Editoriale Carissimi, mercoledì 26 ottobre, Papa Francesco durante l’udienza in Piazza san Pietro ha raccontato: “Alcuni giorni fa, è successa una storia piccolina, di città. C’era un rifugiato che cercava una strada e una signora gli si avvicinò e gli disse: “Ma, lei cerca qualcosa?”. Era senza scarpe, quel rifugiato. E lui ha detto: “Io vorrei andare a San Pietro per entrare nella Porta Santa”. E la signora pensò: “Ma, non ha le scarpe, come farà a camminare?”. E chiama un taxi. Ma quel migrante, quel rifugiato puzzava e l’autista del taxi quasi non voleva che salisse, ma alla fine l’ha lasciato salire sul taxi. E la signora, accanto a lui, gli domandò un po’ della sua storia di rifugiato e di migrante, nel percorso del viaggio: dieci minuti per arrivare fino a qui. Quest’uomo raccontò la sua storia di dolore, di guerra, di fame e perché era fuggito dalla sua Patria per migrare qui. Quando sono arrivati, la signora apre la borsa per pagare il tassista e il tassista, che all’inizio non voleva che questo migrante salisse perché puzzava, ha detto alla signora: “No, signora, sono io che devo pagare lei perché lei mi ha fatto sentire una storia che mi ha cambiato il cuore”. Questa signora sapeva cosa era il dolore di un migrante, perché aveva il sangue armeno e conosceva la sofferenza del suo popolo. Quando noi facciamo una cosa del genere, all’inizio ci rifiutiamo perché ci dà un po’ di incomodità, “ma … puzza …”. Ma alla fine, la storia ci profuma l’anima e ci fa cambiare. Pensate a questa storia…” Sì, una storia che ti cambia il cuore! Davvero noi siamo parte di una storia che è stata cambiata radicalmente da una Storia: il Vangelo è la buona notizia, la buona storia che ha cambiato e cambia la storia. È fantastico pensare che la storia di una giovane coppia: Giuseppe, il falegname di Nazareth, Maria, la sua giovane promessa sposa, e la storia di un neonato, per il quale a Betlemme in quella notte “non c’era posto nell’albergo”, ha cambiato la storia dei pastori che vegliavano il gregge, dei Magi che arrivavano da lontano, di Erode e della sua corte chiusi nel loro palazzo freddo e dorato, ma anche la storia di generazioni per ben due millenni. È straordinario contemplare una storia semplice, normale, “piccolina” la chiamerebbe Papa Francesco, una storia di “periferia”, che ha cambiato e cambia l’anima di milioni di persone. È inquietante riascoltare la storia di Betlemme e domandarsi se quella storia riesce a profumare e cambiare la mia anima. Penso allora che sia importante per noi e per le nostre comunità domandarsi: Siamo capaci di ascoltare storie che possono cambiare l’anima? Spesso la nostra indifferenza, la nostra fretta, la nostra sordità ci impediscono di vedere e di ascoltare le storie che chi ci è vicino vorrebbe tanto raccontarci. Siamo capaci di raccontare storie che possono cambiare l’anima? L’ascolto dovrebbe far nascere in noi il coraggio e la volontà di raccontare le storie che incontriamo per donare ai nostri vicini e ai nostri amici la possibilità di cambiare. Siamo capaci di narrare, quasi di gridare la Storia che ci ha cambiati? Sì, la storia del Natale va raccontata, cantata, condivisa. Non può restare un piccolo nostro tesoro gelosamente custodito. È una storia che ci chiede di uscire per essere raccontata per strada, in piazza, in centro e in periferia, a tutti. Che bello se a Natale troveremo il tempo e lo spazio per raccontarci la Storia e tante storie per cambiarci e profumarci l’anima! Che festa se a Natale, come Maria nella grotta di Betlemme, saremo capaci di custodire e meditare nel nostro cuore storie “vere”! Che Natale se a Natale faremo un po’ di fatica a riconoscerci perché ormai cambiati e profumati di nuovo! Auguri di un Natale di buone storie! don Giovanni 2 RIVOLI Parrocchie nella Città Diaconato di Filippo La nostra comunità rivolese, domenica 9 ottobre, ha vissuto la bella esperienza della celebrazione di un’ordinazione diaconale. Certamente si è trattato di ricevere un ministero personale che tuttavia è anche un ministero profondamente ecclesiale e comunitario. Non c’è tale sacramento senza una comunità, giacché è finalizzato alla sua edificazione. Detto altrimenti esso è volto alla salvezza altrui, e la propria è ricompresa solo nella misura in cui realizza la prima. Il diaconato in particolare viene conferito col sacramento dell’Ordine, il quale consta di tre gradi: due che sono partecipativi del sacerdozio di Cristo (Episcopato e Presbiterato) e uno di servizio (Diaconato appunto). Tutti e tre i gradi dell’Ordine costituiscono un sacramento unitario che si realizza per essenza coll’imposizione delle mani da parte del Vescovo sul capo dell’ordinando e con la specifica preghiera consacratoria che domanda a Dio l’effusione dello Spirito Santo e l’elargizione dei doni specifici richiesti dal ministero. Storicamente il diaconato venne istituito per il servizio, giacché molto presto gli apostoli si accorsero di non poter attendere a tutte le necessità della comunità cristiana senza venire meno ai loro doveri di annuncio della Parola e di assiduo Spezzare il pane. Decisero, dunque, di imporre le mani ad alcuni uomini fidati al fine di essere da loro aiutati nel sostenere le esigenze della carità: in particolare in essi è impresso un segno che li configura in modo indelebile a Cristo servo di tutti, Cristo diacono di ogni uomo. Oltre alla carità incombe sui diaconi il compito di assistere il Vescovo e i Presbiteri nella celebrazione dei divini misteri, soprattutto dell’Eucaristia, distribuirla, assistere e benedire il matrimonio, proclamare il Vangelo e predicare, e ancora presiedere i funerali. Il diaconato, infine, può essere di due tipi: diaconato permanente, perché conferito in modo stabile anche a persone sposate; ed il diaconato transeunte, destinato a coloro che sono stati ammessi a proseguire il cammino verso il presbiterato. A questi ultimi è sempre richiesto che abbiano una specifica chiamata previa al celibato per il Regno dei cieli (Mt 19, 12). diacono Filippo Massarenti 3 L'Albero di Lutero Cinquecento anni saranno passati nel 2017 da quando Martin Lutero ha affisso le sue novantacinque tesi sulla porta della cattedrale di Wittenberg, dando inizio a quel movimento che sarebbe poi diventato la Riforma protestante. Un movimento che da allora ha portato alla nascita di varie denominazioni evangeliche e protestanti, ma che ha anche lasciato la sua impronta nelle culture e nelle società del nostro mondo. È questa storia, e la sua attualità per il nostro presente, che ha voluto ricordare la Chiesa Evangelica Battista con la celebrazione che si è svolta sabato 14 maggio presso il Parco Salvemini. La Chiesa Battista ha aderito ad una iniziativa della Federazione Mondiale Luterana per la celebrazione della Riforma, che prevede, entro il 2017, la creazione a Wittenberg di un parco con cinquecento alberi. E per ogni albero lì piantato, se ne mette a dimora uno in un'altra parte del mondo. A ispirare questa iniziativa sono state le parole di Martin Lutero: “Anche se sapessi che domani il mondo finisse, oggi pianterei ugualmente un albero di mele”. Nel pomeriggio del 14 maggio, perciò, la Chiesa Battista si è riunita presso il Parco Salvemini per mettere a dimora un albero - un ulivo - insieme agli amici della comunità e con la presenza del sindaco e di altri rappresentanti del Comune che ha dato il suo patrocinio all’evento. Proprio la presenza della città, e di amici appartenenti ad altre chiese cristiane, è stata importante per la comunità: crediamo infatti che ciò che nel 1517 ha avuto inizio come una rottura, una separazione, nel tempo sia diventato un’occasione di arricchimento per tutti, proprio per la diversità di vedute e di tradizioni. Diversità che però trovano il loro posto all’interno di un clima di amicizia e di dialogo con altri credenti e cittadini. Intorno all’albero, al Parco Salvemini si è svolta una piccola celebrazione con meditazioni, preghiere, canti, e saluti da parte del Comune e delle altre chiese – le Parrocchie di Rivoli, la Chiesa delle Assemblee di Dio di Rivoli e la Chiesa Luterana di Torino. Un saluto è anche giunto da Ravensburg e dalla Chiesa Luterana di quella città, gemellata con la nostra chiesa battista, attraverso la presenza del pastore Friedemann Manz. Insieme alla messa a dimora dell’albero è stata scoperta una targa che ricorda l’occasione della celebrazione, citando anche due versetti biblici che sono stati di fondamentale importanza per i primi riformatori: “Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù” (Romani 3:23-24) e “È per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è il dono di Dio. Non è in virtù di opere, affinché nessuno se ne vanti” (Efesini 2:8-9). Parole che ancora oggi sono di ispirazione per le chiese che affondano le loro radici nella Riforma, mentre vivono il presente e guardano verso il futuro. Helene Fontana Papa Francesco in Svezia chiede perdono per la scomunica a Martin Lutero: «Abbiamo sbagliato» Malmo “Sarà un viaggio molto importante per l'unità dei cristiani” ha detto il Papa in aereo, non appena partito per Lund, città chiave della realtà luterana, dove è andato per celebrare in modo congiunto i 500 anni dell'affissione sul duomo di Wittenberg delle 94 tesi di Martin Lutero. Una cerimonia commemorativa densa di elementi simbolici perché mai prima d'ora un pontefice aveva sdoganato la Riforma in modo tanto esplicito e intenso. “Lutero ha messo la Parola di Dio nelle mani del popolo”. “Anche noi dobbiamo guardare con amore e onestà al nostro passato e riconoscere l'errore e chiedere perdono. Dio solo è giudice”. E ancora. “Si deve riconoscere con la stessa onestà che la nostra divisione si allontanava dalla intuizione originaria del popolo di Dio, che aspira naturalmente a rimanere unito, ed è stata storicamente perpetrata da uomini di potere di questo mondo più che per volontà del popolo fedele”. Il viaggio di Francesco nelle terre del mondo luterano sembrano portare a compimento un lungo tragitto di ricerca comune. “Come cristiani saremo testimonianza credibile della misericordia, nella misura in cui il perdono, il rinnovamento e la riconciliazione saranno una esperienza quotidiana tra noi”. 4 RIVOLI Parrocchie nella Città Bevo per noia. Bevo per consolarmi. Bevo per non sentire la fame. Bevo per sopravvivere. Bevo per sballarmi. Bevo per vincere la paura. Bevo perché non posso più farne a meno. Campagna Gennaio 2017- Maggio 2018 STORIE DI ALCOL TRA EUROPA (ITALIA) E AFRICA (CONGO-KENYA-SWAZILAND) Due continenti accomunati da uno stesso “amore malato”: l’alcol. L’alcoldipendenza è un disturbo multidimensionale e sistemico; include fattori genetici e neurobiologici (vulnerabilità psicologica, effetto gratificante...), fattori psichici relazionali (carenze di personalità, situazioni emotive e relazionali negative, stress, disturbi psichiatrici o di personalità) e fattori sociali, culturali e ambientali (disponibilità, gruppo sociale di riferimento incentivante, difficoltà sociali e condizioni conflittuali interpersonali e familiari). Può colpire trasversalmente qualsiasi fascia di età, ma per i giovani può rappresentare l‘inizio di un degrado spesso senza fine. Noi vogliamo impegnarci in favore di una cultura per la vita, libera dalla dipendenza. Presentiamo storie di uomini, donne e ragazzi vittime dell‘alcol, altri delle droghe, altri che invece raccontano di come sono riusciti ad emanciparsi dalla dipendenza. Alcuni sono africani. Altri italiani. Come cittadini del mondo lanciamo una sfida per sostituire a quei vuoti un Pieno: segno di una chiara rivoluzione delle coscienze. Perché insieme si può, con coraggio e ostinazione: nel ricco Nord e nel profondo disperato Sud. In Italia come in RDCongo, Swaziland e Kenya, con particolare attenzione ai giovani. Da Roma Papa Francesco così esorta i giovani: "Giovani, siate artigiani del vostro futuro!!! Perché? Perché dentro di voi avete voglia di bellezza, siete profeti di bontà e cercate la verità. Ci saranno sempre persone che vorranno bloccare la vostra strada, voi andate controcorrente, andate per la vostra strada, rifiutate alcol e droga, questo significa fare rumore. Con i valori della bellezza, della verità e della bontà“ (28 agosto 2013). E, quale testimone del nostro tempo, così si rivolge alle Nazioni Unite a Nairobi: "Da tempo siamo testimoni di un rapido processo di urbanizzazione, che purtroppo porta spesso a una smisurata e disordinata crescita di molte città che sono diventate invivibili e inefficienti. E sono luoghi dove si diffondono preoccupanti sintomi di una tragica rottura dei legami di integrazione e di comunione sociale, che porta all‘aumento della violenza e il sorgere di nuove forme di aggressività sociale, il narcotraffico e il consumo crescente di droghe fra i più giovani, la perdita di identità, lo sradicamento e l‘anonimato sociale“ (Papa Francesco, 26 novembre 2015). Di fronte a tali sfide i missionari della Consolata sentono il dovere di unirsi alla Chiesa locale in RDCongo, Swaziland e Kenya e a tutte le forze disponibili per seminare una nuova cultura di coraggio, solidarietà, e pace, in modo particolare fra i giovani, aiutandoli a liberarsi dalle nuove schiavitù quali l‘alcolismo e le droghe di ogni tipo. L‘Associazione Impegnarsi Serve Onlus - OdVfa suo questo impegno promuovendo una serie di attività di sensibilizzazione, formazione e solidarietà in Italia, Congo, Kenya e Swaziland. 5 Il consumo di alcol in Italia L’alcol è comunemente presente nelle case e sulle tavole degli italiani. Se però consultiamo i dati nazionali dell’Osservatorio Permanente Giovani e Alcol troviamo che il 28,7% dei giovani si è ubriacato già almeno una volta nella fascia di età compresa fra 13 e 24 anni. Nelle città metropolitane la percentuale sale e il punto di riferimento di questo tipo di esperienza è il gruppo. Le motivazioni addotte dai giovani al bere alcolici sono: per divertirsi, per adeguarsi al gruppo, per darsi delle arie, per dimenticare i problemi, per sballare o per trasgredire... I Pronto Soccorso degli ospedali soprattutto delle grandi città accolgono ogni weekend ragazzi sotto i 18 anni ubriachi, spesso in stato di coma etilico. Se la fascia più a rischio è quella tra i 16 e i 17 anni, sono fortemente coinvolti anche i più piccoli e i più grandi. Alcuni poi col tempo diventano alcoldipendenti. La dipendenza da alcol è una patologia cronica, ad andamento progressivo, con tendenza alla recidiva (ossia alla ricaduta alcolica dopo un periodo più o meno lungo di astinenza). Non necessariamente il soggetto dipendente beve tutti i giorni o assume grandi quantità di bevande alcoliche; ciò che contraddistingue l’alcoldipendenza è la perdita definitiva del controllo del proprio bere. Secondo la Relazione al Parlamento su alcol e problemi di alcol (2015) il binge drinking interessa il 21% dei giovani tra i 18 e i 24 anni e il 7,6% degli undicenni: consiste nel bere alcolici di diverso tipo (oltre sei bicchieri) in un arco ristretto di tempo, in modo consecutivo. Le percentuali di binge drinker, più maschi che femmine, aumentano nell’adolescenza (mettendo in luce un mancato rispetto del divieto di vendita di alcolici ai minorenni: sono ben 790mila i binge drinker sotto i 25 anni di età) e raggiungono i valori massimi tra i 18-24enni, per poi diminuire e raggiungere valori minimi nell’età anziana. L’assunzione di alcol in quantità eccessive e prolungate espone a seri danni per la salute che sono, nel migliore dei casi, vuoti di memoria, cefalee, nausea, vomito, fino a seri e irreversibili danni a cervello, fegato e pancreas per giungere al coma etilico. Ci sono rischi sia nell’immediato sia sul lungo periodo, con danni cronici per la salute non solo fisica, ma anche psichica e relazionale, con conseguenze che talora espongono il soggetto anche a problemi legali (risse, guida in stato di ebbrezza...). Il consumo di alcol in Africa Congo Uno dei Paesi più ricchi al mondo di cobalto, diamanti e risorse naturali, ma col PIL più basso in assoluto ed un reddito pro-capite annuale di circa 270 dollari, meno di uno al giorno. Mangiare non è scontato ed in media si muore a 48 anni. Questa drammatica incertezza devasta l’equilibrio delle persone. La precarietà di massa, il rassegnato fatalismo e il pessimismo, tolgono ogni speranza in una possibilità di riscatto. Ecco allora il rifugiarsi in soluzioni provvisorie quali lo sniffare la colla, bere alcol di qualsiasi tipo e soprattutto gli alcoolici locali. Swaziland stato dell’Africa del Sud tra i più piccoli del continente con circa il 40% della forza lavoro impiegata nel settore primario. L’agricoltura contribuisce però solo per il 12% alla formazione del PIL nazionale a causa della prevalente gestione delle terre secondo i costumi tribali, il che le rende scarsamente produttive. In tale contesto sociale di estrema povertà, l’alcol costituisce un grave problema, che lo stato tenta di affrontare in diversi modi. Tra questi colpisce la pubblicazione giornaliera dei nomi di coloro che sono stati fermati dalla polizia per “drinking and driving”. Gli effetti devastanti dell’alcol colpiscono l’intera società, in particolar modo giovani e famiglie. Kenya Per comprendere la drammatica situazione del problema alcol in Kenya riportiamo quanto scritto su Africa Rivista 2015, Fonte BBC: “Le autorità del Kenya hanno iniziato una quattro-giorni di guerra totale all’alcol prodotto. La drastica iniziativa segue una recente ondata di decessi. Gli alcolici prodotti a livello casalingo sono molto popolari nel Kenya centrale, dove molte persone non possono permettersi di acquistare liquori nei negozi. Il presidente Uhuru Kenyatta ha dichiarato che molti uomini nella zona sono «dipendenti» da quello che viene chiamato «alcol assassino» che uccide per l’alto grado di metanolo. Il Governo ha revocato tutte le licenze di produzione artigianale. L’operazione è iniziata nella Kiambu County, dove la birra fatta in casa ha letteralmente distrutto alcune famiglie”. Eventi ipotizzati Convegno internazionale a Milano e a Torino Progetto educativo interculturale per scuole secondarie in Italia Eventi teatro-live in città italiane Ricerca e studio del problema dell’alcolismo in RDCongo, Kenya e Swaziland Progetti di solidarietà in RDCongo, Kenya e Swaziland 6 RIVOLI Parrocchie nella Città ACCOGLIERE, UNO STILE DI VITA L’esperienza del Mantello di San Martino, al di là dei numeri, dell’impegno quotidiano dei volontari, delle persone e famiglie accolte, rende testimonianza di due aspetti. Da un lato la scoperta, giorno dopo giorno, che la parola accoglienza ha tante facce, diverse ma tutte meritevoli di ricevere attenzione, fiducia ed un sorriso. La faccia di una persona che ha perso il lavoro, la casa, la famiglia e, molte volte, la voglia di lottare. La faccia della famiglia che, per la maggior parte dei casi in modo incolpevole, si ritrova senza la casa e, quindi, del punto di riferimento della propria vita e dei propri sentimenti. La faccia della donna che deve fuggire da una situazione familiare difficile, a volte violenta e deve quasi nascondersi, assieme ai suoi figli. La faccia, infine, simpatica e sorridente, ma con un retroterra di difficoltà dei profughi fuggiti dalla loro terra per guerra, fame e disperazione. Dall’altro lato la consapevolezza che ogni giorno bisogna essere pronti a dare le risposte nuove e che l’impegno sembra non essere sufficiente. In questi tre anni di attività il Mantello ha saputo e dovuto cambiare pelle ed adattarsi per dare risposte pronte ed efficaci alle esigenze che di volta in volta venivano a presentarsi: Il dormitorio che, fin dall’inizio, ha accolto e accoglie persone che hanno perso tutto e che nell’accoglienza notturna trovano conforto e, in molti casi, la forza di ripartire. I quattro alloggi di emergenza abitativa che accolgono famiglie che, per un periodo di 12 – 18 mesi, attendono l’assegnazione di un alloggio più definitivo. Casa Sagum che accoglie donne in una situazione più protetta. Casa MIA che sta aiutando i ragazzi profughi a inse- rirsi nella realtà italiana. L’esperienza di questi tre anni ha portato a cogliere un’ulteriore necessità: accompagnare le persone, in particolare quelle che sono accolte nel dormitorio, a recuperare il senso dell’autonomia e ripartire per una vita indipendente. Sta nascendo, così, l’esperienza del social housing in cui 2 o 3 persone, che hanno ritrovato un lavoro, condividono un piccolo alloggio, contribuiscono alle spese e progettano un futuro indipendente. In quest’ottica va inserito l’impegno che i volontari del Mantello hanno assunto con il Comune di Rivoli e il Consorzio dei Servizi Sociali (CISA) per la gestione della struttura di Casa Capello. Questa struttura è stata recuperata ad iniziative di social housing ma anche di accoglienza di famiglie in emergenza abitativa, un problema molto rilevante per la nostra Città. A fronte di questi impegni potrebbe sembrare che la Mantello di San Martino necessità di risorse economiche sia il problema principale. Fortunatamente, grazie al contributo di molti generosi benefattori e ad un’oculata amministrazione, la struttura riesce a mantenersi anche se ogni offerta è gradita e gestita per le finalità dell’accoglienza. La risorsa più importante è quella dei volontari. Attualmente circa una trentina di persone ruotano intorno al progetto. Ma ogni nuova collaborazione è ben accetta e l’impegno richiesto non è gravoso. Si tratta di dedicare due ore del proprio tempo al mese (o più, qualora vi sia la disponibilità) per accogliere gli ospiti alla sera o per provvedere alla chiusura del dormitorio al mattino con le relative pulizie. Un piccolo impegno che può aiutare concretamente ed essere una risposta reale a tante demagogie che ci circondano quando parliamo di accoglienza. Alessandro Molinario Se volete essere dei nostri, ci potete trovare tutte le sere al Mantello, piazza San Martino 3 e potete contattarci telefonando al 3409481125 Cortile interno di Casa Capello 7 Casa Capello: da oltre 2 secoli accoglie Una porta aperta apre un nuovo centro di accoglienza diurno “Quando l’azienda dove lavoravo ha chiuso e sono rimasto senza stipendio, sono stato messo fuori casa, con cambio di serrature e mi sono trovato solo, travolto dalla tossicodipendenza. Cercavo una macchina aperta e dormivo lì al caldo, oppure un portone aperto, salivo fino all’ultimo piano e dormivo sul pianerottolo. Lunghi anni…,” Il frammento di una storia. Simile a tante altre storie. Vite che si disegnano molto lontane da qualsiasi sogno o desiderio, nel disagio e nell’esclusione, a margine delle nostre strade, sfiorate dai nostri occhi. Vite che non sono vite, ma sopravvivenze. E se questa appare una realtà estrema, molte altre esistenze, sempre più numerose, sono segnate da marginalità, disagio economico e sociale insostenibile, da disperazione. Anche accanto a noi, anche nelle strade della nostra città. A Rivoli esistono realtà concrete e importanti che si occupano di accogliere e confortare chi si trova in condizioni di grave fatica, ascoltando, permettendo di dormire al caldo, di mangiare, di essere vestiti e assistiti. Da pochissime settimane una nuova iniziativa sta prendendo vita in città, frutto del desiderio e dell’impegno di un gruppo di cittadini, quasi tutti rivolesi, provenienti da diverse esperienze associative e non, che hanno riconosciuto la necessità di creare una struttura che accolga, per qualche ora al giorno, le persone in disagio personale, senza riferimenti o che si trovano per strada. È nata così, il 17 ottobre scorso, “Una porta aperta”, associazione che gestirà un punto di incontro diurno, aperto, inizialmente, al mattino e un 8 pomeriggio alla settimana. Il desiderio dei volontari è quello di accogliere in modo amichevole chi è in difficoltà, creando occasioni per relazioni personali positive e sostegno nel provare a migliorare la propria condizione di disagio o sofferenza. Ciò potrebbe avvenire anche attraverso gesti semplici: leggendo un libro o un giornale al caldo, giocando a carte, imparando a usare un computer o riavvicinandosi, insieme ad altri, ad attività che si provava piacere a fare; oppure provando a riprendere in mano qualche elemento della propria esistenza, sentendosi sostenuti, in una vicinanza non giudicante, in questo sforzo. Il contributo dell’associazione si realizzerà in collaborazione e sinergia con tutte le altre realtà che sul territorio si occupano di disagio e marginalità sociale, riconoscendo la forza e la ricchezza di essere una rete a maglie strette sul territorio. L’associazione nasce in rapporto continuo e stretto con l’associazione Opportunanda di Torino, che da più di vent’anni si impegna nel sostegno, reinserimento, solidarietà e amicizia di persone che vivono un grave disagio sociale e in situazione di completa esclusione sociale, in particolare “senza dimora”. “Una porta aperta” è in attesa dell’assegnazione di una sede in Rivoli: l’amministrazione comunale ha assicurato tutto l’impegno per sveltire il più possibile i passaggi necessari per tale assegnazione, condividendo l’urgenza della struttura di accoglienza, anche in vista dell’imminente inverno. I volontari di “Una porta aperta” RIVOLI 50 anni di impegno Parrocchie nella Città LA VITTORIA PIÙ IMPORTANTE Storia di William, ragazzo affetto dalla “Sindrome dell’X fragile" La sindrome dell'X fragile (o sindrome di Martin-Bell o FRAX) è una malattia genetica umana causata dalla mutazione del gene FMR1 sul cromosoma X, mutazione presente in un maschio su 4000 e in una femmina su 6000. Ci scrive un papà….. Caro San Martino, sono qui a guardare William che si sta allenando con la squadra e mi è venuto in mente quando circa 6 anni fa cercavo una squadra perché mio figlio mi aveva detto per la prima volta di voler giocare a calcio. Le squadre interpellate avevano espresso le difficoltà ad avere in squadra un ragazzino "speciale". Probabilmente erano squadre con giocatori fuoriclasse, che a 12 anni giocavano in Champions League... Così una sera mi misi sul computer e cercai squadre legate al CSI (Centro Sportivo Italiano) nei pressi di Collegno. Mi spuntò come primo nome proprio il vostro. Andai sul sito e scoprii che l'arancione era il colore sociale predominante, nonché il colore preferito di mio figlio. Così, senza cercare altro, scrissi una lunga mail. La risposta si fece attendere pochi giorni. Fui invitato a presentarmi in sede qualche giorno più tardi. Fui stupito nel trovare gli allenatori di tutte le categorie, pronti ad ascoltare la storia di William e il suo desiderio di far parte di una squadra. Parlai poi con i ragazzi dell'Under 12, la settimana successiva. Costruimmo un progetto con una persona che lo affiancasse per i primi tempi. Nessuno era certo che William potesse farcela a stare in una squadra con le sue regole. Grazie a chi rispose a quella mail, agli allenatori che si sono susseguiti, ai compagni di squadra, oggi William è in prima squadra, portando da due anni con orgoglio la fascia da capitano (anche durante gli allenamenti!). Qui si sente a casa, qui si sente felice. Grazie San Martino! Gianni Caro Gianni, le tue parole ci hanno fatto emozionare, colpiti nel profondo, siamo orgogliosi di aver fatto (e fare) parte di questo progetto che coinvolge William ed il San Martino. Pensiamo che ciò che è accaduto e sta accadendo ha del prodigioso e non può che renderci felici, motivandoci ulteriormente; come in tutte le cose è possibile fare meglio, e noi ci impegneremo in questo senso, felici di aver contribuito a portare un po’ di felicità a William e, se possibile, anche a voi sua famiglia. L’U.S. SAN MARTINO tutta. 9 San Bernardo e Santa Maria della Stella da 45 anni al servizio della città San Bernardo: una comunità in cammino ... 45 anni fa, il nostro quartiere, chiamato “regione San Bernardo”, era molto diverso da oggi… poche case, poche strade (la tangenziale ancora in costruzione!)… se si voleva andare a Messa bisognava andare alla Stella, a Borgo Nuovo o ai Servi di Maria (l’attuale Villa Elena); allora l’Arciprete Don Foco decise, con la Diocesi, di costruire la nostra chiesa. In realtà noi che c’eravamo possiamo dire che sia passato qualche anno in più, perché nel fabbricato all’inizio c’era anche la scuola materna… ma nel sottochiesa Don Ezio di Brione veniva a dire la Messa domenicale, se non pioveva troppo perché le fogne non funzionavano e si allagava tutto… una ventina di centimetri d’acqua… ci potevamo mettere le rane!!! Finalmente nel 1971 la consacrazione della Chiesa da parte del Cardinale Pellegrino e l’entrata del nostro primo parroco, Don Piergiorgio Coccolo. Con grande semplicità ed entusiasmo e la sua immancabile bicicletta, cominciò a creare la nostra comunità, organizzando gite, pellegrinaggi, fondando i primi gruppi per attrare persone: il gruppo dei giocatori di bocce, poi il coro delle “voci bianche”… tanti bambini guidati dalla “grande amante della musica” la compianta Signora Ivonne Garbellini. Il coro allietava la Santa Messa e intanto i genitori venivano coinvolti… venne formato il primo gruppo famiglia, dalla cui crescita nacque la vocazione dei nostri diaconi “Lucio e Clemente e poi Renzo”. L’anziano Canonico Don Baietto collaborava con Don Pier, assistito da Sorella Ida. Tanti personaggi ritornano alla mente, sono state le colonne della nostra chiesa… e poi ci sono le persone instancabili e sempre disponibili ancora oggi, a cui negli anni si sono aggiunti molti altri, tutti in cammino e pronti a far crescere la nostra comunità. 10 Dopo varie presenze di suore e preti missionari, in parrocchia arrivò quello che poi è diventato Padre Renzo, missionario della Consolata, che trascinò il nostro gruppo di giovani in bellissime esperienze spensierate ma anche formative a livello di animazione, partenza per i successivi gruppi giovani. Nell’agosto 1979, purtroppo la triste morte di Don Pier sul Rocciamelone, con conseguente periodo di tristezza della parrocchia… siamo stati assistiti da Don Reviglio, fino all’arrivo di Don Giovanni Oddenino. Il nuovo Don, persona molto semplice e dinamica, puntò molto sull’aggregazione sportiva, fondando la polisportiva ESSEBI (San Bernardo naturalmente) in cui si giocava a calcio, pallavolo, basket e attività di oratorio ed il gruppo GRESB, basato sull’attività volontaria di alcuni genitori portava i giovani a sciare d’inverno e a camminare d’estate; iniziarono i campi estivi ed importanti ritiri al Fortino di Santa Chiara. Tante persone nel frantempo hanno dato una mano alla Parrocchia: sorella Elide, i vari preti della Consolata (P. Alessandria, P. Giulio, P. Paviolo, P. Francois e i vari “consolatini” che studiavano per diventare missionari). Importanti sono state le presenze di Don Giuseppe Locatelli (che ha seguito per anni il gruppo giovani) e di Don Luciano, entrambi “giuseppini”. Anche i “Salesiani” hanno sempre aiutato nella celebrazione delle Messe, con presenze costanti e importanti come Don Bartolino, i chierici Marian e Peter che hanno collaborato con Don Tonino nell’oratorio. Nel 2000 grazie a Don Giovanni, nasce il gruppo Scout Rivoli 4, che da allora si occupa dei bimbi e dei ragazzi offrendo a loro avventure nella natura, educando all’amore per la creazione. RIVOLI Dopo 14 anni, il Vescovo ha deciso che Don Giovanni doveva cambiare, ed è stato sostituito da Don Tonino… dopo la calma, un vulcano di persona che con il suo carattere entusiasta e determinato (a volte anche un po’ “irascibile” ) ha rivoluzionato il tutto…. A partire dalla chiesa che con l’affresco, le stazioni della Via Crucis e le finestre con i mosaici ha decisamente cambiato faccia, per non parlare del salone! Ma anche e soprattutto puntando sui gruppi, sulla preparazione liturgica della Messa che ha lasciato il segno in tutti noi… insistendo sulla collaborazione instancabile delle catechiste, dei lettori, delle mamme super attive, cercando di attirare in tutti modi le famiglie, di cuochi eccellenti, di anziani impegnati e attivi, dell’attività della San Vincenzo... E ora siamo ai nostri giorni… Don Mauro e Don Paolo danno una mano al nostro parroco Don Andrea Zani, giovane tra i giovani che con la sua energia ci sta rivitalizzando e rimovimentando la parrocchia... vive le Messe con passione ed entusiasmo trascinando tutta la comunità, che con i suoi pregi e i suoi difetti continua a camminare verso il Signore… speriamo per tanti altri anni! Parrocchie nella Città Una nuova esperienza è iniziata, la creazione dell’Unità Pastorale, le quattro parrocchie della città collaborano attivamente nella Pastorale. La nostra Comunità dopo 45 anni, continua con entusiasmo il suo cammino, attraverso l’annuncio della parola, il servizio ai bambini, agli adulti, agli anziani, ai bisognosi ... la celebrazione della liturgia, la Messa comunitaria, condividendolo con le altre comunità il cammino sui passi di Gesù ... Carlo e Ida 11 45 anni: radici profonde e nuova linfa per crescere Nel 1971 il cardinale Michele Pellegrino consacrava la chiesa di San Bernardo in un quartiere profondamente diverso da quello attuale: iniziava il cammino della nostra comunità, che con la guida di parroci dalla personalità e dai carismi profondamente diversi, è cresciuta nella comunione e continua ad interrogarsi su come testimoniare la propria fede e accogliere chi si avvicina alla parrocchia. L’entusiasmo e le energie spese dal primo parroco, don Piergiorgio Coccolo, per avviare la parrocchia, l’esempio di semplicità di don Giovanni Oddenino, attento a coinvolgere giovani e adulti attraverso l’aggregazione e lo sport e l’avvio dei gruppi famiglia, le ventate di novità a volte travolgenti di don Tonino, il coinvolgimento dei giovani di tutte le comunità parrocchiali rivolesi con proposte e nuove attività da parte di don Andrea, ma anche la collaborazione di tanti religiosi, hanno sollecitato nuove esperienze nella comunità e tracciato segni per un cammino che va sempre ripensato. La scelta del diaconato di Lucio, Clemente e Renzo, presenza discreta e continuativa, la prossimamente ordinazione di Pino, la testimonianza silenziosa di persone che hanno servito e servono in modo diverso la parrocchia, sono frutto ed espressione di una comunità che è cresciuta nella fede, nell’attenzione verso i poveri, nella ricerca di linguaggi e forme nuove di annuncio anche per chi non frequenta abitualmente la parrocchia. Festeggiare i quarantacinque anni ha significato ricordare il cammino percorso e riconoscere quanto si è ricevuto da chi, con sensibilità diverse, ha contribuito a plasmare la vita della parrocchia; ma è stata soprattutto un’occasione per riflettere sul senso di quanto si sta facendo e su come continuare questo cammino comunicando ad altri la bellezza e la ricchezza di una scelta che cambia la vita. In quest’ottica, il Consiglio Pastorale ha dedicato ampio spazio alla conoscenza dei diversi gruppi, delle finalità e modalità di lavoro, delle difficoltà e delle fatiche per coinvolgere altre persone; questo confronto ha favorito una maggiore condivisione e ha portato alla scelta di presentare i diversi gruppi durante le messe domenicali o in occasioni particolari. Ci si è interrogati sul tema dell’accoglienza e su come coinvolgere nella vita comunitaria altre persone; un interrogativo che sollecita tutta la comunità a chiedersi cosa significa essere cristiani oggi e come si possa trasmettere speranza a donne e uomini che faticano a dare un senso alla vita, a superare l’individualismo e la superficialità; camminare insieme nella comunità, costruire percorsi comuni con le altre parrocchie, testimoniano anche ai non credenti la possibi12 lità di costruire una società migliore cercando insieme il bene comune. Accoglienza, comunione, preghiera, gioia, sono le parole chiave dei diversi momenti organizzati per festeggiare questi quarantacinque anni. L’iscrizione ai catechismi e al sabato Sambe con giochi e il coinvolgimento delle famiglie, gli incontri di preparazione con genitori e padrini dei cresimandi, le prime comunioni dei lupetti e le cresime sono stati momenti importanti di accoglienza e comunione; il concerto del Coro San Bernardo come la Commedia del Gruppo Teatro, il pranzo comunitario preceduto dall’aperitivo per tutti dopo la messa solenne del 2 ottobre hanno trasmesso quel clima di gioia e fraternità cresciuto negli anni. I momenti di riflessione e preghiera sono stati importanti per fermarci e accogliere stimoli a vivere con maggiore coerenza la fede nella quotidianità. La liturgia penitenziale, la lettura meditata della Parola di Dio sotto la guida di don Andrea, che ci ha stimolato a ripensare come viviamo la comunità e nella comunità, sono stati occasione preziosa per porci in ascolto della Parola: con umiltà, riconoscimento delle nostre fragilità e della responsabilità che ciascuno ha verso la comunità. Due incontri hanno permesso di riflettere sulla preghiera e sulla santità testimoniata nel proprio tempo. “Preghiera: azione di Dio, esperienza dell’uomo” è stato il tema affrontato da don Paolo Scquizzato, sacerdote del Cottolengo. Un intervento che ci ha costretto a ripensare al nostro modo di pregare, alla necessità di fare silenzio, di accogliere la luce che è in noi e in ogni uomo, anche non cristiano. Pregare è fermarci, lasciare spazio alla Parola di Dio facendo tacere le nostre parole; è rivedere la nostra vita alla luce del Vangelo, piuttosto che chiedere piccoli o gran- RIVOLI di miracoli che cambino la vita; è lasciare spazio alla preghiera comunitaria e non rifugiarsi in un colloquio personale con Dio, ripiegati sui nostri bisogni, incapaci di sentire la Sua presenza. La preghiera non facilita la vita, trasforma il modo di affrontarla se lasciamo che Dio ci parli nel silenzio. Gli altri riconosceranno se saremo donne e uomini di preghiera dalla nostra vita, dall’onestà, dalla serietà, dall’impegno generoso nella famiglia, nel lavoro, nella comunità. Il salesiano don Cristian Besso ci ha aiutato a conoscere meglio il santo a cui è dedicata la nostra parrocchia: “San Bernardo, spiritualità e impegno: cosa può ancora annunciare alla Chiesa del nostro tempo”. Uomo del suo tempo, innamorato di Dio e degli uomini, politico e letterato, mistico infaticabile nell’azione, ci insegna a riscoprire che l’amore di Dio precede ogni altra realtà, che la preghiera, l’umiltà, l’essenzialità, debbono animare il nostro impegno per la Chiesa e per ogni uomo. Parrocchie nella Città San Bernardo ha ancora molto da insegnarci: • La grandezza di un Dio che ci ama prima di ogni nostra scelta, oltre ogni nostra debolezza e fragilità. • L’importanza del silenzio interiore, dell’ascolto della Parola, della preghiera costante. • La curiosità, la conoscenza, il confronto con il mondo in cui viviamo e l’impegno per migliorarlo. San Bernardo ha vissuto pienamente la sua umanità, coniugando preghiera e azione: anche noi non dobbiamo temere di sporcarci le mani nella società e nella politica. Anche a noi è chiesto di sentirci responsabili della Chiesa e della comunità, di riscoprire l’amore di Dio incarnato, di alimentare nell’incontro con il Signore e nella riflessione sulla Scrittura l’amore per i fratelli. Tre settimane di vita comunitaria intensa, di gioia e riconoscenza per quanto abbiamo ricevuto, di stimolo a continuare nel cammino di fraternità e aiuto reciproco cercando di trovare nuova linfa per la nostra piccola comunità di San Bernardo. Nicoletta Viglione 13 Santa Maria della Stella “Perché la famiglia diventi più Chiesa, la Chiesa diventi più famiglia” 14 RIVOLI Parrocchie nella Città 15 Festa di San Martino 16 La città sul monte È uscita la lettera pastorale del nostro Arcivescovo, dal titolo «La città sul monte». Con stile agile e operativo, essa presenta alcune proposte per accompagnare l’appropriazione della Evangelii Gaudium, che a Firenze papa Francesco ha consegnato alle chiese che sono in Italia come vera e propria guida per un progetto pastorale diocesano e comunitario. La recezione a livello diocesano delle indicazioni di papa Francesco e del Convegno ecclesiale di Firenze deve tener conto del particolare momento storico che la nostra Chiesa è chiamata a vivere, nel quale si rende urgente un riassetto complessivo della diocesi. In questa operazione, la lettera invita a porre particolare attenzione a tre soggetti della pastorale: la famiglia, le giovani generazioni, i poveri. Il tema liturgico apparentemente è assente, ma in realtà attraversa il cammino di questi soggetti, chiamati a vivere le cinque vie di evangelizzazione e umanizzazione proposte a Firenze: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. La liturgia è coinvolta in modo particolare nella quinta via, dedicata al «trasfigurare». La scheda numero 5 della Lettera offre al proposito interessanti spunti di riflessione, che riconoscono nella trasformazione del cristiano a immagine di Cristo la sintesi e la meta del cammino. In un tempo di attivismo pastorale, afferma la lettera, «è necessario riportare al centro della vita personale, familiare e comunitaria il primato di Dio e della preghiera, altrimenti si perde l’anima del proprio vissuto spirituale e umano» (57). Trasfigurare è accedere alla verità del mistero di Cristo, come i tre discepoli sul Tabor, nella consapevolezza che «solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo» (Gaudium et Spes, 22). In linea con Evangelii Gaudium, la trasfigurazione non può essere ridotta alla sola esperienza liturgica: anche nel volto del fratello, che pure si presenta con le vesti stracciate, è possibile contemplare il volto di Cristo trasfigurato. Parrocchie nella Città La lettera pastorale del Vescovo Cesare RIVOLI don Paolo Tomatis 17 La lettera pastorale del Vescovo Cesare La città sul monte La lettera pastorale del vescovo Cesare per il 2016 è frutto di un lavoro collegiale (delle Assemblee diocesane e delle consultazioni parrocchiali, ma anche delle visite pastorali alle parrocchie) che vuole delineare il programma pastorale per la diocesi, ma anche indicare un metodo, quello sinodale, necessario per affrontare la difficile evangelizzazione in un contesto decisamente cambiato e in continua evoluzione. Il metodo sinodale Lo stile con cui l'arcivescovo è giunto alla stesura di questa lettera lo propone alla diocesi come strumento indispensabile per convertirci ad uno stile di essere Chiesa, secondo le indicazioni di papa Francesco, per sentirci e diventare tutti consapevoli e corresponsabili nell'impegno di evangelizzare, cioè di portare la "Gioia dell'Evangelo" agli estremi confini della terra. E questa mentalità di vivere la Chiesa diventa il criterio che deve guidare il riassetto della diocesi, la riduzione delle parrocchie, il nuovo impegno missionario verso le "periferie". Riferimenti essenziali Riprendendo l'invito del Papa a Firenze il vescovo ricorda la necessità di un approfondimento serio della Evangelii Gaudium per fare di questo documento un impegno pastorale della comunità diocesana. E in questo senso richiama nel corso del documento i passi essenziali dell'enciclica programmatica, dedicata alla nuova evangelizzazione, all'impegno missionario di tutta la Chiesa e di ogni cristiano in questo mondo globalizzato. E riferimento non meno importante viene indicato il documento conclusivo dello stesso Convegno che indica alcuni punti programmatici indispensabili alla Chiesa per questa fase delle nuova evangelizzazione. Cinque vie Uscire Ormai l'espressione Chiesa in uscita è diventata uno slogan ripetuto su cui il papa sta insistendo per indicare l'impegno missionario di tutti i battezzati. Non più una parrocchia che si organizza nell'attesa dei fedeli, ma una comunità che si rende testimone della sua fede nei diversi ambiti della sua vita. Rimane la centralità dell'Eucarestia, ma siamo chiamati, tutti, a diventare portatori del vangelo nella vita quotidiana, negli ambienti più diversi, oltre le rassicuranti mura che delimitano i fedeli e i credenti. Annunciare Andate a fare discepoli in tutto il mondo: questo è l'impegno che coinvolge tutto il popolo di Dio in cammino. Annunciare la gioia del vangelo, soprattutto la misericordia di Dio rivolta a tutti, per rendere 18 presente la salvezza come proposta a tutti, con grande rispetto e amore. La Chiesa, luogo della misericordia, deve rendere visibile questo amore che accoglie, che incoraggia e che perdona perché significa la vita buona proposta da Gesù nel vangelo. Abitare La chiesa – tutta la comunità – è impegnata a testimoniare la gioia del vangelo anche nella realtà sociale: sia nel contesto della natura, sia nei rapporti degli esseri umani. Abitare la madre terra per renderla conforme al disegno voluto da Dio nella creazione. Abitare le relazioni degli uomini, nell'impegno sociale e politico, abitare soprattutto i poveri e i sofferenti, con gli stessi sentimenti che aveva Gesù. Acquisire l'arte dell'accompagnamento per imparare il ritmo salutare della prossimità, a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell'altro. Educare Nel senso etimologico del termine condurre la propria fede alla testimonianza viva e attualizzata. In primo luogo educare gli adulti che siano formati per un ruolo cosciente e responsabile nei confronti dei più giovani e dei diversi settori formativi: famiglia, genitori, religiosi, insegnanti… Educare in comunità, per vivere coerentemente la propria fede come dono ricevuto e soprattutto impegno a trasmetterlo alle nuove generazioni. Ed educare in rete per vivere la propria fede con lo sguardo attento "fuori" delle nostre comunità, anche per "fare rete" con tutte le istituzioni educative del territorio. Trasfigurare Soprattutto di fronte al prevalere dell'attivismo è necessario ritrovare il senso di Dio e della preghiera. Come Gesù ritrovava la quiete interiore e la spinta ad aprirsi a tutti nell'incontro con il Padre siamo chiamati a ritrovare il tempo per Dio come essenziale per l'essere cristiani, per trasfigurare la nostra vita, per renderla testimonianza visibile e concreta. Da sottolineare Il Kerigma al centro. Se l'annuncio del Signore risorto era il centro della predicazione apostolica dobbiamo ripristinare questa centralità: è il Signore il centro della nostra fede e del nostro annuncio e ogni giorno richiede un adeguato approfondimento per consentirci di mantenere e rafforzare questa centralità. Chiesa in uscita Tema caro a papa Francesco, viene riproposto anche dal vescovo. La struttura e lo stile della parrocchia attuale rispecchia una prospettiva statica e radicata nella convinzione di essere un "centro di servizi" cui la gente può accedere secondo i bisogni. È necessario cambiare prospettiva e ritornare alle origini: la predicazione di Gesù era tutta compresa nel cammino e nell'incontro sulla strada e nelle case, dove la gente vive. Con questo stile dobbiamo ripensare il nostro essere cristiani che sono in cammino e realizzano la loro fede nella quotidianità. Tutti missionari Anche questo termine risuona spesso nelle parole e negli scritti del papa. Tutti siamo chiamati ad essere battezzati-missionari, a improntare la nostra vita su questo stile pastorale: non preoccupazioni organizzative o programmatiche, ma impegno missionario costante accompagnati dalla Parola e dalla Carità. L'opzione privilegiata per i poveri E se lo sguardo della Chiesa è rivolto a tutti, un occhio privilegiato deve riguardare i "poveri", intendendo tutte le persone che vivono le diverse povertà: la solitudine, la mancanza di lavoro, l'abbandono, le schiavitù moderne… per tutti la vita buona del Vangelo Parrocchie nella Città deve diventare un richiamo, una risorsa, una luce per ritrovare dignità e senso nella propria vita. Una Chiesa che sogna Ancora riferendosi alle parole del papa richiama una Chiesa di sogno perché capace di sognare, ma anche realizzatrice di imprese alte come in un sogno che diventa realtà. La Chiesa voluta da Gesù, una Chiesa sul passo degli ultimi, capace di privilegiare i "poveri" di ogni tipo fino a realizzare quelle beatitudini sconvolgenti che restano ancora il programma "politico" del predicatore di Nazaret. Conclusione È il Vangelo che rimette in piedi! Ricorda in conclusione l'incontro con una donna che in una missione nel Camerun, ai ringraziamenti tributati ai missionari per i grandi impegni sociali (pozzi, scuole, ambulatori…) aggiungeva il dono del Vangelo, il solo in grando di "rimetterci in piedi". Una lezione di catechismo che ci viene dai poveri, da chi pur nel bisogno dell'essenziale, ci ricorda che il senso non viene dalle tante e necessarie cose fatte, ma dal Vangelo, dalla Gioia dell'Evangelo che ci dona luce e senso per la vita. Silvano Giordani La lettera pastorale del Vescovo Cesare RIVOLI Firenze 2015: V convegno ecclesiale nazionale intitolato "In Gesù Cristo il Nuovo umanesimo". La sostanziosa Esortazione Apostolica con cui papa Francesco sostiene i suoi punti programmatici per la nuova evangelizzazione. 19 La lettera pastorale del Vescovo Cesare Una chiesa in uscita La tenda della Chiesa in uscita C’è la Missione, cioè il progetto di Dio per l’umanità: un progetto che si fa missione e che vuole che tutti gli uomini vivano come figli di Dio, fratelli fra loro e custodi del creato. Dio stesso è responsabile della Missione, e la vuole realizzare con la collaborazione della Chiesa e di tutti gli uomini di buona volontà. Il Concilio Vaticano II segna il termine di una tappa e l’inizio di una nuova tappa nella storia della Chiesa come si evidenzia nella Esortazione” Evangelii Nuntiandi” di papa Paolo VI e nell’Esortazione “Evangelii Gaudium” di papa Francesco. Finisce la tappa della seconda Chiesa, la Chiesa occidentale eurocentrica, la Chiesa delle missioni, e inizia la tappa della terza Chiesa, la Chiesa policentrica, la Chiesa della Missione. Si tratta ora di passare dalla Chiesa delle missioni alla Chiesa dei Discepoli missionari. Così la missione passa dalla periferia al cuore della Chiesa. Papa Francesco, il Papa venuto dal Sud, presenta questa nuova tappa della evangelizzazione come la tappa di una “Chiesa in uscita”: ECCONE ALCUNI ASPETTI Uscita da una Chiesa-fortezza che proteggeva i suoi fedeli dai pericoli della cultura moderna verso una Chiesa-Ospedale di campagna che si preoccupa di tutte le persone ferite, senza badare alla sua situazione morale o ideologica. • Uscita da una Chiesa che parla dei poveri verso una Chiesa che cammina con i poveri, parla con loro, li abbraccia e li difende. • Uscita da una Chiesa dell’ordine e del rigore allo stile degli scribi e dei farisei verso una Chiesa impegnata nella rivoluzione della tenerezza, della misericordia e della cura, seguendo l’esempio del Buon Samaritano. • Uscita da una Chiesa triste, “con faccia da funerale” verso una Chiesa che vive la gioia e la speranza del Vangelo. Si tratta di formare una Chiesa nuova, che ritorni alla scuola di Gesù, una Chiesa di Discepoli Missionari, che viva e dia testimonianza del messaggio essenziale del Vangelo e si faccia collaboratrice di Dio nella costruzione di un mondo nuovo che sia sacramento del Regno. I discepoli missionari si impegnano con la loro vita nella liberazione dei poveri-scartati, nella inculturazione del Vangelo, nel dialogo inter-culturale e inter-religioso, nella cura del creato. Questa nuova tappa è iniziata specialmente nelle Chiese del Sud del mondo che hanno assunto la loro responsabilità missionaria. p. Giordano Rigamonti e p. Antonio Bonanomi • Uscita da una Chiesa-Istituzione centrata in se stessa verso una Chiesa-Movimento, aperta al dialogo universale, con altre Chiese, religioni e ideologie. • Uscita da una Chiesa-autorità ecclesiastica, lontana dei suoi fedeli e alle volte dando le spalle ad essi, verso una Chiesa-Buon Pastore che cammina in mezzo al popolo, che ha l’odore delle pecore e il profumo della misericordia. • Uscita da una Chiesa-Maestra di dottrine e di norme verso una Chiesa-Madre tenera e misericordiosa con le porte aperte per incontrarsi con tutti, senza guardare la loro appartenenza religiosa, morale o ideologica, ponendo al centro le periferie esistenziali. 20 La casa dei missionari della Consolata di Rivoli Parrocchie nella Città Annunciare Le tante povertà, antiche e nuove, si condensano nella povertà constatata da Gesù con preoccupazione: la carenza di operai che annunciano il Vangelo della Misericordia (gli apparivano “come pecore senza pastore”, ricorda l'evangelista Matteo 9,36). La gente ha bisogno di parole e gesti che partendo da noi indirizzino lo sguardo e i desideri a Dio. “Nessuno può essere escluso dalla Misericordia di Dio”. “Siate misericordiosi come il Padre”, non dimentichiamo che Dio perdona tutto e perdona sempre. La Misericordia è la via che unisce Dio e l'uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati sempre nonostante il limite del nostro peccato. Anche nel nome di Gesù, scelto da Dio per un bimbo nato e cresciuto in maniera straordinaria, è iscritta la parola salvezza. Quel nome vuol dire “il Signore salva”. La vita di Gesù non fu che questo annuncio in parole e azioni che Dio salva , che Dio interviene per salvare il suo popolo che incontrando guariva. Salvezza dalla sofferenza, dalla morte, dal dominio di forze distruttrici, da maledizioni, da emarginazioni, da solitudini, dal vizio, dall’avidità, da paura, da giudizi e da condanne, da ingiustizie e ipocrisia, da se stessi. ”La tua fede ti ha salvato” usava dir loro. Ma cosa siamo chiamati ad annunciare? Il perdono delle offese diventa l'espressione più evidente dell'amore misericordioso e per noi cristiani è un imperativo da cui non possiamo prescindere. Lasciar cadere il rancore, la rabbia, la vendetta e la violenza sono condizioni necessarie per vivere felici. Il perdono è una forza che risuscita a vita nuova e infonde coraggio per guardare il futuro con speranza. La Chiesa ha la missione di annunciare la Misericordia di Dio che per mezzo del Vangelo, dove raggiunge il cuore e la mente di ogni persona, verso tutti senza escludere nessuno. Il cristiano attraverso il linguaggio dell'amore e le sue mani operose devono trasmettere misericordia per penetrare nel cuore delle persone e provocarle e ritrovare la strada per ritornare al Padre. Oggi il mondo reclama la necessità di essere fasciato, ascoltato, liberato, accolto, abbracciato. Essere “colti su Dio” e non saper trasmettere il linguaggio dell'a- more di Dio, non serve a nulla. Quindi non “fare” ma “dare”. Si può fare senza aver nulla da dare ma non si può dare se non si è ricevuto qualcosa. Dare qualcuno, quel Gesù che ogni giorno ci viene donato. L'amore non va solo detto ma anche dato, la nostra vita deve diventare una prova d'amore. Occorre aprire il cuore ai fratelli, solo il cuore è capace di recepire tutto. Occorre essere capaci di sorvegliare il proprio cuore per sorvegliare quello dei fratelli. Gesù si rivolse a Pietro dicendo “mi ami tu”? Quando diciamo a Gesù che lo amiamo ciò significa restituirgli i nostri fratelli salvati e cresciuti. Restituiamo il nostro cuore al Signore perché Lui ce lo restituisca nuovo. Dobbiamo tutti i giorni dire “Ti Amo di più di ieri”. “Venite dietro a me “ (MT 4,19 ), Andate in tutto il mondo” (MC 16, 15), due espressioni del mandato per evangelizzare. Il verbo “vieni” è il tempo della scoperta di Gesù, della ricostruzione personale, della ricezione dello Spirito Santo. Il verbo “Vai” è il tempo della rivelazione di Gesù, il tempo dell'amore da consegnare agli uomini. Quindi se si viene a Gesù e ne facciamo esperienza, e si va nel mondo, questa è già vita eterna... La lettera pastorale del Vescovo Cesare RIVOLI Augusta Lucente A Rivoli in Via Piol, davanti alla Parrocchia Santa Maria della Stella, già da alcuni anni, si annuncia l'amore di Dio, porta di salvezza per la nostre vite, mentre in chiesa si fa l'Adorazione Eucaristica. Si intercede per tutta la città di Rivoli e si invitano i passanti ad entrare in chiesa per presentarsi anche solo un attimo davanti al Santissimo per una breve preghiera. A volte alcuni fanno resistenza ma nel momento in cui entrano, i loro occhi si illuminano e a volte ad alcuni dall'emozione scende una lacrimuccia. 21 La lettera pastorale del Vescovo Cesare È il Vangelo che ci rimette in piedi! Ecco una proposta per rimetterci in piedi… tutti i giovedì sera dalle ore 21 alle 22 ci incontriamo nella Chiesa di Santa Maria della Stella Insieme leggiamo e riflettiamo sulle letture bibliche della domenica la chiesa rimane aperta per la preghiera personale dalle ore 15 alle ore 23 al centro LA PAROLA È il Vangelo ad essere al centro del nostro vivere: ci indica lo scopo da raggiungere e ci sostiene lungo il cammino! Una testimonianza del nostro vescovo Cesare… In un viaggio nelle missioni del Camerun ho celebrato l’Eucaristia per un gruppo di cristiani e una donna ha pregato così: «Ringrazio i missionari che sono venuti tra noi e ci hanno portato il Vangelo che ci ha rimesso in piedi». I missionari avevano dotato il villaggio di pozzi per l’acqua, scuola per i ragazzi, ambulatorio medico per far fronte alle tante malattie, scuola agraria per insegnare a usufruire al meglio dei raccolti della terra… ma quella donna non ha ringraziato per queste 22 importanti opere. Ha incentrato la sua preghiera sul dono del Vangelo che li aveva «rimessi in piedi» per una vita nuova e per guardare avanti con speranza. Il nuovo umanesimo in Gesù Cristo che siamo chiamati ad annunciare e vivere ha le sue radici prima di tutto nei nostri cuori, nell’esperienza contagiosa di Gesù Cristo che viviamo insieme con gioia e fraternità nell’ascolto della sua Parola, nell’Eucaristia e nella testimonianza in ogni ambito e ambiente di vita. «Non ci sarebbero più pagani – diceva san Giovanni Crisostomo – se ci comportassimo da veri cristiani» (Ep ad Tim. 3, ho. 10). Cesare Nosiglia Arcivescovo di Torino, padre e amico Parrocchie nella Città Una chiesa che abita la vita (sogno ad occhi aperti) Nelle pagine iniziali della Lettera del Vescovo leggo queste parole che i giovani torinesi ci consegnano sulla questione del riassetto: «Nel rispetto delle parrocchie che abitano il vissuto del popolo di Dio, occorre che la Chiesa diocesana persegua le vie più idonee a incarnare nei diversi territori una presenza cristiana inclusiva, aperta all’ascolto e capace di favorire una stretta sinergia di idee, culture, esperienze e realtà diverse». Mi colpiscono e mi piacciono. I giovani “sono sul pezzo”, sono capaci - se e quando stimolati - di cogliere la novità che abita la storia di oggi. Come chiedeva loro S. Giovanni Paolo II, sanno essere “sentinelle del mattino”, del nuovo all’orizzonte. E parlano di “parrocchie che abitano il vissuto del popolo di Dio”. Parlano di una Chiesa incarnata, immersa (“battezzata”!) in “idee, culture, esperienze e realtà diverse” che non fanno paura, ma che costituiscono “compagne di viaggio” con cui camminare insieme oggi. Sarà forse che stanno sognando ciò che un po’ già c’è, ma di cui non ci si rende tanto conto? Sarà che stanno sognando… ad occhi aperti? Sì, ecco anche il mio sogno! Mi piace una Chiesa così, che senza far rumore si muove curiosa, aperta e fiduciosa per le strade della nostra città, con gli occhi spalancati su ciò che la circonda, che accoglie come risorsa, possibilità di vivere il Vangelo. Un sogno ad occhi chiusi è come una casa con finestre e porte sbarrate: triste, inutile, tetra, abbandonata a se La lettera pastorale del Vescovo Cesare RIVOLI l'orto di Casa MIA 23 La lettera pastorale del Vescovo Cesare stessa, destinata ad andare presto in rovina. Solo un sogno ad occhi aperti, una casa con porte e finestre spalancate permettono di “stare dentro”, di essere popolati spazi di accoglienza e ascolto in cui le più belle speranze trovano dimora e concretezza. Gesù «venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14); la sua Chiesa è chiamata a fare lo stesso e lo sta già facendo: ogni volta che condivide la quotidianità con le persone, nel bene e nel male; ogni volta che si mette al passo degli altri, specialmente di chi fa più fatica; ogni volta che sa trascinare con entusiasmo e accorgersi del bene, del bello e del vero che c’è. A volte basta poco, non servono voli pindarici, le “vie più idonee” sono le più apparentemente banali: un sorriso, una lacrima, un lavoro condiviso, uno sguardo sereno, un peso portato in due, un “buongiorno” detto con gioia, un caffè preso insieme… “Cose di casa”. Insieme a quei giovani sogno anch’io una Chiesa che abita la vita, “ci sta dentro” con semplicità e sa scorgere i germogli della Buona Notizia per coltivarli con intelligenza e passione! Spazi per futuri laboratori di Casa Capello Sr. Erika Gabriel e Romeo: due nuovi diaconi Domenica 13 novembre 2016 alle 15.30 ordinazione nella Cattedrale di Torino, in occasione della solennità della Chiesa locale, altri due seminaristi del Seminario Maggiore di Torino diventeranno diaconi. Sono due giovani per tanti aspetti molto diversi tra loro, ma anche con tanti punti in comune. Innanzitutto la loro provenienza: tanto Romeo Antica (34 anni) quanto Gabriel Scripcaru (31 anni) sono entrambi originari della Romania, entrambi del territorio di Bacau e, cosa ancora più singolare, entrambi della stessa parrocchia. Ambedue sono in Italia da molti anni e ambedue hanno lavorato con competenza e professionalità nel campo dell’edilizia prima di entrare nel Seminario di Torino, dove hanno compiuto il loro percorso di formazione. È un bel segno di questo nostro tempo l’ordinazione di due giovani rumeni, perché ci parla della nostra città caratterizzata da una grande comunità rumena e ci dice come questa presenza sia un motivo di ricchezza non solo per la nostra società, ma anche per la nostra Chiesa. 24 Accomunati da questi fattori, Gabriel e Romeo sono anche diversi: ognuno porta nel ministero la sua unicità personale che è il tesoro più prezioso di ciascuno. Ma c’è soprattutto qualcosa che li unisce a un livello ancora più profondo di tutto il resto: la chiamata del Signore e il loro desiderio di servirlo con tutta la loro vita. Che la loro testimonianza possa essere di esempio anche ad altri giovani, italiani, rumeni o ancora di altri popoli, per ascoltare la voce del Signore e rispondere con generosità, facendo della loro vita un dono a Dio e ai fratelli. don Ferruccio Ceragioli (testo tratto da “La Voce E Il Tempo” del 6 novembre 2016) A sinistra Romeo Antica e a destra Gabriel Scipcaru, seminaristi di Torino, ordinati diaconi il 13 novembre 2016. Parrocchie nella Città Sogno una Chiesa che educa Educare è una grande impresa. Impone di guardarsi dentro, vedere che cosa c’è e scavare, togliere per tirare fuori la persona che potremmo diventare. Condurre noi stessi e gli altri verso un traguardo, attraverso un percorso. Immaginare una crescita, insomma, e trovare gli strumenti che la rendano possibile. Se penso a me e ai miei reali contesti di vita, questa tensione può diventare un progetto se parto dalla ricerca dei bisogni, dalla lettura della situazione di oggi, e chiarisco gli obiettivi, do spazio a un sogno per domani. Solo tenendo insieme la realtà e il sogno è possibile l’educazione. Muovendoci dunque tra questi due poli, partendo dalla prima e tendendo all’altro, senza lasciare né un capo né l’altro del filo, possiamo pensare percorsi di crescita che evangelizzino e umanizzino. Il polo del sogno, della meta per dirla con san Paolo, è rappresentato dall’affermazione della lettera ai Galati già riportata dalla Evangelii Gaudium (160-161): “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me.” e dalla gioia che viene da una vita fedele al Vangelo. Il polo della realtà, invece, è la fatica che viviamo ogni giorno in un’epoca che è stata definita “delle passioni tristi” (Benasayag&Schmit): siamo immersi in una cultura della crisi, della difesa dalla minaccia, una cultura della precarietà che ci fa sentire insicuri. Siamo passati dalla categoria del “futuro come promessa” a quella del “futuro come minaccia”. Allora, se la tristezza e il quotidiano della precarietà sono – dolorosamente e realisticamente – i tratti del nostro contesto culturale, quali passi possiamo immaginare per altrettanto concreti e performanti percorsi di crescita? Educare noi adulti e i giovani alla vita buona del Vangelo, alla notizia che il Regno è già in mezzo a noi, vuol dire allora allargare gli spazi della speranza, restiuire al presente la sua dimensione di opportunità, sottrarci e sottrarli alla tentazione della paura e della noia. Se possiamo e dobbiamo sognare, immaginiamo percorsi che educhino alla bellezza, al senso di responsabilità individuale e collettiva, alla solidarietà come strumento di giustizia che si esprime in gesti di restituzione. Se è vero che il tempo è superiore allo spazio, come ci ha detto più volte il Papa, allora investiamo su progetti di accompagnamento delle persone, permettendoci di lavorare a lunga scadenza, rispettando i tempi e le stagioni della vita, accettando la crisi come tappa necessaria per la crescita. Se il tutto è superiore alla parte, non si tratta solo di rispettare le diversità ma di accoglierle, valorizzarle, integrarle, mantenendo l’originalità di ogni parte. Raccogliendo gli spunti di riflessione per la progettazione pastorale sul territorio offerti dai documenti della Chiesa, dal Convegno di Firenze, dalla lettera del Vescovo e dall’osservazione del nostro quotidiano, teniamo insieme realtà e sogno quando pensiamo di proporre e insegnare ai giovani e agli adulti una vita di preghiera come quotidiano incontro con Gesù maestro e salvatore; quando alle famiglie e soprattutto alle coppie indichiamo concrete strade di incontro e di dialogo profondo, che aprano spazi in cui respirare unità e differenziazione; quando sosteniamo la genitorialità e in generale la famiglia, mettendo la nostra spalla sotto quella di chi sta facendo fatica, non riducendo la complessità ma cercando insieme soluzioni. Penso anche al mondo della scuola, più volte indicato dal Vescovo come importante ambito con cui costruire reti educative: ai nostri ragazzi insegniamo ad essere competenti in un’ottica di autonomia. Forse, insieme, possiamo chiederci per che cosa, in vista di quale obiettivo, insegniamo loro ad essere competenti, distinguendo bene tra autonomia e individualismo. Se sogno una Chiesa che educa, insieme alle altre istituzioni educative del territorio, sogno una Chiesa che educa a fare comunità, perché la felicità sia un orizzonte e un progetto condiviso che include, promuove e rilancia il futuro. Lidia Zanette La lettera pastorale del Vescovo Cesare RIVOLI 25 La lettera pastorale del Vescovo Cesare "Io ho un SOGNO: una Chiesa che Educa!" La Lettera Pastorale rinnova in suo invito alle Comunità Cristiane a prendersi cura della formazione umana e cristiana dei ragazzi, dei giovani e delle famiglie. Dentro una tensione verso il futuro, ci chiede di rafforzare l'impegno all'Annuncio del Cristo Risorto nel qui ed ora del nostro oggi; verso una tensione all'uscire ci invita a formare il nostro "dentro" per imparare a guardare con occhi nuovi il "fuori". Sogniamo una Chiesa per tutti, ma proprio per tutti, capace di annunciare la bellezza del Vangelo anche a chi non è "sintonizzato" sul suo linguaggio; sogniamo una Chiesa nella quale le Comunità siano davvero unite e accoglienti; sogniamo una Chiesa che si preoccupa e si occupa nelle nuove generazioni, che mette al centro per loro la conoscenza di Gesù e della sua Parola, affinché da essa siano plasmati e sostenuti nelle scelte radicali, nell'impegno responsabile, nella gratuità della rinuncia, nella gioia della testimonianza, nella sete di Dio. Donatella 26 Parrocchie nella Città PROGETTO DI PASTORALE GIOVANILE 2016/17 Il progetto di Pastorale Giovanile 2016/17, in continuità con le progettualità degli anni precedenti, si costruisce attorno a quattro parole chiave: formazione, aggregazione, servizio, comunità. Da qui si consolidano e crescono le proposte dei Gruppi Preadolescenti (per i ragazzi di 2° e 3° media) ed i Gruppi Adolescenti (per i ragazzi dalla 1° alla 5° Superiore) accompagnati e guidati da giovani universitari o lavoratori. I giovani dai 19 anni in su si raccolgono nella Comunità Giovani e sviluppano per lo più un cammino di crescita spirituale attraverso lo studio del Vangelo. La proposta aggregativa si sviluppa sia in modo informale attraverso l’apertura quotidiana dell’Oratorio Stella (Bar dell’Oratorio, Sala Accoglienza, Preghiera Quotidiana, Tornei …), che in modo formale attraverso le ormai consolidate proposte del Teatro (Gruppo Teatro Ragazzi e Gruppo Teatro Giovani presso il teatro di San Martino), dello sport (US. San Martino Calcio e Corsi di Hip Hop e Latino Americano), della Musica (Laboratori di Canto e Chitarra) e della Creatività (Corso di Fotografia). Ritorna con grande successo la proposta del SabatoSanbe per i bambini delle elementari: una bella occasione per stare insieme attraverso il gioco e la proposta di realizzare insieme un Musical in occasione del Natale. Un tema importante che si sta sviluppando è quello del lavoro: attraverso la partecipazione a Bandi si cerca di supportare le progettualità dei nostri oratori (Laboratori, Sportello per il Lavoro, Animazione di Strada) attraverso la valorizzazione delle competenze dei nostri giovani. Continua l’opportunità del Servizio Civile Volontario per due giovani impegnati per lo più nell’accoglienza quotidiana in cortile. Attraverso la convenzione con le scuole superiori del territorio molti adolescenti possono svolgere le ore di tirocinio previste dall’alternanza scuola/lavoro nei nostri oratori. Per i giovani vi è per la prossima estate la proposta di un’esperienza missionaria in Tanzania. E poi le tante piccole proposte di festa, di aggregazione, i cammini di preghiera quotidiana in Avvento e Quaresima, i ritiri, le Settimane Comunitarie, la formazione per animatori, la conoscenza delle proposte caritative delle nostre realtà, il Progetto Estate, … A far da cornice a tutto questo e il desiderio di aiutare i nostri ragazzi e i nostri giovani a crescere in uno spirito di unità e comunione all’interno delle nostre Comunità parrocchiali, per sentirsi parte di una grande famiglia che gli vuole bene, li supporta e porta loro l’esempio di una vita adulta incarnata nella gioia del Vangelo. Donatella PROPOSTE DELL’ORATORIO PER BAMBINI E RAGAZZI Oratorio Stella La lettera pastorale del Vescovo Cesare RIVOLI Apertura quotidiana (Accoglienza, Preghiera Quotidiana, Bar, Spazio Bimbi, Campi, Ping-Pong, Calcetto, …): • Lunedì – Giovedì: h. 16-19 • Venerdì: h. 15-19 • Sabato – Domenica: h. 15-18 Laboratori pomeridiani Bimbi 0-5 Anni “1…2…3… Stella” • “Happy Time” e “Orto-Cucina – Manualità”: Lunedì • “Giocomotricità”: Mercoledì Laboratori Bambini Elementari: Canto Corale 1°-3° Elem. : Lunedì h. 17.15-18.15 Ballo Hip Hop 1°-3° Elem. : mercoledì h. 17-18; 4°-5° Elem.: Mercoledì 18-19 Ballo Latino Americano 4°-5° Elem. : Venerdì h. 16.50-17.50; 1°-3° Elementare: Venerdì h. 17.50-18.50 Chitarra 4°-5° Elem. : Venerdì h. 17-18 Laboratori Ragazzi delle Medie: Fotografia 3° Media: Lunedì 17.30-18.30 Chitarra: Venerdì h. 15.30-16.30 Laboratori Adolescenti: Fotografia 1°-2° Super: Lunedì 17.30-18.30 Oratorio S. Bernardo SabatoSanBe: realizzazione del Musical “Le follie dell’imperatore” per i bambini dalla 1° Elementare alla 1° media. Sabato h. 15.00-17.30 Corso di Inglese per ragazzi 5° Elementare 2° Superiore: martedì, giovedì, venerdì. Oratorio S. Martino Gruppo Teatro Ragazzi 2° Media – 2° Superiore: venerdì h. 17-19 27 La lettera pastorale del Vescovo Cesare La trasfigurazione La Lettera pastorale La città sul monte di Mons. Cesare Nosiglia, dedica una breve ma significativa scheda (segnatamente la N.5) al tema della “Trasfigurazione” traendo materiale in abbondanza dall’Esortazione apostolica di Papa Francesco, Evangelii Gaudium, e dalle riflessioni del Convegno di Firenze. Il tema con evidenza si fonda sull’episodio in cui Gesù salito su un alto monte si trasfigurò, il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce, e vedendo tale spettacolo Pietro prese a dire: “Signore è bello per noi stare qui!” (Mt 17,1-9; Mr 9, 2-13; Lc 9:28-36). Ma perché un episodio così meraviglioso, avvenuto in disparte dalle grandi folle, su un colle appuntito dovrebbe parlare anche per il presente? Cosa vuole dirci Gesù mostrandosi in un forma tanto gloriosa, quasi anticipatrice della Risurrezione? Perché in un certo senso con questo avvenimento ci vien detto che “Gesù lava più bianco”? Con evidenza non si tratta solo di infondere coraggio a coloro che sono nella prova, come se tale evento si riducesse a significare che dopo la morte c’è la risurrezione, ma dice qualcosa di più, qualcosa che vale per la vita anche prima della morte. Ci dice che la nostra esistenza dev’essere attraversata non solo da esigenze di quantità ma anche e soprattutto di qualità. La trasfigurazione significa dunque che siamo chiamati a rendere bianca e splendente la nostra vita, che siamo chiamati a santificarci. Allora questo processo qualitativo che chiamiamo trasfigurazione segue un andamento preciso. Innanzitutto Gesù può circonfondersi di luce sul monte Tabor perché prima ha compiuto lunghe e assidue ascese sui monti della preghiera, perché ha intrattenuto una profonda e fruttuosa relazione col Padre. Nella preghiera, dunque, si scopre che l’attore primo di ogni cambiamento è sempre Dio e che essa è il motore della vita cristiana. È dalla preghiera, dall’ascolto della Parola di Dio, dall’adorazione e dalla partecipazione alla vita liturgica, che parte ogni cambiamento possibile. In secondo luogo la qualità irrompe quando dopo aver udito, visto e toccato la Parola si è spinti ad annunciarla, ancor meglio a donarla agli altri e a sé: la scoperta di un amore è talmente coinvolgente che si è invincibilmente spinti a gridarlo dai tetti, in parole e fatti. Ed è questa condivisione evangelizzatrice che fa fratelli, per cui un’altra esigenza della vita trasfigurata e bella è la fraternità, la comunione ecclesiale, il piacere di stare sotto la stessa luce divina. Dinnanzi a questa bellezza, a questa radiosità i deserti della vita non atterriscono più, non paralizzano più; certo non si possono sottovalutare ma si affrontano con la speranza che la luce di Cristo può portare vita anche laddove sembra che dominino solo desolazione e morte. La vita trasfigurata si pone sotto l’egida della parola che non conosce disperazione, ma speranza nella forza della Risurrezione, speranza nel fatto che la Vita comunque trionferà. La trasfigurazione, inoltre, ci richiama un valore che oggi sembra un po’ messo da parte ma che nella nostra società sembra ancor più urgente ritrovare, ovvero “il bello”, “l’attraente”. Sembra che nei nostri circoli ecclesiali ci si debba concentrare solo sul “vero” e sul “buono”, dimenticandosi che oggi è di bello che questa società, e soprattutto i giovani, sono assetati; un bello, però, che sia pieno di bontà e verità e non vuoto e fine a se stesso. Ecco allora la necessità di riscoprire una liturgia bella, trasfigurante capace ancora di attirare a sé, di chiamare alla partecipazione festosa ma sobria, per farci dire insieme a Pietro: “Signore è bello per noi stare qui”, bianchi nel Bianco, buoni nel Buono, belli nel Bello. Filippo Massarenti Il Vescovo Cesare nel Museo di Arte Contemporanea del Castello di Rivoli nella Notte dei Santi (31 ottobre 2016) 28 RIVOLI Parrocchie nella Città Al fianco di una persona che si ammala Recensione di Il viaggio indesiderato quando la malattia entra in casa, di Lorenzo Cuffini Lorenzo Cuffini è un consulente aziendale torinese di 57 anni. A inizio anni Novanta, dopo un solo anno di matrimonio, alla moglie è stata diagnosticata la sclerosi multipla, che negli ultimi anni l’ha costretta sulla sedia a rotelle. Cuffini ha esposto le sue riflessioni sul tema della malattia nel volumetto Il viaggio indesiderato. Quando la malattia entra in casa (Effatà Editrice, Cantalupa 2014). Un’esperienza personale Questo libro – scrive l’autore nell’introduzione – non è né un trattato sulla malattia né un testo di pastorale della salute, ma è, “semplicemente, il frutto di un’esperienza personale”, di vicende private che “hanno portato a trovarmi faccia a faccia con la difficoltà e la malattia di chi mi sta vicino. E mi hanno obbligato (…) ad aprire gli occhi (…) e a farci i conti. Poi, a capire cosa davvero io volessi – prima ancora che dovessi o potessi - fare” (p. 7). Cuffini affronta, dal punto di vista della persona “vicina” al malato, molte delle tematiche che riguardano l’”universo” della malattia. Il “momento-verità” della scoperta della malattia, in cui le sicurezze di una vita si dissolvono; il rischio che il malato venga “bollato” come tale e che venga “spersonalizzato”; i rischi, per chi è vicino al malato, da una parte di “rinunciare”, di dire “io non posso farci niente” o “nulla sarà più come prima”, e, dall’altra parte, di cadere nel burnout (o, come si diceva una volta, nell’”esaurimento nervoso”). Tutte queste sono situazioni che Cuffini stesso si è ritrovato a vivere e che ha imparato, con il tempo, ad affrontare. l’evoluzione della propria fede in seguito alla scoperta della malattia della moglie. Egli distingue tra l’“idea di Dio” che aveva prima della malattia (l’idea tradizionale del “vecchio padre, bonario e onnipotente, che veglia su di te dall’alto dei cieli, pronto a correre in tuo aiuto ad ogni difficoltà incontrata (…) nella modalità del pronto intervento” – p. 14) e l’inizio di una relazione con Dio “che magari può farsi meno devota ma sempre più personale, che progressivamente si approfondisce e si fa più franca e diretta” (p. 94). In viaggio Ma, secondo Cuffini, la cosa più importante è la consapevolezza di essere sempre all’interno di un viaggio da vivere insieme: “In fin dei conti, si era deciso e progettato di viaggiare insieme una vita intera. Ora, sia il viaggio in programma che l’intera vita sembrano andarsene a gambe all’aria: anzi, se ne vanno senz’altro. Che fare, allora? Tenere bene al centro – e ribadirselo con forza – che il viaggio era l’importante; non i progetti saltati e le prospettive crollate. Un’altra cosa certamente rispetto ai piani originari: ma che valesse sempre la pena di essere viaggiato, e insieme (p. 8). Un viaggio nuovo quindi, non desiderato (da qui il titolo del libro), senza guide né tracciati, ma comunque accettato in sé, nelle sue rotte sconosciute, percorso nelle sue strade tutte da scoprire. Da vivere al meglio, e anche, come tutti in viaggi, da godere fino in fondo” (p. 8). Stefano Coscia Come vivere la malattia (dell’altro) In che modo? L’autore individua alcune possibili strade. Innanzitutto è importante imparare a “stare” nella situazione, nel senso di restare saldi, “ben piantati”, senza farsi “stordire” e trascinare troppo dalle urgenze e dalle “cose da fare” nell’assistenza di una persona cara malata. In secondo luogo, l’umorismo può essere un’arma vincente anche nelle situazioni difficili: l’umorismo – scrive Cuffini - “rende tutto relativo”, impedisce di diventare troppo “seriosi”, permette di tollerare la situazione e di imparare a conviverci, e soprattutto fa sorridere. Infine, la fede. L’autore, credente, descrive la crisi e 29 Alcuni pensieri dei giovani della GMG: Dal 19 luglio al 1 agosto alcuni giovani delle Parrocchie di Rivoli hanno vissuto l'esperienza della Ventinovesima Giornata Mondiale della Gioventù a Cracovia, in Polonia. Dal 19 al 24 luglio siamo stati ospiti di alcune famiglie della diocesi polacca di Sosnowiez, con cui la diocesi di Torino aveva previsto numerosi momenti di gemellaggio in preparazione alla successiva settimana della "vera e propria" GMG: il pellegrinaggio a Częstochowa, già sede della GMG del 1991, per la preghiera al santuario della Madonna Nera; la visita al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, e svariati momenti di condivisione, festa, cene insieme e scambi culturali. Dal 25 al 31 luglio ci siamo poi spostati a Cracovia, nuovamente ospiti di alcune polacche che si sono rese disponibile ad accogliere i pellegrini torinesi. In piccoli gruppetti siamo stati accolti nelle case delle nostre famiglie adottive polacche, per poi vivere, durante la giornata, i vari momenti forti del programma della Giornata Mondiale della Gioventù. L'evento mondiale è culminato con la messa finale con Papa Francesco, dove quasi tre milioni di giovani da tutto il mondo si sono raccolti attorno a Cracovia, attorno ai santi patroni di questa GMG, ma soprattutto attorno alla loro fede e alla Misericordia di Cristo, per pregare insieme a Papa Francesco sulle parole di Matteo: «Beati i Misericordiosi, perché troveranno Misericordia». "Il momen to più toc cante che GMG è cer ricordo di tamente q que uello della Campus M v "Un grande incontro di fratellanza e preghier eglia nottu sta is ericordiae a, per rna al , d la i sera prim chiusura d vivere la misericordia del cuore in comunio a della me e ll 'e v e ne con i n to . Un mom ssa intenso, in giovani del mondo. Grazie Cracovia!" Mattia ento profo cu ndo e mostrato a i più di due milioni di giovani l mondo, e hanno anche a lo luce delle ro stessi, candele ch come la e tenevano piccolo lum in mano sia e in confro "Beato il c solo un nto alla lu Andrea uore che p ce della lo e rdona, mis da Dio in r o fede." ericordia r cielo". Cos iceverà ì cantava italiano de il r it ornello de lla GMG 2 ll'inno 016 a Cra dolce ma covia. Una ritmata ch m e usica a momenti ovia torno forti e inte ccompagnava tutti e. Da Crac n io is iv d n n o C o nsi di que ci hanno giovani de sto incontr i nei miglie che coglienza e lla Chiesa c fa "A e ll e d o is case, o tra i del mondo e che ha v , una chies a con il sorr e fratelli nelle loro s a c oglia di sp a de a giovane erare, che figli di cantare , della loro fe ra u non perde lt olti come u c c c insieme a a ro la gioia e della lo ma con milioni di Misericord semplicità ndoci le port persone c re n ia sia la pr p o c a ta a n o d ome la ima fra le lienza gioie. Clau e dell'accog dia ." Giuseppe grande cuore 30 RIVOLI Parrocchie nella Città UNA PREGHIERA DALLA GMG DI CRACOVIA scritta da alcuni giovani delle Parrocchie di Rivoli di ritorno dalla GMG di Cracovia Ti ringraziamo Signore per questi giorni ricchi di entusiasmo e di preghiera vissuti a Cracovia. Grazie per le famiglie che ci hanno accolto, testimonianza di una Chiesa che apre le porte. Grazie per il dono della misericordia, per la veglia di preghiera che ci ha visti fratelli e sorelle nella Fede. Mano nella mano, con milioni candele accese siamo stati luce nel buio del nostro tempo. Non ci arrendiamo al male perché tu attraverso le parole del nostro amato Papa Francesco ci inviti a rischiare e vivere con coraggio il nostro futuro. Siamo giovani che non vogliono rimanere sul divano, ma desiderano rimboccarsi le maniche e mettersi in gioco. Tu ci ami così come siamo! Noi ci sentiamo amati da te. Non abbiamo paura! A te portiamo le nostre fragilità. Sappiamo che i semi di questa GMG porteranno frutti nei giorni che verranno. Noi siamo pronti a raccoglierli, nella speranza che sazino il desiderio di pace e umanità di cui abbiamo bisogno. 31 QUATTRO PASSI… VERSO ROMA Pellegrinaggio sulla Via Francigena Eravamo seduti intorno a un tavolo, in un tranquillo sabato di fine marzo, quando due carissimi amici ci hanno invitato ad andare a Roma. Io e Francesco ci siamo guardati e senza tante domande abbiamo risposto “Perchè no!”…e i nostri amici hanno aggiunto “…sì, ma a piedi!!!”. Ecco il bello: arrivare a piedi scalzi davanti alla tomba di Pietro, attraversando la porta Santa, nell’anno del Giubileo della Misericordia, percorrendo la Via Francigena. Difficile, difficilissimo esprimere attraverso poche parole ciò che abbiamo vissuto durante i nostri 22 giorni di pellegrinaggio. E probabilmente, anche se avessimo la possibilità di usare tante parole (con il rischio di annoiarvi) non saremmo mai completamente soddisfatti, perché ciò che abbiamo vissuto è entrato nei nostri cuori, nella nostra anima e lì ci rimarrà per sempre. Abbiamo camminato 175 ore, ovvero 10500 minuti, ovvero 630000 secondi. Orientativamente sulla retina viene "impressionata" un’immagine ogni 66millesecondi. Quindi, cammin facendo, abbiamo memorizzato quasi 10 milioni di immagini. E da un’immagine, quante emozioni possono scaturire? Ora, abbiamo parlato solo delle emozioni nate da ciò che abbiamo visto. E se ci mettiamo l'olfatto? E il gusto di quelle prugne, di quei fichi, di quelle pere, di quelle nocciole raccolte passo dopo passo? Insomma... il cammino ti cambia. E lo fa proprio a partire dai tuoi sensi, dalla percezione che il tuo corpo, il tuo fisico e la tua anima ha di tutto ciò che ti circonda. Aumentando questa apertura al mondo sperimenti una indiscutibile apertura alla vita. I tuoi limiti li senti tutti, ma in questa nuova dimensione come per incanto vengono ridimensionati, per dare spazio a una forma di energia che si rinnova, giorno dopo giorno. La sera sei stanco, al mattino, con le sveglie (e le luci ) che alle 5 ti impongono di rialzarti, ti sembra impossibile ripartire. Eppure ce la si fa. Ce l'abbiamo fatta. Ci ricordiamo ancora la partenza, il 13 Agosto (il gruppo era in cammino già da 10 giorni). Chiudiamo casa e, come due scolaretti con zaino in spalla, passiamo di fianco alle scuole del paese per raggiungere la fermata del pullman. Raggiunta porta Nuova prendiamo il treno, destinazione Parma dove, un altro pullman, ci ha condotto a Fornovo del Taro. E qui abbiamo incontrato il gruppo partito da Rivoli il 3 Agosto. Noi eravamo pieni di energie, loro erano contenti ma per qualcuno il fisico tradiva un po' di stanchezza. Pochi giorni dopo l'avremmo conosciuta anche noi. Compagna insopportabile ma, forse, necessaria per dare un gusto speciale a tutto ciò che abbiamo vissuto. Come detto in precedenza milioni di immagini viste, 32 milioni di parole dette o ascoltate, moltissime risate donate o ricevute, alcuni pianti a cui abbiamo assistito sono duri da spiegare. Ma allora, cosa è stato per noi il pellegrinaggio? È stato un continuo meravigliarsi di fronte a città o borghi medioevali resi belli quando l'uomo sa onorarli con la sua arte, o di fronte ad una natura in cui l'opera dell'uomo diventa di nuovo arte per i nostri cuori (vigneti curati, cipressi come compagni di viaggio). E poi è stato un incontro, sia con noi stessi, sia con persone che più di una volta ci hanno aperto le porte di casa per accoglierci, attraverso un semplice ma preziosissimo bicchiere di acqua. È stato sicuramente un valorizzare ciò che si aveva (quando, alla sera, avevamo un letto per dormire era una festa) ma anche ciò che non si aveva (quando Roberto ed Elena ci hanno portato via i nostri materassini, così pesanti e dato i loro così leggeri, è stata un'altra gioia). E' stato poi un continuo adattarsi a situazioni diverse ogni giorno e che non sempre dipendevano da te (un giorno con i bagni ci poteva andare bene, un altro giorno ci toccava portare un po’ più di... pazienza). E ancora è stato un alleggerirsi da tanti pensieri, da tante preoccupazioni (siamo partiti con un po' di timore, siamo tornati con un po' di nostalgia). E infine è stato un emozionarsi (cosa dire quando abbiamo camminato a piedi nudi davanti all'altare in San Pietro) e un crederci fino alla fine. DI fatto il nostro pellegrinaggio è stato un piccolo, poi diventato grande, sicomoro. Salendo sui di lui abbiamo incontrato e rincontrato Gesù, i suoi insegnamenti e la sua voglia di fare festa con noi. Ci siamo sentiti amati, sia come persone, sia come coppia. Tutto è passato attraverso il camminare, le parole di don Andrea, lo stare insieme agli altri pellegrini del gruppo. Ma crediamo che tutto è passato anche grazie a ciò che era già presente nei nostri cuori, dono di persone a noi care, sicomori delle nostre vite. Sta a noi ora dirgli grazie. Alessia e Francesco RIVOLI Parrocchie nella Città 33 SONO TORNATA! Sono tornata da una “passeggiata” durata 33 giorni e 33 notti, lunga 990 km (passo più, passo meno…). Una camminata splendida su strade asfaltate, sentieri, ciottolati, sterrati e sabbia. Ho visto vigneti, ulivi, campi arati e coltivati a riso, pomodori, grano e nocciole. Ho letto cartine e cartelli stradali, simboli, timbri, la Parola di Luca e la Bibbia, fedele compagna quotidiana. Ho vissuto in compagnia di compagni colorati, gioiosi, un po’ stanchi (molto stanchi), acciaccati e, a volte, nervosi, ma tanto splendidi e indispensabili!!! Ho annusato tra le vie profumi di pietanze cucinate, fiori, foglie d’eucalipto e menta. Odori di sudore, piedi vissuti, spallaci puzzolenti e bagni sporchi delle palestre. Ho riso per una panchina appena verniciata, una barzelletta, un tuffo nel mare, nel fiume, per due spighe in bocca e una trippa rovesciata. Rientro da una “passeggiata” dove il cibo era l’essenziale e: fichi, uva, noci, more, pere colti da una pianta... PROVVIDENZA!!! E che felicità festeggiare i compleanni !! Torno da un lungo viaggio che regalava sorprese: una fontana, un caffè inaspettato, un bicchiere d’acqua, l’ombra di una quercia da abbracciare, la corsa sfrenata in una pineta, il vento contro il viso, un letto “vero” , una doccia calda, colazioni e cene pronte ! Sono tornata da un cammino guidato da un giovane esperto Capitano (molto elastico), improvvisato dottore, che con l’aiuto dello Spirito Santo faceva stare tutti bene insieme e gioiva gridando: “VIVA GESùùùùù!!!”. È stata una “passeggiata” a volte silenziosa e malinconica sulle colline deserte, a volte chiassosa ed esuberante nelle cittadine turistiche. Ho visto saggi settantenni andare avanti in testa, passo dopo passo, con il cuore, quando i piedi non ce la facevano più e passare il “testimone di guida” a trentenni belli, ambiziosi e tecnologici. Ho sofferto vedendo lacrime di rinuncia, quando il corpo, stremato, ti presentava il conto e DOVEVI tornare a casa. Ho pianto… ho pianto con lo sguardo rivolto al Cielo, e, quando la nostalgia delle mie piccole donne era insopportabile e Roma così lontana! Ho ammirato luoghi dove l’uomo s’incontra con la natura in maniera armoniosa e a volte no. Ho accarezzato cani liberi e legati con catene, gatti, cavalli, asini, pecore e che emozione l’incontro con un riccio meraviglioso! Ho camminato ascoltando la musica dei passi sul selciato, bastoni fastidiosi, cani che abbaiavano, uomini russanti, galli, campane, preghiere, canti e urla a squarciagola!! Ho dormito in ostelli, palestre, saloni d’oratorio, prati, su un colle e sul pavimento in una Pieve del 1200 vicina ad un Gesù illuminato. BELLISSIMOOOO!!! Sono tornata da una “passeggiata” dove il Sole sorge e tramonta con serenità, le Stelle cadono, gli abbracci danno vero calore, gli sguardi confortano e allungando una mano c’era sempre qualcuno pronto a stringerla rassicurante. Sono tornata da un fantastico pellegrinaggio a piedi, la cui meta era attraversare una “Porta Aperta” che in realtà si è rivelata un varco di passaggio per iniziare un nuovo faticoso cammino, dove, con le scarpe al petto, una mano sulla testa e un dolce sorriso mi proteggeranno, e non avrò più paura!!! GRAZIE GESÙ Grazie CapitanDon Grazie Pellegrini, siete stati una famiglia, Rivoli è dentro di me! p.s. E alla gente che mi ha augurato: “Buona Passeggiata!” ho risposto sorridendo: “Grazieeeeeeee!!!“ Norita Zanetti 34 RIVOLI Parrocchie nella Città 35 Robe da scout! Giocare… per credere Anche in questo 2016, come ogni anno, i Lupetti del Branco “Fiore Rosso” del Gruppo Rivoli 1 hanno trascorso una splendida Vacanza di Branco, per una settimana, nella nostra casa scout di Exilles. Le Vacanze di Branco (che noi scout, amanti delle sigle, abbreviamo in VdB) sono la conclusione del cammino annuale del Branco. Rappresentano una tappa fondamentale, sono la verifica conclusiva delle attività svolte durante l’anno; in breve sono come la semina dopo l’aratura, l’una non ha senso senza l’altra. È specialmente durante le VdB che un lupetto può dare il meglio di sé, avendo maggiori possibilità di crescita anche grazie al raggiungimento di varie tappe della propria progressione personale. Vivere insieme per una settimana, senza famiglia e senza tornare a casa a fine attività, permette di tessere rapporti significativi con gli altri fratellini e sorelline e stimola i bambini a vivere le loro prime piccole esperienze di autonomia. Per quanto ci riguarda, ci siamo trovati la mattina del 22 agosto con i nostri zaini e tanta voglia di partire, di fare nuove esperienze e di vivere una settimana ricca di alcuni ingredienti che fanno parte dell’essere scout, come per esempio il gioco, la gioia di stare insieme e la condivisione. e, dato che da soli si fa inevitabilmente fatica, che si può scegliere di confidare in un amico buono e sincero come Gesù e, perché no, anche provare a fare come Lui ci ha insegnato. Infine concludiamo con le parole del fondatore del movimento scout, Robert BadenPowell: “Lo scoutismo è un gioco pieno di allegria”. Con il fortissimo augurio di volerci continuare a giocare ancora per molto, molto tempo. I Vecchi Lupi Akela (Stefano Giorda) e Bagheera (Arianna Farsella) 36 L’ambientazione scelta quest’anno è stata Mulan, cartone animato della Walt Disney ispirato a un’antica fiaba cinese. Giunti alla meta ci siamo subito catapultati nell’antica Cina e siamo stati chiamati ad essere dei guerrieri dal cuore leale per sconfiggere gli Unni, acerrimi nemici dell’impero cinese. Tra feste, esercitazioni, banchetti orientali e giochi abbiamo affrontato gli Unni, salvato la Cina e vinto le nostre paure. Infine il 28 agosto abbiamo concluso la nostra avventura raggiungendo a Pierremenaud, sopra Oulx, i nostri “fratelloni” del Reparto e del Clan, con i Capi Gruppo e le famiglie. È stata una giornata speciale, dove si è respirato un bel senso di appartenenza al nostro gruppo; insieme abbiamo pranzato e celebrato la Santa Messa con don Giovanni. È difficile cercare di descrivere le emozioni che si provano nel vedere e nel vivere momenti come questi, ma da Capi scout possiamo sentirci gratificati di ciò che pian piano, con impegno, costanza e determinazione, costruiamo con i bambini e i ragazzi che le diverse famiglie ci affidano. Il nostro obiettivo è di educare attraverso esperienze concrete, di far capire ai ragazzi che è bello puntare in alto per la propria vita, di fare del proprio meglio RIVOLI Parrocchie nella Città Una route tutta in sella a una bici il campo estivo del Clan Brownsea del Rivoli 1 VenTo. Questo è il nome della ciclabile (in verità ancora più progetto che realtà) Venezia-Torino. Per noi è stata una Torino-Venezia tutta in sella ad una bici, scenario della route del Clan Brownsea dell’estate 2016. Alla partenza da Torino il campanile di San Marco sembra proprio lontano, quasi irraggiungibile; eppure, condividendo la tanta fatica e i momenti di difficoltà, quel traguardo si è materializzato davanti a noi in maniera quasi inaspettata. Protagoniste tredici bici e una Cargo bike (incrocio mostruoso fra una bici e un carretto capace di trasportare a fatica fino a due persone; vedi la foto). Abbiamo attraversato i campi di mais di Casale Monferrato e le risaie di Pavia, siamo stati divorati dalle zanzare di Piacenza, testato l’ospitalità delle cascine della provincia di Mantova, pagaiato attraverso l’Adige per raggiungere le nostre tende su un’isola in mezzo al fiume (traghettati da un “Caronte” dotato di alquanto scarsa pazienza) e infine rinfrancato il nostro corpo nel freddo mare Adriatico di Chioggia. Non sono stati solo tanti chilometri percorsi lungo la Pianura Padana, ma anche tanti incontri con persone che hanno dato un volto a questo viaggio: chi ci ha dato un’indicazione o una parola di incoraggiamento, chi una chiave da 15, chi, ancora, ha fatto un pezzo di strada insieme a noi. Ecco qualche numero di questa route: 584 km lungo il Po; 7 giorni di pedalata; 15 ciclisti impavidi quanto sconsiderati; 2 cambusieri su un furgone; 17 forature; 1 frontale con un motorino; 1 Cargo Bike. Infine, un grazie speciale a chi ha pedalato sino a Venezia, a Fabrizio che ha adattato la Cargo bike, a padre Giordano che ci ha fornito il furgone e a don Giovanni per il costante supporto. Daniele Bergamo 37 È nato il Garden Powell, un vero orto urbano e condiviso Ciao a tutti, siamo il Clan/Fuoco La Rupe del gruppo Scout Rivoli 2. Clan/Fuoco, ovvero ragazzi e ragazze tra i 16 e i 20 anni. La Rupe, il nostro nome, ovvero la Pera Grosa di Rosta, che simboleggia l’appartenenza e il radicamento sul territorio (ci torneremo più avanti). Rivoli 2, ovvero il gruppo Scout della Parrocchia di San Martino. Questi tre elementi bastano per spiegare tutto o quasi riguardo al progetto di Orto Urbano e Condiviso (il Garden Powell) che stiamo portando avanti da ormai 2 anni. Qualche anno fa, osservando Piazza Cavallero, la piazza che ospita la nostra sede, abbiamo “scoperto” un fazzoletto di terra a lato della chiesa di Maria Immacolata Ausiliatrice. Era un po’ nascosto da una siepe bassa, con qualche alberello piantato da poco, ben curato dai volontari della parrocchia, ma inspiegabilmente vuoto. E proprio da lì è partita l’idea: prendersi cura di un piccolo pezzo del nostro territorio, cercando anche un modo per condividere il nostro lavoro (ma noi preferiamo chiamarlo Servizio) con la comunità della nostra Parrocchia. L’idea è subito piaciuta a Don Giovanni e dal miscuglio di questi ingredienti è nato il Garden Powell (per capire il gioco di parole cercate di scoprire chi è stato Baden Powell). Con tanta buona volontà, con l’aiuto di esperti agricoltori e con il lavoro di tutti, il nostro orto ha preso pian piano vita. La soddisfazione di vedere (e raccogliere) il frutto della propria fatica ci ha spinto a fare di più: abbiamo ingrandito la zona coltivata, piantato nuove verdure (pomodori, cavoli, melanzane, peperoni, patate, ecc...), piante aromatiche e “gusti”. Ma a dirla tutta, la cosa più bella del nostro orto è che non è nostro. 38 Molte persone infatti, tra cui i ragazzi africani ospiti a CasaMia, ci hanno dato una mano a girare la terra, a piantare e raccogliere, o anche solo a dare un’innaffiata durante i caldi mesi estivi. Così questo piccolo appezzamento è diventato un punto di riferimento non esclusivo, senza staccionate o recinti, in modo che chiunque passi da lì possa raccogliere due pomodori, prendere un rametto di rosmarino oppure togliere le erbacce, un vero Orto Urbano e Condiviso. Noi ragazzi siamo entusiasti per quello che abbiamo creato e ci stiamo proiettando verso il terzo anno di coltivazione, con grandi progetti in mente e soprattutto con la speranza che il Garden Powell sia considerato il “nostro” orto da sempre più persone. Al prossimo raccolto, Clan/Fuoco La Rupe, Rivoli2 RIVOLI Parrocchie nella Città Campi estivi – Rivoli 4 Quest'estate, per festeggiare il quindicesimo anniversario della nascita dello scoutismo targato Rivoli 4, tutto le unità si sono recate a Serra di Pamparato, vicino Mondovì, per vivere tutti insieme l'esperienza del campo di gruppo. Sulla rotta del Grande Blu e inseguiti dalla temibile Marina, lupetti esploratori e guide hanno cercato e trovato tesori pirata, costruito navi, cucinato prelibate pietanze, cantato e giocato con l'aiuto dei capi scout e dei cambusieri. I ragazzi del clan sono arrivati gli ultimi tre giorni di campo per vivere qualche attività e gioco insieme agli altri e poi col treno si sono spostati a La Spezia, dove è iniziata la route sui sentieri delle 5 Terre. Partendo da Portovenere, dopo 4 giorni di gradini, caldo e fatica ma soprattutto allegria, splendidi panorami e bagni al mare, i rover e le scolte sono arrivati a Monterosso, dove hanno concluso il loro cammino. Paolo Burzio 39 “Accogliere i figli per donarli – responsabilmente liberi – al mondo” Questo è il pensiero che ha stimolato gli organizzatori a dare vita alla 5a edizione di “Essere genitori, un’arte imperfetta”, un progetto di formazione per genitori che guarda al futuro con speranza, pensato per adulti con figli in tutte le fasce d’età (infanzia, età scolare, adolescenza), che prevede 6 conferenze a rotazione sulle città di Collegno, Rivoli e Grugliasco tenute da professionisti appartenenti a diversi ambiti di studio. I soggetti promotori, le parrocchie di Rivoli e l’Associazione di Volontariato Famiglialcentro di Collegno, intendono con questo percorso condividere esperienze e fornire ai genitori strumenti per educare i figli, per accompagnarli a conoscere se stessi ed entrare in relazione con gli altri, sviluppando la loro autostima, liberi di scegliere, lasciandoli sbagliare, senza paura di ferirli o di essere da loro feriti, affinché possano gradualmente camminare con le loro gambe, affrontare responsabilmente le sfide poste dalla realtà e vivere la propria vita in pienezza e felicità. Diventare genitori comporta un processo di cambiamento e di ridefinizione dell’identità sia del singolo che della coppia; passare dalla dimensione di coppia alla definizione di genitori rappresenta una transizione che modifica la vita e l’organizzazione familiare, implica aggiustamenti e nuove modalità di funzionamento. Essere genitori è una condizione che si modifica col tempo: man mano che i figli crescono cambiano le loro esigenze, cambia il modo di relazionarsi con loro, cambiano i tempi della famiglia. Essere genitori è una bella esperienza, ricca di gioie ed emozioni, segnata da molti momenti magici ma anche talvolta da piccole e grandi preoccupazioni, scoraggiamento, senso di inadeguatezza: i genitori spesso si trovano spiazzati di fronte a situazioni sempre nuove da affrontare. In particolare, nell’ambito delle prime due serate dell’edizione in corso rivolte ai genitori dei bambini da 0 a 5 anni, emerge l’immagine di un genitore attento ad ascoltare il bambino, consapevole del suo ruolo di guida, che pone le regole senza far ricorso ad influenze mortificanti, cioè all’utilizzo di messaggi distruttivi come forma di controllo. “La nostra mente immagina ciò che la parola suggerisce e spesso la condiziona” ha affermato la dott.ssa Maria Marcella Accardi, Pedagogista Clinico con Master in Difficoltà Specifiche di Apprendimento e dello sviluppo, di fronte a circa 150 genitori intervenuti alla conferenza “Educare all’autostima. Gli ingredienti per nutrire l’autostima dei bambini e favorire l’integrazione dell’aggressività”. La relatrice ha sottolineato in maniera chiara e approfondita quanto l’autostima nel bambino sia legata alla comprensione della propria capacità di conoscere il mondo, facendo esperienza con serenità, con adulti 40 che possano essere di sostegno e contenimento. Ha evidenziato l’importanza dell’ascolto attivo e dell’utilizzo di un linguaggio positivo, rispettoso del fanciullo, che dia spazio alla sua espressione e che faccia emergere i suoi talenti. “L’ascolto attivo permette di accogliere l’aggressività recuperando il suo significato originale di andare verso l’ambiente per conoscerlo: in realtà, non è l’aggressività, ma la sua inibizione a produrre episodi di violenza!” ha concluso. Assolutamente allineata su questi principi, la relatrice della seconda conferenza, Barbara Di Gisi, specializzata in naturopatia pediatrica, disciplina che si occupa di far crescere il bambino in sintonia con se stesso per favorire il suo sviluppo naturale e armonico. Intervenuta sul tema “Come crescere un bambino rispettando la sua natura. Strumenti per affrontare i passaggi evolutivi della crescita”, ha asserito più volte che in questo percorso risulta determinante la qualità del ruolo dell’educatore/genitore che accompagna il bambino nell’esprimere la sua vera natura. Riportiamo alcune frasi significative della relazione: “I bambini hanno voglia di crescere liberi, di manifestarsi. Dobbiamo uscire dalla logica della performance, superare il sistema dei premi e delle punizioni, evitare di generare in loro delle ansie da prestazione e di renderli dipendenti dal nostro giudizio. Noi adulti dobbiamo imparare ad accettare noi stessi per primi, chiederci cosa viviamo dentro di noi di fronte ad un dato comportamento dei bambini, cosa ci procura determinate reazioni, perché solo così riusciremo a conoscere, accettare ed amare pienamente i nostri figli.” Gli incontri sono patrocinati dai comuni di Rivoli, Collegno, Grugliasco e sono gratuiti. Nei prossimi numeri di questo giornale avremo modo di approfondire le tematiche trattate per le altre fasce d’età. Per informazioni potete contattare lo staff all’indirizzo: [email protected] Elena Cavargna RIVOLI Parrocchie nella Città Nella terra dei like... Nel volo verso nuovi umanesimi, stiamo facendo scalo nella terra dei like. Il decollo è avvenuto dalla terra della coerenza, dov’era considerato un valore mostrarsi per quel che si è: dico quel che faccio; racconto quel che sono. Lasciata quella terra sicura, siamo transitati dalla terra dell’apparenza: mi mostro, quindi sono; appaio, quindi valgo. Infine, da poco più di un lustro, anche la terra dell’apparenza è stata semi-abbandonata ed abbiamo iniziato a colonizzare la magmatica terra dei like: non solo dico e faccio, ma addirittura penso ciò che ottiene consenso o che, quantomeno, non solleva dissenso. In questa nuova terra, si percorrono prevalentemente due strade. La prima è la novità: basta scorrere YouTube per trovare milioni di visualizzazioni a video di “cose mai viste prima”: dal leone che abbraccia scodinzolante il suo padrone, al sacerdote in paramenti liturgici che, ad un matrimonio, canta e balla “Mamma Maria”. Siccome non son cose di tutti i giorni, ecco scattare il consenso. Tuttavia, la strada della novità nella terra dei like è difficile da percorrere ed è molto breve: tutto nasce e finisce con il consenso che si riceve e chi lo offre è già pronto a cercare altro. La seconda strada è l’uniformità, meno insidiosa della prima e, per questo, più praticata: che corrisponda o meno al vero, nella terra dei like l’uniformità porta a mostrarsi contro il bullismo, il razzismo, l’odio, le fobie e la para-fobie; a dirsi costruttori di ponti, dialoganti, accoglienti, multiculturali. Man mano però che si percorre questa strada, avviene un’evoluzione antropologica: il pensiero smette di essere articolato, declinato, sfumato, per divenire pensiero semplice (mi piace-non mi piace) e poi pensiero unico (mi deve piacere-non mi deve piacere). Siamo così portati a censurare il nostro stesso pensiero, quello che, per esempio, fa rabbrividire quando si viene a sapere che nel cuore dell’Europa un minore ha subito l’eutanasia. Si tratta di una notizia-novità passata nel soffio stesso del suo racconto e finita nel dimenticatoio, pronta per un’altra novità. In più, la mancanza di reazioni significative ci induce a credere che il pensiero stesso, quello che si indigna per cani e gatti maltrattati, diventa uniformemente muto quando si ritiene che qualcosa abbia già tutti a favore, finendo così per accettarla senza discussioni. Succede così che il pollice alzato nella terra dei like, al contrario di quanto avveniva nelle arene romane, finisca per significare morte. Marco Brusati (direttore di Hope) http://www.hopeonline.it/ 41 La Croce Dorata di Rivoli A Rivoli esiste una realtà che merita di essere approfondita per la sua storia e per ciò che rappresenta. Si tratta della CROCE DORATA, che ha come riferimento la Cappella che si erge sul piazzale del Cimitero. La costruzione di tale edificio risale al 1685 e fa seguito di pochi anni a un evento miracoloso avvenuto davanti ad un preesistente pilone votivo che poi venne incorporato in una nicchia dell'altare monumentale, dove si trova attualmente. La cittadinanza di Rivoli è sempre andata molto fiera della tradizione legata a quell'evento e ogni anno, rigorosamente la Domenica successiva alla ricorrenza della natività della Beata Vergine Maria (8 Settembre), si celebra una solenne liturgia alla quale prende parte un gran numero di fedeli. La missione di mantenere questa tradizione è affidata a un gruppo di cittadini rivolesi che si tramandano il ruolo di generazione in generazione. Di questo gruppo denominato "Abbadia della Croce Dorata" fanno parte 21 membri, comunemente chiamati SIRIOT, oltre al Parroco pro-tempore della Collegiata di Santa Maria della Stella. La data di costituzione dell'Abbadia non è nota, ma l'esistenza della stessa è documentata da un registro risalente al 1904, scrupolosamente conservato, e che costituisce la base di tutta la documentazione che si è poi susseguita fino ai giorni nostri. L'edificio di culto appartiene alla Città di Rivoli, mentre tutti i beni contenuti all'interno sono affidati in custodia all'Abbadia. Attualmente la Cappella è chiusa al pubblico causa problemi manutentivi. L'edificio necessita di interventi conservativi, ma il Comune non può attuarli in tempi brevi per mancanza di fondi e l'Abbadia, a sua volta, non ha titolo per intervenire sulla struttura non avendone la titolarità. Pur avendo manifestato l'interesse a intervenire, a totale onere dell'Abbadia, non si è potuto dar seguito 42 ai lavori per gravi impedimenti di ordine burocratico. L'Abbadia auspica che vengano intraprese tutte le misure necessarie, affinché, in tempi brevi, la Cappella possa ritornare nella disponibilità dei fedeli. Una più approfondita conoscenza di questa tradizione può avvenire consultando il sito Internet www. crocedorata.it che illustra nel dettaglio la storia, anche con supporto di documenti, fotografie, video. Luigi Luttati RIVOLI Parrocchie nella Città BATTESIMI 2017 San Bernardo Domenica 8 gennaio 2017 – festa del Battesimo di Gesù Battesimi nella messa delle ore 11 Domenica 26 febbraio 2017 ore 16 PASQUA 2017 SABATO SANTO 15 aprile 2017 Battesimi nella messa delle ore 22 PASQUA 16 aprile 2017 Battesimi nella messa delle ore 11 Domenica 23 aprile 2017 ore 16 Domenica 21 maggio 2017 ore 16 Domenica 18 giugno 2017 ore 11 Domenica 25 giugno 2017 ore 16 San Martino Domenica 8 gennaio 2017 Battesimi nella messa delle ore 10 Domenica 5 febbraio 2017 ore 15 Santa Maria della Stella Domenica 8 gennaio 2017 Battesimi nella messa delle ore 11 Domenica 5 febbraio 2017 ore 15,30 PASQUA 2017 SABATO SANTO 15 aprile 2017 PASQUA 2017 SABATO SANTO 15 aprile 2017 PASQUA 16 aprile 2017 PASQUA 16 aprile 2017 Battesimi nella Veglia pasquale delle ore 21 Battesimi nella messa delle ore 10 Domenica 30 aprile 2017 ore 15 Domenica 14 maggio 2017 ore 15 Domenica 28 maggio 2017 ore 15 Domenica 18 giugno 2017 ore 15 Domenica 10 settembre 2017 ore 15 Domenica 8 ottobre 2017 ore 15 Domenica 12 novembre 2017 ore 15 FESTA DELL’IMMACOLATA 8 dicembre 2017 Battesimi nella Messa delle ore 10 Battesimi nella Veglia pasquale delle ore 21 Battesimi nella messa delle ore 11 Domenica 30 aprile 2017 ore 15,30 Domenica 21 maggio 2017 ore 15,30 Domenica 4 giugno 2017 ore 15,30 Domenica 25 giugno 2017 ore 15,30 FESTA – SANTA MARIA DELLA STELLA Domenica 17 settembre 2017 ore 15,30 Domenica 1 ottobre 2017 ore 15,30 Domenica 5 novembre 2017 ore 15,30 FESTA DELL’IMMACOLATA 8 dicembre 2017 ore 15,30 Itinerari di fede per coppie che intendono celebrare il Sacramento del Matrimonio (Oratorio Stella) domenica - ore 19.00 gennaio: 15, 22, 29 e 5 febbraio 11 e 12 febbraio (Ritiro) 19, 26 febbraio, 5 e 12 marzo giovedì - ore 21.00 gennaio: 19, 26, 2 e 9 febbraio 11 e 12 febbraio (Ritiro) 16 e 23 febbraio, 2 e 9 marzo 43 GRUPPI DI VOLONTARIATO VINCENZIANO Gruppo Suor Annunziata Gruppo San Bernardo Gruppo San Giovanni Bosco Gruppo San Martino-Santa Maria della Stella Anno 2016 – 2017 per dare “anima” al nostro servire - incontri aperti a tutti lunedì 9 gennaio 2017 – ore 15 a San Giovanni Bosco “… gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” Mt 10 lunedì 3 aprile 2017 – ore 15 al “Salotto e Fiorito” “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” Gv 15,13 lunedì 6 febbraio 2017 – ore 15 a San Martino “Chi è stato prossimo?” Lc 10,25-37 lunedì 6 maggio 2017 – ore 15 a San Martino ore 17 ritiro spirituale… alla scuola di santa Luisa cena condivisa ore 21 veglia di preghiera – chiesa di San Martino lunedì 6 marzo 2017 – ore 15 a San Bernardo “una regola di vita: preghiera, digiuno e carità" Mt 6,1-18 lunedì 5 giugno 2017 - ore 15 a San Giovanni Bosco verifica e programmazione Gruppi anziani - proposte 2017 ETÀ D’ORO - San Martino - giovedì dalle 14.30 alle 18.00 ORE SERENE – Stella - martedì dalle 14.30 alle 18.00 MOMENTI DI SPIRITUALITA’ Martedì 4 aprile 2017 – Via Crucis – ore 15 a Gesù Salvatore PELLEGRINAGGI mercoledì 4 gennaio 2017 – visita alla mostra “Presepi del Mondo” a Bornato (BS) e poi visita a Iseo, Pisogne e Lovere (Lago d’Iseo) mercoledì 24 maggio 2017 - Pellegrinaggio al Santuario “Madonna della Guardia” a Ceranesi (Genova) FESTE Maggio 2017 – Festa di fine anno (San Bernardo) Il CORO ALPINO RIVOLI si rinnova e cambia il direttivo. Nell'Assemblea straordinaria del 20 Ottobre 2016 sono stati eletti i nuovi membri del Consiglio : Presidente: LUCCO BOSSU' Piero Vice-Presidente: FERRERO Pasquale Segretario: LUTTATI Luigi Tesoriere: NEIROTTI Mario Consiglieri: Oria Pietro, Cattaneo Carlo, Malandrino Pierangelo, Ferrero Michele, Lionello Luciano, Dosio Guido, Vietti Sergio. SERVIZIO PER IL LAVORO Il Servizio per il lavoro a Rivoli opera presso l’Oratorio della Stella, via Fratelli Piol 44, con il seguente orario: martedì 16-19 Punto di contatto telefonico (negli orari di apertura dello sportello e via sms): 333.332.0073 GERMOGLI incontri di preghiera e condivisione insieme alle persone separate o in nuova unione ogni mese alle ore 21.00: Parrocchia Santa Maria della Stella giovedì 19 gennaio, martedì 21 febbraio - giovedì 27 aprile e martedì 23 maggio Pianezza - Villa Lascaris ritiro domenica 26 marzo e domenica 18 giugno 44 RIVOLI Incontri di cammino verso la Cresima per Giovani e Adulti: ogni lunedì alle ore 21 alla Stella dal 23 gennaio al 17 aprile 2017 Celebrazione il 23 aprile 2017 alle ore 11 alla Stella Per iscrizioni passare o telefonare alla Segreteria della Stella (tutte le mattine ore 9 – 12 tel. 011.9586479) Parrocchie nella Città MINISTRI DELLA COMUNIONE A CASA Se in qualche famiglia delle nostre comunità ci fossero persone anziane o ammalate che desiderano ricevere la Comunione in casa, ci si può rivolgere ai parroci o alle segreterie parrocchiali per concordare gli incontri con i Ministri della Comunione. La tenda dell’attesa, dell’adorazione, dell’Emmanuele – Dio con noi… La tenda della Chiesa in uscita! Udii allora una voce potente, che veniva dal trono e diceva: «Ecco la tenda di Dio con gli uomini! Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio”. Apocalisse 21,3 Anche quest’anno nel tempo della novena di Natale, da venerdì 16 dicembre 2016 a venerdì 23 dicembre 2016, dalle ore 7 alle 20 sul sagrato della Stella ci sarà il tempo del silenzio, della meditazione, della preghiera e dell’adorazione nella tenda dell’Avvento per ricordarci e vivere che la chiesa esce dalla chiesa affinché possiamo incontrare Gesù che pone la sua tenda in mezzo a noi! 45 ANAGRAFE PARROCCHIALE dal 1° agosto al 31 ottobre 2016 Battezzati San Bartolomeo Chetti Davide, Carollo Riccardo, Miseo Arianna, Faragasso Greta San Bernardo Murzio Alice, Scanuzza Edoardo, Scanuzza Vittoria San Martino San Martino: Falchero Federico, Magnino Elisabetta, Muraro Matteo Jonut, Odinu Christian, Lionello Elisa, Antonellini Leonardo, Conti Cristian, Fagnoni Andrea, Bonura Noemi, Golisano Christian, Fuda Cristina, Barcello Francesca, Olivero Christian, Cionfi Allyson, Paggiolu Michael, Renna Gaia, Roso Greta Santa Maria della Stella Virgilio Erika, Calautti Alessandro, Bellitti Rachele, Caffaratto Giorgia, Cetani Francesco, Ferigo Francesco, Mantovani Sydney, Saporito Christian, Serra Nicole, Carollo Gioia, Forte Rebecca, Annuzzi Greta, Cassine Filippo, Gambula Francesco, Moda Lorenzo, Tierno Gaia, Maranto Giorgia, Rossino Giulia, Valvano Giada, Sturno Lorenzo Sposi San Bartolomeo Ricciardi Michele e Maxoumova Elena San Bernardo Chinelli Luca e Stranges Raffaella – Tiotto Roberto e Arcolin Chiara – Fantinutto Roberto e Morra Elena – Antenucci Claudio e Rapetti Simona San Martino Siviero David e Galaverna Serena Elisabetta - Savio Angelo e Pedronetto Elisa – Palmieri Luigi e Milano Chiara – Garola Giacomo e Borio Virginia – Amadio Andrea e Lanzillotta Manuela- Favarato Elia e Tricomi Luisa – della Volpe Anthony e Racca Federica – Landi Ferruccio e Saida Venera Eleonora – La Gamba Luca Enzo e Ricciardi Vanessa – Immacolato Savino e Orlando Erika Santa Maria della Stella Davini Edoardo e Di Gerolamo Giulia – Celano Mauro e Stefano Viviana Defunti San Bartolomeo Boero Angela (89) – Campana Adelfo (91) – Ferrero Luigi (54) - Zaccaria Rosa (94) – De Stefanis Lorenzo (90) San Bernardo Mottura Nadir Luigi (79) – Robotti Giuseppe (92) – Malandrino Paolo (77) – Boscolo detto Bozza Gian Maria (71) – Girodo Nella (94) – Ghirardelli Anna Maria (86) – Pafundi Luigi (76) San Martino Campanale Giuseppe (70) – Fortezza Luciana (87) – Foglio Para Giuseppina (82) – Martinetti Stefania Angiolina (80) – Beltrame Nerino (87) – Franchi Andrea – Rovetto Flavia (80) – Pintau Eusebio – Fasciano Grazia (83) Santa Maria della Stella Maglio Giovanni Michele (99) – Gambato Alberto (70) – Crepaldi Marcello (79) – Di Paolo Ilario (92) – Colla Alessandrino (84) – Basiricò Giuseppina (43) - Tricerri Maria (86) – Dughera Carolina ved. Trabucchi (87) - Pedrini Costantino (85) – Bonino Paola ved. Thedy (80) – Vinai Paolo (85) – D’Elicio Michele (92) – Filippi Olga Carmen (84) – D’Agostino Domenico (83) – Magliana Lorenzina ved. Castelletti (96) – Duò Ampelio (86) – Graffi Rita in Simioli (86) – Dadduzio Pasquale (90) – Schiafone Sara (26) – Russo Raimondo (78) – Pagliassotto Roberto (85) – Tiengo Santina ved. Menegato (90) – Baloire Anna Maria ved. Porta (85) – Testa Filomena ved. Renga (91) – Pranio Concetta ved. Parisi (86) – Tasso Francesca ved. Marino (96) – Baricco Giulio (89) – Barberis Maria Domenica ved. Pastore (80) – Ieluzzi Antonio (54) – Francovig Alice ved. Casadio (99) – Martina Gianni (81) - Ronco Mario (88) – Siviero Maria ved. Crepaldi (88) – Chiantone Ezio (74) – Inglima Maria ved. Tribolo (74) – Ciccardi Natalina ved. Ceravolo (83) – Locatelli Osanna ved. Crotta (93) – Sereni Ornella in Pietrobono (85) – Suriano Antonio (80) – Milazzo Maria in Dorino (69) 46 In ricordo di.... RIVOLI Parrocchie nella Città Giulio Baricco, uomo dei poveri Così abbiamo letto sul necrologio sul giornale. Così l'hanno giustamente voluto definire i suoi figli. Così lo ricordiamo tutti, insieme alla sua inseparabile Giovanna. La Città e le parrocchie di Rivoli hanno un grande debito di riconoscenza a un uomo (per dirla con San Paolo ) che "da ricco che era si è fatto povero" per la causa dei poveri e del Vangelo. Era difficile stare al passo di Giulio e di Giovanna. Erano sempre... oltre. Erano sempre più avanti in una dedizione ai poveri che è stata la loro "passione". Passione che dice... appassionarsi e patire. Chi è stato vicino a Giulio, in primis i suoi figli, sa che Giulio ha preso il Vangelo alla lettera. Noi tentavamo di ammorbidirlo un po' in nome del... buon senso... No, Giulio non accettava un Vangelo facilitato, ammorbidito. È stato un grande "imprenditore dei poveri". Un vulcano la sua mente e il suo cuore. Sapeva solo "eruttare" amore, dedizione, presa in carico. La radice di tutto questo? La sua incrollabile, anche se molto provata, fede. Solo nella preghiera trovava con Giovanna la forza di una dedizione... oltre l'umano. Voleva "dire" Dio ai poveri che seguiva. Certamente ha "dato" Dio! Perché chi dona amore dona Dio e diventa segno concreto del Suo amore. Grazie, Giulio. Grazie, Giovanna. Il primo novembre, festa di tutti i santi... vi ho pensato molto! Don Guido Rita (Olocco Margherita), la nostra Presidente dell’A.C. Il tuo ricordo risale a tanti anni fa: il tempo della mia giovinezza è sempre vivo nel mio cuore, come il ricordo delle belle domeniche passate all’oratorio, che per noi era Villa Mater. Ti rivedo giovane con il tuo bel sorriso e penso a quando ti vedevo arrivare con il fascio di giornali dell’Azione Cattolica e a quando sedute sulla panchina vicino alla vasca dei pesci dove c’era la statua della Madonna, tu ci tenevi l’adunanza. Le tue parole hanno lasciato in noi grandi insegnamenti della vita che non si dimenticano più. Quanto hai amato la nostra cara parrocchia! Penso agli ammalati che con tanta gioia ti aspettavano perché tu portavi loro Gesù e quante cose belle hai continuato a fare per la Sua Gloria. Cara Rita, ora che sei vicina a Gesù e ricevi il premio dei buoni, pregalo per noi che siamo ancora in questa vita con i suoi momenti belli, ma a volte tanto difficili. Ciao, Rita, arrivederci a quando il Signore vorrà M. T. Alcuni pensieri che ti erano cari: Ogni cosa è grande se fatta con amore. Siamo nati per vivere con gli altri, siamo chiamati a portare la gioia. Oggi costruiamo il domani. Nella vita di tutti noi c’è un colore che dà un significato alle cose: il colore dell’amore. 47