Giuseppe Jovine
e il motivo delle radici
Nelle poesie di Jovine si sente forte il motivo delle radici, il “radicamento” che rappresenta una
ragione esistenziale dell’essere, come nella poesia “Le mie radici”, scritta a Castelmauro, in cui c’è
questo rapporto inestricabile con il luogo delle sue origini; un’altra poesia di Beppe Jovine che mi
ha fatto piacere leggere è “Le cose”, poesia molto pregnante di significati in cui l’autore attraverso
l’elencazione di cose e oggetti anche banali e quotidiani, le rende vive e depositarie di significati
profondi e universali, come anche in un’altra poesia molto bella che è “La mia casa” ove si esaspera
il sentimento della perdita ed emerge un senso di grande umanità e profondo intelletto.
Mario Luzi
Le mie radici
Non so chi pietra su pietra ha composto
la mia casa grigia come il fango,
so che le crepe aperte nel suo fianco
sono ferite vive nel mio corpo.
Qui ho imparato a tenere i segreti
dalle labbra socchiuse degli usci,
ho imparato a fiorire nel silenzio
dalle rose dei cocci ai davanzali
ed a tenermi fitte le mie anime
come le doghe lisce di un mastello
od i fastelli cinti di verméne
e dall’erba piegata dalle bore
appresi che dolcezza che consola
lievita sotto il morso del dolore
ed è fiore di cardo la parola
che dissodando il buio fa chiarore.
E nella quiete aerea soffitta,
sulle colline scorrendo le nevi
e le reliquie degli avi sui muri
ascoltavo sui tegoli il vento,
il veleggiare odoroso del tempo;
mi visitava l’ambiguo mistero
col suo profumo lacero di morte
che mi dannava ad amare la vita.
Non altro senso della vita
allora come sempre
scoprivo nel travaglio
del bifolco che scava le parole
dalle memorie più antiche
del mondo.
Qui torno a rannicchiarmi come i cani
che vedevo agli angoli dei muri
soli alla cuccia prima di morire;
qui la vita ha gli stessi stupori,
ha le stesse impazienze della morte
che ti prende per mano e ti conduce
dove tu vuoi sull’antico sentiero
che mena al piano di Santa Lucia
tra il verde dei vigneti e il canto fioco
delle peschiere muschiate degli orti
dove corrono i morti a dissetarsi.
Qui torno amaro dopo ogni sconfitta
per non desistere dal denso esistere
col cuore d’esule senz’altro arredo
che il canto dei mattini e ogni sconfitta
torna a splendermi come una vittoria.
Qui mi lusinga e felicita il gesto
di chi semina fiori e frumenti,
orecchia al brulicare degli erbai,
fruga nei tralci e interroga la luna
nell’ora che svaporano i casali
odorosi di menta e rosmarino.
Qui ogni albero ha il suo vento,
ogni rovo il suo lamento
ogni radura il suo silenzio.
Qui nasce la mia storia,
qui ciò che penso è mio.
Dal cuore della terra ch’è il mio cuore
vedo dai botri con l’erba novella
la verità rifiorire sorella.
Giuseppe Jovine, Castelmauro, luglio 1979