IGOR STRAVINSKIJ Opere giovanili antecedenti Feu d`artifice (1903

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ANALISI DEI REPERTORI II – prof. CALABRESE
IGOR STRAVINSKIJ
Opere giovanili antecedenti Feu d’artifice (1903-1907)
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Sonata in fa diesis minore per pianoforte
Sinfonia op. 1
3 Liriche su testo di Puškin op. 2
Scherzo fantastique op. 3 per orchestra
4 Studi op. 7 per pianoforte
Anni di formazione con influenze tardoromantiche (Čajkovskij, Brahms, Dvořàk, Wagner).
Trattamento dell’orchestra derivato da Glazunov e dal suo insegnante Rimskij-Korsakov.
Comunque esclusa già ora la musica a programma.
Feu d’artifice (1908)
Fantasia sinfonica. Influenze della scuola francese e di Rimskij-Korsakov, ma linguaggio già
“stravinskiano”: incipit senza un vero tema, ma con sovrapposizione e reiterazione di ostinati
ritmici:
Il concetto tradizionale di sviluppo viene sostituito con un incessante lavorìo di
composizione/scomposizione delle cellule. Viene utilizzato il principio di elaborazione intervallare.
La dimensione ritmica assume notevole dinamismo e varietà, e si intravedono quelle particolari
asimmetrie ritmiche che caratterizzeranno i lavori successivi. Alcune nuances espressive, nonché
l’impianto armonico, restano ancorate al tardoromanticismo, ma l’uso libero e talvolta
appositamente crudo delle dissonanze lascia presagire futuri sviluppi in questa direzione.
Oiseau de feu (1910)
Balletto. Periodo dei Ballets
Russess e collaborazione con il
coreografo Diaghilev.
Nella
storia,
il
bene,
rappresentato dal principe Ivan,
sconfigge il male (Kascej) aiutato
dal magico uccello. La musica è
ambivalente. Da un lato si
collega al Gruppo dei Cinque, a
Čajkovskij, Rimskij, nonché ai
tardoromantici e impressionisti
francesi
(Dukas),
dall’altro
sfrutta questi elementi in modo
nuovo. Le spirali cromatiche che
identificano gli esseri magici
danno
luogo
a
sviluppi
permutatori di tipo intervallare.
Il timbro è un parametro
orchestrale molto esplorato, e il
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ritmo assume quelle forme di complessa asimmetria e talvolta polimetria così da anticipare quanto
avverrà nella Sacre du Printemps.
Nella “Danza infernale di Kascej” la ripetizione asimmetrica di nuclei ritmici genera un tipico
effetto stravinskiano:
Petruška (1911)
Qui si cancella ogni traccia di influenze esterne, e lo stile è pienamente personale. Grazie anche alle
riflessioni sulla concezione drammaturgica dei Ballets Russes, secondo cui scenografia, danza e
musica si compenetrano in un pulsante scorrimento del tempo. La storia (come avverrà per Le
Sacre) si basa sul balagan, o baraccone durante il carnevale e su un rito sacrificale primordiale. Il
linguaggio di S. desume alcuni elementi dal folklore russo, ma organizzandoli per desumere
strutture personali anti-folkloristiche (S. stesso negò sempre l’influenza e addirittura la presenza di
tali melopee). La sua tecnica si basa su:
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incandescente propulsione ritmica degli ostinati;
ritmi fortemente asimmetrici;
modalismo;
uso di dissonanze aspre;
violenza fonica
In Petruška sono state
identificate otto
melodie popolari russe.
La storia è ambientata
a S. Pietroburgo e
narra dell’impossibile
amore del malinconico
Petruška per la frivola
Ballerina, che viene
invece conquistata dal
Moro, il quale, a sua
volta, uccide
brutalmente Petruška.
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Le Sacre du Printemps (1913)
Sottotitolo “Quadri della Russia pagana”. Balletto in due parti, eseguito a Parigi con
coreografia di Nijinski, con conseguente e famoso scandalo. S: qui approfondisce elementi
precedenti, in particolare il ritmo e l’evoluzione dell’armonia. L’idea di questo balletto venne
all’autore “nella sua immaginazione”, come un grande rito sacro pagano: i vecchi saggi, seduti in
cerchio, osservano la danza, fino alla morte, di una giovane fanciulla sacrificata per propiziare la
primavera.
Ognuno dei due quadri inizia con un’Introduzione e comprende un certo numero di danze che
portano alla danza della terra alla fine della prima parte, e alla danza sacrificale dell’eletta alla fine
della seconda.
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S. usa la germinazione ritmica e intervallare con costanza e rilievo strutturale, evitando qualsiasi
forma di sviluppo: si creano così blocchi contrastanti che vengono sovrapposti e avvicinati come un
mosaico. Ciò porta ad enormi accumuli di tensione che sfociano in crescendi ed esplosioni.
I ritmi sono ostinati/statici oppure dinamici/asimmetrici.
Le melodie sono prese da repertori folklorici russi, ucraini, lituani, ma lo stesso autore non fu mai
disposto a riconoscerne un’influenza diretta.
Orchestrazione:
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archi spesso suddivisi in 3 o 4
ogni famiglia di fiati ha 5 esecutori, alcuni dei quali suonano due o tre strumenti
tra gli ottoni strumenti desueti come tromba bassa in mib
enorme importanza della sezione percussioni.
Importante la ricerca timbrica. L’assolo iniziale del fagotto (basato su un antico canto lituano) fece
gridare allo scandalo (fra gli altri se ne lamentò Camille Saint-Saens) per l’estensione acuta
riservata allo strumento.
Nella Danza delle adolescenti il famoso Accordo della Sagra:
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Segue un chorovod, canto popolare affidato qui al corno:
S. si serve di questa
ambivalenza di
materiale
(dinamico/statico) per
creare interesse e
aumentare/diminuire
la tensione.
Dopo l’alternarsi di
queste situazioni
ambivalenti, la prima
parte si chiude con una
sorta di caos
primordiale, la
selvaggia Danza della
terra, uno dei momenti
più forti della storia
della musica (si veda
esempio).
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La seconda parte continua ad alternare momenti di estatica contemplazione dei misteri della
natura con parti “paniche”, in cui tutta l’energia accumulata viene convogliata verso un punto di
non ritorno, che, in quest’opera, è rappresentato dalla Danza sacrificale dell’Eletta, nella quale la
fanciulla danza fino alla morte per realizzare il sacrificio rituale. I ritmi irregolari dell’ultimo brano
sono ai limiti dell’eseguibilità. La regolarità meccanica viene interrotta o messa in discussione dai
conflitti ritmo/metro, tanto che in alcuni casi si potrebbe pervenire ad un’ideale abolizione della
stanghetta.
SI tratta, dunque, di un lavoro gigantesco, nel quale un’espressività “barbarica” e primitiva si fonde
con una tecnica compositiva altamente sofisticata. L’opera è stata oggetto di importanti analisi, che
ne hanno messo in rilievo diversi aspetti: l’organizzazione armonica (Allen Forte), quella ritmica
(Pierre Boulez), quella pseudo-seriale (Roman Vlad), e quella scenografico-coreutica, con i rapporti
tra chorovod, rito processionale e danza rituale. Appare evidente come fosse praticamente
impossibile per S. proseguire in questa direzione, visto che tutti i parametri musicali nella Sacre
erano stati condotti fino al parossismo. Siamo quindi di fronte ad una svolta stilistica. S. comprese
che occorreva ora ridurre i mezzi e puntare ad una nuova semplicità, pur senza rinunciare alle
complessità ritmiche cui ormai l’autore è orientato.
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L’Histoire du soldat (1918)
Basata su una fiaba russa, in cui si
narra di un soldato disertore e del
suo patto col diavolo, l’Histoire ha 4
personaggi: il Soldato e il Diavolo,
voci recitanti, la Principessa
(danzatrice), e il Narratore.
L’organico è cameristico, e
comprende violino, contrabbasso,
clarinetto,
fagotto,
cornetta,
tromba,
trombone
e
otto
percussioni (affidati ad un solo
esecutore). Nella scelta di questa
combinazione, S. fu influenzato
anche dal jazz, e infatti fra le danze della Principessa incluse anche un tango e un ragtime (S.
compose in seguito un Ragtime per 11 strumenti e il Piano Rag Music per pianoforte).
Il gruppo strumentale agisce sul palcoscenico. La musica si basa su diverse suggestioni: canti
popolari russi, ragtime, tango, valzer e persino corali bachiani. Tutti questi elementi eterogenei
vengono sapientemente amalgamati. La scrittura è per lo più orizzontale e contrappuntistica, e
questo genera talvolta urti estremamente dissonanti. S. continua la sua esplorazione del conflitto
ritmo/metro (si veda esempio).
Il periodo neoclassico
Nel 1920, con il balletto Pulcinella, su musiche di Pergolesi adattate, ha inizio la fase neoclassica di
S. Gli interventi del compositore russo sono
nell’armonia e nel ritmo, mentre le melodie originali
di Pergolesi vengono lasciate inalterate. In questa
fase, S. indaga sulle possibilità di attribuire alla
musica un ruolo oggettivo e quasi impersonale,
occhieggiando a forme del passato: Barocco, come
nel caso di Pulcinella, o rinascimentale, come per
l’Ottetto per fiati, modellato sulle opere dei Gabrieli e
in parte di Bach. In questo periodo, la percussività è
sempre evidente, ma si fanno strada anche il legato e
una forma quasi asettica di cantabile.
Il Concerto per pianoforte, fiati e percussioni (1924)
segna un ritorno a Bach, con la secchezza espressiva
e la vivacità ritmica tipicamente stravinskiane. Il
primo movimento ha lo stile di una Toccata di Bach,
in altri punti si richiamano Lully e l’Ouverture
francese e Vivaldi. Non mancano momenti di estatica
cantabilità, mentre il finale richiama, con i suoi ritmi
barbari, lo stile dionisiaco di S., che riesce a farsi
strada anche nel periodo neoclassico.
Inizio del Concerto per pianoforte e fiati
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