Epistemología de las Ciencias. La Emergencia
(2004) CIAFIC Ediciones
L'emergere ontologico
nell'universo in evoluzione
George V. Coyne, S.J.*
Il titolo della mia relazione è questo: L'emergere ontologico
nell'universo in evoluzione. Insisto sulla parola, al meno per la
mia relazione, "emergere" anzi che “emergenza." Parole sono
parole, ma scelgo il verbo anzi che il sostantivo "emergenza"
per esprimere che si tratta di un processo sempre in atto,
universale. Si parla di un processo universale che tocca tutti gli
esseri. Non è un risultato compiuto, è un processo. Dico
ontologico perché parliamo di esseri. Ontologico come vedrete
nel senso che, un livello superiore ha una causalità su un livello
di essere inferiore e altrettanto; c'è uno scambio di causalità fra
diversi livelli di esseri superiori e inferiori.
Iniziamo in un modo assai semplice e dopo andiamo alla
complessità. Dico semplice nel senso che siamo tutti più o
meno d'accordo con uno schema del genere (Fig. 1). Cioè, le
discipline che studiamo all’Università sono divise più o meno,
per complessità epistemologica, nel senso che man mano che
saliamo andiamo alle discipline, diciamo, meno deterministiche.
C'è poco da discutere su di questo perché è già nella nostra
cultura che dividiamo le discipline più o meno così. Ovviamente
non ho messo tutte le discipline.
La mia domanda è questa. Lo schema epistemologico creato
da noi nella Fig. 1 ha una base ontologica? Cioè, fa senso
indagare sul perché mettiamo le discipline più o meno così?
Esiste un emergere ontologico da un livello all'altro? Inoltre
*
Director del Instituto Astronómico de Arizona y Director de la Specola
Vaticana.
L'emergere ontologico nell'universo in evoluzione,
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perche' dobbiamo terminare quell'emergere con l'intelligenza
umana. C'è la minima possibilità, senza cascare in eresia, di
indagare sull'emergere anche dello spirito. È una domanda;
mica che ho una risposta. Ma, posso più o meno indagare sul
emergere anche dallo spirito se possiamo difendere l'emergere
per tutte queste altre discipline.
Fig.1. Livelli di
emergere secondo
l'epistemologia dal
meno al più
complesso.
Allora, da qui possiamo passare ad una base ontologica (Fig.
2). Vediamo un pò quello che già sappiamo. Adoperando una
parola analogica, man mano che andiamo da basso in alto
esiste più libertà, ma libertà in un senso molto analogico. Cioè
lo stato superiore è meno determinato, c'è più libertà, in cima
c'è l'essere umano. Questo camino in alto si chiama
complessità, lo stato finale è più complesso perché meno
determinabile. Qui sul grafico mettiamo l'età, da oggi, indietro a
13,7 miliardi di anni fa. Per l'età dell'universo abbiamo per la
prima volta messa una virgola, cioè, l'età dell'universo è 13,7
miliardi più o meno 0,2. Abbiamo potuto metterlo da studio delle
"supernovae" molto distanti. Non parlo del “niente” messo sul
grafico. Non mi soffermo sull'inizio, l'energia primordiale, la
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meccanica o la cosmologia quantistica. Io inizio dal di sopra del
niente. Niente per me non è un livello.
Fig.2. Livelli
ontologici emersi
nell'evoluzione
dell'universo che
ha 13,7 miliardi di
anni.
Posso passare dalla diapositiva precedente (Fig. 1) a questa
diapositiva (Fig. 2)? Fa senso organizzare tutti gli esseri
dell'universo più o meno in questo modo? In cerca di una
risposta ripeto rapidamente quello che sappiamo dell'Universo
in evoluzione (Fig. 3). L'universo in evoluzione vuol dire che dal
tempo 0, con il passare del tempo, le distanze sono divenute
sempre più grandi: l'espansione dell'Universo. E con quella
espansione dell'universo sono venuti fuori questi diversi oggetti.
Non è che difendo la collocazione dei diversi processi, se
vogliamo, o diversi oggetti. Infatti non sappiamo se sono venute
prima le prime stelle e dopo le galassie o prima le galassie
primordiali e dopo le stelle. Con la mia relazione parleremo più
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dei processi dai primitivi organismi vitali sino ad oggi e in poi, se
possiamo andare anche un pò in avanti da oggi.
Fig.3. L'espansione
dell'universo
(distanze in aumento)
con il passare del
tempo; segnalati gli
avvenimenti più
importanti.
Se l'età dell'Universo, 13,7 miliardi di anni, fosse una anno
terrestre, se mettiamo tutta l'età dell'Universo in un anno (Fig.
4), allora, il primo di gennaio è il Big Bang; sette di febbraio
dopo un mese e qualcosa nasce la Via Lattea, la nostra
galassia, assai rapidamente secondo le ultime osservazioni, più
rapidamente di quanto si pensava una volta possibile. Nasce la
Terra almeno mezzo anno prima di avere i primi esseri viventi
sulla Terra; il dieci settembre succede la famosa esplosione
cambrica; i poveri dinosauri stavano qui solo per cinque giorni,
ma hanno avuto il vantaggio di essere nati lo stesso giorno
della nascita del Signore Gesù. Più interessante è l'ultimo
giorno di quest'anno. I primi ominidi solo cinque ore prima di
mezzanotte; Gesù due secondi prima di mezzanotte e Galileo e
i suoi compagni un secondo prima di mezzanotte. Per dare una
idea di tutto quello su cui ci concentriamo parlando
dall'emergere della persona umana secondo i tempi siamo
arrivati proprio in tempo, cioè, alla fine della giornata.
Ovviamente c'è un motivo perché, se l'Universo non fosse tanto
evoluto, non ci sarebbe stato l'abbondanza chimica per fare
organismi viventi.
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CALLENDARIO DELL’UNIVERSO
IN EVOLUZIONE
L’UNIVERSO HA L’ETÀ DI
13,7 MILIARDI DI ANNI (109)
Facciamo l’età dell’universo alla scala di un’anno terrestre
1 gennaio: l’inizio con il Big Bang
7 febbraio: nasce la Via Lattea
14 agosto: nasce la Terra
4 settembre: i primi esseri viventi sulla Terra
15 dicembre: l’esplosione cambrica
25 dicembre: i dinosauri
30 dicembre: estinzione dei dinosauri
31 dicembre:
alle ore 19:00 i primi ominidi
alle ore 23:58 i primi esseri umani
alle ore 23:59:30 - età agricola
47 - i piramidi
58 - nasce Gesù
59 - Galileo
60 - oggi
Fig.4. Calendario dell'universo mettendo un anno terrestre come l'età intera
dell'universo.
Se organizziamo tutti gli esseri secondo quanto grandi sono e
secondo la loro massa (Fig. 5), vediamo che tutto segue un
certo rapporto: l’universo visibile intero, sin dal protone e tutti gli
esseri viventi nel rettangolo; e noi stessi seguiamo questo
rapporto. Cosa vuol dire? Sono i fatti scientifici. Cercherò al
meno di dare qualche idea e di interpretarli. Gli atomi
fondamentali, carbonio, idrogeno, azoto, ecc., si sono combinati
in molecole sempre più complesse. Questa è la complessità
chimica. E finalmente in qualche modo siamo usciti noi. Cioè, il
cervello umano, la macchina (utilizzando la parola “macchina”
parlo proprio come un materialista) più complicata che
conosciamo, è venuta fuori con una evoluzione del genere. Un
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processo così, di complessità, ha condotto finalmente al
cervello umano.
Fig.5. Il rapporto fra
massa e grandezza di
diversi oggetti emersi
nell'evoluzione
dell'universo, compreso
l'universo visibile.
Allora a questo punto io vorrei ricordare quello che il
professor Brenci ha detto l'anno scorso. Brenci non ha osato
definire la vita; ha voluto invece definire gli esseri viventi. E ha
detto così: "Sono sistemi chimico-fisici aperti, con scambi di
materiale e di energia, con l'ambiente nel quale il vivente opera.
Gli scambi sono controllati da un insieme di informazioni che
costruiscono il corredo genetico specifico ed individuale: la
specie e l'individuo. Il sistema di informazioni individuali
garantisce il controllo e l'interazione con l'ambiente; è
riproducibile in nuovi individui e replicabile, cioè, da un individuo
all'altro si può replicare. L'ambiente ha per il vivente due
valenze fondamentali. Da una parte rappresenta il pool di mezzi
di scambio di cui il vivente necessita; dall'altra parte produce
nei genomi le variazioni trasmissibili, le famose mutazioni, che
sono alla base del processo di ottimizzazione dei viventi."
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Ora cerco di raccogliere i concetti principali. Prima la
complessificazione. Cosa vuol dire? Per me gli elementi di
complessificazione, quando passano ad un livello superiore,
sono man mano più complessi, meno determinati, ma, allo
stesso tempo più strutturati. Cioè, gli elementi basilari sono
messi in una struttura meno determinata, cioè, e più aperta al
futuro, se vogliamo parlare del tempo o più aperta a livelli
superiori, meno determinata nel senso più strutturata e più
aperta. La nuova struttura di elementi inferiori si affronta al
futuro con più possibilità, anche con più delle possibilità di
essere ancora più complessa. Come esempio, ripeto la
definizione data tante volte da Brenci: “l’essere vivente ha la
capacità di modificare l'ambiente al suo favore quando si arriva
all'essere umano.” Con l'essere umano si è arrivato a un punto
detto "la cultura," e penso che sia un bel pensiero quello che
l'essere umano, diversamente da tutti gli esseri viventi, ha una
terza età molto estesa. Da bambino l'uomo è molto dipendente,
più dipendente di qualsiasì altro animale; dipende dai genitori
per un lungo periodo di tempo. Ma ha questa detta terza età
dove si è sviluppata la cultura. E ovviamente nello sviluppo di
questa cultura il linguaggio ha giocato una parte essenziale. Si
intende linguaggio nel senso largo della parola, non solo le
parole, ma, le strutture grammatiche, le comunicazioni. Come
dice Brenci, nell'uomo il linguaggio, la nascita del linguaggio è
stato esplosivo. È successo in un arco di tempo, relativamente
parlando, molto corto in confronto con l'analogia del linguaggio
negli altri animali. Esplosivo. Tutto l'apparato di poter
comunicare, di poter parlare è venuto rapidamente,
relativamente parlando, di tutte l'età di cui già abbiamo parlato.
In quanto ho potuto capire ci sono due funzioni principali della
vita: il metabolismo e la replicazione. Non escludo altri processi,
ma, due processi proprio fondamentali alla vita. Metabolismo,
cosa vuol, dire? Vuol dire tutto l'insieme dei processi chimici tra
un organismo e l'ambiente. Quegli scambi tra l'organismo e il
suo ambiente possono essere processi detti anabolici, che non
vuole dire nient’altro che in questo processo si assorbe
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l’energia, o i processi catabolici, processi in cui si produce
energia. Alla base di quei processi ci sono i famosi aminoacidi e
le catene di proteine costruite da aminoacidi. Si dice del
metabolismo per analogia che il metabolismo è il "hard ware"
del computer.
L'altro processo, replicazione, vuol dire "fare una copia di sé
stesso"; è diverso da riprodurre. Riproduzione è la divisione di
una cellula. Questo è fare una copia di se stesso. E nella
replicazione alla base ci sono gli acidi nucleotidi; è un processo
parassitico in quanto ha bisogno di avere una sede in un altro
essere. In contrasto con il metabolismo la replicazione si
presente come il così detto "soft ware" per analogia con il
computer. Mi sembra che la analogia sia valida, cioè, ci aiuta a
capire ad adoperare queste parole "hard ware" e "soft ware"
perché siamo tutti abituati oggi giorno ai computer. Perciò, ci
aiuta ad immaginare l'insieme di questi due processi come si
confrontano l'uno con l'altro.
Di questi due processi, ognuno è improbabile. C'è la buona
possibilità che non fossero mai accaduti questi processi. Ma,
come ho detto altre volte, con le tantissime opportunità offerte
dall'universo, la probabilità di non succedere è discesa. Allora
non è da sorprenderci che sia successo il processo di
metabolismo e di replicazione. Bisogna, però, parlare degli
origini plurali della vita, al meno di due origini; cioè prima è
venuto un processo di metabolismo e dopo un processo di
replicazione. È proprio ragionevole pensare così, perché due
processi, ognuno improbabile, avvenuti simultaneamente è
ancora più improbabile. Due processi improbabili che si sono
incontrati allo stesso momento in un Universo che ha la bella
età di quattordici miliardi di anni, è molto improbabile. Ma quale
dei due processi è avvenuto prima?
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Fig.6. L'emergere
dell'organismo
umano dal livello
del DNA in poi.
Allora a questo punto, avendo messo più o meno queste
domande aperte, vorrei raccogliere alcuni fatti scientifici per
parlare alla fine del concetto filosofico di "emergere."
L'organismo umano, l'insieme della persona umana, è
complesso nel senso puramente scientifico della parola (vedi
Fig. 6). Nessun elemento può essere inteso senza riferimenti
sia agli elementi sul livello inferiore che a quelli sul livello
superiore. “Inferiore” e “superiore” si riferiscono al meno
complesso o più complesso. Il DNA, le organelle, le cellule, il
tessuto del fegato, finalmente è il fegato che si incorpora in un
essere umano; devono parlare l’uno all’altro e alla fine con il
cervello. Prendo come esempio un processo intermediario
all’essere umano, il fegato. L'importante è vedere che il fegato
dipende di tutti questi elementi o meglio detti processi. Non ci
sarebbe stato mai un fegato senza un DNA che dava segnali,
informazioni, per formare il nucleo di una cellula, le cellule si
sono combinate in sistemi multicellulari, il tessuto, e così via. È
un processo continuo, complesso in quel senso. Esiste una
causalità scambievole, cioè c'è un destino in qualche modo sin
dal DNA; il processo sapeva come arrivare al fegato; c'erano le
informazioni essenziali. Ma, man mano che si complessificava il
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processo, la scelta a farsi una qualcosa altra che il fegato viene
ridotta; cioè, il processo viene sempre più determinato, più
strutturato.
Fig.7. Un processo di
metabolismo catabolico;
una cellula emette
energia (calore)
all'ambiente e diviene
più ordinata.
Nella Fig. 7 vediamo un esempio del metabolismo catabolico,
cioè, produce energia. Questo è l'esempio più semplice che ci
sia di una cellula e il suo ambiente. Lo schema mostra gli
elementi della cellula con i movimenti disordinati. Ma, la cellula,
per le informazioni ricevute, si organizza. Ma, con quella
organizzazione cellulare per conservare l'entropia la cellula
manda calore all'ambiente che diviene, perciò , più disordinato,
un disordine indicata dalle frecce più agitate. C’è stato uno
scambio di energia fra la cellula e il suo ambiente. La cellula
manda energia all'ambiente e diviene più ordinata, un processo
catabolico. Invece nello Fig. 8 vediamo un processo più
complicato, un processo anabolico; assorbe energia man mano
che il processo procede. Si inizia con un nucleo poco produttivo
che assorbe una batterio e con la energia assorbita rinforza la
membrana. Così si crea una cellula primitiva di un animale
oppure di una pianta secondo la batterio assorbita.
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Fig.8. Un processo di
metabolismo anabolico;
una cellula assorbe
energia (un batterio) e
inizia a sviluppare la
sua membrana.
Secondo il batterio
assorbito si avvia verso
un animale oppure
verso una pianta.
Fig. 9 presenta uno schema di un processo fondamentale,
una antenna, così chiamata perché ha la capacità di assorbire
segnali di energia. Questa è una antenna plurimolecolare;
ognuno di questi elementi esagonali rappresenta una molecola.
Un fotone passa per l’antenna con una energia di risonanza,
cioè, l’energia del fotone stesso è un integrale dell’energia o
una frazione dell’energia delle rispettive molecole. Ma quando
arriva ad una molecola che ha un livello di energia più alto per
un integro del primo livello di eccitazione del fotone, viene
assorbito. È un processo puramente fisico ma in un sistema
biologico; un insieme di molecole assorbe energia secondo le
leggi della fisica. Un processo metabolico-anabolico.
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Fig.9. Una
"antenna"
plurimolecolare che
può intrappolare
energia se il fotone
ha certi
caratteristici di
risonanza in
confronto con le
molecole.
Nella Fig. 10 si presenta uno schema per farci ricordare che
l'organizzazione di quattro acidi nucleotidi fornisce le
informazioni per la creazione del DNA. Si procede dal DNA alla
catena delle proteine organizzate secondo gli aminoacidi. Fig.
11 presenta uno schema fra tanti che uno potrebbe presentare
dell’albero degli esseri viventi. Ognuno degli esseri
rappresentati contiene la proteina citocromo-C. Le cifre
indicano il numero di mutazioni nella stessa proteina da una
diramazione all’altra nell’evoluzione verso le relative specie di
esseri viventi. Presento questo schema solo per dire che il
processo di evoluzione sempre procede verso esseri più
complessi. Nella stessa molecola le mutazioni sono sempre più
numerose per arrivare ad esseri più complessi, un buon
esempio dell’emergere.
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Fig.10. I quattro
acidi nucleotidi che
forniscono le
informazioni
essenziali per la
formazione delle
catene delle
proteine del DNA.
L'importante per gli esseri viventi è sapere la così detta
"eterozigosità", ciò è la capacità di variare i geni. Interessante
da vedere per l'essere umano: i geni interi sono più di
trentamila; 2,010 dei geni sono diversi fra un individuo e l'altro;
la replica di un individuo da due esseri umani varierebbe per
22,010 10605. Vuol dire che ogni individuo umano ha la capacità di
produrre 10605. diverse uova o sperma. È enorme la capacità di
produrre individui con diversi geni; è proprio incredibile, quando
si pensa nel fatto che nell'universo stesso ci sono solo 1076
atomi. Cioè, il confronto di questi due numeri vuol dire che la
capacità di variare l’insieme dei geni è enorme per l'essere
umano. Vuol dire che l’essere umano è complesso.
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Fig.11. Un albero di
diverse specie di esseri
viventi secondo il
numero di mutazioni in
una identica proteina di
citocromo-C.
Dai fatti scientifici appena raccontati cerchiamo ora una
definizione più dettagliata di emergere. Gli elementi per una
definizione sono i seguenti: C'è una causalità reciproca, ma non
possiamo solo basarci sulla causalità classica tomistaaristotelica, cioè le quattro cause: materiale, formale, finale ed
efficiente. Non escludiamo quelle cause, ma sembra che esista
una causalità che è diversa delle quattro famose cause
classiche perché c'è una discontinuità fra causa ed effetto
nell’emergere da un livello inferiore ad un livello superiore. C'è
una incertezza, una imprevedibilità intrinseca, non solo
epistemologica ma ontologica; c'è una apertura. Lo scambio fra
un livello superiore e un livello inferiore per me non si può
capire adoperando solamente ed esclusivamente le cause
classiche scolastiche, né la famosa potenzialità di un essere
potenziale. Non sembra sufficiente per spiegare il nuovo essere
a livello superiore dagli elementi inferiori.
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Parliamo del livello “dal di sotto” e di quello “al di sopra.” Gli
elementi del livello “dal di sotto” divengono parte di un nuovo
sistema, le molecole divengono parte di una cellula, la cellula
diviene parte di un tessuto, ecc., e hanno un influsso su quel
sistema del livello “al di sopra” perché limitano quello che quel
sistema può essere. Cioè, il sistema non può fare tutto quello
che vuole, è limitato dalla natura degli elementi che assorbe, se
vogliamo. Dal punto di vista del livello “al di sopra,” il sistema è
una causa, in qualche senso, affinché i componenti agiscano in
un rapporto con gli altri componenti; è una causa di quel
rapporto nascituro. Queste povere molecole che stanno al
livello “dal di sotto” non sanno che fare una all'altra;
costituiscono solo una miscela di molecole. È il livello superiore
che, rispettando la natura degli elementi delle molecole, sa
organizzare le molecole e strutturarle. Allora, sicuramente quel
essere nel livello superiore è un essere ontologico perché ha
una causalità. Cioè, gli elementi nel livello inferiore per proprio
conto non potrebbero agire come agiscono quando sono
assorbiti nel livello superiore.
La parola giusta, penso, che sia organizzazione, cioè, il livello
superiore organizza le molecole, dà loro una struttura. Il
sistema nel livello superiore non è riducibile ai componenti, cioè
non si può ricreare gli elementi sciogliendo il livello superiore
solo per leggi della fisica; non si può tagliare in pezzi quel
sistema e riprodurre elementi perché è un sistema strutturato, è
un nuovo essere, non è riducibile al livello inferiore; c'è una
novità non riducibile. Devo insistere in una causalità, quella del
livello superiore perché altrimenti non si spiega quel nuovo
insieme.
Ho parlato tanto dei livelli e abbiamo visto diversi livelli
epistemologici e ontologici. Cosa vuol dire un livello? E una
realtà ontologica; c'è una base ontologica per distinguere questi
livelli; sono realtà ontologiche perché hanno una vera causalità;
ci sono effetti non spiegabili senza avere questo essere
superiore, questo livello superiore. Il livello contiene
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informazioni. Io prendo quella parola nel senso basilare della
parola "informa," la parte più importante è "forma," dà una
forma. Anche qui ci aiuta, forse non sufficientemente, il
significato di causa formale nel senso aristotelico. La forma fa
che una cosa "sia tale e non tale altro," cioè, dà la forma. Un
fegato è un fegato, non è un cuore, non è un cervello, è un
fegato. Cosa fa fare un fegato? Perché è informato, c'è una
forma, una forma che dà una struttura a tutti quegli elementi più
basilari dal DNA alle cellule, al tessuto, ecc. Questi livelli ci
danno l'apparenza che c'è una certa telologia intrinseca, un
certo destino; quello scambio di informazioni sembra che una
volta avviato il DNA sappia dove andare, per dire la verità.
Cioè, va a produrre un uovo, sono parole analogiche, va a
produrre un fegato, e in un altro momento, altro DNA va a
produrre un cuore, va a produrre le unghie, pelle. Sembra che
ci sia un certo destino in questi processi, un destino intrinseco.
Mica parlo di un agente personale, di una intenzione in quel
destino. Non penso che sia necessario avere una persona che
abbia disegnato questo, perché le informazioni, nel senso che
io ho detto, ben intese, scientificamente parlando, sono
sufficienti. Sappiamo spiegare l'organizzazione del fegato, dalla
natura del DNA in poi. Non abbiamo bisogno di una persona
che abbia disegnato questo processo. Non escludiamo
ovviamente tale persona, ma, dal punto di vista di uno
scienziato, non bisogna che ci sia una persona del genere.
L'interessante è che il livello superiore fa una selezione, cioè,
non conserva tutte le informazioni disponibili a un livello
inferiore. Le informazioni e i dati sono tantissimi e non sono tutti
utili. Al livello superiore c'è una selezione, ancora nel senso
analogico della parola. Infatti, c'è il così-detto feedback, c'è uno
scambio di informazioni che il livello inferiore in un certo senso
dice al livello superiore "tu non hai bisogno di questi dati, hai
bisogno di questi altri dati"; cioè, un feedback, uno scambio di
informazioni. Presento un esempio di selezione di informazioni
utili. Come abbiamo già visto ci sono trentamila geni in ogni
cellula umana, ci sono 1013 cellule umane, ci sono 1016
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neuroni nel cervello umano, ci sono 1014 sinapsi nel cervello
umano. Quando io bevo un bicchiere di vino non utilizzo tutte
queste informazioni; sono inutili; cioè, c'è un livello superiore
che seleziona i neuroni, le sinapsi necessari per bere questo
vino. Quando gioco al tennis è un po' più complicato e ancora
più quando presento questa relazione; ma, c'è sempre una
selezione dal livello superiore fra il banco di dati che sono
disponibili. Selezione è un concetto importante.
E un altro concetto importante è l'amplificazione, cioè, c'è un
dato a livello inferiore che è un dato “tale” che per essere utile
al livello superiore bisogna amplificarlo. L'antenna delle
molecole nella Fig. 9 è una amplificazione; assorbe fotoni,
amplifica la capacità di una certa cellula o un sistema
multicellulare.
Vorrei ora inserire un significato di livello che è molto basilare.
In questa sala ci sono tante molecole. Io posso misurare certe
proprietà dell'insieme di queste molecole, come la pressione, la
temperatura, ecc. Sarebbe una misura dei movimenti delle
molecole; ma mica posso misurare il movimento di ogni
molecola; sono miliardi e miliardi. Faccio invece una misura
statistica e stabilisco una proprietà dell'insieme delle molecole
in questa sala. Ma, quello è proprio un emergere? Forse non è
neanche giusto dire “emergere” perché le molecole non sono
strutturate fra loro, è una semplice proprietà statistica che
descrive questo insieme di molecole, ma non parlano fra loro,
non scambiano informazioni fra loro. È un livello basilare.
Un altro livello sarebbe quello dell’acqua; l'organizzazione
dove gli atomi hanno una struttura che in confronto con altre
strutture possibili, cioè nella stessa colonna della tabella degli
elementi, ha una struttura; qui siamo in un altro livello,
senz'altro, cioè, un emergere ad un livello più alto di quello di
una semplice proprietà.
E allora proseguiamo ad altri livelli di cui abbiamo già parlato.
Livelli dove c'è un feedback, cioè uno scambio di informazioni;
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è un livello più complicato, più complesso vorrei dire; c'è più
telologia implicita, ma non imparata. Si arriva a livelli dove c'è
un destino imparato tramite i geni, cioè, da un individuo all'altro
si può trasmettere una struttura imparata. Quello è un livello
molto più alto ovviamente.
Finalmente si arriva ai livelli in cui c’è una teleologia più
esplicita e più espressa: il linguaggio. Cioè, non c'è più solo un
processo imparato, c'è un processo imparato, comunicato,
raffinato tramite scambi tra un individuo e l'altro: linguaggio,
cultura, tecnologia. Ovviamente quello è un livello ancora più
alto nel senso che c'è una trasmissione di informazioni che
esprimono una teleologia più esplicita. A questo punto siamo
arrivati a ciò che in inglese si dice "purpose", un progetto, una
meta pensata e ragionata, dove si sono organizzati tutti i mezzi
per arrivare a quella meta. Questo è un livello ancora più alto.
Sarebbe possibile pensare ad un livello ancora più alto, cioè,
il livello dello spirito? Il modo classico nel cristianesimo di
pensare dello spirito è di proporre un intervento di Dio. Con
l'evoluzione dell'universo ad un certo punto Dio ha creato
l'anima umana. Quello è un modo di pensare della complessità
della persona umana, quando si arriva non solo all'intelligenza
ma allo spirito. Lo spirito è più che l'intelligenza, uno può essere
intelligente senza essere spirituale nel senso oggettivo della
parola. Non aver uno spirito vuol dire che Dio non si è inserito
in me, per dire; ho l'intelligenza ma non lo spirito.
Siamo arrivati alla cultura umana, al linguaggio, nel senso più
ricco della parola: comunicazioni, non solo passare informazioni
ma comunicare. Io comunico non solo con le parole, ma anche
con la vista, con come muovo le mani, se mi presento gioioso o
triste; tutte quelle sono comunicazioni non verbali. La
comunicazione è più ricca dell'utilizzo del linguaggio,
ovviamente. Arrivato a quel punto, basandoci sulla teologia,
sull’interpretazione della Sacra Scrittura, specialmente su San
Giovanni, cioè la comunicazione del logos, della Parola di Dio,
possiamo incominciare a parlare dell'emergere della persona
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umana, a quel punto dove la parola, nel senso più ricco della
parola umana, è arrivata al punto di poter incontrarsi con la
Parola di Dio. Una comunicazione fra la parola umana e la
Parola Divina trasmessa. La Parola Divina non è una cosa che
io posso andare a pigliare; anzi mi viene data gratuitamente.
Cioè, non sono arrivato alla fede tramite un processo
puramente ragionevole e nessuno ci è mai arrivato così.
Sarebbe una contradizione di che cosa vuol dire fede. Fede è
un dono di Dio, di Dio stesso. La parola umana è arrivata,
tramite i processi di complessità più basilari, a quel punto in cui
Dio si è comunicato con la Parola Divina. Siamo arrivati ad un
altro livello di emergere. C'è una apertura alla Parola Divina che
non si aveva prima; ci voleva tutta questa evoluzione prima di
arrivarci al punto che Dio avrebbe potuto comunicarsi. Ci sono
teologi che più o meno hanno visto che dentro l'evoluzione della
persona umana c'era questa teleologia verso la Parola Divina.
Karl Rahner ha parlato, per esempio, dell’"esistenziale
soprannaturale."
Nella Fig. 1 all’inizio di questa relazione ho messo “spirituale”
e “teologia” in cima dello schema. Adesso mi domando se
esista veramente una continuità nell’emergere fino allo spirito.
Cioè, possiamo mettere Dio e il rapporto di Dio con noi su uno
schema del genere. Qualcuno mi diceva: "ogni volta che tu
pronunci il nome di Dio, Dio sta più lontano." E allora faccio
allontanare Dio per un bel pò mettendo “spirituale” sullo
schema. Ma non potevo fare meno non avendo una risposta
alla domanda fondamentale: l’emergere dello spirito possa
essere visto in continuità con l’emergere di tutti gli altri livelli di
cui abbiamo parlato?
DIÁLOGO
- Dr. Gratton: Quisiera conectar este discurso del Padre Coyne con el
que habíamos comenzado en las jornadas precedentes. Padre, usted
nos presenta hoy la continuación o extensión del concepto de
emergencia que comenzamos a tratar el primer día de esta reunión.
Prosperi lo formuló en primer lugar, luego al segundo día lo amplió
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Abbona, etc. Es el concepto de emergencia más simple, en el cual
dados unos componentes independientes, cuando éstos se ensamblan
de cierta manera, el conjunto adquiere una propiedad que no poseía
cada componente por separado. Este es un concepto de emergencia
que ayuda a comprender una serie de hechos físicos o incluso físicoquímicos. Ahora usted nos ha lanzado hacia una extensión mucho
mayor de este concepto, donde la emergencia de nuevas propiedades
está asociada a la formación de un ser, de un organismo. Aquí tiene que
haber una organización y tiene que haber una relación de causalidad
entre los distintos niveles de ese organismo. Quizás, dicho muy
simplemente mediante el concepto de feedback, debe existir una
realimentación entre los distintos niveles y se debe introducir la noción
de información ligada a esta interacción entre los niveles. De manera
que lo veo como una extensión, como un aspecto mucho más complejo,
de la emergencia más simple de la cual hablamos durante el primer día.
Ahora sí una pregunta, la premisa era solamente una nota. La
pregunta es relativa a esta visión del final de su exposición que apunta a
la esfera teológica. Como físico no puedo menos que preguntar cómo
podríamos entender la influencia entre las criaturas y Dios, Dios y las
criaturas ¿Cómo ocurre? Es decir, en un mundo físico, en la descripción
puramente física nosotros pensamos siempre en términos de
conservación de la energía, no tenemos otra forma de pensar. Surge
entonces la cuestión: ¿cómo actúa sobre nosotros la Providencia?
¿Cómo lo ve usted Padre?
- P. Coyne: Senz'altro ha inteso bene la mia estensione del senso
dell'emergere. Ma, penso che quella estensione sia coerente con ció che
sappiamo dall'emergere chimico-biologico, essere umano, essere
intelligente. Come Dio agisce con noi, con il mondo? Ovviamente sin
dall'inizio bisogna rispettare il senso analogico di agire, cioé, l'azione di
Dio nel mondo, principalmente come agisce con noi. Per me da
scienziato bisogna cercare di rispettare la base della scienza, che
consiste nelle leggi della natura. Non vogliamo che Dio sia un agente
che si inserisce contraddicendo le leggi della natura. Abbiamo, come
dicevo, la Providenza generale. Ma la Providenza speciale? Quando
prego, credo che Dio potrebbe far un miracolo nel curare questo
bambino che ha un cancro; ci credo o non ci credo? Quando prego per
un miracolo, qual’è il mio stato d'animo nel senso scientifico della
parola? Vogliamo evitare un Dio che interferisce, un Dio che può fare
tutto quello che vuole. Quello per me non è un Dio per niente. Quando
prego, prego di rispettare i fatti, di accettare quello che bisogna
accettare. Dio come agisce con questo mondo che conosco come
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scienziato senza contraddire quello che conosco. Non è mica facile. Ci
sono coloro che parlano della flessibilità dell'Universo stesso. Noi
scienziati sempre, per forza, trattiamo l'Universo come deterministico,
come seguendo rigidamente le leggi della natura. Ma, alla base della
nostra conoscenza dell'Universo, se prendiamo la meccanica quantistica
sul serio, c'è una certa flessibilità dell'Universo, c'è un indeterminismo
per me intrinseco sino alla base dell'Universo. È possibile utilizzare
quella flessibilità dell'Universo per dire che le leggi della natura sono
leggi solo in un senso molto limitato. Cerco di vedere un mondo che ha
una flessibilità sufficente per permettermi di pensare in un Dio che
agisce nel mondo anche con miracoli senza contraddire quello che
conosco da scienziato. Forse alla fine dovrei arrendermi al fatto che c'è
un contrasto fra il Dio che conosco ed il mondo che conosco, ma lo evito
al massimo perché non mi sembra ragionevole credere in un Dio
creatore del mondo che contraddice quello che conosco io dello stesso
mondo.
- Dra. Archideo: Supera.
- P. Coyne: Supera, transcende.
- Dra. Archideo: Io non credo che ci sia contradizione, ma Dio, come dice
Lei, non può andare contro le leggi perché è stato Lui, dopo questo si
dovrebbe spiegare che ha creato la natura, dunque, con le sue leggi. Ma
Lui, con la sua capacità infinita, e la natura non ha capacitá infinita.
Dunque quella infinitezza supera le leggi di quella natura che è finita.
- Prof. Prosperi: Il problema è reale e anch’io lo sento. Un problema dello
stesso genere lo incontriamo anche a proposito dell'esercizio della libertà
umana. Credo dobbiamo convincerci che non può esistere nella natura
un determinismo assoluto. Nessuno dei molti tentativi di voler intendere
l'indeterminismo
quantistico
come
di
natura
semplicemente
gnoseologica, ha finora avuto successo. Sul famoso problema dei
parametri nascosti, o non si è andati al di là di considerazioni generiche
o ci si è scontrati con gravi difficoltà concettuali e con i risultati degli
esperimenti che progressivamente si sono effettuati. Io credo che esista
una reale flessibilità della natura e questa abbia un riflesso, anche nella
Meccanica Quantistica. La stessa Meccanica Quantistica, però, non può
probabilmente interpretarsi come una teoria di validità assoluta. La
Meccanica Quantistica fornisce delle previsioni solamente statistiche,
essa non ci dice come un fenomeno si svilupperà, ci permette, però,
poste certe premesse, di calcolare probabilità determinate perché esso
evolva in un senso piuttosto che in un altro.
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Queste leggi di probabilità sono alla base dell’interpretazione di tutti i
fenomeni che riguardano il mondo microfisico inorganico e risultano in
questo ambito ampiamente confermate. Potrebbe essere, però, tipico
della vita proprio l’allontanarsi da esse. Ricordo, in particolare, che
Eccles, sia pure nel contesto della sua visione dualistica, suggeriva che i
nostri atti di volontà si estrinsecassero proprio nella nostra capacità di
agire in qualche modo sulla probabilità quantistica per dirigere certi
processi cerebrali. Eventi che appaiono casuali sotto l’angolo visuale
della fisica, sarebbero, appunto, indirizzati a livello della realtà psichica.
Se un problema di questo tipo si pone, dunque, nel rapporto del nostro
essere soggettivo col nostro corpo (e non può non porsi, qualunque
atteggiamento si prenda sul rapporto mente-cervello, se non si vuole
semplicemente censurare la nostra esperienza di libertà), tanto più si
pone nel rapporto tra il Creatore e il mondo. Il Creatore, essendo
Creatore, è certamente padrone anche delle leggi che ha fissato. Ci ha
messo, però, in questo mondo, soggetto a queste leggi. E’ perciò
ragionevole pensare che Egli stesso voglia rispettarle e agire piuttosto
nel loro contesto. Un tale atteggiamento mi pare ci faccia guardare sotto
una luce diversa anche all’angoscioso problema del male fisico. Spesso
ci domandiamo come mai Dio possa permettere certe malattie,
permettere che una persona abbia tante sofferenze. La risposta ultima è
certamente che una sofferenza che a noi appare così grave non è che
un attimo e si tradurrà in gioia piena nella nostra vita futura. Quaggiù
essa ha, però, anche un senso nella coerenza della condizione in cui Dio
ci ha voluto porre perché sapessimo fare le nostre fondamentali scelte di
valore. Ci sono naturalmente anche casi in cui Egli, come segno della
propria presenza, sembra voglia sospendere quelle stesse leggi, o
almeno operare attraverso esse in un modo che ci appare inaspettato,
come accade in certe guarigioni miracolose, praticamente istantanee. Di
fronte a questi casi noi restiamo senza parole; perché in quella
situazione? perché quella persona? Credo comunque che dobbiamo
inchinarci sempre di fronte al mistero, renderci conto dei limiti di noi
creature al suo cospetto e accettare di non comprendere sempre tutto.
- P. Coyne: Sono d'accordo.
- Dra. Archideo: Me pareció magnifico todo este movimiento que usted
hizo, toda esta secuencia. Muy interesante por parte de un científico.
Creo que tengo que pensar sobre el tema porque hay algo que tiene un
punto de interrogación y es que como usted puso la fe de por medio, si
no la hubiera puesto entendería qué es el conocimiento como estudiante
de filosofía, el conocimiento racional de Dios, pero poniendo la fe hay
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algo sobrenatural. Entonces, frente a eso mi interrogación ¿lo
sobrenatural es necesario?”
Simplemente es una pregunta que quería hacerle y al mismo tiempo
agradecerle toda esta síntesis porque es magnífica.
- P. Coyne: Grazie, Lila dei commenti così gentili. Soprannaturale è per
me di natura sua, "di soprannatura sua".
- Dra. Archideo: Come sopra le altre nature.
- P. Coyne: Sopra le altre nature e completamente gratuita. La natura
stessa non ci conduce necessariamente alla soprannatura perché
sarebbe una contraddizione della soprannatura. Dall'altra parte cerco di
vedere che la soprannatura non contraddica la natura, che sia coerente
con quanto sappiamo della natura.
- Dr. García Bazán: Padre, ante todo le querría agradecer en su síntesis,
la forma como ha presentado la necesidad de la presencia de la filosofía
en relación con la ciencia. Y por otra parte de qué sentido de filosofía se
trata con un gran horizonte de amplitud, porque si no me equivoco, en
su interpretación, usted lo que nos ha dicho es que dentro del mismo
pensamiento cristiano la forma de filosofía más eficaz para la relación
con la ciencia sería el neoplatonismo cristiano.
- Dra. Archideo: No necesariamente.
- Dr. García Bazán: Le digo en relación con lo que ha dicho el Padre.
En primer lugar ha mostrado la pobreza de las cuatro causas
aristotélicas, lo cual es natural. Aristóteles se manejaba
fundamentalmente con una filosofía cosmológica, con el cosmos.
Si damos una rápida mirada cómo presentaba las cuatro causas
también, aunque en forma no escolar y explícita como lo hace
Aristóteles, Platón en el Timeo, vemos que, sin embargo, ya había la
necesidad de alguna otra causa. Y esto después cuando pasamos a la
tradición neoplatónica lo advertimos bastante mejor, por ejemplo, les
diría en Plutarco de Queronea. Pero lo importante es que ahí aparece la
necesidad de vincular una ontología de carácter analógico con las cuatro
causas, porque toda la temática de los niveles ontológicos o de los
niveles del ser es propiamente neoplatónica. Y por eso que sea Plotino
quien presenta por primera vez los dos tipos de analogía, que él llama a
la vertical "de no reciprocidad" en relación con la homóisis, o sea con la
semejanza, y llama a la horizontal "analogía de reciprocidad", dicho de
otra forma la analogía entis, la primera; la de proporción, la segunda.
Todo esto se ha venido combinando muy positivamente en el
pensamiento cristiano y lo hace el mismo Santo Tomás. Ése es un
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aspecto. Es decir, la necesidad para comprender la relación de filosofía
y ciencia de la ampliación de la concepción de las causas y no
quedarnos meramente en una escolástica. Pero esto dicho va
acompañando a la historia de la filosofía, al punto tal de que cuando
usted remata su exposición y dice, "una forma de entender esta
totalidad” utiliza esta expresión del llamativa de "pan-enteísmo". Eso lo
dice Plotino, sólo que no dice theísmo, dice, "pan-en-henotismo" -"todo
en Uno"- en lugar de "todo en Dios". Y pone una imagen que es
clarísima, ¿cuál es la relación del cosmos con el Uno o con lo Divino o
Dios? "Como la de la red en el agua”, el agua penetra la red, el agua
está fuera de la red, la red está en el agua. Ésa es ilustración de Plotino.
Eso en relación con la filosofía y la ciencia. Pero ahora vamos a lo otro,
a ese tema que me ha parecido también fascinante y que se ha
planteado en relación con el lenguaje, y que aquí en lo dicho por usted
en relación con el prólogo de Juan, aparece fundamentalmente la
teología.
Mire yo le diría que lo llamaría también, una de las formas de
emergencias culturales dentro de la cultura cristiana. Porque esto no es
estrictamente teológico, porque sobre Juan y el mismo prólogo en el que
están claramente los dos aspectos, del logos y del logos hecho carne-,
ese prólogo no es estrictamente una pieza evangélica, es una pieza que
va justamente de prólogo al Evangelio de Juan y que ha sido una forma
de sabiduría cristiana. Y le diría también, al mismo tiempo, "protojudía" cuando yo hablo de "protojudaísmo” hablo de los años 90, del primer
siglo, años en los cuales todavía no se ha fijado el canon de la escritura
hebrea, como se va haciendo por la Academia de Jamnia. Ahí las cosas
están un poco digamos complicadas, por las influencias de unos
pensamientos con otros, y esa pieza del prólogo a la que nos hemos
referido, aparece en otros textos. Concretamente aparece como un todo
en una de las versiones que tenemos en este momento dentro de la
biblioteca de Nag-Hammadi, del escrito titulado El apócrifo de Juan, del
cual tenemos cuatro versiones diferentes, en una de ellas, "la extensa",
aparece el texto como apéndice. Pero tenemos otro texto también de
Nag Hammadi en el cual el texto del prólogo aparece con mayor
amplitud, diversificado en el conjunto de la obra, llamada El pensamiento
trimorfo.
¿Quién es el autor que ha hecho que este tema del Logos y del Logos
hecho carne signifique la esencia misma del pensamiento cristiano en
relación con la teología? Ha sido un cristiano filósofo. Ha sido Justino
Mártir. Y ha sido Justino Mártir y ha sido un filósofo, porque en el fondo
es el primer hombre, cristiano, técnicamente dominador de la filosofía
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que hace el esfuerzo por mostrar cómo la filosofía cristiana es la
verdadera filosofía. Y eso lo hace con un esfuerzo que es naturalmente
de un hombre que maneja la filosofía. Y hasta ese momento no tenemos
cristianos que manejen técnicamente la filosofía. Él proviene del
Platonismo Medio, puede utilizar, por lo tanto, técnicamente esta
enseñanza, y decirnos en relación con el logos, un tema que lo conoce
muy bien, lo que es verdaderamente logos. El logos estoico, tan
importante, tiene una característica de universalidad, sobre todo como
razón universal; Hermes, el dios, es también logos, y es logos como el
mensajero y por lo tanto como la palabra que trae el mensaje de los
dioses. Pero, dice Justino que no hay ninguna expresión del logos en la
cual no pueda haber ningún intersticio, ninguna grieta, entre lo que se
piensa y lo que se dice, y que así muestre la plenitud del logos. Ése
aparecido es el Logos encarnado; ése es el modelo, el tipo al cual han
servido de antecedentes algunas formas del logos dentro del lenguaje
de los filósofos, el caso de Sócrates, Heráclito, etc., y sobre todo la
Palabra de los profetas, y en todo esto, sí, está la teología cristiana, bajo
la idea del tipo y del antitipus, unas nociones que ha manejado ya San
Pablo y lo maneja toda una teología paralela a estos primeros tiempos
dentro de los cristianos, que es la de los judeocristianos.
- P. Coyne: Grazie. Non è che io personalmente ho scelto la filosofia più
adatta, sia neoplatonica, sia platonica, sia aristotelica; ho scelto una
filosfia più efficace, anche se un pò sincretica. Due commenti. Non vorrei
dire che le quattro cause aristoteliche sono povere, ma non penso che
siano sufficienti, è solo quello che dico. L'ultimo commento: spero che la
filosofia stia sempre emergendo in confronto con tutti gli aspetti della
cultura ma, specialmente oggi giorno, in confronto con le scienze
naturali.
- Dra. Archideo: Al contrario, se piensa que las ciencias son riquísimo
prolegómeno a la filosofía.
- P. Coyne: Va bene, certo, meglio così.
- Prof. Abbona: Io volevo una domanda relativa ad una affermazione che
era stata fatta, non a proposito della causalità, ma a proposito della
potenzialità. Cioè, dici che non è sufficiente la potenzialità per spiegare il
passaggio da un livello inferiore a uno superiore, vorrei un qualché
chiarimento su questa affermazione, ecco.
Un’osservazione di carattere generale é che mi sembra, si ho ben
capito, che tutta la sua presentazione ben si inquadra, a mio parere,
nell’impostazione che è stata data dal professor Del Re in quel articolo di
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cui ho letto letture di alcuni parti, perché appunto, lí, vengo riconoscuti
livelli di complessità ma, che hanno anche un carattere ontologico.
Poi vorrei fare una domanda più specifica relativamente all'ultimo
grafico circolare sul rapporto Dio-uomo-Universo. Volevo sapere se
questo schema della relazione Dio-Universo e Dio-uomo sono state
presentate, non mi sembra da questo pastore
- Dra. Archideo: Come anima umana.
- Prof. Abbona: Spirito o anima umana? Questa è una precisazione da
fare, perché anche un materialista ammette l'esistenza dello spirito. Si dà
per scontato cioè che lo spirito sia una produzione della materia. La
questione dell'anima mi sembra diversa.
Può questa componente, chiamiamola spirituale, influenzare le attività
del corpo? Questo è un problema, pensiamo sempre al viceversa, cioè,
che l'inferiore - in questo caso il corpo - agisce sul superiore. Ma può
questa attività spirituale agire sui livelli inferiori?
- P. Coyne: No, va bene, grazie. Non ho voluto parlare di come la
persona umana agisce con Dio, la preghiera; è solo una omissione
selettiva per parlare di come Dio agisce. Ha perfettamente ragione,
bisogna che ci sia la freccia dalla persona umana verso Dio, ovviamente.
Per me c'è più che la potenzialità al livello inferiore; la vera natura
degli elementi a livello inferiore è necessaria; non è sufficiente, ma
necessaria per avere quel essere a livello superiore. È più che
potenzialità, è la sua vera natura che contribuisce, che ha una causalità.
Per me, l'anima è un modo di cercare di capire lo Spirito Divino dentro
l'uomo. L'anima spiega altre cose, ma per me è un modo fra tanti
possibili modi di pensare della presenza dello Spirito Divino dentro
l'uomo.
- Dra. Archideo: Per participazione.
- P. Coyne: Sì, per participazione senz'altro. Cioè, partecipiamo noi nello
Spirito Divino, siamo figli di Dio in quel senso. Sicuramente per me lo
Spirito influisce sul corpo, è ovvio. Per me c'è uno scambio di causalità
fra lo spirito e gli aspetti materiali della persona umana.
- Prof. Abbona: Quindi la preghiera non potrebbe attraverso la
preghiera...
- P. Coyne: Senz'altro, la preghiera potrebbe influire sull'organismo
umano come struttura chimica-biologica.
- Prof. Abbona: Quindi, favorire una guarigione.
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- P. Coyne: Se tiriamo troppo avanti divengo di nuovo scettico. Ma parlo
personalmente, cioè, se io ho una malattia del fegato e che pregando lo
curo, non ci credo. Ma dopo la preghiera mattutina mi sento meglio,
allora, la digestione è migliore, dormo meglio, cioè c'è uno influsso, ma
non una cura medica.
- Prof. Prosperi: Mi pare, in questo ambito, si possa parlare semplicemente di provvidenza.
- P. Coyne: Sì, esattamente. È l'esperienza personale di tutti, dei
credenti almeno, che la preghiera serve anche per vivere meglio. Ma, la
preghiera fondalmente non è per servire a noi; la preghiera è
principalmente la lode di Dio.
- Dra. Archideo: É il linguaggio dell'uomo con Dio, in un certo senso.
- P. Coyne: Il linguaggio sta emergendo ancora, si, senz’altro.
- Dra. Archideo: Con la preghiera.
- P. Coyne: Si, senz'altro, è un buon concetto. C'è una continuità per me,
la preghiera è un linguaggio sviluppato in una certa cultura. Cosa vuol
dire parlare con Dio? È un'altra cosa che parlare con Lila, vero? Ma, c'è
qualche continuità, c'è qualche analogia.
- Dra. Archideo: Il prossimo....
- P. Coyne: Si
- Prof. Prosperi: Nel catechismo di Pio X, (ritenuto oggi superato dal
punto di vista pedagogico perché troppo schematico, ma sotto alcuni
aspetti molto preciso e penetrante) la preghiera è definita come
l'elevazione dell'anima a Dio. Certamente essa è anche colloquio e come
tale noi la sperimentiamo. La sua essenza non è, però, la domanda, ma
il fatto che noi ci rivolgiamo a Lui e ci poniamo in ascolto.
- P. Coyne: Ovviamente la preghiera più fruttuosa è la preghiera della
comunità, non la mia preghiera personale. Ci vogliono tutte e due, ma
sicuramente la participazione nel colloquio della comunità con Dio, è
molto più importante. La mia fede non è una fede isolata dlla fede degli
altri, non potrebbe essere.
- Dr. García Bazán: Pero la forma más intensa y más profunda de esa
palabra, lleva a la Palabra que no se puede decir, lleva al silencio, que
justamente vincula la Palabra de Dios con la palabra del hombre y la
pretensión de que nos inunde esa Palabra última que es inefable. Eso
tanto individualmente para los místicos como colectivamente para la
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misma comunidad. Y acá el tema del ritmo es muy importante en la
oración comunitaria, el coro de las almas.
- P. Coyne: D'accordo, la preghiera del silenzio è forse quella più
significativa. La lunga tradizione cristiana è quella che parte da San
Giovanni della Croce in avanti. E San Tommaso d'Aquino alla fine ha
detto "tutta paglia".
- Dra. Archideo: Grazie Padre.
- P. Coyne: Grazie a voi.
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