Plurimo o maggiorato Gli effetti per le società se il voto pesa di più ^^^m II tema delle azioni a Il voto plurimo e maggiorato - al centro di un recente convegno giuridico dell'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili - potrebbe sembrare molto astratto oltre che astruso, in realtà può avere delle importanti ripercussioni nella vita delle nostre aziende. Questo dicono Alessandro Morini, professore associato di Diritto commerciale all'Università di Bergamo, e Paolo Divizia, notaio a Bergamo specializzato in Diritto societario. «Con il decreto "competitività 2014" - spiega Divizia - è definitivamente venuto meno lo storico principio "una azione, un voto". In particolare oggi, nell'ambito delle Spa non quotate, lo statuto sociale può prevedere la creazione di una categoria speciale di azioni che possono esprimere un voto plurimo, fino ad un massimo di tre voti». Finora «non risultano ancora casi di Spa bergamasche che abbiano scelto di adottare questo strumento». Ma potrebbe accadere presto, visto la «portata dirompente» dell'istituto. «Una delle finalità peculiari del voto plurimo - continua il notaio Divizia - è quella di abbassare laquota di capitale chesideve possedere per poter comandare nell'assemblea. È dunque ormai tramontato il concetto per cui si debbapossedere la metà più una azione del capitale sociale complessivo. Oggi con percentuali più basse del capitale sociale si può avere il governo dell'assemblea ordinaria, attraverso la quale si nominal'organo amministrativo». Ma quali i vantaggi pratici? «Oggi l'im- prenditore si trova spesso dinanzi ad un dilemma. Come aprire la propria società, di regola a fondazione e gestione familiare, a nuove forme di investimento da parte di esterni, senza però lasciare "la barra del timone" della società? Il voto plurimo può essere la soluzione. Attraverso un attento percorso di ristrutturazione della veste societaria, la famiglia fondatrice della società può conservare proprio attraverso il possesso di azioni con voto plurimo - il governo dell'assemblea e la gestione della società e, allo stesso tempo, dismettere a terzi ampie fette del capitale sociale, con ciò creando nuovi flussi di cassa. I nuovi soci, cioè, generano nuova ricchezza ma non scalfiscono l'impronta originaria dell'impresa». Conferma il professor Morini: «Oggi con il ricorso alle azioni a voto plurimo (1 azione, 3 voti) ed una sapiente combinazione con altri istituti giuridici - come le ben note azioni privilegiate nell'utile ma prive del diritto di voto - ad un azionista è sufficiente possedere il 12,5% più una azione per governare la società e scegliere così la composizione dell'organo amministrativo». Ma perché il nuovo socio dovrebbe accettare di avere azioni normali e non plurime, diversamente dai soci di maggioranza? «I soci che cercano forme di investimento in equity in Italia risponde Morini - sono ben consapevoli di queste nuove regole. L'investitore, tuttavia, non è spaventato da ciò in quanto spesso ha fiducia nel management esistente ed è interessato solo alla remunerazione del proprio investimento, investii cioè al dividendo ed, inoltre, trattandosi di investitori professionali può utilizzare varie forme di mitigazione del rischio relativo alla concessione delle azioni a voto plurimo ad altri soci». Possibile ribaltamento Ma se la società va male e il dividendo non arriva? «Le azioni a voto plurimo possono essere congegnate anche in modo tale che, a fronte di un andamento negativo della società, al verificarsi di precise condizioni, il peso nella gestione della società da parte dell'investitore cresca, in particolare nellascelta degli amministratori». Di fatto avviene un ribaltamento e il socio di minoranza diventa di maggioranza e gestisce la società. Ma perché questo istituto arriva così tardi in Italia? «In effetti sia nei Paesi anglosassoni sia in Francia già da tempo questi strumenti sono impiegati largamente, soprattutto da società quotate, allo scopo di garantire ad azionisti stabili la possibilità di impostare strategie di medio-lungo periodo che.L'intervento legislativo, anche se giunge con ritardo rispetto ad esperienze straniere, è indubbiamente sensato e utile se non altro ad allineare gli strumenti italiani a quelli già conosciuti in Paesi vicini a noi». Premi agli azionisti fedeli La legge dice anche che nelle società per azioni quotate si introducono delle azioni con voto maggiorato quando si vuole premiare la fedeltà dell'azionista, le cosiddette "loyalty shares": cioè valgono di più le azioni detenute da più di 24 mesi. Il coefficiente di maggiorazione in questo caso è solo per due e non per tre come per le società chiuse. Potrebbe essere un modello per Ubi per premiare, ad esempio, gli azionisti più fedeli? «Le "loyalty shares" previste dal Testo unico del- Paolo Divizia la finanza per le società quotate possono costituire un utile strumento per garantire un azionariato stabile nel tempo e fedele alla società nonché ad evitare scalate "ostili" come, peraltro, ha già fatto il Gruppo Fiat in occasione della fusione con Chrysler». Alessandro Morini