Giuseppe Vatinno
STORIA NATURALE
DEL TEMPO
L’“Effetto Einstein” e
la Teoria della Relatività
ARMANDO
EDITORE
Sommario
Premessa di SILVIO BERGIA
9
Introduzione
13
Capitolo 1: Relatività Ristretta come teoria dello spaziotempo
La Relatività galileiana
L’equazione di Newton
Le equazioni di Maxwell
L’induzione di Faraday e la Relatività
Invarianza delle equazioni
Le trasformazioni di Lorentz
La misura della velocità della luce nel vuoto
Paradosso dello specchio
21
24
28
31
32
33
34
37
37
Capitolo 2: Gli effetti relativistici
Dilatazione degli intervalli temporali
L’orologio a luce
Contrazione degli intervalli spaziali
40
40
42
43
Capitolo 3: La teoria della Relatività Ristretta
La dinamica relativistica
Il cronotopo di Minkowski
Paradossi
Paradosso del saltatore
“Paradosso dei gemelli” o degli orologi
Il caso dei muoni
Alcune critiche alla Relatività Speciale
Paradosso di Ehrenfest
Paradosso del libro
Il concetto di simultaneità
L’esperimento di Michelson-Morley
Prove sperimentali della RR
45
50
52
55
55
57
63
64
69
70
71
72
73
Capitolo 4: La teoria della Relatività Generale
Teorie relativistiche concorrenti
Le equazioni di campo
Varietà esotiche dello spaziotempo
Lo spaziotempo di Möbius
Teorema di Geroch
Le equazioni del moto
Rappresentazioni grafiche dello spaziotempo
74
83
84
86
86
87
87
88
Capitolo 5: Il tempo (e lo spazio) nella Relatività Generale
Teoria di Hawking e tempo immaginario
91
95
Capitolo 6: Teorie unificate (basate sulla Relatività Generale)
98
Capitolo 7: La possibilità dei viaggi nel tempo
I paradossi dei viaggi nel tempo (passato)
Soluzioni proposte dei paradossi temporali
Congettura di protezione cronologica
Principio di autoconsistenza di Novikov
Viaggi nel tempo ed entropia
Macchina del tempo a “cunicolo di tarlo” di P. Davies
Loop spaziotemporali artificiali
La macchina del tempo di Paul Davies
“Macchina del tempo” a corde cosmiche di J.R. Gott III
“Macchina del tempo” di Gödel e Tipler
Considerazioni
103
106
107
108
109
110
110
111
112
114
115
116
Capitolo 8: L’enigmatico esperimento a scelta ritardata
L’esperimento della doppia fenditura
Influenze sul passato
117
117
122
Capitolo 9: Tachioni e frecce del tempo
Tachioni
La freccia del tempo e la termodinamica
125
125
127
Capitolo 10: Il tempo: un dibattito filosofico-scientifico
133
Conclusioni
137
Bibliografia
139
Indice analitico e dei nomi
142
Sottile è il Signore, ma non malizioso
(Albert Einstein)
Un ringraziamento per il proficuo scambio di idee, oltre al Prof.
Silvio Bergia, va al Prof. Vincenzo Barone, Associato di Meccanica
quantistica e fisica delle interazioni fondamentali all’Università del
Piemonte Orientale e al Prof. Carlo Bernardini, amico e maestro, già
Ordinario di Metodi e Modelli matematici della fisica all’Università La
Sapienza di Roma.
(Giuseppe Vatinno)
8
Premessa
SILVIO BERGIA*
Eccoci con un altro libro su Einstein e la Relatività, come ci dice il
sottotitolo. Ma il cui titolo ci dice subito che il taglio non è consueto:
anche se scritto da un fisico, il libro non è rivolto a un pubblico di specialisti della materia; e non si può dire neppure divulgativo. Diciamo
che si rivolge a persone che, nel corso della loro vita, sono ripetutamente prese dal desiderio, o bisogno, di appropriarsi del contenuto essenziale di alcuni, o molti, capitoli della storia del pensiero umano, di
quelli scientifici in particolare. E la lettura del libro ci dice che la mente
dell’autore, che ha avuto varie esperienze di vita (è stato, fra l’altro,
Deputato per una Legislatura), sente la necessità di collocare quanto
appreso sulla natura da teorie e leggi fisiche nel quadro di una “visione
del mondo”, non solo fisico, maturata nel corso della storia del pensiero. Non per nulla il titolo – ci ritorno per un attimo – ci invita a leggere
una “storia naturale del tempo”.
Due parole di chiarimento al proposito. Il contenuto essenziale del
libro, come specificato nell’indice, è costituito dalle teorie, Ristretta e
Generale, della Relatività. Ed è il caso di ricordare subito, al proposito,
che, del tempo, esse hanno rivoluzionato e approfondito la visione. Ma,
già dalla lettura dell’Indice, si apprende che vi sarà una cospicua parte
del testo che, a partire da qualcosa di prospettato dalle teorie, affronterà
tematiche, beninteso sempre legate a quella di base, non così consuete,
in particolare la possibilità di viaggi nel tempo.
È bene, al proposito, invitare il lettore alla cautela. Lo fa già l’autore,
ma io rincaro la dose: è sacrosanto il diritto di proporre al pubblico le
più vaste prospettive di un generale interesse culturale che, in ogni fase
* Già
Ordinario di Teoria della Relatività presso l’Università di Bologna.
9
del loro sviluppo, si possano evincere dalle basi delle teorie affermate;
ma è sempre bene mantenere ferma la distinzione tra quanto al riguardo
è stato corroborato dall’esperienza e speculazioni che ne travalichino
largamente i limiti e che conducano a paradossi, come quello del “nonno”, che riporto con le parole dell’autore: «Alberto torna nel passato
ed incontra suo nonno e involontariamente (buonismo filosofico) lo
elimina impedendo la propria nascita; ma se questo avvenisse lui non
nascerebbe e dunque non potrebbe tornare nel passato a fare quello che
ha fatto». Paradosso: la parola è spesso presa per indicare un asserto
inusuale e strano che sorprende il lettore o l’uditore. Le teorie relativistiche ce ne propongono diversi, e l’autore li affronta adeguatamente,
come nel caso noto come “paradosso dei gemelli” (o dell’orologio).
Ma a volte, come nel caso appena ricordato, il termine non è usato per
sottolineare la stranezza di un asserto, ma il suo carattere autocontraddittorio. Che la logica deve rigettare.
Ritornando al nocciolo del libro: esso è espresso in termini puntuali,
e in un linguaggio che attrae, nell’Introduzione, dal titolo – appropriato
– L’Effetto Einstein e la fisica del Futuro. Dove, per “Effetto Einstein”,
si intende quanto gli si deve sul tema del tempo, posto che, andando
oltre quanto dovuto a Galileo e Newton, egli riuscì (usando i termini
dell’autore) a conferire, con la sua teoria della Relatività Ristretta, un
carattere matematico e operativo a un concetto che era stato per molto
tempo un argomento di pertinenza della filosofia pura. L’autore anticipa
qui – uso le sue parole – che il tempo einsteiniano «non è “assoluto”
come riteneva Newton e accettava Immanuel Kant, ma è, appunto, relativo allo stato (di quiete o di moto) dell’osservatore e dunque non esiste
di per sé, ma solo in relazione a chi osserva le cose». L’autore ci ricorda,
in efficaci termini sintetici, che «anche il concetto di spazio perse il suo
carattere assoluto per divenire relativo allo stato dell’osservatore. Solo
il concetto di “spazio-tempo” ha dunque cittadinanza nella fisica moderna». E che «due enti che erano stati concettualmente e praticamente
separati nei millenni precedenti si ritrovarono fusi insieme».
Segue un’efficace Introduzione a quanto sarà affrontato nei vari capitoli, dalla complessa vicenda storica che costituisce lo sfondo per la
costruzione di questa prima pertinente teoria einsteiniana ai suoi contenuti essenziali. E a quella che ne costituisce una feconda estensione, la
teoria della Relatività Generale; che di fatto consiste in una geometriz10
zazione della gravitazione che, utilizzando una matematica raffinata,
indipendentemente in gran parte elaborata da altri autori, estenderà la
teoria newtoniana con importanti risultati. E ai contenuti legati, come
accennavo, alle teorie di base, sconfinanti nel territorio affascinante ma
pericoloso dei viaggi nel tempo.
È una caratteristica interessante di questo libro che l’autore tracci
in una prima istanza, in termini efficaci, un quadro che delinea l’essenziale del discorso. Per poi ritornarci, dettagliando, di volta in volta,
quanto tratteggiato in precedenza. Si dirà che questo modo di affrontare
una tematica vasta e complessa è standard. Ma qui c’è, a mio avviso,
qualcosa di più. Sì, perché egli, sapientemente, sa come destare la curiosità del lettore tipico che ha in mente, quel lettore che ho cercato
di tratteggiare nel primo capoverso, presentandogli aspetti che fanno
nascere punti interrogativi ai quali, di volta in volta, si forniranno risposte via via sempre più concludenti. Ciò vale, in particolare, per quanto riguarda la matematizzazione di un tema, o argomento, specifico.
Prendo, come esempio, quello dei due enti, spazio e tempo, “che erano
stati concettualmente praticamente separati nei millenni precedenti”. Al
cenno in proposito fatto nell’Introduzione, nel primo capitolo, dedicato
– attenzione! – alla Relatività Ristretta come teoria dello spaziotempo, l’autore fa seguito dicendo che Einstein «giunse a delle formule di
trasformazione […] che portavano ad abolire l’idea che lo spazio e il
tempo fossero identità indipendenti per giungere ad un concetto unico, appunto il continuo spaziotemporale o cronotopo come lo chiamerà
poi il matematico Hermann Minkowski». Il cronotopo di Minkowski,
cui sarà dedicato un paragrafo del capitolo 3, paragrafo che introduce
il soggetto, e la matematica necessaria, in termini sintetici e gradevoli. Capitolo 3, che – ecco un altro, e più ampio, esempio – è dedicato
agli sviluppi formali della teoria della Relatività Ristretta dopo che, nei
precedenti (il 2 è dedicato agli effetti cinematici della teoria), il lettore
ha cominciato a familiarizzarsi con i suoi aspetti essenziali. Analoghi
esempi sussistono per altre parti del discorso.
Una piccola nota aggiuntiva sulla matematica, espressa in termini
sintetici e gradevoli, dicevo. Un piccolo tentativo di chiarimento al proposito: chi si occupa di fisica, non soltanto i fisici teorici, ma i fisici
in generale, di matematica deve necessariamente averne assimilata parecchia, a cominciare dall’analisi; che, naturalmente, emerge ad ogni
11
pie’ sospinto già nella Relatività Ristretta. Ma quando si arriva alla
Relatività Generale non ce ne si può formare un’immagine che vada
oltre una pura lettura qualitativa senza aver attinto un adeguato livello
di comprensione della geometria riemanniana (e pseudo-riemanniana)
e del calcolo differenziale assoluto. Già nell’Introduzione l’autore ci
ricorda che Einstein, nel perseguire il suo intento di geometrizzare la
teoria della gravitazione, utilizzò «una matematica raffinata, quella
dell’analisi tensoriale della geometria differenziale delle ipersuperfici».
Nel capitolo 4, dopo aver ricostruito il processo di gestazione della teoria, l’autore introduce il lettore a un quadro d’insieme, fornendo una
lettura qualitativa della sua lettura geometrica per poi passare ai riscontri osservativi e sperimentali. Per passare poi, d’un tratto, alla scrittura
delle equazioni di base, le equazioni di campo e quelle del moto. Per
arrivare ad esse in termini esaurienti occorre un trattato. E non ci sono
vie di mezzo. Che fare allora se non si sceglie in partenza di mettere da
parte il formalismo? L’autore ci prova, con poche parole che qualcosa
di rilevante al lettore lo trasmettono: nel secondo caso, per esempio,
egli ci dice che quelle equazioni «si riducono all’equazione usuale di
Newton [che viene qui trascritta con notazioni apparentate con quelle
della nuova teoria] per un punto soggetto ad un potenziale gravitazionale». L’ultimo capitolo è incentrato sulla tematica filosofica del tempo
e più propriamente sulla visione di J.E. Mc Taggart con le sue teoria-A
e teoria-B. La prima è chiamata anche “presentismo” e per essa esiste
solo il presente, mentre la seconda è denominata “eternismo” e per essa
esistono contemporaneamente presente, passato e futuro; è evidente
la vicinanza della teoria-B alla Relatività di Einstein e alla proposta
dell’universo di Gödel. Una piccola nota, per finire. Accennavo, inizialmente, a una opzione dell’autore, che lo ha portato a indirizzare il suo
messaggio a una certa classe di lettori. Ebbene, questa sua scelta mi è
sembrata fin dall’inizio far parte di una sua visione personale delle cose,
che si andrà poi manifestando con i tratti cui accennavo. Richiesto di
scrivere al suo libro questa premessa, ho intrapreso con lui, nel corso
della mia lettura del libro, una lunga fase di dialogo. Per rendermi conto
che era proprio così, visto il taglio delle sue risposte a mie considerazioni germogliate dalla mia precedente frequentazione degli argomenti da
lui trattati. Vi dirò per concludere, che ho finito per trovarla una visione
avvincente e costruttiva.
12
Introduzione
Il Tempo (che a volte, come adesso, scriveremo maiuscolo intendendo conferirgli maggiore dignità filosofica) è un argomento particolare
forse perché legato intimamente alle sensazioni più proprie dell’essere
umano e non per niente i filosofi, insieme allo Spazio, cominciarono
ad occuparsene fin dall’antichità e lo fecero da due versanti, quello appunto più propriamente intimistico e legato al senso del “trascorrere”
e quello più propriamente scientifico, diremo matematico, cioè della
“misura”; infatti, già Zenone ed Aristotele ne parlarono in questa accezione nei loro paradossi. In ogni caso il Tempo è stato per molto un
argomento dominato dalla filosofia pura e se la scienza se ne occupava
lo faceva non direttamente; questo è sostanzialmente vero fino a tutto il
XIX secolo se si escludono le importanti eccezioni rappresentate dalle
riflessioni di Galileo Galilei ed Isaac Newton1; nel XX secolo la scienza, e più propriamente la fisica coadiuvata dalla matematica, irrompe
nella discussione in maniera abbastanza inaspettata e lo fa con la figura
di Albert Einstein che con la sua teoria della Relatività, sia Ristretta
(o Speciale) che Generale, riesce finalmente a matematizzare, possiamo dire così, il concetto di Tempo definendolo in maniera operativa e
facendo luce su concetti che fino ad allora erano stati ambigui o mal
definiti come quello di “contemporaneità” tra due eventi. In seguito,
1
La dinamica, come scienza dello spazio e del tempo, è contenuta nelle leggi di
Newton valide in un Sistema di Riferimento Inerziale (in seguito anche SRI):
1) Legge di inerzia: “un corpo non soggetto a forze o resta in quiete o si muove di
moto rettilineo uniforme”.
2) Legge del moto, F = MA: “la forza agente su un corpo è proporzionale al prodotto della massa per l’accelerazione”.
3) Legge di azione e reazione, F = - F: “ad ogni azione (di una forza) corrisponde
una reazione uguale e contraria”.
13
filosofi della scienza come Hilary Putnam2, Hans Reichenbach e Adolf
Grünbaum hanno indagato il grande contributo della Relatività allo studio filosofico dei concetti fondamentali di Tempo e Spazio.
Tuttavia, la teoria che doveva apportare il maggior contributo scientifico al concetto di tempo ebbe origine, come spesso avviene nella prassi, da fatti molto contingenti e specificatamente da problematiche relative all’elettromagnetismo (il lavoro originale di Einstein pubblicato nel
1905 sugli Annalen der Physik si chiamava infatti Sull’elettrodinamica
dei corpi in movimento, uscito curiosamente senza bibliografia e citazioni3), che nell’Ottocento aveva avuto un grande sviluppo principalmente
con le opere di James Clerk Maxwell4, il quale era giunto a comporre, nel
periodo dal 1856 al 1864, le sue famose equazioni in un linguaggio matematico elegante e sintetico, quello dell’analisi vettoriale, ma che aveva
tralasciato di approfondire (essendone però ben conscio) alcune anomalie di fondo5 della sua teoria che facevano sostanzialmente riferimento
al concetto del cosiddetto “etere luminifero” inteso come il supporto che
doveva trasmettere materialmente le onde di luce6 nel vuoto come fa
l’aria con il suono. Le caratteristiche che avrebbe dovuto avere questo
etere erano molto improbabili; infatti, poiché già si sapeva che le onde
elettromagnetiche sono trasversali alla direzione del moto (al contrario
delle onde sonore che sono invece longitudinali), il supposto etere doveva essere un solido iperdenso per trasmettere vibrazioni a circa 300.000
km al secondo, cioè la velocità della luce nel vuoto. Tutto il contrario di
qualcosa che poteva confondersi con un vuoto omnipervasivo, che era
2 Putnam, nel 1967, in Time and physical geometry, dimostra la “realtà” (opportunamente definita da relazioni logiche) del futuro rispetto al presente utilizzando la
Relatività Ristretta.
3 Einstein vinse il Premio Nobel per la fisica nel 1921 per la spiegazione dell’effetto
fotoelettrico (sempre del 1905) e non per la teoria della Relatività.
4 Maxwell J.C., A Dynamical Theory of the Electromagnetic Field, «Philosophical
transactions of the Royal Society», 1865 e Idem, A Treatise on Electricity and Magnetism, ivi, 1873.
5 Le più rilevanti di queste anomalie erano la non invarianza delle equazioni di
Maxwell per l’elettromagnetismo sotto le trasformazioni di Galilei e l’insoddisfacente
spiegazione classica del fenomeno della induzione magnetica.
6 Fu il danese Ole Rømer il primo a dimostrare nel 1676, in base ad osservazioni
astronomiche, che la velocità della luce nel vuoto non è infinita. In seguito, nel 1849
Hippolyte Fizeau diede la prima stima diretta della velocità della luce con uno strumento composto da specchi e un disco dentato.
14
poi la seconda caratteristica che tale etere avrebbe dovuto possedere7 per
trasmettere, ad esempio, la luce da una galassia lontana. Occorre dire
che negli ultimi anni vi è stato un tentativo di ritorno all’“etere” identificato con la radiazione di fondo del Big Bang e l’anisotropia rilevata ad
esempio dal telescopio orbitante Planck allora potrebbe essere correlata
al cosiddetto “vento d’etere”. Da un altro punto di vista, l’etere potrebbe
comunque essere identificato con lo stesso spaziotempo o meglio la sua
metrica con una equazione del tipo
= “etere”, almeno per quanto
riguarda la propagazione delle onde gravitazionali (e su questo punto lo
stesso Einstein, in seguito, fu molto più disponibile8).
Tornando all’elettromagnetismo, Einstein non è certo il primo
che avesse rilevato queste anomalie, anzi, come accennato, lo stesso
Maxwell se ne era accorto e successivamente Hendrik Lorentz (18531928) e Henri Poincaré (1854-1912) ne avevano tratto una teoria (rifacendosi però entrambi al concetto di etere e quindi di spazio e tempo
assoluti in un’ottica newtoniana), ma Einstein è stato il primo ad inquadrarle in una visione scientifica di senso compiuto, in cui le formule non
sono solo una sorta di artificio matematico utile per fare tornare i conti,
ma risultano appunto da una teoria fisica e direi filosofica logicamente
coerente (anche se non sono mancate le critiche). Si noti poi che per
Poincaré e Lorentz le modifiche dello spaziotempo non sono simmetriche (come invece avviene nella Relatività Ristretta) rispetto a due
Sistemi di Riferimento Inerziali e di principio non sono misurabili.
La Relatività Ristretta (in seguito anche RR) del 1905 non è stata
quindi – come abbiamo visto – un’opera solitaria di Einstein, anzi i
tempi erano maturi perché giungesse e molto probabilmente qualcuno
l’avrebbe proposta a breve, come lo stesso Einstein ammise; infatti si
trattava “solo” di mettere insieme alcuni concetti e risultati che vagavano solitari nello spazio delle idee per trarne magicamente una teoria
di senso fisico compiuto, foriera di grandi risultati e che avrebbe per
sempre cambiato il nostro modo di considerare l’universo.
Lorentz introdusse le sue trasformazioni (sempre però – come detto – basate sull’etere) per “salvare” il Principio di Relatività di Galilei,
7
L’etere ha parenti illustri in concetti come il “fluido calorico”, il “fluido elettrico”
e il “fluido magnetico”; termini che sono stati utilizzati in fisica quando non si conoscevano ancora bene i fenomeni.
8 Lettera di Einstein a Lorentz del 17.6.1916.
15
cioè l’invarianza per le equazioni di Maxwell che non lo erano; Poincaré
costruì una teoria matematica, ancora basata sull’etere, precedendo anche Hermann Minkowski, ma solo Einstein – come detto – cambiò il
significato dei concetti di spazio e di tempo da assoluti (come erano
nella fisica newtoniana) a relativi anche se stava cercando “solo” di
risolvere alcune problematiche relative alle equazioni di Maxwell per i
corpi in moto.
Lo scienziato tedesco fu mosso nella stesura della Relatività non
solo da basi empiriche9 (come l’esito negativo dell’esperimento ottico di Michelson-Morley eseguito nel 1887 per evidenziare l’eventuale
moto della Terra rispetto all’etere10 che comunque valse loro il Premio
Nobel per la fisica nel 1907) quanto piuttosto da un principio filosofico
razionale11 e se vogliamo estetico12: non poteva esistere un moto assoluto13 e questo sulla scorta dell’insegnamento contenuto ne La meccanica nel suo sviluppo storico-critico di Ernst Mach14. Successivamente
Einstein si dedicò a sviluppare la Relatività Generale (in seguito anche
RG) che vide compimento nel 1916 e che ampliò notevolmente lo scenario iniziale della RR e risultò l’opera di un solo uomo (se si eccettuano i contributi tecnici dei matematici Marcel Grossmann e, nell’ultima
fase, di David Hilbert), Einstein appunto, che insoddisfatto della prima
9 Einstein in una intervista a R. Shankland, pubblicata nel 1963, diceva nei primi
anni ’50 che era venuto a conoscenza dell’esperimento di Michelson-Morley da uno
scritto di Lorentz, ma solo dopo il 1905. Questa affermazione appare strana perché già
nel lavoro originale del 1905 Einstein parla di «tentativi andati a vuoto di constatare un
moto della Terra rispetto ad un mezzo luminoso».
10 Nel 1851 Fizeau aveva svolto un esperimento per verificare quale fosse lo stato dinamico dell’etere utilizzando raggi di luce nell’acqua arrivando alla conclusione,
ipotizzata già da Fresnel nel 1818, che l’etere fosse parzialmente trasportato dai corpi
materiali. Questo esperimento sarà poi citato dallo stesso Einstein.
11 Si può aprire in questo senso un dibattito filosofico sul perché le leggi di Natura
siano predicibili da una teoria matematica basata su presupposti puramente razionali;
lo stesso Einstein dedicò a questo fatto profonde riflessioni, appunto filosofiche, basate
sul realismo, cioè sull’idea dell’esistenza della realtà indipendentemente da un osservatore, posizione che abbracciò totalmente per la Meccanica Quantistica di cui fu, suo
malgrado, uno dei fondatori.
12 Paul Dirac diceva che «per un’equazione è più importante essere bella che conciliarsi con l’esperimento».
13 Un’altra soluzione, non certo soddisfacente, era che il Principio di Relatività
valesse solo per la meccanica e non per l’elettromagnetismo.
14 Mach fu un esponente del “positivismo filosofico” dottrina per cui solo ciò che
è osservabile è reale.
16
teoria volle generalizzarla a tutti i Sistemi di Riferimento e non solo a
quelli Inerziali. La cosa sorprendente è che facendo questo, contemporaneamente, Einstein sviluppa la più originale e completa teoria che
abbiamo sulla gravitazione e porta a parziale compimento l’opera del
grande Isaac Newton15. Nella RG Einstein geometrizza la gravità ed
utilizzando una matematica raffinata, quella dell’analisi tensoriale16
della geometria differenziale delle ipersuperfici trovata da Bernhard
Riemann, trae conclusioni assolutamente rivoluzionarie. In tutto questo
stiamo tralasciando il grande contributo dello scienziato tedesco alla
Meccanica Quantistica (in seguito anche MQ) che non amò mai, ma
che “accettò” come teoria parziale della realtà atomica in attesa di una
teoria definitiva di tipo non probabilistico e che includesse anche la
gravitazione. Il “premio” inaspettato del lavoro relativistico è stato però
– come detto – quello di aver costruito ed ottenuto una vera e propria
teoria matematica del tempo (e dello spazio) basata su solidissime basi
fisico-matematiche. L’opera einsteiniana sottrae dunque il tempo ai soli
domini della filosofia e lo conduce nei territori “sicuri” della scienza
positiva, dirimendo questioni analitiche che duravano da millenni. La
“teoria del Tempo”, cioè la Relatività, porta a conclusioni incredibili a
prima vista ed addirittura neppure immaginabili dalla filosofia: il Tempo
non è “assoluto” come riteneva Newton17 e accettava Immanuel Kant,
ma è, appunto, relativo allo stato (di quiete o di moto) dell’osservatore e
dunque non esiste “di per sé”, ma solo in relazione a chi osserva le cose;
in qualche maniera il passato e il futuro sono “là fuori” e non sono già
trascorsi o devono ancora giungere, in un certo senso il mondo non diviene, ma è. Il futuro è tanto “là fuori” che il moto dell’osservatore a velocità prossime a quelle della luce permette di raggiungerelo e in certe
condizioni estreme anche il passato è raggiungibile muovendosi nello
spazio come è nell’universo di Gödel, ma come potrebbe anche essere
in presenza di distorsioni naturali nate durante il Big Bang. Queste con-
15
Il termine “parziale” è dovuto al fatto che una teoria finale della gravitazione
dovrà necessariamente includere i suoi aspetti quantistici.
16 Il tensore è una generalizzazione del concetto di vettore.
17 Newton I., Philosophiae Naturalis Principia Mathematica, Londra, 1987: «Assoluto, vero e matematico il tempo per sé e per la sua stessa natura fluisce ugualmente
senza relazione con l’esterno ed è chiamato in alternativa durata».
17
clusioni sono veramente difficili da accettare, ma sono assolutamente
scientifiche ed hanno già avuto numerose conferme sperimentali.
In questo libro dunque vogliamo parlare principalmente del Tempo
e di come la Relatività insieme alla Meccanica Quantistica (in riferimento all’entanglement temporale) ci permettano di manipolarlo aprendo scenari inusitati all’umanità del terzo millennio. Dunque l’“Effetto
Einstein” può essere identificato con la possibilità di fare viaggi nel
tempo, una possibilità riservata solo alla fantascienza fino a un secolo
fa. Questo libro è dedicato al Tempo, ai viaggi in esso e alla possibilità
di modificarlo analizzando i paradossi che si generano (viaggiando nel
passato). Questo libro è anche, e necessariamente, dedicato ad una delle più grandi opere in assoluto dell’ingegno umano: appunto la teoria
della Relatività sia Speciale che Generale ed al loro creatore, Albert
Einstein.
Anche il concetto di Spazio, oltre che quello di Tempo, uscì completamente stravolto dalla teoria della Relatività; infatti, esso perse il suo
carattere assoluto per divenire relativo allo stato dell’osservatore. Solo
il concetto di “spaziotempo” ha dunque cittadinanza nella fisica moderna. Due enti che erano stati concettualmente e praticamente separati nei
millenni precedenti si ritrovarono fusi insieme, miracolo questo compiuto in verità anche per altre grandezze fisiche come, ad esempio, la
massa e l’energia, la quantità di moto e la posizione, il campo elettrico
e quello magnetico. Dunque trattare del tempo significa trattare della
teoria della Relatività, ma questo non è in realtà completamente esaustivo; infatti, il cosiddetto “esperimento a scelta ritardata” di J.A. Wheeler
rientra invece nel territorio impervio della Meccanica Quantistica e
rappresenta un universo bizzarro in cui l’osservatore modella in continuazione la realtà con il solo atto di osservare i fotoni di stelle provenienti dal passato. Dunque le Relatività e la Meccanica Quantistica,
figlie inquiete del XX secolo, hanno cambiato completamente il nostro
approccio alla visione della Natura. Una, credo, interessante riflessione
storico-filosofica è che queste due teorie sono entrambe portatrici di
dubbi e mancanze di certezze; la Relatività è una sorta di “democrazia”
della fisica che ci dice, in grande generalizzazione, che le leggi della
fisica stessa devono essere uguali per tutti (i Sistemi di Riferimento
Inerziali e Accelerati) mentre la Meccanica Quantistica ci dice che possiamo conoscere la realtà solo per probabilità a causa del Principio di
18
indeterminazione di Heisenberg18. Tali dubbi ed incertezze hanno caratterizzato il complesso XX secolo anche (e soprattutto) dal punto di
vista filosofico. L’esistenzialismo ed alcuni relativismi etici ne sono il
portato più evidente, mettendo anche in luce la sostanziale connessione
tra il “clima filosofico” del periodo storico con le conseguenti scoperte
scientifiche.
18
Tale Principio fu introdotto dal Premio Nobel Werner Heisenberg (1901-1976),
uno dei fondatori della Meccanica Quantistica, nell’articolo Sul contenuto visualizzabile della cinematica e meccanica quantistiche teoriche, pubblicato sulla «Zeitschrift
für Physik», 1927.
19