Associazione Reduci
LI Btg. Bersaglieri A.U.C. “Montelungo1943”
8 settembre 1943
a ricercare la Patria perduta !
L'inizio del Secondo Risorgimento nel ricordo di un
Bersagliere che partecipò agli eventi che lo caratterizzarono.
a cura di Carlo De Carlo
novembre 2006
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LI Btg. Bersaglieri A.U.C. “Montelungo1943”
Italia, Italia, Italia
8 settembre 1943:
benedetta catarsi !!!
… purtroppo tardiva, pressoché formale, molto gattopardesca !!!
Il 9 settembre 1943 ero a Bari, nel posto giusto, con la compagnia giusta, ossia con il
LImo Battaglione Allievi Ufficiali Bersaglieri, che dalla scuola di Marostica era stato
dislocato in tale zona di operazioni. Tale unità era accampata nelle immediate
vicinanze di Bari, a tutela dell’aeroporto militare di cui era dotata quella zona e del
grande porto funzionale rimasto intatto, organizzato ed efficiente a quella data.
Avevo ricevuto la cartolina di precetto i primi di gennaio del 1943: viaggiando dalla
Bocconi verso Marostica per raggiungere il primo centro di reclutamento, rileggevo le
lettere che mi erano pervenute pressoché criptate dai miei due fratelli.
Elio Costanzo, aiutante maggiore di divisione ubicata in Grecia, che mi completava
gli aggiornamenti sulle conseguenze della disfatta di Salingrado del dicembre 1942 in
cui l’esercito tedesco aveva esalato il penultimo respiro e si accingeva a subire la
seconda Beresina.
In tale disfatta aveva abbandonato la parte del fronte coperta anche da circa 100.000
italiani, gran parte alpini, che con le 100.000 gavette di ghiaccio e fasce ai piedi dal
Don ripiegavano faticosamente per 600 Km. fra la neve verso le retrovie, sognando
l'Italia.
Il grande Reich lasciò altresì in tale periodo altri 100.000 italiani sullo stesso fronte,
male equipaggiati, divenuti prigionieri e mandati in gran parte a morire nelle steppe
siberiane.
Nella stessa epoca (dicembre 1942/gennaio 1943) Pasquale, mio fratello sottotenente
di artiglieria, criptava i suoi messaggi che indicavano la corsa del suo reparto già
presente ad El Alamein: puntava a raggiungere la Tunisia, in una marcia "a reculon”.
Reparto dotato di mitragliera da venti millimetri con proiettili anticarro. Faceva parte
della retroguardia che avrebbe dovuto rallentare le avanguardie dell’VIII Armata.
Copriva i resti dell'Africa Korp di Rommel che, distrutta a El Alamein, in disordine e
sbandata, andava incontro alla V Armata Americana che, sbarcata a Casablanca, si
accingeva a chiudere la partita africana giungendo dall’Atlantico.
Naturalmente i tedeschi, requisiti i camion, avevano lasciato le esauste divisioni
italiane acché da El Alamein raggiunsero Tripoli e Algeri a piedi o con mezzi di
fortuna (erano circa centomila !).
Avevo quindi chiara l’idea del futuro che attendeva il mio inserimento fra i
Bersaglieri a gennaio 1943, destinazione da me preferita alla poco qualificante
assegnazione fra i sedentari del commissariato, cui il servizio di leva mi aveva
collocato.
Venivo da una giovinezza che avevo vissuto nel periodo precedente al 1943, con
precisa cognizione, politico-sociale, in atmosfera familiare che fin dalla giovane età
mi aveva illuminato la infausta previsione delle gesta che il regime allora vigente si
accingeva a realizzare nel culto dell'impero di Roma a fianco della Germania.
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La campagna di Etiopia e l'intervento nella guerra di Spagna venivano bollati da
disprezzo: erano classificati fra i gesti effimeri (oltre la propaganda) con cui il
fascismo aveva cercato di arginare il disagio delle popolazioni meridionali (che
necessitavano di ben altri interventi), dirottando i disoccupati e le poche risorse
nazionali in indirizzi peraltro chiaramente antistorici e senza futuro.
“Racconto” quindi il "quadro dell’8 settembre" come giovane che ha vissuto
intensamente anche l'origine di quello sfascio, impegnato quindi coscientemente nel
settembre 1943, per poi essere ancora più impegnato nell’epoca successiva.
E' in tale contesto che riconduco l’inizio del "secondo risorgimento d'Italia" agli
eventi avvenuti a Bari il 9 settembre 1943.
E' stato in quel giorno ed a quell'ora che il Gen. Bellomo, unico generale all'altezza
della situazione fra la marea di altissimi gradi dell'Esercito presenti in Puglia
(imboscati nell'ultimo lembo d'Italia libera), pose le radici per far risorgere la
Nazione, galvanizzando un centinaio di fanti dei servizi ed i 500 del LImo Btg.
Bersaglieri: con tale "corazzata" disposta a tutto fronteggiò i 300 paracadutisti
guastatori della Goering che avevano occupato e stavano distruggendo il porto,
l'aeroporto ed il centro di comunicazioni.
Bellomo fece così di Bari la capitale della NUOVA Italia, da cui ripartire "da subito"
per costituire un NUOVO STATO in cui far riconoscere il popolo italiano.
Azione quella di Bari, di mole militare non notevole, ma di grande successo: disarmò
comunque il reparto della Goering sopra citato, rendendo salva la vita a tali aggressori
(sottraendoli al linciaggio che la popolazione di Bari reclamava): nelle incertezze di
quei giorni, facendoli accompagnare verso Foggia su tradotta improvvisata.
E' in tale contesto che emersero la tardività e le carenze organizzative e le
caratteristiche negative della "catarsi" dell'8 settembre 1943: data peraltro in cui
l’Italia iniziò a rivivere, dopo essere stata precipitata in posizione conflittuale con le
truppe germaniche che da luglio a settembre avevano invaso l'Italia. L’armistizio di
Cassibile fu reso pubblico nella serata dell’8 settembre 1943.
Sono lieto di essermi trovato il 9 settembre 1943 a BARI, in struttura militarmente di
modeste proporzioni, ma di grande efficienza e di alta tensione patriottica e sociale ed
in tale veste posso riferire gli aspetti più salienti degli eventi che ho vissuto in quel
periodo e dopo, non scevri da valutazioni personali, sociali e di prospettiva.
Per tracciare tale quadro, è indispensabile iniziare dalle giornate del 25/30 luglio
1943: giornate in cui il popolo italiano esplose con manifestazione univoca
esternando coralmente la propria decisione di farla finita con il cosiddetto alleato
tedesco e chiudere l’insano confronto militare con gli anglo-americani che, in quel
periodo (luglio 1943), con lo strapotere militare dell'VIII e della V Armata, dopo aver
chiuso il teatro di guerra in Africa, aver conquistato la Sicilia ed essere divenuti
padroni del Mediterraneo e dello spazio aereo europeo, si accingevano a risalire
l’Italia.
Lo stato fascista (quello stato) era crollato in quei giorni del luglio 1943: gli eventi
italiani 25-26 luglio di tale anno furono la conseguenza dello sfascio in cui si era
volatilizzata tale organizzazione (e solo essa) al primo stornire di foglie: castello di
carta la cui inconsistenza era emersa plateale in tutta la sua interezza. A quello Stato
(dissolto il 25 luglio), aveva risposto la Nazione italiana, con il suo popolo dalle
grandi risorse morali, pronto ad affrontare ricompattato i grandi problemi nei
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momenti più difficili della sua storia, già pensando alla ricostruzione dello Stato,
dopo aver liberato il suo territorio e ricompattata la Nazione, ripartendo dalla base,
seppure con struttura momentanea e di vertice (Re, Badoglio, Ministri e Generali)
divenuta solo facciata ingombrante, vecchia e di grande ostacolo per il nuovo
avvenire.
Il giorno successivo al 25 luglio 1943, senza il minimo contrasto, quello che avrebbe
dovuto essere l’esercito di Mussolini, "applicò le stellette" cancellando in un
battibaleno i fasci dalle divise con i "militi" ridivenuti all'istante soldati della nuova
Italia.
Il popolo aveva espresso coralmente in plebiscito l'aspirazione di farla finita con lo
Stato Fascista e con l’alleato tedesco e soprattutto con l’insana guerra in cui il popolo
italiano era stato cacciato.
L’agosto era trascorso sul versante Adriatico, compreso le Puglie: in assenza di
operazioni militari di rilievo.
Tale Regione, forse scientemente, era stata tenuta fuori del "teatro di guerra"
guerreggiata dagli anglo-americani per essere utilizzata, con le basi di Taranto,
Brindisi e Bari e la pianura che la caratterizzava, per lo scopo politico e militare che
poi si è rivelato concreto. Quello cioè di trasferire in quella Regione i simboli ancora
utilizzabili dell’Italia sconfitta (Re e Governo) al fine di acquisire consenso con la
popolazione presente nella parte dell’Italia ancora in mano all’esercito tedesco. In tale
contesto e con tale struttura formale e simbolica di supporto utilizzare le basi navali,
militari ed aeree presenti, accoglienti ed efficienti in Puglia, per le future operazioni
militari da affrontare in Italia e Jugoslavia.
Il teatro di guerra, dopo aver superato la Calabria, si era spostato in Campania (sbarco
di Salerno dei primi di settembre).
Radio-Fante diffondeva le vaghe notizie che circolavano sui contatti delle missioni di
pace inviate dagli italiani, tant’è che la mattina del giorno 8 i reparti davano per certa
l'avventa sottoscrizione dell’Armistizio.
Lo squillo di tromba delle ore 21,00 che chiamò a raccolta allievi sottufficiali ed
ufficiali e personale dei servizi non costituì sorpresa.
All’annuncio ufficiale seguì breve indirizzo del Comandante Colonnello Trapani:
indicava chiaramente che da quel momento l’unico esercito da cui potevano provenire
aggressioni era quello germanico.
Precisò che non era stata diramata alcuna disposizione precisa, sicché la unità doveva
operare sotto il comando della piazza di Bari nonché nell’ambito delle operazioni che
sarebbero state disposte dalla 209ma divisione costiera, salvo le azioni che
imponevano immediato intervento per le quali Egli, Colonnello Trapani, comandante
del battaglione, avrebbe impartito ordini di volta in volta.
Ribadì che sarebbero stati determinanti, per il successo nelle azioni che si sarebbero
dovute affrontare, l'immediatezza dell'intervento, la decisione dei singoli reparti e
soprattutto, anche nell’interesse di ciascuno, la compattezza del battaglione (restare
cioè uniti e con le armi efficienti).
Il giorno 9 la sveglia puntualmente ci allineò alle ore sei: il comando si pose il
problema della prospettiva immediata.
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Poiché il Battaglione era composto di Bersaglieri Allievi Ufficiali, in carenza di
indirizzi operativi che provenivano dal comando di BARI e della 209ma divisione
costiera, il Colonnello Trapani dispose che la unità doveva essere pronta ad entrare in
azione, in tempi rapidi: inviò staffetta al comando della 209ma divisione costiera che
aveva sede in Noicattero (Comune nelle vicinanze di Bari).
La staffetta era costituita dal Tenente Merolli e dal Sergente Maggiore Antonio
Vigna: con la moto di ordinanza, tali due ufficiali, utilizzando le strade ordinarie, si
recarono al comando della 209ma divisione e furono ricevuti alle ore 8,30 dal
Generale Lerici.
Cosa accadde ?
Quali istruzioni ricevettero ?
Tale Generale, che disponeva di forza armata di 10.000 uomini in assetto di guerra,
riferì che aveva notizia che erano in circolazione, diretti verso Bari, reparti tedeschi
autocarrati di cui egli ignorava destinazione effettiva e scopi.
Non dimentichiamo che Bari era restata teatro di guerra marginale, perché le
operazioni militari cruenti si svolgevano in Campania, ove gli anglo-americani erano
già sbarcati in prima mattina.
Su tutto il fronte, i reparti tedeschi erano in ritirata compiendo le azioni tipiche di
retroguardia, ossia ostruzione di strade, distruzione di porti e strutture, saccheggi.
Il Generale Lerici, di cui esamineremo in prosieguo l’aspetto morale e patriottico,
congedando il tenente Merolli ed il Sergente Vigna, si limitò a raccomandare (!!!) di
“stare attenti ai tedeschi” che avrebbero certamente incontrato sulla via del ritorno a
Bitonto: si limitò cioè a tale paterna raccomandazione.
Lasciato il comando della 209° divisione, i due ripresero la via di Bari-Bitonto ed
effettivamente incontrarono grossi reparti di militari tedeschi autocarrati ed armati di
tutto punto diretti verso Bari.
Il bravissimo e svelto Sergente Vigna superò la colonna e con un saluto di “Good
Morgen Cammarate” chiuse la partita: ne ha lasciato traccia su una fotografia d’epoca
quasi “testamento spirituale”.
Ritornati in sede a Bitonto, i due ebbero appena il tempo di relazionare il Colonnello
Trapani che già alcuni reparti di quella colonna avevano preso “contatto” con il
Centro di Comunicazione ubicato in contiguità della zona portuale, presentandosi con
fare amichevole.
In tale centro erano presenti gli impiegati, nonché la guardia armata (polizia postale e
ferroviaria).
Al primo invito di consegnare la struttura, rivolto dal Maresciallo tedesco al
responsabile dell’ufficio, il colloquio si raggelò, in quanto lo stesso ebbe netto rifiuto.
Seguì breve colloquio in cui l'ufficiale germanico espresse meraviglia
dell’atteggiamento al responsabile di tale ufficio ed al comandante della milizia di
scorta perché, a suo dire, la consegna del Centro di Comunicazione alla unità tedesca
sarebbe stata concordata in alto loco.
Ne seguì lo scontro a fuoco fra il reparto tedesco e la unità di guardia italiana.
Il centro restò in mano italiana ed i tedeschi si allontanarono, con qualche ferito dagli
schioppetti 91 di cui erano potentemente armati i militi della polizia postale.
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La notizia della scaramuccia si diffuse in un battibaleno nella zona portuale ove erano
sopraggiunti i primi reparti dei guastatori tedeschi (paracadutisti della Goering) che
richiedevano libero accesso al porto.
Il reparto era costituito da 300 uomini muniti di mitragliatrici e bombe armano i quali,
alla prima reazione della milizia portuale, risposero sfondando i cancelli e
cominciando a sparare sulle opere del porto e sul naviglio mercantile ancorato.
Appena informato del fatto da alcune popolare, intervenne sul posto il generale
Nicola Bellomo con le forze che era riuscito a mettere insieme alla meglio: due
plotoni di una quarantina di elementi, tutti pressoché addetti ai servizi sedentari, circa
quindici guardie di finanza, cinque marinai, tutti armati di moschetto e qualche
bomba a mano cui si unirono alcuni civili baresi.
Il loro intervento interruppe l’attività di sabotaggio del porto da parte dei tedeschi, ma
diede inizio ad un violento fuoco incrociato.
Nel corso di due successivi attacchi in cui venne ripetutamente ferito anche il
generale Bellomo, gli italiani che riuscirono a mascherare la loro inferiorità
costrinsero i tedeschi a cessare il fuoco e cessare le operazioni di distruzione.
I tedeschi si erano oltretutto resi conto che i fornelli da mina, a suo tempo predisposti
dai genieri italiani lungo la recinzione portuale, non erano attivati e quindi essi si
trovavano intrappolati.
Nel frattempo, su sollecitazione del comando della 209ma divisione costiera, stavano
giungendo i bersaglieri, i quali presero posizione verso le 17,00 evidenziando alla
truppa del Capitano Stainer che il reparto germanico si accingeva a subire un bagno di
sangue, essendo circondato da reparti determinati ed efficienti.
In tale contesto tale comandante sollecitò più volte di parlamentare offrendo la sortita
dei propri reparti cui doveva essere assicurata salva la vita e di allontanarsi lasciando
sul posto le armi pesanti.
Trattò la resa dei reparti tedeschi il Tenente Moiso, comandante della Seconda
Compagnia dei Bersaglieri, che si recò a parlamentare accompagnato da due allievi,
portando sul petto la croce di quercia, massima onorificenza conferitagli da Rimmel
per l’ausilio apportato dal suo reparto in supporto di reparti tedeschi dell’Africa Corp
in Libia.
La trattativa si concluse con il consenso del comando del 9° corpo d’armata.
Buona parte dei tedeschi, lasciate le armi pesanti, prese la via di Foggia con i camion
e gli altri guastatori della Goering incolonnati furono accompagnati in stazione,
scortati per protezione dalla folla inferocita proprio dai bersaglieri del LImo.
I militari tedeschi, collocati su una tradotta, presero la via di Foggia.
Il bilancio ufficiale annota sette morti e ventuno feriti fra i tedeschi: fra gli italiani
caddero sei eroi: sergente Nocchiero Valter Facchin, marinaio Domenico Leone,
sottotenente Michele Chicci, Legionario Pasquale Carella ed i civili Luigi Partipilo e
Giuseppe Barnabà.
Non guasta precisare che il giorno 9 mattina, l’esercito tedesco e l’esercito italiano,
dico meglio le due Nazioni Italia e Germania non erano in "stato di guerra", perché lo
stato di guerra fu dichiarato dall'Italia il 13 ottobre.
Fu quindi saggia l’operazione di evitare il bagno di sangue al porto di Bari, ove i
reparti tedeschi, imbottigliati, sarebbero stati azzerati in breve volgere di tempo.
Deposte le armi pesanti ed avuta salva la vita, furono accompagnati verso Foggia su
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una tradotta: non potevano essere considerati prigionieri di guerra in quella
situazione.
Di grande rilievo è la considerazione dell’attività espletata dal Generale Nicola
Bellomo: nella mattinata del giorno 9 era stato investito del comando della piazza di
Bari da specifico ordine telefonico pervenuto da Brindisi ove si era insediato lo Stato
Maggiore dell’esercito.
Il responsabile del comando supremo Generale Amato, che aveva avuto sentore che la
situazione di Bari stava "esplodendo" e che doveva fare affidamento su comandante
di sicura fede patriottica, aveva nominato il generale Nicola Bellomo comandante
della piazza di Bari con pieni poteri militari e civili, sottendendo con tale
disposizione, peraltro verbale (confermata il giorno 14 per iscritto dal Generale
Roatta che aveva assunto il comando generale dell'Esercito), il Gen. Giovanni
Caruso.
Non può sottacersi che il Comando Supremo conferì al Generale Bellomo anche
poteri civili, la cui portata fu precisata direttamente dal Comando Supremo installato
a Brindisi al recalcitrante Prefetto di Bari, che mal digerì la sottrazione dei propri
poteri.
E’ in tale contesto che si svolsero le operazioni che garantirono nelle Puglie la
continuità dello Stato italiano con capitale effettiva (naturalmente provvisoria) Bari
ove era presente quel piccolo reparto, ma di grande efficienza, costituito proprio dal
LImo Btg. bersaglieri A.U.C., in contesto in cui erano rimaste efficienti le strutture
(porto – centro di comunicazione – uffici) supportate dalla popolazione.
Qui si innesta il racconto degli eventi avvenuti nei giorni successivi, in cui il LImo fu
onnipresente nella zona di Bari: rintuzzò anche il tentativo di ritorno di reparti
dell’esercito tedesco che il giorno 12, nel primo pomeriggio, proveniente da Barletta
si dirigevano verso Bari, con la evidente finalità di distruggere il Porto, l’aeroporto, la
raffineria, il Centro di Comunicazione.
La città di Bari, conservata con tali strutture efficienti, costituì nel mese di settembre
1943 la capitale effettiva del nuovo Stato Italiano.
Ebbe così inizio il Secondo Risorgimento.
Ricordiamo fra gli eventi più salienti la presenza del LImo il giorno 10 ed 11
settembre con pattuglie lanciate verso Trani-Barletta, sia per sondare la presenza e
consistenza di reparti tedeschi, sia per accompagnare esploratori dell’VIII Armata.
Fu altresì presente il giorno 12, posizionato avanti e dietro i fossati anticarro da tempo
predisposti nella zona di Palese, lungo la statale: intervento che scoraggiò
l'avvicinarsi di reparti tedeschi segnalati provenienti da Barletta, colonna preceduta da
due aerei da ricognizione.
Quel pomeriggio del giorno 12, come sopra riferito, si concluse con ritirata della
colonna tedesca cui gli aerei di supporto, che avevano sorvolato la zona, avevano
riferito l'esistenza dei fossati anticarro e di truppa presente in tale posizione:
situazione che non consentiva di portare a termine il blitz di rappresaglia.
Seguirono gli interventi su Altamura, Sammichele di Bari, Trani, Gioia del Colle ed
altri centri minori, finché il giorno 19 sopraggiunsero i reparti dell'VIII Armata che,
accompagnati da reparti del LImo, superarono Trani e fecero giungere il giorno 21 in
tale città liberata dai tedeschi truppe italiane di nuova formazione.
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Le operazioni nella zona di Bari da parte del Limo si conclusero praticamente il
giorno 21: tale battaglione fu acquartierato nelle scuole di Bari e restò a disposizione
fino al giorno 30 settembre.
Dopo tale data il LImo Btg. Bersaglieri fu trasferito per un periodo di riposo ed
aggiornamento dell’armamento a Cellino San Marco.
Lo Stato Italiano, nelle province di Bari, Brindisi, Lecce e Taranto, aveva conservato
la sua continuità, proprio per l’attività del LImo Btg. bersaglieri in Puglia:
limitatamente a tale zona, le autorità anglo-americane, confermarono il pieno
riconoscimento della piena sovranità, nonché il funzionamento autonomo delle
istituzioni civili e militari.
In Brindisi, da giorno 11 settembre, si erano installati il Re, il Governo con Badoglio
ed il Comando Supremo, era presente qualche Ministro: individui ingombranti, privi
di carisma e di ostacolo acché il nuovo Stato italiano pigliasse da subito volto ed
efficienza che l'avvento del Secondo Risorgimento assegnava ad un NUOVO Stato.
Il tortuoso percorso per garantire NUOVA configurazione del Capo dello Stato,
NUOVO Governo, NUOVI Ministri ed istituzioni che dovevano caratterizzare il
nuovo Stato si protrasse fino al 1945.
In tale contesto ed in tale periodo (settembre-novembre 1943) ebbe origine il Primo
Raggruppamento Motorizzato Italiano, forte di 3.000 uomini di tutte le armi,
comandato dall’unico generale che si era dichiarato disponibile ad assumere tale
rischio (Generale Dapino): primo raggruppamento che entrò a far parte della V
Armata partecipando alle Battaglie di Montelungo 8 e 16 dicembre 1943 coprendosi
di gloria.
Ma questa è un’altra storia che si concluse il 21 aprile 1945 a Bologna, dove il Primo
Raggruppamento Motorizzato, il cui nucleo di eccellenza iniziale era costituito
proprio dal LImo, si implementò fino a costituire il nuovo esercito italiano che,
gradualmente, raggiunse le cinque divisioni di combattimento e che a Bologna il 21
aprile 1945, alla cessazione dello stato di guerra, contava 90.000 effettivi.
Gli eventi che susseguirono le giornate di settembre 1943 e fino al 21 aprile 1945 a
Bologna saranno raccontate in altra puntata.
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CONSIDERAZIONI POSTUME DI UN EX GIOVANE:
1) fu plebiscitaria la manifestazione del 26 luglio in cui, crollato lo Stato fascista
(quello Stato!!), il popolo italiano dette mandato alla borghesia di cessare la
guerra, di abbandonare il cosiddetto alleato tedesco e chiedere l'armistizio
agli anglo-americani;
2) si deve dare atto che nel periodo luglio-agosto 1943, le alte gerarchie di
"quello Stato" crollato, appunto perché retto da personaggi squallidi ed
incapaci e da alte cariche civili e militari corrotte, non trovarono l'amor
proprio, la capacità ed il senso del dovere per organizzare un minimo di
concentrazioni di reparti militari, funzionali, capaci di opporsi alla
prevedibile aggressione dei reparti germanici che sarebbero divenuti nemici
ed occupatori dell'Italia a seguito della prevedibile uscita dell'Italia dal teatro
di guerra;
3) va acquisita la rilevanza degli eventi di Bari e delle altre località della
Puglia, in cui il LImo Battaglione Bersaglieri Allievi Ufficiali eliminò le
sacche di aggressione di reparti germanici nel porto di Bari ed i reparti di
resistenza nella varie città di Puglia: evento di modesta entità sotto il profilo
militare, ma di grande valenza politico-sociale.
A tale grande successo, realizzato da pochi giovani, deve ascriversi il
perdurare della continuità dello Stato nella Regione Puglia, limitatamente al
territorio delle Province di Bari, Brindisi, Legge e Taranto ove si erano
trasferiti i simboli dello Stato (il Re, il Governo, alcuni Ministri). Stato cui gli
anglo-americani conservarono riconoscimento di sovranità e di istituti che
costituì l'inizio del secondo risorgimento;
4) la valutazione della catarsi dell'8 dicembre, denominata "benedetta catarsi",
in effetti va dequalificata ed annoverata quale purificazione tardiva dei sommi
gradi e delle somme strutture, perché il rinnovamento dei vertici dello Stato si
protrasse per circa due anni. Nel settembre-dicembre 1943 la transizione post
8 settembre fu solo formale, perché il "Re travicello" ed il Badoglio super
decorato e super incensato non ebbero la dignità, subito dopo l'8 settembre,
di abdicare alle loro cariche consentendo rinnovamento almeno delle
strutture fondamentali dello Stato.
Catarsi che deve qualificarsi gattopardesca, in quanto il funzionamento del
nuovo Stato che riconduciamo al 9 settembre 1943, conservò lo stesso modus
agendi fino a consentire a Badoglio, Lerici, Caruso ed al loro clan di generali
ed accoliti di circuire Alexander fino ad indurlo alla sciagurata decisione di
far organizzare il processo al Generale Bellomo, con conseguente condanna a
morte.
Il generale Alexander non doveva sottovalutare l'apporto di tale unico
generale italiano alla sua incipiente campagna nell'Italia continentale alla
conservazione dello Stato italiano come strumento che agevolava la
campagna italiana dell'Armata che Alexander comandava.
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Aveva sulla coscienza e non doveva ignorare la fucilazione immotivata di una
ventina di inermi soldati italiani, fatti prigionieri dai reparti del Generale
Patton in Sicilia e non poteva non ricordare i disastri che a lui, comandante
supremo,vanno imputati per le "navi cariche di IPRITE", ancorate e lasciate
indifese nel porto di Bari: procurarono 1.500 morti ed immense distruzioni a
seguito nel raid aereo germanico del 2 dicembre 1943 e della collisione fra
unità navali anglo-americani nello stesso porto di Bari il 4 aprile 1945;
5) apprendere, dopo quarant'anni, l'avvenuta confessione resa dal Generale
Comandante della Piazza di Bari: intervista in cui ha dato atto che Egli aveva
incontrato il giorno 8 settembre 1943 il collega tedesco che comandava la
stessa zona. Tale soggetto, divenuto anziano ed ex, precisò che aveva
convenuto con il collega tedesco che i reparti italiani avrebbero lasciato i
militari tedeschi liberi di compiere in tale zona qualunque azione avessero
desiderato porre in atto, perché i militari italiani non si sarebbero opposti. E'
la spiegazione della condotta del Generale Lerici che, la mattina del giorno 9,
incontrando il Sergente Vigna ed il Tenente Merolli, aveva ricevuto dal suo
superiore e collega tale imput e lo assecondava !
E qui mi fermo, per non accrescere le mie amarezze.
Carlo De Carlo
Bersagliere del LImo Btg.
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