I CRITICI INTERNAZIONALI ALL'OTTAVA EDIZIONE DI SEGNI D'INFANZIA: SPUNTI(NI) CRITICI. The black sheep – a modern fairy tale? Critique by: Karl Svantesson Once upon a time there was this sheep and this pig. They were trying to get along but they didn´t. The pig felt lonely because the sheep had friends. Staged with the magic of clowning, the two actors, Alessandro Nositti, Daniele Gol, gives us a world where the two animals has human emotions and beliefs and on the other hand, they themselves act out animal movements and sounds. The pig wants to take part but has to take that part away from the sheep while the sheep wants the pig to become another sheep . Around this the story spins and evolves and objects, costymes music are all in this with full attentiveness, love and timing from the two on stage who finally becomes one. Is that possible, can a pig become a sheep and vice versa. The black sheep is the answer and what a laughter and joy it gives. La pecora nera – una favola moderna? Critica di: Karl Svantesson (Traduzione di: Sergio Lo Gatto) C'erano una volta questa pecora e questo maiale. Provavano ad andare d’accordo senza riuscirci. Il maiale si sentiva solo perche la pecora era piena di amici. Realizzato con la magia della clownerie, i due attori Alessandro Nosotti e Daniele Gol, ci regalano un mondo in cui due animali hanno emozioni umane e un umano sistema di credenze e allo stesso tempo loro stessi impersonano i movimenti degli animali e i suoni. Il maiale vorrebbe far parte della vita della pecora ma deve rubare la scena alla pecora, che invece vorrebbe che il maiale diventasse tale e quale alla pecora. Questo il tema attorno al quale ruota e si evolve la storia e gli oggetti, i costumi e la musica si inseriscono con ottima reattività, amore e ritmo grazie ai due attori sul palco, che si fondono finalmente in una sola figura. È di fatto possibile? Può un maiale diventare una pecora e viceversa? La pecora nera è la risposta e quante risate e gioia regala! The steadfast tin soldier Critique by: Rui Pina Celho Departing from such a well known tale such as Andersen's the tin soldier can be more damaging that helpfu. Tales like these have become modern myths that builds bridges between our individual experiences (something that is almost disappearing, actually). So, just like ancient mithology, changes will always produce meaning. The steadfast tin soldier- a film for the stage overcomes the limits of reteling magnificently. To a representation of Andersen's tale, the performance prefers to convey its spirit, creating a new and fresh plot. So, in place of vengeful clowns and menacing fishes, we have a wood elephant, a US army under attack, a stressed pinochio, a terrifying tarantula, a plane crash... It is a moving, inventive and powerful performance, designed as a buildungsdrama, a road-play for a tin soldier, a journey that will teach him to outcome his military condition. But It is also a film for the stage: thus, behind a set that recreates a playroom, with toys, dolls, boxes and a card castle, there is a screen where live projections of the tin soldier journey is amplified and zoomed, becoming a film to be seen. The performers, then, manipulate the toys, objects, but also the camera and the light. But, nevertheless the great amount of tasks they do, they never loose expressiveness. Even if its a media-based performance, the freshness and power of this performance is its liveness. Il tenace soldatino di piombo Critica di: Rui Pina Celho (Traduzione: Sergio Lo Gatto) Partire da una nota fiaba come il soldatino di piombo può essere più un danno che un aiuto. Racconti come questi sono diventati miti moderni che costruiscono ponti tra le nostre esperienze individuali (qualcosa che in vero va scomparendo). Così, come la mitologia antica, i casi produrranno sempre significati. Il tenace soldatino di piombo supera magnificamente il semplice racconto. Alla rappresentazione della fiaba di Andersen, lo spettacolo preferisce consegnarne lo spirito, creando di fatto un'altra trama. Al posto di clown vendicativi e pesci minacciosi, abbiamo un elefante di legno, un esercito americano sotto attacco, un Pinocchio stressato, una terrificante tarantola, un incidente aereo... È uno spettacolo potente commovente e pieno di inventiva, realizzato come una sorta di romanzo di formazione, un road play per un soldatino di piombo, un viaggio che gli insegnerà come evadere dalla sua condizione militare. Ma è anche un film da palcoscenico: così, dietro a una scenografia che ricrea una stanza dei giochi, con giocattoli, bambole, scatole e un castello di carte, c'è uno schermo su cui le videoproiezioni dal vivo del viaggio del soldatino è amplificato e zoommato, diventando un vero e proprio film da vedere. I performer quindi manipolano i giocattoli, gli oggetti ma anche la camera e le luci. E nonostante la gran quantità di compiti non perdono la loro espressività. Anche se è una performance basata sull'uso di più media, la freschezza e la potenza dello spettacolo sono la sua vitalità. Story of a man and his shadow Critique by: Nino Kovacic If we literally take the expression that someone is afraid of his own shadow, as it is done in the play The story of a man and his shadow, we can get closer to our fears in order to confront and fight them off. A man who builds up his home as a supposed secure place from the outside, who builds walls around him only for comfort and protection, will sooner or later have to confront the same walls. The story of a man and his shadow is a theater piece that creates strong impressions, as it fore-mostly allows you to imagine these walls yourself. The construction of limits of space by light, motions and especially by exceptional use of sound, so that the space becomes mentally imprinted, is an impression that is an open call for an imaginative play of viewers reactions. As for the children's reactions, which are infallible, one must take in account the element of the show that produced the highest amount of decibels: this was the moment of the possible loss of the balloon. The balloon is an exceptional object of desire, as it an object that throughout the show gradually becomes personified and turns into a valid character, a friend, but still remains an everyday object of joy. The suspense of loosing the balloon is a point where our inner fears are confronted with the best cure for them: humor to the point of absurd, which is, in this case, done by repetition of the same moment of suspense. Also, in a way, the show transcends centuries, as to our basic fears, with the combination of elements from the tradition of commedia dell arte and slapstick comedy, as fights and chases between the man and his shadow serve as effective outlets for our fears. As our shadows, our fears dressed as skeletons, take hold of our inner homes, our souls, as the invisible walls that we create around us become tighter, the greater is the need to exorcise them with imagination, art and theater pieces as is The story of the man and his shadow. Storia di un uomo e della sua ombra Critica di: Nino Kovacic (Traduzione: Sergio Lo Gatto) Se prendiamo alla lettera l'espressione che qualcuno ha paura della propria ombra, come accade nello spettacolo "Storia di un uomo e della sua ombra", possiamo avvicinarci alle nostre paure per affrontarle e sconfiggerle. Un uomo che si costruisce casa come un posto che si vorrebbe al sicuro dal mondo esterno, che si costruisce attorno mura per conforto e protezione, dovrà prima o poi affrontare proprio quelle mura. "Storia di un uomo e della sua ombra" è uno spettacolo che crea forti impressioni, prima di tutto perché chiede allo spettatore di immaginare da sé quelle mura. La costruzione dei limiti dello spazio da parte delle luci, i movimenti e soprattutto da un uso eccezionale del sonoro, così che lo spazio si imprima a un livello mentale, è qualcosa che rappresenta una chiamata alle armi per le reazioni dell immaginazione. Quanto alle reazioni dei bambini, che sono infallibili, bisogna tenere in considerazione quale elemento abbia creato il più alto incremento di decibel: il momento della possibile perdita del palloncino. È un eccezionale oggetto di desiderio, durante lo spettacolo diventa via via una persona viva, un vero e proprio personaggio, un amico, ma resta un comune oggetto di divertimento. La suspense della perdita del palloncino è il punto in cui le nostre più profonde paure affrontano la loro migliore cura: l'umorismo che raggiunge l'assurdo, in questo caso realizzato con la ripetizione dello stesso momento di tensione. In qualche modo lo spettacolo passa in rassegna anche i secoli, dal momento che la combinazione con elementi della tradizione della Commedia dell'Arte e della slapstick comedy, lotte e inseguimenti tra uomo e ombra, aiuta in effetti a fuggire le paure. Come le nostre ombre, le paure si vestono da scheletri, si nascondono nei luoghi segreti delle nostre case, delle nostre anime, più i muri invisibili che creiamo intorno avanzano, più grande è il bisogno di esorcizzarli con l'immaginazione, l'arte e uno spettacolo come questo. A Lecture on Amore e Psiche Critique by: Rui Pina Coelho Amore e Psiche it's a very simple, naive and passionate performance. But its simplicity is actually its strength. The performance tells the myth of Cupid and Psique using paintings and sculptures that represent the different steps of the myth. One actress and a maquette of a small theatre (where small reproductions of paintings will be placed) will be the means to represent Venus being jealous, Cupid accident with the arrow, the capture of Psyche, and, ultimately, their love. Departing from a brief improvisation on paintings and the way they help to expand the imaginary of the viewer, the performer will figure Venus, Cupid, Psyche and her sisters and all the characters needed to tell (and embody) the story. Its eckfrastic dimension is brilliantely captured, permitting the actress to simulate the poses of the figures painted and sculpted with her body. It is also a marvellous Lecture on painting and classical mythology, perfect for all ages. Una lezione su Amore e Psiche Critica di: Rui Pina Coelho (Traduzione: Sergio Lo Gatto) Amore e Psiche è uno spettacolo davvero semplice, naif e appassionato. Ma nella sua semplicità sta anche la sua forza. La performance racconta il mito di Amore e Psiche usando i quadri e le sculture che rappresentano i diversi passaggi del mito. Un'attrice e un teatrino in miniatura (dove verranno installate le riproduzioni dei quadri) si faranno mezzi adatti a raccontatre la gelosia di Venere, l'incidente di Cupido con la sua freccia, la cattura di Psiche e, infine, il loro amore. A partire da una breve improvvisazione sui dipinti e sul modo in cui essi aiutano a espandere l'immaginario del fruitore, la performer darà forma a Venere, Cupido, Psiche e le sue sorelle e tutti i personaggi necessari a raccontare (e a incarnare) la storia. La sua dimensione ecfrastica è brillantemente catturata, permettendo all'attrice di simulare con il proprio corpo le pose delle figure dipinte e scolpite. È anche una meravigliosa lezione sulla pittura e sulla mitologia classica, perfetta per tutte le età. Will you still love me? Ode alla vita Critique by: Rui Pina Coelho Its a feelgood performance, a tender, beautiful story of an old couple - a very very old couple, actually. They quarrel, they play, they dance, but particularly, they entertain each other. So, the performance lively and cabaretic - is a sequence of numeros where the two act the best they can. Event if some acts are a bit long than they should, and even if some scene changes are a bit slow, it is a very smart performance. But what strikes me the most, is the parodic way how this very inteligent performance makes use of some of the most overrated and beated up effects of contemporary theatre: running in circles, drinking champagne, dropping coloured papers,dicotheque lights, singing with microfones, all this is used in a very unpretentious and funny way. Mi amerai ancora?Ode alla vita Critica di: Rui Pina Coelho (Traduzione: Sergio Lo Gatto) È una performance che fa sentire bene, la bella e tenera storia di una vecchia coppia – una coppia molto vecchia, in effetti. Litigano, giocano, danzano, ma soprattutto si intrattengo o l'un l'altra. La performance – viva e improntata al cabaret – è dunque una sequenza di numeri dove i due danno il meglio che possono. Anche se alcune azioni risultano più lunghe del dovuto, anche se qualche cambio scena è lento, è uno spettacolo davvero intelligente. Ma ciò che mi colpisce di più è il modo parodistico in cui questa performance così sottile fa uso di alcuni tra i più abusati e triti effetti del teatro contemporaneo: correre in cerchio, bere champagne, lanciare coriandoli, le luci da discoteca, cantare dentro a un microfono, ciascuna di queste azioni è portata avanti in un modo divertente e mai pretenzioso. Sandokan Critica di: Sergio Lo Gatto C'è un fatto: il modo in cui immaginiamo un'avventura è qualcosa di personale, i personaggi di un romanzo hanno e continueranno ad avere le caratteristiche che decidiamo noi, somiglieranno a nostra nonna, al nostro perfido capoufficio, al nostro amabile vicino di casa o alla ragazza di cui siamo segretamente o meno innamorati, il nostro immaginario interviene e si innesta sopra quello di chi sta raccontando la storia, creando un terzo livello che prima non esisteva. Nel Sandokan dei Sacchi di sabbia si cerca di sovvertire addirittura quest'ordine facendo un salto ulteriore. La storia prende vita dentro una laboriosa cucina: patate, carote, cetrioli prendono le sembianze di pirati, governatori, orde di filibustieri, perfidi cospiratori, navi, squali e basta un ciuffo di sedano issato sulla nuca per far comparire una principessa. E intanto i coltelli che li affettano sono reali, maneggiati da presenze reali che sono pronte a scomparire inghiottite dalla potenza degli oggetti stessi o invece a imporsi con l'evidenza di un dialetto, di una risata, di una sopraffina arte attorica. Ma c'è di più. Il fatto fisico che frutta e ortaggi rappresentano diventa il tramite tra racconto, attore-narratore e la convenzione poetica che compone l'energia necessaria a operare quel salto che ci porta oltre, ci fa sedere su una catapulta e ci scaglia centinaia di chilometri a sud est, laddove lo stesso Salgari, si dice, non abbia mai realmente viaggiato. Mentre se ne stava a Torino e tutte le mattine prendeva il caffè all'ombra dello stesso portico, tra i clamori delle Guerre d'indipendenza appena concluse e il tremito della Grande guerra ormai imminente, si innestava nella sua immaginazione la tempesta della fantasia. The House Critica di: Sergio Lo Gatto Una volta per tutte, il miglior spettacolo per bambini è quello che fa sentire grandi i bambini e fa tornare bambini i grandi. E i modi sono i più disparati, sono i frutti di un linguaggio sempre potenzialmente fertile, a patto che gli artisti siano i primi a occuparsi di metterlo in crisi, si trasformarlo in gioco. Solo così ci si incontra sullo stesso piano, che è poi quello di una immaginazione veramente condivisa, la cui creazione e consegna va oltre l'eccellenza tecnica e cerca un contatto reale. In The House, tuttavia, la maestria nell'esecuzione si mescola con un sottile ragionamento sull'humour nero, incrociando l'immaginario artigianale dei giocattoli, delle case delle bambole e dei burattini con il dispositivo drammaturgico delle ghost story. Da sotto a una struttura semplice ma funzionale di cui la casa è solo la punta dell'iceberg, agiscono i due burattinai, animando con ritmo indiavolato, irresistibile e millimetrico nel sincrono ben sei personaggi, che tra dialoghi, inseguimenti, scene di suspense e una strizzata d'occhio al thriller di maniera, fanno vivere la trama e tengono alta la partecipazione del pubblico. Suoni, voci che cambiano, porte che sbattono, serrande che si chiudono, la casa intera che ruota mostrando l'interno delle stanze, a questo luna park della visione non manca davvero nulla. E gli arzigogoli fin troppo assurdi della trama sono resi fluidi da una comicità sempre pronta all'autocritica e che si concede il gusto di dissacrare anche il tabù della morte in scena. Così che apparizioni di demoni e sanguinosi omicidi in diretta sono delle fiabe il frutto più puro, perché già passato attraverso il filtro di una narrazione perfettamente condivisa. The House: between Poe and Monthy Python Critique by: Karl Svantesson Horror is probably the most difficult genre in theatre. Comparing with other genres, horror has had, througouth theatre and drama history very few examples. Bravely, this performance exercises precisely this genre. It does it in a very humoured and parodic way, but, nevertheless, it is an exercise on horror. Thus, there is a house (an amazingly designed maquette of a two floor house, where the puppets play the stage itself) that tells one of its many stories, as we are told in the beggining of the performance. It is a story of horror, with a gore humor, a kind-of-gothic athmosphere, somewhere between Edgar Alan Poe and Monthy Python. There is a couple (the fierce evil wife and the poor husband), an old aunt dying, two clownsy thief brothers, a frieghtening lawyer and a dog. And there will be some poisining, arms chopped off, robberies, burning corpses and, of course, migration of souls. The misture is hilarious. But what is most striking is the excelence of the manipulation and, especially, the magestry of the maquetteHouse and the puppets. A wonderful entertainment to everybody. La pecora nera e Ode alla Vita Critica di: Massimo Marino Non ci sono parole nella Pecora nera e in Ode alla vita, visti al festival mantovano “Segni d’infanzia”. Solo attori e oggetti. Nel primo, un interprete è alto e uno basso. Quello basso è tutto azzimato, vestito di chiaro; è calvo e si muove in modo ritmico, forse – per lui – elegante. L’altro è alto e scoordinato, si gratta e si muove scompostamente; ha una zazzera afro e un piccolo maiale. L’a...ltro non vuole che il puzzolente animale abbia niente a che fare con il suo gregge di pecore. Forse a profumarlo, a rivestirlo con un manto lanoso… forse… Ma il ricciolone non vuole… La pecora nera di Teatro Distinto è una favoletta pedagogica non banale: racconta, con oggetti e gesti caratterizzati, da clownerie senza nasi rossi, l’istinto del gruppo e l’esclusone. Mostra anche come non si debba poi rinunciare a se stessi. E come la vita serbi sorprese infinite e non ci sono solo greggi e maiali ma centinaia di razze di animali. Su un prato verde è un bel gioco che ogni tanto fa alzare gli spettatori più piccoli, li fa gridare dalla meraviglia. Li vedi che vorrebbero intervenire, aiutare il maiale. Li senti a bocca aperta. Ode alla vita è ugualmente caratterizzato, ugualmente gioca con gli oggetti, accumulati a poco a poco su un fondalino a ricostruire la vita e la memoria di un’anziana coppia. Ma è piuttosto giocato a passettini frenetici, con ritmi da film muto accelerato. Due vecchi decrepiti ma sorridenti, piegati storti tremolanti scorrono in scena, la popolano di cose che evocano la loro vita e il loro bisogno, forse strano, di futuro, di gioia. Non rinunciano. Festeggiano ricordano cadono lanciano coriandoli come fuochi di gioia o polveri di stelle, mangiano litigano si mettono a letto sotto una mezza luna con lucine di festa amoreggiano e poi riprendono un party infinito che non vogliono smettere, cantano ballano vivono. Sono bravissimi i due attori di Rodisio: caratterizzano con leggerezza, con un ritmo e un’intelligenza che trasforma l’ottimismo lievemente edificante in gioco ammiccante sui difetti e gli splendori della vita. Sandokan Criticha di: Massimo Marino Le gesta dei tigrotti della Malesia di Salgari diventano assalti di carote, battaglie di patate smitragliate da una grattugia, insidiosi boa-sedani nel Sandokan, o La fine dell’avventura 'da minestrone' in cucina dei Sacchi di Sabbia. Quattro cuochi combinano parole di avventura mentre mondano verdure, affettano tuberi, inseguono pomodori, si corazzano con pentole e armeggiano con stoviglie. Il gio...co è tutto qua: cosa si racconta è importante solo per gli scarti che si creano tra gli atti molto quotidiani, certe volte goffi, dei “cuochi”, e le parole che trasportano in scenari esotici, in pericolose giungle, in rapimenti mirabolanti, in scontri col pugnale tra i denti. Intorno a questa evocazione di uno scrittore, Emilio Salgari, che agli inizi del ventesimo secolo in pantofole immaginava imprese rischiose di ogni sorta, anticipando retoriche che avrebbero mutato sedentari italiani in popolo di ginnasti, sta il teatro scientifico dei Bibbiena, gioiello in cui la matematica della progettazione si mescola con la provocazione rococò dei pieni e dei vuoti, dello spazio pubblico e del separé privato. Cinderella Critica di:Nino Kovačić In a performance produced by Factory Compagnia Transadriatica where the story is closer to the Cinderella original by the Grimm brothers, and not copying the Disney version, most audience was, already from the beginning on, in for a surprise. By stripping down some elements of the story and breaking down its stereotypes, the play allowed the fairytale to become more important in addressing everyday issues reflected through our identities. For instance, the prince doesn’t turn out to be the “ideal” prince from the first moment on: he is older, bald, overweight, short, and wearing glasses, which is for sure a certain provocation for the “accustomed” viewer. Stepmother on the other hand is an overall dominating character in the performance; a character that is as a mixture of burlesque, street theatre and grotesque, and (not unimportant) played by a man, she is amusing, strong and threatening at the same time. In general, the actors’ performance really does carry the whole weight of the play and they do it exceptionally. Cinderella is in this case also a very good example of physical theatre, as it relies upon what the actors can do with their bodies and voices, accompanied by dance elements, and as such promotes specific values and advantages of theatre as a unique medium to the younger audience. Also, by using small and unpretentious metonymic tricks, such as a heart that is eaten like chocolate or the beating of the clock that turn into a heartbeat, it opens open small windows for further imagination. As in every story which presentation is for mostly intended for the children, a reflex is triggered for questions of pedagogy. In these terms Cinderella is, among other things, a strong lesson about relations of power within a family and society in general. Although, the play at moments doesn’t recognize critique of stereotypes but promotes them (as gender-coded pink lighting on Cinderella’s dresses), it still steps out of the ordinary presentation of the classic story. It can be argued that the fairytale of Cinderella is so universally known that it falls into a category of modern myths imprinted into our unconsciousness as are, for instance, the stories of Hamlet or King Oedipus. How to dramaturgically approach such a classic is certainly a troubling question for the dramaturge and director who care to tackle it. Either doing it “by the book”, or trying to tickle our unconscious expectations by changing the rules. The second choice is whatFactory Compagnia Transadriatica decided to do and made it an interesting theatre piece. Cenerentola traduzione di Sergio Lo Gatto In uno spettacolo prodotto da Factory – Compagnia Transadriatica in cui la storia si avvicina a quella della Cenerentola originale dei Fratelli Grimm e non scopiazza dalla versione Disney, l'intera platea è stata colta, fin dall'inizio, dalla sorpresa. Sfrondando alcuni elementi della storia e abbattendo certi stereotipi, lo spettacolo ha permesso alla fiaba di divenire più rilevante nel modo in cui si rivolge a questioni di tutti i giorni, riflesse attraverso l'analisi della nostra identità. Per esempio, il principe non è il principe “ideale” fin dal primo momento: è meno giovane, calvo, sovrappeso, basso e indossa un paio di spessi occhiali, cosa che di certo arriva come una provocazione per lo spettatore “abituato”. La matrigna d'altra parte è un personaggio che domina tutto in questa performance; un misto tra burlesque, teatro di strada e grottesco, e (cosa non meno importante) interpretata da un uomo, è divertente, forte e minacciosa allo stesso tempo. In generale, la performance degli attori trascina davvero l'intero peso della pièce e lo fa in maniera eccezionale. Cenerentola in questo caso è un ottimo esempio di teatro fisico, per come si poggia su ciò che gli attori sono in grado di fare con i propri corpi e voci, accompagnati da elementi di danza, e per come mette in risalto i valori e i vantaggi specifici del teatro come medium unico per i giovani spettatori. Inoltre, utilizzando piccoli e non pretenziosi trucchi metonimici, come un cuore mangiato come cioccolata o il ticchettio dell'orologio che si trasforma in batticuore, apre piccole finestre per una rigogliosa immaginazione. Come in ogni storia che venga presentata principalmente per i bambino, occorre una riflessione sulle questioni di pedagogia. In questi termini Cenerentola è, tra le altre cose, una decisa lezione sulle relazioni di potere all'interno della famiglia e della società in genreale. Anche se la pièce in certi momenti non riconosce una critica agli stereotipi ma finisce per promuoverli (come l'uso della luce rosa sui vestiti di Cenerentola come colore che codifica un genere), di certo compie un salto al di fuori della presentazione ordinaria di una storia classica. Si potrebbe discutere sul fatto che la fiaba di Cenerentola è talmente universalmente conosciuta da posizionarsi nella categoria dei miti moderni impressi nel nostro inconoscio come lo sono, ad esempio, le storie di Amleto o di Edipo Re. Come approcciare da un punto di vista drammaturgico un classico del genere è certamente una domanda problematica per un drammaturgo e regista che intende averci a che fare. O lo si fa “seguendo passo per passo il libro”, o cercando di giocare con le nostre aspettative inconsce cambiando le regole. La seconda scelta è quella operata dalla Compagnia Transadriatica e che ha portato a un interessante pezzo di teatro. Red bike / Ode to life Critica di: Nino Kovačić The story of the Red bike is a theatrical reminiscence of the great works of the Italian neorealist cinema, as for instance famous “Bicycle thieves” by Vittorio De Sica. With a clear social and class message it is a performance welcome by those who believe that theatre is an important medium that narrates social injustice and puts forward humanist values, as for instance is the anti-capitalist morals of the story in the Red bike. Unfortunately, it is a play that also mimics the film medium, disregarding genuine theatre potentials. With domination of such cinematic elements as recorded voice-over narration and playback music, or a scene that is “re-winded” and “fast-forwarded”, the specific strengths of theatre are overshadowed: namely, the physical aspects of the performance and skills presented in live acting. Without this the performance remains “flat” (accordingly there is no depth on stage saturated by props), highlighting the anti-essence of theatre, when compared to cinema: a two-dimensional presentation. Also, somehow conveniently, the play was performed in a cinema where the stage is higher and further away from the audience then it is usual in theatres. This possibly resulted in the audiences’ detachment from the action on stage. To put it plainly (as my colleague noticed): “When the children are that silent, something is wrong”. On the other hand, Ode to life provoked quite opposite audiences’ reactions. While clownery at old age is considered to be socially inappropriate, because “wisdom” is the opposite of “immature” behavior, it is actually the joy of improvising and directly exhibiting positive emotions that tie children and (older) people who care less about inhibitions. In Ode to life, a message is sent out that children and old people have much in common, and when it comes to love, there are no barricades for those who care to sincerely perform it. Love and joy don’t have age boundaries and what is considered to be “childish” can be the most invigorating emotional action that we can perform towards each other in everyday situations. Such is the story of an old couple that is trying to make each other happy by acting “childish”. The two actors are younger people, who succeed in transcending the discrepancy between an old body and youthful spirit that can give élan to the body as well. Although, as in Red bike, numbing down the audience with playback musical background, seems to be a usual trick for patching up the performance with accustomed entertainment, the actors eventually make up for it in the end by singing and thus finally using the live potential of their voices. Exceptional part of the show is a “mirroring” scene, when the old man performs a puppet show for his wife who watches it with her back turned to the puppets and towards the audience. Such transmission of the gaze ties the play, the performer and the audience in an unusually full circle of interplay. Ode to life is interactive, but to an extent: the actors address the audience with looks and gestures all throughout the show and in a couple of scenes they enter the audiences’ space and physically involve the children as well. This is indeed a plus for the show, as children are an audience that is craving for interaction and their demands should be met more. La bicicletta rossa / Ode alla Vita traduzione di Sergio Lo Gatto La storia della Bicicletta Rossa è una reminescenza teatrale dei grandi lavori del cinema neorealista italiano, come per esempio Ladri di biciclette di Vittorio De Sica. Con un messaggio sociale ben chiaro è uno spettacolo ben accetto da chi creda che il teatro sia un medio importante per narrare l'ingiustizia sociale e che possa spingere avanti i valori umanisti, come ad esempio la morale anti-capitalista contenuta ne La bicicletta rossa. Sfortunatamente, è uno spettacolo che fa il verso al medium cinematografico, disgregando la genuinità del potenziale teatrale. Con una parte dominante di così tanti elementi cinematografici come la narrazione di una voce off registrata, musica in playback o una scena che è “mandata all'indietro” o fatta scorrere in avanti, le energie specifiche del teatro vengono messe in ombra: in particolare gli aspetti fisici della performance e le abilità presentate nell'azione dal vivo. Senza queste la performance resta “piatta” (e infatti non c'è profondità su questo palco saturo di oggetti e trucchi), evidenziando l'anti-essenza del teatro, quando viene messo di fronte a un paragone con il cinema: una presentazione bidimensionale. Inoltre, in qualche modo a bella posta, la pièce è stata messa in scena in un cinema, con il palco rialzato e lontano dal pubblico più di quanto avvenga in teatro. Può darsi che questo abbia creato nel pubblico una sorta di distacco dall'azione sul palco. Per metterla in maniera chiara (come un collega aveva notato): “Quando i bambini sono così silenziosi, c'è qualcosa che non va”. D'altra parte, Ode alla vita ha provocato l'effetto contrario sul pubblico. Mentre la clownerie sulla tarda età è considerata inappropriata, perché “saggezza” è il contrario di un comportamento “immaturo”, è di fatto la gioia dell'improvvisazione e E di esibire direttamente emozioni positive che coinvolge gli spettatori bambini (e non) che non sono interessati alle inibizioni. In Ode alla vita, viene lanciato un messaggio secondo cui bambini e adulti hanno molto in comune, e quando si arriva all'amore, non ci sono barricate per chi è disposto a “performarlo”. Amore e gioia non hanno limiti di età e ciò che è considerato “infantile” può essere l'azione emotiva più rigenerante di tutte nelle situazioni della vita quotidiana. Accade questo con la storia di una vecchia coppia che sta cercando di rendersi a vicenda felice comportandosi in modo infantile. I due attori sono giovani che riescono a trascendere la discrepanza tra un corpo vecchio e uno spirito giovanile per restituire slancio proprio al corpo. Anche se, come ne La bicicletta rossa, far sorbire al pubblico musica in playback una musica, sembra essere una pratica usuale per far collimare la performance con una qualche forma di intrattenimento, gli attori riescono a motivarla cantando e dunque finendo per usare le vere potenzialità della propria voce. Una parte eccezionale dello spettacolo è la scena dello specchio, con il vecchio che anima uno spettacolo di burattini per la moglie che lo guarda dando le spalle ai pupazzi e faccia a faccia con il pubblico. Questa trasmissione dello sguardo riunisce la perfomance, il performer e il pubblico in un inedito circolo completo di partecipazione. Ode alla vita è interattivo, ma con dei limiti: gli attori si rivolgono al pubblico con sguardi e gesti per tutta la durata dello spettacolo e in un paio di scene invadono lo spazio dello spettatore e coinvolgono fisicamente i bambini. Questo è un punto a favore dello spettacolo, dal momento che i bambini amano essere coinvolti e questa opportunità non sempre è sfruttata nel modo giusto.