Reti di luci per abitare il pianeta Sabato, 2 aprile 2016 Seconda sessione: Città in azione Laboratorio internazionale di cittadinanza La partecipazione motore di una cittadinanza attiva Interventi di esperti Le minoranze fanno la storia delle nostre città – Giuseppe Milan, Docente Università di Padova (Italia) È bellissimo sentire musica, è bellissimo sentir dire: _Dobbiamo costruire concerti_. Direi che è bellissimo essere “concerto” e lo siamo, tutti con il proprio strumento, sapendo che non ci sono strumenti superflui o strumenti che non possano partecipare a questa bellissima orchestrazione che siamo noi, tra di noi, e che può essere la nostra città. C’è una parola italiana, “sconcertati”, significa che “siamo senza concerto”, quando si perde il senso di partecipare a questo concerto che è essere arte, essere musica, essere creatività, essere relazionalità dialogica, insieme. La musica la si fa insieme, l’arte, la vita, l’umanità, la città la costruiamo insieme. Nessuno quindi è inutile. C’è un bellissimo libro uscito recentemente da uno studioso francese, Charles Gardou: “Nessuna vita è minuscola. Per una società inclusiva”. Nessuno è minuscolo, nessuno è escluso, nessuno è per noi periferia, tutti noi possiamo includere ciascuno nel concerto che ci riguarda. C’è una favola bellissima giapponese, secondo me molto significativa: Passando davanti ad un negozio, un uomo vide che si vendevano due pappagalli, chiusi dentro la stessa gabbia. Uno era bellissimo e cantava stupendamente. L’altro era molto malandato e completamente muto. Stranamente, il primo costava cinquanta yen, mentre il secondo tremila. L’uomo, stupito e sconcertato per la differenza di prezzo, disse al mercante: _Mi dia il pappagallo da cinquanta yen!_ _Impossibile_, rispose il venditore: _non posso separarli: devo venderli insieme!_ _Ma perché? come spiegate una tale differenza di prezzo? Il più brutto costa molto di più ed è anche muto!! È assurdo!_. M o v i m e n t o d e i F o c o l a r i Reti di luci per abitare il pianeta Sabato, 2 aprile 2016 Seconda sessione: Città in azione Laboratorio internazionale di cittadinanza _Ah, non si inganni, signore! Il pappagallo che trovate brutto e muto è il compositore!_ Questa favola si riferisce al rischio di non-vedere la vera identità, di trascurare i talenti, di non considerare le minoranze, di essere indifferenti all’altro. Cosa può fare il pappagallo bellissimo che canta, se non ha il compositore vicino? Ciascuno di noi abbiamo bisogno di incontrarci e di essere insieme, ciascuno di noi ha bisogno di uscire da quella trappola o da quelle trappole identitarie che escludono parti del mondo che ci riguarda. Noi abbiamo spesso la trappola identitaria egocentrica (uomo-io): solo io. E gli altri? Abbiamo a volte la trappola identitaria allocentrica (uomo genuflesso–servilismo-down): l’altro, esclusivamente lui, e dimentichiamo gli altri, tutto il mondo. Abbiamo la trappola identitaria settaristica (uomo-numero del collettivo): solo il “tra di noi”, del nostro gruppo chiuso. E gli altri? E il mondo? Sono tutte trappole identitarie. Oppure abbiamo la trappola identitaria consumistica, materialistica (uomo alienato-consumatore-cosalità): solo la “cosalità”. E il mondo dell’umanità? E tutto ciò che è più alto e più profondo di noi? Quindi dobbiamo trovare l’identità che ci porta in realtà a “professarci” esseri umani, di fronte all’altro, di fronte agli altri, di fronte al mondo. “Professarsi” vuol dire “stare davanti a”, e “dichiararci”, non solo con le parole, ma con i fatti. C’è Levinas, grande filosofo francese, che dice: _Sono posto dinanzi a un volto_, ad una ‘nudità umana’ che è debolezza, appello, vulnerabilità, ma che possiede _una strana autorità disarmata ma imperativa, che mi interpella in qualità di io responsabile_. Io sono responsabile, io sono chiamato ad essere risposta attiva all’altro, al mondo. Spesso noi portiamo giustificazioni che riguardano le difficoltà che incontriamo, a volte siamo tentati a rintanarci, a rinchiuderci, a metterci i posizione difensiva. Al riguardo, sant’Agostino diceva: _Voi dite: i tempi sono cattivi, i tempi sono pesanti, i tempi sono difficili. VIVETE BENE e muterete i tempi_. Gandhi dice: _Se vuoi cambiare il mondo, prima cambia te stesso. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo_. Quindi c’è una dimensione di speranza attiva che deve coinvolgerci. Citavo ieri Paulo Freire, mi piace citare le ricchezze che ci provengono dal mondo partecipativo dell’America latina. Paulo Freire dice: _Noi dobbiamo avere una paziente M o v i m e n t o d e i F o c o l a r i Reti di luci per abitare il pianeta Sabato, 2 aprile 2016 Seconda sessione: Città in azione Laboratorio internazionale di cittadinanza inquetudine e una inquieta pazienza_, per essere speranza attiva. Finisco con una citazione da un grandissimo regista, Tarkovski, che all’inizio del suo film “Sacrificio”, propone una favola: la favola del monaco e dell’albero inaridito. C’è un albero inaridito che da tempo, da tanto tempo non dà frutti. È morto. Questo monaco, ogni mattina, col secchio d’acqua pesante, cammina cammina, andando in salita verso quell’albero inaridito e ogni giorno, per giorni, per mesi, per settimane, forse per anni, porta il secchio d’acqua per innaffiare quell’albero inaridito. Dopo, un certo giorno, una mattina, quell’albero inaridito comincia stranamente a rifiorire. È un miracolo? Forse è un miracolo: è il frutto di quella speranza attiva che diventa una determinazione a portare ciascuno la propria responsabilità, il proprio impegno. Ed è questo che ci porta ad essere, in fondo, costruttori del nostro concerto, della nostra città. Giuseppe Milan M o v i m e n t o d e i F o c o l a r i