“Più scuro di mezzanotte” di Salvo Sottile (Sperling & Kupfer) Capitolo 5 - Pagg. 47-51 © Uno stralcio da “Più scuro di mezzanotte” di Salvo Sottile (Sperling & Kupfer) Capitolo 5 – Pagg. 47-51 (…) Era incinta, Rosa, e la testa ora l’aveva a lui. Al soffio di vita che si portava dentro. Era quasi alla sesta settimana di gravidanza e diventare madre era l’unica cosa per cui le pareva valesse la pena di restare ancora in quella casa. Non era solo egoismo o, più meschinamente, la paura di restare sola a farle desiderare tremendamente quel figlio. Ciò che più la tormentava era la prospettiva di non trovare una memoria dentro la quale sopravvivere. La sua, in fondo, era la storia di una donna che aveva congelato i ricordi, aveva perso il senso del tempo e delle cose intorno. Un bambino forse l’avrebbe distolta da quei pensieri di cera, l’avrebbe riportata al mondo, quello fatto di suoni, di emozioni, di speranze, tutta roba che Rosa cominciava a non provare, a non sentire più da mesi, meglio, anni. Com’è arrivato questo dono di Dio? Quand’è che lo abbiamo concepito? Erano domande che si accavallavano nella sua testa e ne generavano tante altre. Che era incinta se n’era accorta per caso. Non le veniva il ciclo, così era entrata in una farmacia e senza crederci troppo aveva acquistato un test. Sicura che avrebbe dato esito negativo. Invece no, ne aveva fatti due ed entrambi avevano dato lo stesso risultato. Ancora non riusciva a credere che sarebbe diventata madre. Proprio adesso che non ci pensava più. In fondo non c’era mai stata vera passione tra lei e Nino. Il sesso tra loro era del tipo senza desiderio, senza fantasia. Quel genere di sesso che l’affetto e la routine trasformano negli anni in una tassa che fa venire l’ansia ogni volta che arriva il giorno di pagarla. Il letto dei Giaconia era il terreno di scontro tra due ossessioni in conflitto; quella di Nino per i suoi traffici e quella di Rosa per la libertà. Due esigenze che restavano confinate nei loro spazi, ai rispettivi angoli, senza trovare mai una terra di mezzo nella quale convivere. Rosa sapeva che il marito la tradiva sistematicamente. Certe sere tornava a casa con addosso il sentore di un profumo dozzinale o con i brillantini sulla faccia o appiccicati alla giacca. Lei sapeva, ma preferiva far finta di niente e soffrire in silenzio. Nino d’altra parte la venerava come una madonnina. A volte aveva perfino timore di toccarla. (…) “Più scuro di mezzanotte” di Salvo Sottile (Sperling & Kupfer) Capitolo 5 - Pagg. 47-51 © La video recensione a cura dell’Autore è disponibile su: www.youtube.com/ssfriend “Più scuro di mezzanotte” di Salvo Sottile (Sperling & Kupfer) Capitolo 5 - Pagg. 47-51 © «Davvero non sei arrabbiato?» si stupì Rosa quando gli annunciò la gravidanza. «Ma che dici, amore? È meraviglioso, sono felicissimo!» Nino la notizia che sarebbe diventato padre la prese inaspettatamente bene. La cosa sorprese Rosa non poco. Al momento di dirglielo, lei aveva messo in conto una sua crisi isterica. Per anni Giaconia era stato contrario all’idea di allargare la famiglia. Figli, ciucci e pannolini in mezzo ai piedi non ne voleva. La moglie invece no. Nei suoi sogni fatati di adolescente voleva una casa invasa dai marmocchi. Fosse dipeso da lei, un bambino lo avrebbe fatto subito dopo il matrimonio, quand’era più giovane e forse anche più incosciente. Ma Nino aveva sempre frenato. «È presto, Giò, divertiamoci per adesso», le ripeteva. «…E poi un bambino deve vivere libero e felice.» Le diceva così sapendo che loro due non sarebbero stati mai né l’uno né l’altro. Non se ne doveva parlare di figli. Manco per scherzo. Ora, superati i quarant’anni, Giaconia sembrava averci ripensato. Ma perché? Perché l’ultima volta che avevano fatto l’amore era rimasto aggrappato al ventre della moglie più del solito? Cosa lo aveva spinto a volere un figlio dopo che lei aveva smesso di chiederglielo? Ma sì, certo, ho capito cos’ ha in mente!, rifletteva Rosa. Ne era sicura: Nino lo aveva fatto per evitare che lei si stancasse di quella vita, che lo abbandonasse alla sua sorte. Giaconia, con tutto il cinismo e la presunzione di vivere anche la vita degli altri, aveva capito – forse sperato in cuor suo – che la moglie con un figlio a cui badare, non l’avrebbe mai più lasciato. La solitudine non le sarebbe più pesata e lui si sarebbe potuto dedicare a se stesso e a Cosa Nostra, anima e corpo. Che povero illuso che sei! Rosa non amava più suo marito. Forse non lo aveva mai amato. Ora che era incinta però lo voleva questo figlio, con tutte le sue forze. Doveva farsi piacere il matrimonio, almeno fino al termine della gravidanza. Lo prese come una missione e fece un fioretto, un patto tacito con Dio: se il piccolo fosse nato sano giurò a se stessa che lo avrebbe cresciuto come un bambino normale, senza i suoi patimenti, senza l’angoscia di doversi sempre nascondere. Al contrario di lei, suo figlio sarebbe vissuto libero, alla luce del sole. Una volta nato lo avrebbe portato via. Lontano da qui, lontano da tutto questo schifo! “Più scuro di mezzanotte” di Salvo Sottile (Sperling & Kupfer) Capitolo 5 - Pagg. 47-51 © La video recensione a cura dell’Autore è disponibile su: www.youtube.com/ssfriend “Più scuro di mezzanotte” di Salvo Sottile (Sperling & Kupfer) Capitolo 5 - Pagg. 47-51 © Nino però non lo doveva sapere, non doveva sospettare nulla, altrimenti avrebbe fatto di tutto per fermarli. Anzi, se avesse minimamente subodorato che nella testa di sua moglie frullava quest’idea malsana, era capace di fare una follia, forse persino di ammazzare entrambi, lei e il bambino. Fingi che sei felice, non fargli capire niente. Rosa cominciò a riempire la casa di giocattoli, di passeggini, di girelli, pannolini e scalda biberon, tutti oggetti che servivano a colorare di speranza e di tenerezza quell’attesa. Era presto per conoscere il sesso di suo figlio, ma lei era fatta così, al pensiero di sapere non ci dormiva la notte. Se l’ecografia non poteva ancora rivelarle nulla, forse un modo per rispondere alla sua curiosità c’era. Aveva sentito che a via S. Agostino, dalle parti di via Maqeda, abitava una vecchia levatrice conosciuta col nome di «Madre Santa». Era una specie di oracolo pagano. Nei rioni e nei vecchi quartieri di Palermo aveva fama di quella che raramente sbagliava una previsione. Aveva un metodo tutto suo per dare alle donne ansiose come Rosa le risposte che cercavano. Si faceva portare un po’ della loro urina, la versava in un bicchiere, ci metteva dentro una gemma di grano e aspettava. Se il seme germogliava, il bambino era maschio, se la gemma restava tale e quale era femmina. «Sono vecchie credenze popolari», l’avvisò suo marito. «Non sprecare tempo con queste minchiate!» «Che ho da perdere ad andare da lei? Niente!» obiettò Rosa scrollando le spalle. «Male che vada mi sarò fatta una passeggiata. E tu me la permetti, in questo caso?» Nino non ebbe la faccia di proibirgliela. Andò a trovare la «Madre Santa» e aspettò la conclusione del rito. Il suo chicco, a differenza di quelli delle altre donne, si comportò diversamente. Non si aprì né rimase intatto. Diventò stranamente nero, nero come un grumo di catrame. Era la prima volta che succedeva e doveva essere un brutto segno, perché la Madre Santa, alla sola vista di quel seme bruciato, iniziò ad agitarsi, a stare male e a sbraitare. Pensò che Rosa fosse una specie di demonio, uno spirito maligno venuto a ucciderla. Si mise a urlare, a dare calci alle sedie finché quella donna non uscì da casa sua e si allontanò. Rosa, sconvolta, lo prese come un cattivo presagio. Prima di tornare a casa passò dalla chiesa della Madonna delle Anime Decollate, affidò alla Vergine le sue preghiere, poi risalì in macchina e proseguì verso il Papireto. Ora aveva paura, paura di perdere tutto, il bambino, la sua vita lontano da lì, i suoi progetti futuri. Tornò a casa, si sdraiò sul letto e non si alzò per dieci giorni. “Più scuro di mezzanotte” di Salvo Sottile (Sperling & Kupfer) Capitolo 5 - Pagg. 47-51 © La video recensione a cura dell’Autore è disponibile su: www.youtube.com/ssfriend