HAIR A testimonianza della versatilità della politica culturale del

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HAIR
A testimonianza della versatilità della politica culturale del teatro barese, nel
1984 viene proposto al Petruzzelli un classico del musical internazionale come
Hair.
Musical su temi hippies che aveva il sottotitolo di ‘The American Tribal Love.
Rock Musical’, Hair fece il suo debutto alla fine del 1967. È considerato il
primo esempio di opera teatrale che incorpora musica rock e musica pop, così
come Jesus Christ Superstar la prima opera rock dopo Hair; i due
esperimenti teatrali ebbero un’accoglienza molto discussa al momento della
loro uscita a causa dei temi trattati e dello stile innovativo adoperato.
Composta da Andrew Lloyd Webber e Tim Rice, Jesus Christ Superstar venne
proposta al pubblico sotto forma di album musicale. Soltanto in un secondo
momento, dopo lo straordinario successo riportato, venne messo in scena a
teatro da cui in seguito fu tratto un film che contribuì ad aumentarne la fama.
È lo stesso destino di Hair, diventato poi il film omonimo di Milos Forman
del 1979: il musical conserva il primato di aver esercitato un’influenza
decisiva sulla storia del teatro musicale contemporaneo, ponendosi come
ineludibile modello di riferimento per i seguenti Godspell e Cats.
Claude, narra la breve storia del protagonista, un giovane figlio degli Usa
indeciso tra integrazione sociale e ribellione, combattuto tra la chiamata alle
armi in Vietnam e gli ideali pacifisti della comunità hippy. La prima dello
spettacolo, su musiche composte da Galt MacDermot, si tenne nel “tempio”
del musical mondiale, a Broadway.
L’ingegnosità teatrale dell’opera, all’incrocio tra musica folk e rock, danza
canto e recitativi, è costruita attorno ad un tema di bruciante attualità negli
anni in cui essa vide la luce, che pure non ha perso il suo fascino con il
trascorrere del tempo: la ribellione dei “figli dei fiori”. L’esuberanza
compositiva, l’accento posto sulla vitalità della gioventù intesa come valore
senza tempo che fa appello alla ribellione e alla libertà, si ripropone nella
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messa in scena presentata al Petruzzelli. Il coreografo utilizza la colonna
sonora-standard del musical, tutta incentrata sulle radici spiritual-gospel che
attraversano la storia della musica nera, dal jazz al soul, dal funk al rock, per
comporre coreografie e movimenti scenici il cui sfrenato dinamismo è
arricchito dallo sfarzo e dai colori “freak” dei costumi.