo e spaziale, più eclettico che in passato. Dopo l’intro strumentale, Cemeteries of London è una ballata costruita su mezza strofa di House of the Rising Sun; Lost si stende lisergica sugli handclaps; Chris si permette di scrivere la sua Eleanor Rigby (Yes) con violino arabeggiante e corsa shoegaze appiccicata nel finale senza cognizione di causa; 42 è Martin-Lennon che esplode suonando come i Radiohead; Lost in Japan saluta i New Order; la titletrack è Bono vs TheBoss in salsa Arcade Fire; Strawberry Swing omaggia l’Irlanda; l’enfasi pop di Violet Hill, per quanto leggermente “atipica” e curata nel sound, rasenta la banalità mainstream degli ultimi U2. In effetti l’amore di Chris per Bono è fuori discussione, come è indubbia la bravura di Eno che ha compilato un gran calderone di suoni: peccato non potergli dare la sufficienza. Tobia D’Onofrio esotico e spiazzante che mi capitò tra le orecchie alla metà dei ’90, (e precisamente In A Bar Under The Sea, uno dei dischi più eclettici del gruppo che precedeva di un paio d’anni il successo di The Ideal Crash). Vantage Point è un disco bello e variegato. Mai piatto, per niente scontato. Il funky assassino di The Architet, primo singolo scelto dalla band, fa il paio con l’infuocata Oh Your God e con la trascinante Favourite Game per un lavoro che non innova ma che segna l’ennesimo passo avanti per una band che non ha perso la voglia di scompaginare le carte. Mr. Barman e soci hanno attraversato 15 anni di musica e, tra alti (tanti) e bassi (pochi), sono ancora in ottima salute. E le canzoni di Vantage Point sono qui a dimostrarlo. Ilario Galati WILDBIRDS AND PEACEDRUMS Heartcore Leaf DEUS Vantage Point V2 Ispirati e concreti. I Deus di questo 2008 potrebbero essere definiti così. Lontani ormai da quell’oggetto per certi versi Capita assai raramente di incontrare gemme di tale valore artistico. Specialmente in una cornice di musica minimale e sperimentale come quella di Heartcore, concepita come visionario gioco di sottrazione. Mariam Wallentine e Andreas, coppia nel gruppo e nella vita, studiano insieme improvvisazione alla musica 25 Accademia di Musica e Teatro di Goteburg. Si innamorano e iniziano a comporre, lei voce, lui le percussioni più strambe e il glockenspiel. Con un approccio accostabile per certi versi a quello delle Cocorosie, il duo sforna pezzi che sono dei capolavori, per intensità e carica innovativa. La musica viene presa per la gola e piegata alle necessità rituali dei due ragazzi, impegnati in un viaggio mistico ed emozionale alla ricerca della catarsi. La scarna ma avvolgente atmosfera assume spesso il tratteggio della psichedelia dei Sessanta (Mariam come una versione svedese di Abbey Lincoln Freedom Now Suite), esplorando nei testi i temi della tristezza, l’illusione e la speranza. L’essenzialità della strumentazione insieme al potere fortemente descrittivo delle composizioni, sollecitano il viaggio personale e costringono l’immaginazione dell’ascoltatore a giocare un ruolo di primo piano. L’album si esprime in un fresco e originale eclettismo di forme, fra tribalismi viscerali e passionali melodie sofferte. Folk, psichedelia, gospel, blues, jazz e lieder, e la profondità delle canzoni si manifesta stratificandosi nei ripetuti ascolti. Bird, Doubt/Hope, A Story From A Chair,The Ones That Should Save, The Window e la sognante e malinconica Battle In Water (completa di strumenti e doppia voce) sono veri e propri siparietti; i brani di questo disco vi rapiranno con la loro espressività teatrale e contagiosa; e se malauguratamente doveste ascoltarli la mattina appena svegli, potrebbero spalancarvi le porte di un magico mondo parallelo. Tobia D’onofrio THE CHARLATANS You Cross My Path Cooking Vinyl Una volta avremmo gridato allo scandalo. Oggi sembra quasi la normalità. Navigare su internet e scaricare legalmente un intero disco, infatti, non fa più notizia. Non sorprende, dunque, se anche The Charlatans abbiano sfruttato la cosa a loro vantaggio, regalando (è proprio il caso di dirlo) la versione completa del loro ultimo lavoro in studio. Mossa audace e coraggiosa che, certo, solo un gruppo con una carriera affermata e pluriennale può probabilmente permettersi. L’album è stato, comunque, pubblicato ufficialmente il 19 maggio scorso, in formato CD e vinile. Prodotto dagli stessi The Charlatans assieme a James Spencer e registrato tra Los Angeles, l’Irlanda ed il Cheshire, è stato anticipato di ben cinque mesi dalla titletrack, primo singolo battente e tirato che già lasciava trasparire le intenzioni della band: abbandonare le fascinazioni dub e reggae del precedente Simpatico, per puntare su più canoniche atmosfere rock. Occorre notare, però, che questa volta la band, sembra tessere trame più incisive e piacevoli rispetto ad alcune precedenti opache prove, evidente segnale di una buona e ritrovata ispirazione. Con You Cross My Path sembra che The Charlatans vogliano legittimare quasi vent’anni di carriera. Tutto è perfetto qui e tutto suona come dovrebbe suonare. Una band allineata con le sonorità del nuovo millennio ma che rimane, tuttavia, ancorata ad un passato importante, pur senza apparire superata. Questo non fa che confermare che The Charlatans siano ormai una certezza anche per i più giovani che ai dischi di LCD Soundsystem e Arctic Monkeys potranno tranquillamente affiancare pure You Cross My Path… Camillo “RADI@zioni” Fasulo CRISTINA DONÀ Piccola Faccia Capitol Anche se fosse stato un album “normale” avremmo dovuto applaudire Cristina Donà per la scelta, a solo un anno di distanza dal suo ultimo album di studio, La quinta stagione, di dare alle stampe un prodotto che è impossibile definire semplicemente come un best of. Arrangiare nuovamente in chiave acustica i propri brani più fortunati vuol dire nobilitare dieci anni di carriera, musica 27 impegnarsi e allo stesso tempo mettersi in gioco. Il punto è che però l’album non è normale, ma bellissimo, forse addirittura il più bello della carriera della cantautrice milanese. Molte tracce sembrano uscire ulteriormente abbellite da questa rivisitazione che asciuga i suoni senza minare l’impianto complessivo delle canzoni, nobilitandone l’intimismo e l’emotività delle liriche. La rivelazione di quest’album è proprio la Donà che, forse per la prima volta nella sua carriera, non ha paura di liberare totalmente la sua voce, di lasciarsi andare. Piccola Faccia trasmette la passione di chi lo ha creato e perciò conquista sin dal primo ascolto. Giuliano Sangiorgi impreziosisce Settembre, la cover di Sign your name di Terence Trent D’Arby strapperà un sorriso ai nostalgici. Un album pressoché perfetto, che piacerà a tutti e che sedurrà gli ultimi scettici sulle capacità di una delle migliori espressioni del pop italiano. Se tutti i best of avessero un’anima… Dino Amenduni IL GENIO Il genio Cramps Music – Self mettere in bella mostra. È il caso di questo duo composto da Gianluca De Rubertis, già Studiodavoli, e Alessandra Contini. Ed è proprio grazie a Il Genio (è sempre meglio che chiamarsi “Il deficiente”, dicono loro) che torna sulla scene la storica etichetta Cramps. Insomma, i presupposti per il colpaccio ci sono. E non è solo una questione di immagine e di etichetta: la raffinatezza del suono, un pop vintage che non disdegna inserti di psichedelia, va a miscelarsi perfettamente con testi talvolta visionari, in altri casi ironici, comunque sia vincenti. Il quartetto di pezzi iniziale è da applausi, in particolare Non è possibile, un’irriverente disamina sullo sbarco dell’uomo sulla Luna, e Pop porno, la perfetta candidata a tormentone estivo intellettuale (grazie a un testo da 10 in pagella). L’album è solido, forse troppo: non c’è il sussulto, il cambio di direzione, qualcosa che non faccia pensare alle canzoni intermedie come un, seppur onesto, riempitivo. Una giapponese a Roma, cover di un brano cult di Kahimi Karie, chiude questo disco d’esordio nobilitando ancora una volta gli sforzi del duo per cui noi, sempre più spudoratamente, continueremo a tifare. Dino Amenduni LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA Canzoni da spiaggia deturpata La tempesta Non ci si deve imbarazzare a fare il tifo per i nostri prodotti migliori, prodotti da esportazione, prodotti da 28 musica Sarà che i cantautori che hanno qualcosa da dire si contano sulle dita di una mano. Sarà che molti rocker nostrani sono più attenti alle giacche e alla capigliatura che alla sostanza. Sarà che scrivere canzoni ‘autentiche’ non equivale a mettere delle parole sensate su una buona melodia. Sarà tutto questo ma a me l’esordio di Vasco Brondi, ventiquattrenne da Ferrara, è sembrato subito bellissimo. Si dirà che è acerbo (e non potrebbe essere altrimenti date le poche primavere del nostro) ma il nichilismo di Vasco è vero e amplifica tutta quella merda che ci portiamo dentro noi che attraversiamo “questi cazzo di anni zero”. Sfilano così istantanee crudeli, scampoli di poesia urbana che citano Tondelli e Rino Gaetano, Gilberto Centi e Andrea Pazienza, canzoni dimesse che l’attento lavoro di Giorgio Canali ha reso più digeribili rispetto al demo originario dello scorso anno. Stagnola, Sere Feriali, La Lotta Armata Al Bar, Piromani, Per Combattere L’Acne, sono canzoni fondamentali perché raccontano con cruda realtà il “sotto vuoto spinto” nel quale galleggiamo. Canzoni deturpate per una generazione che non sogna più. Ilario Galati PIERO BREGA Fuori dal paradiso Manifesto Voce storica del Canzoniere del Lazio, fondatore del Circolo Gianni Bosio, Piero Brega era praticamente scomparso dalle scene fino alla pubblicazione, nel 2004, di Come Li Viandanti, singolare “esordio” da cantautore per uno che di musica alle spalle ne aveva tanta. Questo Fuori dal Paradiso, pur non discostandosi troppo dal disco precedente, aggiunge un nuovo tassello a questa seconda vita artistica per Brega, la cui voce magnifica risulterà subito riconoscibile almeno per chi ha mandato a memoria i dischi del Canzoniere (ma anche di Carnascialia e Malvasia). Non tutto a dire il vero è perfetto e, in particolar modo, è l’ibrido tra folk e scuola romana su cui si regge l’intero sound che a volte risulta essere poco incisivo, ma un pugno di canzoni significative non mancano: su tutte Marinaio Senza Mare, cantata insieme all’amico Adriano Martire, e la rilettura tangueira di Vile Tanturi, canto antifascista scritto da Dante Bartolini. Ilario Galati JUAN MORDECAI Songs of flesh and blood Y2K Recordings / V2 music L’album è uscito l’anno scorso, ma è necessario segnalarlo, perché forse ci era sfuggito qualcosa di importante. E poi ho visto il loro concerto e mi sono piaciuti troppo! Juan Mordecai sono David Moretti e Andrea Viti (Afterhours), che insieme agli ex-Karma e a quello scoppiato di Xabier Iriondo ci portano in pieno deserto, americano ovviamente. Roba del genere, in inglese, non è di certo patrimonio nazionale; ma qui la qualità c’è e vale la pena ascoltare queste undici tracce che trascinano in un paesaggio brullo e allucinato, tra cactus, pietre e visioni lisergiche nella più affascinante cavalcata stoner che si sia mai prodotta da queste parti. Tanto sudore e tanta passione in pezzi strepitosi come Skin and bones e Desert tree, oltre che una massiccia dose di psichedelia. Non saremo mai sazi di queste delizie. Rakelman l’illusione di avere ancora sedici anni e di essere una della “cricca” di Dawson. Rakelman THE WEIRD WEEDS I Miss This Autobus KATHLEEN EDWARDS Asking for flowers Zoe Records Kath è di Ottawa e a vederla non le daresti un cent. Ha l’aspetto di una qualsiasi trentenne della provincia americana, anche un po’ sciatta. Eppure è una polistrumentista capace (piano, violino e chitarra folk tanto per dire) e un’ottima cantautrice, che merita rispetto nel mondo del folk rock. Accompagnata da musicisti cazzuti (gente che suona per Dylan, Cohen e per gli Heartbreakers per intendersi) e dal marito, sforna questo terzo gioiellino con cui sollazzarci nelle sere d’estate, tra sviolinate e steel guitar. Capolavoro assoluto e consigliata a tutti i romanticoni là fuori la conclusiva Goodnight California, con la sua struggente malinconia. Un po’ Springsteen dei bei tempi andati, molto Sheryl Crow degli esordi, la nostra ci regala Album n.3 per i texani. L’incipit ricorda Camoufleur dei G Del Sol; il resto vive della lezione di June of 44 (splendido l’incedere di Save the Dogs) & co. Voce maschile e chitarra ricalcano talvolta D.Grubbs e l’accostamento al country-folk fa tesoro dell’esperienza Rex. Con le radici nei 90, fedele a una attitudine compositiva libera, denso di atmosfere appiccicose, l’album alterna parti strumentali alle due voci. La titletrack è un post-rock minimale che incontra quella femminile: B&Sebastian-vsCurrent 93. L’intro rumorista di Lies, graffiata da un archetto distorto (sembra Tommy degli Who), si scioglie in inno psichedelico. H. in the Light dondola ipnotica fino a rivelare il delizioso intreccio melodico, negli ultimi 20 secondi. Mantenendo costante il fattore imprevedibilità, sono rare le cadute di tono come Sorry Rain, artificioso esercizio di avanguardia fine a se stesso. Atlas sfoggia un cantautorato cupo alla Smog e una rarefatta alba di archi alla Sigur Ros. We’re Gonna musica 29 Die è psichedelia anni 60 e chitarra alla N Drake. L’ultimo pezzo abbassa un po’il tono: l’arpeggio semplice non rende giustizia alla voce angelica, ma se tutti i dischi suonassero così, il mondo musicale non avrebbe proprio di che lamentarsi. Tobia D’Onofrio BONNIE PRINCE BILLY Lie Down In The Light Domino rara bellezza: “Conosco la mia strada per il mondo, è circolare, incomincia e finisce…” Come se il tempo non fosse mai passato, Will è splendente, stavolta nelle vesti di Maestro della Tradizione country-folk americana e non di lamentoso e fugace interprete di una forma espressiva che si temeva persa e invece oggi, grazie a lui, è più attuale che mai. (TdO) NOTWIST The Devil, You and Me City Slang za a singhiozzi. La titletrack indugia in un autunnale glitch folk di matrice Sixties turgido di speranza. Gravity sembra Deus in salsa kraut. Il dubtrip-hop di On Planet Off concede varietà ritmica. Boneless è un rilassante massaggio motorik. Hands On Us pura tensione lirica. La delicata Gone…è un malinconico folk che chiude un album più omogeneo, meno eclettico ed innovativo, ma fortemente ispirato. Space-music per viaggi astrali in universi paralleli. (TdO) DEATH CAB CUTIE Narrow Stairs Atlantic Un Will Oldham dei più completi e ispirati: il “tormento” è decisamente diminuito e BPB sembra preso bene. Senza tradire l’inconfondibile stile vocale, i cambi e gli sviluppi travolgenti e psichedelici, Bonnie 08 risolve spesso la malinconia in un morbido e palpitante sorriso o in una solare e fuggevole carezza. Il menestrello duetta con la voce femminile in un epico finale; in Glory Goes strascica, biascica: “Lei mi adora, lei mi ignora”, rime e melodie intessono un magico crescendo. Missing One richiama l’intimismo stonato ed ululante dell’interprete, teso verso una soluzione più luminosa. Willow Trees Bend improvvisa strutture libere in un lisergico mantra, I’ll Be Glad riscopre la freschezza di un saluto corale, So Everyone ci saluta con un savio duetto di 30 musica Questi post-kraut-rockers “campioni di understatement” ci regalano nuove emozioni dai contorni indefiniti. Prediligendo il registro acustico, vivaci pennellate folk dipingono siparietti di cantautorato. Musica dall’invisibile potere; schegge sonore sfocate e subliminali penetrano sotto la pelle, ascolto dopo ascolto, senza mai violentare l’attenzione. Good Lies è un allucinato missile alla Stereolab che decolla fra emo e shoegaze:“Imitiamo la realtà!, finchè non ne troveremo una migliore” sintesi eccellente dell’arte dei tedeschi. Where in this world vede l’irrequieta A.Mega Express a colorare un glitch riflessivo e sincopato. Gloomy P è una docile ballata elettroacustica alla B&Sebastian. Alphabet parte sul punto di esplodere e incal- FOR Il secondo capitolo DCFC su Atlantic, resta un gradino sotto alle precedenti produzioni della band californiana. L’album vola basso mettendo da parte le sperimentazioni ed indugiando nel cantautorato esistenzialista di Ben Gibbard, abile nella scrittura, ma decisamente meno ispirato. Il lavoro risulta un po’ tedioso, omogeneo e ben curato, ma con la “classe” che stenta a venir fuori; fanno eccezione il pezzo d’apertura, psichedelico e con una marcia finale di chitarre enfatica e maestosa, e I Will Possess Your Heart, che parte in sordina con un atmosferico giro di basso stile Jane’s Addiction, stende un minimale tappeto di impercettibili crescendo e rivela la melodia al quinto minuto, galoppando su una tensione da tagliare a fette. No sunlight è una prevedibile ballata acida che sembra uscita dal catalogo Pet Shop Boys. Cath sembra un numero mal riuscito dei Placebo. Il resto è scontato ed insipido, nonostante le registrazioni in presa diretta; persino la cavalcata di Pity And Fear lascia indifferenti. Una decisiva caduta di tono, perdonabile, ma che non fa presagire niente di buono per il futuro. (TdO) SIGÙR ROS Með Suð Í Eyrum Við Spilum Endalaust Beggars/XL bravi. E qui sfornano il capolavoro del cerchiobottismo intellettuale. Questo lavoro dal nome impossibile riesce ad accontentare tutti con “soli” 3 capolavori: il marketing con Inni mer syngur vitleysingur, quattro minuti come biglietto da visita per la promozione radiofonica (con un battage pubblicitario a rimorchio degno di Madonna), i fan modaioli e un po’ depressi con Ara batur, gli appassionati più viscerali e ortodossi con Festival, candidata a far capolino nei cuori di moltissimi devoti al dio Jonsi, cantante etereo e dominante allo stesso tempo. Le prime quattro tracce sembrano preludere a qualcosa di nuovo, di diverso dal solito: più pop, più rock, più prog. Nella seconda parte si torna sulla solita amabile solfa. Quando si recensiscono album così si utilizza un eufemismo: disco di transizione. E non si va oltre il 5 in pagella. Per i Sìgur la transizione è ben sopra la sufficienza. Un album da consigliare, sempre che il titolo vi permetta di farlo. Dino Amenduni MJUR Mjur Dracma records Recensire i Sigùr Ros fa vivere la stessa sensazione che proverà il responsabile delle pagelle della Roma del Corriere dello Sport una volta arrivati a dover parlare di Totti: non si va al di sotto della sufficienza. Sono una delle pochissime band in grado di emergere senza dover ricorrere al già sentito (gli echi di Syd Barrett sono, appunto, solo echi), spocchiosi e irridenti per quanto sono Quando quattro personalità musicali diverse si incontrano il risultato non può che essere eclettico. È questo che colpisce al primo ascolto di Mjur, progetto nato da un’idea di Simone Melissano: cercare di rappresentare il caos della dimensione clownesca, misto di sentimenti tra loro molto in contrasto. Un gioco che non si ferma alla musica ma sfocia nell’arte delle videoproiezioni, nel travestimento. È un progetto che sembra rimbalzare tra i componenti, mettendone in mostra le varie attitudini. Si passa così dall’elettronica di Dj Cordella (Aprés la Classe), alla vocazione più rock della chitarra di Antonio Tunno, alla voce potente di Emma (vincitrice della trasmissione tv Superstar nel 2000) guidati dall’estro artistico e il basso di Simone. Una strada insolita, un progetto che incuriosisce. Osvaldo Piliego FEET OF MUD Feet of mud Improvvisatore involontario Il jazz può essere di più, lo ha dimostrato Miles Davis e da allora tutto è diverso. Le commistioni, o la fusion per essere più tecnici, semplicemente sentirsi liberi di sperimentare, “improvvisare volontariamente”. Feet of mud combo di musicisti italiani ci conferma una scena di altissimo livello nella sua sintonia con i maestri ma anche con la voglia di spostarsi giusto quel metro un po’ più in là incontrando musiche più vicine addirittura al post rock. In questa contaminazione c’è posto per digressioni nella psichedelia, grazie ai suoni vintage di sinth, hammond, ma anche all’elettronica mai invadente rispetto a un impulso del suono che è vitale, godibile, pulsante in alune progressioni più funky. (O.P.) musica 31 32 THALIA ZEDEK BAND Liars and Prayers Thrill jockey Nella voce di Thalia Zedek si sente tutta la grinta della vecchia guardia, tutta la rabbia di una che dall’82, vive e suona in un’America che non gli piace. Dopo la militanza in varie formazioni ( Dangerous Birds, Come) Thalia sceglie di metterci la faccia accompagnata da una band eccezionale. Graffiante, amaro, malinconico, potente, rock, lirico nei sipari di archi e fiati. Diretto, arriva subito nelle intenzioni e nel messaggio. C’è ancora bisogno di gridare per farsi sentire, c’è ancora bisogno di fare casino per farsi sentire. L’evoluzione che ci aspettava da una come Patti Smith, la sintonia con un tempo nel suono come nella percezione di ciò che accade. Un bel boccone amaro, necessario. (O.P.) COSMICA Cosmica Interbeat Lab All’inizio era lo stoner, poi il tempo, le stagioni cangianti come i musicisti, la maturità, la fusione di nuovi elementi, influenze che compongono una ricca tavolozza di generi che affrescano la musica dei Cosmica. Rock ….italiano? Si ma solo per la scelta dell’idioma dei testi. Il resto è un mix di funky, nu me- tal, rock’n’roll, grunge. Un disco potente, risultato delle sapienti mani di tutti i musicisti. Tecnica che non viene sfoggiata con manierismo, ma funzionale alle canzoni che riescono a trovare momenti più pop tra le accelerazioni, le pause e le aperture. Dietro tutto aleggia uno spirito tipico di un certo rock anni 90. Un lavoro che testimonia la grande amalgama di una delle nostre formazioni più longeve finalmente approdata a un disco che ne racconta il passato, il presente e gli apre le strade del futuro. (O.P.) KLAUS SCHULZE, LISA GERRARD Farscape SPV/Audioglobe L’incontro è di quelli che fanno rumore. Il risultato la cosa più vicina al silenzio o per lo meno alla quiete. Da una parte Klaus Schulze, nome indissolubile dal concetto di elettronica minimalista, accanto a lui Lisa Gerrard indimenticabile voce dei Dead Can Dance. Un’alchimia, quella tra i due, assolutamente speciale. Il risultato è in sette brani contenuti in un album doppio che sembrano collocarsi in un limbo dove ambient, down tempo, vibrazioni orientali, abitano tempi dilatati. Musica avvolgente a tratti alienante, un lavoro ampio a volte un po’ datato nella scelta di alcuni beat e alcuni suoni. Musica visionaria, provate a mettere le cuffie e a chiudere gli occhi. (O.P.) FOLKABBESTIA Il segreto della felicità Upr Quindici brani per raccontare, tra ironia e impegno sociale, una società multietnica. Tornano così, dopo circa cinque anni di assenza dall’inedito (ma con cd ed esibizioni live in abbondanza) i baresi Folkabbestia. Celebre per il suo record da guinnes dei primati, con l’esibizione dal vivo di un solo brano più lunga della storia, la banda propone anche in questo disco una miscela da festa dove la pizzica e la taranta convivono con la musica balcanica, dove folk e ballate si incontrano perfettamente. La consolidata formazione è una sicurezza per sound e impatto live. L’impegno dei Folkabbestia ha condotto anche il violinista Fabio Losito all’assessorato alla cultura della Provincia di Bari. La realizzazione di quel Potere alla poesia che è il titolo di uno dei brani più riusciti. Numerose anche le collaborazioni tra le quali segnaliamo quella del fisarmonicista Antongiulio Galeandro che firma la musica di Rovo d’amore. Dopo l’uscita del nuovo cd per i Folkabbestia sarà un’estate da vivere in piazza e nel “palazzo”. Potere della musica, potere della poesia. (pila) musica 33 DISASTRO RECORDS Disastro Records sceglie il salentino Genio per affacciarsi sul mercato dell’indie italiano, non si vergogna di essere pop perché lo fa con intelligenza, è orgogliosa di essere parente della storica Cramps e ha le idee molto chiare sul suo futuro prossimo. Con lo stile che contraddistingue la discografia degli anni ‘70 e gli occhi ben sintonizzati sul presente, Disastro Records ironizza sul nome ma per il resto fa le cose sul serio. Abbiamo parlato con Davide. Cramps è un nome con una storia lunghissima alle spalle, voi siete giovanissimi, come vi siete avvicinati a questa “avventura”? Diciamo che tra noi e Cramps c’è una sorta di legame di parentela. Con le opere del suo catalogo siamo, in un certo senso, cresciuti. Questo ci ha permesso di dare la giusta considerazione all’etichetta, nel rispetto del suo valore storico. Il nostro intento, infatti, è quello di rivalorizzare il marchio Cramps attraverso le ristampe dei suoi titoli, cercando di far capire al pubblico quelli che sono i presupposti cronologici su cui nasce e si fonda, un pò come per un quadro in continuo restauro. Come se non bastasse nasce Disastro Records. Che rapporti ha con la madre e soprattutto in cosa è differente? Disastro Records nasce nel Settembre 2007 come nuova label di casa Cramps Music. Quest’ultima è una società attiva come publishing e come discografica, con tre differenti marchi al suo interno: la storica e più famosa Cramps Records, la Artis Records e, ultima della famiglia, la Disastro.Cramps Records è stata, negli anni ’70, la prima etichetta indipendente italiana, nata e vissuta in un periodo storico-socio-politico in grande fermento, e che ha avuto il merito assoluto di lasciare in eredità alla storia della musica artisti oggi riconosciuti a livello internazionale, come John Cage, Area, Demetrio Stratos e molti altri; le sue produzioni si sono sempre rivolte alla sperimentazione e all’avanguardia, nel tentativo di percorrere nuovi ed inesplorati sentieri, in bilico tra la musica e la performance artistica in senso lato. Disastro Records nasce oggi, invece, in un periodo culturalmente molto diverso, con l’intento di creare un marchio ad alta credibilità nella scena indie attuale, e di seguire quelli che sono, inutile nasconderlo, i nostri personalissimi gusti in fatto di musica. Per rispondere alla tua domanda, quindi, intenti e contenuti artistici sono davvero diversi, così come lo è, del resto, il contesto temporale in cui le due realtà si collocano.Sono questi i motivi principali per cui abbiamo scelto di creare un nuovo marchio dedicato. piuttosto che proseguire con quello storico, che non ci sembrava giusto contaminare con nuove proposte, indipendentemente dal loro valore artistico. Al momento avete lanciato il Genio, progetto tutto salentino, avete già in programma nuove uscite? Certo: a settembre usciremo con Girl with the gun, un interessantissimo lavoro electro-folk, per chi ama dare le definizioni alle cose, che vede come protagonisti Populous (eclettico sperimentatore elettronico per la cult label berlinese Morr Music) e Matilde Davoli (già raffinata voce del progetto Studiodavoli). Probabilmente sempre quest’anno, pubblicheremo l’album d’esordio di una giovanissima indie-rock band delle nostre parti (Vicenza), i Leggins, realtà già acclamata nella scena indie italiana e vincitori del Nordkapp Indiependent Tour di quest’anno.Oltre a questo, abbiamo anche qualche altro asso nella manica che, per ora, preferiamo non calare, e, naturalmente, siamo alla continua ricerca in quello che, devo dire, oggi è un sottobosco musicale italiano molto fertile. Quale eredità e quale responsabilità sentite nel possedere (con Cramps) un patrimonio musicale dal valore inestimabile? Direi enorme. Nutriamo un profondo rispetto per tutti i titoli e gli artisti che hanno contribuito a creare questo patrimonio, come dici giustamente tu, inestimabile. Senza esagerare, il catalogo Cramps rappresenta una fetta di storia importantissima della musica italiana e non. Per questo motivo, ci sentiamo molto fortunati e cerchiamo ogni giorno, col nostro lavoro, di conservare e valorizzare questa grande eredità. Indie e mainstream possono convivere? Credo proprio di sì, in una certa misura, o, quantomeno noi cerchiamo di lavorare proprio in questa direzione, per far sì che questo accada. Chiaramente non parlo del mainstream più sfacciato, ma di quella zona, a cavallo tra i due mondi, fatta di prodotti, in primo luogo, di buonissimo livello, e che sono, al tempo stesso, sia originali e credibili per piacere all’universo indie sia catchy quanto basta da soddisfare quello mainstream. Penso che in questa zona sia ancora possibile lavorare bene, con un buon apprezzamento da parte del pubblico, proponendo progetti di qualità, che non sacrificano nulla nè in nome dell’essere indie a tutti i costi nè, tantomeno, dell’essere mainstream, ritornando ad un sempre valido concetto di fare in primo luogo della buona musica, secondo quello che è il proprio gusto personale. Crediamo, ad esempio, che il lavoro de Il Genio si possa calare molto bene in questa realtà trasversale. Osvaldo Piliego musica 35 Taranto - foto Paolo Margari COSIMO ARGENTINA Dopo quattro anni dall’uscita di Cuore di cuoio, Cosimo Argentina torna a raccontarci un sud estremo sotto molti punti di vista. Maschio Adulto Solitario, edito dalla casa editrice Manni all’interno della collana Punto G, racconta la formazione alla vita di Dànilo Colombia giovane che si muove nella Taranto degli anni ottanta, città sprofondata nella dannazione e nella violenza. Maschio adulto solitario è un romanzo duro, a tratti durissimo. Per penetrarlo abbiamo rivolto all’autore alcune domande L’affresco del sud, e in particolare di Taranto, che emerge dal tuo ultimo romanzo sembra più nero e più tragico del sud, a tratti mitico, di Cuore di cuoio. Sembra che tu abbia deciso di penetrare in profondità, senza fare sconti, tutta la melma nella 36 Libri quale si muove l’umanità varia che abita il tuo romanzo. Qual è il processo che ti ha portato dai miti dell’adolescenza a tutto lo schifo che porta all’età adulta? Guardati intorno e la risposta ti verrà automatica. Il Sud, come il Nord – e mettiamoci dentro l’Occidente e l’Oriente rappresenta un mondo governato dallo sterco e dall’ingiustizia. Una persona perbene o una persona debole, insicura, viene stritolata da quelli che “hanno le palle”, dai bravi, da quelli che hanno le conoscenze giuste. Poi c’è la categoria che meno sopporto: quegli individui che criticano il sistema da cui vengono foraggiati. I contestatori arricchiti. I ribelli con gli euro contratti in tasca. Qual è il processo che mi ha portato da Cuore di cuoio a Mas? Un processo di consapevolezza e di necessità narrativa. Se parli di un ragazzo e “come” un ragazzo fallo LIBRI fino in fondo, senza giochini. Dagli i sogni e le illusioni. Se metti in scena un uomo disilluso be’, allora sono cazzi di chi legge. Fino in fondo. Nonostante tutto, nonostante il sangue e una narrazione in cui Dànilo sembra senza via di scampo, portato a infrangere il proprio destino contro quello di personaggi la cui morale è imbevuta nell’abiezione e nella violenza, lasci sempre che tracce comiche attraversino la scena in una modalità che, forse, sortisce l’effetto di amplificare lo stesso spessore tragico degli eventi. Sei d’accordo sul fatto che il grottesco può essere più triste della tragedia? Sì, d’accordissimo. La vita è così. Uno cade dalle scale e si rompe l’osso del collo e scatta la ghignata del pubblico pagante. Io a volte sono spiritoso quando sto male. Se sto forte forte di solito resto sereno. Se sto male faccio il buffone. Alighiero Noschese si suicidò e tutti dissero ma come? Faceva ridere! C’è un personaggio nel tuo libro che gioca un ruolo cruciale. È Anselmo di cui dici: “Era vissuto troppo e male. Era un segnalato di Dio, uno che per statuto sarebbe dovuto essere cattivo ma io ero l’esempio vivente che le cose non erano andate propriamente così. Anselmo era stato quello che gli altri manco avevano provato ad essere: uno dalla mia parte. Punto”. Anselmo è un angelo, una figura protettrice. Potresti dirci due parole su questo personaggio? Ne so quanto voi, su Anselmo. Però posso dire che a volte la pugnalata arriva da chi non ti aspetti e parimenti l’aiuto giunge da persone che non avresti neanche preso in considerazione. Anselmo è cieco. Chi è abituato a soffrire o diventa un bastardo più bastardo di chiunque altro oppure diventa buono, comprensivo e sensibile. Io sono attratto dalle persone che hanno sofferto molto nella loro vita. E di contro mi stanno sulle scatole quelli che sono precisi e sicuri. Caserma, ospedale militare, fabbrica, università, studio legale. Dalle tue pagine viene fuori una forte sensazione di cattività. Kuma, maschio adulto solitario, costretto ad abbandonare i ghiacci dell’antartide per adattarsi alle gabbie della vita moderna. Secondo te la scrittura è una maniera di seguire la propria selvaggia natura di lupo? Siamo tutti in trappola. Tutti in gabbia ma il 99% di noi non lo sa o fa finta di non saperlo e allora colleziona francobolli, scopa un sacco di donne o scrive. La scrittura è il MIO modo di tornare al senso puro delle cose. Ognuno ha il suo. Un’illusione, forse. Un falso scopo. Mettila come meglio credi ma se ci dovessimo fermare un solo istante capiremmo che non siamo niente. Siamo una parentesi di carne nell’infinito. Certo, c’è la speranza di Dio. Ma tolto quello siamo fottuti. Kafka, Edgar Allan Poe, Arthur Rimbaud, Bukowski, Dostoevskij, la Divina Commedia. La libreria di Dànilo è anche la tua? Vediamo un po’… di Kafka devo aver letto quasi tutto ma non riesco a rileggere i suoi romanzi. Edgar Allan Poe è uno dei padri fondatori della ditta Argentina C. perché leggendo le sue cose, tutte le sue cose, ho capito, a vent’anni, che volevo essere come lui, un inventore di storie. Di Rimbaud ho letto tutto e lui rappresenta il genio. Un genio muore in fretta. Non conviene esserlo fino al punto dell’uomo delle Ardenne. Bukowski sì, è uno dei miei prediletti per la semplicità e forza descrittiva. Dostoevskij è un dio della letteratura ma bisogna prendere le distanze da lui. E… vabbè, Dante. Non da leggere o da ascoltare Benignamente quanto da tenere lì e sfogliare e poi scegliere un brano e respirarlo. Ovviamente ce ne sono altri. Ma questi della biblioteca Colombia non li rinnego. “Mi sentivo uno che doveva risalire tutti i fiumi Mekong della terra ma una era la foce in cui arrivare: Taranto”. Perché, nonostante tutto, si torna ostinatamente a sud? A dire il vero io non sono tornato. Vivo a Meda con Clara e due figli: Francesco un cabarettista di 5 anni e Milena, una donnina di 5 mesi. Ma la mia penna torna. Torna ossessivamente. Torna ogni santo giorno. Io scrivo del mio passato mescolandolo al mio presente. Taranto, il Sud, i volti, i sapori, gli odori tornano con la prepotenza di quegli amori rifiutati ma necessari. Sono a Taranto ogni volta che mi siedo davanti al computer. I tarantini a volte mi accusano di violare il santuario del buonumore ma non ci posso fare niente. Del resto io torno alla mia Taranto. A quella degli anni settanta, ottanta e primi anni novanta. Di quella di oggi ne so ben poco se non che dovrà vedersi partite di calcio di C1 – lega pro – anche l’anno prossimo. Mino Degli Atti Libri 37 SAM SAVAGE Firmino Einaudi E questo è il blues del topo triste che mangiava solo libri e riviste. Potrebbe essere riassunto così Firmino, il primo romanzo di Sam Savage, già professore di filosofia e poi meccanico di biciclette e pescatore, esordiente a sessant’anni, con un libro, pubblicato in Italia da Einaudi, dedicato a tutti coloro che dei libri hanno fatto il loro pane quotidiano. Un romanzo delicato, per chi ama le storie semplici (dove semplice è un complimento) e raccontate bene. Firmino narra le avventure di un topo che vive in una libreria della Boston anni ‘60, una di quelle librerie di periferia frequentate da collezionisti, scrittori e amanti della lettura in genere. La mamma di Firmino aveva dodici mammelle e tredici figli, di cui il nostro eroe era ovviamente il più debole e il più maltrattato dei fratelli. Per riuscire a sopravvivere quindi Firmino comincia ad assaggiare i libri e si accorge che più i libri sono belli più sono buoni. Diventa così un infaticabile lettore e ci regala alcune indimenticabili perle su vita letteratura. Dario Goffredo TOMMASO DE LORENZIS MASSIMILIANO MITA -VALERIO GUIZZARDI Rosso DeriveApprodi (libro+dvd) Tre curatori eccellenti per questo saggio, noti agli ambienti bolognesi e non solo, tutti redattori di Banlieus e Frame: Tommaso De Lorenzis, Valerio Guizzardi, Massimiliano Mita fanno movimento anche in questo finissimo lavoro, fondendo destrezza narrativa e disciplina d’indagine, e addentrandosi con minuzia quasi esegetica tra titoli incendiari e satire inclementi. Restituiscono così alla rielaborazione collettiva una rivista criticamente eversiva, rendendo tutta la dispettosa innovazione di Rosso, che tra il 1973 e il 1979 superò il costume, umiliò la consuetudine, sbaragliò la tradizione con le sue pagine operaiste e differenti. Oltre la fabbrica e l’ ”operaio massa”, Rosso si spinse alla ricerca di altre mappature possibili, in pellegrinaggio inferocito verso un soggetto nuovo e diffuso, verso un orizzonte differente e più espanso che “s’innerva sul territorio, sguscia nel terziario e sussume la società”. Di questo vien resa ora doverosa memoria. Tra questioni femminili e liberazioni culturali, urgenze studentesche e istanze omosessuali, le cronache brevi si alternano agli stralci di rivista ben indovinati, mentre le date fedeli incorniciano le incursioni temporali in un altrove che diventa sempre di più lo spazio dell’oggi. Così, si vivificano le eredità di una stagione interrotta ma non per questa esaurita, che rintraccia nel terreno uniformato della società “veltrusconiana” altre improrogabili analisi. Stefania Ricchiuto MARINA VALENTE Osteria Calcutta Ed. Sensibili alle foglie La stravaganza della “solidarietà non organizzata” diventa un libro, e nonostante sia una testimonianza si confonde spesso con l’incanto di un romanzo. E’ il 2001, infatti, quando una combriccola di folli sceglie un nome insolito per un’associazione altrettanto bislacca: L’Osteria a Calcutta, sintesi perfetta di un modo di rapportarsi alle involuzioni contemporanee, e di superare le dinamiche ordinarie del fare. Come nelle antiche osterie – quelle genuine di un tempo, non le mistificate di oggi – in questa compagnia di bizzarri individui tutto procede per convivialità. Tra un sorriso autentico e il cibo condiviso, nell’autogestione più pura e davvero dal basso, un appello inusuale viene redatto e diffuso per giornali e altri canali, e in un tono di rasserenante intimidazione comunica: “Né complici né integrati. Vogliamo essere costruttori contro. Un modo per costruire la pace è essere fabbricanti di una nuova grammatica”. Le parole sono poche, essenziali, ostinate. Circolano ovunque, acchiappano inquietudini, conquistano emarginazioni. Risponde a queste soprattutto chi non è a suo agio nei meccanismi beceri di una società mal congegnata, e sogna assenza di dispositivi e distanza ampia da ogni apparato. Si crea, così, un gruppo di disadattati cronici pronti a partire per andare lontano, con la speranza, forse sottintesa, di fare e subire meno danni possibili altrove. Si comincia dall’India, “uno dei cuori sanguinanti della Terra”, di preciso da uno Libri 39 slum poverissimo alla periferia sud di Calcutta, in cui un manipolo di volontari, reclutati nel terreno fertile del disagio, incontra il disagio altro e ne fa risorsa. Stefania Ricchiuto RICK MOODY Tre vite Minimum Fax Un ex funzionario pubblico vaga spaesato sulle rive di una ridente isola del Nord America, con la convinzione di dover scongiurare una minaccia terroristica. Una giovane impiegata di un’agenzia di assicurazioni inizia a ricevere biglietti minatori che la condurranno sulle tracce dell’insospettabile autore delle sue ossessioni. Un giornalista si aggira fra le macerie di una New York post apocalittica, alla ricerca di spunti e testimonianze per un articolo su Albertine. Una droga capace di far rivivere emozioni sopite. Tre personaggi, tre vite, tre differenti modi di raccontare le insicurezze, le paranoie, la confusione dell’America d’oggi. Rick Moody sviscera attraverso tre racconti, le psicosi ed i tormenti che si annidano nella società post undici settembre. Ancora una volta la piccola casa editrice romana, minimum fax, ci consegna in questo libro, il lavoro, la passione e l’immaginario creativo di uno dei più brillanti e prolifici autori americani del nuovo secolo. Roberto Conturso Marinho, nonostante l’assoluta convinzione delle sue idee, incontra e s’innamora di una cafona, sorella di uno dei suoi più acerrimi nemici, le sue convinzioni inizieranno a vacillare. Attraverso la rappresentazione di una realtà cruenta popolata da adolescenti, D’Amicis fotografa un’Italia che cambia, l’Italia del primo contagio sociale: quello che aveva denunciato Pasolini col termine “omologazione”. Non più diversi per “casta”, ma accomunati dai consumi, non più separati dall’essere ma immersi nel medesimo avere. Scritto utilizzando un duplice registro, quello sostenuto dell’io narrante che rivive a trent’anni di distanza l’estate del suo cambiamento, e quello basso dei dialoghi tra le due bande di adolescenti, La guerra dei cafoni conferma le grandi doti narrative di D’Amicis. Rossano Astremo THURSTON MOORE Mix tape. L’arte della cultura delle audiocassette Isbn CARLO D’AMICIS La guerra dei cafoni Minimum Fax È la torrida estate del 1975. A Torrematta, località marittima del Salento, si fronteggiano, come ogni anno, in una lotta irrazionale per l’ottenimento della supremazia sul territorio, i figli dei benestanti e i figli dei contadini e dei pescatori, i cosiddetti cafoni. Questo è il nucleo tematico attorno a cui ruota La guerra dei cafoni (minimum fax, 2008), nuovo romanzo di Carlo D’Amicis, lo scrittore tarantino, che da anni vive a Roma, dove è redattore di Fahreneit, una delle trasmissioni radiofoniche culto per gli amanti dei libri. Scontro tra mondi antitetici, quindi, quello che viene raccontato dall’io narrante Francisco Marinho, quattordicenne capo dei signori, ma la divisione di classe che sembra essere immutabile crolla dinanzi all’amore. Quando Un immenso effetto nostalgia è giunto dopo la lettura di Mix tape. L’arte della cultura delle audiocassette, edito da Isbn e curato dal guru Thurston Moore, leader dei Sonic Youth. Immenso effetto nostalgia perché ha aperto scatole della memoria da un bel po’ in cantina, quelle della mia adolescenza, quando per fare colpo su una ragazzina che ti piaceva producevi il tuo fantastico mix di tracce suddiviso nel duplice lato, nella speranza che almeno un paio di canzoni potessero travolgere il destinatario dell’opera. Il libro raccoglie un’introduzione all’edizione italiana di Bruce Sterling, Libri 41 l’introduzione di Thurston Moore e poi una serie di contributi di artisti, designer, registi, musicisti e scrittori, tutti “vittime” anche loro del fenomeno delle compilation su cassetta. C’è Dean Wareham che nel suo intervento sintetizza molto bene l’idea che si celava dietro la pratica del mix tape: “Ci vogliono tempo e fatica per registrare una compilation su cassetta. Il tempo impiegato implica un legame emotivo con il fruitore. Può essere l’intento di finirci a letto, o di condividere idee. Il messaggio della cassetta può significare. Ti amo. Ti penso sempre. Ascolta cosa provo per te. Oppure, forse: mi amo. Sono una persona di gusto che ascolta cose di gusto. Questa cassetta dice tutto su di me. C’è un che di narcisistico nel preparare un mix per qualcuno, e il gesto stesso di regalare una cassetta pone in qualche modo il destinatario a esserci debitore”. È vero, il mix tape è stato sostituito dalle attuali playlist, ma, ripeto, c’è l’onda anomale del culto per il vintage a dare alle audiocassette quel fascino immarcescibile e c’è, inoltre, un’altra questione che Moore specifica a chiusura di libro: “Con il digitale, il cervello assorbe le informazioni nella loro algebrica perfezione. L’analogico possiede quell’aura di mistero in cui dimora il senso dell’universo, che il digitale non è riuscito ad ottenere. Tutti noi abbiamo ascoltato album a ripetizione, e ogni volta l’esperienza era differente perché l’orecchio emotivo avrebbe reagito a risonanze precedentemente non riscontrate. Era come se ogni bacio regalasse una nuova sensazione. Il formato digitale è come un bacio freddo”. Rossano Astremo GIANLUCA MOROZZI E MARCO ROSSARI (a cura di) Dylan revisited. Racconti su Mr. Tambourine Manni Dopo i musicisti che raccontano Che Guevara, gli scrittori parlano del grande Bob Dylan. La saletina Manni proprone questo interessante Dylan revisited. Racconti su Mr. Tambourine a cura di Gianluca Morozzi e Marco Rossari. Sedici scrittori si sono cimentati con Robert Allen Zimmerman. Non è solo solo un cantante, ma l’icona di molte generazioni, un poeta, un cialtrone, un ebreocattolico, un visionario, un narciso, un misantropo, un acustico e un elettrico. L’affresco variegato di uno dei più grandi interpreti della musica internazionale. I racconti sono di Ivano Bariani, Daniele Benati, Francesca Bonafini, Alessandro Carrera, Gabriele Dadati, Carlo Feltrinelli, Teo Lorini, Marco Missiroli, Gianluca Morozzi, Livio Romano, Marco Rossari, Angelina Rotolo, Francesco Savio, Fiammetta Scharf, Alice Suella. MARCO BOSONETTO Requiem per un’adolescenza prolungata Meridiano Zero L’altra sera ho bevuto un bicchiere di vino assieme ad un’attrice. In verità lei non fa solo l’attrice, ma gestisce assieme ad altri ragazzi un locale qui a Roma. L’idea era quella di organizzare una serie di incontri letterari curati dal sottoscritto. Lei si è dimostrata molto disponibile, annuiva a tutto quello che le dicevo, non distinguendo Lucarelli da Carlotto. Lei legge molti libri, dice, ma è un po’ disordinata, dice. Il punto, però, non è questo. Dopo due minuti di discussione attorno alla “questione libri”, lei inizia a parlarmi della sua vita di intellettuale precaria, delle sue giornate passate nella sua stanza, tra scrittura, lavoro di ufficio stampa per il locale, varie ed eventuali. A lei mancavano pochi esami per laurearsi in Medicina, mica cazzi, poi ad un certo punto molla tutto perché vuole fare l’attrice. A lei non va a genio questa cosa di scrittori e registi che fanno libri, spettacoli teatrali e film sul precariato. Per lei il precariato è una forma di libertà. È la migliore delle soluzioni possibili. Il non sottostare a logiche contrattuali asfissianti. Ok, ci siamo capiti. Io l’ascoltavo con la stessa attenzione con cui si ascolta un rinoceronte che russa. Perché questa lunga premessa, vi chiederete. Perché stanotte quando ho letto Requiem per un’adolescenza prolungata di Marco Bosonetto, piccolo libro edito da Meridiano Zero, mi è tornata in mente l’attrice precaria. Perché Candido Neve, il 32enne protagonista del romanzo, altro non è che una variante di questa corposa fetta di intellettuali proletari che infesta il nostro stivale: “Non si concede nessun lusso, nessun orpello borghese come un cellulare o un lavoro. Con i suoi pantaloni di velluto e la camicia a quadretti dai polsini sfilacciati, attende serenamente qualche evento che scuota i suoi trent’anni, e intanto recita a memoria i passi Libri 43 preferiti del Maestro e Margherita di Bulgakov davanti allo specchio”. Giusto per avere chiaro in mente il personaggio. Il romanzo è ambientato in un futuribile 2013, anno in cui nella nostra Italietta il Parlamento approva una legge volta a snidare i bamboccioni, affinché questi siano “prima uomini e poi figli”. Tale progetto va sotto il nome di Campagna per lo Sradicamento dell’Adolescenza Prolungata e quindi il nostro Candido Neve è costretto ad abbandonare l’abitazione della nonna, situata nello stesso pianerottolo dei suoi, e a ricominciare la sua esistenza da zero, considerandosi rapidamente in una nuova prospettiva. Il libro è breve, scorre veloce, diverte ma non lascia il segno. Però ho una mia convinzione. Se per una volta la barriera che separa realtà e finzione crollasse determinando un irriguardoso mescolamento, credo che la mia attrice troverebbe molto attraente Candido Neve e chissà forse la voglia dello stesso di divenire padre, espressa più volte nel libro, potrebbe trovare un suo convincente approdo. Rossano Astremo PAOLO VINCENTI A volo d’Arsapo Il raggio verde edizioni Imprenditore, scrittore, poeta, giornalista. Paolo Vincenti è una sorpresa, è un catino di idee che prova a realizzare e mette, soprattutto per iscritto. Ogni volta che lo incontri ti regala la sua nuova opera. Articoli, saggetti, poesie. Mi ha colpito molto però la presentazione di questo volume che raccoglie gli articoli scritti da lui su un altro personaggio della cultura salentina Maurizio Nocera. Nel volume c’è anche una prima bozza di bibliografia dell’intellettuale salentino (classe 1947) dal 1979 ad oggi. Un pezzo della storia culturale di questa terra tra Antonio Verri e Salvatore Toma, Fernando Bevilacqua e Giuliana Coppola, riviste, incontri, volumi, convegni. Nocera è il passato e il presente, ponte tra generazioni, Vincenti è il presente e il futuro. Di un Salento curioso di provare nuove forme di scrittura e di lettura. ROBERTO VALENTINI La tana del polpo L’autore libri Firenze Cosa non basta a un amore? Ci sono cose che appartengono a noi solamente. È parte di un istinto, di qualcosa che finisce per straripare dalle convenzioni di una vita normale e rovina. Sono i segreti a volte, qualcosa che neanche a noi 44 Libri stessi abbiamo ammesso. Non basta una donna, un bambino, una carriera contraddistinta da brillantezza. La catarsi incombe e solo questa può salvare, cucire, offrire una soluzione. La tana del polpo racconta una storia, una storia che è dentro a un racconto. Lo fa in modo vivido, a tratti lirico a volte ironico. Lo fa con sincerità, è vicina tanto che sembra di riconoscersi in alcune meccaniche tipiche del logorio dell’amore. In ogni tragedia c’è un momento per sorridere, magari amaramente. Quello che conta è il dopo, la cura. Per l’autore è la scrittura e noi non possiamo che essere d’accordo. (O.P.) ANDRÉ GORZ Carta a D. Historia de un amor. El Arco de Ulises Si arriva a un punto nella vita, presto o tardi, in cui si sente il bisogno di fermarsi nella corsa estenuante in avanti, guardarsi indietro e tentare di capire come si sia arrivati a quel punto, cosa o chici abbia dato la forza di arrivarci. André Gorz, pseudonimo sotto il quale si cela il viennese Gérard Host, filosofo e giornalista riconosciuto, numerosi scritti di teoria politica e critica sociale pubblicati, una vita dedicata allavoro di riflessione e scrittura, è arrivato a quel punto. Poco dopo la scoperta della malattia che aveva colpito la moglie,Gorz decide di fermarsi, ripercorrere i momenti vissuti per dare un sensoal passato, per capire la storia d’ amore lunga una vita. Lo fa attraverso questa lunga lettera indirizzata a D., sua moglie. Una lettera dalle parole semplici e dirette, come per confessarle le cose taciute, spiegare le decisioni complicate, motivare le azioni, ricordare quei momenti passati insieme che nel ricordo si fanno ancora piú speciali. Questa lettera,ë peró sopra ogni cosa, un ringraziamento a lei. A lei, bella come un sogno, elegante come un fiore, e come un fiore dai tratti fragili e dal forte carattere, lei col suo francese dall’accento inglese, lei che lo ha sempre spinto alla scrittura e appoggiato nel lavoro, a lei, senza la quale non sarebbe arrivato dove é arrivato. André Gorz, forse tardi ma non troppo se n’é accorto e la ringrazia. Nel 1997, Gorz e sua moglie si suicidano nella loro casa francese. Sempre si erano detti che se esiste un’altra vita avrebbero voluto viverla insieme... Valentina cataldo MASSIMO LEITEMPERGHER Non ho dormito mai Lupo Editore Una “non-storia” costruita sulla narrazione di esperienze, incontri, viaggi nel corso dei quali il protagonista interpreta pienamente il disordinato percorso di certa gioventù, le sue inconsce autodifese, l’incapacità di mettersi in gioco fino in fondo. Enrico B. non sa, forse non vuole trovare se stesso e neppure incontrare davvero gli altri, lasciandosi assorbire solo momentaneamente da suggestioni e situazioni che potrebbero invece trasformare il suo universo o, almeno, indurlo a mettere in discussione il suo stile di vita, suggerendogli valori nuovi e dubbi costruttivi, capaci di indicare una direzione. Al contrario, per lui tutto scorre, lasciandolo “libero” e solo, sospeso in una specie di superficiale cinismo che gli impedisce di confrontarsi o di riconoscersi nelle vicende e nell’interiorità altrui, mentre la sua definitiva perdita di innocenza trasforma ogni volto incontrato in quello sfumato di una comparsa. Il libro è corredato da una playlist consigliata dall’autore, una sorta di “discografia” del libro (The Strokes, Johnny Cash, Mogway, Black Heart Procession) con brani suggeriti per accompagnarne la lettura, la playlist è consultabile sul blog dell’autore (www. nonhodormitomai.myblog.it). LIBRI ERRANTI PER LETTORI OSPITALI Franca B. presta libri a chiunque. Lo fa tramite il blog librinprestito.splinder.com, su cui elenca puntualmente le letture che con generosità infinita mette a disposizione di chiunque, accollandosi finanche le spese di spedizione se il lettore desideroso di quel certo titolo si trovi in una città altra rispetto alla sua. Chiede, in cambio, che il libro venga restituito entro un mese e poco più, che chi lo ha accolto provveda alle spese di restituzione, e che tornando nelle mie mani sappia raccontarmi qualcosa del tempo passato nelle tue. Solo questo, e nient’altro: la sottolineatura di una frase piacevole, cara o determinante; una riga scritta al margine che narri l’essenza di chi ha letto; un segnalibro artigianale da scoprire con sorpresa tra le pagine; un pensiero di carta messo lì, tra le parole ormai assorbite; una foto, che riporti un sorriso di lettore; uno spruzzo di profumo, a suggerirne un’identità; un fiore aderito così alla scrittura avvolgente. In modo che, al suo ritorno, si possa annusare un odore di libro vagabondo e differente, lo si possa toccare per scoprirne una consistenza consumata dal suo cammino, lo si possa osservare indagandone l’usura bella del girovago convinto. Riponendolo in biblioteca, sarà testo più ricco e prezioso di prima, grazie alle mani che lo hanno saggiato e agli occhi che sono annegati nelle sue storie. Poi, se qualcun altro lo desidererà, libro vagabondo riprenderà ancora il viaggio per acchiappare un pezzo di vita altra offrendo accenni delle precedenti, per poi tornare, restituire a Franca le sensazioni del momento, e ripartire nuovamente alla vòlta di altri lettori ospitali e cortesi, consapevoli sempre che la sosta potrà durare solo il tempo giusto della lettura. Sul blog, sono visibili gli ultimi titoli inseriti con le schede di presentazione e qualche commento, e sono scaricabili l’elenco completo dei testi disponibili e il modulo per richiedere questo “passaggio di lettura”. Preferibile – suggerisce Franca – indicare almeno tre titoli , perché sono molti i libri in giro, e con più indicazioni si può subito inviare qualcosa evitando che la voglia di leggere debba attendere invano un incontro forse difficile. Stefania Ricchiuto Libri Libri CONTROLUCE Salutare la nascita di una nuova casa editrice è come scoprire che c’è ancora spazio per nuove idee, storie, vite di carta. Quando poi, fin dall’inizio, si scorge una visione chiara e illuminata, il piacere è doppio. La constatazione, infine, che si può fare editoria nel Salento senza essere provinciali è un’ulteriore speranza. Abbiamo fatto qualche domanda a Stefano Donno. Ma c’è ancora bisogno di nuove case editrici? L’attuale mercato editoriale italiano presenta un variegato e ricchissimo mondo costituito da una costellazione di case editrici piccole, medie e grandi che sinceramente offrono l’imbarazzo della scelta. Da aggiungere che il numero della tipologia di queste aziende sale anno dopo anno. All’interno di questo sistema alcune di queste imprese, hanno una linea editoriale piuttosto marcata, altre un po’ meno preferendo un taglio ampiamente generalista, altre ancora sono semplici services. A quanto pare non ci sarebbe proprio la necessità di pensare o discutere circa la necessità di un’altra casa editrice … Naturalmente si tratta di una provocazione, lanciata anche da voi. Investire sulle parole è sempre coraggioso. Da dove parte Edizioni Controluce? Quale idea muove tutto? Certamente investire sulle parole è sempre coraggioso, l’importante è però non scivolare in equivoci. Mi spiego meglio… Le Edizioni Controluce partono da un’esigenza di fondo molto forte, che si divide in due momenti principali: il primo è la ricerca di carattere estetico (grafica, impaginazione, editing) di un movimento che testimoni l’ampio respiro transfrontaliero che si intende seguire; il secondo è il superamento, attraverso la scoperta di nuove e singolari voci dal mondo delle lettere, di confini e limiti che potrebbero in qualche modo impedire la scoperta di opere poetiche e letterarie di altissimo valore Vi guardate molto intorno, a volte sconfinando, ci parli un po’ di questa vostra curiosità? La curiosità implica il cercare l’informazione di cui si ha bisogno fine a se stessa, giusto per placare un desiderio superficiale di conoscenza alquanto circoscritto. Nel nostro caso si tratta di un progetto di ricerca editoriale, fondantesi su una filosofia del dialogo e dell’adiacenza rispetto a culture e geografie altre della scrittura (dall’Australia, alla Cina, al Giappone, all’Africa) che hanno ancora molto da raccontare e offrire, senza ovviamente trascurare le voci più interessanti della narrativa e poesia italiane Siete giovanissimi ma avete già le idee molto chiare. Ci racconti in breve le vostre novità? Innanzitutto accanto a nomi celebri del panorama internazionale (Ismail Kadarè, Vasile Andru), si sentirà parlare di autori poco conosciuti (Vasile Andru, Michael Wilding), con la consapevolezza però che il contenuto delle loro opere sorprenderà tutti i lettori che entreranno in possesso di un libro Controluce, per qualità e freschezza. Un nuovo marchio che presenterà con le sue pubblicazioni le migliori penne della narrativa, poesia e saggistica mondiali. Una scelta di campo che darà grande visibilità alla migliore produzione che una cultura senza frontiere può offrire al pubblico italiano e non solo. Esperienze come questa hanno sempre una lunga storia alle spalle. Come siete arrivati a Edizioni Controluce? L’esperienza professionale del nascente gruppo è stata costruita all’interno di diverse esperienze individuali nell’ambito editoriale, che sono state fondamentali per sviluppare una propensione operativa nel creare idee e progetti. Grazie al background acquisito, e grazie ad una profonda convinzione che c’è ancora molto da dire e costruire nell’universo della letteratura e saggistica internazionale di oggi, ecco che siamo arrivati a creare Controluce. Perché la parola “controluce”? Perché guardare le cose, la letteratura, la realtà, la vita, bilanciando i giochi di luce e ombra ti da uno sguardo d’insieme più chiaro, più nitido… Quali sono i progetti in cantiere? Da pochissimo è uscito per i nostri tipi un inedito del grande Tullio Pinelli che ha compiuto 100 anni, lo sceneggiatore di Fellini per intenderci, dal titolo Innamorarsi, e un bellissimo lavoro a cura di Mirco Dondi dal titolo I Rossi e i Neri. In questi giorni sarà in libreria Favola scarlatta della stanza che non si trova di Luisa Ruggio. Ma se ci seguirete consultando puntualmente il nostro sito (www.edizionicontroluce.it) riserviamo delle belle sorprese… Osvaldo Piliego Libri 47 CINEMA TEATRO ARTE BECCHINI SI NASCE 48 C’è un lembo di terra, in provincia di Bari che sembra dire che le storie, quelle belle da raccontare, non nascono solo nelle moderne città. “Dei vivi bisogna aver paura, non dei morti”, recita un adagio che riassume meglio d’altri il leitmotiv di Pinuccio Lovero: sogno di una morte di mezza estate, nuovo lavoro di Pippo Mezzapesa, David di Donatello nel 2004 con Zinanà, prodotto da Paky Fanelli e Fanfara Film. Siamo a Mariotto, frazione di Bitonto. Nel mezzo di una torrida estate e dopo anni di attesa, il quarantenne Pinuccio corona il suo singolare sogno: fare il becchino. Ottenuto un contratto a tempo determinato presso il cimitero cittadino, aspetta con pazienza un funerale. Perché dal giorno del suo arrivo, cinque mesi prima, a Mariotto non è più morto nessuno. E mentre i paesani festeggiano, Pinuccio attende imperturbabile, fiducioso che la natura farà il suo corso. Questo il bizzarro personaggio che ha ispirato il docufilm, sceneggiato dallo stesso autore con Antonella Gaeta e che si è avvalso inoltre del direttore della fotografia Michele D’Attanasio e dell’aiuto regista Vito Palmieri, ricomponendo così nei ruoli chiave la stessa troupe dei fortunati Zinanà e Come a Cassano. A completare il quadro il montaggio di Andrea Maguolo e le musiche, realizzate da Umberto Smerilli e dal salentino Cesare Dell’Anna, efficace sottofondo per un’opera spassosa ma profonda. In un Sud raccontato in maniera visionaria, questo documentario “low budget” va oltre l’aspetto folcloristico della vicenda per soffermarsi sulla realtà di una vita precaria, in ogni senso, come quella del protagonista e su quella di una provincia fatta ancora di tradizioni e vernacolo. In un mondo a velocità massima come quello di oggi, questo mosaico popolato da attori improvvisati a volte più efficaci di quelli professionisti rivela tutto il valore di una spontaneità popolare ancora viva e importante. E cosa accade quando i propri desideri si scontrano con quelli del resto del mondo? A questo e ad altri interrogativi cerca di dare risposta il piccolo film, ristretto trampolino che fa balzare verso una visione universale delle cose. Interprete principale, e non poteva essere altrimenti, è il vero Pinuccio, che accompagna lo spettatore in un percorso che attraversa non solo le sue vicissitudini, ma che gli dà l’occasione di esporre una filosofia di vita fatta di tesi divertenti e condivisibili sul senso del trapasso, del lavoro e dell’amore. Perché le apparenze potranno anche ingannare, ma la morte no, quella alla fine arriva per tutti. Basta aspettare. Pinuccio docet. C. Michele Pierri PEROTTI POINT La preparazione è stata lunga. Anni di cause e di polemiche, anni di speranze e di controversie legali. Alla fine, nell’aprile del 2006, i palazzoni di Punta Perotti a Bari caddero giù, disintegrati da migliaia di chili di tritolo. Una caduta spettacolare ripresa da centinaia di videocamere. Quelle delle tv di tutta Italia, con dirette lunghissime ed estenuanti, e quelle dei filmmaker. Da queste riprese, di professionisti e curiosi, è nato un documentario che racconta la “triste” caduta di un ostacolo. L’ostacolo che bloccava la vista, che disturbava l’orizzonte. Oggi su quelle macerie è nato un parco, uno spazio verde e attrezzato per bambini, per passeggiare, per correre, per ospitare concerti. Il documentario Perotti Point è nato da un’idea del regista barese Alessandro Piva che ha coordinato nei giorni della demolizione questo collettivo. Il coordinamento dell’edizione è stato invece curato da Maurizio Sciarra. Il film fa vedere da decine di punti di vista la deflagrazione e la caduta dei palazzi ma non è solo questo: è il racconto, attraverso la voce dei protagonisti di questa storia (costruttori, politici, gente comune) della nascita e della morte di quello che doveva essere un grande progetto e che si è invece trasformato in una ferita aperta. I punti di vista sono ovviamente diversi: il dolore dei proprietari contrasta con la soddisfazione degli amministratori, lo scetticismo di molti baresi è opposto alle scene di giubilo seguite al crollo. Il racconto è emozionante (anche per chi di Bari non è) e non troppo fazioso. Qualcosa di importante è accaduto. Andava raccontato bene. Questo collettivo, in larga parte, ci riesce. (pila) Cinema Teatro Arte 49 CINEMA DEL REALE Giunge alla quinta edizione la Festa di Cinema del Reale (24, 25 e 26 luglio), manifestazione dedicata ad autori ed opere che offrono descrizioni e interpretazioni personali e singolari delle realtà del mondo, passate e presenti. L’evento, organizzato da Big Sur con la direzione artistica del filmaker Paolo Pisanelli,è inserito nella programmazione di Salento Negroamaro, festival delle culture migranti della Provincia di Lecce, che quest’anno ha per titolo Territorios ed è dedicato all’America Latina. A fare da scenario alla manifestazione il borgo antico di Specchia, considerato uno dei più belli d’Italia, e il cinquecentesco Castello Risolo, edificio medievale nell’incontaminato paesaggio del basso Salento, che per tre giorni si animeranno dando vita ad una vera e propria 50 Cinema Teatro Arte Cittadella del Cinema che vedrà confrontarsi pubblico e addetti ai lavori. Protagonista indiscusso di questa edizione il regista argentino Fernando Birri, definito dallo scrittore Gabriel García Márquez il “grande padre del nuovo cinema latino-americano”. Birri, formatosi presso il Centro Sperimentale di Roma e considerato un raffinato teorico del cinema e un autore visionario, sarà al centro di un tributo che darà al pubblico l’occasione di ammirare i suoi primi due film, Tire dié e Los inundados, e un ritratto di Che Guevara raccontato dal padre, Mi hijo el Che. A precedere il festival il seminario “Sguardi nomadi”, organizzato in collaborazione con le Manifatture Knos di Lecce, che dal 18 al 21 luglio darà modo ai partecipanti di approfondire L’AMERICA LATINA DI BIRRI Il talento visionario e surreale di Fernando Birri è al centro dell’edizione 2008 della Festa di Cinema del Reale. Nato in Argentina il 13 marzo 1925, Birri esordisce giovanissimo come poeta e pittore e nel 1950 si trasferisce a Roma dove frequenta il Centro Sperimentale di Cinematografia. Tornato in patria fonda l’Instituto de cinematografia de la Universidad de Litoral e getta le sue basi di raffinato teorico con la redazione del manifesto Per un cinema nazionale, realista, critico e popolare. Il documento, riconosciuto come il primo atto di una rivoluzione artistica sudamericana, gli frutterà anni dopo la definizione di “grande padre del nuovo cinema latinoamericano” da parte dello scrittore Gabriel García Márquez. Molto attenta al racconto di vite e storie degli “ultimi”, nell’ambito del festival la produzione del maestro di Santa Fe seguirà un percorso scandito da tre significativi passaggi. Il primo, Tire diè (Gettaci un soldo, 1961), in programma il 24 luglio alle ore 21.15, è un’inchiesta sociale, la prima del regista, che ha per scenario l’America Latina della povertà. In un sobborgo di Santa Fe, l’occhio dell’autore scorge semplici gesti quotidiani che diventano un modo per raccontare la vita di chi lotta per la sopravvivenza. Sempre il 24 luglio, alle ore 00.45, verrà proiettato Mi hijo el Che (Mio figlio il Che, 1985), intenso ritratto di uno dei rivoluzionari più famosi del mondo, visto attraverso gli occhi di suo padre, Ernesto Guevara Lynch. Una testimonianza commovente dalla voce chi lo conosceva davvero. Chiude la retrospettiva Los inundados (Gli inondati, 1962), suo primo film a soggetto in proiezione alle ore 20.45 del 25 luglio. Nella pellicola la storia tragicomica della famiglia Gaitan e delle sue vicissitudini a seguito delle cicliche inondazioni in una delle province settentrionali dell’Argentina. Girato con gli stessi alluvionati, il film usa la chiave della parodia per mostrare in maniera sensibile l’umanità variegata di chi vive ai margini. (C.M.P.) poetiche e pratiche dell’attività del filmaker e che verrà condotto da Paolo Pisanelli con la collaborazione del montatore Mattia Soranzo e della sceneggiatrice Giorgia Cecere. Le proiezioni prevederanno invece il consueto parco di documentari e film italiani. L’ecomafia campana è al centro di Biùtiful cauntri di Esmeralda Calabria, Andrea D’Ambrosio e Peppe Ruggiero, reportage che sull’onda lunga del successo di Gomorra descrive i danni incalcolabili di un disastro ambientale senza precedenti. Premio Cipputi come miglior documentario sul mondo del lavoro nel 2006, Il lato grottesco della vita di Federica Di Giacomo lancia uno sguardo ironico ma severo sul turismo lucano. Qui, nel profondo Sud rurale, le atmosfere senza tempo dei Sassi di Matera diventano lo strumento per raccontare le storie di chi cerca di sopravvivere al provincialismo. Il novantenne Arturo è il rassicurante compagno di percorso de Il passaggio della linea, pellicola di Pietro Marcello che dal Nord al Meridione mostra un’Italia fatta di contraddizioni e poesia, vista attraverso i vagoni di un treno e i ricordi della vita di un uomo. Il teatro e il Professore di Paolo Pisanelli racconta l’esperienza del Centro Diurno di Via Montesanto a Roma, luogo di confronto e socializzazione aperto a chiunque si sia allontanato dai “binari della realtà”. Attraverso la guida del professor Vittorio De Luca, filosofo della vita e protagonista del film la storia di un laboratorio teatrale del tutto particolare. Vogliamo anche le rose di Alina Marazzi descrive invece il profondo cambiamento portato dalla liberazione sessuale femminista in Italia a cavallo fra gli anni ’60 e ’70. Un mosaico di storie e voci di tre donne provenienti da luoghi diversi della Penisola. Numerose le iniziative parallele come la neonata collaborazione con la Cineteca Lucana e le prosecuzioni di quelle con l’Archivio Audiovisivo del movimento operaio e democratico di Roma e con HomeMovies, archivio nazionale dei film di famiglia di Bologna. Coinvolto anche il mondo della produzione e dell’impresa cinematografica con il Mediterranean CoProduction Forum, incontro organizzato dall’Apulia Film Commission, dalla Copeam (Conferenza permanente dell’audiovisivo del Mediterraneo) e dall’Istituto di culture mediterranee della Provincia di Lecce. A contorno della manifestazione mostre e videoinstallazioni curate da BigSurArtShowcase e accompagnate da incontri musicali a cura del gruppo femminile di musica popolare Triace. Il programma su www.cinemadelreale.it C. Michele Pierri Cinema Teatro Arte 51 VENTI ANNI SENZA PAZIENZA Vent’anni fa moriva nel caldo abbraccio di giugno Andrea Pazienza, l’unica rockstar del fumetto italiano. Crepax, Pratt, Manara sono astri indiscussi di un’arte troppo bistrattata nel Belpaese; artisti riveriti ed elogiati da critica, media e pubblico. Pazienza fu altro, la sua esperienza creativa e personale unica nel panorama non solo fumettistico italiano. Se ne accorse subito Hugo Pratt, quando, fortemente colpito da Le straordinarie avventure di Pentothal, opera prima di Paz, decise di pubblicarlo sulle pagine della rivista Alter Alter. Attraverso un tratto già originale e maturo, l’artista marchigiano ritraeva una sorta di versione distorta ed allucinata di se stesso nel clima forte e contraddittorio delle contestazioni universitarie del ’77 bolognese, senza censure o freni. Pazienza assurge al ruolo di profeta di una generazione irrequieta che vive una stagione di fervori politici e di estremismi. Egli la incarna pienamente, non nascondendo una vita privata colma d’eccessi ma anche d’una sottile e salvifica autoironia. Nel 1981 inizia a pubblicare le storie del sadico liceale Zanardi, inscenando e profetizzando il declino della società “italica”, alternando a tale ferocia l’umorismo gustoso delle vignette dedicate a Sandro Pertini, il più simpatico ed umano tra i Presidenti della Repubblica della storia della nostra nazione. È l’epoca del fermento; un’esplosione di creatività dalla quale sgorgano le strepitose riviste antologiche Cannibale, Frigidaire ed Il Male che tennero a battesimo autori come il Tonino Liberatore di Ranxerox e alle quali Pazienza diede il suo fondamentale apporto, in quello che fu un momento irripetibile per il fumetto italiano. Il fumettista è oggetto dell’attenzione di intellettuali come Pier Vittorio Tondelli che, come Paz, proveniva dall’esperienza del ’77 bolognese e che morirà pochi anni dopo di lui; di Fellini, per il quale disegnerà il manifesto del film La città delle donne. Intanto Paz fugge da Bologna, per ritrovarsi nella verde Montepulciano, tra le splendide campagne del senese. Apparentemente gli anni estremi dello sballo e della “rabbia giovanile” sembrano alle sue spalle, ed egli decide di rendere ad essi omaggio attraverso l’opera che è il suo testamento artistico: Gli ultimi giorni di Pompeo. Anch’essa, come tutta la sua produzione, brilla per la commovente, spiazzante sincerità nel raccontare un frammento dell’esistenza dell’autore. In Pompeo, Pazienza narra il delirio e il declino di un eroinomane all’ultimo stadio con toni elegiaci e struggenti. Fatalmente anch’egli morirà d’overdose nel 1988, lasciando angosciate le schiere di lettori ed estimatori che s’era conquistato nella manciata d’anni della sua folgorante carriera; Paz muore prematuramente come molte divinità del ventesimo secolo, nel pieno rispetto del mantra “Brucia tutto, muori giovane”, ma egli non fu mai divo se osò pensare a se stesso come un genio, simile com’era ai suoi scarmigliati, dinoccolati personaggi. Come spesso amava ripetere, “La pazienza ha un limite, Pazienza no”; mai epigrafe fu più azzeccata. Roberto Cesano Cinema Teatro Arte 53 EVENTI VENERDÌ 11 LUGLIO Gil Evans Orchestra ad Alberobello (Ba) Dopo l’apertura affidata a Ludovico Einaudi, la Gil Evans Orchestra conclude la prima edizione di Sovrana, International World Music Festival. Info 080 4326030 Liars a Giovaninazzo (Ba) Funkallisto al Soul Food di Torre Dell’Orso (Le) SABATO 12 Passeggiando sulla luna a Melpignano DOMENICA 13 Gondar Contest al Parco Gondar di Gallipoli (Le) LUNEDÌ 14 Alchimie al femminile alla Cutura di Giuggianello (Le) MARTEDÌ 15 Open Summer Party per Summer Bass al Parco Manà di Vernole (Le) GIOVEDÌ 17 E VENERDÌ 18 Il ritmo del mare al Soul Food di Torre dell’Orso (Le) Torna, per il terzo anno consecutivo, il festival Il ritmo del mare dedicato quest’anno a jazz e bossa nova con Antonio Ferriero Quartet e Agnese Manganaro. Col Salento nel sangue e il Brasile nel cuore Agnese Manganaro simuove da sempre con agilità nel repertorio caro alla bossa e aglianni ’60. Ingresso gratuito. GIOVEDÌ 17 Sabato 12 luglio, dal tramonto sino a tarda notte, torna per il terzo anno consecutivo “Passeggiando sulla luna. La notte bianca di Melpignano”. Dall’ex convento degli Agostiniani sino in Piazza San Giorgio tutto il centro storico del piccolo comune griko sarà costellato di incontri letterari e mostre d’arte, concerti e performance teatrali fino a spingersi verso ai ritmi dell’hip hop. Un centinaio tra scrittori, musicisti, poeti, attori, scienziati saranno coinvolti in una notte dedicata agli astri e alle arti. Ospiti di livello nazionale e internazionale che si confrontano con artisti salentini e pugliesi, sempre alla ricerca della qualità e dell’innovazione. Tra gli ospiti lo scrittore statunitense Bruce Sterling, Francesco Guccini, il cantautore Piers Faccini, i Radiodervish, l’attore salentino Mario Perrotta, gli scrittori Cosimo Argentina e Carlo D’Amicis, le band Amor Fou e Grimoon, Pete Ross, la cantante Francesca Romana e molti altri ancora. Info www.comune.melpignano.le.it Buenavista Social Club al Mavù di Locorotondo La storia musicale di Cuba, un gruppo fondamentale condiviso con il resto del mondo solo di recente, approda in Valle d’Itria. I Buena Vista Social Club sono guidati da Orlando “Cachaito” Lopez, il contrabassista memoria storica del collettivo. Folkabbestia al Parco Gondar di Gallipoli (Le) Willy Deville a Ruvo di Puglia (Bari) Luciano al Villa Renoir di Bari Sergio Caputo a Conversano (Ba) Levia Gravia, Gegè Telesforo e The Groovinators al Castello Svevo di Bari Guy e gli specialisti al Buenaventura sulla Litoranea San Cataldo/San Foca (Le) Una ventata di travolgente musica degli anni 50 con il gruppo barese Guy e gli Specialisti che ruota intorno a Guy Portoghese, voce, sax baritono e sax alto. Insieme dal 1998, hanno cominciato con l’intento di riproporre le cover dei grandi nomi dello swing da Luis Jordan e Louis Prima, da Rabagliati a Buscaglione. Negli anni hanno iniziato anche a scrivere ed eseguire brani originali. Qui, se mai verrai… al Teatro Romano di Lecce Nell’ambito di Mediterranea, rassegna estiva del Comune di Lecce, viene presentato Qui, se mai verrai… Il Salento dei Poeti, un concerto-recital dedicato al Salento e ai suoi poeti. “Qui se mai verrai…” - un verso di Vittore Fiore, un invito ed un auspicio per i viaggiatori -è il concerto-recital che il Fondo Verri dedica al Salento e alle voci dei suoi poeti. “Qui se mai verrai…” è anche un Cd ed un libro, la proposta di un itinerario, di una visita che guarda il territorio cercando nei luoghi il riverbero della poesia: un audioguida poetica, nata dall’incontro di Piero Rapanà, Simone Giorgino, Angela De Gaetano e gli Adria di Claudio Prima, Maria Mazzotta, Redi Hasa, Emanuele Coluccia, Ovidio Venturoso. L’opera, introdotta da Antonio Errico, è composta di due sezioni. Una ampiamente rivolta al capoluogo Lecce e l’altra al Salento con versi dedicati ad Acaya, a Roca, a Martano, a Otranto, a Castro, Eventi 55 SOUND RES a Poggiardo, a Palmariggi, a Vitigliano, a Cocumola, a Porto Badisco, a S. Maria di Leuca e a Gallipoli. I poeti che costruiscono con i loro versi l’itinerario sono: Vittorio Bodini, Girolamo Comi, Ercole Ugo D’Andrea, Rina Durante, Vittore Fiore, Vittorio Pagano, Claudia Ruggeri, Salvatore Toma, Antonio Verri. VENERDÌ 18 Caparezza a Galatina (Le) Vanessa De Mata al Mavù di Locorotondo (Ba) Ballarock (la discoteca rock) al Parco Gondar di Gallipoli (Le) Sergio Caputo a Erchie (Br) C.F.F. E Il Nomade Venerabile e Petrol al Castello Svevo di Bari SABATO 19 E DOMENICA 20 Alvaro Restrepo nell’atrio di Palazzo dei Celestini di Lecce La sezione “Tierra que baila” di Salento Negroamaro, a cura di Gianna Licchetta con la produzione di ADCartdiffusion.com, prosegue con la straordinaria personalità del colombiano Alvaro Restrepo che approda in Salento dal 16 al 20 luglio con la sua Compagnia El Colegio Del Cuerpo, presentando un laboratorio (dal 16 al 18 luglio) e gli spettacoli (19 e 20 luglio nell’atrio di Palazzo dei Celestini a Lecce), in Prima Europea, “Fragmentos”, estratti di opere di repertorio, e un’anteprima dell’ultima produzione dal titolo “Fuerza de Sangre”. Ingresso spettacoli 15 euro. www.salentonegroamaro.org SABATO 19 Sofa al Mavù di Locorotondo (Ba) Villa Ada crew al Parco Gondar di Gallipoli (Le) Cesare Picco (piano solo) per il Locus Festival a Locorotondo Sergio Caputo a Castel del Monte (Andria) Maurice el Medioni e Roberto Rodriguez per Adriatic International Festival alla Selva di Fasano (Br) Rock’n’Roll Party a Erchie (Br) Terza edizione per questa stravagante manifestazione dedicata agli amanti del Rock. Nei pressi del campo sportivo oltre alla musica ci sarà la selezione di Miss pin-up, parrucchieri per ciuffi, mercatino vintage, mostra fotografica anni ’50, campeggio libero. Sul palco da Firenze Max Panconi R’n’r Trio. Tutte le info su www. myspace.com/rocknrollpartyerchie Il Parto Delle Nuvole Pesanti al Castello Svevo di Bari Salento Buskers Festival a Patù (Le) 57 DOMENICA 20 Gondar Contest al Parco Gondar di Gallipoli (Le) Salento Buskers Festival a Neviano (Le) Qui, se mai verrai… a Minervino di Lecce LUNEDÌ 21 Gondar Contest al Parco Gondar di Gallipoli (Le) MARTEDÌ 22 Bollani Carioca nell’atrio di Palazzo dei Celestini a Lecce Salento Negroamaro, rassegna delle culture migranti della Provincia di Lecce, ospita Bollani Carioca. L’evento è organizzato da Alta Fedeltà Produzioni e Coolclub. Arriva anche a Lecce, infatti, la nuova attesa tournée del pianista Stefano Bollani accompagnato dai cinque grandi musicisti brasiliani Zé Nogueira (sax), Marco Pereira (chitarra), Jorge Helder (contrabbasso), Armando Marçal (percussioni), Jurim Moreira (batteria) e da Mirko Guerrini (sax), Nico Gori (clarinetto). Ma cos’è Carioca? È l’inedito viaggio che l’acclamato pianista, premiato nel 2007 con l’Hans Koller European Jazz Prize, ha intrapreso andando alla scoperta del mondo del samba e dello choro; le vere, autentiche colonne sonore di Rio de Janeiro. Il brodo primordiale da cui successivamente ha preso forma la Bossa Nova. Ingresso 30 euro. Inizio ore 21.30. Info 0832303707 Turntable Night per Summer Bass al Parco Manà di Vernole (Le) MERCOLEDÌ 23 Esma Redzepova per Adriatic International Festival a Mesagne (Br) Eumir Deodato Orchestra per Notti di Stelle a Bari Gondar Contest al Parco Gondar di Gallipoli (Le) GIOVEDÌ 24 Fabri Fibra al Parco Gondar di Gallipoli (Le) 58 Eventi Il rapper più amato/odiato del momento, Fabrizio Tarducci, noto come Fabri Fibra approda a Gallipoli. Nel 2002 dopo varie partecipazioni con dj e rapper conosciuti (Esa, Sottotono…), esordisce con il suo primo album da solista intitolato Turbe Giovanili, su musiche prodotte e arrangiate da Neffa. Successivamente arrivano: Mr. Simpatia, Tradimento e Bugiardo. Ingresso 15 euro. QCK al Soul Food di Torre dell’Orso (Le) Suonano insieme da gennaio 2007, facendo convergere all’interno di un progetto unitario, le diverse esperienze musicali e i background artistici dei cinque componenti, tutti di origine salentina. Il genere di riferimento del gruppo, per quanto eclettico, può essere descritto come funky-lounge. Ingresso gratuito. Kal (Serbia) per Adriatic International Festival a Villa Castelli (Br) Pino Daniele a Bari Goran Bregovic and the Wedding Funeral Band per Notti di Stelle a Bari Brad Mehldau trio per Notti di stelle a Bari Body & Soul e Frank Angelotti al Buenaventura sulla Litoranea San Cataldo/San Foca (Le) Uno dei primi gruppi in Italia che ha diffuso il soul. Ha diviso il palco con Solomon Burke, Rufus Thomas, Billy Preston, Otis Clay, Zucchero e molti altri. In questo concerto sul palco all’Hammond anche Frank Angelozzi. VENERDÌ 25 Ska in Town dj set al Parco Gondar di Gallipoli (Le) Teresa Salgueiro per Primitivo Festival a Putignano (Ba) VENERDÌ 25 E SABATO 26 The best of Momix nell’Anfiteatro Romano di Lecce È un omaggio che il geniale coreografo Moses Pendleton dedica alla propria compagnia. Compagnia tra le più originali del mondo della danza, i Momix da oltre venticinque anni portano sulla scena coreografie uniche, in cui la loro abilità di danzatori si fonde con quella di illusionisti.Per informazioni: 0832 253791 – 0832 246517 – 0805580195. SABATO 26 E DOMENICA 27 Salento. 5 Sensi per raccontare una Terra a Scorrano (Le) Due giorni di allestimenti sperimentali, musica, essenze, multimedia, enogastronomia, artigianato per cogliere l’anima del Salento. Nella serata di sabato 26, il concerto dei musicisti della Banda Adriatica, ormai da anni “in viaggio” alla ricerca di un possibile linguaggio comune mediterraneo. Un evento per catturare le suggestioni e le emozioni del Salento, un allestimento a più livelli all’interno dell’antico borgo, cinque aree, cinque “sensation corners”, veri e propri angoli di “esperienza emozionale” dove saranno posizionate le gigantografie delle opere vincitrici del concorso correlato all’evento stesso (http://concorsofotografico.danthea.eu). Ingresso gratuito. Etnica…. Diso Folk Festival a Diso (Le) Arriva quest’anno alla decima edizione “Etnica Diso folk festival 2008” crocevia di suoni dal Mondo, promosso ed organizzato dall’associazione Cultura e Musica Ariacorte. Sul palco nella prima serata si alterneranno Gangbe’ Brass Band (Benin – Africa) e Unnaddarè (Sicilia). I padroni di casa e i Ratti della Sabina chiuderanno invece la manifestazione. Info www.ariacorte.it SABATO 26 Orquesta De La Papaya al Castello Aragonese di Otranto (Le) Nell’ambito del Locus Festival l’attore Sergio Rubini ed il jazzista Enrico Rava portano in scena un soggetto inedito (unica rappresentazione a Parma nel settembre 2006) di Andrea Camilleri, scritto per un film che non sarà mai realizzato: una “storia siciliana” che si conclude in una New Orleans, segnata dalla catastrofe dell’uragano Katrina, che mantiene, nonostante la tragedia, il fascino della sua tradizione musicale. Rubini e Rava raccontano la storia di Chris Lambertine, personaggio fantastico che incarna le origini e la storia del jazz afro-americano, assieme a Mauro Negri (sax contralto e clarinetto) e alla “Enrico Rava New Generation”. Ingresso 10 euro. Info www.locusfestival.it Daniele Sepe con la Brigada Internazionale per Adriatic International Festival a Erchie (Br) L’orchestra multietnica diretta da Daniele Sepe dà vita ad un manifesto fortemente critico nei confronti della società e della cultura contemporanea. Daniele Sepe dirige in questo progetto un gruppo di diciassette elementi provenienti da Bosnia, Argentina, Svezia, Cuba, Romania, Brasile, Senegal, Algeria e Italia, con sede a Napoli. Ingresso gratuito Giovane letteratura pugliese a San Pancrazio Salentino (Br) Appuntamento letterario per la manifestazione Giovani Idee. Il critico e scrittore Rossano Astremo coordinerà l’incontro al quale parteciperanno Omar Dimonopoli e Gianni D’Attis. A seguire concerto con quattro band iscritte al portale www.giovaniidee.net. DOMENICA 27 Sin dalla sua creazione nel febbraio del 2002, l’Orchestra della Papaya è diventata il più emblematico biglietto da visita dell’America Centrale, essendo composta da musicisti provenienti da sette diversi paesi del Centroamericana che sono stati in grado di unire in maniera sorprendentemente armoniosa, musicalità tradizionali e contemporanee della loro terra. I musicisti della Papaya sono un riflesso autentico della convergenza etnica in questa grande area del centro America, miscellanea di antenati indigeni, africani, europei che hanno dato vita nel corso della loro convivenza, a fecondissimi mix culturali ed artistici. Ingresso 15 euro. www.salentonegroamaro.org Uduchà e dj set al Parco Gondar di Gallipoli (Le) Enrico Rava New Generation e Mauro Negri con Sergio Rubini alla Cantina Sociale di Locorotondo (Ba) Paolo Fresu & Uri Caine con Gianrico Carofiglio a Locorotondo (Ba) La notte, tra strade, incontri e storie da raccontare- scandisce il tempo dell’incontro tra l’avvocato Guerrieri, personaggio lucido e ironico creato da Giarico Carofiglio, e due jazzmen Eventi 59 d’eccezione che ne accompagnano e assecondano la passione per la musica. Un notturno, dunque, breve passaggio nell’anima affidato al senso di Paolo Fresu e Uri Caine per la parola e le note e a quello di Carofiglio per la scrittura sonora. Reading d’autore, tra un caso da risolvere, una decisione da prendere e una notte da camminare, tra libri, canzoni, ricordi. Appuntamento nel piazzale antistante chiesa Madonna della Greca - ore 21,30 - ingresso libero. Info www. locusfestival.it Enrico Rava New Generation e Mauro Negri con Sergio Rubini (testo di Andrea Camilleri) a Lecce Manuel Obregon (Costa Rica) al Castello di Acaya (Le) Questo straordinario pianista e compositore, è stato in grado di unire una forte formazione accademica senza mai però dimenticare le proprie tradizioni. Ha tracciato una carriera davvero straordinaria con ben 14 dischi sia in solo che con vari gruppi da egli stesso formati, includendo Afro Cosmos, Cahuita,lo Sporadic Jazz Quintet, Gospel Caribe, la Orquesta De La Papaya E Malpaís. Ingresso 20 euro.www. salentonegroamaro.org La notte magica con Avion Travel e Salento Buskers Festival a Soleto (Le) Il gruppo casertano nato nel 1980 come Piccola Orchestra Avion Travel è divenuto terzetto per l’uscita di Danson Metropoli – Canzoni di Paolo Conte (2007, Sugar), rivisitazione di undici delle più belle canzoni del maestro di Asti. La formazione attuale comprende alcuni dei membri storici del gruppo ed è composta da Peppe Servillo alla voce, Fausto Mesolella alla chitarra e Mimì Ciaramella alla batteria. Ritenuti da critica e pubblico una delle formazioni più teatrali e coinvolgenti del panorama musicale italiano, gli Avion Travel hanno attraversato nel corso degli anni fasi creative che li hanno portati dai suoni ruvidi degli esordi (nel 1987 vincono la sezione rock di Sanremo) a una svolta pop e alla creazione di uno stile riconoscibile e personale. Ggd (Sud Sound System) al Parco Gondar di Gallipoli (Le) LUNEDÌ 28 Elliot Murphy per Adriatik International Festival a San Pancrazio Salentino (Br) Woodstock dj set al Parco Gondar di Gallipoli (Le) MARTEDÌ 29 Piotta al Parco Gondar di Gallipoli (Le) Dj War per Summer Bass al Parco Manà di Vernole (Le) DAL 29 LUGLIO AL 3 AGOSTO Popoli a Corsano GIOVEDÌ 31 Electro Party al Parco Gondar di Gallipoli (Le) Salento Buskers Festival a San Foca (Le) 1 AGOSTO Stefano Battaglia (piano solo) per Locus Festival a Locorotondo (Ba) Salento Buskers Festival a Martano (Le) Combat dj set (ska -Rock- punk) al Parco Gondar di Gallipoli (Le) Giuliano Palma e i Bluebeaters alla Festa della Birra di Supersano (Le) SABATO 2 e DOMENICA 3 Agosto Emio Greco | Pc ai Cantieri Koreja di Lecce Il progetto coinvolge oltre a Corsano anche i Comuni di Botrugno e Tricase con concerti itineranti che vedranno la partecipazione di gruppi pugliesi e internazionali di alto valore artistico come i salentini Mascarimirì, il gruppo keniota MijiKenda, la cantante algerina Souad Asla, artista simbolo della nuova generazione di artiste originarie del Sud algerino ed ereditaria della tradizione gnawa, il canto degli schiavi provenienti dal Soudan, il gruppo parigino Artbalist, che propone una miscela tra dub electronico, drum bass, rub a dub, reggae roots, jazz e ska, i Pitch Work. La manifestazione si chiude il 3 agosto a Corsano con l’esibizione del Popoli ensemble che mette insieme le esperienze dei gruppi ospiti diretti da Claudio Cavallo Giagnotti dei Mascarimirì. Ingresso gratuito. MERCOLEDÌ 30 Gondar Contest al Parco Gondar di Gallipoli (Le) Popoli con Artbalist e Salento Buskers Festival a Corsano (Le) Prosegue la quinta edizione di Sound Res, nella sua coniugazione Dance Res, con ospiti d’eccezione del mondo della danza: il coreografo e danzatore brindisino – che da molti anni lavora in “esilio” all’estero - Emio Greco e il regista e drammaturgo olandese Pieter C. Sholten, fondatori della compagnia di teatro-danza EMIO GRECO | PC che dal 1995 ha sede ad Amsterdam e che si è distinta per creazioni indimenticabili presenti nella programmazione di teatri di tutto il mondo. Durante la residenza, utilizzata per mettere a punto una nuova produzione e per costruire una collaborazione futura tra musicisti e danzatori, Emio Greco offre ai danzatori professionisti italiani e salentini l’opportunità piuttosto unica di un seminario intensivo dal titolo “Double Skin/Double Mind” (sabato 2 e domenica 3 agosto dalle 10.30 alle 14.30 presso i Cantieri Koreja di Lecce) cui seguirà una conversazione/seminario teorico aperta al pubblico intorno al tema “Nomadismo e trasformazioni identitarie nella danza contemporanea: appartenenze multiple e frontiere del corpo” (domenica 3 agosto alle 20.00 sulle terrazze dell’Eos Hotel di Lecce). Info www.soundre.org, 0832303707. SABATO 2 Apres la Classe a Parco Torcito Il Salento Sounds Good Festival, sponsorizzato Heineken, si apre con il concerto degli Apres La Classe. In apertura U’Papun e Risonanze Folk. Arriva dal Salento, la compagnia di girovaghi Après La Classe: Cesko (voce, synth, chitarre), Combass (basso), Rekkia (batteria), Puccia (fisarmonica, tastiere, organo). Le Braghe Corte al Parco Gondar di Gallipoli (Le) DOMENICA 3 Perfect (Jamaica), Mighty Bass Crew , Gyalz Danz Movement e Sud Sound System al Parco Gondar di Gallipoli (Le) Popoli ensemble a Corsano (Le) MARTEDÌ 5 Punkreas al Parco Gondar di Gallipoli (Le) I Punkreas, nati nel 1989 a Parabiago (MI), possono essere considerati a buon diritto la punk band più famosa d’Italia. Arrivati a questo traguardo dopo molti anni di gavetta, va sottolineato anche come la line up abbia subito un solo cambio in 15 anni di presenza sui palchi, a conferma della solidità granitica della band. Attualmente la formazione è composta da Cippa (voce), Flaco (chitarra), Paletta (basso), Noyse (chitarra) e Gagno (batteria), che da Falso, l’ultimo album, ha sostituito Mastino. Musicalmente, la band cerca sonorità grezze e furenti che rivelano peraltro una tecnica eccellente ed una creatività - soprattutto nei testi - fuori dal comune. Festa della birra con Matthew Lee a Erchie (Br) La quarta edizione della manifestazione ospita l’eccentrico pianista e cantante Matthew Lee, rock’n roll allo stato puro. Propone uno show del tutto particolare ed unico in Italia. Oltre ad essere un musicista di grande talento impreziosisce il suo spettacolo con incredibili virtuosismi di rara fattura. La sua voce, inconfondibile, sa essere a seconda della situazione dura e grintosa ma anche calda ed espressiva. La sorprendente padronanza del palco lo rende, nonostante la giovane età, uno degli artisti più completi e carismatici del panorama musicale. Ingresso 5 euro. Info www.erchie.net Tee Bee per Summer Bass al Parco Manà di Vernole (Le) MERCOLEDI 6 Bunna From Africa Unite + Funky dub Brockers al Parco Gondar di Gallipoli (Le) DOVE TROVO COOLCLUB.IT? Coolclub.it si trova in molti locali, librerie, negozi di dischi, biblioteche, mediateche, internet point. Se volete diventare un punto di distribuzione di Coolclub.it (crescete e moltiplicatevi) mandate una mail a [email protected] Lecce (Manifatture Knos, Caffè Letterario, Cagliostro, Circoletto Arcimondi, Arci Zei, Libreria Palmieri, Liberrima, Libreria Apuliae, Ergot, Pick Up, Libreria Icaro, Fondo Verri, Negra Tomasa, Road 66, Shui bar, Cantieri Teatrali Koreja, Santa Cruz, Biblioteca Provinciale N. 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