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LA VOCE DEL POPOLO
23 febbraio 2012
San Vincenzo
La giustizia sociale nel dna della Conferenza
La ricerca della giustizia sociale
rientra a pieno titolo tra i tanti
compiti della San Vincenzo.
Il beato Federico Ozanam,
conscio che ai problemi politici
dell’epoca si sarebbero presto
sovrapposti quelli sociali e per
questo non esitò a prendersi cura
degli operai e del proletariato
urbano, diceva: “È troppo poco
consolare l’indigente che soffre
giorno dopo giorno. Bisogna
mettere mano alla radice del
male e, tramite sagge riforme,
ridurre le cause della miseria
pubblica.”
Basterebbe fare memoria di
questa importante affermazione
per capire che l’impegno sociopolitico per una maggiore
giustizia sociale e per la
rimozione delle cause della
povertà è parte integrante
del carisma e della vocazione
vincenziana.
È vero che la Conferenza non
nacque per affrontare in modo
specifico la questione sociale,
ma la presa di coscienza della
grande dimensione della povertà,
unita al pericolo di drammatici
conflitti sociali, l’ha condotta ad
assumere l’impegno sociale come
dimensione importante della sua
missione.
La Conferenza è così una
formidabile scuola di
apprendistato di ciò che è la
miseria e svolge un’insostituibile
funzione sociale verso gli
assistiti, che trovano nei
confratelli delle persone che
si pongono al loro fianco per
aiutarli nelle necessità più
urgenti, ma anche per farli
crescere in umanità e far
prendere coscienza della loro
dignità e dei loro diritti.
Analoga funzione sociale la San
Vincenzo la svolge anche nei
confronti degli stessi confratelli
che, messi costantemente a
contatto con la miseria, si
fanno portatori delle esigenze
dei poveri e promotori di una
maggiore giustizia sociale.
SOCIETÀ DI SAN VINCENZO DE PAOLI
Il ricordo di Giorgio La Pira
Giorgio La Pira (1904-1977, nella
foto)) è stato uno dei grandi
protagonisti della vita politica e
intellettuale italiana del secondo
dopoguerra. Deputato alla
Costituente e della prima legislatura
repubblicana, per molti anni sindaco
della città di Firenze, fu impegnato
in un’attività pubblica intensa su
numerosi fronti: politico, sociale,
sindacale, culturale, editoriale,
religioso. Cattolico impegnato,
dopo essere uscito dalla vita politica
attiva nel 1965, dedicò gli ultimi
anni della sua vita alla diplomazia
di pace e alla contemplazione.
Curiosamente nella enciclopedia
più famosa presente su internet non
c’è nemmeno un accenno al fatto
che tra le molte “anime” di La Pira,
quella vincenziana è indubbiamente
una delle più vive e feconde. Della
Società di San Vincenzo De Paoli in
Italia fu, fino all’ultimo dei suoi giorni,
un faro e una bussola. Negli oltre
50 anni di appartenenza produsse
numerosi scritti, molti pubblicati su “Il
Samaritano” (oggi “La San Vincenzo
in Italia”), organo ufficiale della San
Vincenzo italiana dal 1950 al 1977.
Dai suoi testi emerge in pieno la sua
vocazione vincenziana; il ritratto di un
collaudato comunicatore, saldo nella
dottrina, ancorato alla tradizione,
che vuole offrire ai confratelli e a tutti
una formazione solida che permetta
di raggiungere l’obiettivo principale
per ogni cristiano: la propria santità.
Di lui si dice: “Egli visitava i poveri,
giocava con i bambini, distribuiva
denaro, indumenti, cibo e farmaci
e così ritornava alle baracche nelle
quali era vissuto nei primi anni del
suo soggiorno messinese. Ma non
si trattava più delle linde costruzioni
che erano titolo di compiacimento
di chi le aveva ideate e realizzate,
ma erano diventate peggio di canili.
Portava insieme con l’aiuto sensibile
del denaro, degli indumenti, di cibo
e i farmaci, il conforto di quella sua
parola che sapeva subito trovare
prodigiosamente la via del cuore.”
Dalla prossima pagina della San
Vincenzo pubblicheremo alcune
parti scelte da suoi testi contenuti
nel volume “Scritti vincenziani”
edito da Città Nuova, per ricordare la
gramdezza di un personaggio a cui
tutti dobbiamo molto.
Welfare Un dibattito sempre più acceso
Quale idea di Stato sociale?
DI BEPPE MILANESI
S
embra si sia tutti d’accordo sul fatto che l’attuale
welfare vada riformato.
Si leggono già proclami e
scadenze da parte dei vertici della nostra politica, ma il dubbio che dietro quella parola anglosassone si nascondano molte idee
diverse di Stato sociale resta forte.
A ben vedere la traduzione letterale
(welfare state equivale a stato di benessere) dovrebbe aiutare nella realizzazione di un nuovo stato sociale che, per definizione, si fonda sul
principio di uguaglianza sostanziale,
da cui deriva la finalità di ridurre le
disuguaglianze sociali. Se si potessero misurare oggi lo stato di uguaglianza e di benessere intorno a noi
sono certo, per ciò che si vede dal
punto di vista della San Vincenzo,
che i risultati sarebbero da brivido.
I numeri sono freddi, ma dietro a
essi ci stanno persone reali, in carne ed ossa, e se li analizziamo con
attenzione, senza faziosità, non pos-
VOLONTARI DELLA SAN VINCENZO
Nonostante molte
affermazioni di
principio l’uguaglianza
sostanziale fra le
persone è un traguardo
ancora lontano
siamo che constatare il fallimento di
un sistema politico ed economico,
ormai incapace di occuparsi dei più
deboli, che una certa mentalità dilagante vede solo come una zavorra della società. Gli Enti locali boccheggiano, alle prese con conti che
non tornano, e se non hanno nemmeno un cantante che allunga loro
qualche soldo del suo cachet, devono rivolgersi alle associazioni benefiche, chiamate a coorte per cercare di salvare il salvabile. Si riaprono
allora i dizionari, ma dietro parole
come sinergia, sussidiarietà, azione concertata, sta essenzialmente
il fatto che il pubblico, da solo, non
ce la può fare, bisogna rassegnarsi.
In un momento storico di vertiginoso aumento dei bisogni la crisi (e infelici scelte strategiche, anche non
recenti) ha diminuito drasticamente
le risorse. Si riaprono anche i libri di
matematica, per cercare una formula scientifica che giustifichi logiche
distributive che possono solo dare
una parvenza di equità, ma non possono certo moltiplicare i pani e i pesci. Il rischio che aumentino tensioni e conflitti sociali è tutt’altro che
remoto. Un grande architetto viennese del secolo scorso diceva che
“Lo spirito moderno è uno spirito
sociale”. Oggi più che mai, in vista
dell’interesse generale, ognuno deve
fare la sua parte. La San Vincenzo è
pronta, non solo con le sue risorse
umane e materiali, ma anche con
le proprie idee, istanze e proposte.
In questi giorni si è sentito molto
parlare di “politica di Dio” e di “politica degli uomini”. Esiste forse un
distinguo per chi vede intorno a sè
dei fratelli e non solo altri componenti del genere umano?
Credo che un passaggio del memorabile discorso che il vincenziano Giorgio La Pira fece nel 1954 al
consiglio comunale di Firenze possa
chiarire più di ogni altra cosa quali
debbano essere le priorità:
“Signori consiglieri... io ve lo dichiaro con fermezza fraterna ma decisa:
voi avete nei miei confronti un solo
diritto: quello di negarmi la fiducia!
Ma non avete il diritto di dirmi: signor sindaco, non si interessi delle
creature senza lavoro, senza casa,
senza assistenza (vecchi, malati,
bambini). È il mio dovere fondamentale questo: dovere che non ammette discriminazioni e che mi deriva prima che dalla mia posizione di
capo della città - e quindi capo della
unica e solidale famiglia cittadina -,
dalla mia coscienza di cristiano: c’è
qui in gioco la sostanza stessa della
Grazia e dell’Evangelo!”.