La formazione nella baraccopoli di Mathare – Parte seconda.
Nella baraccopoli di Mathare, vengono utilizzate diverse tecniche, alcune non molto lontane
da quelle che conosciamo. Sono continui approcci pedagogici in cui la persona si
immedesima in una situazione e viene coinvolta, il tutto rielaborato in chiave metaforica.
Utilizzano moltissimi “ rompi ghiaccio” per attivare il gruppo i quali sono molto simili a
filastrocche per bambini o complicati esercizi di concentrazione. La situazione è molto ludica
ma tutti i partecipanti ne fanno parte, per loro è tutto nuovo e rispondono agli stimoli in
maniera divertente e propositiva.
Le tecniche di formazione proposte nella slum sono:
• Story telling: riguarda molto spesso una scelta, la storia assume fin da subito un
significato valoriale.
• Role plays
• Imagine theatre: alcuni partecipanti impersonificano una scena, il resto del gruppo
prova a cambiare la situazione e il significato di quest’ultima.
• Oppressed theatre.
La tecnica che più mi ha colpito e che nella mia breve esperienza di formazione in Italia non
avevo mai visto, è il teatro dell’oppresso. E’ un’incredibile tecnica a me di sicuro non nuova
ripercorrendo i vecchi studi liceali, ma dal vivo non c’era ancora stata occasione di viverla. Il
protagonista è un uomo o una donna oppressa, l’antagonista della vicenda è una persona
malvagia ed esiste un facilitatore che ha il compito di mediare la combutta. Quest’ultimo è un
personaggio molto scherzoso e usa il suo ruolo in maniera burlesca. Questa tecnica è
avvincente, immedesima rapidamente i partecipanti che colgono con facilità l’aspetto
formativo.
Il teatro dell’oppresso l’ho vissuto non solo nella lezione sulla situazione delle donne ma
anche in un’altra occasione. Ero di ritorno da un centro educativo per bambini di strada
quando mi sono imbattuto in un’accesa discussione tra un uomo e una donna, il tutto nel bel
mezzo della baraccopoli, tra il via vai della gente che si riversava a casa, dopo una giornata
di lavoro trascorsa in città. La lingua che parlavano era per la maggiore quella locale, lo
Swahili, ma a tratti comprendevo alcune frasi inglesi. Come avviene da noi, quando si
verificano delle zuffe le persone si avvicinano non tanto per calmare la disputa tra i due ma
solamente per curiosità. Questa è la chiave: incuriosire i passanti e renderli spettatori di un
evento formativo nel contesto che meglio conoscono, tra le vie di Mathare. Mi accorsi dopo
alcuni minuti che si trattava di una rappresentazione teatrale: il raggruppamento formatosi
era divertito e ogni persona si guardava intorno come se si rendesse conto e conoscesse la
scena in corso. E’stata un’esperienza formidabile in cui si sono verificati nello stesso tempo
momenti di vita quotidiana e la tecnica più usata per fare formazione nella slum.
L’atmosfera che ho vissuto nella slum di Mathare non è intuibile ma da vivere. Io l’ho vissuta
e posso dire che nasconde delle risorse incredibili. La formazione degli adulti, con tutti i limiti
tecnologici che ha un paese del terzo mondo, è la vita.
Articolo scritto da: Pietro Vettore (ha vissuto questa esperienza in prima persona).