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L’Universo infinitamente grande Dal Sistema Solare al Big-Bang 1.1 Le prime idee sull’Universo 1.2 Galileo e il cannocchiale 1.3 Newton e la gravità 1.4 L’Universo di Einstein 1.5 Lemaitre e l’atomo primordiale 1.6 Hubble e l’espansione dell’Universo 1.7 Hoyle e il modello dello stato stazionario 1.8 Gamov e il modello del Big-Bang 1.9 La radiazione cosmica di fondo 1.10 Guth ed il modello inflazionario 1.11 La mappa dell’Universo 2. L’Universo infinitamente piccolo Dai quattro elementi ai quark 2.1 Gli atomi di Democrito 2.2 Dalton e la prima teoria atomica 2.3 La tavola periodica di Mendeleev 2.4 Thomson e la scoperta dell’elettrone 2.5 Rutherford e la scoperta del nucleo atomico 2.6 Il problema degli spettri atomici 2.7 Chadwick e la scoperta del neutrone 2.8 Le particelle elementari 2.9 Gell-Mann e il modello a quark 2.10 Il modello standard delle particelle elementari 2.11 Relatività e antimateria 2.12 Le interazioni fondamentali 2.13 Il bosone di Higgs 2.13 Acceleratori di particelle: LHC, una nuova fisica delle alte energie 3. Le leggi fisiche dell’Universo Relatività Generale, Meccanica Quantistica, Teoria delle Stringhe 3.1 La situazione della fisica del XX secolo 3.2 Il sogno di Einstein 3.3 Il conflitto tra relatività generale e meccanica quantistica 3.4 La teoria delle stringhe 3.4.1 Le dimensioni extra della teoria delle stringhe 3.4.2 Le cinque versioni della teoria delle stringhe 4. I grandi misteri dell’Universo Ciò che ancora non sappiamo 4.1 Il lato scuro dell’Universo 4.1.1 La materia scura 4.1.2 L’energia scura 4.1.3 Il periodo scuro dell’Universo 4.2 L’Universo prima del Big-Bang 4.3 Stringhe, membrane e universi paralleli 4.4 Il destino dell’Universo APPENDICE A.1 – Modelli cosmologici inflazionari A.2.1 – Il modello standard e l’unificazione della fisica A.2.2 – L’origine della massa delle particelle A.3 – Il paesaggio delle stringhe A.4.1 – L’origine del tempo A.4.2 – La costante cosmologica, l’energia scura e la fine dell’Universo BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA A mia madre “L’amore per la conoscenza riecheggia nei nostri cuori e nutre la grandezza dei pensieri” Socrate Introduzione Sin dagli albori della civiltà, l’uomo ha sempre rivolto lo sguardo verso le stelle allo scopo di trovare una sorta di relazione che collegasse, in qualche modo, gli uomini e gli astri attraverso gli dei. Con il solo ausilio dell’occhio nudo, gli antichi edificavano edifici o enormi strutture in pietra, i megaliti, per studiare i movimenti del Sole, dei pianeti e delle stelle, e seguire l’alternarsi delle stagioni. Insomma per gli antichi il cielo era una sorta di gigantesco orologio sopra le teste che serviva per osservare e prevedere il movimento degli astri, spesso legato al destino di re, degli uomini e della storia. Le prime idee sull’Universo si fanno risalire al 400 a.C. circa quando il filosofo greco Aristotele immaginava l’esistenza di un sistema planetario dove la Terra occupasse il suo centro e dove tutti gli astri allora conosciuti, inclusi il Sole e la Luna, orbitassero attorno ad essa in una sorta di struttura a cipolla. Ci sono voluti quasi duemila anni di studi e di osservazioni prima di arrivare, nel 1543, ad una vera e propria rivoluzione scientifica e concettuale che assumeva invece il Sole, e non la Terra, al centro del sistema planetario: nasceva così il sistema eliocentrico di Copernico. Perfezionato in seguito grazie alle leggi del moto di Keplero, il modello eliocentrico fu, per così dire, dimostrato sperimentalmente nel 1609 quando Galileo, utilizzando il suo cannocchiale, fu in grado di osservare le fasi di Venere, il movimento dei satelliti di Giove, chiare evidenze a favore del modello copernicano. Galileo si può considerare senza alcun dubbio il primo astronomo “moderno” perché con lui nacque il metodo sperimentale, che consisteva nel ricavare dati dalle osservazioni e formulare teorie che lo stesso Galileo mise a confronto, con grande coraggio, con la dottrina ortodossa dell’epoca e che, in seguito, gli valsero le accuse di eresia da parte della chiesa. Dunque con Galileo si apre la porta della Scienza da cui sono passati tutti i più grandi scienziati, a partire da Isaac Newton. Quest’ultimo riprese gli studi di Galileo sulla caduta libera dei gravi e riuscì a formulare, nel 1687, una teoria che unificava, per la prima volta, i fenomeni della meccanica terrestre con quelli della meccanica celeste. Sebbene Newton avesse inventato, per così dire, la Fisica, grazie all’utilizzo di leggi matematiche che si basavano sull’osservazione dei fenomeni naturali, tuttavia egli non aveva idea di come funzionasse la gravità o di quale fosse la sua origine. Questo problema rimase ignorato per ben 200 anni finchè non apparse sulla scena il grande genio di Albert Einstein. E’ stato, senza alcun dubbio, lo scienziato più famoso del XX secolo senza il quale, quasi certamente, non avremmo fatto passi da gigante verso la comprensione dell’Universo. Einstein rivoluzionò i concetti di spazio e di tempo, unificandoli nel continuo spaziotempo quadridimensionale, e persino il concetto stesso di gravità che veniva ora interpretata non più come una forza che agisce istantaneamente a distanza tra due corpi bensì come la curvatura o la deformazione della geometria dello spaziotempo attorno ad un corpo dotato di grande massa. Famosa rimase la frase di John Wheeler: la materia dice allo spaziotempo come curvarsi mentre lo spaziotempo dice alla materia come deve muoversi. Oggi la relatività generale costituisce la miglior teoria che abbiamo a disposizione per descrivere l’Universo su grande scala ma rimane una teoria classica, cioè non completa, dato che porta a valori infiniti della densità e della temperatura quando ci si avvicina all’istante di tempo t=0 in prossimità della singolarità iniziale, il BigBang. Sebbene Einstein era convinto che non ci fosse mai stato un momento della creazione, egli introdusse nelle sue equazioni un termine, la famosa costante cosmologica, proprio per eliminare il problema dell’origine del cosmo e rendere perciò statico l’intero Universo. Ma la sua teoria portava inevitabilmente alla conclusione secondo cui l’Universo doveva aver avuto un inizio, un fatto che era stato implicato indirettamente prima dalla scoperta di Edwin Hubble, nel 1926, riguardante la recessione delle galassie distanti e successivamente, nel 1965, dalla scoperta della radiazione cosmica di fondo ad opera di Arno Penzias e Robert Wilson, due risultati che costituiscono i pilastri fondamentali su cui si basa il modello cosmologico standard e che, in quegli anni, eliminarono per sempre le idee di Fred Hoyle il quale credeva invece ad un Universo eterno e stazionario. Nonostante venne accettato dalla stragrande maggioranza dei cosmologi come la teoria ufficiale per descrivere la nascita e l’evoluzione dell’Universo, tuttavia il modello presentava delle lacune relative, ad esempio, all’espansione dell’Universo. Intanto, le misure effettuate sulla radiazione cosmica di fondo avevano messo in evidenza il fatto che la temperatura stessa della radiazione fosse stranamente uniforme in ogni direzione del cielo. Dunque l’Universo doveva essere molto più grande di quanto immaginato per poter tenere conto di questa caratteristica distribuzione di temperatura. Per spiegare ciò, negli anni ‘80 Alan Guth introdusse un modello, detto dell’espansione inflazionaria, con il quale si ritiene che l’Universo abbia attraversato una fase di rapida espansione, partendo da un volume di spazio molto piccolo e tale da far sì che tutte le sue parti abbiano avuto il tempo di comunicare tra loro per rendere perciò uniforme la temperatura dello spazio. Certamente non abbiamo delle prove scientifiche sul fatto che l’Universo abbia trascorso, nei suoi primissimi istanti iniziali, una fase di rapida espansione e perciò non sappiamo con certezza se l’inflazione sia effettivamente avvenuta. Per provare tutto ciò occorre effettuare misure precise e dettagliate della radiazione cosmica di fondo e vedere se ci sono delle tracce lasciate, ad esempio, dalla propagazione di onde gravitazionali, che possano essere riconducibili appunto al periodo dell’espansione inflazionaria. Dai dati della recente missione WMAP, un satellite che la NASA ha messo in orbita nel 2001 e che aveva lo scopo di effettuare una mappa dettagliata del cielo dedicata alla distribuzione della radiazione cosmica di fondo, è stato possibile ottenere una sorta di fotografia dell’Universo quando aveva un’età di circa 400.000 anni dopo il Big-Bang. I dati di WMAP hanno fornito, per la prima volta, una sorta di “stele di Rosetta cosmica” e davano ragione a Guth o perlomeno erano consistenti con il modello dell’espansione inflazionaria. La missione del satellite Planck dell’ESA, attualmente in corso, avrà lo scopo di fornirci una mappa ancora più dettagliata della radiazione cosmica di fondo per spiegare, si spera, alcuni punti ancora oscuri del modello cosmologico standard. Oggi sappiamo che l’Universo ha un’età di circa 13,7 miliardi di anni, che le prime stelle si sono formate circa 200 milioni di anni dopo il Big-Bang, che è costituito dal 4% di materia visibile, cioè di materia ordinaria costituita dagli atomi e dalle particelle elementari, che il restante 96% è a noi sconosciuto e che lo spazio si espande in maniera accelerata. Arrivati a questo punto, ci poniamo alcune domande: Di che cosa è fatto allora l’Universo? Che cos’è l’energia scura? E’ stato effettivamente il Big-Bang l’istante iniziale che ha dato origine all’Universo o si può parlare di uno stato fisico prima del Big-Bang? E poi, quale sarà il destino dell’Universo? L’idea di scrivere questo libro nasce dall’esigenza di rispondere a queste domande raccogliendo in un volume gli argomenti che ho discusso durante le mie conferenze tenute presso il Planetario di Milano, con cui collaboro ormai da circa dieci anni. Ora dato che la lettura è uno dei modi migliore di apprendere le cose, ho pensato di scriverle in un testo che mi permettesse di raccontare quelle che sono le nostre attuali idee sull’Universo, senza però tralasciare il percorso storico che ha portato gli scienziati alle scoperte fondamentali e alla formulazione di modelli e teorie grazie alle quali oggi siamo in grado di comprendere, almeno in parte, come funziona il mondo che ci circonda. Il testo è suddiviso in quattro capitoli principali che descrivono, rispettivamente, l’infinitamente grande, l’infinitamente piccolo, le leggi fisiche e i grandi misteri dell’Universo. Nel Capitolo 1 vengono discusse le idee che hanno portato, nel corso degli ultimi 400 anni, ad una nuova visione dell’Universo, da Aristotele a Galileo, da Newton ad Einstein, da Lemaitre a Guth, fino ai recenti risultati del satellite WMAP. Il Capitolo 2 è invece dedicato all’Universo del microcosmo, all’esplorazione della struttura della materia, partendo dagli atomi di Democrito per arrivare ai quark di GellMann. Nel Capitolo 3 si discutono le leggi fisiche dell’Universo mettendo a confronto da un lato la teoria della relatività generale, che descrive l’Universo dei pianeti, delle stelle e delle galassie, e dall’altro lato la meccanica quantistica, che descrive invece il mondo degli atomi e delle particelle. Perché i due migliori modelli matematici non sono compatibili quando si tenta di unificarli? Da qui la necessità di formulare una teoria quantistica della gravità che permetta di descrivere qualsiasi fenomeno fisico dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande. Oggi, sembra che la cosiddetta teoria delle stringhe rappresenti la formulazione matematica più adatta per descrivere l’Universo su tutte le scale. Infine, il Capitolo 4 è dedicato ad alcune importanti tematiche che rimangono fino ad oggi veri e propri misteri del cosmo e di cui non sappiamo dare una risposta definitiva. In particolare, mi riferisco alla materia scura e all’energia scura, quest’ultima legata anche al destino dell’Universo. Inoltre viene affrontato il problema della singolarità iniziale, il BigBang, che secondo la cosmologia di stringa non solo viene superato ma diventa semplicemente un momento di transizione violenta implicando che la storia dell’Universo possa avere avuto inizio ancora prima del Big-Bang. L’appendice è dedicata all’approfondimento di alcuni argomenti che sono stati discussi nei quattro principali capitoli. In particolare, ho scelto, per il primo capitolo, i modelli cosmologici inflazionari alternativi che partendo dalle idee di Guth descrivono in maniera diversa le fasi iniziali dell’evoluzione dell’Universo; per quanto riguarda il secondo capitolo, discuto le problematiche presenti nel modello standard delle particelle elementari riguardanti l’origine della massa, la scala delle energie e l’unificazione delle forze; per il terzo capitolo descrivo il paesaggio osservato dal punto di vista delle stringhe e, infine, per il quarto capitolo ho scelto il problema dell’origine del tempo, secondo la cosmologia di stringa, e le possibili relazioni tra la costante cosmologica, l’energia scura e il destino dell’Universo. Bene, spero che l’introduzione non sia stata alquanto noiosa e dunque non mi resta che augurare una buona lettura. A completare il testo, una sezione bibliografica, suddivisa per capitoli, e un’altra dedicata invece ai siti internet dove il lettore potrà trovare i collegamenti alle pagine web degli scienziati o dei principali programmi scientifici che sono stati discussi nel testo. Capitolo 1 L’Universo infinitamente grande Dal Sistema Solare al Big-Bang Così come ogni storia ha un suo inizio, anche l’Universo ha una sua storia che comincia circa 13-14 miliardi di anni fa quando un evento singolare, il Big-Bang, generò lo spazio, il tempo, la materia che osserviamo oggi sottoforma di particelle, pianeti, stelle e galassie, e persino la vita. Per migliaia di anni le nostre conoscenze sull’Universo sono state raccolte e tramandate grazie alle osservazioni e ai testi scritti mediante i quali abbiamo potuto apprendere come tutto sarebbe cominciato. Ancora oggi si tratta di un lavoro che continua e che affascina non solo gli scienziati ma anche la gente comune. Cominciamo allora dall’inizio, proprio dal Big-Bang, già ma cos’è il Big-Bang? Il termine Big-Bang indica il momento che i cosmologi identificano per descrivere l’evento iniziale da cui ha avuto origine l’Universo, una gigantesca esplosione dello spazio, e non nello spazio, un evento che rimane ancora un mistero e dove le leggi della fisica vengono meno. Se diamo uno sguardo d’insieme fino ad osservare le galassie più distanti, scopriremo che esse si stanno allontanando le une dalle altre a grandi velocità. Questo vuol dire che se le facciamo regredire indietro nel tempo, diciamo di 13-14 miliardi di anni, come se riavvolgessimo la pellicola di un film, esse si troverebbero compresse, per così dire, in un “punto” incredibilmente piccolo, ancora più piccolo della più piccola parte di un atomo, dove le condizioni di densità e di temperatura diventano estreme. In realtà il termine stesso Big-Bang contiene di per sè una contraddizione perchè non è stato “grande” (Big), visto che si sarebbe originato da ciò che immaginiamo essere un “punto infinitesimale” o meglio, come dicono gli astronomi, da una singolarità, e non c’è stata alcuna “esplosione” (Bang), poichè non c’era aria per permettere la propagazione di onde sonore. Anche se il BigBang viene accettato oggi come il modello cosmologico standard più adeguato per descrivere, con buona approssimazione, l’evoluzione dell’Universo subito dopo il “Bang”, tuttavia questo modello non è in grado di spiegare in maniera definitiva né l’origine dell’Universo né cosa c’era prima. Infatti, le leggi della fisica, così come noi le conosciamo, non sono in grado di descrivere esattamente la storia dell’Universo ma ci permettono di avvicinarci e comprendere la realtà solo attraverso una serie di eleganti approssimazioni. Ma come si è arrivati a comprendere tutto questo, a capire che l’Universo ha avuto, forse, un’origine? 1.1 - Le prime idee sull’Universo Da quando gli uomini hanno rivolto lo sguardo verso il cielo sono trascorsi anni se non secoli di conoscenza e di comprensione prima di arrivare a descrivere la nascita e l’evoluzione dell’Universo. Gli uomini della preistoria avevano già intuito che la sola fonte di luce e di calore sulla Terra proveniva dal Sole durante il giorno mentre la Luna e le stelle dominavano il cielo notturno. Questo era l’Universo dei nostri antenati. Dunque, per gli antichi l’osservazione del cielo si limitava alla ricerca di una relazione che collegasse in qualche modo gli uomini e gli astri attraverso gli dei. Senza l’ausilio di strumenti di osservazione, gli antichi utilizzavano delle strutture in pietra edificate di proposito, i megaliti, proprio per osservare il cielo e i movimenti del Sole, della Luna e delle stelle. Il complesso di Stonehenge, in Inghilterra, o il Caracol a Chichen Itza, in Messico, sono, con ogni probabilità, “semplici strumenti di osservazione” e di analisi del cielo che venivano usati di solito come calendari per determinare l’alternarsi delle stagioni seguendo il movimento del Sole durante il giorno più lungo e più corto dell’anno. Il cielo dunque aveva la funzione di un gigantesco orologio sopra le teste mediante il quale si poteva prevedere il movimento e la posizione degli astri, i cui eventi erano spesso legati al destino degli uomini e della storia. Ad esempio, l’arrivo di una cometa era considerato come funesto di una sconfitta militare, mentre invece l’apparizione di una stella nova veniva interpretata come la nascita di un re. Tutto ciò vide ben presto la nascita dell’astrologia, una disciplina praticata sin già a partire dal VI secolo a.C. Per poter studiare le eventuali influenze che gli astri avrebbero avuto sugli uomini, gli astrologi suddivisero il cielo in regioni ognuna delle quali era rappresentata da particolari “figure” che erano individuate dalla posizione apparente degli astri sulla volta celeste. Nacquero così le prime costellazioni alle quali vennero assegnati i nomi di ariete, toro, gemelli, etc. Tra tutti i popoli dell’antichità, i greci, con il solo ausilio della matematica, avevano già ottenuto risultati alquanto dettagliati, per l’epoca, sui movimenti del Sole e della Luna. Non solo, ma grazie allo studio delle ombre proiettate dagli oggetti essi avevano determinato la curvatura della superficie terrestre che aveva permesso successivamente di ricavare, con un’accuratezza incredibile dell’ordine del 10%, le dimensioni della Terra, già più di 2000 anni fa. Gli antichi greci insomma non erano del tutto ignoranti se pensiamo che essi avevano potuto trovare, con una approssimazione grossolana, anche le distanze tra la Terra e la Luna e tra la Terra e il Sole. Inoltre, gli astronomi greci avevano individuato due tipi di stelle, da un lato quelle più luminose che erano fisse e piccole e che si muovevano insieme, le stelle, dall’altro quelle più grandi, i pianeti, che si muovevano invece in maniera del tutto casuale, così almeno sembrava, e il cui studio e la predizione dei loro movimenti divenne l’attività principale dell’epoca. Ad occhio nudo, gli astronomi greci individuarono cinque pianeti, i più vicini alla Terra, che furono in seguito denominati con i nomi dei loro dei, Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno, che sono le traduzioni in latino dei nomi greci. Nonostante il popolo greco abbia lasciato un grande contributo allo studio del cielo, le prime idee sull’Universo si fanno risalire ad Aristotele, nel 400 a.C. circa, quando egli immaginava la Terra al centro di un sistema planetario, compresi il Sole e la Luna, dove le singole orbite dei pianeti erano racchiuse all’interno di perfette sfere cristalline e concentriche, in una sorta di gigantesca struttura a cipolla (fig. 1.1a). Fig. 1.1a Bisogna però attendere circa 260 anni quando Tolomeo, nel 140 a.C., introdusse un sistema di orbite circolari complesse, dette epicicli, per descrivere le orbite dei pianeti e calcolarne le posizioni, le traiettorie e le velocità. Nonostante il sistema planetario di Tolomeo fosse alquanto elegante e permetteva, per la prima volta, di fare previsioni sul moto dei pianeti tuttavia c’era un problema: il suo modello era concettualmente errato. Dopo l’introduzione del modello tolemaico, l’astronomia rimase inattiva per centinaia di anni perchè non ci furono nuove idee in grado di descrivere l’Universo allora conosciuto e tanti studi e osservazioni raccolti dagli astronomi greci vennero perduti. Nel XVI secolo si ebbe una vera e propria rivoluzione scientifica quando venne presentata una “teoria dell’Universo” alternativa a quella di Tolomeo, denominata eliocentrismo, perché poneva il Sole e non la Terra al centro dell’Universo. Ma questa “idea terribile” andava in contraddizione con le credenze religiose dell’epoca dato che se la Terra e con essa gli uomini erano stati