Capitolo 1 L`Universo infinitamente grande Dal Sistema Solare al

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copertina
Editing snc
I edizione eBook
Collana
luglio 2010
“Scienza e Conoscenza”
ISBN formato Pdf
978-88-7869-011-0
© 2010 Macro Edizioni
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SOMMARIO
1. L’Universo infinitamente grande
Dal Sistema Solare al Big-Bang
1.1 Le prime idee sull’Universo
1.2 Galileo e il cannocchiale
1.3 Newton e la gravità
1.4 L’Universo di Einstein
1.5 Lemaitre e l’atomo primordiale
1.6 Hubble e l’espansione dell’Universo
1.7 Hoyle e il modello dello stato stazionario
1.8 Gamov e il modello del Big-Bang
1.9 La radiazione cosmica di fondo
1.10 Guth ed il modello inflazionario
1.11 La mappa dell’Universo
2. L’Universo infinitamente piccolo
Dai quattro elementi ai quark
2.1 Gli atomi di Democrito
2.2 Dalton e la prima teoria atomica
2.3 La tavola periodica di Mendeleev
2.4 Thomson e la scoperta dell’elettrone
2.5 Rutherford e la scoperta del nucleo atomico
2.6 Il problema degli spettri atomici
2.7 Chadwick e la scoperta del neutrone
2.8 Le particelle elementari
2.9 Gell-Mann e il modello a quark
2.10 Il modello standard delle particelle elementari
2.11 Relatività e antimateria
2.12 Le interazioni fondamentali
2.13 Il bosone di Higgs
2.13 Acceleratori di particelle: LHC, una nuova fisica delle alte energie
3. Le leggi fisiche dell’Universo
Relatività Generale, Meccanica Quantistica, Teoria delle Stringhe
3.1 La situazione della fisica del XX secolo
3.2 Il sogno di Einstein
3.3 Il conflitto tra relatività generale e meccanica quantistica
3.4 La teoria delle stringhe
3.4.1 Le dimensioni extra della teoria delle stringhe
3.4.2 Le cinque versioni della teoria delle stringhe
4. I grandi misteri dell’Universo
Ciò che ancora non sappiamo
4.1 Il lato scuro dell’Universo
4.1.1 La materia scura
4.1.2 L’energia scura
4.1.3 Il periodo scuro dell’Universo
4.2 L’Universo prima del Big-Bang
4.3 Stringhe, membrane e universi paralleli
4.4 Il destino dell’Universo
APPENDICE
A.1 – Modelli cosmologici inflazionari
A.2.1 – Il modello standard e l’unificazione della fisica
A.2.2 – L’origine della massa delle particelle
A.3 – Il paesaggio delle stringhe
A.4.1 – L’origine del tempo
A.4.2 – La costante cosmologica, l’energia scura e la fine dell’Universo
BIBLIOGRAFIA
SITOGRAFIA
A mia madre
“L’amore per la conoscenza riecheggia nei nostri cuori
e nutre la grandezza dei pensieri”
Socrate
Introduzione
Sin dagli albori della civiltà, l’uomo ha sempre rivolto lo sguardo verso le stelle allo
scopo di trovare una sorta di relazione che collegasse, in qualche modo, gli uomini e
gli astri attraverso gli dei. Con il solo ausilio dell’occhio nudo, gli antichi
edificavano edifici o enormi strutture in pietra, i megaliti, per studiare i movimenti
del Sole, dei pianeti e delle stelle, e seguire l’alternarsi delle stagioni. Insomma per
gli antichi il cielo era una sorta di gigantesco orologio sopra le teste che serviva per
osservare e prevedere il movimento degli astri, spesso legato al destino di re, degli
uomini e della storia. Le prime idee sull’Universo si fanno risalire al 400 a.C. circa
quando il filosofo greco Aristotele immaginava l’esistenza di un sistema planetario
dove la Terra occupasse il suo centro e dove tutti gli astri allora conosciuti, inclusi il
Sole e la Luna, orbitassero attorno ad essa in una sorta di struttura a cipolla.
Ci sono voluti quasi duemila anni di studi e di osservazioni prima di arrivare, nel
1543, ad una vera e propria rivoluzione scientifica e concettuale che assumeva
invece il Sole, e non la Terra, al centro del sistema planetario: nasceva così il
sistema eliocentrico di Copernico. Perfezionato in seguito grazie alle leggi del moto
di Keplero, il modello eliocentrico fu, per così dire, dimostrato sperimentalmente nel
1609 quando Galileo, utilizzando il suo cannocchiale, fu in grado di osservare le fasi
di Venere, il movimento dei satelliti di Giove, chiare evidenze a favore del modello
copernicano. Galileo si può considerare senza alcun dubbio il primo astronomo
“moderno” perché con lui nacque il metodo sperimentale, che consisteva nel
ricavare dati dalle osservazioni e formulare teorie che lo stesso Galileo mise a
confronto, con grande coraggio, con la dottrina ortodossa dell’epoca e che, in
seguito, gli valsero le accuse di eresia da parte della chiesa. Dunque con Galileo si
apre la porta della Scienza da cui sono passati tutti i più grandi scienziati, a partire
da Isaac Newton. Quest’ultimo riprese gli studi di Galileo sulla caduta libera dei
gravi e riuscì a formulare, nel 1687, una teoria che unificava, per la prima volta, i
fenomeni della meccanica terrestre con quelli della meccanica celeste. Sebbene
Newton avesse inventato, per così dire, la Fisica, grazie all’utilizzo di leggi
matematiche che si basavano sull’osservazione dei fenomeni naturali, tuttavia egli
non aveva idea di come funzionasse la gravità o di quale fosse la sua origine. Questo
problema rimase ignorato per ben 200 anni finchè non apparse sulla scena il grande
genio di Albert Einstein. E’ stato, senza alcun dubbio, lo scienziato più famoso del
XX secolo senza il quale, quasi certamente, non avremmo fatto passi da gigante verso
la comprensione dell’Universo. Einstein rivoluzionò i concetti di spazio e di tempo,
unificandoli nel continuo spaziotempo quadridimensionale, e persino il concetto
stesso di gravità che veniva ora interpretata non più come una forza che agisce
istantaneamente a distanza tra due corpi bensì come la curvatura o la deformazione
della geometria dello spaziotempo attorno ad un corpo dotato di grande massa.
Famosa rimase la frase di John Wheeler: la materia dice allo spaziotempo come
curvarsi mentre lo spaziotempo dice alla materia come deve muoversi.
Oggi la relatività generale costituisce la miglior teoria che abbiamo a disposizione
per descrivere l’Universo su grande scala ma rimane una teoria classica, cioè non
completa, dato che porta a valori infiniti della densità e della temperatura quando ci
si avvicina all’istante di tempo t=0 in prossimità della singolarità iniziale, il BigBang. Sebbene Einstein era convinto che non ci fosse mai stato un momento della
creazione, egli introdusse nelle sue equazioni un termine, la famosa costante
cosmologica, proprio per eliminare il problema dell’origine del cosmo e rendere
perciò statico l’intero Universo. Ma la sua teoria portava inevitabilmente alla
conclusione secondo cui l’Universo doveva aver avuto un inizio, un fatto che era
stato implicato indirettamente prima dalla scoperta di Edwin Hubble, nel 1926,
riguardante la recessione delle galassie distanti e successivamente, nel 1965, dalla
scoperta della radiazione cosmica di fondo ad opera di Arno Penzias e Robert
Wilson, due risultati che costituiscono i pilastri fondamentali su cui si basa il modello
cosmologico standard e che, in quegli anni, eliminarono per sempre le idee di Fred
Hoyle il quale credeva invece ad un Universo eterno e stazionario. Nonostante venne
accettato dalla stragrande maggioranza dei cosmologi come la teoria ufficiale per
descrivere la nascita e l’evoluzione dell’Universo, tuttavia il modello presentava
delle lacune relative, ad esempio, all’espansione dell’Universo. Intanto, le misure
effettuate sulla radiazione cosmica di fondo avevano messo in evidenza il fatto che la
temperatura stessa della radiazione fosse stranamente uniforme in ogni direzione del
cielo. Dunque l’Universo doveva essere molto più grande di quanto immaginato per
poter tenere conto di questa caratteristica distribuzione di temperatura. Per spiegare
ciò, negli anni ‘80 Alan Guth introdusse un modello, detto dell’espansione
inflazionaria, con il quale si ritiene che l’Universo abbia attraversato una fase di
rapida espansione, partendo da un volume di spazio molto piccolo e tale da far sì che
tutte le sue parti abbiano avuto il tempo di comunicare tra loro per rendere perciò
uniforme la temperatura dello spazio.
Certamente non abbiamo delle prove scientifiche sul fatto che l’Universo abbia
trascorso, nei suoi primissimi istanti iniziali, una fase di rapida espansione e perciò
non sappiamo con certezza se l’inflazione sia effettivamente avvenuta. Per provare
tutto ciò occorre effettuare misure precise e dettagliate della radiazione cosmica di
fondo e vedere se ci sono delle tracce lasciate, ad esempio, dalla propagazione di
onde gravitazionali, che possano essere riconducibili appunto al periodo
dell’espansione inflazionaria. Dai dati della recente missione WMAP, un satellite che
la NASA ha messo in orbita nel 2001 e che aveva lo scopo di effettuare una mappa
dettagliata del cielo dedicata alla distribuzione della radiazione cosmica di fondo, è
stato possibile ottenere una sorta di fotografia dell’Universo quando aveva un’età di
circa 400.000 anni dopo il Big-Bang. I dati di WMAP hanno fornito, per la prima
volta, una sorta di “stele di Rosetta cosmica” e davano ragione a Guth o perlomeno
erano consistenti con il modello dell’espansione inflazionaria.
La missione del satellite Planck dell’ESA, attualmente in corso, avrà lo scopo di
fornirci una mappa ancora più dettagliata della radiazione cosmica di fondo per
spiegare, si spera, alcuni punti ancora oscuri del modello cosmologico standard.
Oggi sappiamo che l’Universo ha un’età di circa 13,7 miliardi di anni, che le prime
stelle si sono formate circa 200 milioni di anni dopo il Big-Bang, che è costituito dal
4% di materia visibile, cioè di materia ordinaria costituita dagli atomi e dalle
particelle elementari, che il restante 96% è a noi sconosciuto e che lo spazio si
espande in maniera accelerata.
Arrivati a questo punto, ci poniamo alcune domande: Di che cosa è fatto allora
l’Universo? Che cos’è l’energia scura? E’ stato effettivamente il Big-Bang l’istante
iniziale che ha dato origine all’Universo o si può parlare di uno stato fisico prima
del Big-Bang? E poi, quale sarà il destino dell’Universo? L’idea di scrivere questo
libro nasce dall’esigenza di rispondere a queste domande raccogliendo in un volume
gli argomenti che ho discusso durante le mie conferenze tenute presso il Planetario
di Milano, con cui collaboro ormai da circa dieci anni. Ora dato che la lettura è uno
dei modi migliore di apprendere le cose, ho pensato di scriverle in un testo che mi
permettesse di raccontare quelle che sono le nostre attuali idee sull’Universo, senza
però tralasciare il percorso storico che ha portato gli scienziati alle scoperte
fondamentali e alla formulazione di modelli e teorie grazie alle quali oggi siamo in
grado di comprendere, almeno in parte, come funziona il mondo che ci circonda. Il
testo è suddiviso in quattro capitoli principali che descrivono, rispettivamente,
l’infinitamente grande, l’infinitamente piccolo, le leggi fisiche e i grandi misteri
dell’Universo.
Nel Capitolo 1 vengono discusse le idee che hanno portato, nel corso degli ultimi 400
anni, ad una nuova visione dell’Universo, da Aristotele a Galileo, da Newton ad
Einstein, da Lemaitre a Guth, fino ai recenti risultati del satellite WMAP. Il Capitolo
2 è invece dedicato all’Universo del microcosmo, all’esplorazione della struttura
della materia, partendo dagli atomi di Democrito per arrivare ai quark di GellMann. Nel Capitolo 3 si discutono le leggi fisiche dell’Universo mettendo a confronto
da un lato la teoria della relatività generale, che descrive l’Universo dei pianeti,
delle stelle e delle galassie, e dall’altro lato la meccanica quantistica, che descrive
invece il mondo degli atomi e delle particelle. Perché i due migliori modelli
matematici non sono compatibili quando si tenta di unificarli? Da qui la necessità di
formulare una teoria quantistica della gravità che permetta di descrivere qualsiasi
fenomeno fisico dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande. Oggi, sembra
che la cosiddetta teoria delle stringhe rappresenti la formulazione matematica più
adatta per descrivere l’Universo su tutte le scale. Infine, il Capitolo 4 è dedicato ad
alcune importanti tematiche che rimangono fino ad oggi veri e propri misteri del
cosmo e di cui non sappiamo dare una risposta definitiva. In particolare, mi riferisco
alla materia scura e all’energia scura, quest’ultima legata anche al destino
dell’Universo. Inoltre viene affrontato il problema della singolarità iniziale, il BigBang, che secondo la cosmologia di stringa non solo viene superato ma diventa
semplicemente un momento di transizione violenta implicando che la storia
dell’Universo possa avere avuto inizio ancora prima del Big-Bang.
L’appendice è dedicata all’approfondimento di alcuni argomenti che sono stati
discussi nei quattro principali capitoli. In particolare, ho scelto, per il primo
capitolo, i modelli cosmologici inflazionari alternativi che partendo dalle idee di
Guth descrivono in maniera diversa le fasi iniziali dell’evoluzione dell’Universo; per
quanto riguarda il secondo capitolo, discuto le problematiche presenti nel modello
standard delle particelle elementari riguardanti l’origine della massa, la scala delle
energie e l’unificazione delle forze; per il terzo capitolo descrivo il paesaggio
osservato dal punto di vista delle stringhe e, infine, per il quarto capitolo ho scelto il
problema dell’origine del tempo, secondo la cosmologia di stringa, e le possibili
relazioni tra la costante cosmologica, l’energia scura e il destino dell’Universo.
Bene, spero che l’introduzione non sia stata alquanto noiosa e dunque non mi resta
che augurare una buona lettura. A completare il testo, una sezione bibliografica,
suddivisa per capitoli, e un’altra dedicata invece ai siti internet dove il lettore potrà
trovare i collegamenti alle pagine web degli scienziati o dei principali programmi
scientifici che sono stati discussi nel testo.
Capitolo 1
L’Universo infinitamente grande
Dal Sistema Solare al Big-Bang
Così come ogni storia ha un suo inizio, anche l’Universo ha una sua storia che
comincia circa 13-14 miliardi di anni fa quando un evento singolare, il Big-Bang,
generò lo spazio, il tempo, la materia che osserviamo oggi sottoforma di particelle,
pianeti, stelle e galassie, e persino la vita. Per migliaia di anni le nostre conoscenze
sull’Universo sono state raccolte e tramandate grazie alle osservazioni e ai testi scritti
mediante i quali abbiamo potuto apprendere come tutto sarebbe cominciato. Ancora
oggi si tratta di un lavoro che continua e che affascina non solo gli scienziati ma
anche la gente comune.
Cominciamo allora dall’inizio, proprio dal Big-Bang, già ma cos’è il Big-Bang? Il
termine Big-Bang indica il momento che i cosmologi identificano per descrivere
l’evento iniziale da cui ha avuto origine l’Universo, una gigantesca esplosione dello
spazio, e non nello spazio, un evento che rimane ancora un mistero e dove le leggi
della fisica vengono meno. Se diamo uno sguardo d’insieme fino ad osservare le
galassie più distanti, scopriremo che esse si stanno allontanando le une dalle altre a
grandi velocità. Questo vuol dire che se le facciamo regredire indietro nel tempo,
diciamo di 13-14 miliardi di anni, come se riavvolgessimo la pellicola di un film, esse
si troverebbero compresse, per così dire, in un “punto” incredibilmente piccolo,
ancora più piccolo della più piccola parte di un atomo, dove le condizioni di densità e
di temperatura diventano estreme. In realtà il termine stesso Big-Bang contiene di per
sè una contraddizione perchè non è stato “grande” (Big), visto che si sarebbe
originato da ciò che immaginiamo essere un “punto infinitesimale” o meglio, come
dicono gli astronomi, da una singolarità, e non c’è stata alcuna “esplosione” (Bang),
poichè non c’era aria per permettere la propagazione di onde sonore. Anche se il BigBang viene accettato oggi come il modello cosmologico standard più adeguato per
descrivere, con buona approssimazione, l’evoluzione dell’Universo subito dopo il
“Bang”, tuttavia questo modello non è in grado di spiegare in maniera definitiva né
l’origine dell’Universo né cosa c’era prima. Infatti, le leggi della fisica, così come noi
le conosciamo, non sono in grado di descrivere esattamente la storia dell’Universo
ma ci permettono di avvicinarci e comprendere la realtà solo attraverso una serie di
eleganti approssimazioni.
Ma come si è arrivati a comprendere tutto questo, a capire che l’Universo ha avuto,
forse, un’origine?
1.1 - Le prime idee sull’Universo
Da quando gli uomini hanno rivolto lo sguardo verso il cielo sono trascorsi anni se
non secoli di conoscenza e di comprensione prima di arrivare a descrivere la nascita
e l’evoluzione dell’Universo. Gli uomini della preistoria avevano già intuito che la
sola fonte di luce e di calore sulla Terra proveniva dal Sole durante il giorno mentre la
Luna e le stelle dominavano il cielo notturno. Questo era l’Universo dei nostri
antenati. Dunque, per gli antichi l’osservazione del cielo si limitava alla ricerca di una
relazione che collegasse in qualche modo gli uomini e gli astri attraverso gli dei.
Senza l’ausilio di strumenti di osservazione, gli antichi utilizzavano delle strutture in
pietra edificate di proposito, i megaliti, proprio per osservare il cielo e i movimenti
del Sole, della Luna e delle stelle. Il complesso di Stonehenge, in Inghilterra, o il
Caracol a Chichen Itza, in Messico, sono, con ogni probabilità, “semplici strumenti di
osservazione” e di analisi del cielo che venivano usati di solito come calendari per
determinare l’alternarsi delle stagioni seguendo il movimento del Sole durante il
giorno più lungo e più corto dell’anno. Il cielo dunque aveva la funzione di un
gigantesco orologio sopra le teste mediante il quale si poteva prevedere il movimento
e la posizione degli astri, i cui eventi erano spesso legati al destino degli uomini e
della storia. Ad esempio, l’arrivo di una cometa era considerato come funesto di una
sconfitta militare, mentre invece l’apparizione di una stella nova veniva interpretata
come la nascita di un re. Tutto ciò vide ben presto la nascita dell’astrologia, una
disciplina praticata sin già a partire dal VI secolo a.C. Per poter studiare le eventuali
influenze che gli astri avrebbero avuto sugli uomini, gli astrologi suddivisero il cielo
in regioni ognuna delle quali era rappresentata da particolari “figure” che erano
individuate dalla posizione apparente degli astri sulla volta celeste. Nacquero così le
prime costellazioni alle quali vennero assegnati i nomi di ariete, toro, gemelli, etc.
Tra tutti i popoli dell’antichità, i greci, con il solo ausilio della matematica, avevano
già ottenuto risultati alquanto dettagliati, per l’epoca, sui movimenti del Sole e della
Luna. Non solo, ma grazie allo studio delle ombre proiettate dagli oggetti essi
avevano determinato la curvatura della superficie terrestre che aveva permesso
successivamente di ricavare, con un’accuratezza incredibile dell’ordine del 10%, le
dimensioni della Terra, già più di 2000 anni fa. Gli antichi greci insomma non erano
del tutto ignoranti se pensiamo che essi avevano potuto trovare, con una
approssimazione grossolana, anche le distanze tra la Terra e la Luna e tra la Terra e il
Sole. Inoltre, gli astronomi greci avevano individuato due tipi di stelle, da un lato
quelle più luminose che erano fisse e piccole e che si muovevano insieme, le stelle,
dall’altro quelle più grandi, i pianeti, che si muovevano invece in maniera del tutto
casuale, così almeno sembrava, e il cui studio e la predizione dei loro movimenti
divenne l’attività principale dell’epoca. Ad occhio nudo, gli astronomi greci
individuarono cinque pianeti, i più vicini alla Terra, che furono in seguito denominati
con i nomi dei loro dei, Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno, che sono le
traduzioni in latino dei nomi greci.
Nonostante il popolo greco abbia lasciato un grande contributo allo studio del cielo,
le prime idee sull’Universo si fanno risalire ad Aristotele, nel 400 a.C. circa, quando
egli immaginava la Terra al centro di un sistema planetario, compresi il Sole e la
Luna, dove le singole orbite dei pianeti erano racchiuse all’interno di perfette sfere
cristalline e concentriche, in una sorta di gigantesca struttura a cipolla (fig. 1.1a).
Fig. 1.1a
Bisogna però attendere circa 260 anni quando Tolomeo, nel 140 a.C., introdusse un
sistema di orbite circolari complesse, dette epicicli, per descrivere le orbite dei pianeti
e calcolarne le posizioni, le traiettorie e le velocità. Nonostante il sistema planetario
di Tolomeo fosse alquanto elegante e permetteva, per la prima volta, di fare
previsioni sul moto dei pianeti tuttavia c’era un problema: il suo modello era
concettualmente errato. Dopo l’introduzione del modello tolemaico, l’astronomia
rimase inattiva per centinaia di anni perchè non ci furono nuove idee in grado di
descrivere l’Universo allora conosciuto e tanti studi e osservazioni raccolti dagli
astronomi greci vennero perduti. Nel XVI secolo si ebbe una vera e propria
rivoluzione scientifica quando venne presentata una “teoria dell’Universo” alternativa
a quella di Tolomeo, denominata eliocentrismo, perché poneva il Sole e non la Terra
al centro dell’Universo. Ma questa “idea terribile” andava in contraddizione con le
credenze religiose dell’epoca dato che se la Terra e con essa gli uomini erano stati