Progetto di legge trasforma in reato il diritto di sciopero

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( CTUWS )
Honored the French Republic’s Human Rights Prize
Sviluppi gravi e preoccupanti
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Progetto di legge trasforma in reato il diritto di sciopero
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In uno sviluppo grave e preoccupante, il consiglio dei ministri egiziano ha approvato
in data odierna, 23 marzo 2011, un progetto di legge il quale, secondo quotidiani e
media, trasforma in reato alcuni casi di sit-in, proteste e raduni che ostacolino il
lavoro in luoghi pubblici o privati. Il progetto di legge sanziona anche gli
organizzatori di sit-in, proteste e raduni con la pena carceraria e pesanti sanzioni
pecuniarie fino a 500.000 sterline egiziane. Il progetto di legge è attualmente al
vaglio del Consiglio Militare Supremo che deciderà in merito alla sua adozione.
Sebbene l’attuale stesura del progetto di legge approvato dal Governo non sia stata
resa pubblica, secondo dichiarazioni del Governo e del Vice primo ministro il
progetto di legge introdurrebbe un emendamento del diritto penale egiziano che
trasformerebbe in reato gli atti sopra citati, oppure ne inasprirebbe le sanzioni. Si
tratta comunque di un vero e proprio disastro giuridico che segna in pratica il ritorno
della proibizione del diritto di sciopero.
I lavoratori egiziani lottano da decenni per mantenere il diritto di sciopero e hanno
pagato un caro prezzo con il carcere e i trasferimenti forzati, quando non addirittura
con la vita. Gli scioperi del settore del ferro e dell’acciaio del 1989, quelli di Kafr el
Dawar nel 1994 e più recentemente le astensioni dal lavoro di Mehalla el Kobra nel
2008 hanno causato una vera e propria scia di martiri.
L’articolo 124 del Codice Penale egiziano, che definisce il diritto di sciopero quale
reato, testimonia la caratteristica di un regime reazionario che si ispira al
diciannovesimo secolo. L’articolo viola le convenzioni internazionali del lavoro
ratificate dal governo egiziano, che vengono così rese lettera morta.
L’articolo 124 del Codice Penale egiziano non si distacca di molto dal progetto di
legge recentemente presentato e ha costituito una vera e propria maledizione nella
storia del regime egiziano. Quando i lavoratori del settore ferroviario scesero in
sciopero nel 1986, il regime di Mubarak richiese l’applicazione di questo terribile
articolo contro di loro. Tuttavia la magistratura egiziana stabilì che l’articolo 124 era
decaduto automaticamente in seguito alla ratifica da parte del Governo egiziano della
Convenzione Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali.
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Il governo fu costretto al rispetto delle Convenzioni dell’ILO e conseguentemente a
ribadire nella Legge sul lavoro n°12/2003 il diritto dei lavoratori allo sciopero.
Nonostante le limitazioni che hanno reso l’applicazione del diritto di sciopero
praticamente impossibile, il movimento dei lavoratori ha fatto largo uso di tale diritto
nel corso degli ultimi quattro anni.
Le manifestazioni dei lavoratori egiziani non sono cominciate con il 25 gennaio 2011.
Al contrario, i lavoratori egiziani sono stati in testa alla rivoluzione da subito e fino a
quando questa ha raggiunto il proprio culmine, pronti ad andare avanti fino
all’accettazione delle rivendicazioni dei lavoratori, o perlomeno fino a quando ai
lavoratori fosse garantito che le proprie richieste sarebbero presto state accettate.
Purtroppo il governo di transizione che ha retto le sorti del paese dopo la rivoluzione
non è stato in grado di interpretare gli auspici del movimento dei lavoratori egiziano,
né di riconoscere l’equità delle sue richieste. La posizione del governo non si è di
molto distaccata da quella del regime di Mubarak spingendosi addirittura oltre
quando ha definito gli scioperi “movimenti di categoria che ostacolano la
trasformazione verso una società autenticamente democratica”. Appare preoccupante
che la democrazia possa essere riassunta nella semplice celebrazione di elezioni
parlamentari e presidenziali sotto la supervisione della magistratura e con un’apertura
nei confronti dei Fratelli Musulmani, mentre temi quali la liberazione della società
civile e il diritto dei lavoratori a sviluppare le proprie posizioni e a negoziare per il
conseguimento dei propri diritti vengono completamente accantonati.
Gli obblighi annunciati dal Consiglio Militare Supremo fin dal primo giorno della sua
ascesa al potere non possono fermarsi al semplice rispetto di accordi politici ed
economici, ma devono anche prevedere il rispetto dei diritti umani e delle
Convenzioni dell’ILO, trasgredite dal progetto di legge presentato che trasforma lo
sciopero in un reato senza giustificazione alcuna.
Il CTUWS – Centro per i servizi sindacali e per i lavoratori – e la Federazione
Egiziana Sindacati Indipendenti richiedono già dal 14 febbraio lo sviluppo di un
adeguato meccanismo negoziale e di un’agenda che permetta di risolvere i problemi
essenziali dei lavoratori, con particolare riferimento alla questione dei salari e del
lavoro nero, risolvendo inoltre i conflitti relativi alle condizioni di lavoro e alle
relazioni industriali.
Siamo ben consci delle difficoltà dell’attuale fase di transizione, dei gravi rischi e
delle critiche condizioni dell’economia, ma siamo altrettanto consapevoli della
necessità di garantire una stabilità sufficiente e migliori condizioni economiche.
Riteniamo che una volta usciti dalla crisi attuale sarà possibile plasmare un futuro
migliore e un orizzonte di più ampio respiro.
Tuttavia il superamento delle gravi difficoltà in cui la società egiziana si dibatteva
prima della rivoluzione del 25 gennaio e la possibilità di affrontare la fase di
transizione e tutte le difficoltà che ne derivano sarà possibile solamente con la
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partecipazione di tutte le parti sociali a negoziati seri che dovranno permettere la
redazione di una road map del tutto chiara.
Le difficoltà che il governo di Essam Sharaf ha dovuto affrontare fin dal primo
giorno sono innegabili, così come sono innegabili gli sforzi compiuti dal Ministro dei
lavoratori e dal Ministro delle finanze, impegnati nel dialogo e nei negoziati con i
lavoratori di alcuni stabilimenti produttivi, oltreché in interventi volti a concedere
loro giusti diritti.
Tuttavia il governo è ben lungi dal trattare con i lavoratori egiziani come se fossero
cittadini e partner in un processo decisionale, dotati del diritto di accedere alla
conoscenza e di discutere delle rispettive condizioni.
Una democrazia che voglia dirsi tale non può fermarsi al livello della rappresentanza
e non può limitarsi a un Parlamento o a un comitato consultivo. Le autentiche
rivendicazioni dei lavoratori vengono espresse attraverso le organizzazioni sindacali
indipendenti e le organizzazioni della società civile, le quali si adoperano per la loro
attuazione. Si tratta dei meccanismi attivi democratici della negoziazione, della
partecipazione al processo decisionale e del monitoraggio sociale delle risorse che per
numerosi anni ci sono stati sottratti in ragione dell’assenza di un sistema democratico.
Promulgare in questa fase una legge che trasformi in un crimine il diritto di sciopero,
indipendentemente dalle giustificazioni e seppure si trattasse di una misura
transitoria, sarebbe comunque ingiusto nei confronti di una rivoluzione per la quale
circa 1000 cittadini egiziani hanno pagato con la vita e non costituisce una soluzione
accettabile o utile ai problemi attuali. Al contrario, non farà altro che allargare il
divario che già ha cominciato ad emergere tra il popolo e le autorità che gestiscono
attualmente il paese.
Facciamo appello al governo egiziano affinché ritiri il progetto di legge e richieda al
Consiglio Militare Supremo di astenersi dalla sua approvazione. Facciamo inoltre
appello affinché le autorità politiche, le organizzazioni della società civile, i
rappresentanti dei lavoratori e i rappresentanti dei datori di lavoro si impegnino nel
dialogo sociale. Da ultimo, rivolgiamo un appello affinché si proceda con lo sviluppo
di un meccanismo negoziale attivo e regolare a livello sociale.
Mercoledì 23/3/2011
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Centro per i servizi sindacali e per i lavoratori “CTUWS”
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Federazione Egiziana Sindacati Indipendenti
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