Giovanni Artero Massoneria socialismo anticlericalismo dall’ età giolittiana al fascismo Le premesse a fine '800 Libero pensiero, massoneria, socialismo; La battaglia per l'educazione laica; massoneria L'ingresso in politica della 1. Socialisti italiani e massoneria nell'eta' giolittiana Dalla reazione di fine secolo ai blocchi popolari (1898-1907); L’incompatibilità al congresso di Bologna (1904) e il referendum; L’incompatibilità al Il congresso di Milano (1910); Nota su Giovanni Merloni 2. Socialismo e massoneria tra impresa libica e Grande guerra Le Logge tra massimalismo socialista e offensiva nazionalista- cattolica; Il congresso di Reggio Emilia (1912); Profilo di Giovanni Lerda; Il congresso di Ancona (1914); Orazio Raimondo e le Logge del Ponente ligure; La massoneria dall’antisocialismo alla soppressione delle Logge 3. Anticlericalismo, "socialismo evangelico", socialisti cristiani La politica laicista tra '800 e '900; L'Anticlericalismo massonico e quello socialista; Il "socialismo evangelico" forma alternativa di anticlericalismo; Il "Cristo socialista"; La predicazione di Camillo Prampolini; Primi tentativi di dialogo tra cristiani e socialisti all'inizio del '900. Appendice: Massoneria partito della borghesia? Nei capitoli 1 e 2 sono dedicati al dibattito sulla "compatibilità", cioè sulla possibilità di aderire contemporaneamente al Partito Socialista e alla Loggia, svoltosi dal Congresso nazionale di Bologna del 1904 a quello di Ancona del 1914. La seconda ricerca analizza, distinguendoli, l'anticlericalismo massonico e quello socialista, con la variante del «socialismo evangelico», uno dei filoni più originali e diffusi della propaganda socialista dell’epoca. In questo ambito trova posto una lettura dei tentativi di dialogo dei “socialisti cristiani” con il partito dei lavoratori. Le premesse a fine '800 1. Libero pensiero, massoneria, socialismo L’anticlericalismo ottocentesco, legato al mito del progresso e inteso come strumento di modernizzazione che doveva favorire la diffusione delle innovazioni tecnico scientifiche e un rinnovamento dei costumi, fu l’elemento unificante tra massoneria e socialismo1 e talvolta le stesse persone erano attive in tutte e tre le organizzazioni.2 Negli anni settanta dell'ottocento sono i movimenti del libero pensiero ad apparire più forti ed organizzati. Obbiettivo primario delle associazioni del Libero pensiero è la propagazione del razionalismo, da cui deriva la lotta alla religione considerata inconciliabile con la scienza. Il movimento del Libero pensiero giunse ad identificarsi con il metodo scientifico sperimentale nel congresso di Roma del 1904, in cui fu definito come metodo, cioè come "modo di condurre il pensiero, e quindi l'azione, in tutti i campi della vita individuale e sociale". Negli anni ottanta la situazione appare ribaltata a favore della Massoneria - in cui dopo un primo periodo di egemonia dei liberali moderati erano entrati molti democratici - saldamente strutturata e portatrice di un progetto culturale e politico ampio ed articolato. Più tardi il contenzioso si riaprì con una parte dei socialisti non disponibili a viaggiare a rimorchio di una forza considerata borghese. Il socialismo, che in alcune parti d'Italia era stato aiutato a crescere anche dai massoni,3 quando si costituì in partito nel 1892, ricercò una propria autonomia finchè le leggi antianarchiche di Crispi del 1894 spinsero i socialisti ad accettare alleanze con le forze della democrazia laica. Ciò spiega la lunga battaglia contro la massoneria, vista come condizionante la linea politica del Partito socialista. 2. La battaglia per l'educazione laica Per forgiare una società nuova sia socialisti che massoni consideravano indispensabile operare nel campo della formazione, così come i liberi pensatori che consideravano la difesa e propagazione del razionalismo un obiettivo di fondamentale importanza volto all'affermazione di una morale scientifica. La Scienza, in un'ottica positivista, veniva ad essere quindi una idea-forza tanto del messaggio politico socialista quanto di quello liberopensatore e massonico. All'istruzione si assegnava il ruolo di emancipare e riscattare le classi meno abbienti (compresa la richiesta del diritto di voto non più su base censitaria, ma dell'istruzione) con l’inevitabile scontro con la Chiesa cattolica, che conservava ancora un vastissimo potere sulla società civile: assai diffuse erano le scuole e i collegi degli ordini religiosi e i valori predicati dai pulpiti erano quelli di condanna del progresso, espressi nel "Sillabo" di Pio IX del 1864. Primaria è l'attenzione alla formazione dei giovani non solo nella scuola ma anche nel tempo libero cui le Logge provvedono con la istituzione di ricreatori popolari laici per allontanare i giovinetti dagli oratori parrocchiali: a Roma l'insegnante repubblicano libero pensatore Aristide De Rossi fondò in Borgo Prati nel 1899 un Ricreatorio Popolare per "accogliere nei giorni festivi i giovanetti del popolo, togliendoli ai pericoli delle strade e delle cattive compagnie, per trattenerli in salutari dilettevoli giuochi e curarne in pari tempo l'educazione del cuore e della mente". cui si aggiunse qualche anno dopo la Società Ginnastica. Iniziative analoghe nascevano al Testaccio ad opera dell'insegnante Domenico Orario. Il concorso economico del Grande Oriente a queste attività ne attesta il coinvolgimento. 4 3. L'ingresso in politica della massoneria La massoneria rinasce dopo la Restaurazione nel 1859, quando a Torino un gruppo di liberali moderati fonda il Grande Oriente Italiano (GOI); pochi mesi dopo nasce a Palermo il Supremo Consiglio del rito scozzese antico e accettato, che diviene invece il luogo di raccolta delle logge di tendenza democratica e repubblicana, perlopiù meridionali. Ma già verso la metà degli anni sessanta la componente democratica riesce ad assumere il controllo del Grande Oriente creando le premesse per la riunificazione nel 1872 delle due obbedienze. Da quel momento la parte maggioritaria della massoneria italiana si identifica con le posizioni della sinistra costituzionale ma non manca un gruppo di più spiccato orientamento democratico, che si riconobbe sia nella linea radicale (Agostino Bertani), sia nell'opposizione repubblicana (Ernesto Nathan, Ettore Ferrari) e socialista (Andrea Costa, Antonio Labriola, Giovanni Lerda). All'inizio del 1881 la "Rivista della massoneria italiana" 5, organo ufficiale dell'Ordine, affronta il delicato tema della conciliazione tra l'astensione ufficiale sui problemi politici e religiosi e il concreto coinvolgimento della Istituzione nelle questioni interne italiane: la massoneria non si occupa di religione "quando questa non si costituisce a pericolo supremo e a negazione assoluta dell'umano progresso". Lo stesso vale per la politica. "Essa quindi deve combattere contro qualunque privilegio, sia d'uomo, sia di casta, sia di classe, sia anche di maggioranza di cittadini". In questi casi occuparsi di politica o di religione rientrava quindi nelle finalità dell'Ordine, indirizzate al conseguimento della libertà e della piena dignità della persona umana. "Però siccome l'uomo trova la sua naturale manifestazione nella civile società, nella qualità inerente ed indispensabile del cittadino, così non può dirsi che un ordinamento sociale riconosca, rispetti e difenda l'umana personalità, ove non riconosca, rispetti e difenda del pari i diritti imprescrittibili del cittadino". Ecco allora che l'impegno dell'istituzione massonica a favore del suffragio universale veniva fatto rientrare nell'ambito delle sue competenze, perché "il diritto al suffragio è il primo anzi l'essenza primordiale di tutti questi diritti” 6 L'articolo usciva alla vigilia del Comizio dei comizi che si tenne a Roma nel febbraio 1881, a conclusione di una serie di comizi svoltisi in tutto il paese per spingere il governo a varare la riforma elettorale. Radicali, repubblicani e i primi socialisti si trovarono accanto la massoneria il cui Gran Maestro "concedeva alle Officine della Comunione la libertà di prendervi parte". Sempre a Roma nell'estate 1881 democratici e massoni organizzano un grande comizio contro la legge delle guarentigie, presieduto dallo stesso Gran Maestro. Nell'autunno del 1881 la massoneria milanese organizzò un importante congresso. Sei i temi in discussione, di cui due "politici". Il titolo del secondo tema era "Dell'atteggiamento della Massoneria di fronte alla questione sociale". Il titolo del quinto riguardava "Provvedimenti per la pratica ed efficace soppressione delle corporazioni religiose in Italia.7” Ai massoni milanesi, i più socialmente impegnati, premeva affrontare seriamente i problemi del quarto stato. La massoneria non poteva restringersi ai ceti borghesi. "Il mondo cammina, il quarto stato chiede alla sua volta di entrare. Che la massoneria italiana si ponga quindi all'opera e presto. Bisogna dare al popolo ai lavoratori delle città e delle campagne, con la scienza, la coscienza di sé stessi. Bisogna educare il legittimo successore al quale i fati destinano la sovranità della terra". Era un linguaggio che superava l‘ideologia democratica e che dichiarava una identificazione col pensiero socialista. I massoni milanesi chiedevano che la massoneria si estendesse e si generalizzasse anche fra le classi lavoratrici delle città e delle campagne e criticavano quanti tendevano a rifiutare al popolo quegli stessi diritti che la borghesia aveva strappato all'aristocrazia. Per ottenere risultati concreti auspicavano la nascita di una serie di logge "operaie e campagnole" strettamente dipendenti da logge madri. I fratelli potevano anche essere analfabeti in quanto "precipuo fine di queste logge massoniche sarebbe quello d'instituire una scuola per insegnare a leggere, a scrivere e far conto non solo ai fratelli ma alle loro famiglie, ai loro amici ed attinenti". Queste logge non avrebbero pagato tasse e gli affiliati sarebbero stati lentamente istruiti sugli "intendimenti progressivi ed umanitari" dell'istituzione massonica. Si otteneva così di istruire e sottrarre alla influenza clericale un certo numero di persone che a loro volta avrebbero poi fatto propaganda laica. Si pensava anche di occuparsi del collocamento degli operai e del mutuo soccorso. L'istituzione massonica veniva così considerata punto di incontro e superamento tanto del vecchio associazionismo mazziniano quanto della nuova organizzazione dei lavoratori propugnata dai socialisti. Il tema della soppressione delle corporazioni religiose fu trattato con molta durezza: per intervenire seriamente bisognava innanzitutto sopprimere l'art.1 dello Statuto, abolire la legge delle guarentigie e lasciare le spese del culto a solo carico dei fedeli 8. All'attenzione vi fu infine la questione dell'emancipazione delle donne ma, per le implicazioni culturali e la forza della mentalità corrente, al di là dei principi non si riuscì ad andare. In sintesi, dall'insieme degli argomenti veniva fuori il progetto globale di una massoneria così potente "da farne uno dei fattori più importanti e primissimi del moderno progresso civile"9. Negli anni successivi si aprì un difficile contenzioso tra quanti volevano un impegno pieno in campo sociale facendo quindi della massoneria il partito del progresso sociale e quanti invece volevano influire sui vertici dello Stato e sulla gestione del potere a livello governativo. Nel 1882, passata la legge sull'allargamento del diritto di voto, in occasione delle elezioni politiche la massoneria si trasformò in cassa di risonanza del programma della “estrema sinistra”. Fu questo un momento fondamentale nella storia della comunione massonica nazionale: 10 radicali, repubblicani, socialisti e massoni si schierarono contro la destra e la sinistra storica11. Negli anni della gran maestranza di Adriano Lemmi prevalse la linea di una stretta interazione col governo Crispi.e la struttura che egli le diede portò ad escluderne per motivi economici i ceti più modesti ponendo le basi del mito della massoneria partito della borghesia. Lemmi fu costretto alle dimissioni nel 1896 dalla ostilità dei fratelli alla sua linea politica e gli subentrò Ernesto Nathan che abbandonava la politica di potere a favore da una parte di una nuova attenzione ai valori risorgimentali e dall'altra ai filoni più propri della massoneria anglosassone. Per Nathan la massoneria s'ingerisce solo di quella parte di politica che riguarda la questione nazionale e che soprattutto si risolve nella educazione del bambino, fanciullo o adulto, che assurge alla intelligenza della grande legge morale. La posizione di Nathan non corrispose però a quella di molte logge dei nord Italia che, raccolte intorno a Malachia De Cristoforis danno vita al Grande Oriente Italiano di Milano, fucina dell'opposizione antigovernativa di fine secolo. Socialisti italiani e massoneria nell'eta' giolittiana 1. Dalla reazione di fine secolo ai "blocchi popolari" (1898-1907) Il rapporto tra socialismo e massoneria in Italia si intensifica quando l'ondata reazionaria dei governi Crispi, Di Rudinì e Pelloux (1894-98) colpisce i circoli, le società popolari, la stampa dell'Estrema (radicali, anarchici, socialisti, repubblicani) che trovano rifugio nelle Logge massoniche, divenute luogo di incontro in cui si sfumano le diversità e si stringono legami. Nelle Logge tutte le convinzioni sono rispettate: l'ateo anticlericale, il seguace del culto valdese12, il cattolico tollerante hanno uguali possibilità di convivenza13 sulla base del filantropismo e di un ideale di vita che si richiama a grandi principi: solidarietà, cosmopolitismo, fratellanza, giustizia, uguaglianza, laicità, tolleranza, liberazione dell'uomo, emancipazione dei più deboli. Dopo il 1900 vengono ripristinate le libertà politiche statutarie e quindi scompare la necessità di attenuare le differenze ideologiche nella comune alleanza difensiva. Il PSI si dissocia dalla massoneria che a sua volta ufficialmente esclude la politica dalle Logge, ma il rapporto continua perché si basa su una comunanza di grandi temi ideali e di obiettivi politici. 14 Però su un tema comune come quello della liberazione dell'uomo vi sono visioni diverse: per la massoneria rappresenta la fratellanza raggiunta nelle Logge, dove si devono perfezionare i costumi e costruire templi alle virtù, mentre per il socialista la liberazione consiste nell'emancipazione del proletariato da ottenere con l'educazione popolare e la rimozione degli ostacoli che impediscono la crescita dei lavoratori, per l'instaurazione del regno della libertà che rappresenta il fine da realizzare mediante il Partito. Nel primo decennio del '900 il Grande Oriente d'Italia (GOI) era fautore dell'associazionismo popolare e delle fratellanze operaie e la colleganza entrava in azione anche in occasione di manifestazioni sindacali, con iniziative comuni per il rilascio dei fermati, la scarcerazione degli arrestati, l'amnistia per i condannati. 15 Il GOI, se rifiuta proposte di creare Logge composte di soli operai, da iniziare con rito sommario e tenuti a quote modeste16, promuove però scuole preparatorie operaie, corsi serali, casse di previdenza, premi di studio e non scoraggia la formazione di Officine più orientate a sinistra, purchè vi sia un equilibrio pluriclassista tale da escludere che possano divenire una “quinta colonna socialista nella Massoneria", come la “Vis Nova” di Milano, promossa da sette Maestri massoni non socialisti e forte di 35 operai, cinque dei quali di orientamento turatiano, alcuni genericamente filosocialisti e altri repubblicani: “Fieri della loro libertà di pensiero e di coscienza e tali uomini e tali caratteri da escludere qualsiasi sospetto che potessero servire ad ambizioni personali od interessi di parte.” Il gran maestro Ettore Ferrari nel 1904, ribaltando l'operato di Nathan che aveva cercato di prendere le distanze dalla politica, sposta a sinistra la Massoneria: riprende a lavorare in sintonia con i liberi pensatori, migliora i rapporti con il Grande Oriente francese, guarda con maggiore interesse al socialismo e pone termine alla scissione del gruppo milanese venendo incontro alle loro richieste. Prende nuovo vigore l'offensiva anticlericale. Il congresso del libero pensiero che si svolge a Roma nel 1904 gode del pieno appoggio massonico per il miglioramento dei rapporti col Grande Oriente francese, sollecitato dalle logge milanesi e bergamasche e la continua espansione del Grande Oriente italiano secessionista di Malachia De Cristoforis che arriva a contare circa 50 logge. Proseguiva intanto lo slittamento verso sinistra del gruppo dirigente di palazzo Giustiniani. L'assemblea massonica del 1906 conferma Ferrari 17 gran maestro ed elegge gran maestro aggiunto il radicale lombardo Adolfo Engel, presidente della serenissima gran loggia del rito simbolico italiano, un rito che non ammette privilegi di classe sociale. Il rapporto di convivenza si consolida col prevalere nel PSI della corrente riformista dal 1900 al 1911 (con la parentesi delle segreterie Ferri e Morgari nel 1904-6), e con l'emanazione nel 1906 delle Costituzioni massoniche che stabilivano che "la Comunione italiana, non discostandosi nei principi e nel fine da quanto l'Ordine mondiale professa e si propone, propugna il principio democratico nell'ordine politico e sociale". 18 Nascono in questo contesto le alleanze fra partiti laici e socialisti, che sfociano dal 1907 nella costituzione di "blocchi popolari" nelle amministrazioni comunali delle grandi città che si dimostrano in grado di strappare il potere locale all'egemonia del blocco di potere moderato. 19 Espressione di questa politica fu il comune di Roma amministrato dal 1907 al 1913 dal sindaco Ernesto Nathan, già Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, che allargò la base del consenso con le realizzazioni nelle celebrazioni del cinquantenario del Regno e in materia civile, spingendo i clerico-moderati a inasprire il conflitto per impedire che il caso di Roma si estendesse e stabilizzasse come formula di governo. Non mancarono le voci critiche: nel 1912 Amadeo Bordiga, futuro fondatore del Partito Comunista, rilevava le collusioni clientelari dei numerosi massoni presenti nel socialismo napoletano 20 così come «L’Emancipazione» di Torino sanzionava il "transigentismo" nei confronti della monarchia dei progressisti di colore massonico che formavano l’associazione radicale «XX Secolo”. 2 L'incompatibilità al congresso di Bologna (1904) e il referendum Nel 1904 la "Rivista della massoneria italiana", fino a quel momento critica nei confronti del pensiero socialista, pubblica un articolo del fratello oratore della loggia “Pontida” di Bergamo che traccia un parallelo su consonanze e incompatibilità tra massoneria e socialismo arrivando alla conclusione che si può lavorare insieme. Afferma che la massoneria punta allo svolgimento evolutivo del processo umano nel campo civile e in quello politico. Politicamente chiede la libertà per i deboli e gli oppressi. Civilmente vuole l'uguaglianza sociale e la fratellanza fra gli uomini. Il socialismo ha come principio fondamentale l'uguaglianza sociale come uguaglianza di diritti e di doveri. Per ottenere questi risultati bisogna prima liberare le menti dall'ignoranza e dal pregiudizio religioso. Una propaganda anticlericale a base di riforme sociali riesce efficacissima. Le riforme sociali tendono appunto ad eliminare le disuguaglianze: "Tali riforme inspirate al principio evolutivo, sono chieste specialmente dal socialismo riformista e concernono i rapporti tra capitale e lavoro e possono avere l'appoggio della massoneria". La massoneria non condivide l'abolizione della proprietà, ma si dice convinta che essa va a subire ridimensionamenti nei casi di pubblica utilità. "La massoneria partecipa col socialismo alla lotta contro il privilegio" ed è attenta ad aiutare i deboli; però, a differenza del socialismo, la massoneria tiene conto della minoranza dominante ed ha tendenza temporeggiatrice, talvolta inerme per tema del peggio - ed invece il socialismo, premuto dalle sofferenze degli oppressi, tende a rappresentarne l'interesse particolare in nome del maggior numero". Se le tattiche sono diverse il fine è comune: il raggiungimento di una vera "democrazia sociale". Mentre i vertici della istituzione massonica italiana mostravano di accettare il programma minimo socialista, alcuni socialisti cercavano di liberarsi dalla tutela massonica. La questione della compatibilità fra adesione alla massoneria e militanza socialista fu discusso per la prima volta all'interno del PSI a livello nazionale all'8. Congresso (Bologna 8-11 aprile 1904), al termine del quale conquistò la Direzione una eterogenea alleanza antiriformista costituita dagli intransigenti di Enrico Ferri e dai sindacalisti rivoluzionari di Arturo Labriola. L'undicesimo e ultimo punto dell'Ordine del giorno del Congresso, "II partito socialista e la Massoneria", fu affidato a Gastone Giunti21 che evitò di prendere una posizione radicale su un argomento che poteva portare complicazioni nei rapporti coi partiti socialisti fratelli, limitandosi a raccomandare di non entrare in massoneria per non confondersi con le forze borghesi. Nelle elezioni del settembre 1904 i socialisti presentarono candidati di partito che in molti casi determinarono la sconfitta dei radical-democratici e liberal-progressisti massoni nella lotta con i clericomoderati o i costituzional-moderati; nei turni di ballottaggio poi i voti socialisti non sempre si riversavano sui candidati demo-massonici, con conseguenti penosi strascichi. Nel 1905 la Massoneria fu messa sotto accusa sull' ”Avanti!” dal sindacalista-rivoluzionario Guido Marangoni come "quinta colonna" del riformismo piccolo-borghese in combutta, più o meno consapevole, con moderati e clericali, provocando la reazione del compagno massone Alfredo Poggi, che difese l'affinità tra i socialisti e i libero-muratori, anche nella prospettiva delle confluenze elettorali nei "blocchi popolari". L'intervento di Marangoni allarmò la massoneria22 e cominciarono le prese di posizione: un "Fratello X" difese la compatibilità23 ricordando i momenti fondamentali della storia moderna in cui la massoneria aveva difeso la libertà e lo spirito di fratellanza e di tolleranza, e concluse: "Perché dunque combatterla? O non è combattere una forza viva, un ausilio valevole all'opera continua di svolgimento della legge indefinita del progresso umano? I socialisti, più che combattere la Massoneria, dovrebbero conquistarla e trasformarla, e sarebbe una nuova e grande forza al servizio della moderna civiltà" previa epurazione delle Logge dai massoni filo-clericali e moderati, "trescatori illeciti, profanatori del tempio" 24. Sempre nel 1905 la Gran Maestranza, decisa a "esplicare una azione di difesa di fronte alla lotta contro di essa iniziata dal partito socialista, ed un'azione inoltre diretta ad infrenare possibilmente gli eccessi e le violenze, in cui talora quel partito, od almeno una notevole parte di esso, si è abbandonato ed ai quali ci si proclama pure disposto come a metodo di lotta" ammonì i Fratelli a portare i principi massonici nei partiti in cui militavano e a non dimenticare che era "grave reato massonico" accettare o comunque attuare "il metodo dell'odio fra le classi e la violenza". Sondaggi vennero avviati per vedere se i “Fratelli” socialisti fossero disposti a "spendere l'opera propria per dirimere o almeno diminuire il conflitto acuto in cui il loro partito si è messo colla Massoneria, e per verificare inoltre quale contegno quei Fratelli sieno disposti ad assumere verso l'Ordine nel caso che il loro partito deliberi la incompatibilità"25. A costoro, specie se ricoperti di dignità o massoni notori, il Governo dell'Ordine consigliò di recidere senz'altro i legami con le Logge, salvo a chiedere riservatamente ad Agostino Berenini e Andrea Costa di promuovere una riunione tra gli esponenti socialisti notoriamente affiliati, per circoscrivere gli effetti dell'agitazione antimassonica. Nell'ottobre 1905 Turati precisava l'estraneità sua e del partito dalla massoneria in un'intervista al "Corriere della Sera" che scatenò vivaci prese di posizione e denunce dei tentativi di penetrare nei centri nevralgici del socialismo riformista26. Nello stesso mese la direzione socialista deliberava di indire un referendum fra gli iscritti per conoscere l'orientamento della base sulla compatibilità tra appartenenza al partito e alla massoneria, ma la partecipazione fu molto scarsa: su 1.905 sezioni con 37.971 iscritti parteciparono alla consultazione solo 474 sezioni (il 25% del totale), per un complesso di 11.776 votanti (il 30% degli iscritti). La condanna dell'appartenenza alla massoneria riportò 10.075 voti (l'85% di quanti si erano espressi), mentre la proposta di espulsione dei massoni dal partito ebbe 9.163 voti (il 78% dei consensi 27) ma per l'insufficiente rappresentatività della consultazione il partito non adottò misure. In risposta la giunta del Grande Oriente decise di ritenere "definitivamente dimissionari dall'Ordine quei Fratelli, i quali, interpellati dai loro Venerabili, risposero che se l'esito del referendum avesse stabilito la incompatibilità tra le qualità di massone e di socialista, si sarebbero ritirati dalla Massoneria; che per tutti gli altri non crede doversi prendere qualsiasi risoluzione, lasciando loro giudici e liberi di rimanere o di andarsene, perché la Massoneria che deve accogliere ed accoglie uomini onesti di qualunque fede, scuola o partito, purché sinceramente devoti alla libertà, alla civiltà ed alla patria, non può, senza rinnegare le sue dottrine fondamentali, formulare ostracismi, né assumere atteggiamento d'intolleranza" Nel febbraio del 1906 si riunì l'assemblea costituente massonica, nella quale apparve chiaro il desiderio di Ferrari di conservare buoni rapporti con i socialisti. Nella sua relazione il Gran Segretario dedica ampio spazio agli attacchi che ormai da anni vengono indirizzati alla massoneria dal partito socialista, o meglio, si precisa, "da un gruppo che si arroga di rappresentarlo". Parla del referendum fatto tra i socialisti citando le parole di indignazione suscitate nel giornale "Era socialista" di Genova. Con un collegamento affatto trasparente si ricorda che "la Santa Inquisizione socialista seguì il suo procedimento, e 9 mila proletari su 37 mila iscritti deliberarono l'indegnità dei socialisti-massoni". Conseguenza del referendum fu che alcuni massoni si dimisero dal partito, altri lasciarono la massoneria. Nel 1908, dopo le segreterie Ferri (1904) e Morgari (1906), al 10. Congresso nazionale del PSI tornarono alla guida del partito i riformisti che sostenevano l'alleanza anticlericale con repubblicani e radicali, ma già nel 1907, analogamente a quanto era accaduto in Francia, si formarono nelle elezioni amministrative dei “blocchi popolari” delle sinistre che conquistarono tra gli altri, come già detto. il comune di Roma eleggendo sindaco il Gran Maestro Ernesto Nathan. Una circolare alle Logge del 1909 insisteva sulla marginalità ed episodicità della polemica coi socialisti: la deplorazione per l'ostilità antimassonica di taluni "compagni" non coinvolgeva né "tutto il partito socialista e molto meno...le teorie fondamentali di quella scuola politica". A Palazzo Giustiniani si riteneva prudente non aggravare il conflitto assumendo difese eccessive e intempestive, fino a quando nelle sezioni e nel gruppo parlamentare socialista esistevano affiliati alle Logge. Inserendosi nella lotta tra le correnti del partito si potevano isolare le frazioni antimassoniche ma si rischiava di far diventare la "compatibilità" un punto qualificante della loro contrapposizione, per cui la Loggia "XX settembre" di Roma ricordò ai Fratelli che le "frazioni [socialiste] sono concordi nel concetto sostanziale della lotta di classe, contrario al concetto della fratellanza propugnato dalla Massoneria, ed ugualmente concordi negli attacchi e nella denigrazione dell'Ordine". 3 L'incompatibilità al Congresso di Milano (1910) I cattolici, rafforzati dall’arrivo nel 1905 delle congregazioni espulse dalla Francia - che aveva abrogato il concordato napoleonico e rotto i rapporti diplomatici con il Vaticano - penetrano capillarmente nella società con l'avallo delle forze politiche liberali. Le loro istituzioni, riunite sotto la guida dell'Azione cattolica italiana e sul terreno politico orientate dalla Unione elettorale cattolica, primo passo verso la nascita del Partito Popolare, si avvalgono della veste religiosa per godere dei privilegi della legge delle Guarentigie 28 Il partito socialista è allarmato da questo sviluppo delle forze clericali e reagisce con prese di posizione, condivise anche dalle correnti democratiche e radicali, come la "mozione Bissolati", discussa in Parlamento nel 1908 per la difesa della scuola elementare laica, "vietando che in essa venisse impartito, sotto qualsiasi forma, l'insegnamento religioso". In campo scolastico i clericali intendono contrastare la laicizzazione della società proponendo a Giolitti l'alleanza dei cattolici sulla base di concessioni alla scuola privata. 29 Nel 1910 Gaetano Salvemini ripropose la questione dei rapporti con la massoneria, rilevando che il tema dell'anticlericalismo comune ai partiti della "democrazia", era per taluni "un diversivo indirizzato a distrarre il proletariato dalle proprie specifiche rivendicazioni di classe, pensando che una lotta anticlericale sia il mezzo più adatto a rialzare il tono depresso della nostra vita pubblica [Costoro non vogliono] saperne di suffragio universale, perché «farebbe il gioco dei clericali»30". All'11. Congresso nazionale tenuto dal 21 al 25 ottobre 1910 a Milano la questione viene inserita al punto 6 dell'OdG ("Educazione e propaganda") lettera b ("Azione e legislazione anticlericale) affidandone la relazione al riformista e massone Giovanni Merloni e a Francesco Ciccotti (mozione ”intransigente”) 31 Merloni inserisce la questione nel contesto storico rilevando che l'argomento non è nuovo ai congressi socialisti, "ma in nessuno giunse agli onori della discussione, in ciò seguendo la sorte comune a non pochi altri temi pur di notevole importanza, che nei congressi socialisti rimangono di solito sepolti sotto la grave mora dei dibattiti"32. Nel periodo della prima Internazionale il socialismo "prese di mira direttamente la Chiesa ...sinonimo di ignoranza e di tenebre, di miserie e di ferocia, di soggezione e di abbiezione umana, di servitù e di schiavitù"; mentre con la nascita del partito socialista, nell'ultimo decennio dell'Ottocento, "alcuni atteggiamenti e procedimenti mutano; è indispensabile l'accordo profondo e completo di tutti i lavoratori sul terreno delle lotte economiche contro la proprietà privata, generatrice delle miserie individuali e sociali: di tutti i lavoratori senza distinzione di fede politica e di fede religiosa. Il partito socialista considerò la religione questione privata; e non fece di una lotta contro di essa e contro il clericalismo caposaldo di azione pratica". La fede religiosa si è affievolita ma è aumentata la potenza politica con la costituzione di strutture come "le casse rurali, il credito, le cooperative, le mutue per assicurazioni, gli asili, i ricreatori, le scuole, i grandi laboratori congregazionisti per l'apprendissaggio e lo sfruttamento inaudito di lavoro non pagato, i circoli di divertimento, i teatri, le palestre, le associazioni sportive"33 Merloni sostiene la assoluta "opportunità, meglio necessità, meglio ancora urgenza improrogabile, di una deliberata ed aperta azione anticlericale del partito socialista"34. Il clericalismo in Italia si presenta come "una forza viva, attiva, combattente, in attitudine permanente di offesa e di difesa, di sfida,di guerra, sempre in agguato contro le libertà e contro l'avvenire delle società democratiche" e il partito clericale si trova "in condizioni di manifesta superiorità su tutti gli altri. Per questo partito non esiste la legge comune come per tutti gli altri. Al papa, che non è altro che il capo del partito cattolico internazionale e del partito clericale italiano, la legge della Guarentigie fa una posizione da sovrano, circondandolo da immunità e da garanzie di cui nessun altro cittadino e capo partito gode". I socialisti devono decidere se condurre la battaglia anticlericale da soli, in modo intransigente, o alleandosi con le forze del cosiddetto "anticlericalismo borghese", liberali, radicali, repubblicani. Egli pensa che "se codesti partiti [laici] e istituti proseguono tuttavia un apostolato tenace di educazione laica; se operino continuamente a liberare lo stato dalle residuali incrostazioni confessionistiche; se concorrano a promuovere l'istruzione e si facciano banditori pertinaci della scuola laica e della sua avocazione allo stato, spiegando ogni loro influenza in tal senso; se promuovano nelle città e nei piccoli paesi ricreatori e istituzioni laiche per contrastare ai clericali la conquista e la deformazione morale e politica dei giovani; se essi combattano per la libertà del pensiero, per la democrazia dell'amministrazione, per la estensione e l'universalità del suffragio...in che cosa sarebbero condannabili, o insignificanti, agli occhi dei socialisti? E perché i socialisti che sentono la imperiosità, in questo nostro paese, e la bellezza della lotta laica, dovrebbero rifiutare le loro energie intellettuali e morali e la loro cooperazione?". Sul terreno dell'azione pratica si deve abbandonare l'intransigenza senza scendere a compromessi sugli altri campi, in quanto "ove si intenda a costruire l'avvenire con la scuola, con l'educazione molteplice, con l'esercizio della libertà, con la conquista di istituzioni democratiche l'intesa può prodursi in piena sincerità e con effetti benefici". Sul piano delle proposte concrete indica la necessità di "un'azione sistematica di propaganda e di lotta diretta a questo duplice scopo: primo, di ottenere che lo stato italiano sia completamente separato dalla chiesa cattolica, e che questa sia posta nelle stesse condizioni di qualsiasi altra confessione religiosa e sottoposta, in tutto e per tutto, all'imperio del diritto comune; secondo, di favorire la creazione e lo sviluppo intensivo di situazioni morali e sociali atte a sostituire progressivamente l'attività cattolica nel terreno in cui di preferenza si è accampata". Quindi bisogna conseguire la aconfessionalità dello Stato italiano, l'abolizione della legge delle Guarentigie e delle altre leggi che riservano condizioni di privilegio al clero e alle istituzioni ecclesiastiche sottraendole al diritto comune, la definitiva eversione della proprietà di manomorta ecclesiastica, la soppressione del fondo per il culto, destinandone i mezzi "a scopi umanitari, massimamente a vantaggio delle classi lavoratrici". Per condurre a fondo la campagna anticlericale il partito deve dotarsi di un centro coordinatore e dirigente dell'azione di propaganda: "Come abbiamo un Comitato centrale socialista per il suffragio universale, come l'organizzazione della gioventù socialista si ispirò alla opportunità di animare nel paese una efficace propaganda antimilitarista, non potremmo in avvenire avere un Comitato centrale socialista per l'azione laica, giust'appunto in omaggio alla divisione del lavoro, per affidargli il mandato di iniziativa e di coordinazione?". Esso dovrebbe curare "la propagazione di un pensiero preciso, con la parola e con lo scritto, con la conferenza e con l'opuscolo, con l'agitazione e col giornale, e per la formazione di una volontà conscia e operosa, che sappia il punto di arrivo, che sappia la strada e le sue tappe necessarie". La relazione di Francesco Ciccotti "più lesta e serrata nello sforzo di porre la questione sul terreno anziché dell'anticlericalismo, di una politica di semplice laicità ed uguaglianza civile" 35 propose analoghi provvedimenti contro il clericalismo, differenziandosi sull'opportunità di allearsi con la Massoneria 36. Mondolfo, Mastracchi, Salvemini e Angelica Balabanoff presentarono una mozione che invitava «i socialisti che non sono massoni a non entrare nella massoneria e quelli che vi appartengono di uscirne». Nella discussione che seguì si espressero a favore Ciccotti e Serrati, invece Zibordi si pronunciò per la facoltà dei vecchi socialisti (ricordando che fra loro vi era stato anche Andrea Costa) di rimanere nella massoneria e per il divieto per i giovani socialisti di entrarvi. Podrecca, Jacobi e Lo Sardo furono contrari ad ogni pronunciamento antimassonico e Reina presentò un ordine del giorno firmato anche da D'Aragona, Chiesa e Del Buono che si limitava ad invitare i compagni e particolarmente gli organizzati «a voler tenere presente che l'opera loro di educazione e disciplinamento e soprattutto quella di opposizione a gretti criteri corporativistici» poteva «essere seriamente compromessa per i dubbi e le diffidenze facilmente suscitabili nei lavoratori dal sospetto che, appartenendo essi ad una associazione segreta, di cui sconosciute sono le regole vincolatrici, la loro azione, anziché dal vero ed unico interesse dei lavoratori, potesse essere ispirata e determinata da quei vincoli segreti ». Sull'intera questione fu infine approvato un ordine del giorno presentato da Merloni integrato con un’aggiunta Reina-D’Aragona 37 Nella mozione conclusiva Turati invitò i socialisti "ogni qualvolta siano chiamati a decidere di tattica elettorale locale, a ricordarsi dell'opera reazionaria e crumira dei repubblicani di Romagna sul terreno economico, non sconfessata né dalla direzione né da una sola Sezione del Partito Repubblicano Italiano, e a regolarsi di conseguenza"; e pose in guardia dal perpetuare "alleanze elettorali, amministrative o politiche" che, un tempo giustificate dalla necessità di difendere comuni libertà, ora avrebbero potuto "scemare e adulterare, per l'illusione di benefizi ristretti ed effimeri, la forza e il carattere del Partito, in contrasto con le esigenze della lotta di classe".38 Alla liquidazione della "politica dei blocchi" per la diversità tra socialisti e "corporazioni fondamentalmente estranee allo spirito della lotta di classe proletaria" chiesta da Turati si oppose Giuseppe Emanuele Modigliani, che la limitava a casi eccezionali e affidava alla Direzione la decisione ultima sui casi locali, mentre Costantino Lazzari, appoggiato da Serrati e Marangoni, incitava al ritorno a metodi duri di lotta, sciopero generale compreso, contro la "pacificazione e conciliazione sociale", denunciava "le alleanze elettorali, amministrative e politiche, con tutti i partiti borghesi, dal meno radicale al più repubblicano" e invitava il congresso a dichiarare "esiziale agli interessi del Partito socialista" la politica dei blocchi, "tanto più dove hanno potuto infiltrarsi nelle nostre file le influenze massoniche, fondamentalmente estranee allo spirito della lotta di classe proletaria". Molti chiesero di votare per appello nominale la condanna dell'appartenenza alle logge ma si rinviò la decisione ad un referendum fra gli iscritti perchè nell'acceso clima la votazione poteva portare alla compilazione di liste di proscrizione dei difensori della massoneria. All'assemblea indetta il 21 dicembre 1910 dall'Unione socialista romana in preparazione del referendum, Alberto Beneduce 39 considerava la massoneria una "specie di accademia platonica" che contribuiva al miglioramento educativo e culturale degli affiliati e concludeva: "c'è bisogno di ambienti sereni nei quali discutere in contradditorio dei problemi sociali della vita. E un ambiente adatto a tale lavoro è la Massoneria"40. Merloni, molto applaudito, enumera una serie di esempi del passato anche recente a dimostrazione che "l'opera singola dei socialisti massoni non ha mai dato occasione a rilievi di sorta in tutto il partito ... Donde la proposta della scheda bianca: che non significa disinteresse dal problema massonico, il quale può sempre utilmente discutersi, ma disinteresse dal fatto che ci siano dei socialisti i quali credano utile e benefico di associare anche le loro singole energie a quelle di un'istituzione che si propone di dissodare e di preparare nel campo della cultura, della educazione e delle rivendicazioni laiche, il terreno alle conquiste democratiche e socialiste". Ciccotti interviene per condannare l'adesione alla massoneria e, senza "mette[re] in dubbio la rispettabilità politica dei socialisti massoni", si chiede: "L'esempio personale di azione indipendente di Merloni e altri è sufficiente a provare la utilità di una penetrazione socialista nella massoneria?". Al referendum ancora una volta partecipò meno della metà degli iscritti: "in siffatte materie un referendum è assurdo", più che una mozione o l'altra prevale l'indolenza: chi è poco interessato al problema non vota scheda bianca, rinuncia proprio a votare41. Tra i vari opuscoli pubblicati nell'occasione, spicca quello di Santi Vannuzzi, segretario della sezione socialista di Cattolica. Respingendo le accuse di mantenere segreta la sua azione per nascondere "qualcosa di losco" e di "procacciare ai fratelli illeciti favori e disonesti benefizi", sottolinea l'importanza del ruolo educativo della massoneria che si propone "il miglioramento morale e intellettuale dei suoi adepti, con la cultura del loro spirito, con la formazione del loro carattere. I partiti politici non possono incaricarsi di questa missione; in essi si milita ma non si ha né la disposizione, né la occasione per educarsi e per educare per liberare la società da molti mali che l'affliggono, per avviarla progressivamente verso un assetto di maggiore giustizia, i socialisti possono efficacemente contare sul concorso di quanti, discordi su altri punti, concordano genericamente in questa aspirazione di progresso e di bene". [la massoneria non è altro che] "un'accolta di uomini liberi, i quali si uniscono convenendo lealmente di lasciarsi pienamente indipendenti, così nel pensare come nell'agire, in tutte quelle questioni nelle quali divergono per unire i propri sforzi nella trattazione delle questioni, nell'agitazione dei problemi, nella propagazione delle idee su cui l'accordo è possibile e utile". Così la massoneria svolge un ruolo fondamentale offrendo la possibilità che "uomini di diversi partiti della democrazia possano ritrovarsi su di un terreno chiuso alle lotte infeconde, nel quale la cortesia e la benevolenza sono consuetudine ed obbligo". Egli nega che il partito socialista abbia il diritto di vietare l'appartenenza alla massoneria ai suoi iscritti, sottolineando che "l'opera continua di intesa fra le varie frazioni della democrazia costituisce una delle maggiori seppur disconosciute benemerenze della massoneria". La presenza dei socialisti dentro la massoneria contribuisce a stimolare lo sviluppo in senso democratico dell'istituzione: "Così i socialisti massoni hanno concorso a far sì che nel 1906 fosse solennemente consacrato nell'articolo primo delle rinnovate costituzioni massoniche il concetto che la Massoneria si propone di attuare il principio democratico nell'ordine politico e nell'ordine sociale"42. Un altro opuscolo a firma "Il Socialista Massone"43 pubblicato alla vigilia del referendum, rivendica la libertà più completa degli iscritti alla massoneria e replica alle accuse più frequenti di cui si è sentito investito, cioè che "la presenza di rappresentanti della borghesia nella istituzione massonica influisca, o possa influire, sugli atteggiamenti dei socialisti che pure vi appartengono. Questi ultimi saranno eternamente bloccardi nelle elezioni politiche e amministrative. E in occasione di conflitti economici saranno blandi e tiepidi, si lasceranno forse suggestionare dai borghesi massoni, propenderanno più facilmente per le vie della conciliazione, e così via". Rivendica soprattutto i meriti della massoneria nella lotta contro l'intolleranza dei clericali ed esalta il fatto che "la Massoneria, lasciando, come sempre, totalmente liberi i suoi iscritti di propugnare quella tattica che essi credano migliore, si astiene dall'intervenire nelle lotte elettorali. Insomma, individualmente, i socialisti massoni non contraggono alcun impegno, che possa in qualsiasi modo o misura contrastare coi loro doveri di partito. L'unico impegno che essi assumono, in quanto massoni, è di dare opera attiva all'apostolato anticlericale e laico"44. Se i socialisti uscissero in blocco dalla massoneria effettivamente allora essa rischierebbe di trasformarsi in una istituzione borghese, omogenea, una specie di partito politico, in cui potrebbe prevalere il carattere antisocialista e antiproletario. Mentre “l'Asino” di Podrecca sul rapporto socialismo-appartenenza massonica opta per la libertà delle scelte personali45 la stampa d'opinione agita il tema per creare difficoltà ai socialisti, come il "Giornale d'Italia" che intervista un anonimo socialista massone "ex-collega in giornalismo, socialista di vecchia data e salda fede, un massone entusiasta, anzi uno dei pezzi grossi della massoneria romana" che difende la compatibilità, suscitando l'intervento di Benedetto Croce che in una lettera al giornale definisce la massoneria "uno dei prodotti più schietti del secolo decimottavo [mentre] il socialismo, è uno dei più schietti prodotti del secolo decimonono, per tanti riguardi opposto a quello decimottavo". Nella replica il "socialista massone" distingue fra valori universali propri della massoneria e programma politico particolare proprio del socialismo: "la Massoneria non è un partito. Il partito socialista invece è un partito: e i partiti - si sa - hanno idee ben certe"46 che tendono più a dividere le forze politiche, anche affini, che non ad unire. In risposta a queste polemiche, Merloni ammette l'appartenenza alla massoneria ma ribadisce con fierezza: "la mia condotta di giornalista e di socialista ha sempre e unicamente obbedito alla mia libera coscienza e alle mie libere convinzioni. Nessuno oserebbe affermare il contrario. E come credo che i miei compagni di fede, massoni o no, siano animati dai medesimi impulsi di rettitudine e di schiettezza; e come credo, ad ogni modo, che ogni socialista abbia il diritto di essere giudicato dai compagni solo alla stregua dei suoi atti, così mi duole che il mio partito perda ora il suo tempo e le sue energie in una piccola e meschina schermaglia interna"47. 4 Nota biografica su Giovanni Merloni Di questo socialista riformista affiliato alla Loggia per ispirazione laica e anticlericale si indicano solo alcuni dati essenziali, rimandando per maggiori informazioni a un'ampia ricerca a lui dedicata48. Nato nel 1873 a Cesena, dove milita nel partito socialista, nel 1900 si trasferisce a Roma dove svolge un'intensa attività di pubblicista sull' "Avanti!" ed in quotidiani di opinione, ed entra nella Direzione del PSI. Più volte candidato in Romagna senza successo, nel 1913 fu eletto alla Camera, dove rimase per un decennio, nel collegio di Grosseto. "Atteggiamento liberale, posizione tollerante basata sulla libertà di scelta individuale, sulla non interferenza delle associazioni fra di loro, ma nel sinergismo delle forze, in una lotta comune per l'allargamento del fronte laico, democratico, progressista, seguendo in ciò l'esempio di Andrea Costa, iI cui richiamo è frequentissimo da parte di chi rivendica la legittimità della duplice appartenenza e ne addita l'onestà e il rigore da nessuno posta in discussione"49 La posizione di Merloni sull'incompatibilità era laica, tendeva a distinguere la sfera dell'operare politico dalle convinzioni ideali; egli escludeva che il partito potesse interessarsi e decidere a maggioranza su questo tema ed evitò ogni intervento sia nel dibattito congressuale che in seguito50; del resto intervenire significava riconoscere implicitamente la legittimità del partito a trattare e decidere il tema dell'appartenenza o meno alla massoneria. Ignorò le decisioni adottate al congresso di Ancona, evitando ogni presa di posizione pubblica in favore dell'appartenenza alla massoneria. Altri esponenti socialisti furono espulsi dal partito dopo le decisioni di Ancona, come Alfredo Poggi, che aveva presentato la relazione e l'ordine del giorno favorevoli alla compatibilità, Orazio Raimondo e Giovanni Lerda, che lo avevano sostenuto; mentre Giuseppe Soglia e pochi altri abiurarono la massoneria per restare nel partito. Le reazioni al provvedimento furono complessivamente limitate e poco dopo lo scoppio della guerra impose all'opinione pubblica ed ai socialisti italiani più gravi questioni. Dopo l'avvento della dittatura fascista si ritirò a vita privata, ma fu accusato di aver tentato la ricostituzione di un movimento "social-massonico", condannato al confino nel 1936 e assegnato a Cariati, in provincia di Potenza, dove si conclude la sua tragica sorte, prima con la paralisi e poi con la morte. Socialismo e massoneria tra impresa libica e grande guerra 1 Le Logge tra massimalismo socialista e offensiva cattolico-nazionalista Nel primo decennio del '900 la Massoneria, in quanto collante ideologico e organizzativo dei “blocchi popolari”, aveva visto crescere il proprio ruolo politico ma anche attirato forti opposizioni e nel clima neoidealistica e antipositivista la sua mentalità era irrisa dagli intellettuali. .51 Bersagliato dai grandi quotidiani e da un ventaglio di correnti politiche e movimenti culturali, il Grande Oriente perse la capacità di perseguire un disegno coerente e la difesa contro gli attacchi esterni e i loro riflessi interni ebbe la meglio sull’assunzione di iniziative originali, come si vide dal suo ruolo marginale nella battaglia per l’introduzione del suffragio universale o dall'esclusione dall’inaugurazione del monumento a Vittorio Emanuele II in occasione della celebrazione del cinquantenario del Regno nel 1911. Alla massoneria venivano attribuite forza, unitarietà, coerenza ch'era lontano dal possedere: nel 1908 si spaccò nei due tronconi di Palazzo Giustiniani e di Piazza del Gesù e quando entrò in contrasto con Giolitti per l'apertura ai cattolici le adesioni altolocate e i numerosi parlamentari si rivelarono una forza apparente. La secessione del Rito scozzese guidata da Luigi Fera, da cui ebbe origine la comunione di piazza del Gesù, che si richiamava alla massoneria anglo-americana, non disdegnava la possibilità di una soluzione di compromesso con i cattolici, non condivideva la politica dei blocchi e risentiva anche delle nuove spinte spiritualistiche e neo-esoteriche che rivendicavano la tradizione iniziatica come unica via alla ricerca della Vera Luce, al di sopra delle miserie e della meschinità del mondo profano. La secessione spinse l’Ordine a rivolgere l'attenzione al quadro politico nazionale. Allontanatisi gli elementi moderati, rimasero nel Grande Oriente i fratelli più democratici divisi però tra radicali, repubblicani e socialisti..Quindi una scelta che privilegiasse un partito a scapito di altri rischiava di provocare spaccature interne, senza riuscire peraltro ad evitare problemi con le logge milanesi. La massoneria aveva influenzato una visione fondata sul concetto che i progressi della civiltà industriale avrebbero risolto i conflitti tra nazioni in una dimensione di internazionalismo e pacifismo, ma col tempo andò accentuando la propria attenzione per la tutela degli interessi italiani a discapito dei valori pacifisti, umanitari e cosmopoliti. Aggiornando il concetto romantico-mazziniano di nazionalismo, fornì un cauto sostegno alle correnti irredentistiche (le quali si battevano per il ricongiungimento di Trento e Trieste all’Italia ma iniziavano anche a manifestare aspirazioni di espansione verso l'Adriatico) e soprattutto appoggiò nel 1911 l’impresa libica, anche in risposta ai cattolico-conservatori che accusavano il GOI di appoggiare segretamente la causa dei Giovani Turchi, la cui ascesa al potere era stata incoraggiata dalla comunità massonica 51 bis. Il Gran Maestro Ettore Ferrari, in una circolare del 4 novembre 1911 scrisse: "Dai lontani lidi d'Africa giunge, con l'eco delle vittorie, il grido dei forti che cadono gloriosamente per la nuova affermazione della civiltà italica. Quel grido commette alla Patria la sorte degli orfani, delle spose e delle madri dei caduti. Il supremo appello si ripercuote nella grande anima italiana. La Massoneria, alta espressione della coscienza nazionale, deve, ora come sempre, immediatamente e degnamente rispondervi." Fin dal 1904, sulla «Nuova Antologia», Ernesto Nathan aveva affermato l'esigenza per l'Italia di rivendicare un proprio ruolo tra le grandi nazioni, e di approntare quindi tutti gli strumenti idonei a perseguire una autentica politica di potenza: in primo luogo l'esercito e la diplomazia, che dovevano divenire «forze reali, non nominali». Consapevole delle critiche che queste espressioni avrebbero suscitato in seno alla sinistra democratica, Nathan osservava: Se guerrafondaio è il volere senza iattura rispettata l'Italia nel consesso delle nazioni, rispettati i suoi figli all'estero, rispettati i suoi diritti nazionali e la sua legittima capacità di pacifica espansione, il titolo è calzante, non diversamente...Bando alla retorica che aizza contro le spese militari la ignoranza e la superstizione. Il paese, se s'atteggia a grande potenza, ha il dovere di fornire i mezzi perché abbia la forza effettiva del suo stato civile, di affermare nettamente la sua volontà a fin che il perfetto assetto della difesa nazionale sia guarentigia assoluta alla produzione e allo sviluppo nazionale.” Nonostante ciò, nel 1912-13 il giovane movimento nazionalista fece una violenta campagna denigratoria contro la Massoneria sui rituali massonici decifrabili solo all’élite degli iniziati, a differenza di quelli cattolici, fruibili anche a livello popolare, sul pericolo rappresentato dal segreto a cui gli affiliati erano tenuti e sulla potenziale slealtà nei confronti degli interessi nazionali, ove questi fossero stati in contrasto con le direttive dei poteri mondiali della Massoneria: il Grande Oriente d’Italia faceva gli interessi dell’Ordine e non quelli del Paese, abbandonando i suoi uomini quando entravano in conflitto con l’Istituzione, come nel caso di Crispi, contrastato dall’ala progressista della Comunione italiana. Il concetto massonico dell'idealità nazionale continuava a riconoscersi in una tradizione di tolleranza e universalismo, che dal rispetto della pacifica convivenza fra i popoli faceva scaturire il diritto all'affermazione delle singole patrie, a differenza di quello dei nazionalisti sulla via di un'alleanza con i cattolici conservatori, ma proprio la guerra di Libia apriva contraddizioni nell'universo ideale della famiglia liberomuratoria italiana, impegnata a rendere compatibili le rivendicazioni nazionalistiche, sia pure intese come missione civilizzatrice e di progresso, con l'impegno per la pace, il disarmo universale, il principio dell'autodeterminazione dei popoli. “L'idea nazionale", organo dei nazionalisti, sviluppa nel corso del 1912-13 una campagna antimassonica pubblicando una serie di interventi di Luigi Federzoni, 52 Paolo Orano 53, Alfredo Rocco e si rivolge a "senatori, deputati, magistrati, professori, funzionari, ammiragli, generali, giornalisti, studiosi, con un semplice questionario di tre domande, circa il pensiero, l'azione, i fini, l'influsso della massoneria"54. Viene così pubblicata una "Inchiesta sulla massoneria", con le risposte di oltre 250 nomi illustri, che ebbe vasta eco e che fu riproposta nel 1925 quando il fascismo decise di sferrare il decisivo attacco contro la massoneria 55. Contemporaneamente la Massoneria era oggetto degli attacchi socialisti in conseguenza della linea intransigente che si andava affermando dentro il PSI nei confronti degli altri partiti di sinistra, in particolare dei repubblicani. Il GOI si adoperò per comporre le divergenze e nel novembre 1910 il gran maestro Ferrari dedicò una specifica circolare alla questione dei rapporti fra i partiti della sinistra. Un gruppo di logge venete promosse un convegno e un altro incontro si tenne a Bologna nella primavera del 1911: la Romagna era sconvolta dalle agitazioni fra mezzadri e braccianti per la questione delle macchine trebbiatrici; fra repubblicani e socialisti si era giunti alle vie di fatto e le logge furono invitate a fare opera di pacificazione. Il GOI in questa fase non era ostile ai socialisti e nel giugno 1911 concesse ad alcune logge torinesi, capeggiate dalla “Popolo sovrano”, l'autorizzazione ad accusare il segretario della Confederazione italiana dell'industria Gino Olivetti, membro della loggia “Italia nova” di Torino, dimostrando così che le logge accoglievano alti esponenti del ceto imprenditoriale ma il loro sostegno andava alle classi popolari. Peraltro nel novembre 1911 un decreto di sospensione colpì proprio la loggia “Popolo sovrano” perché, nonostante i richiami, continuava a «esigere da tutti gli ammittendi una dichiarazione di fede anticlericale, antimonarchica ed antimilitarista». Pochi giorni prima invece la giunta aveva espresso parere favorevole alla riammissione di Giovanni Lava, consigliere comunale socialista di Torino, che si era dimesso dal Goi quando il partito aveva proclamato l'incompatibilità della doppia militanza e si era sempre distinto per le sue battaglie in favore della scuola laica. Nel 1913 il GOI confermò il divieto di costituire «logge di classe», formate soltanto da elementi operai e artigiani e nel dicembre decretò lo scioglimento della loggia Popolo Sovrano di Torino, che in un manifesto non autorizzato dal Gran Maestro aveva sostenuto la candidatura del socialista Oddino Morgari. Esponenti provenienti dal socialismo furono accolti in Loggia: Torquato Nanni 56, socialista romagnolo amico di Mussolini fu iniziato nel novembre 1913 in una loggia di Pesaro e il nulla osta gli fu concesso il 10 febbraio 1914, cinque giorni dopo quello di Arturo Labriola, affiliato alla loggia “Propaganda massonica” che era passato con una svolta radicale dal sindacalismo soreliano all'appoggio all'impresa libica 57. Con l'avvento della grande industria e dei sindacati di massa il GOI si schiera a favore dell'arbitrato nei conflitti tra capitale e lavoro, a rapporti sindacali non conflittuali che favoriscano lo sviluppo dell'economia e si oppone agli scioperi generali politici. Per questo favorisce l'affiliazione nei fondamentali servizi pubblici, quali poste e ferrovie, con cui concordare azioni alla vigilia dei conflitti sindacali più accesi. Frattanto Giolitti si preparava alle prime elezioni a suffragio universale maschile del 1913 58 facendo con l'elettorato cattolico un accordo ("patto Gentiloni") che tagliava la strada ai socialisti. La Giunta Centrale del GOI59 mise a disposizione dei candidati affiliati in Loggia 32.000 lire, in sostegno al radicale Alberto La Pegna, a Filippo Virgili, esperto in questioni coloniali, e a Romolo Murri candidato a Fermo. I risultati delle elezioni determinarono uno spostamento dell'asse politico e Giolitti passò la mano allo storico antagonista, il conservatore Antonio Salandra. Nella nuova Camera entravano Fratelli di grande prestigio e autorevoli parlamentari ancora imboccavano la via delle Logge, ma il fatto politico non stava negli 80 deputati radicali o nel successo dei socialriformisti in coalizione con repubblicani e radicali, ma nel paludoso inquinamento della maggioranza ministeriale. I repubblicani uscivano battuti nel confronto elettorale, i socialisti erano avviati ad alzare il prezzo della propria collaborazione nei pochi "blocchi popolari" sopravvissuti in comuni e province. Il governo dell'Ordine non colse tutta la gravità della situazione. Assunse un Fratello per seguire le vicende parlamentari ma negò aiuti finanziari ai candidati impegnati nei turni elettorali suppletivi del 6 marzo 1914 e rinviò a dopo le elezioni la comparsa del periodico ufficioso dell'Ordine 60 “L'Idea democratica” diretta da Gino Bandini. I mezzi finanziari messi a disposizione da Grande Oriente e Camere Superiori per questa iniziativa si ridussero a sole 10.000 lire per i due Riti, mentre il G.O.I. promise 15.000 lire per un anno. La modestia degli stanziamenti deliberati dal Governo dell'Ordine per sostenere candidature di Fratelli e di simpatizzanti e per varare un periodico di propaganda in competizione diretta con fogli antimassonici indica una riserva ad impegnarsi sul terreno politico-elettorale. L'Ordine, cadute le ipotesi di affermarsi come "superpartito", rischiava di immedesimarsi con i radicali che ruppero con Giolitti per il prevalere al congresso di Roma di gennaio-febbraio 1914 della componente antigovernativa, trascinata dalla pattuglia massonica (Luigi Fera, Giulio Alessio, Michele Pietravalle, Colonna di Cesarò, Alberto La Pegna, Luigi Silvagni, Giovanni Ciraolo, Ettore Epifania, Scipione Borghese, Remolo Murri, Gino Bandini e Domizio Torrigiani). Il partito radicale in Italia agitò alcuni grandi temi condivisi con la massoneria, e grandi battaglie socialiste come le otto ore lavorative, le assicurazioni per la vecchiaia, il suffragio universale sono state comuni a molti circoli demoradicali ed agli ambienti massonici 61. Poteva essere l'ora del Partito radicale a patto che giungesse ad assicurarsi l'egemonia almeno sull'elettorato impiegatizio e professionale, su borghesia urbana, piccola e media proprietà, gruppi imprenditoriali liberisti, aspirazioni laiche e riformatrici. "Accozzaglia di massoni, di clienti giolittiani e di sbrigafaccende degli elettori" secondo Gaetano Salvemini, i radicali non raggiunsero la formazione di un governo "pseudodemocratico", con il blocco giolittiano, per incapacità di condizionamento da sinistra e in direzione riformatrice. Con l'elezione con i voti cattolici e nazionalisti del "libico" Bevione e con l'appoggio della Lega Industriale e degli imprenditori metalmeccanici dell'AMMA a Luigi Federzoni tramonta l'età dei blocchi popolari e si delineano nuovi equilibri, imperniati sulla destra e condizionati dall'ingresso sulla scena elettorale dei cattolici. 2 Il congresso di Reggio Emilia (1912) All’assemblea di Roma del GOI del maggio 1912 fu presentato un positivo bilancio di espansione delle logge (431 presenti in tutte le province tranne Udine e 131 triangoli) e di consolidamento dei rapporti con la Gran Loggia di Londra. Furono discusse anche alcune ipotesi di riforma organizzativa, quali la formazione di collegi massonici provinciali62 come organo di raccordo fra le logge e il governo centrale. Ma l'impresa libica aveva accentuato la frattura tra radicali, repubblicani e socialisti, tra di loro e all'interno di ciascuno di essi: indebolì l'umanitarismo pacifista e progressista che fondava il programma radicale; aprì un conflitto fra la base contadina e artigiana del Partito repubblicano, contraria alla guerra e il gruppo di Salvatore Barzilai che sosteneva l'impresa; fra i socialisti determinò la spaccatura della corrente riformista con l’inserimento nello stato liberale dell'ala più moderata, capeggiata da Bissolati e da Bonomi. Erano queste le forze politiche più largamente rappresentate nel GOI, insieme alla "sinistra storica" liberale. La massoneria fu fin dall'inizio a favore dell'impresa libica, nonostante la loggia "Macedonia risorta" di Salonicco, alle dipendenze del GOl, fosse stata il luogo di incubazione del movimento dei Giovani Turchi. Quando nel 1910 una delegazione turca si era recata in visita in Italia, numerose logge organizzarono l'accoglienza e il GOI si vantò della parte avuta nell'ascesa al potere di un movimento di ispirazione laica con un programma di modernizzazione della società civile. All'inizio delle ostilità contro la Turchia il gran maestro Ettore Ferrari inviò alle logge una circolare in cui auspicava che «il nostro tricolore, impegnato in una contesa di predominio civile e di progresso umano, [fosse] baciato dal sole della vittoria» e alla loggia "Macedonia risorta" di Salonicco, che aveva chiesto al GOI di adoperarsi per «ottenere una soluzione che salvasse il prestigio e la dignità della Turchia» rispose che «l'impresa di Tripoli era una ineluttabile necessità e che, se trattative di accordo avrebbero potuto iniziarsi prima che si ricorresse alle armi, ora, a guerra aperta, [era]no impossibili, costituirebbero una offesa alla unanime coscienza degli italiani ed un attentato contro gli interessi e la dignità della patria». In nome del patriottismo il GOI sacrificò il principio di solidarietà fra affiliati di paesi diversi e sostenne la conquista coloniale come naturale conseguenza della superiore civiltà occidentale attirandosi le critiche della Gran Loggia d'Ungheria e del Grande Oriente del Belgio per aver abbandonato gli ideali pacifisti, e perchè il governo Giolitti, in cui i massoni erano largamente presenti con Antonino di San Giuliano, ministro degli esteri, Camillo Finocchiaro-Aprile, Luigi Credaro, Antonio Vicini e Angelo Parma, non era ricorso all'arbitrato del Tribunale internazionale dell'Aia per le divergenze con la Turchia. L'atteggiamento tenuto sull'impresa libica dalle altre forze dell’Estrema e dal GOI indusse il Partito socialista a rilanciare la campagna antimassonica. Discussa e respinta anche dal congresso del Partito socialista francese che si tenne a Lione all'inizio del 1912, la questione dell'incompatibilità tornò ad essere affrontata dal PSI nel congresso tenuto a Reggio Emilia dal 7 al 10 luglio 1912, dove il solo Lerda, fino a quel momento candidato alla Segreteria in quanto leader della corrente intransigente che conquista in quel congresso la Direzione, protestò dichiarando la sua qualità massonica. Il primo nucleo "intransigente" formatosi al congresso di Roma del 1906 coagulando componenti e personalità di derivazione "ferriana" e integralista come Giovanni Lerda, insieme con esponenti provenienti dal Partito Operaio Italiano come Costantino Lazzari e Osvaldo Gnocchi-Viani, si proponeva un rilancio dell'anti-ministerialismo e la riconferma del principio della lotta di classe e non aveva l’incompatibilità tra iscrizione al partito e alle Logge come elemento costitutivo 63. Tra il 1911 e il 1914, con l’ingresso in pieno clima antiriformista e antipositivista di forze nuove nella Federazione giovanile ricostituita dopo la scissione sindacalista-rivoluzionaria del 1907 sotto la guida di Arturo Vella, al cui interno iniziava a svilupparsi la generazione dei Bordiga e dei Tasca, l’incompatibilità divenne uno dei motivi polemici dominanti dell'intransigentismo, che nei legami extrapartitici vedeva il ponte grazie a cui il socialismo continuava a saldarsi alla "democrazia" radicale e repubblicana e alla stessa dirigenza liberal-costituzionale borghese. Ripulire il partito dai massoni rimasti significava garantirsi contro il ritorno alla "transigenza" e ridimensionare la vecchia generazione di dirigenti, che non potevano cancellare anni di lotte sostenute a fianco dei Liberi Muratori, in un clima nel quale le Logge erano state l'ultima trincea delle libertà. La frazione ultrariformista di Bonomi, Bissolati, Cabrini, espulsa su proposta di Mussolini che alcuni mesi più tardi succedette a Giovanni Bacci, già Venerabile della Loggia "Martiri di Belfiore" di Mantova, nella direzione dell'Avanti!64, si raccolse nel Partito socialista riformista italiano65, e l'ala riformista di sinistra decisa a non farsi espellere sulla loro scia si aggrappò all'ordine del giorno antimassonico presentato da Níno Mazzoni e firmato anche da Mastracchi, Serrati, Zíbordi, Modigliani, Alberto Calda approvato quasi all'unanimità, con cui considerato «che la massoneria [doveva] essere avversata dai socialisti perché per la sua stessa composizione organica [era] costretta a svolgere e a forzare quella politica bloccarla nella quale si deformano i caratteri specifici dei partiti proletari», si indiceva un nuovo referendum fra gli iscritti per affermare il principio dell'incompatibilità. Anche questa consultazione ebbe esito negativo. Su 29.971 iscritti risposero al referendum solo 13.120, di cui 9.514 a favore dell'incompatibilità e 8.618 anche per l'immediata espulsione. Non avendo raggiunto il quorum, la Direzione rimise la risoluzione definitiva al successivo congresso e nel frattempo dichiarò di affidarsi «alla lealtà dei compagni perché regolassero la loro condotta». Il GOI tenne un atteggiamento distaccato e, forse considerando ormai ineluttabile la rottura con il Partito socialista, cercò di consolidare i rapporti con le altre forze di sinistra, per esempio procurando che numerosi fratelli intervenissero ai congressi del Partito radicale e di quello socialista riformista del novembre 1912 e accogliendo l'istanza presentata da Ruggero Varvaro e Alberto Beneduce per erogare un finanziamento in favore del periodico bissolatiano «l'Azione socialista». Nel giugno 1912 fu accolta anche la domanda di affiliazione di Giuseppe De Felice Giuffrida, il noto organizzatore dei Fasci siciliani, poi eletto deputato e sindaco di Catania, dove realizzò un'importante esperienza di socialismo municipale. Approdato nelle file dei socialisti riformisti, fu inquadrato nella loggia Propaganda massonica di Roma". Quando però i risultati del referendum furono noti, la posizione del GOI si irrigidì. Sulle pagine di «Acacia» Umberto Zanni chiese che non fossero più riammessi quei socialisti che in tale circostanza avessero abbandonato l'ordine. In risposta ai Fratelli che chiedevano autorizzazione a negar la propria qualità di massone, Ettore Ferrari diramò una circolare riservata in cui, premesso che il PSI aveva fatto appello alla "lealtà" degli iscritti, che a norma degli Statuti nessun massone poteva esser obbligato a dichiarare la propria affiliazione, e che tuttavia «specialmente chi prendeva parte attiva alla vita politica e soprattutto chi [era] investito di pubbliche cariche non rífugg[ísse] né dallo assumere quegli espliciti atteggiamenti e quelle responsabilità, né dall'affrontare quelle conseguenze che derivavano dall'appartenere alla massoneria», esortò a lasciare che ogni Fratello si comportasse come meglio credesse "secondo i suggerimenti della coscienza"66 . Erano noti come iniziati non pochi leaders dei due partiti socialisti originati dalla scissione che, avendo raccolto tra le file dei bissolatiani il maggior numero dei Fratelli socialisti, sguarnì il PSI dai più sicuri difensori della massoneria. Ottenuta l'espulsione dei bissolatiani, nei cui confronti l'accusa di massonismo era comunque strumentale, la polemica si concentrò sulla tattica da adottare nelle elezioni politiche del 1913, a cui il Partito guardava con preoccupazione sia per la diminuzione degli iscritti che per il deterioramento dei rapporti a sinistra che poteva tradursi in un riflusso a vantaggio dei radical-democratici. 3 Profilo biografico di Giovanni Lerda (1853-1927) Nato il 29 settembre 1853 nel forte di Fenestrelle67, in una famiglia di militari (un nonno era stato nella Grande Armata napoleonica in Russia), rimasto orfano del padre nell’infanzia, fu costretto a lasciare la scuola nautica68 per motivi economici. Trovò allora lavoro a Torino presso la Casa editrice Bocca 69, in cui entrò come impiegato subalterno, ma di cui divenne direttore a soli 27 anni nominato nel 1880 dal vecchio proprietario. La Casa curava le "Edizioni Scientifiche", in cui pubblicavano Max Nordau 70, Herbert Spencer, Enrico Ferri, Iakov A.Novicow, Scipio Sighele 71, Giuseppe Sergi, Cesare Lombroso, che dirigeva anche l’Archivio di antropologia criminale, psichiatria, e medicina legale 72. L’attività editoriale lo mise in contatto con questo ambiente, da cui ricevette un'indelebile impronta, anche se la sua non fu un'accettazione acritica, ma anch'egli contribuì all'autodecomposizione del positivismo che avvenne in Italia a cavallo dei due secoli. Torino sul finire dell'800 fu uno dei maggiori centri di diffusione del materialismo evoluzionistico, che nel mondo intellettuale torinese aveva radici lontane. Nel 1860 su invito di Francesco De Sanctis era venuto nell'Ateneo torinese come docente di biologia Jacob Moleschott, uno dei grandi maestri del materialismo, che anche dopo il suo trasferimento a Roma nel 1879 non perse i contatti con quell'ambiente, collaborando con la torinese "Rivista di filosofia scientifica"73. La frequentazione di questo ambiente culturale, permeato di un'etica laica che sconfinava nell'anticlericalismo di origine democratico-risorgimentale, favorì l'avvicinamento alla massoneria, che risale al 1884, quando fu affiliato alla loggia Dante Alighieri 74, e diede inizio a una militanza all'interno del Grand'Oriente d'Italia che fu interrotta solo dalla morte. Nel 1892 contese il collegio di Torino 2 al liberale Edoardo Daneo, massone da più lunga data iniziato nella loggia «Pietro Micca-Ausonia». Il duello elettorale, più che una lotta “fratricida”, si inserì nella tensione fra le diverse anime della “famiglia massonica” che vide dislocarsi a favore del «sol dell’avvenire75» scrittori, professori, scienziati e imprenditori, fiduciosi nel «fatale cammino» dell’umanità verso un progresso che doveva significare anche redenzione delle plebi dalle condizioni denunziate dal gran maestro Adriano Lemmi. Non ritenne incompatibile fondare il progresso dell'umanità sul proletariato come moderno fattore dell'emancipazione e principe illuminato con l'appartenenza alla massoneria e quando questa fu condannata si distaccò dal partito, senza cessare di considerarsi socialista. L'approvazione a Reggio Emilia dell'OdG contro la massoneria lo indusse a rassegnare immediatamente le dimissioni dal PSI, respinte dal congresso con voto unanime. Dopo aver rifiutato la direzione dell'Avanti!, continuò nella sua attività di propagandista e organizzatore socialista. La definitiva uscita dal partito avvenne al congresso di Ancona del 1914 dove, posto di fronte alla secca alternativa tra partito e Loggia, optò per la permanenza nel Grande Oriente d'Italia. Dichiarò che i socialisti massoni non avrebbero ripudiato la loro fede politica, anche se fossero stati privati della tessera. Accennò al pericolo per il Partito del diradarsi dell'elemento intellettuale e concluse dicendo che egli ed i suoi amici non potevano accettare «questa nuova funzione che il Partito si arroga di guardare chi è battezzato e chi è circonciso»76 Il Grande Oriente d'Italia lo chiamò a far parte della propria giunta esecutiva, riconfermandolo nel 1919 sotto la gran maestranza di Ernesto Nathan. L'appartenenza alla massoneria ebbe un certo peso nel suo progressivo allinearsi su posizioni democratico-interventiste. Nel luglio 1914 fece un viaggio a Parigi, e con i socialisti francesi mantenne stretti rapporti durante tutto il periodo della guerra. Divenuto uno dei punti di riferimento dei gruppi socialisti dissidenti, il 10 gennaio 1917 fu nominato segretario del gruppo socialista autonomo a Milano77 e a febbraio eletto insieme a Mussolini per rappresentare tale movimento al congresso dei partiti socialisti dei paesi dell'Intesa, che avrebbe dovuto svolgersi a Parigi e non ebbe luogo per il precipitare delle vicende belliche, in particolare di quelle russe. Come segretario del gruppo milanese partecipò al congresso del partito socialista riformista tenutosi a Roma il 15-16 aprile 1917 nella sala della federazione del libro, e nel giugno successivo si recò con Arturo Labriola, Ignazio Cappa e Orazio Raimondo in Russia per caldeggiarne la continuazione della guerra a fianco dell'Intesa. Fu tra i fondatori dell'Unione socialista italiana, fautrice della «lotta di difesa contro la minacciata egemonia del militarismo austrotedesco e di liberazione dei confini nazionali» in cui confluirono molti elementi dell'interventismo di sinistra, e nell'agosto 1918 entrò a far parte della sua direzione centrale. Il 2 novembre 1919 fu incluso nelle liste del «Partito del lavoro» di Genova come candidato nelle elezioni politiche generali Polemizzò duramente durante il «biennio rosso» contro il massimalismo che giudicava insieme velleitario negli obiettivi e prodotto di una situazione di arretratezza economica e di insufficienza culturale, secondo il suo consueto metro di giudizio. Concluse il suo percorso politico aderendo nel 1922 al Partito socialista unitario. Dopo l'avvento del fascismo affittò il primo piano del proprio villino di Roma al PSU, che vi impiantò la sezione romana, gli uffici amministrativi e la redazione della “Giustizia”, e al sindacato ferrotranvieri. Dopo il fallito attentato di Bologna contro della CGdL Mussolini del 31 ottobre, attribuito al giovane Anteo Zamboni,78 fu sottoposto a stretta sorveglianza dalla polizia e perseguitato dalle squadre fasciste, che ne saccheggiarono la casa79. Trasferitesi a Torino nel marzo 1927, sempre vigilato dalla polizia, morì il 17 maggio 1927, quando gli si stava preparando l'espatrio clandestino. Pare che Mussolini si riferisse a lui quando in un discorso a Torino il 27 maggio 1927 dichiarò «Anche gli irriducibili muoiono» Nella iscrizione che volle sulla lapide: "visse e morì come ateo" la chiave di lettura sta nel «come», che allude al valore strumentale del suo ateismo visto, in un'ottica illuminista, come superamento della religione in nome della "ragione morale". 4 Il Congresso di Ancona del 1914 Al 14. congresso socialista, tenuto ad Ancona dal 26 al 29 aprile 1914, all'8. e penultimo punto dell'ordine del giorno figurava "Socialisti e massoneria" con relazioni di Giovanni Zibordi, direttore della "Giustizia" e allievo di Camillo Prampolini, a favore della "incompatibilità", e di Alfredo Poggi, tradizionale collegamento tra PSI, cui era iscritto dal 1900, e Logge in quanto condirettore della rivista massonica «Acacia»80 . Ma Amadeo Bordiga nella seduta pomeridiana della giornata inaugurale, dedicata alla discussione sulle relazioni della direzione, sconvolse le scadenze previste dall'ordine del giorno levandosi ad addebitare lo stato caotico e gli insuccessi elettorali del socialismo napoletano alle infiltrazioni delle Logge, cosicchè all'apertura della seduta pomeridiana del 27 venne proposta un'inversione dell'OdG che permettesse la sollecita discussione sul tema "perché non si deve continuare a sospettare che il Partito socialista italiano sia più inquinato di massoneria, o meglio ancora di massonismo, di quello che effettivamente lo sia" 81 Mentre Caldara, candidato sindaco di Milano, propendeva per discutere delle tattica nelle imminenti elezioni amministrative, e Valsecchi e Parmigiani tentavano di rimandare l'intera questione al successivo congresso socialista internazionale di Vienna, Barberis e Poggi si dichiaravano favorevoli alla proposta che metteva termine una volta per tutte a una disputa che rischiava di paralizzare il partito e che messa ai voti fu approvata a grande maggioranza. Zibordi disse che i socialisti non combattevano la massoneria per i suoi fondamenti filosofici ma per la sua azione corruttrice e deleteria per l'educazione del proletariato. Inoltre, coerenti alla loro antipatia per tutte le forme di religiosità, rifiutavano anche il "Grande Architetto dell'Universo" per una continuità logica di pensiero. Ed infine non potevano entrare in un'associazione apartitica nella quale gli sfruttati si trovavano accanto agli sfruttatori. Concluse presentando un OdG nel quale veniva richiesto ai socialisti iscritti alla massoneria a uscirne e dichiarava incompatibile per i socialisti aderirvi. Seguì Poggi 82 che aveva articolato la sua relazione in pochi punti fondamentali: confutazione della incompatibilità di principio fra loggia e partito, analisi del ruolo della massoneria nella formazione dei blocchi popolari, discussione del favoritismo massonico, atteggiamento della massoneria nelle lotte economiche tra capitale e lavoro, carattere e finalità del segreto massonico, per concludere con un invito a disinteressarsi della questione, come già quattro anni prima aveva proposto Giovanni Merloni al congresso nazionale di Milano. Richiamandosi alle origini filosofiche della massoneria le definì affini a quelle del socialismo per la comune origine dall'idealismo tedesco e sostenne che "La massoneria non solo non ha prevenzioni o atteggiamenti ostili al socialismo; ma ha tra i suoi lontani precedenti storici il comunismo delle antiche sette che ricorda ancor oggi in alcuni riti, e perciò questa associazione per la fraterna discussione cui sottopone ogni problema sociale prepara al socialismo un'atmosfera se non di simpatia certo di neutralità, che il nostro partito può benissimo sfruttare. Nessun vero massone può essere antisocialista perché tende a quella liberazione spirituale che solo sarà possibile col trionfo del socialismo! Nessun vero socialista può essere antimassone perché contraddirebbe ad ideali che sono anche suoi!" Egli disse utile la propaganda che i socialisti massoni potevano effettuare in seno all'associazione. Se qualcuno di essi dimenticava di essere socialista, la colpa non era della massoneria, ma della debolezza di fede e della fragilità di coscienza di qualche singolo individuo che avrebbe dovuto essere espulso non in quanto massone ma in quanto cattivo socialista. All'accusa di chi considerava la massoneria una fucina di popolarismo si poteva rispondere che l'associazione non poteva imporre indirizzi nel campo politico, ma soltanto manifestare simpatia per una determinata tattica senza con questo impegnare personalmente alcuno degli aderenti. Si deliberò di limitare gli ulteriori interventi a due oratori a sostegno di Zibordi (Mussolini e Mazzoni) e altrettanti a Poggi (Raimondo e Lerda). Parlò per primo l'onorevole sanremese Orazio Raimondo che si dichiarò massone "da quando il Ministro Pelloux disciolse nella raffica del 1898 tutte le organizzazioni politiche e non rimaneva modo e scampo ai socialisti di adunarsi". L'internazionalismo laico propugnato dalla Massoneria contribuiva "alla creazione di un'atmosfera pacifica utile alla conciliazione dei contrasti tra i popoli". Perciò le Logge dovevano essere considerate alleati preziosi della causa socialista. Meglio, quindi, coabitare coi Fratelli nelle stesse organizzazioni e di non avere mai avvertito incompatibilità tra tale appartenenza e la sua fede socialista. Egli comprendeva che il Partito potesse tracciare direttive per l'avvenire, proibendo le nuove iscrizioni alla massoneria. Ma bisognava nello stesso tempo tenere conto dello stato d'animo di coloro che erano iscritti al Partito da venti anni ed alla massoneria da quindici e che erano posti nel dilemma tra la loro coscienza ed il rimorso di perdere la stima dei compagni socialisti. La questione invece andava cosí posta: era lecito per i socialisti appartenere ad associazioni che svolgevano un'attività in contrasto con i dogmi religiosi ed i pregiudizi clericali e che lavoravano «in campo non nemico» in quanto tendevano ad «emancipare lo spirito» ed a «collaborare alla creazione di un'atmosfera pacifica utile alla conciliazione dei contrasti tra i popoli....Se ciò era lecito, era lecita anche l'appartenenza alla massoneria; a meno che non si dovesse fare eccezione per essa per qualche suo vizio intrinseco». Concluse dichiarando che qualora fosse prevalso il criterio dell'incompatibilità, egli avrebbe atteso che il principio votato in astratto fosse portato alle estreme conseguenze, non per un giudizio di preferenza tra la massoneria ed il socialismo, ma perché, non ammettendo di avere peccato, egli ed i suoi amici attendevano di sapere se il Congresso intendeva sanzionare l'espulsione di coloro che, pur essendosi sempre dichiarati massoni, nonostante questa loro qualifica, erano sempre stati chiamati dal Partito a incarichi di responsabilità. Mussolini, che seguì subito dopo, disse di volere rispondere alla domanda di Raimondo, proponendo che le sezioni fossero invitate ad espellere i compagni che non si fossero uniformati all'incompatibilità tra socialismo e massoneria. «Si è detto che se il Partito provoca un altro esodo dalle sue file, forse rimarrà senza teste pensanti. Questa è una preoccupazione che non deve menomamente turbarci, perché anche la morte a poco a poco ci toglie le teste pensanti». Proseguì dicendo che era venuto il momento di risolvere definitivamente la questione affinché anche gli avversari sapessero che il Partito socialista intendeva rinnovarsi anche se ciò gli sarebbe costato «il piú amaro dei dolori». Egli ammise che un secolo prima quando le classi non erano divise si sarebbe potuta trovare qualche affinità tra massoneria e socialismo. Ma nell'epoca presente, l'umanitarismo massonico non aveva nessuna relazione col socialismo che era esclusivamente problema di classe. Anche l'anticlericalismo socialista era diverso da quello massonico in quanto esso combatteva il prete non «in quanto sia il rappresentante di un ente esistente o no» ma in quanto «strumento dell'oppressione capitalistica...Piú luce! Ecco il grido col quale Goethe moriva. Egli rimpiangeva di non potere piú vedere la luce. Ebbene noi socialisti diciamo: sempre piú luce e basta con le tenebre. Oggi noi vogliamo combattere le nostre battaglie sulle piazze, sotto la luce del sole, guardandoci bene negli occhi, gli uni con gli altri». Mussolini trasformò la dichiarazione di 'incompatibilità' in espulsione di quanti avessero ammesso legami con le logge. La mozione di Zibordi, che invitava genericamente i socialisti iscritti alla massoneria a uscirne e dichiarava incompatibile per i socialisti aderirvi, venne appoggiata da Mussolini, direttore dell'«Avanti!», che la integrò con un emendamento che invitava le sezioni ad espellere quei compagni che, ammettendo la loro appartenenza alla massoneria, violassero l'incompatibilità fra le due istituzioni. Egli aveva da saldare il conto con le resistenze transigenti riconducibili a elementi di estrazione liberomuratoria. A rinfocolare il rancore avevano concorso anche le riserve contro l'orientamento da lui impresso all' “Avanti!” espressi nella Direzione del 13-14 luglio 1913 da Vella, Ratti e Musatti. Lerda disse di apprezzare la sincerità di Mussolini e dichiarò che i socialisti massoni non avrebbero ripudiato la loro fede politica, anche se fossero stati privati della tessera. Egli accennò poi al pericolo per il Partito del diradarsi dell'elemento intellettuale e concluse rendendo noto che egli ed i suoi amici non potevano accettare «questa nuova funzione che il Partito si arroga di guardare chi è battezzato e chi è circonciso». Mazzoni disse di essere antimassone per la sua esperienza di socialista e di organizzatore sindacale della Romagna dove, nel mezzo della lotta, si erano visti socialisti massoni riuniti nella loggia assieme agli avversari repubblicani e invitò i socialisti iscritti alla massoneria a ricordarsi dei vantaggi di prestigio che essi avevano tratto durante la loro permanenza nel Partito. Brevemente replicarono i due relatori Zibordi, che, dichiarò di accettare l'emendamento Mussolini richiedente incompatibile la permanenza nel Partito anche di coloro che erano già iscritti alla massoneria e Poggi, che disse di essere disposto ad accettare il voto del Congresso ed a compiere, sia pure con dolore, il proprio dovere verso il Partito. Prima della votazione fu letta la relazione della Commissione verifica poteri da cui risultava che 1.077 delle 1.166 sezioni esistenti avevano inviato i loro rappresentanti al Congresso. Matteotti prese poi la parola in sede di dichiarazione di voto annunciando di fare proprio l'ordine del giorno Zibordi nella stesura originale, senza l'aggiunta Mussolini, giudicando indegno, per motivi di lealtà, che fosse chiesto "alle sezioni di prendere per la schiena i massoni e cacciarli fuori...Noi ritorneremo in questo modo alle liste di proscrizione", aggiungendo il suo all'anatema lanciato da Giovanni Lerda a Mussolini: "Dovunque tu andrai porterai rovina" Dopo le dichiarazione di Bedeschi (Milano) che disse di appartenere alla massoneria e di volere agire secondo coscienza e di De Angelis contrario all'ordine del giorno Zibordi, non perché massone, ma perché convinto della necessità che il Partito socialista riconoscesse ai propri aderenti la libertà di appartenere a qualsiasi istituzione, ebbe luogo la votazione All'apertura della seduta antimeridiana del 28 aprile, il Presidente di turno Bacci diede notizia dei risultati della votazione, svoltasi la sera precedente sulla questione massonica. Su 34.152 voti rappresentati in congresso, 2485 andarono a Montanari (disinteressamento per la questione); 2296 a Matteotti (sola incompatibilità, senza espulsione)83, 27.378 a Zibordi-Mussolini (incompatibilità ed espulsione)84 e 1819 a Poggi" (compatibilità)85. Le astensioni assommarono a 174 voti. Un quinto dei presenti, quasi 7000 voti, non sottoscrissero la proposta di espulsione, ma erano frazionati. Una linea più duttile fu assunta dalla Confederazione generale del lavoro, al cui congresso nazionale, tenutosi a Mantova nel maggio 1914, vennero discussi due ordini del giorno. Il primo, presentato da Nino Mazzoni, ricalcava quello approvato al congresso socialista e ottenne 66.817 voti. Il secondo, esposto da Ettore Reina, che ottenne 128.573 voti, si limitava a mettere «in guardia gli operai dagli allettamenti che potrebbero venire tesi loro per indurli ad entrare in massoneria», li ammoniva che «non dall'opera di società segrete più o meno filosofiche e filantropiche [poteva] venirne vantaggio all'opera loro di emancipazione, ma solo dalla più forte e cosciente organizzazione loro di classe»", definiva «incompatibile e dannosa» l'appartenenza alla massoneria, ma non stabiliva nessun provvedimento nei confronti dei sindacalisti affiliati a qualche obbedienza liberomuratoria86. All'indomani del congresso socialista il Grande Oriente d'Italia in una circolare ai venerabili delle logge italiane scrisse: “Dopo il voto del congresso di Ancona non vi può essere dubbio sulla condotta che debbono tenere i massoni iscritti al Partito socialista ufficiale. Se vi è qualcuno fra essi disposto a piegarsi al novissimo dogma del partito, esca senz'altro dalle nostre file. Dove noi vogliamo uomini di fede sicura, coscienze salde e dignitose, volontà libere e forti. Attendo da voi, non oltre i quindici giorni da oggi, l'assicurazione che il pensiero del governo dell'ordine è stato da tutti sentito.87" L'assemblea generale del GOI del maggio 1914 deliberò l'espulsione di quei fratelli che al congresso di Ancona avevano votato a favore dell'ordine del giorno Zíbordi-Mussolini, ma una consistente minoranza si schierò contro. Un indirizzo di plauso fu inviato invece a Orazio Raimondo, deputato socialista di Sanremo, e a Giovanni Lerda, i soli che avevano levato la propria voce per difendere la legittimità dell'appartenenza alla massoneria e che si erano dimessi dal partito (Lerda) o ne erano stati espulsi (Raimondo). A fine maggio il Consiglio del Grande Oriente rileva che nel complesso sono usciti dalle logge 47 fratelli, da sole 34 tra le 174 Logge interpellate: 99 delle quali, del resto, risposero di non avere socialisti affiliati, mentre molti altri,"in numero di gran lunga maggiore, rimangono nelle Logge e nell'Ordine ... Ci sono poi alcune Logge le quali, in presenza di casi eccezionalissimi, domandano istruzioni speciali 88". Sulla legittimità di appartenenza sia alla loggia che al partito vi furono numerose prese di posizione, dalla pubblicazione di lettere di protesta di Fratelli socialisti al segretario del PSI Lazzari, alla conferenza tenuta alla Loggia Italia di Parigi il 15 giugno dal socialista Pietro Mazzini di condanna della decisione del Congresso di Ancona89 5 Orazio Raimondo e le Logge del Ponente ligure Orazio Raimondo, nato a San Remo nel 1875, a diciotto anni si laureò in Giurisprudenza all'Università di Genova, sulla scia del padre, Stefano, noto avvocato del Ponente ligure, e del potente zio, Giuseppe Biancheri, presidente della Camera. Indifferente alle prospettive di carriera che quel retroterra domestico gli apriva, ispirato dalla scuola giuridica di Morselli e dal positivismo di Lombroso, sin dall'Università prese a militare nelle file socialiste. Fermato il 10 novembre 1893 per supposta connivenza con gli anarchici Luigi Galleani e Pellaco, nel 1894, dopo aver dato mano al congresso socialista ligure di Sampierdarena, venne confinato a Tortona, mentre per analoga condanna Emanuele Modigliani giungeva a Sanremo. Dopo aver dato vita all'effimero periodico «Il Lavoratore tortonese», rientrato a Sanremo nel 1895 alla professione forense accompagnò lo studio del pensiero religioso e filosofico, con speciale attenzione per i moralisti e i «grandi iniziati» d'Oriente. Collaboratore de «Il Pensiero di Sanremo», dette vita a «La Parola socialista». Denunziato alla commissione provinciale di Porto Maurizio per propaganda sediziosa (2 dicembre 1895) per la minore età evitò la condanna a diciotto mesi di domicilio coatto, proposta dalla pubblica accusa. Quando le logge rimasero l'unico sicuro luogo d'incontro, il venticinquenne Raimondo chiese nel 1900 di essere alla loggia sanremese, intitolata a Giuseppe Mazzini, cui aderivano radicali, socialisti e liberaldemocratici, precorrendo la linea dei blocchi popolari, più tardi affermatasi a livello nazionale. L'alleanza tra le forze della sinistra mostrò la sua efficacia nel 1906 quando il trentunenne Orazio Raimondo, già eletto consigliere comunale di Sanremo nel 1901 e 1902, ascese a sindaco della sua città, con programma ispirato alle esperienze di amministrazione socialriformistiche in corso nella vicina Francia, con la quale egli era a contatto. Sconfitto alle elezioni del marzo 1909, Raimondo trasse vantaggio dall'introduzione del suffragio quasi universale e nell'ottobre 1913 ottenne 7310 preferenze contro le 6626 dell'avversario e poté presentare la propria come vittoria della «democrazia». In effetti al suo successo non concorsero i soli suffragi socialisti bensì il più ampio fronte progressista da tempo collaudato alla guida del comune, il cui cemento ideale era fornito dall'anticlericalismo militante. Al 15. Congresso del Partito socialista (Ancona, 1914) a fronte della decretata incompatibilità con l'appartenenza all'istituzione massonica abbandonò il Partito socialista. Pochi mesi dopo, Orazio Raimondo, come gran parte dei socialisti massoni, si schierò a favore dell'intervento dell'Italia. Nel 1917 si reca in missione in Russia con Arturo Labriola ed Innocenze Cappa per sollecitare prestiti in aiuto della Russia. Dopo Caporetto aderisce al «fascio parlamentare nazionale» in cui l'antigiolittismo d'ispirazione democratica e progressistica si confonde con quello di estrazione nazionalistica e antidemocratica. Nominato nella commissione d'Inchiesta su Caporetto, fu sospettato di esercitare pressioni per scagionare dalle accuse i «confratelli», ma proprio il più autorevole di essi, Luigi Capello, finì rimosso dal comando della V Armata e poi sospeso dal servizio. Nel 1919 fonda il quotidiano l'Azione a Genova e propone nella sua circoscrizione un blocco di nazionalisti e ex combattenti. Eletto, la brillante risposta al discorso della Corona lo consacra oratore più possente della Camera, quando una malattia ne stronca la carriera politica a quarantacinque anni nel 1920. La celebrazione ufficiale fu tenuta da Innocenzo Cappa mentre fu promossa la raccolta di fondi per un monumento, affidandone l’esecuzione al «fratello» Leonardo Bistolfi, ma quel bronzo venne però scoperto solo nel 1960 . Le logge "Mazzini" di San Remo, "Garibaldi" di Porto Maurizio e "I Persistenti" di Ventimiglia all'obbedienza del Grande Oriente d'Italia coprono tutto il territorio del Ponente Ligure. A Ventimiglia90 il 23 maggio 1886 venne fondata la loggia massonica di Rito Scozzese "I Persistenti" 91, riconosciuta con Decreto n.57 del febbraio 1887 dal Grande Oriente. Fin dal 1883 un gruppo di massoni livornesi con Raffaele Piperno avevano pensato di costituire a Nizza una loggia sia all'obbedienza francese che italiana ma l'ebreo nizzardo Rovighi, indicò la città di Ventimiglia come luogo strategicamente adatto per aprire una Loggia che diffondesse il pensiero libero-muratorio nell'estremo Ponente, in relazione con i fratelli d'oltralpe, con cui vi erano scambi assidui e si condividevano gli ideali, soprattutto la tematica anticlericale, al di là delle questioni internazionali.92 Il terremoto che il 23 febbraio 1887 colpì l’estremo ponente ligure danneggiò il tempio massonico facendo crollare una parete, ed "essendo scoperchiata la sala, risorgeva alla vista del pubblico una sala tappezzata in nero, la cassa e la testa di morto93", con grande scandalo dei profani. La loggia promosse un circolo anticlericale inaugurato il 20 settembre 1889 con un corteo con bandiera nera ed effige del diavolo. A Ventimiglia sono presenti oltre ai massoni anticlericali anche i valdesi che erodono numerosi fedeli alla chiesa cattolica. Per contrastarli don Bosco fonda una casa salesiana e si costituisce un Seminario. All’inizio degli anni ’90 l'attività della loggia era radicata nel tessuto sociale cittadino e le iniziative si svolgevano alla luce del sole, tanto che il 15 novembre 1891 per protestare contro le guarentigie papali i massoni ventimigliesi tengono una riunione apertamente pubblicizzata a cui intervengono soci di Nizza e della loggia "La Liguria" di San Remo. Nel 1894 la Loggia viene sciolta94 ma l'anno seguente i "Persistenti" sono inseriti dal Grande Oriente d'Italia tra le Logge di Prima Categoria, quelle cioè in regola con il tesoro e che hanno trasmesso gli atti richiesti dalla Circolare n° 10 del 15 marzo 1895. Nel 1895 partecipa a Roma alla celebrazione dei quindici anni dalla breccia di Porta Pia, una sua delegazione rappresenta la Massoneria Italiana alla commemorazione del 9. anno di fondazione della Loggia "France Democratique" di Nizza e il 9 maggio 1897 una sua delegazione è all'inaugurazione del monumento dedicato al Gran Maestro Giuseppe Mazzini. L'officina subisce un secondo arresto nel 1897 ma l'anno seguente viene rifondata, adottando sempre il Rito Scozzese, con Decreto n° 111 del 19 luglio 1898 e nel 1899 il Grande Oriente d'Italia approva le elezioni di loggia. Viene demolita il 25 ottobre 1905, con Decreto n° 235 del Grande Oriente d'Italia, perché "versa nell'impossibilità di attendere ai lavori e di tenere regolari adunanze massoniche". La Loggia "Giuseppe Mazzini" di San Remo, in cui Raimondo era stato iniziato l'8 dicembre 1900, fu fondata il 5 maggio 1900 da Gio Bernardo Calvino, padre dal botanico Mario Calvino padre a sua volta dello scrittore Italo, e dal pastore valdese Ugo Janni95. Gio Bernardo Calvino era stato una 'pietra angolare' della Massoneria sanremese essendo stato iniziato nel 1875 nella loggia 'Liguria', poi demolita per fondare nel 1900 la loggia Mazzini che alla sua morte nel marzo del 1901 decretò un mese di lutto e prese in considerazione la domanda di ammissione del profano Mario Calvino "figlio del fu nostro fratello Gian Bernardo Calvino nato in Sanremo il 26 marzo 1875 dottore in agraria": la nascita di Mario coincide con la nascita iniziatica del padre Gio Bernardo, e la morte di quest'ultimo segna la nascita iniziatica di suo figlio. Nella tornata del 17 giugno 1901 la sua candidatura fu votata all'unanimità e in quella riunione il Venerabile propose di votare compatti la lista del partito socialista rappresentata da Raimondo "come quella che maggiormente presenta seria garanzia che i clericali con o senza veste talare saranno esclusi" Mario Calvino, iniziato nel primo grado il 24 giugno 1901, fu proclamato Maestro Libero Muratore della Rispettabile Loggia “Giuseppe Mazzini” nella tornata del 21 aprile 1902. Il benvenuto nell'ordine massonico lo ricevette dal pastore valdese Ugo Janni, che aveva aperto una scuola valdese a San Remo a cui egli iscrisse il figlio Italo96. Sempre nel 1900 fu fondata la Loggia "Giuseppe Garibaldi" a Porto Maurizio, città di fermento massonico durante il periodo napoleonico e poi risorgimentale97. A Porto Maurizio e ad Oneglia vi erano state numerose presenze di framassoni, come gli svizzeri Isacco Vernet, Jacques e Pietro Vieusseux alla fine del XVIII secolo, e soprattutto con l'avvento delle truppe francesi e di Filippo Buonarroti98. 6 La massoneria dall’antisocialismo alla soppressione delle Logge Nell’estate del 1914 dinanzi alla guerra la tesi dell’intervento a fianco dell’Intesa lentamente guadagnò terreno nelle Logge, spinte alla mobilitazione patriottica dalla loro ispirazione irredentistico-risorgimentale colorata d’ideali mazziniani 98 bis. L’interventismo era motivato anche dalla lotta ai residui feudali e assolutistici degli Imperi germanico e austroungarico, in vista dell’instaurazione universale della democrazia e della pace, configurando l’intervento nella guerra europea a lato della laica Francia come un momento della più vasta lotta ideale contro l’oscurantismo. Il Grande Oriente, dopo una fase iniziale di attesa, appoggiò l'intervento in guerra 99 gareggiando in patriottismo con i nazionalisti. In breve tempo risultarono offuscati i fondamenti etici, storici, intellettuali a cui la Famiglia si era costantemente attenuta e furono interrotti i rapporti con il Partito socialista che si era pronunciato per la neutralità adottando la formula “né aderire né sabotare” coniata del segretario Costantino Lazzari. La debolezza e l'incoerenza della Massoneria italiana si manifestò non tanto con la scelta interventista, che, se era in contrasto con la militanza pacifista e con l’impegno a dar vita a istituzioni di arbitrato internazionale, si ricollegava però alla tradizione del nazionalismo democratico di matrice risorgimentale ed era in sintonia con l'analogo atteggiamento assunto dalle obbedienze francese e tedesca in prima linea, quanto per l’appiattimento sulle posizioni governative che portò la massoneria dopo il 1917, a difendere i progetti espansionistici italiani in Adriatico e nei Balcani. Al convegno massonico di Parigi del giugno 1917 la comunità internazionale si mostrò incline a riconoscere all’Italia solo Trento e Trieste e propose che il destino delle altre zone mistilingue soggette all’Austria fosse definito attraverso un referendum e sula delegazione italiana, che protestando era riuscita solo ad attenuare l’ordine del giorno finale, si abbattè un’ondata di critiche partite sia dall’interno del GOI che dall’obbedienza di Piazza del Gesù e da molti organi di stampa, compresi quelli cattolici, che tacciarono la dirigenza massonica di debolezza e di scarsa capacità nel difendere gli interessi della nazione. Ferrari fu costretto addirittura a dimettersi dalla carica di Gran Maestro e gli subentrò di nuovo Ernesto Nathan. Risultò evidente in questa occasione l’equivoco di fondo su cui si basavano i le posizioni della Massoneria italiana che voleva conciliare il rivendicazionismo in Dalmazia e la difesa del principio di nazionalità in senso democratico. Dell’accantonamento della concezione mazziniana di nazione Nathan si fece carico in un articolo del novembre 1917 sulla «Rivista massonica». “Può essere la nazionalità il voto di una maggioranza dimorante in una determinata estensione del territorio che vale a costituirla in nazione – come infruttuosamente tentò di affermare il delegato serbo al Congresso massonico di Parigi - il plebiscito, la legge brutale del numero, sovrana e prevalente, l'acqua lustrale? Ovvero si tratta di questione più complessa di fronte ai doveri nazionali per gli scopi della civiltà e del progresso dei popoli?“ Quindi elencava i tre elementi che definivano l'esistenza di una nazione: la volontà della popolazione; l’omogenea sua fusione sotto la direzione dell’elemento più progredito; il tracciato territoriale tale da metterla in grado di difendere la propria unità e lo sviluppo suo morale, intellettuale, economico e sociale nel consesso delle genti. Sulle rivendicazioni territoriali la Massoneria fu anche più intransigente dei vertici istituzionali dello Stato e per il suo contributo all’impresa di Fiume l’ordine liberomuratorio risultò spaccato dal dissenso della minoranza di fede democratica e sempre più proiettato verso settori politici estranei alle posizioni tradizionali. Dopo l’armistizio i ‘fratelli’ di lingua magiara della Loggia massonica «Syrius» di Fiume si scissero da quelli italofoni essendosi prestate le Officine di lingua italiana all’obbedienza del Grande Oriente di Roma ad operazioni annessionistiche dei territori ove sorgevano. La visita del nuovo Gran Maestro Torrigiani ai ‘fratelli’ della «Syrius», pochi giorni prima della ‘marcia dei legionari’ nel settembre 1919 avallava il consenso dei massoni avendo alle spalle i pronunciamenti nel marzo ai congressi ‘pro Fiume e Dalmazia’ di Milano e ‘pro Spalato e Dalmazia’ di Roma. Il Gran Maestro assecondò l’impresa dannunziana pensando di poterla controllare, spronato dalla concorrenza della massoneria di Piazza del Gesù che aveva promosso un partito ‘Pro italiani irredenti’, ma quando fu ventilato un progetto di sbarco insurrezionale sulla costa adriatica, Torrigiani si dissociò per timore di mettere in movimento una sollevazione ‘rossa’, che, a sua volta, avrebbe provocato l’intervento dell’esercito, con un esito finale imprevedibile. In occasione dell’occupazione delle fabbriche nel settembre 1920 le Logge, che pure erano state aperte a Bakunin, Federico Campanella, Andrea Costa, Antonio Labriola, rivendicando la ‘vittoria’ e il ‘programma nazionale’, non potevano schierarsi con massimalisti e comunisti. Partito socialista e partito repubblicano si presentavano quali avversari del regime statutario. Nella loro propaganda ricorrevano l’appello alla Costituente, la minaccia nei confronti della monarchia, il proposito di un’offensiva anticlericale. Il partito nazionalista, assunta la guida delle rivendicazioni imperialistiche e della spartizione del ‘bottino di guerra’, si candidava al ruolo di mediatore della crisi, promettendo di soddisfare le rivendicazioni sociali nell’ambito di un rinnovato patto tra la Corona e le masse, auspice la borghesia imprenditoriale, sottraendo così alla Massoneria il ruolo di interprete dei ‘destini’ italiani a cui aveva ispirato la sua immagine sin dall’unificazione nazionale. Il G.O.I. non poteva rimanere spettatore dinanzi alla dichiarazione dei nazionalisti che proprio la Chiesa cattolica assicurava all’Italia una funzione internazionale di prestigio e presenza organizzata attraverso la rete delle ‘missioni’ ed alla prospettiva della formazione di un blocco storico che comportava la restaurazione clericale mentre il Rito scozzese svolgeva un’azione complementare a quella di nazionalisti, clericali e fascisti Per restituire incisività all’azione del Grande Oriente Torrigiani puntò sull’uso di pieni poteri. Nella crisi dell’autunno 1922 passò dal proposito di coalizione di tutte le forze ‘costituzionali’, socialisti compresi, per sbarrare la strada ai popolari, a un disegno di collusione col fascismo, ma rimaneva convinto di poter «spingere (Mussolini) verso sinistra», incontrandosi con la Confederazione Generale del Lavoro e il 30 novembre accettava di vincere «la ripugnanza di certi contatti per la difesa delle nostre idealità» tanto da consentire la presenza di massoni in un blocco con i popolari, nella speranza che «le giovani forze che hanno assunto la direzione della cosa pubblica ...non dimentichino come democratiche e laiche sono le tradizioni, la storia, le aspirazioni del popolo italiano» . L’illusione che «il governo piegasse verso sinistra e si accostasse alle organizzazioni operaie» riecheggiò nella Giunta esecutiva del G.O.I del 18 novembre, affiancata alla preoccupazione per la difesa del «principio fondamentale democratico», ché se mai fosse sorto un «governo dispotico» l’Ordine avrebbe dovuto «organizzare la resistenza, specie a base delle organizzazioni operaie», poichè obiettivo della Massoneria era sempre stato «conciliare lo spirito nazionale con lo spirito sociale». Neppure dopo la dichiarazione d’incompatibilità tra fascismo e Massoneria approvata dal Gran Consiglio del PNF nella seduta del febbraio 1923 mutò la linea difensiva da Torrigiani adottata per respingere le accuse al G.O.I. provenienti da nazionalisti e destra cattolica di essere antinazionale e antireligioso . Sin dal suo primo numero «Lux», il bollettino del Supremo Consiglio dei 33 sedente in Palazzo Giustiniani, pubblicò la protesta rivolta dal Sovrano Gran Commendatore Ettore Ferrari, a Mussolini, per le irruzioni delle squadracce in sedi massoniche. Nel gennaio 1925 «Lux» concludeva che Mussolini non sarebbe mai riuscito a ‘normalizzare’ la crisi, era perciò necessario accettare la sfida della dichiarazione d’incompatibilità tra PNF e Ordine. Le posizioni sostenute da Mussolini al congresso di Ancona del 1914 venivano attuate dieci anni dopo. In questo contesto veniva ripubblicata l'Inchiesta sulla massoneria curata nel 1913 dal nazionalista Emilio Bodrero, relatore alla Camera della proposta di legge contro le società segrete presentata il 12 gennaio 1925 e convertita in legge il 20 novembre, che portò alla soppressione della massoneria e all'obbligo per i pubblici dipendenti di dichiarare la loro appartenenza, anche passata, all'istituzione. Anticlericalismo, "socialismo evangelico", socialisti cristiani 1 La politica laicista tra '800 e '900 Nel 1881 si chiedeva alle logge di fare propaganda a favore del progetto di legge sul divorzio presentato al parlamento dal massone, ministro di grazia e giustizia, Tommaso Villa, e vivamente osteggiato dai clericali. A questo riguardo, nell'aprile 1881, la loggia "Universo" di Roma inviava una circolare a tutte le Officine della Comunione italiana sollecitandole a manifestare la loro adesione al progetto in modo tale da contrapporre un plebiscito laico a quello che stavano organizzando i clericali 100. La circolare era stata approvata dal Gran Maestro Giuseppe Petroni che era stato il fondatore della loggia e quasi certamente l'ispiratore della iniziativa. Faceva immediatamente eco la loggia "Garibaldi" di Ancona, auspicando la collaborazione di tutte le logge "affinché nella vita civile siano parificati i diritti degli uomini e delle donne". Il divorzio era infatti considerato un importante mezzo di liberazione dalla soggezione maschile e con questo spirito erano stati presentati in parlamento i primi progetti di legge. A luglio 1881 la rivista massonica, continuando la sua campagna a favore del divorzio, ospitava sull'argomento l'articolo dell'avvocato De Benedictis che poneva l'attenzione sul fatto che il diritto canonico prevedeva il divorzio, sia pure con altro nome, e che comunque "la libertà nella volontà" imponeva che lo Stato italiano varasse una riforma del genere. L'attenzione della massoneria all'argomento non venne meno negli anni e quando nel 1890 riprese vigore l'agitazione per il divorzio, la rivista massonica trattò il tema ripetute volte preparando così il terreno alla presentazione del disegno di legge da parte di Tommaso Villa. Presidente del comitato centrale per il divorzio era il fratello avvocato G.C. De Benedetti101. Quando il problema fu affrontato dai socialisti, i massoni si impegnarono ad appoggiarli. Si veda al riguardo la circolare emanata dal Gran Maestro Ernesto Nathan il 15 febbraio 1900 per la continuazione della campagna sul divorzio. E ancora la relazione svolta il 7 febbraio 1902 nel Consiglio dell'Ordine sul movimento a favore dei divorzio". L'argomento fu di nuovo trattato nella conferenza pubblica tenuta da Nathan per il XX settembre 1902 nella quale parlò anche dell'opposizione dei cattolici al divorzio. I massoni erano attenti anche alla questione della priorità del matrimonio civile su quello religioso, sempre nel contesto dell'opera di laicizzazione dello Stato, come si può leggere nella delibera del 22 gennaio 1914 secondo la quale: Il Governo nella delibera del 22 gennaio 1914 secondo la quale: Il Governo dell’Ordine sostiene la legge della precedenza obbligatoria del matrimonio civile sul rito religioso nel concetto fondamentale cui si inspira e si riserva di richiamare l'attenzione dei fratelli deputati sui singoli articoli del progetto, affinché la legge non possa presentarsi a convalidare la opinione di alcuni, che lo Stato con quella legge riconosca anche il matrimonio religioso". La politica laicista conosce perciò un rallentamento, e se l'insegnamento nelle scuole secondarie viene laicizzato, il dibattito sull'insegnamento religioso nella scuola elementare si conclude nel 1908 con un compromesso ed il rigetto della mozione Bissolati, i socialisti danno un appoggio parziale alla battaglia parlamentare102 dei radicali e della sinistra liberale per il divorzio, considerato un istituto borghese che sarebbe stato superato dai nuovi rapporti fra i sessi instaurati nella società socialista. 2 L'anticlericalismo massonico e quello socialista La fondazione del Partito socialista nel 1892 è l’approdo di un lungo processo di superamento della tradizione settaria, facendo del movimento di classe e non della lotta antireligiosa l’elemento politico essenziale; il PSI è comunque influenzato dal positivismo evoluzionistico che alimenta il mito del progresso, dal determinismo, dall’anticlericalismo103 che resta al centro della tematica socialista e massonica seppure con valenze diverse. Mentre in ambito massonico l’anticlericalismo, che non escludeva legami con modernisti e gruppi evangelici104 ed il richiamo a una religiosità universalistica, era nutrimento essenziale e meta finale, per il socialismo l'anticlericalismo assume elementi di natura evangelico-messianica ed il riferimento evangelico si intreccia con la lotta sociale. Il socialismo, in quanto movimento delle masse subalterne che tende a creare un nuovo tipo umano, è il centro di coagulo di un più vasto movimento di natura socio-culturale ed eticoreligiosa in corso nel paese, che pone nella lotta politica e sindacale i mezzi concreti di sviluppo e di riscatto. Anticlericale, ma attento ai valori religiosi, Nathan operava una netta differenziazione tra cattolico e clericale, insistendo ripetutamente sulla differenza. Di conseguenza il Grande Oriente ignorò le assemblee della Federazione Internazionale del Libero Pensiero svoltesi a Parigi nel 1900 e a Ginevra nel 1902 perché, come affermò Nathan, le famiglie massoniche non possono prendere parte collettivamente a discussioni in materia religiosa o filosofica senza provocare scismi all'interno e senza imporsi sulla libertà di coscienza dei fratelli . Nel 1903 la Giunta del Grande Oriente d'Italia confermava il divieto alle logge di intervenire in forma ufficiale ai congressi dei liberi pensatori. C'era quindi una voluta presa di distanza dal radicalismo ateo «Critica sociale» nasce nel 1886 come «tribuna aperta a tutte le intelligenze oneste e sincere che, pervase dal soffio della vita e degli studi moderni, non seguono pecorilmente le orme dei trapassati e scevransi dalla folla anonima dei presenti che mai non fur vivi e mai noi saranno... essa intende cooperare sinceramente, assiduamente alla elaborazione di una solida coscienza sociale105 ». L'anticlericalismo di Turati, che "trova nel socialismo la pace del proprio spirito dopo una giovinezza inquieta e morbosamente malinconica106” è l'espressione di un impegno volto «alla redenzione degli umili e dei poveri», insofferente verso ogni forma «clericale» nella chiesa cattolica come nella società civile, portando l'esigenza di di una nuova morale. Salvemini ricorda il suo incontro con il socialismo come «l'incontro con la fonte di una religiosità perenne, destinata a sopravvivere ai propri stessi dogmi107». Alla fine dell'800 l'industrializzazione del Nord Italia sviluppa un ceto operaio che si organizza sindacalmente aprendo un periodo di agitazioni sociali, e nella classe dirigente dello Stato, che si era formata nella lotta contro il potere temporale del Papa, si fa strada la convinzione che la religione come strumento di conservazione sociale rappresenti un argine all'espansione del socialismo nel popolo. Il primo ‘900 è caratterizzato anche da una ripresa spiritualistico-mistica e dal sorgere della filosofia idealistico-crociana. I socialisti di fronte all’entrata dei cattolici nella vita politica reagiscono dividendosi tra la tendenza intransigente, che pone al centro dell'azione socialista la lotta di classe, e chi ritiene invece centrale la lotta alla Chiesa, ciò che comporta una politica di “blocchi” popolari con repubblicani, radicali, gruppi del «Libero Pensiero», massoneria, circoli «Giordano Bruno», come a Roma sotto la guida del sindaco Ernesto Nathan, trasformando il PSI in un “Partito del lavoro” riformista inserito nel sistema borghese senza una rigida connotazione ideologica. Il contrasto temporaneamente mediato al congresso di Milano nel 1910 esplode al congresso di Reggio Emilia del 1912. L'anticlericalismo socialista è collegato anche allo sviluppo delle leghe bianche considerate forme di presenza controrivoluzionaria e all’accusa ai cattolici di crumiraggio, giustificata dalla propaganda antisocialista del clero. La posizione del partito era rigida anche nei confronti dei gruppi del dissenso legati a Buonaiuti, delle minoranze evangeliche, di Romolo Murri condannato dal Vaticano. Le pattuglie di "ciclisti rossi" che si spingevano la domenica nelle borgate rurali, fronteggiando i parroci sui sagrati delle chiese dopo la messa, utilizzavano le trivialità anticlericali dei massoni della "Giordano Bruno" o della Federazione del Libero Pensiero e solo nel 1918-19 Gramsci pose l’esigenza di considerare in modo diverso il cattolicesimo, in particolare l'ideologia religiosa delle “masse”, introducendo poi questa tematica nel PCd'I. 3 Il "socialismo evangelico" forma alternativa di anticlericalismo «II socialismo è una nuova religione; esso raccoglie le aspirazioni di coloro che soffrono, esso convita gli uomini a una mensa comune, dove uguale per tutti, in ragione del proprio merito e del proprio bisogno, sarà il pane e il vino; esso vuole che l'uguaglianza umana esista di fatto e non soltanto idealmente... La nostra forza, come quella d'una religione sta nella propaganda e non v'è causa più bella e più santa di quella che noi combattiamo: avanti dunque, è l'avvenire che ci chiama.... Noi siamo la moltitudine contro i pochi: noi siamo la marea che monta, che sale, noi siamo il mare, essi la piccola isola, accerchiata d'ogni parte dalle onde. Hanno detto: il fango sale. Ma io ricordo il versetto della Bibbia in cui dal fango Dio ha formato l'uomo. E questo fango che sale sarà l'uomo e la luce dell'Avvenire» 108. Così nel 1897 con il linguaggio del "socialismo evangelico" venivano esposti gli ideali del socialismo e dieci anni dopo Giovanni Zibordi lo difendeva dall'accusa di essere «una semi ecclesiastica predicazione, piagnona e zuccherosa» definendolo «una propaganda e una predicazione rigorosamente positiva fatta per la vita e continuamente vivificata e integrata dagli esempi delle quotidiane opere socialiste»109. L'evangelismo socialista110 fu il prodotto di una cultura che tendeva a dimostrare alle masse popolari che il socialismo salvaguardava i valori autentici del cristianesimo e che i socialisti erano i veri eredi del messaggio di Cristo, anche se conviveva con forme di propaganda che irridevano ogni forma di religiosità e consideravano «perversi» e «immorali» i valori del cristianesimo primitivo111. Roberto Michels indicò l'Italia come «terra promessa della cosi detta "propaganda evangelica" 112» considerata una delle caratterizzazioni più specifiche del suo socialismo che egli legava sia a motivi di particolare indole psicologica presenti nella società sia al contesto prevalentemente rurale in cui si trovò ad agire il socialismo italiano113 Ma anche in altri paesi114 si sviluppò il tentativo di sostituire nella mentalità popolare i dogmi della religione tradizionale conferendo un abito morale al socialismo per le oggettive difficoltà che l'ideologia marxista incontrava nell'affermarsi a livello popolare e la "Predica di Natale" fu tradotta in varie lingue115 anche se risulta particolarmente presente nel contesto italiano116, segnato da un diffuso analfabetismo che complicava l'opera di proselitismo. Si trattava di far breccia nel sentimento popolare attraverso adeguati strumenti, e una prima motivazione va ricercata nelle difficoltà di penetrazione presso le masse popolari del linguaggio della scienza economica: cercare di far aderire le masse popolari al socialismo attraverso il «campo astratto delle disquisizioni teoriche» e «sperare di sottrarle all'infame dominio del prete colla predicazione pura e semplice delle verità scientifiche avrebbe significato «sperare di farsi amica una persona pigliandola a schiaffi»117 Prampolini ammetteva di utilizzare motivi di carattere evangelico per la difficoltà di far aderire il popolo delle campagne al «socialismo scientifico»: «Ora noi siamo ben lontani dal voler fare credere che i nostri compagni dei villaggi emiliani e mantovani siano altrettanti professori di sociologia. Se [si] ritenesse che possono chiamarsi socialisti soltanto coloro che sanno dare la definizione marxista del capitale del plusvalore dello Stato e cosi via, saremmo noi i primi a riconoscere che nella nostra regione i socialisti di questa specie si contano sulle dita fra gli stessi nostri propagandisti. Ma per essere socialisti non c'è bisogno di sapere a memoria il Capitale. I nostri compagni contadini che non hanno mai letto il Marx e che, se anche lo leggessero, non potrebbero intenderlo, sono tuttavia e devono chiamarsi socialisti, perché hanno compreso ugualmente le principali verità che egli ha dimostrato».118 Mentre il marxismo mutuato dalla socialdemocrazia tedesca costituiva l'ideologia dei quadri e intellettuali socialisti, la propaganda di tipo evangelico rispondeva alla necessità di coniare un linguaggio accessibile alle masse che facesse leva sul «sentimento»119 Il tentativo di creare una «nuova coscienza», un nuovo «senso comune» improntato al socialismo 120 comportava lo scardinamento dell'ideologia cattolica prevalente nelle campagne121 dove presentarsi come nemici della religione poteva compromettere l'opera di proselitismo122. Occorreva inizialmente non prendere di petto la religiosità delle masse popolari ma incanalarla in un'altra che ne svuotasse la sostanza, bisognava mettere a nudo le contraddizioni del cattolicesimo nell'aver tradito il messaggio originale della Chiesa. Turati spiegò che i socialisti «figli primogeniti del diavolo» ricorrevano alla propaganda evangelica solo a scopo tattico: "Le masse...sono in ritardo. Noi dobbiamo spesso sostare e ripiegare per non perdere i contatti, per attrarle a noi. La vecchia anfora può spesso servire per custodirvi il vin nuovo. Tutto vero. La stessa propaganda socialista - negli ambienti primitivi e vergini - si serve delle formule e delle parole degli evangeli. Ma cotesto mimetismo, cotesto plagio del passato non può andare, non deve andare al di là della scorza. L'anfora può essere quella: altro è il liquore, la vecchia consuetudine mentale è evocata bensì, ma per modificarla. Perciò si ritorna ai principi. La parabola o il precetto dell' evangelo è il nucleo profondo nel quale, al di sotto della veste, permane ciò che vi è di nuovo e di eternamente vero nel fatto religioso: noi ce ne serviamo non per rinforzare quest'ultimo, ma per distruggerlo"123. Il «Cristo» della propaganda evangelica non opera una conciliazione fra socialismo e cristianesimo ma viene utilizzato come un'autorità confirmatoria della dottrina socialista, rientrando nel filone letterario sui padri fondatori che vanta una genealogia risalente a Platone, Campanella, Giordano Bruno, Garibaldi 124e non va dunque confuso con quello del socialismo cristiano125 poiché non aveva l'intenzione di conciliare l'esperienza cristiana con quella socialista. Usando il motivo religioso per far breccia sul sentimento delle masse popolari, può essere considerata una forma di anticlericalismo, al cui interno ha però una posizione originale, differenziandosi sia da quello irreligioso di matrice anarchica che dalla formula erfurtiana prevalente nel socialismo italiano della religione intesa come affare «privato». Questa formula, che comportava il «rifiuto della violenta irreligiosità di origine anarchica»126 si basava sulla priorità del problema economico rispetto a quello religioso e sulla convinzione deterministica sulla «ineluttabile» scomparsa del problema religioso allorchè la soluzione del problema economico avrebbe fugato il «pregiudizio religioso». Rispetto a queste due posizioni l'evangelismo socialista differisce nei mezzi: se nell'anticlericalismo irreligioso predomina l'aperta ostilità alla religione, nella seconda prevale la determinista convinzione di una ineluttabile e graduale scomparsa del problema religioso, offrendo un'immagine più rispettosa nei confronti della religione al fine di agevolarne la penetrazione, particolarmente nelle campagne127 Rispetto alla formulazione erfurtiana l'evangelismo socialista costituisce una posizione più dinamica, che accelerava il processo di dissoluzione della religione introducendovi elementi di contraddizione. In tutte e tre le posizioni c'è la convinzione che la civiltà cristiana stia per volgere al tramonto ma esiste una divergenza non sui tempi ma sui modi di interpretare la battaglia anticlericale perchè la «nuova religione» del socialismo sarebbe inevitabilmente sorta sulle ceneri della «vecchia religione» cristiana. La propaganda evangelica non fu solo un espediente tattico dell'anticlericalismo socialista ma deriva da una diversa valutazione del fenomeno religioso: se nella formula della religione come «affare privato» si coglie l'estraneità di matrice positivistica al fenomeno religioso, alla base dell'evangelismo socialista c'è la consapevolezza di una funzione sociale, non «residuale», del fenomeno religioso dietro cui si scorge l'impronta marxista. A partire dagli anni '80 Engels sulle origini del cristianesimo primitivo diede una valutazione «positiva»128 in opposizione alla «ideologia del progresso...evoluzionistica e meccanica» 129 presente nella socialdemocrazia tedesca di fine secolo da cui deriva la formulazione della religione come «affare privato», negli stessi anni in cui Kautsky sosteneva la conciliabilità fra cristianesimo e socialismo in un libro tradotto in italiano nel 1904 che ebbe vasta circolazione. 4 Il Cristo socialista Il nucleo tematico centrale del Cristo socialista è la considerazione del cristianesimo primitivo come «rivoluzione dei poveri», dei diseredati, degli oppressi: «Che il cristianesimo ...sia stato una rivoluzione dei poveri e che Cristo, per quanto lo permettevano i tempi e il suo carattere mite e debole fosse, in ultimo un vero rivoluzionario, è tal cosa su cui la critica moderna non lascia più nessun dubbio e che ormai tutti sanno»130. E la letteratura prampoliniana nell'esaltare il «Cristo rivoluzionario», «l'apostolo della fratellanza, della pace e dell'uguaglianza umana», il «nemico di tutti i culti e di tutte le furfanterie sacerdotali», ne spiegava il martirologio proprio per essere stato il "fiero avversario dei ricchi e dei potenti"131 che "sentendosi minacciati dalle sue dottrine e per impedire che egli continuasse a predicarle e la giustizia trionfasse, lo accusarono di aver violato la legge dei padri, dissero che egli corrompeva le moltitudini e sollevava il popolo, lo dipinsero come un eretico, come un essere perverso, come un pericolosissimo delinquente e, fattolo arrestare, dopo un sommario processo lo mandarono a morire come un malfattore sul Golgota" 132 La predicazione del messaggio egualitario di Cristo si espanse attraverso la predicazione degli apostoli che non solo «difesero sempre i diritti dei poveri» anzi «attuarono il comunismo», ma le potenzialità rivoluzionarie della religione cristiana finirono per esaurirsi poiché questa fu inglobata dal potere e gli imperatori riuscirono ad adulterarla, a sfigurarla abilmente, a corromperne le sostanze lasciando intatte le forme «e trasformare dunque il cristianesimo primitivo nella forma apocrifa e mostruosa del cattolicesimo, di cui il protestantesimo non è che una sfumatura meno stupida».133 L'immagine di Gesù «umanizzato» costituì uno dei motivi propagandistici più diffusi dell'evangelismo socialista, e Prampolini propugna la negazione della divinità di Cristo e fissa l'immagine del Cristo «figlio del carpentiere di Nazareth» e non «figlio di Dio» giacché «la nascita di Cristo non è punto di miracolo». Infatti «Gesù era un buon giovane d'animo mite, di sentimenti generosi ed umanissimi, tale insomma da simpatizzare naturalmente col popolo di cui era figlio»134. La provenienza di quella trasfigurazione simbolica si può far risalire alla Vita di Gesù di Renan135, filtrata da quella tradizione naturalistica francese che attraverso la Fine di Satana di Hugo e la Vita di Gesù di Eugene Sue aveva proposto la figura di un Cristo come «incarnazione cruenta del progresso» e basata sulle più recenti acquisizioni della esegesi critica neotestamentaria; tradotta in Italia nel 1863 ebbe un largo successo nell'opinione pubblica di orientamento laico influenzando quelle tendenze spiritualistiche sorte nell'alveo del mazzinianesimo che propagandavano l'ideale congiunzione fra la dottrina mazziniana e quella del cristianesimo delle origini.136 In effetti la coniugazione fra i simboli del movimento operaio e quelli di un cristianesimo che sta dalla parte degli oppressi era antecedente alla nascita del Partito socialista. L'utilizzo sistematico del Gesù socialista si perfezionò dopo il congresso di Genova divenendo una delle forme propagandistiche più diffuse, ma era presente già da almeno un ventennio nella tradizione risorgimentale italiana e la propaganda socialista ne fece propri schemi e modelli. La figura di un Cristo vindice, liberatore, l'immagine di una religione coi poveri contro i Borboni oppressori, contro Pio IX, sono immagini ricorrenti nella poesia e nella letteratura popolare del periodo risorgimentale. In questo filone abbondano le trasfigurazioni epiche e leggendarie di Garibaldi che lo accostano a Cristo, a S. Michele Arcangelo, a S. Giovanna d'Arco.137 Nella poesia di ispirazione mazziniana l'accostamento degli ideali del cristianesimo con quelli risorgimentali è ampiamente presente138 e l'aspra polemica anticlericale non è volgare e rozza, la tensione morale del mazzinianesimo si dirige contro i simboli del potere clericale e rivaluta l'esperienza religiosa vissuta al di fuori del tradizionalismo chiesastico illegittimo depositario del messaggio di Cristo 139. I moti anarchici del Matese, il lazzarettismo e la Boje confermano l'ipotesi di Hobsbawm che il «fermento religioso» costituisce uno dei moventi di quelle forme «primitive» e «arcaiche» di agitazione sociale140. 5 La predicazione di Camillo Prampolini Camillo Prampolini apparteneva ad una famiglia agiata141e durante gli studi universitari si avvicina al socialismo per la condizione di abbrutimento dei contadini emiliani la cui unica evasione erano, a parte l'osteria, le pratiche religiose in forme magico-sacrali142. La sua vita politica inizia nel gennaio 1882 con un articolo sul settimanale «Lo scamiciato. Voce del popolo»143. Nel gennaio 1886, fa uscire «La Giustizia. Difesa degli sfruttati». Oltre che attraverso il giornale svolge un'azione attivissima nelle campagne emiliane. Rifiuta il matrimonio religioso come «cabala di preti», ma tutta la sua "predicazione" è permeata di "evangelismo". Molti contadini avevano spesso la sua immagine a capo del letto insieme a quelle sacre. Per dimostrare l'efficacia della propaganda evangelica faceva riferimento al lazzarettismo144 il cui successo era dipeso dall'aver proposto «a quei poveri plebei» una lettura dell'Evangelo in cui risaltava «splendidissima e irresistibile, l'idea dell'uguaglianza»145. Prampolini ripudiava l'anticlericalismo violentemente irreligioso constatando l'improduttività e le scarse capacità di suggestione di una propaganda anticlericale fatta «esclusivamente in nome della ragione»146. Occorreva innanzi tutto utilizzare mezzi di persuasione che tenessero conto «di quella sensitiva delicatissima che è il sentimento popolare» ma soprattutto «conoscerne bene la natura e le tendenze onde non ci avvenga di risvegliare la diffidenza, il ribrezzo e l'odio là dove appunto volevano ispirare la fede, l'entusiasmo, l'amore»147. Di fronte alla constatazione che nelle popolazioni contadine «il sentimento cristiano è profondamente radicato» invitava i propagandisti socialisti a «servirsi dello stesso Vangelo, della parola di Cristo... che è un primo informe abbozzo di codice socialistico». Teorizzava l'utilizzo della propaganda evangelica già agli inizi degli anni Ottanta, almeno un quindicennio prima di “La predica di Natale”148. Prampolini del cristianesimo si proponeva un recupero limitatamente alla parte «umanitaria e sociale», secolarizzando l'esperienza cristiana, lettura che conduceva alla non considerazione di quella dimensione trascendente del pensiero cristiano considerata esclusivamente come «metafisicume», come un ostacolo alla «spiegazione delle cose naturali» giacché «dove è il soprannaturale là si nega la scienza»149. Che cosa intendesse per propaganda cristiana lo aveva espresso fin dal 1883 150quando raccomandando ai propagandisti socialisti di servirsi del cristianesimo li invitava però a «sorvolare sui cosi detti principali problemi della vita (Dio, immortalità, etc.) dove il grosso del popolo non può seguirci»151. Al socialismo dunque compete di recuperare le radici «rivoluzionarie» del primo cristianesimo, di ripristinare l'insegnamento di Cristo e dei primi apostoli, giacché proprio il socialismo è ... il figlio più puro e legittimo della religione stessa, incarna meglio di qualsiasi altra dottrina il pensiero umanitario e sociale di Cristo»152. Similmente al cristianesimo, che affrancò le plebi diseredate dalla schiavitù, il socialismo ereditandone diciannove secoli più tardi le idealità, avrebbe redento il proletariato «dall'ultima forma della schiavitù, quella del capitale»153. Il socialismo tendeva a farsi promotore di un «senso comune» contrapposto a quello cattolico, ma la propaganda e la cultura socialista sottovalutarono i grandi problemi della vita154 e più in generale quello religioso nella sua complessità155. Il «cristianesimo» prampoliniano era proposto, per il pubblico cui era diretto, con caratteri di schematicità resi ancora più comprensibili dalle forme adottate: il dialogo, le frasi estrapolate dalle massime 5 Primi tentativi di dialogo tra cristiani e socialisti all'inizio del '900 L'Avanti! del 17 luglio 1908 pubblicò una lunga lettera indirizzata al direttore Oddino Morgari 156 da due giovani usciti dall'esperienza della Lega democratica nazionale e avvicinatisi ai socialisti cristiani, Guglielmo Quadrotta157 e Felice Perroni: «La nostra adesione al socialismo ha radici nelle nostre convinzioni religiose. La religione per noi non è una credenza intellettuale in certi princìpi astratti o un cerimoniale... La religione è anzitutto e soprattutto un atteggiamento pratico e vitale di fronte al problema dell'essere e della vita...La vita religiosa è una vita di effusione, di allargamento per cui all'uomo vecchio fatto di egoismo subentra l'uomo nuovo assetato di amore e di giustizia. Nulla quindi di più contrario alla religione, dello spirito individualista sia esso morale od economico». La lettera, che si inseriva nella battaglia socialista per l'abolizione dell'istruzione religiosa nelle scuole con la discussione alla Camera della mozione Bissolati, si concludeva con una domanda esplicita: «A chi professa i nostri ideali sono aperte oggi le file del Partito socialista italiano?»158 suscitò una polemica in cui intervennero Bonomi, Turati, Zibordi, Paoloni sostenendo diversi punti di vista. Bonomi fissava la distanza che esiste fra un atteggiamento che «si riporta agli insegnamenti di Cristo e fa della religione una forza di rinnovazione» e il socialismo, secondo cui «bisogna emancipare gli uomini dell'avvenire da ogni spiegazione trascendente, perché primus in orbe deos fedi timor»159. Turati dichiara di attendere i socialisti cristiani alla prova e ritiene che sia condizione importante una posizione di ribellione nei confronti della chiesa cattolica. 160 La domanda di ammissione non fu accolta a maggioranza dalla Direzione socialista perché si ritenne che l'immissione di nuove tendenze mistiche avrebbe prodotto un pericoloso inquinamento del partito 161 e al congresso di Firenze dell'anno successivo con l'approvazione dell'OdG Bussi-Vella fu negata ai cattolici l'entrata nel PSI. Nonostante il rifiuto, il modernista F. Perroni, in una lettera all'«Avanti» riprodotta sull'ultimo numero di «Nova et Vetera», ribadiva le proprie posizioni: «Il nostro Dio non è più il Dio leggendario assise sopra un trono regale a cui gli uomini si prostrano proni a placarne le ire come servi tremanti sotto la verga del despota, pur essendo l'eterna e infinita bontà è nello stesso tempo una parte di noi medesimi, anzi la parte migliore e più vera di noi medesimi, una forza che è l'anima e la sostanza divina di tutte le cose e che chi più ama, maggiormente possiede .... Soltanto il socialismo noi crediamo potrà creare l'ambiente sociale più atto a favorire l'elevazione dell'uomo. E nel proletariato, nella classe degli operai, vediamo l'artefice eletto a realizzare la futura società, che sarà la società del lavoro; e perciò non riconosciamo socialismo e democrazia al di fuori del Partito socialista che è il partito degli operai»162 Nel mondo cattolico in quegli stessi anni cercavano contatti con il socialismo come canale che dava voce alle nuove classi subalterne i modernisti, per i quali il rinnovamento della chiesa presentava una duplice dimensione: religiosa e politica, senza per questo voler sacralizzare la politica o trasferire nell'ambito della dialettica politica la problematica ecclesiastica. Fra i modernisti, non mancano espressioni riduttive del cristianesimo in quanto escludono la dimensione metastorica ma si è lontani dalle posizioni di chi tende a fare la «religione del socialismo»163. L'ispirazione religiosa portava il gruppo solidale con Ernesto Buonaiuti164 a misurarsi con le istanze delle nuove classi e a stabilire un legame con il movimento operaio che allargasse il blocco delle forze popolari in modo che, al di là della sterile polemica ideologica clericali-anticlericali, si camminasse nella prospettiva del progresso sociale, ma il gruppo si sciolse senza riuscire a trovare immediati sbocchi operativi. Un volume “Socialismo e religione”, pubblicato nel 1911 (significativamente nello stesso anno furono pubblicati gli opuscoli di uguale titolo di Alfredo Bertesi e di Alfredo Poggi) raccoglieva testimonianze di vari autori. Giuseppe Rensi ravvisa nel fondamento spirituale «l'unico fondamento eterno del socialismo, perché superiore ad ogni vicissitudine di dottrina e ad ogni confutazione scientifica...II professare una confessione religiosa (tranne si tratti del cattolicesimo papista che è nello stesso tempo intellettualmente un assurdo e politicamente un partito antisocialista) non può escludere dal Partito socialista ... anzi tutto il contrario»165. Alle obiezioni i socialisti cristiani replicavano che «l'originalità del marxismo è nella spiegazione tecnica del capitale e nella sua interpretazione degli eventi storici: teoria del plusvalore e dottrina del materialismo storico», l'irreligiosità che viene attribuita al socialismo e al marxismo in particolare non sarebbe che «una derivazione molto borghese del positivismo e... anziché rappresentare un coefficiente utile del movimento socialista ne ha rappresentato fin dal principio la debolezza e la malattia»166. Massoneria partito della borghesia? Antonio Gramsci definì nel 1925 la massoneria “l’unico partito reale ed efficiente che la classe borghese ha avuto per lungo tempo”167 analogo al concetto espresso vent'anni prima da Paolo Orano: "L'opinione della maggioranza massonica, è l'opinione della borghesia ricca massonica"168 . ma questa tesi è stata assai discussa. C’è chi sottolinea che giolittiani, nazionalisti, liberali di destra e cattolici attiravano egualmente i favori delle classi medie per cui la massoneria «non era il partito, ma un partito della borghesia»169. Per altri170 Gramsci non associava la massoneria a una struttura partitica in senso stretto ma «all’idea di un club, nel quale tutti gli esponenti di una classe, al di là delle divisioni ideologiche o contingenti, si ritrovavano», richiamando l’attenzione sull’estraneità della componente proletaria alla struttura sociale massonica. Secondo un altro storico171 «la massoneria era più che mai lontana, alla vigilia del primo conflitto mondiale, dal rappresentare in un modo qualsiasi il partito della borghesia italiana» ed è difficile equiparare alla forma-partito, basata sul proselitismo e la pubblicità degli atti, il modello massonico in cui la varietà di orientamenti politici impediva di raggiungere la coesione necessaria a dar vita ad un partito. Ed ancora: l'affiliazione massonica fu rilevante non tanto nell'organizzazione partitica, quanto «nell'attiva diffusione di posizioni laiciste, e nella costruzione formalizzata di un reticolo coperto di relazioni personali potenzialmente (e molecolarmente) utilizzabili in campo professionale, o economico, o politico»172 Effettivamente fino all’avvento del suffragio universale e dei partiti di massa sono esistiti gruppi locali legati a consorterie in debole rapporto fra di loro e sul piano nazionale mentre è mancato un partito liberale di tipo moderno, organizzato a livello nazionale. In questo senso la massoneria aggrega l’elite della classe dirigente e fornisce a strati più ampi di piccola borghesia e ceti inferiori, organizzati soprattutto sul piano locale e scarsamente coordinati, un cemento ideologico basato sul “libero pensiero” e sull’anticlericalismo per sottrarli all’egemonia del mondo cattolico. Dall'Unità al fascismo la massoneria accolse esponenti di varie forze politiche, dai liberali ai socialisti riformisti e rivoluzionari e ai fascisti, passando per radicali e repubblicani. Non fu quindi un partito politico e mai i suoi dirigenti impartirono agli iscritti l'indicazione di votare per una forza politica, ma rappresentò il luogo di coagulo intorno a un progetto di integrazione delle classi medie nello stato nazionale e di modernizzazione in senso laico, culminato nell'età giolittiana quando il tema dell'anticlericalismo rappresentò il principale cemento ideologico dell'alleanza fra i partiti popolari, che assunsero la guida di diverse amministrazioni locali nelle maggiori città italiane. La vicinanza che si verificò nei primi due decenni del secolo fra le opzioni ideologiche e politiche della Massoneria italiana e le scelte strategiche operate dal governo per garantire il consolidamento della potenza nazionale conferma la sua adesione allo stato liberale, giudicato il frutto dell’unica rivoluzione, di cui fosse stata capace la borghesia italiana, ed inteso quale patrimonio proprio da difendere. La dirigenza liberomuratoria nazionale durante i decenni di vita dello Stato liberale perseguì un programma di ammodernamento del paese che contemplava un’azione riformatrice di ispirazione laico-democratica sul terreno dei diritti civili e del costume, ma la guerra finì col provocare una cesura molto netta rispetto al passato. Per tutta l'età liberale la massoneria italiana rivendicò il contributo dato al movimento risorgimentale accreditando la tesi della filiazione della Carboneria e della Giovane Italia, dalle logge liberomuratorie che pullularono nella Penisola durante il periodo giacobino e napoleonico in risposta alle accuse di scarso attaccamento alla patria che all'inizio del Novecento vennero scagliate contro la Massoneria dal nascente nazionalismo. La Massoneria italiana postunitaria fu un agente di moltiplicazione dell'associazionismo di matrice laica, nel senso che i suoi esponenti furono artefici di un'intensa attività di proselitismo finalizzata alla costruzione di un reticolo associativo molto esteso e ramificato (società di mutuo soccorso, cooperative, banche popolari, biblioteche, scuole, asili, società per le onoranze funebri e per la cremazione). Per queste vie l'universo culturale massonico penetrò nella società civile ed esercitò un'influenza molto superiore a quella cui si potrebbe pensare guardando al numero, peraltro poi non così ristretto, di logge e di affiliati. Grande rilievo nella attività delle logge ebbe la partecipazione a riti e feste civili, come le feste dello Statuto e del XX Settembre, ad onoranze funebri in memoria di combattenti delle lotte risorgimentali, per inaugurare lapidi, statue, monumenti, per organizzare la partecipazione a riti collettivi particolarmente significativi come i pellegrinaggi politici. Tutto questo alimentò una vera e propria liturgia patriottica che rappresentò una componente del processo di educazione al culto della nazione. Nonostante la presenza al suo interno di repubblicani e socialisti, la Libera Muratoria italiana tenne sempre nel periodo a cavallo fra Ottocento e Novecento una linea di difesa delle istituzioni e della compagine statuale uscita dalle lotte risorgimentali e fino all'emergere del nazionalismo, negli anni che precedettero lo scoppio della Prima guerra mondiale, lo "statalismo" della Massoneria italiana fu coerente con il progetto perseguito dalle élite sociali e politiche del paese di diffondere nelle masse un sentimento di italianità e di appartenenza a una comune entità nazionale. In occasione delle elezioni politiche e amministrative la Massoneria dette come indicazione ai propri affiliati di partecipare al voto e in un paese dove disertava polemicamente le urne sia il movimento cattolico che quello repubblicano di ispirazione mazziniana, questa scelta appariva ispirata da un forte sentimento di conciliazione nazionale, che tendeva costantemente a cercare gli elementi di aggregazione rispetto a quelli di separazione e a preservare il patrimonio ideale unitario costruito faticosamente con le lotte d'indipendenza del periodo risorgimentale. Anche attraverso la mobilitazione politica la Massoneria cercò di dare un contributo all’opera di costruzione dell'identità nazionale, ma su molti altri versanti si espresse la sua complessa attività: dalla Società Dante Alighieri, diretta emanazione della Massoneria, al ruolo delle logge fuori del territorio nazionale come punto di riferimento per gli emigrati. L’impegno a preservare il carattere laico e nazionale della scuola pubblica contro gli attacchi del mondo cattolico fu l'elemento più caratterizzante della sua attività in favore dello Stato liberale e della diffusione di un sentimento di appartenenza ad esso da parte della comunità nazionale, cioè il tentativo di sostenere il progetto di nazionalizzazione delle masse perseguito dalle classi dirigenti italiane postrisorgimentali facendolo diventare parte di un più ampio e ambizioso disegno di modernizzazione e di secolarizzazione del paese. In Italia all'inizio del Novecento, analogamente a quanto accadde in Francia e in Spagna, la massoneria subì una svolta in senso democratico, cui corrispose un graduale abbassamento dell'estrazione sociale dei suoi membri, ora appartenenti perlopiù al ceto medio impiegatizio. Artefice della svolta fu Ettore Ferrari, gran maestro dal 1901 al 1917, esponente dell'ala legalitaria del Partito repubblicano, che riuscì a ricomporre il dissidio di un gruppo di logge di tendenza radicale uscito dal Goi nel 1896 che aveva dato vita a un'obbedienza autonoma La composizione sociale era essenzialmente borghese e urbana. Solo in alcuni contesti come la Liguria orientale e la Toscana era presente nelle logge anche una quota consistente di artigiani e di lavoratori manuali, ma le categorie più rappresentate erano quelle del ceto medio: commercianti, impiegati, insegnanti, liberi professionisti. La Massoneria visse sempre molto al di sopra della sua vera forza: sia nell'opinione che essa aveva di se stessa sia nel giudizio che se ne fecero i contemporanei. Dai 1.900 affiliati del 1874, gli affiliati al Grande Oriente d'Italia salirono ai 4-5.000 al tempo della Gran Maestranza di Lemmi (1885-1896), e si attestarono intorno a 20.000 nel primo ventennio del Novecento, periodo in cui si registrarono dalle 2.000 alle 3.000 iniziazioni annue, con un picco di 4.000 nel 1922 mentre alla fine dell’800 erano in media 400-500. Le logge in attività, peraltro colpite da un elevato tasso di mortalità, passarono dalle 100-150 dei primi anni postunitari alle 400 degli anni intorno alla Grande Guerra, di cui un terzo all'estero. Nel 1871 34 province su 69 erano prive di logge massoniche ma nel 1911 solo la provincia di Udine risultava priva di aggregazioni liberomuratorie (si consideri che un moderno partito di massa come quello socialista nel 1897 era privo di sezioni in 4 province) La Massoneria fu una delle poche strutture organizzative diffuse sull'intero territorio nazionale a differenza di altre forme di l'associazionismo, come il mutuo soccorso, fenomeno assai diffuso nell'Italia di fine Ottocento ma con una distribuzione territoriale enormemente squilibrata: nel 1904 il 77 per cento degli iscritti, era concentrato nelle regioni del Nord e in Toscana. Una "statistica" sulle propensioni politiche dei «fratelli appartenenti alla Comunione Regolare Italiana» venne pubblicata nel 1913 sulla rivista del Rito Simbolico «Acacia», da cui risultava che il 28,14 per cento dei massoni erano monarchici costituzionali, il 23,11 per cento radicali, il 13,41 per cento repubblicani, 1'11,13 per cento socialisti (sia riformisti che rivoluzionari); il 22,21 per cento risultava invece non iscritto ad alcun partito. Note 1 I rapporti tra Partito Socialista Italiano e Logge a fine '800 e nel periodo giolittiano, sufficientemente trattati nelle storie della massoneria italiana dell'Otto-Novecento ( A. Comba, La massoneria in Italia dal Risorgimento alla grande guerra (1859-1915). Dall'unità all'intervento, in "La massoneria nella storia d'Italia", Roma, 1981; A. A. Mola, Storia della massoneria in Italia dalle origini ai giorni nostri, Milano, 2001; F.Cordova, Massoneria e politica in Italia 19021908, Bari, 1985; F.Conti Storia della massoneria italiana dal Risorgimento al fascismo, Bologna, 2003) trovano scarso spazio nelle storie del socialismo italiano (G. Arfè Storia del partito socialista, Torino, 1965; L. Cortesi, II socialismo italiano tra riforme e rivoluzione. 1892-1921, Bari, 1966; F. Pedone, II Partito Socialista Italiano nei suoi Congressi, voll. 1 e 2 (1892-1917), Milano, 1959-60 2.P. Alvarez Lazaro, Libero pensiero e massoneria, Roma-Reggio C. 1991, p. 43. 3 Scrive Enrico Bignami nel 1914 al maestro venerabile della loggia Cattaneo di Milano "Fu al coperto della volta stellata di un tempio che potei costituire la prima sez. italiana dell'Internazionale. I denigratori socialisti della massoneria potrebbero ricordarsi di cento altri fatti come questi" in A.A. Mola, Storia della massoneria ...cit., p.681. 4 . Nella seduta del 5 febbraio 1903 la Giunta deliberava un sussidio di L. 25 per il ricreatorio di Testaccio. Il 12 dicembre 1905, su richiesta del fratello Orario, la Giunta delibera che si assegni la somma di L. 100 per concorso alle spese della refezione scolastica ai bambini del quartiere Testaccio. Il 26 febbraio 1903 la Giunta stabiliva un sussidio di L. 100 per il ricreatorio popolare del quartiere di S. Lorenzo a Roma. Il 16 aprile 1903 deliberava un sussidio di L. 100 per il ricreatorio popolare XX settembre di Roma. Il 18 gennaio 1906 la Giunta deliberava un aiuto di L. 25 all'Educatorio Roma che avrebbe organizzato una fiera di beneficenza per sopperire alle sue spese straordinarie. 5 A quella data la "Rivista della massoneria italiana" era in mano ad Ulisse Bacci, personaggio chiave dell'Istituzione per un quarantennio.U. Bacci, Il libro del massone italiano, Roma, 1908 6 "Rivista della massoneria italiana", 31.1.1881, p.18-19; A.Galante Garrone, I radicali in Italia (1849-1925), Milano, 1973, p. 201-202. 7 "Rivista della massoneria italiana", 1881, p. 100. Il resoconto del congresso fu pubblicato in "Almanacco del Libero muratore", a. XI, 1882, Milano, 1882. Nel settembre 1881 si svolse, a Milano, il congresso costitutivo della Confederazione operaia lombarda. 8"Rivista della massoneria italiana", pp. 241-243; "Almanacco", cit., pp. 79103. 9"Rivista della massoneria italiana", 1881, p. 225. 10 secondo F.Conti, Laicismo e democrazia. La massoneria in Toscana dopo l'unità, Firenze,1990, p.135; la massoneria assunse i connotati tipici di una struttura politica organizzata; M.Ridolfi, Il circolo virtuoso. Sociabilità democratica, associazionismo e rappresentanza politica nell'ottocento, Firenze, 1990, p.81 11La circolare 1.9. 1882 del Gran Maestro Giuseppe Petroni raccomandava di costituire comitati elettorali e di appoggiare i candidati che garantissero una linea politica progressista: "che propugnino il discentramento amministrativo, che mantengano l'abolizione completa del macinato, che suggeriscano e promuovano l'istituzione delle Camere sindacali operaie ed agricole destinate a tutelare gli interessi dei lavoratori. Che sollecitino i risultati della inchiesta agraria, che caldeggino l'abolizione totale delle Papali Guarentigie. Liberare la giustizia dalle pressioni e dalle lusinghe, promuovere la gratuita e la verace obbligatorietà dell'istruzione primaria, sostituzione graduale dell'esercito permanente nella nazione armata". "Rivista della massoneria italiana", 1882, pp. 196-297. 12 A. Comba, Valdesi e massoneria: due minoranze a confronto, Torino, 2000; Id., Valdesi e massoneria tra fine ottocento e primo novecento, Foggia, 1990 13 G. Spini, L'evangelo e il berretto frigio, Torino, 1971 14 Il massone Liborio Granone nel volume “La Massoneria” (Girgenti, 1915) scrive che i liberi muratori "non sono contrari al proletariato bensì favorevolissimi a una legislazione umanitaria" II proletariato "deve farsi la capacità necessaria al governo non per mezzo d'interminabili convulsioni politiche, ma grazie a un'opera assidua, disciplinata, complessa, larghissima di educazione morale ed intellettuale, che richiede in modo assoluto calma, serenità e tempo non poco…La violenza rivoluzionaria, non può, non deve essere sistematica. va usata solo in circostanze eccezionali." In questo periodo escono anche gli opuscoli di G. Feroci, Socialismo e Massoneria, Roma, 1910 e di S. Vannuzzi, Socialismo e Massoneria: note di socialista massone, Firenze, 1910, mentre La Massoneria dinnanzi al socialismo, Macerata, 1913 dell’ex-massone poi nazionalista e fascista Paolo Orano è la ristampa in funzione elettorale di un opuscolo pubblicato a Firenze nel 1905. Tra gli eminenti socialisti iscritti alla massoneria bisogna ricordare Enrico Bignami editore de «La Plebe» a cui collaborò Engels, Andrea Costa, alto dirigente massonico, Antonio Labriola, Leonida Bissolati. 15 Come accadde per iniziativa delle Logge fiorentine, promotrici di una sottoscrizione a favore dei reclusi di Figline (dicembre 1901), mentre lo stesso Grande Oriente assicura d'impegnarsi a fare "quanto gli è possibile perché quei reclusi siano restituiti alla libertà" Cfr. GOI, Verbali, 1.12.1901 16 La loggia "Popolo Sovrano" di Torino propone una riduzione delle tasse per gli insegnanti elementari e gli operai 17 Il 15 maggio 1906 il gran maestro riafferma che non deve essere "preclusa nessuna via a quelle rivendicazioni che la coscienza degli onesti sente reclamare dalle supreme ragioni della civiltà e della giustizia sociale". In conseguenza la massoneria doveva combattere ogni forma di reazione e "chiudere le sue logge a quanti, o per legge fatale di affinità o per paura delli onesti movimenti proletari o per debolezza ed incertezza di carattere, contraggono alleanze coi partiti politici che si inspirano ai nuovi atteggiamenti del Vaticano, che si affannano a simulare amore alla Patria ed alla sua unità, ma diuturnamente cospirano per quella conciliazione fra lo Stato e la Chiesa, che, se potesse effettuarsi, ricaccerebbe l'Italia un secolo indietro, distruggendo le più belle conquiste della nostra Rivoluzione" 18 A. A. Mola, La Massoneria italiana nella crisi dello stato liberale (1914-1926), in “La massoneria nella storia d'Italia”, Roma, 1981, pp. 118 sgg.; F.Cordova, Massoneria e politica in Italia 1902-1908, Bari, 1985, p. 294. 19 A. Comba, La Massoneria in Italia dal Risorgimento alla Grande Guerra, in La massoneria nella Storia... , cit., p. 77 20 A. Bordiga, Combattiamo i massoni, "Avanguardia, 28.7.1912; Id., Contro la massoneria. Per il referendum degli adulti, "Avanguardia, 3.11.1912; Id., Via i massoni!, "Il lavoro"19.1.1913; Id., Il giochetto elettorale della massoneria, "Il lavoro"16.2.1913; tutti ora in “Scritti 1911-26”, a c. di L.Gerosa, vol.1, Dalla guerra di Libia al Congresso socialista di Ancona, 1911-1914, Genova, 1996 21 G. Giunti, II partito socialista e la massoneria. Conclusioni presentate al Congresso nazionale del PSI, Imola, 1904. 22 Contro le "denigrazioni socialiste" dall'aprile 1904 la Giunta Centrale discusse misure cautelari, ma senza scendere sul piano della contesa ideologica, circoscrivendo il conflitto in termini minimi, come era accaduto quattro anni prima, in occasione della "fuga" sulla stampa socialista di una circolare di Nathan. 23 "La Massoneria alla sbarra! Note del Fratello X", Firenze, 1905, p. 32. Lo stesso, di fronte agli esiti del Congresso nazionale socialista di Milano del 1910, interviene con l'opuscolo Massoneria, Democrazia, Socialismo. Appunti, obiezioni e critiche (Firenze, 1910, pp. 16), con cui riprende la difesa della massoneria, con ampi stralci dall'opuscolo di Fratello Rosa Croce, La Massonerìa nell'ora presente, Firenze, 1908, e rileva che "dopo le solenni assise massoniche (la Costituente Massonica ultima), che riformando le costituzioni secondo lo spirito dei tempi nuovi, e così come volevano le giovani, tenaci e combattive energie democratiche che s'erano serrate intorno al vecchio tronco, fece alitare nei templi uno spirito vivificatore, la Massoneria non solo ha mostrato di essere un istituto che s'identifica e s'immedesima con la democrazia, ma ha dimostrato altresì di essere un istituto passibile di riforma, che avanza col tempo e col progresso" per concludere che c'è stridente "antitesi fra il dirsi socialisti e il volere essere antimassoni" 24 Tra le voci socialiste a difesa dell'Ordine il fratello della "Lira e Spada'' di Roma Santi Vannuzzi in Socialismo e Massoneria. Note di un socialista massone, cit., 1910, ammoniva: "Né si deve dimenticare che la scomunica socialista potrebbe avere per effetto di suscitare nella Massoneria, e per avventura anche nelle sue direttive, una reazione più che giustifica contro un Partito che mostrasse colpevole leggerezza e con nessuna equità, di vilipenderla e disprezzarla" (p. 39). 25 GOI, Verbali, 12 gennaio 1905. 26 Ripresa da "l'Avanti!", 16.10.1905, Ancora la massoneria e i riformisti 27 "Acacia", n. 21 (novembre 1910), p. 175 28 G. Spadolini, Giolitti e i cattolici, Firenze, 1960; E. Decleva, Anticlericalismo e lotta politica nell'età giolittiana. L'esempio della Francia e i partiti popolari; L'estrema sinistra e la formazione dei blocchi popolari, "Nuova Rivista Storica", n. 3-4/1968 e 5-6/1969: G. De Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia, Bari, 1966 ; M.G. Rossi, Le origini del partito cattolico, Roma,1977. 29 Una denuncia dell'aumento di iscrizioni dei maestri alla filoclericale “Società Tommaseo” a scapito della laica “Unione Magistrale Italiana” fu espressa sulla "Rivista massonica", dicembre 1914, pp. 444-47. Giovanni Merloni commentò in Il bilancio della pubblica istruzione. Note alla seduta, "Avanti!", 22.3.1912 l'intervento alla Camera del cattolico Filippo Meda "il quale non ha abbinato a caso i temi della scuola educativa ed il tema della scuola privata; perché è risaputo che per i clericali la scuola educativa è... scuola privata di spiriti e di intendimenti cattolici e clericali. L'on. Meda... ha voluto far sapere alla Camera che i cattolici concepiscono questo problema come uno dei cardini fondamentali della loro politica...se si è limitato ora a fare delle raccomandazioni a favore di un più stretto legame fra istruzione ed educazione (leggi educazione religiosa) e a favore della scuola privata, egli ha detto di essere convinto che ...formerà uno degli argomenti più importanti e più vitali della prossima legislatura. I cattolici si preparano dunque alla battaglia sul terreno dell'istruzione e dell'educazione nazionale" 30 G.Salvemini, L'anticlericalismo, "Avanti!", 24 e 28.6 e 10.7.1910, ripubblicato in G. S., Movimento socialista e questione meridionale,Milano, 1968, p. 383-384 31 Congresso nazionale del Partito socialista italiano, Milano (21-25.10.1910), Azione e legislazione anticlericale, Relazione di G. Merloni, Roma, tip. "Avanti!", 1910. La parte finale di questa relazione fu pubblicata anticipatamente da Merloni su "II cuneo" di Cesena, del 10 settembre 1910, con il titolo Anticlericalismo e socialismo, mentre l'Avanti! (1.10. 1910) ne anticipò alcuni passi centrali per illuminare le origini dello scontro fra laici e clericali, in atto in quei giorni fra Pio X e il sindaco di Roma, Ernesto Nathan 32 Azione e legislazione anticlericale, Relazione di G. Merloni, cit., p. 3. 33 Id., p. 4. 34 Id. 35 Editoriale firmato NOI, "Critica sociale", 16.10.1910. 36 Azione e legislazione anticlericale, Relazione di G. Merloni, cit. 37 “Il Congresso, convinto che il Partito socialista debba condurre la sua molteplice battaglia mettendo in valore la totalità dei suoi mezzi e avvalersi di tutte le forze le quali si esplichino sul terreno delle sue rivendicazioni e ne secondino, sia pure indirettamente o transitoriamente, le finalità minime e massime; e considerando cha il clericalismo, pur di conservare il suo dominio politico e morale sulle masse, per quello spirito di adattamento opportunistico che lo contraddistingue, giunge fino a rinnegare l’essenza stessa della mistica concezione di rassegnazione e rinuncia dei beni terreni, da cui trae le sue origini e si avvale della posizione di privilegio che lo stato gli consente per chiamare i lavoratori ad una apparente azione economica di difesa di classe con organizzazioni separatiste che si convertono in effetti in una disgregazione indebolitrice delle forze proletarie; ritiene, in ordine all'azione e legislazione anticlericale, dovere il Partito socialista proporsi un'azione sistematica di propaganda e di lotta diretta a questo duplice scopo: primo, di ottenere che lo Stato italiano sia completamente separato dalla chiesa cattolica e che questa sia posta nelle stesse condizioni di ogni altra confessione religiosa rimanendo a tutte del pari e allo stesso titolo garantita la libertà del ministero religioso - e sottoposta, in tutto e per tutto. All’imperio del diritto comune; secondo, di favorire la creazione e lo sviluppo intensivo di istituzioni morali e sociali atte a sostituire progressivamente l'attività cattolica nel terreno in cui di preferenza si è accampata; e più specificatamente il Congresso dichiara di propugnare da un lato: la proclamazione dell'assoluta aconfessionalità dello Stato italiano; l'abolizione della legge delle Guarentigie, del decreto 29 novembre 1870, che riguarda, tra l'altro i reati orali e scritti contro il Papa e il clero, e della legge del 19 giugno 1873, la quale, col pretesto di “estendere alla provincia di Roma le leggi precedenti sulle corporazioni religiose e sulla conversione dei beni immobili degli enti morali ecclesiastici” costituì, in realtà, nonostante l'opposizione di parlamentari trai più autorevoli, un sistema deplorevole e nefasto di eccezioni e di privilegi a favore degli enti ecclesiastici in Roma e del Lazio; la modificazione delle leggi eversive della proprietà ecclesiastica del 7 luglio 1866 e del 15 agosto 1867 nel senso di fissare formule che ne traducono, e non ne tradiscano, il primitivo spirito demolitore, e le quali diano la completa garanzia che le Congregazioni, una volta e definitivamente disciolte, e la manomorta, non potranno essere più ricostituite; la soppressione del Fondo per íl culto e l’attribuzione del bilancio relativo, come dei fondi provenienti dall’incameramento di cui sopra, a scopi umanitari e sociali, massimamente a vantaggio delle classi lavoratrici; la riforma della beneficenza conforme a criteri di redentrice modernità; l'applicazione di decreti e leggi in vigore concernenti determinati Ordini; Il disciplinamento delle proprietà ecclesiastiche destinaste al culto con norme che sottraggano alle gerarchia cattolica la disponibilità e l’amministrazione di detti beni; e frattanto, sollecita accurate ed esaurienti indagini e inchieste governative - e provvedimenti relativi - sulla consistenza e a diffusione del congregazionismo, sui laboratori industriali, scuole ed istituti di ogni genere che esso alimenta e per l'accertamento e la repressione delle frodi che gli hanno consentito, di ricostituirsi e di riespandersi; e d'altro canto: che la scuola pubblica sia interamente laica e che gareggi vittoriosamente con la scuola privata; che lo Stato incoraggi e sussidi largamente le istituzioni laiche ausiliari della scuola (refezione scolastica, asili, assistenza scolastica, ricreatoci, scuole serali festive e ambulanti, biblioteche popolari e cosí via) e che alla scuola, migliorata senza posa in armonia con le esigenze regionali e nazionali, consacri le cure e i mezzi maggiori; che la scuola privata sia aperta a una diretta ingerenza didattica dello Stato, mercé delegati permanenti e mercé frequenti e serie ispezioni; la quale ingerenza potrà fornire a non lungo andare gli elementi positivi che metteranno in grado lo Stato italiano di prendere posizione rispetto al problema del monopolio dell'insegnamento; che analoga ingerenza sia esercitata dallo Stato nei seminari, massime in quanto essi sono in parte assimilabili alle altre scuole private per l'istruzione che impartiscono ai giovani non avviati al sacerdozio; che, infine, l'opera del Partito socialista illumini, crei, integri, sospinga infaticabilmente, con perseveranza, con organicità, con metodo: cosí da trascinare con sé in breve la democrazia tutta quanta e l'opinione pubblica popolare, e da orientare i pubblici poteri verso le mete prefisse. Il Congresso reputa infine opportuno l'istituire un Comitato centrale per l'azione anticlericale e laica socialista; per la propagazione di un pensiero preciso, con la parola e con lo scritto, con la conferenza e con l'opuscolo, con l'agitazione e col giornale, e per la formazione di una volontà conscia e operosa; demandandone la nomina alla Direzione del partito. 38 L. Cortesi, II socialismo italiano tra riforme e rivoluzione. 1892-1921, Bari, 1966, pp. 337 e sgg.; F. Pedone, II Partito Socialista Italiano nei suoi Congressi, II, 1902-1917, Milano, 1961, p. 123 e sgg. (gli OdG Turati, Modigliani, Lazzari alle pp. 144). La dura sortita antimassonica era più significativa per il fatto che i socialisti occupavano autonomamente il terreno dell'anticlericalismo, un tempo monopolio delle Logge, con una relazione di Giovanni Merloni e un discorso di Ettore Ciccotti, riprodotto in opuscolo: Azione e legislazione anticlericale, Roma, Ed. Avanti!, 1910. 39 G. Padulo, Alberto Beneduce e la massoneria, in “Alberto Beneduce e i problemi dell'economia italiana del suo tempo” Roma, 1985, pp. 179 sgg 40 La discusssione sulla massoneria all'Unione socialista romana, "Avanti!", 23.12.1910 41 F. Turati, L'eredità del Congresso, "Critica sociale", 16.11.1910. 42 S. Vannuzzi,Socialismo e. massoneria. Note di un socialista massone, Firenze, 1910, pp. 30-31 43 Il socialista massone, II partito socialista e la Massonerìa, Roma, 1910, p. 15. 44 "Acacia", 1910, n. 21, p. 158 45 G. Podrecca, Per la libertà. Il «referendum» per la massoneria e per le pratiche religiose «L'Asino», 1910, n. 10, p. 2. 46 "Il Giornale d'Italia", 4, 6 e 8 ottobre 1910 47 G. Merloni, Massonerìa e partito socialista, in "Avanti!", 27.11. 1910 48 I.Biagianti, Massoneria e socialismo nell'età giolittiana. Il caso di G.Merloni, in A.A. Mola, “La liberazione d'Italia nell'opera della massoneria”, Foggia, 1990. (anche scheda di R.Cavandoli in “Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico”, Roma, 1972 49 Ibidem 50 Resoconto stenografico del XIV Congresso nazionale del PSI, Roma, 1914 51 Croce rimprovera alla Massoneria di voler sciogliere l’hegeliano pantragismo della storia «in nome della ragione, della libertà, della umanità, della tolleranza, della fratellanza»: formule consolatorie che non sarebbero riuscite ad arrestare né la lotta di classe, né l’implacabile competizione tra gl’imperialismi in lizza per il dominio mondiale. Egli separava la Massoneria dal riformismo socialista "semplice radicalismo, non socialismo" e dal socialismo stesso, "nato dalla filosofia hegeliana, nutrito di realtà storica, violento, sarcastico, avverso ai sentimentalismi e alle fratellanze". Nel 1910 definì quella massonica «cultura ottima per commercianti, piccoli professionisti, maestri elementari, avvocati, mediconzoli, perché cultura a buon mercato». 51 bis B. De Poli Il mito dell’Oriente e l’espansione massonica italiana nel Levante in ”Storia d’Italia Einaudi, Annali” n.21 Torino 2006 52 N. Mancino, Luigi Federzoni e la destra italiana, Roma, 1998; B. Coccia, U. Gentiloni Silveri Federzoni e la storia della destra italiana nella prima meta del Novecento, Bologna, 2001 53 Il sindacalista rivoluzionario (poi nazionalista) Paolo Orano, dopo essere entrato in massoneria nel 1898 se ne distacca pubblicando l'opuscolo La massonerìa dinanzi al socialismo (Firenze, 1905, pp. 39) incentrato sul conflitto "materialismo ateo (socialista) - teosofismo (massonico)", che così conclude:"La massoneria ostruisce la via alla marcia proletaria. Il socialismo deve veder in essa un nemico pericoloso quanto il prete, poiché la chiesa e la loggia rappresentano interessi chiusi di casta e di classe e li difendono con tutte le armi ...Il socialista non può partecipare alla massoneria ... Il partito deve volgere dunque le sue batterie contro la loggia, come contro la chiesa, come contro il capitale". Nel 1913 in vista delle elezioni a suffragio universale, l'opuscolo fu ripubblicato per denunciare il tentativo della massoneria di rafforzarsi attraverso il controllo delle forze radicali, come era avvenuto in Francia, e per spingere l'elettorato ad appoggiare i candidati cattolici 54 Inchiesta sulla massoneria, ripubblica in opuscolo nel 1925 con prefazione di E. Bodrero. In Francia si sviluppa nel 1914 un'iniziativa analoga (Cfr. "Acacia", n. 54, aprile 1914, p. 138 55 All'inchiesta replica il gran maestro Ferrari (In difesa dell'Ordine, "Rivista massonica", n. 2, febbraio 1914, pp. 8587) 56 L. Bedeschi, Torquato Nanni e il movimento socialista nella Romagna toscana, Rimini, 1990; V. Cattani, Rappresaglia : vita e morte di Leandro Arpinati e Torquato Nanni, gli amici-nemici di Mussolini, Venezia, 1997 57 "Labriola dichiara che egli ha desiderato entrare nell'ordine massonico per svolgervi azione intesa, secondo i principi fondamentali che egli attribuisce al nostro istituto, a liberare lo Stato italiano e le sue funzioni da ogni influenza confessionale; aggiunge che egli sarà pronto a difendere, quando e dovunque sia necessario, l'ordine massonico e non avrà nessuna difficoltà, pur rispettando il segreto dovuto nei riguardi degli altri fratelli, di professarsi pubblicamente massone" Dal verbale della seduta della giunta in cui fu esaminata la sua richiesta 58 H. Ullrich, Le elezioni del 1913 a Roma. I Liberali fra Massoneria e Vaticano, Milano-Roma, pp. 113-114 Sulle elezioni del 1913, P.L.Ballini, Le elezioni nella storia d'Italia dall'Unità al fascismo, cit., pp. 443-447 59 Presenti Berlenda, Beneduce, Bentivegna, Bandirti, Varvaro e Bacci, accogliendo l’appello della Loggia “Avvenire” di Firenze,come peraltro imposto dalle Costituzioni del 1906. Consolidato in 600.000 lire il patrimonio fruttifero dell’Oriente italiano, il bilancio annuo era previsto nella misura di 200.000 lire: in flessione rispetto agli anni precedenti per il ristagno delle iniziazioni, soprattutto nelle colonie e nelle Officine all’estero, e del mancato versamento delle quote di molti Fratelli “in sonno” usciti dalla Famiglia e talvolta trascorsi su posizioni ostili. 60 Sin dall'inizio del secolo, ripetutamente era stata avanzata la proposta di fondare un giornale dell'Ordine, da diffondere soprattutto nel Mezzogiorno, nelle aree più seminate dalle Logge (Campania, Calabria, Sicilia...). Ma la scarsa dotazione finanziaria del Grande Oriente aveva ogni volta condotto a ripiegare sulla valorizzazione di giornalisti e giornali "fiancheggiatori" o comunque aperti alla tematica liberomuratoria, possibilmente senza spesa. 61 Sul rapporto tra radicali e Massoneria in età giolittiana A.Galante Garrone, I radicali in Italia., Milano, 1973, pp. 379-389. "Non si può parlare, come spesso si è fatto anche con intenti polemici di una assoluta immedesimazione fra spirito radicale e spirito massonico, di una radico-massoneria" ; G.Orsina Senza chiesa né classe. Il partito radicale nell'età giolittiana, Roma, 1998; A.Scornajenghi La sinistra mancata, Roma, 2004 62 La Tradizione voleva i Fratelli distribuiti in Valli legate a suddivisioni precedenti quelle amministrative dello Stato e la riorganizzazione su scala provinciale, discussa poi il 20 febbraio 1914, indicava che la massoneria, si apprestava ad adottare un assetto organizzativo funzionale alle elezioni comunali e provinciali 63 M.Degl'Innocenti "Geografia e istituzioni del socialismo italiano", Bari, 1983. 64 G. Bozzetti Mussolini direttore dell'Avanti!, Milano, 1979 65 F. Manzotti. Il socialismo riformista in Italia, Firenze, 1965; G. Mammarella, Riformisti e rivoluzionari nel PSI, 1900-1912, Padova, 1969; F. Manzotti, Partiti e gruppi politici dal Risorgimento al fascismo, Firenze, 1973, pp. 56-57; L. Cortesi, Ivanoe Bonomi e la socialdemocrazia italiana, Salerno, 1971, pp. 56-63. 66 circolare del GOI del 21 dicembre 1912: "in seguito all'esito del referendum circa la incompatibilità tra socialista e massone, ed in presenza dell'appello rivolto dalla direzione del Partito Socialista alla coscienza di tutti gli inscritti che appartenessero anche alla massoneria, di allontanarsi da questa [e di fronte alla richiesta] che i Fratelli, inscritti al Partito Socialista, potessero, anche se direttamente interpellati, negare la propria qualità di massone" il Gran Maestro "non può imporre ai fratelli socialisti di rivelare la propria qualità di Massoni ... e che non si possa quindi che lasciare ad ogni Fratello libertà di regolarsi, dinanzi all'invito del Partito Socialista, secondo i suggerimenti della propria coscienza". 67 Comune montano della Val Chisone (Pinerolo) a 70 km. da Torino, era all’epoca un importante sito militare. Nel 1853, non esistendo ancora i registri di stato civile, fu iscritto sui registri di battesimo della Parrocchia di S.Luigi, depositati in copia presso il comune, come "Lerda Antoine Sebastien Jean", dimorante presso il Forte San Carlo. Il padre Bartolomeo risulta "Militaire". La madre, Natalina Tarò, era di Cairo Montenotte, capoluogo della Val Bormida, in provincia di Savona. 68 Si tratta probabilmente dell’Istituto tecnico navale "Leon Pancaldo" di Savona, fondato nel 1846 69 Enzo Bottasso L' editoria torinese dopo l'Unita d'Italia, Roma, 1981 70 1849-1923. Scrittore, filosofo, leader sionista, nel libro del 1892 Degenerazione individuò, paradossalmente ripreso da Hitler, dei tratti somatici ereditariamente degenerati in molti artisti simbolisti e impressionisti. Il suo libro più noto è “Menzogne convenzionali” 71 N.Gridelli Velicogna, Scipio Sighele: dalla criminologia alla sociologia del diritto e della politica, Milano, 1986; M.Garbari, Societa ed istituzioni in Italia nelle opere sociologiche di Scipio Sighele ,Trento, 1988; E. Landolfi, Scipio Sighele: un giobertiano fra democrazia nazionale e socialismo tricolore, Roma, 1981 72 A questa rivista aveva collaborato con la recensione che avrebbe costituito più tardi il nucleo del suo saggio su La lotta per la vita. Partecipò al primo congresso internazionale di antropologia criminale a Roma nel 1885 73 A.Leonetti Da Andria contadina a Torino operaia: un giovane socialista tra guerra e rivoluzione, Urbino,1974 "ci seduceva allora la filosofia evoluzionista di Spencer. Ci colpivano anche, in modo o nell'altro Nietsche, Max Nordau, Hume....ci si accalorava per la filosofia positivista di Auguste Comte e di Robero Ardigò anzichè di Croce....eppure il positivismo ha condotto molti al socialismo, compreso lo stesso Zino Zini, uno dei maestri di Gramsci. Tutto il male che è nato con il riformismo e il piatto gradualismo non lo si deve certamente ad esso...la filosofia idealista ha provocato guai e guasti anche maggiori" 74 Preceduto da Camillo Olivetti, Luigi Salmoiraghi, Cesare Goldmann, Alfredo Comandini, Romeo Boselli Donzi, e seguito da Umberto Dal Medico, Giuseppe Ronchetti e Leonardo Bistolfi. Il massone che ebbe maggiore rilievo sulla sua evoluzione verso il gradualismo, fino alla partecipazione alla lega democratico-sociale durante la guerra, fu il matematico Giuseppe Peano, entrato nella loggia «Dante Alighieri» nel 1885, esperantista e socialista umanitario, che dinanzi a ogni invenzione poneva la domanda: «A che cosa serve? Farà abbassare il prezzo del pane?». 75 A.A. Mola, Da quale oriente sorse, nel Piemonte del 1892 il "sol dell'avvenire"? Studi Piemontesi",1992,1 76 Pedone, Il Partito ..., vol 2., 1902-17, cit., pag.231 77 Un informatore della polizia lo presentò come «un dissidente che si dava anima e corpo ad organizzare il nuovo partito socialista in contrapposto a quello ufficiale». In questo contesto potrebbe aver fatto da intermediario nel febbraio 1917 tra la massoneria e “II Popolo d'Italia” a cui sarebbero state date 4.500 lire. 78 Probabilmente opera di fascisti dissidenti legati al ras bolognese Arpinati, che utilizzarono il quindicenne Anteo Zamboni come capro espiatorio, pugnalandolo a morte per depistare le indagini. B. Dalla Casa, Attentato al duce: le molte storie del caso Zamboni Bologna 2000 79 G. Salvemini. Scritti sul fascismo. Vol. I, Milano, 1961, pag. 119 80 A. Poggi - G.Zibordi, Socialismo e massoneria (XIV Congresso nazionale del Partito socialista italiano, Ancona, 2628 aprile 1914), Roma, 1914; anche in "Avanti!", 6-7 aprile 1914. La relazione del Poggi fu riprodotta dalla rivista massonica "Acacia" (n. 54, pp. 113-120) seguita da un commento favorevole di un radicale, Giulio Capurro, che sostiene la necessità che "L'azione massonica deve essere superiore ai partiti e non nell'orbita preponderante di uno di essi [...] prendere un'altra via, per essere più rispettosa delle idee e dei programmi degli altri partiti. Deve, in altre parole, occuparsi soltanto di ciò che può unire, non di ciò che può dividere i massoni" (Ivi, pp. 122-123) 81 E. Foschi, "Documento 76. Socialismo e Massoneria, ”Archivio Trimestrale” 1985; F.Pedone, Il Partito..., cit, vol.2., pag.227 82 La Massoneria e il partito socialista italiano "Acacia", a. VII, n. 54, cit., p. 138 83 OdG Matteotti, in Il Partito socialista Italiano nei suoi congressi, II, 1902-1917, pp.232-233: "Il Congresso riaffermando il profondo dissidio che separa la concezione socialista dalla concezione massonica circa il modo di realizzare i principi di progresso di libertà e di giustizia e circa l'essenza stessa dì tali principi; considerando che l'azione anticlericale fa parte del programma socialista con particolare carattere e metodo diverso avverso a quello della massoneria; considerando che l'azione difensiva del diritto individuale contro la reazione, che la massoneria afferma di adoperare, è oggi affidata agli organismi di classe ed al movimento professionale; vedendo nella massoneria una incubatrice mescolanze e connubi politici dannosi alla chiara fisionomia del nostro Partito e contrari ai supremi interessi nell'ora presente; e giudicando specialmente nociva alla intransigenza morale dei giovani la adesione alla massoneria; invita i compagni anziani che fossero nella massoneria a cessare ogni loro rapporto con la istituzione; e dichiara incompatibile ai socialisti l'entrata in massoneria." Anche nel 1919 Matteotti continuò a schierarsi per l'incompatibilità, posizione sulla quale i socialisti rimasero attestati sino a quando, nell'esilio in Francia, Belgio, Spagna, Gran Bretagna, alcuni scoprirono la stretta contiguità fra Logge e sezioni dei Partiti. 84 L'OdG Mussolini-Zibordi modificava il precedente nelle conclusioni: “dichiara incompatibile per i socialisti la entrata e la permanenza nella massoneria e invita le sezioni ad espellere quei compagni che non si conformassero nella loro condotta avvenire alle norme su esposte “ 85 Il XIV Congresso Nazionale del Partito Socialista Italiano ricorda : che il Partito Socialista Italiano è un Partito che tende con le lotte economiche e politiche ad ottenere mediante la socializzazione degli strumenti del lavoro una società giusta di liberi individui e che come tale non può avere pregiudizio dalla iscrizione di alcuni dei suoi membri a società di indole filosofica, educativa o morale, che non siano in contraddizione con i princípi e l'azione del socialismo; ritiene che non sia incompatibile la contemporaneità di adesione al Partito socialista ed alla massoneria; e riafferma che ogni compagno debba essere giudicato per il modo secondo cui egli compie il suo dovere di socialista e non per altre presupposte ragioni estranee alla disciplina del Partito. 86 F. Nobili Massuero, Sindacalismo e massoneria, "Acacia", a. VII, nn. 55, 56 (maggio, giugno 1914), pp. 141145,188-193, ripubblicato in opuscolo (Roma, 1914) e La Massoneria al Congresso della Confederazione del lavoro, "Acacia", a. VII, n. 55, cit., pp. 165-166; L.Marchetti, La Confederazione Generale del Lavoro negli atti, nei documenti, nei congressi, 1906-1926, Milano, 1962 87 Circolare n. 23 in "Rivista massonica", a. XLV, n. 5 (maggio 1914), p. 237 88 Consiglio dell'Ordine, "Rivista massonica", a. XLV, n. 4 (maggio 1914), p. 238 89 "Rivista massonica", a. XLV, n. 9 (novembre 1914), pp. 386-397 90 La città ebbe un eccezionale sviluppo nella seconda metà dell'800: arrivo della ferrovia nel 1871, avvio della floricoltura, espansione edilizia (Hanbury e famiglia Notari), attivazione di servizi pubblici (gas, elettricità, tram), traforo del Colle di Tenda e costruzione della ferrovia della Val Roya, nuova vitalità anche in campo culturale con cinque nuove testate locali. Nel panorama politico emerge Giuseppe Biancheri, deputato, ministro e Presidente della Camera per lunghi anni, la cui presenza ai vertici della politica nazionale fu per la città punto di riferimento per la realizzazione delle opere pubbliche. 91 Maestro Venerabile fu consacrato nel 1887 il conte Enrico Ribotti, proprietario benestante; oratore De Grossi Giuseppe. Nel 1888 venne eletto Maestro Venerabile Alberto Mari, direttore delle Poste, che nell’ottobre prese parte alle inaugurazioni dei monumenti a Gaetano Pini ed Agostino Bertani a Milano. L'anno seguente Donato Rasten presiede l'officina ventimigliese e partecipa il 9 giugno 1889 alla cerimonia di inaugurazione del monumento a Giordano Bruno in di Campo dei Fiori, a Roma. Nel 1998 viene rifondata dai Fratelli: Ernesto Bertinatti, Natale Tornaghi, Giuseppe Ferrino, Antonio Ferrino, Alessandro Biamonti, Alberto Mari e Giacomo Sibono. Nel 1900 il Maestro Venerabile dei Persistenti è Carlo Peretti, nel 1902 Sestilio Mariani, gestore dei biglietti alla stazione ferroviaria e nel 1904 Alessandro Biamonti, che nel 1889 aveva presieduto il circolo anticlericale e che era presente all'inaugurazione della loggia Mazzini di Sanremo il 5 maggio 1900. Nel 1905 è Venerabile Mario Raimondo 92 Dopo il 1870 la politica estera dell'Italia si era indirizzata verso la Germania, e con l'avvento al potere del massone Crispi nel 1887, vengono introdotte nuove tariffe doganali che scatenano una guerra commerciale tra Francia e Italia, che ebbe anche risvolti come nel 1893 ad Aigues Mortes quando operai francesi esasperati dalla concorrenza degli immigrati massacrano degli italiani. 93 G. Rossi "Cronaca Ventimigliese 1850-1914", Ventimiglia, 1989 94 Con decreto n. 25 del 29 maggio del 1894 95 C.Milaneschi, Ugo Janni pioniere dell'ecumenismo, Torino, 1979; G.Ferreri Un apostolo moderno:Ugo Janni, Torre Pellice, 1987 96 L.Fucini "Perché io non esisto, Sire . Italo Calvino, una famiglia di massoni", "Officinae", sett. 2002, Firenze 97 Centenario Ottobre 1900-Ottobre 2000 della R:L.Giuseppe Garibaldi n.97 all'Oriente d'Imperia, Milano,2000 98 A.Ronco, Filippo Buonarroti e la rivoluzione in Liguria, Genova, 1982; P.Onnis Filippo Buonarroti commissario rivoluzionario a Oneglia nel 1794-95 “Nuova rivista storica” n. 4-5/1939 ora in id., Filippo Buonarroti e altri studi Roma, 1971. 98 bis T Catalan Le società segrete irredentiste e la massoneria italiana in ”Storia d’Italia Einaudi, Annali” n.21 Torino 2006 99 Il Gran maestro del Grande Oriente d'Italia Ettore Ferrari il 6 settembre 1914 si rivolge a tutte le logge massoniche con una circolare che verrà letta nelle adunanze celebrative del XX settembre, in cui si dice: "Poiché certe ore non si rinnovano nella storia ed è follia e sciagura lasciarle trascorrere senza intenderle e senza afferrare le opportunità che esse offrono, noi crediamo che l'Italia mal provvederebbe a se stessa se rimanesse assente dal tragico cimento nel quale si decidono, per più e più generazioni, le sorti d'Europa" "Rivista massonica", settembre 1914 p. 321 100 1 primi progetti di legge sul divorzio furono presentati al Parlamento, negli anni 1874-75-78-80, dal deputato Salvatore Morelli, massone e libertario, passato da posizioni mazziniane al libero pensiero e al socialismo. Li riprese nel 1881 il massone democratico Tommaso Villa; nel 1883 Giuseppe Zanardelli; nel 1892 ancora Tommaso Villa. Nel 1901 ci fu la proposta di legge Borciani-Berenini, entrambi socialisti, ma anche massoni. Ad essi Zanardelli e Cocco Ortu contrappongono un disegno di legge governativo che però non avrà miglior sorte degli altri. 101 La "Rivista della massoneria italiana" pubblicò nel 1890 un articolo dal titolo Per il divorzio, p. 204; nel 1891 su tre numeri furono pubblicati una serie di saggi su Il divorzio in Italia, p. 81-83, 97-98, 129-130, 151-153. 102 Ma presentarono progetti Berenini e Borciani (1901), Treves (1909), Marangoni e Lazzari (1920) 103 B.Croce, Storia d'Italia dal 1871 al 1915, Bari, 1947, pp. 70 sgg. e M. Sylvers, L'anticlericalismo nel socialismo italiano (dalle origini al 1914), "Movimento operaio e socialista", 1970, pp. 175 sgg 104 Ad es. Enrico Bignami su «Coenobium» diede larga ospitalità alla problematica religiosa dei modernisti 105 « Critica Sociale », 1891, p. 273. 106 G. Arfè, Storia del partito socialista, Torino, 1965, p. 20. Da giovane, nel clima del positivismo aveva scritto: “Risorgi, o Savio del buon tempo antico, la tua parola agli aspettanti invia: è l'ora: il mondo scettico e mendico si volge intorno e cerca del messia. Ch'io ti annunci, o magnanimo, al dolente che il Nazaren tradì popolo oscuro: avvenga il regno della lieta gente, avvenga il regno tuo, santo, Epicuro!” (F.Turati, Strofe, Milano, 1883) 107 G. Arfè, cit., p. 21. 108 G. Balsamo-Crivelli, L'ideale socialista, «Almanacco popolare socialista», Torino, 1897, pp. 55-56 109 G.Zibordi, Il «prampolinismo evangelico» nella propaganda e nelle opere, «Critica sociale», 16.9.1907, p. 278. Id., Camillo Prampolini e i lavoratori reggiani, Bari, 1930, pp. 72 ss. 110 Per Gianni Bosio fu un tentativo «di formare un nuovo senso comune», «una concezione del socialismo inteso come filosofia delle masse» (L'intellettuale rovesciato, Milano, 1975, p. 126). Enrico Decleva lo ha analizzato come una originale variante tattica dell'anticlericalismo socialista (Anticlericalismo e religiosità laica nel socialismo italiano, in “Prampolini e il socialismo riformista” vol. I, pp. 259-279). Per Gabriele Turi è l'assunzione nell'ambito del socialismo della tematica egualitaria del cristianesimo primitivo (Aspetti dell'ideologia del PSI (1890-1910), «Studi storici», 1/1980, p. 91). Patrizia Audenino lo ha considerato uno dei filoni della morale laica diffusa dal PSI fra le masse popolari (Etica laica e rappresentazione del futuro nella cultura socialista dei primi del Novecento, «Società e storia», n. 18 (1982), p. 877-919; id., La cultura della classe operaia nell'età del decollo industriale, «Studi storici») 111 P. Audenino, Etica laica e rappresentazione del futuro, cit., pp. 884-887.. 112 R. Michels, Proletariato e borghesia nel movimento socialista italiano. Torino, 1908, p. 278 che indica i maggiori esponenti in Prampolini, De Amicis e Morgari e la cui «caratteristica principale e più evidente...è il suo senso etico» e che esercitò «una forte azione moralistica che ricorda i primi tempi del cristianesimo». Analizzando le specificità nazionali dei socialismi europei giungeva alla conclusione che quello italiano era «dominato e completamente pervaso dall'idea morale» e attribuiva tale caratterizzazione alle eredità risorgimentali 113 «Si può affermare senza esagerazione che degli opuscoli di propaganda spicciola circa i due terzi sono scritti per le campagne», ibidem, p. 115. 114 S. Yeo, A new life: the religion of socialism in Britain 1883-1896, «History workshop», n. 4 (1977). 115 Lo stesso Prampolini dava notizia che la “Predica di Natale” era stata tradotta in fiammingo e diffusa nelle Americhe, cfr. La dottrina di Cristo e quella dei preti (Dopo la predica di Natale), cit., p. 7. 116 Una esperienza di predicazione evangelico-socialista fra i minatori della Slesia: Socialismo e religione, «Lotta di classe», n. 24-25. 117 Propaganda. Agli amici, in «Lo Scamiciato». 118 Un socialista [C. Prampolini], Il socialismo fra i contadini, «La Giustizia», 25.4.1897. La polemica era stata sollevata dal liberale Boselli 119 G. Turi, Aspetti dell'ideologia del PSI, cit., p. 85; Angiolo Cabrini (Ai campi. Note rusticane, «Lotta di classe», 2930 aprile 1893) esortava sull'importanza di parlare ai contadini «un linguaggio semplice, chiaro, immaginoso ... toccando la corda del sentimento ... che siamo i soli veri continuatori di quel grande amico dei poveri che fu Gesù Cristo crocifisso dai signori di quel tempo perché sollevava gli umili e parlava contro i prepotenti». Mercurio, Preti, cristianesimo e socialismo, «Critica sociale» spiegò l'utilità della propaganda evangelica col fatto che «Le citazioni di certe massime del Vangelo o d'altri libri sacri fu adoperata da quasi tutti i socialisti che dovettero iniziare la propaganda fra popolazioni primitive a cui di primo acchito il linguaggio severo della scienza economica sarebbe riuscito incomprensibile», 120 Sulla «riforma morale e intellettuale» delle masse popolari, G. Candeloro, I temi, le battaglie e gli smarrimenti di una rivista «popolare», in “«L'asino» di Podrecca e Galantara “ Milano, 1970 121 «l'anima del campagnuolo è facilmente accessibile al sentimento religioso. L'azione decisiva che nella sua vita quotidiana hanno le forze che a lui paiono soprannaturali e che in ogni caso sono affatto indipendenti dai suoi desideri, lo rende naturalmente rispettoso verso tutto ciò che è forza mistica. Questa sua disposizione d'animo che diremmo professionale non soltanto lo fa osservante delle pratiche religiose e superstizioso, ma rimane in lui anche quando alla fede nel soprannaturale egli ha sostituito la fede sociale nella palingenesi umana sulla terra. Cosi anche nelle sue aspirazioni socialiste i moventi metafisico-morali hanno più salde radici che non nel proletariato urbano», R. Michels, Proletariato e borghesia, cit., p. 283 122 Andrea Costa in un articolo del 1872 su «La Favilla» di Mantova consigliava i propagandisti di «non toccare sul bel principio il loro Dio» R. Zangheri, Agricoltura e contadini nella storia d'Italia., Torino, 1977, p. 248. 123 F.Turati La critica, «Critica sociale», n. 19 (1905). Anche Socialismo e religione, «Lotta di classe», 24-25 novembre 1894. 124 G. Turi, Aspetti dell'ideologìa del PSI, cit., pp. 75 ss. 125 L Bedeschi, Cattolici e comunisti. Dal socialismo cristiano ai cristiani marxisti, Milano, 1974, p 11-29. 126 P.G. Zunino, La questione cattolica nella sinistra italiana (1919-1939), Bologna, 1975, p. 13 127 Nel dichiarare «ufficialmente di non occuparsi di religione il socialismo obbedisce a un opportunismo che può aumentargli i proseliti e agevolargli la propaganda specialmente fra le plebi ignoranti della campagna ma che è in contrasto con la sincerità» per cui la dichiarazione della religione come affare privato è da ritenersi «un mal consigliato opportunismo» giacché solo la sconfitta della religione avrebbe segnato «il principio di una nuova fede, di un'altra religione: il socialismo»: Il socialismo e la Chiesa, «Sempre Avanti», 20.9.1894. 128 "La storia del cristianesimo primitivo offre notevoli punti di contatto col movimento operaio moderno. Entrambi predicano un imminente riscatto dalla schiavitù e dalla miseria. Entrambi sono perseguitati e braccati, i loro seguaci messi al bando, colpiti da leggi eccezionali, gli uni come nemici del genere umano, gli altri come nemici dell'impero, come nemici della religione, della famiglia, dell'ordine sociale". F. Engels, Sulla storia del cristianesimo primitivo, «Neue Zeit»,1894, ora in K. Marx-F. Engels, Scritti sulla religione, Roma, 1973, pp. 353-376. Anche I. Bellotta, Engels e la religione. Gli aspetti attuali della prima crìtica marxista alla religione, Torino, 1980 129 I. Bellotta, Engels e la religione, cit., p. 11 130 Evangelista, Gesù Cristo nemico dei preti, «Lo Scamiciato», 27 .4.1883. 131 A Cristo «La Giustizia», 25.8. 1889. 132 Pei contadini. La visita ai sepolcri. Perché fu crocefisso?, «La Giustizia», 10-11 aprile 1887. 133 Pei contadini. Perché i preti fanno lega coi signori «La Giustizia», 26.9.1886. 134 Vero, Catechismo naturale. I miracoli, «Lo Scamiciato», 9.4.1882. 135 Prampolini di fronte alle accuse clericali di voler «distorcere» la religione in La dottrina di Cristo e quella dei preti (Dopo la predica di Natale), Reggio E., 1901, scrisse che Renan «sul cristianesimo ha scritto l'opera più geniale e completa che finora ebbe visto la luce» e che «la Predica di Natale descrive Cristo e i primi cristiani precisamente come li descrisse Renan ... Noi crediamo che nelle sue linee fondamentali la figura di Cristo, quale fu scolpita nelle pagine immortali del grande scrittore francese, ha una precisione storica inconfutabile e meravigliosa e - quantunque non le sia tolta l'aureola della divinità (aureola che nessun uomo moderno e mediocremente colto potrebbe lasciarle) è infinitamente più bella, buona e gloriosa del Cristo scioccamente o iniquamente falsificato ad uso e consumo dei preti» 136 G. Verucci, L'Italia laica prima e dopo l'Unità 1848-1876, Anticlericalismo, libero pensiero e ateismo nella società italiana, Bari, 1981, pp. 74-75. L. Briguglio, Lo spirito religioso nel Veneto durante la terza dominazione austriaca (fortuna di Emesto Renan), «Rassegna storica del Risorgimento», XLII (1955), pp. 27-57. 137 A. Nesti, «Gesù socialista». Una tradizione popolare italiana (1880-1920), Torino, 1974, p. 16. 138 R. Leydi, Canti sociali italiani, vol. I: Canti giacobini, repubblicani, antirisorgimentali di protesta postunitaria, contro la guerra ed il servizio militare. Milano, 1963 139 Abbondante è la letteratura sulla continuità storica fra la democrazia risorgimentale e il socialismo. G. Turi, Aspetti dell'ideologia del PSl, cit., pp. 78 ss. 140 E.J. Hobsbawm, I ribelli, cit., p. 93. 141 Prampolini e il socialismo riformista, Roma, 1979-1981; S. Merini, La propaganda evangelica di Camillo Prampolini tra i contadini renani (1886-1900), in “Le campagne emiliane nell'epoca moderna, Milano, 1957, pp. 195207. voce di R. Cavandoli in “Il Movimento operaio italiano, Dizionario biografico”, Roma, 1978; .S.Pivato Il socialismo evangelico di Prampolini, in “L'età del positivismo”, Bologna, 1986 142 R. Mamiroli, C. Prampolini, Firenze, 1948 143 Sullo «Scamiciato» P.C. Masini, Camillo Prampolini e i tempi de «Lo Scamiciato» e A. Zavaroni, Le orìgini del giornalismo socialista reggiano 1882-1890, in “Camillo Prampolini e il socialismo riformista”, cit. 144 E.Hobsbawm, I ribelli, cit., pp. 75-94; S. Giusti, Messianesimo in Toscana nella seconda metà dell'Ottocento. La riforma di David Lazzaretti. Cassino, 1979. 145 Gli scamiciati [C. Prampolini], Propaganda (agli amici),«Lo Scamiciato», 12.8..1883. 146 Gli scamiciati [C. Prampolini], Propaganda (agli amici), «Lo Scamiciato», 26.8.1883 147 Gli scamiciati..., cit., ibid. 148 «La giustizia», 24.12.1897. Considerata il documento esemplare della propaganda evangelica, incredibile fu il successo che riscosse; stampata in opuscolo dall'editore Nerbini fu tradotta in diverse lingue. La dottrina di Cristo e quella dei preti. Dopo la «Predica di Natale», Reggio E. 1904. S. Garetti, Prampolini tra pacifismo e riformismo, in “Camillo Prampolini e il socialismo riformista”, vol. II, cit., pp. 137-164. 149 Uno, A Cristo, «La Giustizia», 25 .8. 1889 150 Spigolature di un evoluzionista. Bibbia e trasformismo, «Lo Scamiciato». Carlo Monticelli spiegava come fosse da utilizzare solo la dimensione sociale del cristianesimo: «II cristianesimo come tutti i principi religiosi che si fondano sul soprannaturale, non è che un'aberrazione. Di savio e di superiore al paganesimo non contiene che la sanzione morale dell'eguaglianza e della solidarietà umana .... Nel socialismo la ricerca del piacere ritorna sulla terra come nel paganesimo, ma s'informa al concetto della solidarietà e dell'eguaglianza come nella religione di Cristo». C. Monticelli, Socialismo popolare, Venezia, 1897, pp. 103-104. 151 Spigolature di un evoluzionista, cit. 152 Evangelista, Gesù Cristo nemico....cit, ibid. 153 Gesù Cristo rivoluzionario e socialista, «La Giustizia», 19.2.1889. In altro articolo spiegava che: «Oggi i socialisti continuano l'opera di lui e predicano che il regno dell'ingiustizia deve finire, che l'uguaglianza sociale deve sorgere, che nessun uomo ha diritto di vivere alle spalle del prossimo e che ad ogni cittadino deve essere dalla società garantito il lavoro e l'intero frutto del proprio lavoro». Pei contadini, «La Giustizia», cit. 154 «Chi si ferma spaventato e impotente innanzi al fenomeno della morte, non ricorda l'eterno circolo della vita, non rammenta che in natura "la distruzione è il fondamento della costruzione" e che sempre nella storia il corrompersi d'una civiltà ne matura una maggiore». Eros Chi muore e chi nasce, «Lo Scamiciato», 1.1. 1882. 155 A. Botti, Religione questione cattolica e D.C. nella politica comunista (1944-45), Rimini, 1981. 156 dal 22 febbraio al 30 settembre 1908 quando gli succedette Bissolati avendo i riformisti riconquistato al congresso di Firenze la direzione del partito. La redazione comprendeva Bonomi, F. Ciccotti,Galantara, Paoloni, Podrecca. 157 Nel dopoguerra divenne seguace di Bonomi; curò il volume “Il colloquio di un secolo fra cattolici e socialisti: 1864-1963”, Roma, 1964 158 "Possono i Socialisti cristiani iscriversi al nostro partito?” riportata anche in A. Luciani “Socialismo e movimenti popolari in Europa”, vol. 2, t.2, Venezia, 1985 «On. Morgari, Ella gentilmente c'invita nell'Avanti! di alcune sere fa ad esporre le idee che hanno condotto noi e numerosi nostri amici democratici cristiani, aderenti alla Lega democratica nazionale, a fare una professione di fede socialista; e il suo invito è cosi cortese, ed è un indizio cosi indubbio di una serenità che molti si ostinano a non vedere fra i socialisti, che noi non possiamo sottrarci a quest'atto di "coraggiosa sincerità", come Ella lo chiama. Ella sa, onorevole Morgari, come un nostro ordine del giorno sull'indirizzo sociale che avrebbe dovuto assumere la Lega democratica nazionale nel prossimo Congresso, ordine del giorno esplicitamente socialista, abbia diviso in due frazioni la sezione romana della Lega stessa. Dall'una parte la nostra corrente; dall'altra quella dei democratici-cristiani vecchio stile, la quale crede conformemente all'antico programma sociale-cristiano di rimediare alle ingiustizie della società attuale cercando soltanto di infonderle un nuovo spirito morale, e ritoccandone alquanto le istituzioni, ma mantenendole nella loro struttura fondamentale...... di fronte alla società presente, che della conquista della ricchezza fa una guerra atroce fra uomo e uomo, e crea un dualismo gravido di lotte e di odii tra capitale e lavoro, fra produttore e consumatore, noi ci siamo domandati: corrisponde questa società al nostro ideale religioso? Perché il principio cristiano della solidarietà e della cooperazione deve rimanere un principio morale astratto e non può, incarnandosi in una società, divenire la legge della produzione e dello scamblio? Perché mai questa vita a doppia partita? Ed allora noi abbiamo profondamente sentito la bontà dell'ideale socialista; noi abbiamo sentito che oggi il socialismo non rappresenta soltanto un esercito di sfruttati, spinti dall'insofferenza del giogo padronale verso la conquista di un'esistenza migliore, ma rappresenta l'umanità nelle sue più nobili aspirazioni di giustizia e di solidarietà, aspirazioni che il proletariato ha l'alta missione storica di realizzare....Sulle labbra di Cristo suonarono i più forti accenti di speranza che mai abbia udito l'umanità, e il Cristianesimo sorse come una grande speranza nell'avvento di un regno che non era già quello dell'oltretomba, ma un regno terreno di giustizia e di amore, Solo durante i secoli da speranza sociale che esso era, divenne speranza individuale, una partita personale fra l'uomo e Dio. Ma il nostro cristianesimo non solo ci ha convinti della bontà e della verità delle aspirazioni socialistiche, ma ci dà pure la speranza e la fiducia ch'esse possano pienamente trionfare. Se il socialismo per attuarsi richiede una forte trasformazione psicologica dell'individuo, una trasformazione delle tendenze egoistiche e particolariste in tendenze altruistiche, chi meglio di noi che abbiamo cosi profonda fiducia nell'energia creatrice dello spirito umano e siamo gli umili ma consapevoli rappresentanti di una religione che fu detta di liberazione, appunto perché ammette le ampie possibilità di trasformazioni e di adattamenti dell'uomo, chi meglio di noi potrà avere fede e speranza nel divenire della società socialista? Del resto la storia costituisce una luminosa riprova della verità della nostra convinzione: tutte le volte che il cristianesimo è stato profondamente vissuto e sentito, esso non si è rivelato soltanto come movimento religioso, ma come movimento sociale..... Se quelle idealità cristiano-comunistiche non si realizzarono, si deve più tosto al fatto che i rappresentanti di esse non seppero accoppiare all'alta visione ideale quello spirito critico e quel senso realistico della vita politica e sociale che è carattere proprio del socialismo attuale. Anche l'Avanti! on. Morgari, accennava recentemente in una corrispondenza americana ad un grande movimento del clero umericano verso il partito socialista, al quale avevano aderito vescovi e sacerdoti numerosi; il Congresso pananglicano, teautosi in questi giorni a Londra, ha dimostrato quale formidabile corrente in favore del socialismo vi sia nel clero anglicano; parecchi clergymen hanno fatto delle dichiarazioni socialiste nel più largo senso della parola, tra applausi fragorosi dell'assemblea: in Francia e nel Belgio, Jaurès e Vandervelde, tra i socialisti, hanno mostrato di capire tutto il vantaggio che alla causa socialista potrebbe venire dal rinnovamento del cristianesimo; in Inghilterra i socialisti hanno inaugurato delle cosi dette Chiese di lavoro ...Noi sentiamo le difficoltà che in Italia si oppongono ad un movimento simile, ma nutriamo profonda speranza che progressivamente si possa attuare un'intesa fra le persone sinceramente cristiane e la democrazia socialista. E concludiamo, onorevole Morgari, con una domanda :a chi professa i nostri ideali sono aperte oggi le file del Partito socialista? » 159 I. Bonomi La prima a creare gli dèi nel mondo fu la paura, «Avanti!», del 27.7.1908. G. Arfè, Storia dell'Avanti (1896-1926), Roma, 1956, p. 74. 160 F. Turati, Socialismo e religione, «Critica Sociale», cit., p. 26. 161 «Avanti!», 18.7.1908 162 F.Perroni, Socialismo e religione, p. 237 163 Nella crisi successiva al fallimento della rivoluzione del 1905 venne teorizzato il socialismo scientifico come religione da Lunacarskij che, a differenza di Plechanov per il quale la religione è una spiegazione animistica dei fenomeni, seguendo Feuerbach intende la religione come «solenne rivelazione di tesori celati nell'uomo». Marx è l'artefice dell'innalzamento dell'antropologia a livello di teologia. L'ininterrotto succedersi delle religioni storiche interpretano come umano ciò che le precedenti adoravano come divino, esplicitano di volta in volta gli aspetti idolatrici delle forme religiose precedenti che si garantiscono tacciando di ateismo ogni aspetto religioso innovatore A.Lunacarskij, Religione e socialismo, Firenze, 1973. Un rapporto diverso si era stabilito con il pensiero di Tolstoi. È significativo il resoconto della visita a Tolstoi da parte di Semeria e Minocchi nel 1902. «Giornale d'Italia», 14.8.1903. 164 E. Buonaiuti, Il modernismo cattolico, Modena, 1943, e Id., Pellegrino di Roma, Bari, 1964. 165 G.Rensi, Socialismo e religione, Roma, 1911, p. 52. 166 Id. cit., p. 15 nota. Nella polemica intervenne con una lettera al « Giornale d'Italia » per sottolineare la distanza fra cristianesimo e socialismo. A suo avviso il primo «ha radici nell'amore», l'altro, nei migliori dei casi, «in un desiderio di giustizia senza dubbio, ma pone supremo un bene di ordine materiale e non ha substrato di amore ». Ettore Ciccotti, respingeva l'accusa sostenendo che il socialismo sarebbe « il solo, vero grande movimento di riscossa umana che dell'amore assicuri l'avvento nei rapporti sociali 167 Intervenendo il 16 maggio 1925 nel dibattito parlamentare sulla legge proposta da Mussolini per lo scioglimento delle società segrete, che per lui mirava in realtà ad impedire lo sviluppo di grandi organizzazioni operaie e contadine. Ora in A.Gramsci, La costruzione del partito comunista, Torino,1971, pag. 76 168 P. Orano, La massoneria dinanzi al socialismo, Firenze, 1905 169 G. Padulo, Contributo alla storia della massoneria : da Giolitti a Mussolini, "Annali dell'Istituto italiano per gli studi storici", a. 8. (1983-1984) 170 F.Cordova, Massoneria e politica in Italia 1902-1908, Bari, 1985 171 A. Aquarone, L' Italia giolittiana, Bologna, 1988 172 A. M. Banti Storia della borghesia italiana, Roma, 1996; Elites e associazioni nell'Italia dell'Ottocento “Quaderni storici” 1991 173 La rottura delle relazioni tra il Grande Oriente d'Italia e il Grande Oriente di Francia risaliva al 24 aprile 1898 in seguito al riconoscimento francese del gruppo scissionista milanese (A. Combes, L'unificazione italiana nell'opera dei massoni.