Criteri istologici nella diagnosi differenziale della recidiva HCV RIASSUNTO L’epatite da virus C (HCV) è una frequente patologia del fegato trapiantato e che può causare la precoce perdita dell’organo. La sua diagnosi precoce, che si avvale dell’esame istologico, indirizza verso una terapia antivirale che può rallentare l’evoluzione della malattia. La diagnosi differenziale con il rigetto acuto (AR) può essere difficile nelle prime settimane post-trapianto, sia per la somiglianza delle alterazioni istologiche, sia per la possibilità della presenza contemporanea di entrambe le patologie. In caso d’infezione HCV, la somministrazione di steroidi ed un aumento dei livelli d’immunosoppressione, eventualmente dovuti ad una diagnosi istologica errata di AR o, se entrambe le patologie sussistono, ad una sovrastima della gravità del danno da AR, favoriscono la proliferazione virale, l’attività dell’epatite e, talora, l’insorgenza di una variante colestatica fibrosante a rapida evoluzione. È importante, perciò, che il patologo sia adeguatamente preparato ed attento a cogliere gli elementi morfologici anche lievi a favore della recidiva di HCV e che l’AR, nei pazienti trapiantati per cirrosi HCV o comunque infetti, venga trattato solamente nel caso di maggiore gravità. Nel presente capitolo vengono descritti i criteri attualmente accettati per la diagnosi istologica di recidiva HCV e per la sua diagnosi differenziale con l’AR e con altre epatopatie post-trapianto. Parole chiave Trapianto di fegato; HCV, epatite recidiva, rigetto acuto, biopsia epatica. The histolological diagnosis of recurrent HCV disease of the liver allograft SUMMARY Recurrence of HCV hepatitis post-transplantation is almost universal and may result in graft loss. Early diagnosis usually requires liver biopsy and allows for timely initiation of antiviral therapy in order to delay the course of the disease. The differential diagnosis vs. acute rejection (AR) can be challenging, namely during the first weeks posttransplantation. This is due to similar histologic features between HCV recurrent hepatitis and AR and to potential coexistence of both conditions. Inaccurate diagnosis of AR, or overestimation of the severity of AR in the presence of recurrent HCV disease, can result in use of steroids and increase of immunosuppression, putting the graft at risk by enhancing viral proliferation, with the result of fibrosing cholestatic hepatitis and early liver graft loss. Hence, the importance of prompt recognition of HCV recurrence and treatment of concurrent AR only when severe in grade should always be emphasized. The present paper reviews the current histological criteria for use in the differential diagnosis of recurrent HCV hepatitis vs. other causes of liver allograft dysfunction, with special focus to AR. Key words Liver transplantation, HCV, recurrent hepatitis, acute rejection, liver biopsy. 28 1/2007 Alberto Bagni Antonia D'Errico Walter F. Grigioni Servizio di Anatomia e Istologia Patologica, Istituto "Felice Addarii", Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna Criteri istologici nella diagnosi differenziale della recidiva HCV l A. Bagni et al. Trapianti 2007; XI: 28-37 Introduzione La cirrosi correlata al virus dell’epatite C (HCV) rappresenta l’indicazione più comune al trapianto di fegato (liver transplantation, LT), e circa un terzo dei trapianti in Nord America ed Europa è destinato a pazienti con epatopatia dovuta a quest’eziologia. In quasi tutti i riceventi si sviluppa una significativa viremia HCV entro un mese dal trapianto1-3. Di conseguenza, la recidiva d’epatite C è un evento molto frequente, che si realizza nel 50% dei casi a 2 anni dal trapianto46 e sino all’80% a 3 anni2. In tali pazienti, sottoposti ad un regime immunosoppressivo, l’induzione della fibrosi appare più elevata e di concerto l’insorgenza della malattia cirrotica e dell’insufficienza del graft. Infatti, il 10-20% circa dei pazienti trapiantati per cirrosi HCV tende a ripresentare la malattia nei primi 5 anni5,7. Nella popolazione generale, invece, solo il 20% è in stadio cirrotico dopo due decadi dall’esordio dell’epatite8. Nonostante questo, secondo alcuni studi7,9,10, l’insufficienza dell’organo e la mortalità del paziente non sono significativamente superiori a quelli dei trapianti per altre eziologie, anche se alcuni Autori11 hanno rilevato che riceventi con pregressa infezione HCV presentano un rischio relativo di mortalità o di perdita dell’organo rispettivamente pari a 1,23 ed 1,30 rispetto alla popolazione generale. Secondo studi epidemiologici12, anche se l’incidenza d’infezione HCV è in calo nei Paesi occidentali, la prevalenza rimane molto elevata ed è destinata ad avere un picco nel 2010, con verosimile aumento della quota percentuale di trapiantati HCV. Per questi motivi la recidiva HCV rimarrà, quindi, per molto tempo una delle patologie più frequenti dei pazienti sottoposti a LT. La recidiva istologica d’epatite C, in un’elevata percentuale (40÷60%) è un evento precoce che si manifesta nel corso del primo anno dal trapianto13,14 con evoluzione in cirrosi nel giro di 4÷5 anni. In considerazione dell’assoluta aspecificità dei dati clinico-laboratoristici di recidiva d’epatite HCV, l’unico mezzo idoneo alla certezza diagnostica è rappresentato dalla biopsia epatica. La diagnosi istologica, in alcuni casi, può presentare notevoli difficoltà interpretative correlate alla complessità clinica del paziente sottoposto a LT nel quale, sia il trattamento immunosoppressivo, sia la presenza di rigetto o di alterazioni correlate ad altri fattori, possono creare problemi di diagnosi differenziale. È sicuramente importante, perciò, che il patologo abbia un consolidato rapporto dialettico con i colleghi chirurghi, anestesisti e laboratoristi ed abbia chiari quali sono i criteri per una corretta diagnosi differenziale tra recidiva d’epatite HCV e le altre condizioni che possono indurre un aumento delle transaminasi nel trapiantato, come rigetto acuto (acute rejection, AR), ostruzione biliare, alterazioni ischemiche, reazioni a farmaci, oppure altre infezioni virali. La correttezza diagnostica è fondamentale per la successiva impostazione di un adeguato protocollo terapeutico. Un altro problema rilevante è rappresentato dalla precocità d’insorgenza della recidiva d’epatite HCV, che in alcuni pazienti si manifesta 29 Criteri istologici nella diagnosi differenziale della recidiva HCV già nelle prime settimane dal LT, quando generalmente sono più frequenti altri tipi di patologie, in particolare AR e danni da ischemia/riperfusione. l Quadri morfologici di recidiva di epatite HCV La recidiva d’epatite HCV appare inizialmente come un quadro d’epatite acuta. Nelle fasi iniziali la flogosi può essere minima con presenza prevalente di necrosi epatocitaria di diversa severità. La flogosi, soprattutto a breve distanza dal LT, è minore rispetto ai quadri d’epatite acuta HCV nella popolazione generale, probabilmente in relazione alla terapia immunosoppressiva. Successivamente la flogosi tende ad aumentare e ad avere caratteristiche simili a quelle usuali dell’epatite C, fino a quadri caratterizzati da una flogosi densa in aggregazione simil-follicolare. Alterazioni iniziali: epatite lobulare Il quadro è quello di un’epatite acuta, cioè di un’epatite lobulare. In genere si osserva nelle 3÷6 settimane dal LT, ma talvolta anche dopo 2 sole settimane. Le alterazioni sono rappresentate da disarrangiamento delle lamine epatocitarie, steatosi peri-portale ed in zona 2 dell’acino, per lo più a piccole gocce, corpi acidofili o Councilmanlike, singoli ma anche in piccoli gruppi, ipertrofia delle cellule di Küpffer e variabile presenza di linfociti intrasinusoidali. L’infiltrato portale è variabile, talora molto lieve. I dotti biliari possono presentare infiltrati linfocitari intraepiteliali, che sono in genere focali e di lieve entità. Secondo alcuni Autori15 l’epatite lobulare si associa a significativo aumento dei livelli sierici di HCV-RNA, mentre altri16 non osservano correlazione tra viremia e danno epatocitario. È verosimile che, nelle prime fasi della reinfezione, la necrosi epatocitaria sia dovuta ad un effetto citopatico diretto del virus. Per questo motivo il quadro istologico può ricordare altri tipi di epatiti virali, come quelle da virus erpetici o da CMV. Le alterazioni osservate in questa fase non sono molto specifiche, per cui l’eziologia HCV non può essere diagnosticata sul piano puramente morfologico, talora non potendosi escludere nemmeno un danno da farmaci. Alterazioni successive: epatite cronica L’aspetto istologico della recidiva d’epatite HCV cronica, a grandi linee, non differisce dal quadro nei pazienti non trapiantati. Dopo circa 4 mesi dalla fase acuta le alterazioni principali sono costituite da flogosi portale linfocitaria, densa, talora in aggregazione follicolare con centri germinativi, e attività necrotico-infiammatoria all’interfaccia (piecemeal necrosis), cui si associano alterazioni infiammatorie parenchimali con quote variabili di corpi acidofili (necrosi coa- 30 A. Bagni et al. Trapianti 2007; XI: 28-37 Criteri istologici nella diagnosi differenziale della recidiva HCV gulativa) e necrosi a spruzzo, cioè piccoli aggregati di elementi infiammatori che prendono il posto di alcuni elementi epatocitari in necrosi litica. Nell’infiltrato infiammatorio portale si può osservare qualche granulocita eosinofilo, solitamente in minor numero che nell’AR. Anche in questa fase si possono osservare alterazioni dei dotti biliari, che sono focali, di lieve entità e senza duttopenia. Questo tipo di alterazioni duttali vennero descritte da Christoffersen già nel 197217 in pazienti portatori d’epatite non A-non B, condizione clinica che contemplava un altissimo numero di epatiti HCV come confermato dopo l’identificazione del virus C. Occasionalmente si può osservare qualche isolato aspetto di flogosi subendoteliale (endotelialite), ma di grado lieve e mai diffuso come si osserva nell’AR. Non sono rari i casi di recidiva d’epatite HCV con infiltrato infiammatorio portale con rilevante componente plasmacellulare in pazienti con sindrome “overlapping” con epatopatia autoimmune “de novo” (figura 1). A. Bagni et al. Trapianti 2007; XI: 28-37 a b Epatite fibrosante colestatica HCV Benché non comune, esiste un tipo di recidiva d’epatite C rapidamente progressiva con marcati aspetti di colestasi. In precedenza una forma analoga d’epatite a rapida evoluzione, denominata “epatite fibrosante colestatica” (fibrosing cholestatic hepatitis, FCH) era stata descritta come una variante di recidiva d’epatite da virus B (hepatits B virus, HBV)18 caratterizzata istologicamente da degenerazione “a palloncino” (ballooning) degli epatociti con progressiva fibrosi periportale, collasso del lobulo e marcati aspetti di colestasi. Quadri simili, per caratteristiche cliniche ed istologiche, furono poi descritti da Lim19 e da Schluger20 come una variante di recidiva d’epatite C che, secondo alcune osservazioni, sembra essere associata ad alti livelli di HCV-RNA nel fegato nativo21,22. La recidiva colestatica di HCV è associata ad elevati livelli di bilirubina, fosfatasi alcalina e ÁGT ed evolve nel giro di settimane o mesi in insufficienza epatica con encefalopatia e/o cirrosi. Analogamente alla forma ad eziologia B è caratterizzata da ballooning epatocitario centrolobulare, bilirubinostasi ed a moderata necrosi con corpi acidofili. Si osserva, inoltre, espansione portale per fibrosi associata a marcata neoduttulogenesi con colangiolite e flogosi mista con rilevante componente granulocitaria. Il quadro può simulare una colangiopatia ostruttiva o un quadro settico. La diagnosi differenziale con queste ultime patologie può essere fatta solo confrontando la storia clinica e i risultati di esami di laboratorio e strumentali con un attento esame del quadro istologico. Gli elementi clinici che possono indirizzare ad una diagnosi di FCH 31 c Figura 1 (a, b, c). Epatite cronica in trapiantato da 12 anni. 1a: flogosi portale densa nodulare. 1b: piecemeal necrosis. 1c: infiltrato infiammatorio plasmacellulare periportale. La diagnosi dipende in questo caso dal contesto clinico. Il paziente è HCVnegativo, i test sierologici per autoanticorpi sono negativi, non vi è colestasi. Il quadro istologico è compatibile con un’epatite post-trapianto idiopatica. Criteri istologici nella diagnosi differenziale della recidiva HCV sono la presenza d’alta replicazione virale con PCR quantitativa, ripetuti ed intensi trattamenti immunosoppressivi, ittero a rapida insorgenza senza evidenza istologica di rigetto, ostruzione delle vie biliari, infezione o sepsi. Dal punto di vista istologico, nella FCH, diversamente che nell’ostruzione biliare, non vi è edema portale e flogosi nel vero dotto biliare portale (colangite), ma solo nei neoduttuli (colangiolite). D’altra parte la presenza del disarrangiamento e dei corpi acidofili sono presenti nella FCH, ma non sono tipici dell’ostruzione biliare. Al contrario della tipica epatite HCV, in cui c’è un evidente infiltrato flogistico cronico (con necrosi a spruzzo e piecemeal necrosis), nella FCH il danno tissutale si manifesta apparentemente senza una rilevante risposta infiammatoria e verosimilmente non è immuno-mediato. La presenza di alti livelli di HCV-RNA 21,22 farebbe pensare, piuttosto, ad un danno diretto virale (citopatico) che si realizza in un soggetto immunodepresso che non è in grado perciò di contrastare la replicazione23. Diagnosi differenziale L’AR, o rigetto cellulare, rappresenta la diagnosi differenziale principale nei casi di trapiantati per cirrosi HCV. Questa diagnosi differenziale è molto rilevante in quanto il trattamento è diametralmente opposto nei due casi (aumento dell’immunosoppressione nell’AR e riduzione dell’immunosoppressione e farmaci antivirali nella recidiva HCV) con conseguenze negative nel caso di trattamento non idoneo. Purtroppo questa diagnosi differenziale può presentare notevoli difficoltà, sia perché le alterazioni istologiche possono essere per molti versi simili, sia perché entrambe le patologie possono coesistere. La recidiva d’epatite HCV in genere si manifesta dopo 3÷7 settimane e raramente dopo 10÷14 giorni dal trapianto. L’AR, invece, ha un esordio più precoce, con una mediana di 8 giorni24 e insorge generalmente entro un mese dal trapianto. I principali elementi per la diagnosi di AR sono: 1. il tipo d’infiltrato flogistico portale, 2) la presenza di flogosi subendoteliale a carico di vene portali o centrali, e 3) l’interessamento dei dotti biliari per presenza d’infiltrato intraepiteliale o per alterazioni degenerative dei biliociti. 1) L’infiltrato portale è tipicamente misto con linfociti talora attivati, granulociti eosinofili e neutrofili. Nella recidiva HCV, invece, l’infiltrato è più omogeneo con maggiore componente di piccoli linfociti e solo rari eosinofili. Inoltre nell’AR non si osserva interessamento flogistico della lamina limitante (flogosi periportale o piecemeal necrosis, che invece è comune nelle epatiti virali. 2) La flogosi subendoteliale (od endotelialite) è un elemento caratteristico del rigetto acuto, pur non essendo assolutamente patognomonico ed occasionalmente si può osservare in epatopatie (virali o non), anche in pazienti non trapiantati. Si tratta di un infiltrato linfocitario che si localizza al di sotto all’endotelio delle vene portali 32 A. Bagni et al. Trapianti 2007; XI: 28-37 Criteri istologici nella diagnosi differenziale della recidiva HCV e centrolobulari; gli endoteli appaiono rigonfi, danneggiati e mostrano spesso elementi leucocitari adesi sul versante luminale. 3) Nei dotti si osservano cellule infiammatorie che penetrano la membrana basale ed i biliociti mostrano vacuolizzazione del citoplasma con lieve pleomorfismo nucleare. Anche quest’elemento non è patognomonico e danni duttali simili, anche se di grado più lieve e non così diffusi, sono stati descritti anche in corso d’epatite C17, come ricordato sopra. La presenza contemporanea di almeno 2 dei 3 elementi può essere sufficiente per la diagnosi di AR, in un contesto clinico coerente (aumento degli indici di colestasi e delle transaminasi, ecc.). Una volta posta la diagnosi di AR, per stabilire la severità del quadro è applicato lo schema di Banff25 che può essere lieve, moderato, grave oppure indeterminato per AR. Quest’ultima categoria si applica quando l’infiltrato portale, che per “qualità” si direbbe da rigetto, non raggiunge la “quantità” minima per la diagnosi di rigetto lieve. Una chiara raccomandazione in un documento di consenso sullo schema di Banff25 è quella di non usare la categoria indeterminato per RA nel caso si sia incerti tra RA e recidiva HCV. Di fatto in alcuni casi la diagnosi differenziale tra AR e recidiva HCV è impossibile, per la mancanza di criteri istologici sufficienti a definirla con sicurezza. In linea generale, nell’incertezza, è bene non escludere del tutto la possibilità di una recidiva HCV se le alterazioni a favore dell’AR non sono chiare, lasciando al clinico la decisione sul trattamento da effettuarsi, in conformità ad altri elementi clinici o di laboratorio a lui accessibili, come per esempio la quantità di copie di HCV-RNA ed il livello ematico d’immunosoppressione. Poiché la fase iniziale (lobulare, acuta) di recidiva d’epatite HCV è morfologicamente differente da quella in fase cronicizzata, l’approccio alla diagnosi differenziale è diverso nei due casi. Nella fase iniziale di recidiva HCV, come già detto, prevalgono le alterazioni lobulari e la flogosi portale non sempre è rilevante ma, se presente, può avere l’intensità osservata nell’AR. In questo caso si deve considerare che nell’AR l’attività necro-infiammatoria è trascurabile e, quando presente, è localizzata in prossimità della vena centro-lobulare. Al contrario, nella recidiva HCV la necrosi è focale e diffusa in tutto il lobulo, senza una zona prevalente e sono presenti numerosi corpi acidofili e di Councilman. Talvolta nella recidiva HCV si rendono evidenti aspetti d’aggressione della lamina limitante. Nell’AR, inoltre, le alterazioni infiammatorie duttali sono diffuse e non isolate come nella recidiva HCV, e la presenza di eosinofili nello spazio portale è più spesso manifesta. Nella fase cronicizzata di recidiva HCV la diagnosi differenziale con l’AR non pone particolari difficoltà. Talvolta possono presentarsi quadri morfologici indicativi di AR che s’inseriscono in una situazione d’epatite cronica. In questi casi la scelta terapeutica è strettamente correlata alla storia precedente del paziente (precocità di manifestazione della recidiva HCV, numero di rigetti acuti trattati, ecc…). 33 A. Bagni et al. Trapianti 2007; XI: 28-37 Criteri istologici nella diagnosi differenziale della recidiva HCV l A. Bagni et al. Trapianti 2007; XI: 28-37 Recidiva precoce di HCV Da quanto detto il maggior problema di diagnosi differenziale è proprio rappresentato tra la fase iniziale di recidiva HCV e l’AR lieve. In questi casi sia la clinica, sia gli esami ematochimici non sempre forniscono un aiuto per l’inquadramento del processo patologico. È preferibile in questi casi, per il patologo, limitarsi ad una diagnosi descrittiva che manifesti il dubbio diagnostico, procrastinando quindi scelte terapeutiche mirate. A tale riguardo il problema appare condiviso a livello internazionale. In un recente lavoro26 sono state revisionate 179 biopsie di 48 pazienti sottoposti a LT per cirrosi HCV e, sulla base dell’evoluzione clinica, sono state riscontrate 3 diagnosi errate consistenti nella sopravvalutazione del danno da AR. È interessante il fatto che nella maggior parte dei casi gli errori diagnostici riportati in letteratura risultano essere recidive HCV sottostimate rispetto alla presenza di segni di AR27-29. Le biopsie che nell’articolo di Demetris et al.26 hanno presentato maggiori problemi interpretativi erano tra quelle con alterazioni prevalenti da recidiva HCV. In particolare, alcune presentavano danni dei dotti biliari o flogosi perivenulare maggiore di quanto di solito si osserva nell’epatite HCV. Comunque le alterazioni erano a carico di ≤50% dei dotti biliari o delle vene centrolobulari. In questi casi, secondo gli autori, l’AR dovrebbe essere considerato lieve ed in ogni modo come diagnosi di secondo piano rispetto alla recidiva HCV. Questi pazienti non dovrebbero essere, perciò, sottoposti ad ulteriore immunosoppressione. Invece dovrebbero essere seguiti nel tempo ed eventualmente sottoposti a nuovo controllo istologico, nel caso i valori di transaminasi e di colestasi continuassero ad aumentare. Un aumento dell’immunosoppressione dovrebbe essere riservato ai casi in cui l’AR è giudicato la diagnosi principale, vale a dire nel caso in cui i danni duttali e le alterazioni necrotico-infiammatorie pericentrali siano chiaramente a carico della maggior parte dei dotti biliari e delle vene centrolobulari, rispettivamente. In queste biopsie l’AR è classificato come moderato o severo secondo lo schema di Banff25 e sono associate a livelli più elevati di transaminasi e colestasi26,30. Quest’atteggiamento terapeutico “tollerante” nei casi di AR di grado lieve è consentito dal fatto che il fegato trapiantato “perdona” più di altri organi, mostrando di tollerare meglio i danni da rigetto senza sviluppare eccessiva fibrosi30. Al contrario, un aumento dell’immunosoppressione può significativamente peggiorare il decorso dell’epatite od addirittura scatenare una FCH. Oltre al rigetto acuto altre epatopatie associate a rilevante flogosi portale entrano in diagnosi differenziale con la recidiva HCV, come l’epatite HBV, la cirrosi biliare primitiva (primary biliary cirrhosis, PBC), la colangite sclerosante primitiva (primary sclerosing cholangitis, PSC), l’epatite autoimmune (autoimmune hepatits, AIH) de novo, l’epatite post-trapianto idiopatica, l’infezione CMV, le epatiti da farmaci, le colangiopatie ostruttive ed altre epatiti infettive ad eziologia insolita 34 Criteri istologici nella diagnosi differenziale della recidiva HCV (virus erpetici, adenovirus, ecc…). La diagnosi delle epatopatie sopra ricordate può avvalersi degli stessi criteri validi anche per la popolazione generale che, come sempre, contemplano criteri morfologici, la storia clinica, esami strumentali e di laboratorio. La diagnosi differenziale tra AIH de novo e recidiva HCV è principalmente basata su dati clinici (epatite pre-trapianto autoimmune o HCV con aspetti autoimmunitari) e di laboratorio (presenza di autoanticorpi ANA, ASMA) piuttosto che sulla biopsia (figura 1). Infatti, non ci sono aspetti istopatologici specifici per differenziare AIH e recidiva HCV, benché nell’AIH si osservi un maggiore infiltrato plasmacellulare, meno steatosi e noduli linfoidi portali. Molto simile è l’approccio per la diagnosi differenziale con l’epatite post-trapianto idiopatica, trattandosi in questo caso di una diagnosi “per esclusione”31,32. La diagnosi differenziale tra recidiva di PBC e HCV è difficile in alcuni casi, perché nei trapiantati con HCV si osservano talvolta granulomi33 ed alcuni trapiantati per PBC possono essere stati infettati con HCV. Aspetti istologici che possono essere d’aiuto sono: l la tipica tendenza della fibrosi della PBC a conferire una architettura “a tessere di puzzle” del parenchima epatico, che non si osserva nella recidiva HCV; l la presenza di marcata neoduttulogenesi con colangiolite non suppurativa; l la duttopenia; l la presenza di colatostasi evidenziata da granuli di rame lisosomiale negli epatociti periportali. Alterazioni parenchimali secondarie ad ostruzione o stenosi di grossi dotti biliari non sono difficili da differenziare dall’epatite cronica HCV, anche se talvolta si osserva un infiltrato infiammatorio portale e periportale che può assomigliare a quello di un’epatite cronica. 35 A. Bagni et al. Trapianti 2007; XI: 28-37 Criteri istologici nella diagnosi differenziale della recidiva HCV A. Bagni et al. Trapianti 2007; XI: 28-37 1. Arnold JC, Kraus T, Otto G, et al. Recurrent hepatitis C virus infection after liver transplantation. Transplant Proc. 1992; 24: 2646-7. 14. 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