FAI: LEZIONE TEORICA PER APPRENDISTI CICERONI “Il FAI valorizza la cultura del bello”. INTERVENTO DI MARCELLO CARTOCETI (archeologo, si occupa di preservare il patrimonio storico/artistico) Breve introduzione- Nel 2009-2010 viene incaricato di occuparsi del rilievo archeologico dell'intero complesso di palazzo Ghetti. In questi anni svolge indagini nel cosiddetto “cortile grande” e in quello “secondario”. A guidare le indagini è la Sovrintendenza per i beni archeologici dell'Emilia-Romagna” Il committente era Banca Malatestiana. Le indagini stratigrafiche porteranno poi alla creazione di un piccolo museo che si trova appena entrati nel palazzo sulla destra. Contestualizzazione storica dei reperti- Ci troviamo nel Borgo S. Giovanni. 268 a. C. Venne fondata Rimini, prima città romana nel nord Italia, costruita su qualcosa di preesistente. Lo sappiamo perché abbiamo individuato sulla costa capanne risalenti al V°VI° secolo a. C. Rimini è una “città d'acqua”, segnata dal mare, dal corso dell'Ausa e del Marecchia (ex Ariminus). Definiamo Rimini anche “caput viarum” ricordando la via Flaminia (220 a. C.), l'Aretina (odierna Marecchiese), l'Emilia e la Popilia. Le strade consolari erano come le nostre autostrade, a Rimini confluiva tantissima gente e queste strade erano le principali vie di comunicazione. Tutto il complesso funzionava anche grazie alle infrastrutture e ai ponti (come per esempio quello romano sull'Ausa). Lungo queste vie trovavano luogo i cimiteri. La legge voleva che non si potesse seppellire all'interno delle città. Addossate alle strade c'erano le tombe dei nobili, solitamente a dado (oggi le vediamo nel Lapidarium, annoverate tra le più antiche del nord). La necropoli era lunga diversi kilometri e aveva elementi come pozzi, ceppi miliari (come quello dietro alla Colonnella che è il primo e quello a Miramare che è il terzo). 27 a. C. è costruito l'Arco d'Augusto. Dal 220 a. C. al 27 a. C. al posto dell'Arco c'era una porta a due fòrnici (forse con una controporta). Scavando 10 cm sotto l'Arco si possono ancora vedere mosaici romani perché nel corso della storia il terreno si è alzato. Attorno all'Arco c'erano mura di età repubblicana con pietre autoctone e torri in laterizio che poi vennero distrutte. I merli invece sono medievali. IV-V secolo d. C.A Rimini si ergono le strutture religiose del primo cristianesimo per esempio S. Gaudenzo (dove c'è il Palazzetto), S. Gregorio e S. Stefano. Poi l'area cambia funzione e diventa una necropoli. Lo scavo stratigrafico del 2009- In positivo e in negativo ( ovvero con un sistema di buchi e riempimenti) vengono rimossi livelli di terreno nel cortile grande (area 1) e in quello che si affaccio sulla Circovallazione (area 2). A 1,80/2.00 metri sotto terra è stato trovato un elemento del sistema idrico vale a dire un canale (che si può chiamare anche fosso o “argine sterile”) risalente alla centuriazione avvenuta con la fondazione della città. Il fosso corre infatti parallelo al cardo ovvero via Garibaldi (il decumano era il corso d'Augusto e si incontrava col cardo nel foro ovvero piazza Tre Martiri). Per una serie di necessità agricole il fosso venne riempito con materiali di risulta. Dal V°-IV° secolo a. C. al II secolo d. C. risalgono sessanta cassoni di reperti archeologici tra cui ossa, metalli, parti di fornace, monete del III°-II° secolo a. C., una fibula gallica (in Emilia-Romagna ce ne sono solo due), tredici lucerne a vernice nera (prima ce ne erano solo alcune ad Arezzo che ci facevano supporre una provenienza aretina ma dopo questo ritrovamento si è ipotizzato fossero autoctone), molte ceramiche con scritte etrusche, della Campania o del Lazio e questo ci fa pensare che siano state portate dai colonizzatori. Poi è stata trovata un'arula (altarino) per il culto dei lari. Tra i reperti più importanti ci sono tre tombe del IV°-III°secolo a. C. alla cappuccina (ovvero con tegolone) in laterizio. Altri ritrovamenti sono un pozzo associato alla necropoli (per “innaffiare le sepolture”), delle sepolture medievali del V°-VII° secolo (non perché ci fosse ancora la necropoli ma piuttosto perché le sepolture erano collocate vicino ai luoghi religiosi). Il borgo era un luogo vivo, attivo, con botteghe, osterie e servizi per i viaggiatori infatti sono state trovate strade acciottolate databili dal 1200 al 1400 su cui prospettavano edifici molto semplici con strutture in muratura. Questa è l'unica strada ritrovata a nord della Flaminia. Le fosse di fondazione delle case addossate ad essa vennero spogliate per riutilizzarne i materiali. Sono state poi trovate monete medievali di diverse città e resti di una latrina in seguito riempita con ceramiche dopo essere stata dismessa. Nel 1200 venne costruita una palizzata difensiva lignea che venne ricostruita in muratura. Lo sappiamo grazie al cosiddetto “catasto Calindri” ovvero parte della cinta muraria basso-medievale riesumata sotto il giardino del palazzo. Il reperto forse più importante è una torre poligonale (tre metri sotto terra se ne vede la parte alta) di epoca malatestiana sigismondea che prospettava sul fossato che correva attorno alla cinta muraria (cinta muraria sulla quale, peraltro, correva una strada). Questa torre era dipinta di rosso e verde vale a dire colori molto facili da ottenere. Nella seconda metà del 1400 l'area venne distrutta e utilizzata come zona agricola. Nel 1469 Rimini venne poi incendiata dalle truppe papaline che attaccavano Roberto Malatesta (figlio di Sigismondo Pandolfo Malatesta) che non voleva cedere la città al Papa. S. Giuliano fu il primo borgo occupato, cosa che spinse Roberto a distruggere il borgo S. Giovanni il 5 luglio del 1469 perché gli assedianti non ne sfruttassero le strutture. INTERVENTO DEL PROFESSOR RIMONDINI(ex professore di storia e filosofia appassionatosi alla storia dell'architettura) L'architettura classica e Rimini- L'architettura classica è molto “nostra” . Non quella degli ordini ma quella senza tempo della simmetria che usa il corpo umano per definire le proporzioni. Con questo presupposto analizziamo tre portali: quello di S. Giovanni (la chiesa di cui ci occupiamo in quanto si trova nel borgo), quello di S. Agostino e quello di Palazzo Gambalunga. Palazzo Gambalunga ha un portale di stile dorico del 1600 con caratteristiche antropomorfiche (costruito su proporzioni del corpo umano maschile tipiche dei templi di divinità maschili). È un portale molto geometrico con trabeazione in tre fasce (dall'alto in basso: cornice, fregio, architrave). La cornice stranamente presenta dentelli di ordine ionico e quindi elementi femminili in una struttura maschile. Questo grosso errore nella grammatica stilistica che è una caratteristica “ermafrodita” (a detta del professore) si può notare anche sul portale di S. Agostino (1616) . Il professore ipotizza che l'autore sia lo stesso, vale a dire Giovanni Laurentini detto “l'Arrigoni” che si ispirava ai palazzi veneziani, autore anche del portale di palazzo Gambalunga, con lo stesso timpano ricurvo con volute di S, Agostino. Tornando a parlare di S. Giovanni (chiesa del Carmine): essa fu rinnovata in un linguaggio barocco tardosettecentesco dal Cupioli a cui è attribuita anche la chiesa di Mondaino. Egli usava molto l'ordine corinzio con capitelli (in genere dai capitelli si risale allo stile dell'edificio da cui provengono) dalle foglie molto corpose che quasi sembrano piante grasse. RIMONDINI SI SOFFERMA SUL PORTALE DI SAN GIOVANNI CHE PUO’ ESSERE CONSIDERATO DORICO CON ELEMENTI IONICI (DENTELLI) MOLTO SIMILI A QUELLI DI SANT’AGOSTINO ATTRIBUIBILI ALL’ARRIGONI E PROPONE ANCHE PER SAN GIOVANNI L’ATTRIBUZIONE A QUESTO AUTORE. DOVREBBE ESSERE ACCADUTO CHE, NEL MOMENTO DEL RIFACIMENTO SETTECENTESCO DELLA CHIESA, CHE VEDE IMPEGNATO IL CUPIOLI MA ANCHE FORSE IL BIBIENA E SICURAMENTE ANTONIO TRENTANOVE, SI SCELSE DI MANTENERE IL PORTALE SEICENTESCO IN BUONO STATO E CON PREZIOSISMI APPREZZABILI. ( Eppure il progettista ha un linguaggio tipicamente bolognese (per esempio le trabeazioni sono molto articolate) e questo ci fa attribuire la Madonnina sull'altare a Bibiena (famosissimo in tutta Europa) e le statue ad Antonio Trentanove (la cui bravura è paragonabile a quella del Canova).) Excursus sui capitelli corinzi riminesiPalazzo Ghetti ha capitelli in ghisa fatti da Benedettini. A Rimini la tradizione dei capitelli corinzi inizia con l'Arco d'Augusto. L'Arco d'Augusto ha capitelli corinzi e sotto uno di questi c'è il bassorilievo di un cinghiale. Questo fa pensare al professore che l'autore si facesse chiamare “Aper” (in latino: “cinghiale”) e ci rimanda alle lucertole e alle ranocchie incise sull'Ara Pacis probabilmente perché gli autori avevano pseudonimi che rimandavano a questi due animali. Col Tempio Malatestiano di Leon Battista Alberti la storia dei capitelli continua. Il fatto che Sigismondo Pandolfo Malatesta avesse commissionato all'Alberti un edificio con così tanti elementi pagani ci fa ipotizzare il suo paganesimo. Poi ci sono i capitelli del Teatro Galli fatti da Poletti ispiratosi al Piranesi. Il disegno è molto fine, un classicismo purista. Lui faceva modelli in creta e ne esigeva una riproduzione impeccabile. Palazzo Giovannini ha invece dei capitelli corinzi rinascimentali. Il Poletti ha fatto anche i capitelli in marmo del Palazzo Comunale di S. Arcangelo. Ultime cose sulla chiesa dei Carmelitani- L'altare della chiesa è ad opera di Stegani (bolognese, ha imparato tutto da Bibiena). Egli aveva lavorato a Iesi e Senigallia prima di cooperare con Trentanove nel cantiere dei Carmelitani. INTERVENTO DI ALESSANDRO MORI (curatore del restauro) Cenni storici- Le funzioni principali di Palazzo Ghetti erano quella residenziale e quella produttiva dell'opificio. L'edificio è un'espressione alta della “casa e bottega”: il capo abitava di fianco alla sua impresa. Il palazzo fu costruito nella seconda metà del 1800 e completato nel 1857. L'area residenziale era costituita da tre grossi edifici. La fabbrica nel 1866 aveva 350/400 operai e lavorava a pieno regime tra cui circa 300 donne (e questo ha una grande rilevanza sociale)in un ambiente in cui solo apparentemente il fisico non conta: i fiammiferi al fosforo provocano gravissimi danni fisici. Nel 1875 c'è un intenso terremoto che incide notevolmente sulla configurazione del palazzo. Infatti si perde la lanterna (un pinnacolo al centro dell'edificio) in cui c'era una campana per richiamare gli operai al lavoro. Nel 1883 muore Ghetti e la fabbrica passa a un imprenditore milanese sotto cui subisce un rapido declino e viene chiusa. Nel 1916 un altro terremoto provoca la caduta di una torretta ottagonale e del terrazzo. Il palazzo viene quindi coperto da un tetto e trasformato (diviso in appartamenti) per gli sfollati del terremoto. La guerra per fortuna non provoca troppi danni. Il comune fa ristrutturare il complesso e lo mette all'asta. A comprarlo è la Banca Malatestiana nel 2005. I lavori di ristrutturazione si concludono nel 2013. L'architetto-L'architetto è Benedettini di cui sono caratteristici l'uso dell' “ordine gigante” e di grandi paraste attaccate alle facciate con la particolarità dei capitelli in ghisa a palazzo Ghetti. Sono suoi anche il palazzo della gomma e quello di S. Arcangelo. Il restauro, finalità: -recupero delle caratteristiche architettoniche; -recupero della valenza urbana (adesso si taglia dal Palazzo Ghetti per passare da via XX Settembre alla Circonvallazione e viceversa); -rifunzionalizzazione per un'attività cardine: ora l'edificio è sede della Banca Malatestiana ed è quindi di nuovo produttivo. Il restauro, dati tecnici più rilevanti: -eliminazione delle parti incongrue relative alla frammentazione in appartamenti (circa 40 appartamenti per gli sfollati che sono vissuti lì fino agli anni 80 del '900) vale a dire tutte le pareti. Ora le gli spazi lavorativi sono divisi da pareti in legno per far capire che originariamente non c'erano muri; -cambio degli impianti: alla banca serviva qualcosa di sofisticato, un intervento impiantistico così costoso deve essere all'avanguardia e potenzialmente funzionante per decenni. Gli interventi sono stati fatti su ogni area del complesso: la banca si è stabilita subito nella parte nobile dell'edificio mentre il resto veniva ristrutturato.