Dizionario Geografico, Fisico
e Storico della Toscana (E. Repetti)
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Ansedonia, Lansedonia, Ansidonia, Cossa,
Cosa - (Porto di Feniglia)
ID: 192
N. scheda: 2400
Volume: 1
Pagina: 92, 827 - 829
Riferimenti:
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Toponimo IGM: Ansedonia - Cosa
Comune: ORBETELLO
Provincia: GR
Quadrante IGM: 135-2
Coordinate (long., lat.)
Gauss Boaga: 1688150, 4697783
WGS 1984: 11.28736, 42.41111
UTM (32N): 688214, 4697957
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Denominazione: Ansedonia, Lansedonia, Ansidonia, Cossa, Cosa - (Porto di Feniglia)
Popolo:
Piviere:
Comunità: Orbetello
Giurisdizione: Orbetello
Diocesi: Nullius delle Tre Fontane
Compartimento: Grosseto
Stato: Granducato di Toscana
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COSSA o COSA ( Cosa Volcientium ), ora ANSEDONIA, nel littorale di Orbetello, Comunità Giurisdizione e 6
miglia toscane a levante del medesimo, attraversando lo Stagno, e 7 miglia toscane per la via di terra, Diocesi
dell'Abazia delle Tre fontane Nullius , Compartimento di Grosseto.
È situata nel grado 28° 57' di longitudine e 42° 25' di latitudine in un colle appena 300 braccia sopra il livello del
Mediterraneo fra l'antica strada Aurelia e la spiaggia del mare, il lago di Burano che la guarda a levante e lo stagno di
Orbetello col promontorio Argentaro, che gli restano a ponente.
Dirò col Micali, che, di tutte le città in suolo etrusco, questa è la meglio conservata nelle sue opere militari. Avvegnachè,
oltre al cerchio delle sue mura che sussiste quasi intero, vi si veggono parecchie torri interne ed esterne con due porte,
che una volta a settentrione-grecale conserva l'incastro della cateratta o saracinesca, e l'altra, che guarda pure la via
Aurelia, situata di fronte a maestro.
Si veggono tuttora gli avanzi del solido selciato lungo le strade che dalle porte predette conducevano nella sottostante
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via Aurelia. - Di epoca posteriore sono i vestigj di un arco di pietra di rozza costruzione, un colombario lungo la via che
esce dalla porta di maestro, e pochi altri residui di edifizj nascosti fra gli olivi salvatici, le marruche e li sterpeti dentro il
cerchio delle mura di Cosa, che ha quasi un miglio di circonferenza sulla cima del tondeggiante suo poggio.
La fattura delle sue mura a grandi e irregolari poliedri, bene spesso con artifizio addentellati e concatenati, e la maggiore
conservazione delle medesime fece dubitare al chiaro autore della storia degli antichi popoli d'Italia, che questa di Cosa
e quelle di Saturnia potessero essere le meno vetuste e di una fabbricazione poco antica a fronte delle mura di Fiesole,
di Volterra, di Popolonia, ec.
Qualora però si contempli la natura della pietra di tutte le altre città etrusche, costruite o di macigno, o di tufo, a
confronto di quelle di Cosa e del piccolo residuo che sussiste a Saturnia, cavate da una roccia calcarea assai più dura e
compatta, non pare che dovrebbe recare sorpresa, se i massi poliedrici delle mura di Cosa conservarono più polita la
superficie e meno logori i loro angoli, in confronto di quelli che restano in piedi attorno alle preaccennate città.
Quindi, presa in tal senso, fu impropria e lontana troppo dal vero la frase adoprata da Rutilio Numaziano, che sino dal
principio del V secolo costeggiando il littorale della Toscana, allorchè passava davanti a Cosa videla deserta di abitanti,
e chiamò laide le sue mura:
Cernimus antiquas nullo custode ruinas
Et desolatae moenia foeda Cosae.
Il nome di Cosa Volcientium dato da Plinio a questa città, e il trovare a confine del distretto Cosano il piano dei
Volci , cognominati dallo stesso Plinio Toscanensi ( cognomine Etrusci ) ci porta a credere che Cosa dipendesse dai
Volcienti della città Tuscana, ora detta Toscanella, al tempo che quella e questi furono conquistati dai Romani, che vi
dedussero una colonia poco innanzi la prima guerra punica (anno U. C. 481) senza togliere agli antichi abitatori le
proprie leggi e magistrature confacienti ai diritti di un municipio.
Che se Vellejo Patercolo e il vecchio Plinio rammentano la deduzione della Colonia romana a Cosa, fa fede
dell'esistenza del municipio Cosano un monumento innalzato dal suo patrono o curatore a nome della Respubblica
Cosanorum all'imperatore Caracalla, mentre egli era console per la quarta volta in compagnia di D. Celio Balbino, vale
a dire, nell'anno 213 dell'Era Volgare. - Vedere ORBETELLO.
A un altro imperatore (Gordiano III) il municipio, ossia la repubblica di Cosa, innalzò un'ara votiva salutandolo con
l'adulatorio titolo di nume nel secondo suo consolato, cioè, nell'anno 241 dell'Era Volgare.
La somiglianza del nome di Cosa de'Volci con Cossa degl'Irpini, entrambe città, entambe state colonie romane, ha
indotto molti in equivoco coll'attribuire alla prima alcuni fatti proprj della seconda, alla quale ultima, mi sembra che
appartenga tuttociò che dei Cossani del Sannio si racconta da Tito Livio ai libri 3° 4° e 7° della terza decade della storia
romana.
Quindi resta tuttora in forse, se la colonia militare di Cossa sotto il regno di Augusto rammentata in una moneta
coll'epigrafe, COL. JUL. AUG. COSSA., possa riferire piuttosto che a questa di Orbetello, al Cossa negli Abruzzi,
siccome io opinerei.
A quest'ultima pure vuolsi riportare la medaglia con l'impronta dell'aquila romana e la corona civica fra gli artigli,
avente nell'esergo la greca epigrafe KOSON, forse coniata in occasione della colonia romana dedotta a Cossa 74 anni
dopo quella venuta a Cosa de'Volcienti.
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Per egual ragione devesi restituire a Cossa degl'Irpini l'onore di aver dato i natali ai progenitori di Tito Vespasiano, e là
collocare i predj e la villa di Tertulla sua avola paterna, dove quell'imperatore succhiò le prime stille di un'educazione
che lo rese l'idolo di Roma e dell'universo.
Bensì predj e stabilimenti di gran rilievo ebbe nel littorale e promontorio Cosano la senatoria famiglia dei Domizj
Enobardi, che sino dai tempi di Giulio Cesare armava flottiglie, e nei contorni di Cosa possedeva bagni e cetarie . Vedere PORTO S. STEFANO, e ORBETELLO.
Alla caduta del Romano impero Cosa era già deserta di abitanti, né più si sente rammentarla durante il dominio
straniero, se non dopo il regno de'Carolingi, cambiato il suo nome in quello di Ansedonia , o Lansedonia , e il
subiacente seno marittimo del porto Cosano nel così detto porto di Feniglia . - Vedere ANSEDONIA.
ANSEDONIA, LANSEDONIA ( Ansidonia ) nella maremma di Orbetello. Questo scheletro di antica città, che cambiò
nei tempi barbari il suo nome all'etrusca città di Cosa , esiste con le vestigie delle sue mura ciclopee sopra una collina
che stende la base nel mare all'ingresso dell'istmo della Feniglia, a 5 miglia toscane a levante di Port'Ercole, egualmente
distante da Orbetello che è nella direzione di ponente maestro. Trovasi rammentata l' Ansedonia, per quanto sembra, la
prima volta in un diploma attribuito a Carlo Magno, che donò ai monaci delle Tre Fontane presso Roma questo luogo
insieme con le sue adiacenze, compreso il porto di Feniglia, Port'Ercole, l'Isola del Giglio ec. Li stessi luoghi furono
ceduti da quei cenobiti nel 1269 a titolo di enfiteusi al conte Ildebrando di Sovana, la cui erede contessa Margherita
vendè li stessi feudi al Comune di Siena, il quale per tal fatto pagava alla Badia delle Tre Fontane un tenue tributo.
Ansedonia era ridotto il refugio di mala gente e di numerosi assassini, allorché la Repubblica Senese nel 1330, inviò
colà un distaccamento di soldati, che smantellò le sue mura e distrusse sino ai fondamenti le abitazioni (DEI Cronaca
Senese ). - Vedere COSA e ORBETELLO.
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