VAsi dispERsi, VAsi RitROVAti. OssERVANdO VEcchiE

2007]
FARFALLE NELL’EGEO
147
Vasi dispersi, vasi ritrovati. Osservando vecchie fotoGRAFIE d’archivio
Orazio Paoletti
Abstract
This paper reviews old photographs discovered in the archives of the Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, illustrating Attic black- and red-figured vases offered by the Greek art dealer Vasilios Nostrakis to the Archaeological Museum in Florence at the beginning of the 20th century, after the Museum had acquired objects, mostly of
Geometric style, by him. The Attic vases are briefly described and their current location, when identified, is given.
Mentre consultavo l’archivio della Soprintendenza
per i Beni Archeologici della Toscana per una ricerca sulla collezione greco-geometrica del Museo Archeologico di Firenze, la mia attenzione è stata attirata da alcune lettere del commerciante ateniese di
antichità Vasilios Nostrakis, risalenti al secolo scorso, nelle quali si offrivano in vendita al direttore del
museo Luigi Adriano Milani oggetti di provenienza ellenica documentati mediante fotografie. Argomento della proposta erano principalmente vasi e
frammenti attici dipinti del periodo geometrico, e
oltre a questi vasi a figure nere e a figure rosse di
età arcaica e classica. Data l’intenzione da parte di
Milani di riunire per la sezione dei ‘confronti mediterranei’ una scelta di ceramiche geometriche, tra
il mese di novembre 1910 e il gennaio 1911, e successivamente nel 1913, il museo acquisì da Nostrakis alcuni dei reperti in suo possesso 1; rinunciando comunque all’offerta dei vasi a figure nere e a
figure rosse, perché non avrebbero apportato incrementi significativi alle collezioni 2. Per la stessa ragione, ovvero in quanto si tratta di materia-
Queste note senza pretese sono dedicate al ricordo di Ruth Lindner: fu in occasione di uno dei nostri ultimi incontri che, insieme a Irma Wehgartner, ponemmo a confronto con l’originale una delle immagini da cui esse sono state suggerite. Rinnovo
il mio ringraziamento a G. Carlotta Cianferoni, direttrice del Museo Archeologico di Firenze, per l’autorizzazione a rendere
nota la documentazione esaminata; nonché a Mario Iozzo, Zoi Kotitsa, Eleni Manakidou, John H. Oakley, Erika Simon per le
informazioni offerte. Sono grato alla Direzione della Rivista per avere accolto un testo destinato in origine a un volume miscellaneo, edito nel frattempo a cura di E. Simon e C. Weiss (Folia in memoriam Ruth Lindner collecta, Dettelbach 2010).
I primi acquisti (cfr. archivio della Soprintendenza, 1910, A/12 e 1911, A/15) furono una pisside con coperchio sormontato
da figure equine (inv. 84807: Bohen 1988, p. 57, VII 10, con n. inv. 4289, inesatto; p. 100, testo al n. 192; 133), e un boccale con
la rappresentazione di un centauro (inv. 84808: tra varie menzioni, LIMC VIII, 1997, Kentauroi 2 [L. Marangou]; Kourou 1998,
p. 174 e fig. 12). Del materiale pervenuto nel 1913 (inv. 86413-86427; cfr. archivio della Soprintendenza, 1913, VIII/1 [22]), facevano parte frammenti di ceramica geometrica, tra cui i frammenti di un cratere (inv. 86415-84816: Ahlberg 1971, p. 27, n.
27 e passim, fig. 27 a-b).
2
Questi i documenti relativi alla pratica che riguarda in maniera specifica tale gruppo di oggetti, conservati nell’archivio della Soprintendenza (1913, VIII/1 [22]):
1. V. Nostrakis a L. A. Milani, 31 gennaio 1913: «Ill. mo Signor Direttore, dietro suggerimento del signor Direttore della R.
Scuola Archeologica Italiana di Atene [L. Pernier], Le mando le fotografie [annotazione a matita: «a parte»] di alcuni vasi che
potrebbero servire a codesto Museo. Dietro le fotografie sono indicati i prezzi e le dimensioni.
Se qualcuno di essi può servire al Museo mi farei un dovere di spedirglielo.
Gradisca gli atti del mio profondo ossequio. Dev. mo Basilio Nostrakis».
2. L. A. Milani a V. Nostrakis, 8 febbraio 1913, prot. 689 (minuta; reca la stessa data un promemoria di Milani indirizzato
ad Antonio Minto, inteso a preparare la risposta in oggetto): «Ho esaminato le fotografie dei vasi che la S. V. propone in acquisto a questo Museo, ma disgraziatamente non ne trovai alcuno che possa interessare le nostre collezioni che già posseggono numerosi esemplari consimili […]».
Le foto (purtroppo di qualità modesta) menzionate nella lettera di V. Nostrakis a L. A. Milani, dalle quali sono tratte le
riproduzioni alle tavv. XXVI, a; XXVII, a-XXVIII, a; XXIX, b-XXX, b; XXXII, a-XXXIII, b (A. Pareti, Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana), si trovano nella filza sopramenzionata entro una busta con l’indicazione «N. 15 fotografie inviate
da Basilio Nostrakis». Le annotazioni tracciate a penna sul retro degli originali, indicanti numero d’ordine, misure e prezzo
dei vasi (espresso in franchi) sono riportate entro parentesi nel testo che segue.
1
148
ORAZIO PAOLETTI
le estraneo al tema del geometrico greco (sul quale
si tornerà in altra occasione), questi ultimi vengono considerati qui separatamente. Tramite le immagini inviate a Firenze dall’antiquario greco, siamo
oggi in grado di identificarli almeno in parte; e questa segnalazione raggiungerebbe senz’altro il suo
obiettivo, se offrisse ad altri l’opportunità di precisare la collocazione attuale e di perfezionare l’inquadramento di quanto non è ancora stato riconosciuto.
Il nucleo a figure nere è composto da tre skyphoi (a-c) riprodotti su una sola foto. Due di essi
(a- b: tav. XXVI, a, in alto a sinistra e in basso), di
no­tevoli dimensioni, sono contraddistinti da labbro
a profilo concavo e piede a toro. In b la decorazione figurata si sviluppa su buona parte della parete,
tra due fasce orizzontali di vernice e filetti in basso; per tali caratteri e per il tralcio d’edera dipinto
intorno al labbro, lo skyphos sembra da ricondurre
alla classe Ure B 3. Su a la pittura è invece limitata
alla parte superiore della vasca, che appare verniciata per un tratto consistente della metà inferiore:
classe Ure C.4. Anche in questo caso la decorazione sul labbro prevede un tralcio d’edera, che suggerisce l’inserimento dello skyphos nel sottogruppo
1 della classe suddetta 5. L’ornato presso le anse, ortodosso su questo stesso esemplare per la presenza di due sfingi sedute, rivolte ognuna verso l’ansa
adiacente 6, consiste su b in palmette orizzontali ac-
[RdA 32-33
compagnate da due palmette minori, che insieme a
un fiore sotto l’ansa (combinazione nel nostro caso
non accertabile tramite la fotografia) costituiscono
usualmente la decorazione definita ‘FP’. Tale ornato, qui abbastanza inconsueto rispetto al resto della
sintassi decorativa 7, è regolare invece nella Classe
Ure A 2, alla quale spetta il piccolo skyphos c (tav.
XXVI, a, in alto a destra) 8. Le linguette allineate al
di sopra del piede, monocrome su b e c, sono alternatamente nere e rosse su a.
a. («N. 5, alt. 17, fr. 150») (tav. XXVI, a, in alto a
sinistra). Ricomposto da frammenti. Tra due sfingi
sedute rivolte verso le anse, quattro danzatrici in
chitone a maniche corte (non è possibile precisare
se portino un nastro tra i capelli) muovono verso
destra tenendosi per mano; provvede all’accompagnamento musicale una suonatrice di auloi in chitone e mantello, la testa adorna di una corona vegetale, in piedi di fronte alle compagne vicino a
una delle sfingi.
Pertinente con probabilità al Gruppo CHC 9, lo
skyphos a non sembra identificabile con nessuno
dei pezzi che presentano affinità dal punto di vista
tematico, compresi nelle liste di Beazley 10 e riesaminati in un fascicolo del CVA dedicato al Museo Nazionale di Atene 11. Le figure rivolte verso la musicista 12 variano di numero da tre a cinque 13 e, come
in questo caso, sembrano tenersi per mano, verosimilmente impegnate in una danza in cerchio 14. Al-
Ure 1927, pp. 59-61; Moore, Philippides 1986, p. 60; CVA Athens 4, p. 38, con bibl. (M. Pipili). Anche le dimensioni richiamano le classi Ure B e C: Ure 1927, pp. 59-62. Cfr. ABV, p. 617, premessa alla Classe dell’Airone. Su caratteristiche, distribuzione e impiego degli skyphoi di grandi dimensioni Scheibler 2000, pp. 17-18 e passim.
4
Sulla classe Ure 1927, pp. 61-62; CVA Athens 4, p. 52, con riferimenti.
5
Ure 1927, p. 61.
6
Cfr. i rimandi bibliografici a nota 9. La presenza di animali o creature ibride a fianco delle anse, in alternativa a coppie di
palmette, trova precedenti su coppe dei Piccoli Maestri: cfr. Monaco 2243 (ABV, pp. 160, n. 2; 163, n. 2; Para, pp. 67-68) e il
relativo commento in CVA München 11, testo alle tavv. 3-6 (B. Fellmann).
7
Decorazione FP: Ure 1927, pp. 58 (ad 51.236) e 59; Para, p. 80; Tosto 1999, p. 85 e nota 306, commento a tav. 77, FP 11.2,
con rinvii.
8
Ure 1927, pp. 58-59; Para, p. 91; Add 2, p. 54; CVA Athens 4, p. 35, con bibliografia.
9
ABV, pp. 617-623; 711; Para, pp. 306-308; Moore, Philippides 1986, p. 96; CVA Athens 4, cit., p. 52.
10
Parigi, Museo Rodin 644 (ABV, p. 620, n. 74; CVA, tav. 13, 7-8); Bologna 131 (ABV, p. 620, n. 75; CVA 2, tav. 41, 3-4); New
York, mercato d’arte (ABV, p. 620, n. 76 [non vidi]); Vaticano 34990 [Astarita 40] (ABV, p. 711, n. 76 bis; Para, p. 306; Iozzo 2002,
pp. 127-129, n. 171, tav. 79); Atene 360 (ABV, p. 620, n. 79; CVA 4, tav. 53, 1-4); Rodi 13452 (ABV, p. 620, n. 77); Atene, Agorà P
495 (frammento) e P 1141 (ABV, p. 620, nn. 73 e 78; Moore, Philippides 1986, p. 290, nn. 1586-1587); Salonicco, Università 77
(Para, p. 307, n. 76 quater; Manakidou 2005, p. 11 ss., figg. 1-4). Cfr. altresì Vico Equense, Dell’Amura (Bonghi Jovino 1982, p.
86, tav. 47, 1-2). Danzatrici sono segnalate anche sui frammenti Para, p. 307, n. 99 ter e quater (mercato antiquario).
11
CVA Athens 4, cit., p. 58, testo a tav. 52, 3-5.
12
Non rappresentata sui già menzionati skyphoi Atene 360, Rodi 13452, Agorà P 1141. Su Rodin 644, New York, Rodi 13452
sono omesse le sfingi presso le anse (cfr. nota 16).
13
Tre su Bologna 131, su un lato di Agorà P 1141, su Vaticano 34990 e Vico Equense; cinque su Rodin 644 e Rodi 13452; quattro nei restanti esemplari completi, citati alla nota 10.
14
Skyphoi Nostrakis (a), Rodin 644, Vaticano 34990, Agorà P 495, Salonicco; non verificabile Vico Equense, causa la caduta del
3
2008-2009]
VASI DISPERSI, VASI RITROVATI. OSSERVANDO VECCHIE FOTOGRAFIE D’ARCHIVIO
tri skyphoi presentano invece due coppie di danzatrici 15 che convergono verso la figura che detta il
movimento con la melodia 16; o, ancora, offrono immagini nelle quali l’auletris è rivolta non a sinistra
bensì in direzione opposta, e le figure danzanti indossano un peplo anziché il chitone 17.
Ambientazione e circostanze di consimili rappresentazioni di danza collettiva sfuggono sovente
a una definizione puntuale a causa della sostanziale genericità dell’iconografia 18; tuttavia uno studio
articolato tipologicamente, condotto su una documentazione più ampia rispetto all’esemplificazione qui riportata e che tiene conto del quadro offerto dalla tarda produzione a figure nere, degli
attributi delle figure e di possibili indicazioni topografiche, suggerisce per il nucleo di cui fa parte lo skyphos Nostrakis una lettura in chiave dionisiaca; e mentre attribuisce alle danzatrici il ruolo
di seguaci di Dioniso coinvolte in una celebrazione in onore del dio, nel contempo evidenzia la funzione dello skyphos (il recipiente che serve da supporto della decorazione dipinta) nel consumo del
vino in tale contesto 19.
b. («N. 7, alt. 16, fr. 150») (tav. XXVI, a, in basso).
Ricomposto da frammenti. Corteggiamento omoerotico inquadrato da due figure femminili in chitone e nebride, danzanti verso destra e retrospicienti,
cui si unisce a sinistra un personaggio maschile che
accenna un passo di danza, rivolto nella stessa dire-
149
zione. Un erastes con una benda intorno al braccio
destro (e forse un’altra tra i capelli) si flette verso un
adolescente che gli sta davanti con le braccia abbassate, sfiorando con una mano i pettorali, con l’altra
l’addome del giovane, oggetto delle sue attenzioni.
In bianco la carnagione femminile e le bende; sugli indumenti delle donne sovradipinture in rosso.
Il soggetto – il corteggiamento di un ragazzo
da parte di un personaggio più anziano – rientra
nei temi da cui deriva il nome convenzionale del
Gruppo CHC 20. L’impostazione delle figure principali rispecchia uno schema caratteristico di questo tipo di situazioni 21; non così l’impianto generale
della scena, se si considera la loro posizione lievemente decentrata rispetto sia ai comprimari 22, sia
all’asse mediano del campo figurato. Tra le braccia del più giovane componente della coppia non
si notano tracce del gallo, attributo ricorrente nelle immagini analoghe del Gruppo CHC. Il volatile recato in dono dall’erastes 23, al contrario, figura
con tutta evidenza sullo skyphos c.
c. («N. 6, alt. 12, fr. 100») (tav. XXVI, a, in alto a
destra). Ricomposto da frammenti. Soggetto come
sullo skyphos b, con un adolescente che riceve il
gallo offertogli da un corteggiatore. Lo spazio tra le
palmette orizzontali che sembrano sprigionarsi dalle anse accoglie in questa circostanza i soli protagonisti dell’incontro, come su altri skyphoi della stessa categoria 24. Il luogo di conservazione odierno
colore bianco usato per la carnagione. Per la probabilità che si tratti di una danza circolare, Manakidou 2005, p. 19. Su danze
eseguite da donne che si tengono per mano in età arcaica, anche Kleine 2005, pp. 41-66.
15
Ad es. Atene 13917 (Para, p. 307, n. 76 ter; CVA 4, tav. 52, 3-5); Basilea Z-326 (CVA 1, tav. 50, 8-9 e 11, con rinvii [J.-P. Des­
coeudres]); Tebe 6012 (CVA 1, tav. 51, 1-4 [V. Sabetai]); Basilea, mercato antiquario: Scheibler 2000, tav. 5, 7, quest’ultimo a
fondo bianco.
16
Uno schema diverso (le due danzatrici più lontane convergenti, le due vicine alla musicista in atto di allontanarsene) su
Tebe 6012; su questo skyphos (e così su Basilea Z-326) non trovano spazio le sfingi accovacciate.
17
Suonatrice verso destra: Basilea Z-326; peplo: Tebe 6012.
18
Cfr. ThesCRA II, 2004, p. 311 s.v. Dance, con rinvio al n. 81 (H. A. Shapiro); cfr. J. Neils, in Neils, Oakley (a cura di) 2003,
pp. 155-156.
19
Manakidou 2005 (sviluppato in Manakidou c.s.); sulla variante iconografica degli skyphoi di cui fa parte il nostro esemplare, menzionato nello stesso lavoro alle note 4, 11, 19, 24 («Sk 19»), cfr. ivi, p. 14, nota 4; sulle vesti delle danzatrici ivi, pp.
19-20, 21-22 (cfr. altresì CVA Thebes 1, cit., commento a tav. 51, 1-4); sulla danza e sul consumo del vino nel culto dionisiaco,
ivi, pp. 30-33.
20
ABV, pp. 618-619, nn. 38-61; Para, p. 307; Beazley 1989, p. 18 e nota 34 (per lo scioglimento della sigla CHC vedi ABV, p.
617); Scheibler 2000, p. 33.
21
Beazley 1989, pp. 4-14, in particolare p. 18, b 20-39; Shapiro 1981, pp. 133-134.
22
Su tale presenza Beazley 1989, p. 4; per la partecipazione femminile ivi, p. 17, testo a b 12.
23
Al riguardo, cfr. nota seguente.
24
Cfr. Atene 25928 (Para, p. 91, n. 2; Add 2, p. 391; CVA 4, cit., tavv. 25, 3-4; 26, 4), di dimensioni pressoché identiche (vedi oltre, nota 25); skyphos da Akraiphia, inv. 11913 (Andreiomenou 1999, pp. 108, 114, fig. 6), richiamato in collegamento con una
stele di uguale provenienza (cfr. Schild-Xenidou 2008, pp. 239-240, tav. 3, con bibliografia) in una discussione dei significati
simbolici attribuiti al gallo, incluso quello erotico (Andreiomenou 1999, pp. 106-112; cfr. Csapo 1993, p. 16); per l’inquadramento di scene come quella in discorso tra le rappresentazioni che taluni riconducono alla metafora della caccia nella sfera
150
ORAZIO PAOLETTI
del pezzo è conosciuto: si tratta del Museo Martin
von Wagner dell’Università di Würzburg. La sua
recente, accurata edizione (tav. XXVI, b) 25 permette
di constatare che allo stato attuale il colore bianco
impiegato per rendere il piumaggio del volatile 26
è pressoché interamente abraso. La datazione, leggermente anteriore rispetto a quella degli skyphoi a
e b, si colloca intorno al 510 a.C.
I vasi a figure rosse riprodotti nelle foto Nostrakis conservate a Firenze sono una hydria a profilo
continuo riferibile alla seconda metà del V secolo
a.C. (d ) e tre crateri a calice, databili circa un secolo più tardi (e-f ).
d. («N. 4, alt. 50, fr. 2000») Hydria (kalpis) (tavv.
XXVII, a, b; XXVIII, a: in queste immagini il vaso appare coricato su un fianco, probabilmente per ragioni di statica). Ricomposta da frammenti e integrata.
La zona figurata si distende sulla spalla della hydria,
interrotta dall’ansa a sviluppo verticale e accompagnata in alto e in basso da sequenze di fiori di loto
alternati a palmette contornate; il registro al livello
delle anse orizzontali comprende anche un fregio di
ovuli, replicato sull’orlo. La rappresentazione, lacunosa, si riferisce all’Ilioupersis. Nella zona mediana, a sinistra resta parte della figura di un guerriero
[RdA 32-33
(elmo attico, scudo circolare, asta, spada nel fodero,
mantello panneggiato sulla spalla) che protende un
braccio verso un personaggio non conservato: verosimilmente Aiace nell’atto di strappare Cassandra
dal simulacro di Atena; a destra si riconosce invece Menelao (elmo attico, chitone, scudo imbracciato
con la sinistra) che lascia cadere la spada mentre insegue Elena (capelli trattenuti da una benda, chitone, mantello). Ai lati, altre due coppie di personaggi:
sulla sinistra una figura femminile in peplo (conservati un tratto del corpo e un piede), a quanto sembra in movimento verso destra, solleva un braccio
per respingere un giovane con capelli tagliati corti
e chitone, che impugna il fodero della spada; sulla
destra infine due donne in peplo, probabilmente ancelle di Elena, cercano rifugio presso un altare.
La kalpis appena descritta 27 corrisponde ad Atene 14983. Segnalata nel mercato antiquario della capitale greca nella prima, marginale menzione a stampa 28 fu pubblicata da N. Verdelis 29, che ne registrava
l’acquisto da parte di Nostrakis «all’estero», dopo un
intervento di restauro 30; nel repertorio di Beazley risulta assegnata a Polygnotos 31. Il vaso appartiene a
un nucleo di opere caratterizzato da fregi figurati
di proporzioni ridotte 32, non appare particolarmente curato nel disegno (come permette di osservare
aristocratica, Barringer 2001, pp. 90-95, con bibliografia; sul tema del corteggiamento efebico e sulle relative implicazioni storiche e sociali si veda altresì Golden 1984, pp. 308-324, specialmente pp. 313-318; riferimenti anche in CVA Thebes 1, cit., p.
61, testo a tav. 54, 4-6. Cfr. inoltre (con figure a silhouette) lo skyphos Tebe R. 18.76 (ABV, p. 626, n. 1; Para, p. 91, n. 12; CVA
Thebes 1, cit., tav. 42). Skyphoi classe Ure A 1 con immagini di corteggiamento di un adolescente: ad es. Toronto 344 e Atene
21975, Para, p. 83, nn. 1-2; Add 2, p. 54: rispettivamente CVA Toronto, tav. 29, 7-8, ove il corteggiato è parzialmente vestito; e
CVA Athens 4, tav. 18, 3-4, con commento circa la correlazione tra gli skyphoi e le coppe con tematica affine, pure saltuariamente contraddistinte da decorazione vegetale FP (sopra, nota 7; su questa, con considerazioni di ordine tipologico e riguardo a connessioni di bottega, anche Güntner 1995, pp. 489-492). Si può anche ricordare che partendo da proposte concernenti
skyphoi del Gruppo CHC (in special modo del Gruppo Tebe R. 102) avanzate da K. Kilinski (Kilinski 1990, p. 59 con note 4648), A. K. Andreiomenou ritiene beotiche le Classi E 1 e E 2 distinte da P. N. Ure tra i rinvenimenti di Rhitsona (Andreio­menou
1995, pp. 143-144, tav. 21, 4; cfr. Andreiomenou 1994, pp. 202-204, figg. 71-73, che ipotizza un’officina unitaria, forse localizzabile nell’area di Akraiphia); del pari, vengono assegnati a manifattura beotica esemplari Ure A 2 (Andrei­omenou 1994, p.
211 e fig. 76; cfr. Andreiomenou 1999, p. 114 con fig. 6 e nota 273 circa lo skyphos 11913 di Akraiphia, richiamato all’inizio di
questa nota); cfr. altresì CVA Thebes 1, cit., p. 61, commento a Tebe 6016 (R. 31.181), tav. 54, 1. Un accenno a possibili attribuzioni beotiche presso Boardman 1998, p. 215.
25
Würzburg H 5971 (alt. 11,6 cm; diam. del labbro 16 cm): Güntner 1995, pp. 487-495, figg. 6-13 (per il lato riprodotto a tav.
XXVI, b vedi ivi, figg. 7 e 13).
26
Annotazioni al riguardo presso Güntner 1995, p. 492.
27
Sulla forma vascolare Diehl 1964, pp. 61-63; Moore 1997, p. 38; vedi anche più avanti, nota 32.
28
Schröder 1914, p. 139, fig. 12.
29
Verdelis 1937, pp. 754-766.
30
Ivi, p. 754, dove (nota 1) vengono registrati stato di conservazione e misure (alt.: 46 cm; diam. del labbro: 17,5 cm).
31
ARV 2, p. 1032, n. 60; Matheson 1983, pp. 107 e 112; Matheson 1995, pp. 74-75 con tav. 58 a-b; 78; 184; 252-253; 360 P 65
(alt.: «ca. 37 [cm]», essendo il pezzo segnalato a p. 184 come mancante del piede e delle anse); LIMC II, 1984, Athena 111 (P.
Demargne); LIMC IV, 1988, Helene 269, tav. 338 (L. Kahil, N. Icard); LIMC VII, 1994, Kassandra I 128; nonché Tzedakis (a cura
di) 1995, n. 72, fig. 137 e Recke 2002, p. 276, n. 128, tav. 23 a (gruppo Menelao-Elena).
32
Per le hydriai ascritte al Gruppo di Polygnotos, cfr. Matheson 1995, p. 184 (per i registri con la caratteristica ora enunciata,
ivi, p. 74 ss.); sugli esemplari del Gruppo con decorazione limitata alla spalla anche CVA Berlin 9, p. 38, testo a tav. 16 (E. Böhr).
2008-2009]
VASI DISPERSI, VASI RITROVATI. OSSERVANDO VECCHIE FOTOGRAFIE D’ARCHIVIO
specialmente il trattamento dei panneggi) e s’inquadra nel periodo tardo della carriera del ceramografo, intorno al 430-420 a.C.33. Tra i personaggi coinvolti negli avvenimenti dell’ultima notte di Troia 34 la
coppia anonima rappresentata a sinistra presso l’ansa verticale della hydria (tav. XXVII, a) non è ben leggibile nelle immagini che corredano la pubblicazione di Verdelis (da cui le tavv. XXVIII, b-XXIX, a), pur
essendovi descritta; la figura del giovane greco, che
secondo l’editore porta un petaso abbassato dietro
le spalle, rimane praticamente indistinguibile al di
là di un’ampia integrazione 35. Di conseguenza, sembra documentata fotograficamente qui per la prima
volta, sia pure in maniera imperfetta.
I tre crateri a calice un tempo Nostrakis (e-g) 36
sono contrassegnati da stretto piede profilato, stelo
articolato da un anello plastico, bassa vasca convessa, parete svasata a profilo leggermente concavo, labbro espanso con orlo distinto e anse oblique con setto
superiore ricurvo verso l’interno. La sagoma slanciata, lo sviluppo in altezza (caratteri particolarmente
accentuati nel cratere g), e insieme a questo la flessione delle anse, suggeriscono la loro appartenenza a uno stadio avanzato dell’evoluzione del tipo 37.
e. («N. 1, alt. 65, fr. 1500») Cratere a calice (tavv.
XXIX, b-XXX, a-b). Ricomposto da frammenti e integrato sommariamente nella parte inferiore del corpo; piede non pertinente (a giudicare dal profilo,
probabilmente apparteneva in origine a un cratere
a campana). Sull’orlo, un fregio di ovuli contornati; sul labbro, un tralcio di alloro e bacche verso destra. Sulla spalla in A palmette triangolari immorsate, in B un tralcio di alloro. Lato A: Dioniso con
il thiasos (tavv. XXIX, b-XXX, a). Al centro una menade (Ariadne?) in peplo e coronata d’edera avanza di tre quarti a destra con la gamba destra leggermente arretrata e flessa, appoggiandosi al tirso
151
adorno di una benda e con la mano sinistra sollevata, come nel gesto di scostare il velo 38; alle sue
spalle, su un livello più elevato, è deposto un timpano con motivo centrale a stella. La donna tiene il
mento abbassato e indirizza lo sguardo verso Dioniso, seduto con il tirso nella destra e il braccio sinistro appoggiato allo schienale del klismos; il dio
è nudo tranne per l’himation drappeggiato sul bacino e sulle gambe, ed ha intorno alla fronte una
morbida benda con le estremità che formano una
sorta di fiocco, ripiegandosi in basso dietro la nuca.
Tra le due figure si libra un Erote con un mantello panneggiato su un braccio, che con probabilità
reggeva una tenia. Al di là di una delle sue grandi
ali è accennato un elemento architettonico (verosimilmente una porta), presso il quale è rappresentato di scorcio un tamburello simile a quello sopra
ricordato. A sinistra figura quindi un satiro dalle
cui spalle ricade la pelle di un animale, con il busto
leggermente flesso in avanti per il peso di un cratere a campana che si accinge a deporre ai piedi di
Dioniso. Alla scena assistono in alto a sinistra Hermes (petaso, mantello panneggiato dietro le spalle,
kerykeion nella mano sinistra), seduto di tre quarti a
sinistra sopra un rilievo del terreno con la testa rivolta all’indietro; a destra Pan appoggiato a un fascio di verghe (una torcia), con corona vegetale e
una pelle posata sull’avambraccio sinistro (ma vedi
più avanti). Lato B: Dioniso, una menade e un satiro (tav. XXX b e a). Il dio sta in piedi di tre quarti a destra appoggiandosi al tirso, con il mantello
panneggiato sulle spalle; davanti a lui una menade con i capelli trattenuti da una benda e un peplo
con lunga ricaduta, pure stante e appoggiata a un
tirso, regge un timpano tenendo il braccio sinistro
sollevato, dal quale discende una pelle. A destra un
satiro, che si allontana volgendosi indietro.
Matheson 1995, p. 78.
Raffigurazioni vascolari nelle quali sono accostati gli episodi di Menelao ed Elena e di Aiace e Cassandra: LIMC VII, cit.,
p. 969; LIMC Supplementum 2009, Ilioupersis add. 3a-b, tav. 142 (e cfr. Ilioupersis add. 1 [= Helene add. 7]), tav. 141 (A. KossatzDeissmann) con rinvii; sul dettaglio dell’arma che sfugge a Menelao al cospetto della consorte LIMC IV, cit., pp. 559-560.
35
Verdelis 1937, pp. 761-762.
36
Sulla forma vascolare Moore 1997, p. 26 ss. e CVA Berlin 11, p. 26 (A. Schöne-Denkinger), con bibliografia; in particolare sul suo sviluppo nel corso del IV secolo, Isler Kerényi 1982, pp. 137-144; Campenon 1994, p. 37; Papanastasiou 2004, pp.
24, 35-36.
37
Tali elementi distintivi riportano alla varietà ‘b’, e in seno a questa così al primo (e-f ) come al secondo gruppo (g) secondo
la classificazione dei crateri a calice (implicante anche una valenza cronologica) proposta da A. Papanastasiou, che ha intrapreso un tentativo di correlare ceramisti e gruppi di decoratori (Papanastasiou 2004, pp. 35-36).
38
È quanto sembra possibile distinguere nella foto Nostrakis (si noti la superficie verniciata tra l’avambraccio e la stoffa). Sul
gesto Sutton 1981, pp. 165, 171 (cfr. Oakley, Sinos 1993, pp. 25-26); per il suo impiego, con altro significato, nell’iconografia
di menadi, Isler-Kerényi 1983, p. 97 e nota 11. Occorre però sottolineare che nell’immagine edita del cratere (oltre, nota 39 e
tav. XXXI, b) la mano sembra, diversamente, avvolta nel tessuto.
33
34
152
ORAZIO PAOLETTI
Su ambo i lati del cratere Dioniso e i satiri portano una corona d’edera tra i capelli; nella corona
del dio le foglie sono inserite nella benda. Su lato
A, inoltre, sovradipinture in bianco per la carnagione della menade (Ariadne) e di Eros, come pure
per le corna di Pan.
Identificabile con Atene 15072 (tav. XXXI, a, b) 39,
il cratere rientra nel Gruppo dei Tardi Crateri a Calice (L. C. Group) 40, datato da M. Robertson a partire dagli anni quaranta del IV secolo, per il quale le provenienze note rinviano alla sola Grecia e
in special modo alla Beozia, tanto da sollevare interrogativi circa l’effettivo luogo di fabbricazione,
pur essendo l’impronta stilistica comunemente ricondotta nel filone ateniese 41. W. Hahland ha precisato l’attribuzione del pezzo alla mano del Pittore
di Atene 1375, imitatore del Pittore di Monaco 2391,
un ceramografo accreditato di un influsso sugli altri decoratori del Gruppo L. C.42. Come mostrano
fotografie dell’Istituto Germanico (DAI) di Atene
che costituiscono anche la fonte delle riproduzioni del vaso nella monografia di K. Schefold sulle
ceramiche in stile di Kerč, successivamente all’acquisizione da parte del Museo Nazionale la parte
inferiore del corpo e il piede sono stati rimossi e
[RdA 32-33
sostituiti da un’integrazione, che restituisce al pezzo un profilo coerente con quello di esemplari analoghi 43. Si osserva inoltre che Pan si appoggia con
ambo le mani al proprio sostegno e che tra il dio
agreste e Dioniso trovano spazio due ulteriori figure 44: la prima, in alto, è una menade in peplo, con
i capelli che fuoriescono da un nastro legato dietro
la nuca; siede verso destra con la testa rivolta indietro, si appoggia al tirso e ha un braccio nascosto da un timpano (cioè dallo strumento posto al
di sopra di Dioniso, già menzionato nella descrizione delle foto Nostrakis). La seconda figura, in
basso, quasi interamente obliterata da una lacuna,
è un satiro seduto sopra un elemento imprecisabile, rivolto verso il centro del lato A: di questo personaggio restano parte della testa coronata d’edera, la spalla sinistra con l’omero, la mano destra e
un ginocchio sollevati, le dita della mano sinistra
nonché la parte inferiore della gamba destra, protesa obliquamente verso il seggio del suo patrono.
Un’immagine della serie DAI permette di osservare che al momento della ripresa fotografica le tracce di colore aggiunto sulla figura di Eros (lato A)
risultavano sparse e attenuate 45.
La composizione sul lato principale, compren-
ARV 2, pp. 1458, n. 21; 1461; 1694; Hahland 1930, p. 19, nota 18, III h; Schefold 1934, pp. 26 n. 229, 114, 124, 139, 159 IV,
tav. 45 (da cui tav. XXXI, a, b); Metzger 1951, p. 118, n. 18, tav. 12, 2 in basso; LIMC V, 1990, Hermes 660 bis, con datazione al
primo quarto del IV sec. a.C. (G. Siebert); Kogioumtzi 2006, p. 250, KK33. Una foto del cratere nel suo contesto espositivo
presso E. Zervoudaki et al. 1998, p. 6, tav. 4.
40
ARV 2, pp. 1456-1461; 1694; 1704; 1708; Para, pp. 493-494; Add 2, pp. 379-380; Schefold 1934, p. 159 (IV) e tavv. 40-48; Ro­
bertson 1992, pp. 288-290; Boardman 1989, p. 193; CVA Thebes 1, cit., pp. 94-95, commento a tav. 88, 1-4; Kogioumtzi 2006,
pp. 121-122. Anche la morfologia del cratere si allinea alle caratteristiche del Gruppo L. C.: Robertson 1992, p. 289.
41
Robertson 1992, pp. 268, 289; Garezou 1997, pp. 376-377 e 383-384, appendici II-III; Kogioumtzi 2006, p. 132. Sulla base di
questi dati e della circolazione di vasi del Gruppo L. C. sul mercato antiquario ellenico al passaggio tra il XIX e il XX secolo,
in un periodo segnato da scavi illegali a Tanagra, V. Sabetai, rifacendosi a quanto notava qualche anno fa M.-X. Garezou, ha
sollevato nuovamente la questione della loro definizione (importazioni? opera di artigiani ateniesi immigrati, o beotici atticizzanti?: CVA Thebes 1, cit., pp. 94-95, commento a tav. 88, 1-4; cfr. ivi, p. 92, discussione intorno al Pittore Atene 14627). L’ipotesi di un coinvolgimento della Beozia nella produzione riceve adesso impulso dalle analisi di laboratorio, per quanto condotte
su un campione numericamente limitato: ciò riguarda, ad es., il cratere Berlino F 2932, attribuito da J. D. Beazley al Gruppo
L. C., da W. Hahland e K. Schefold al Pittore Atene 1375 (ARV 2, p. 1458, n. 31; CVA Berlin 11, tavv. 37-38: per i risultati dei
test archeometrici ivi, p. 83 [H. Mommsen], e per le considerazioni che ne derivano, relative alla possibilità che una parte dei
crateri del Gruppo sia dovuta a ceramografi ateniesi trapiantati in Beozia, ivi, pp. 89-90 [A. Schöne Denkinger]).
42
Pittore di Atene 1375: Hahland 1930, pp. 18-19, nota 18, III, con datazione verso la metà del IV secolo; ARV 2, pp. 1461 (cfr.
ivi, p. 1456 circa la trasformazione del nome convenzionale in Pittore CC. 1891, poi rimasta senza seguito, da parte di K. Schefold: Schefold 1934, p. 159, IV); 1708, 53 bis; Para, p. 494; nuove attribuzioni sono state proposte da V. Sabetai (crateri: CVA
Athens, Benaki Museum 1, p. 53, testo a tavv. 51-52; oinochoe: oltre, nota 46 e testo relativo) ed E. Böhr (oltre, nota 49). Laddove verificabile, i crateri del Pittore Atene 1375 misurano tra 35 e 44 cm (Schefold 1934, pp. 25-28; si noti che le dimensioni
riferite da Nostrakis per questo specifico cratere e i due successivi [ f-g] li porrebbero tra gli esemplari di grande formato: cfr.
Papanastasiou 2004, p. 35). Pittore di Monaco 2391: ARV 2, pp. 1461; 1708; Hahland 1930, p. 18, nota 18, II; sul ruolo ricoperto in seno al Gruppo L. C., ARV 2, p. 1461 in basso.
43
Neg. DAI Atene 2904-2907. In quest’ultima immagine si osserva che la menade sul lato B ha la veste fermata sulla spalla
da una borchia, e che dal cavo del gomito ricade una pelle.
44
Neg. DAI Atene 2906. Questo collima con la sintetica lettura della scena fornita da Hahland e Beazley (cfr. sopra, nota 39).
45
Neg. DAI Atene 2904.
39
2008-2009]
VASI DISPERSI, VASI RITROVATI. OSSERVANDO VECCHIE FOTOGRAFIE D’ARCHIVIO
dente figure monumentali che occupano quasi per
intero la parete del vaso, è tra le più complesse attribuite alla mano del Pittore Atene 1375; per quanto delineate senza speciale cura nei dettagli, non
sembrano presentare i tratti di rozzezza e angolosità ravvisati in altre opere del ceramografo da
V. Sabetai che, ampliando in tal modo il ventaglio
morfologico del Gruppo L. C., gli ha di recente assegnato un’oinochoe nel Museo di Tebe 46.
Un gruppo pressoché speculare rispetto a quello composto da Dioniso e Eros 47 figura sul cratere Parigi CA 153 48, e lo stesso vale per la figura di
Hermes se si considera il cratere Bruxelles A 79, aggregato a sua volta al nucleo di vasi del Pittore di
Atene 1375 49; l’impostazione e la posizione del satiro presso l’ansa sul lato B trovano riscontro su Atene 1377 50 e Tübingen S./10 1349 (F 7) 51, mentre per
la menade nella zona dell’ansa A/B si può guardare a Würzburg 636 52; Pan (non registrato nella citazione del vaso in ARV 2) è una presenza norma-
153
le nella cerchia dionisiaca, e in questa circostanza
è rappresentato con zampe caprine 53. La porta in
secondo piano sul lato A (se di ciò si tratta, piuttosto che di una colonna) trova analogie sulla ricordata oinochoe Tebe 25547, e serve probabilmente
ad ambientare la scena in un santuario 54.
Quanto all’ornato complementare, se la decorazione sul labbro rientra nella consuetudine 55, quella sulla vasca (palmette su un lato, sull’altro lato un
tralcio di alloro) ricorre anch’essa sia in opere del Pittore Atene 1375 che su altri vasi del Gruppo L. C.56.
Le datazioni proposte in letteratura per i crateri del Gruppo L. C.57 rispecchiano diversità di giudizio da parte degli studiosi: così, mentre il nostro
cratere e Atene 1377 sono stati inquadrati nei decenni iniziali del IV secolo 58, per Hannover 1906,
161 e 162 (Pittore di Monaco 2391) sono stati proposti gli anni verso il 360 a.C.59, per Atene 12488 e
Berkeley 8/3297 il 350-340 a.C., per Berlino F 2932
il 320-310 a.C.60. Quanto al cratere già Nostrakis,
Tebe 25547 (CVA 1, cit., tav. 88, 1-4, con ulteriori indicazioni nel testo, pp. 94-95).
Eros compare in maniera simile nel quadro di contesti nuziali, nei quali porge una benda a uno dei due sposi: Oakley, Sinos 1993, p. 12.
48
ARV 2, pp. 1458, n. 24; 1461; Para, p. 493; Add 2, p. 380. Per l’integrazione di Eros nella cerchia di Dioniso sui vasi dipinti
del IV secolo, Metzger 1951, pp. 132-133; LIMC III, 1986, p. 922, s.v. Eros (A. Hermary); cfr. ivi, pp. 469, 509, s.v. Dionysos (C.
Gasparri); Isler Kerényi 1983, p. 99; per la tendenza a rappresentare la figura in aspetto non specificamente infantile, in particolare nelle immagini riferibili a quest’ambito, Metzger 1951, pp. 56-57.
49
ARV 2, p. 1458, n. 29; CVA 2, III I c (ma e), tav. 2, 5. Attribuzione al Pittore Atene 1375: CVA Tübingen 4, p. 51, commento a
tav. 20, 1-4 (E. Böhr). Per la familiarità del dio con Dioniso e il suo corteggio, LIMC V, cit., p. 373, s.v. Hermes; per la sua presenza nella nostra raffigurazione, cfr. ad es. Atene 1377 (ARV 2, p. 1457, n. 19; cfr. nota seguente).
50
ARV 2, pp. 1457, n. 19; 1461; Add 2, p. 380; Schefold 1934, tav. 47, 2; LIMC III, cit., Dionysos 545, tav. 361. Anche il rovescio
del cratere presenta lo stesso soggetto dell’esemplare Nostrakis.
51
ARV 2, p. 1458, n. 28; p. 1461; Add 2, p. 380; CVA 4, tav. 20, 1-4, dove è datato 330-320 a.C. da E. Böhr, che a proposito della
figura di Dioniso menziona il cratere Nostrakis qui considerato.
52
ARV 2, pp. 1458, n. 27; 1461; Langlotz 1932, tav. 215.
53
Metzger 1951, pp. 133-135; LIMC VIII, 1997, pp. 933-935, 940-941, s.v. Pan, con rassegna dei suoi attributi ( J. Boardman).
54
Sopra, nota 46. Cfr. Berkeley 8.3297 (ARV 2, p. 1459, n. 46; Para, p. 493; CVA 1, tav. 54, 1a); Würzburg 636 (sopra, nota 52).
Sul cratere Tübingen S./10 1349 (sopra, nota 51) l’allusione al luogo dove si situa la scena è esplicitata mediante colonne e un
altare. Sull’argomento, in generale ThesCRA IV, 2005, pp. 364-408, s.v. Darstellungen von Kultorten (A. Kossatz Deissmann); per
la rappresentazione di elementi architettonici anche Meyer 1988, pp. 95-100; porte: Büsing-Kolbe 1978, pp. 144-145.
55
Isler Kerényi 1982, p. 146.
56
Atene 1376, Atene 1377, Würzburg 636 (per tutti, ARV 2, p. 1461); cfr. altresì opere del Pittore Monaco 2391 (ivi) e ad es. Parigi, Petit Palais 327 (ARV 2, p. 1457, n. 8; Add 2, p. 380). A proposito del rapporto tra il campo figurato e il sottostante fregio
vegetale Jacobsthal 1927, p. 204 e tav. 144 c; con diversa angolazione, Isler-Kerényi 1982, p. 146.
57
Cfr. sopra, nota 41 e testo relativo.
58
Atene 15072: LIMC V, cit., Hermes 660 bis, cit. (sopra, nota 39); Atene 1377 (sopra, nota 50; per la cronologia riferita: LIMC
III, cit., Dionysos 545).
59
ARV 2, pp. 1457, nn. 14 e 15; 1461; Add 2, p. 380; CVA 1, tavv. 39, 1-4 e 40, 1-4 (A.-B. Follmann; per inciso, in quest’ultima
sede viene ascritto al Pittore Monaco 2391 anche il cratere Monaco 2402, ARV 2, p. 1458, n. 26). La datazione è ripresa da A.
Papanastasiou, sulla scia di K. Schefold, anche per il cratere eponimo del Pittore di Monaco 2391: Papanastasiou 2004, p. 35
(crateri Hannover); ivi, 27, n. 43 (Monaco 2391, ARV 2, pp. 1459, n. 42; 1461).
60
Atene 12488 (non attribuito in ARV 2): Schefold 1934, n. 224, tav. 41, 3; LIMC III, cit., p. 485, Dionysos 750 (si osservi che il
cratere è stato considerato da P. Valavanis opera del Pittore Pourtalès ai suoi esordi, verso il 370 a.C.: Valavanis 1991, pp. 265,
268, tav. 99). Berkeley 8/3297: ARV 2, p. 1459, n. 46; Para, p. 493; Add 2, p. 380; LIMC III, p. 1060, Ariadne 95 (W. A. Daszewski).
Berlino F 2932 (sopra, nota 41): per la cronologia CVA Berlin 11, cit., testo alle tavv. 37-38 (A. Schöne-Denkinger).
46
47
154
ORAZIO PAOLETTI
la datazione al 340-330 a.C. avanzata a suo tempo da K. Schefold in base all’osservazione dei panneggi, di cui sembra preferibile accogliere il termine superiore, è sostanzialmente in sintonia con
le considerazioni di M. Robertson, che sulla traccia di correlazioni stilistiche ha prospettato rapporti di bottega tra il Gruppo L. C. ed anfore panatenaiche dipinte nella tradizionale tecnica a figure
nere, ancorate sul piano cronologico ai nomi di arconti in carica durante quel decennio. La validità
di quest’ultimo approccio è stata confermata dallo
studio di un complesso eretriese di anfore panatenaiche, che consente oggi di valutare meglio la posizione cronologica di opere a figure rosse in stile di Kerč 61.
Sul lato A del cratere e appena menzionato i personaggi appaiono immersi in un’atmosfera quieta
e concentrata intorno alle figure di Dioniso e della
menade (o, come potrebbe suggerire l’evidenziazione in colore bianco, Ariadne, che avrebbe assunto
come attributo il tirso caratteristico delle appartenenti al tiaso), nel contesto della sacra unione con
il dio 62. Anche la raffigurazione sul cratere che segue ( f ), in linea di massima contemporaneo ad e,
è caratterizzata da una simile impostazione scenografica e da una simile intonazione: di nuovo (e
così su g, vedi più avanti) rispetto al richiamo a uno
specifico evento della sfera mitica prevale l’evocazione di un contesto e di un clima spirituale, la
cui nota dominante è rappresentata dalla presenza di Dioniso.
f. («N. 2, alt. 64, fr. 1000») Cratere a calice (tav.
XXXII, a). Ricomposto da frammenti con integrazioni e qualche scheggiatura. Sull’orlo una sequenza di ovuli; sulla spalla (dal lato interamente documentato) palmette alternate a fiori di loto. Soggetto
incerto: nozze di Dioniso e Ariadne? A sinistra Dioniso siede di tre quarti a sinistra, volgendo indietro la testa e reggendo il tirso con la sinistra; la
mano destra è sollevata. Imberbe e coronato d’edera, con ciocche ondulate che rifluiscono ai lati del
collo e sulle spalle, il dio è nudo salvo per un himation panneggiato intorno alle gambe subito sotto il pube, indicato mediante un tratto orizzontale
[RdA 32-33
e unito all’ombelico da una spessa linea di vernice. Sopra Dioniso è sospeso un Erote, alle cui spalle sembra raffigurato un tamburello, retto probabilmente da una figura seduta in posizione elevata. Al
centro un personaggio femminile con lunghi capelli, veste manicata che scende fino alle caviglie, trapunta di cerchielli e con duplice bordura verticale
sul davanti, è impostato sopra una stretta fascia riservata nel colore dell’argilla e sostiene con la mano
sinistra un cofanetto ligneo, mentre il braccio destro è flesso. A fianco di questa si trova una seconda figura femminile (Ariadne?) seduta di tre quarti a destra con il volto di profilo, la mano sinistra
leggermente sollevata e la destra rilasciata sopra la
gamba corrispondente; indossa un chitone (verosimilmente con maniche, di stoffa leggera che lascia
intravedere la carnagione e adorno anch’esso di circoletti), nonché un mantello drappeggiato intorno
alle gambe, con pieghe aperte a ventaglio in basso. Nella zona dell’ansa del vaso, più in alto, si trova un personaggio femminile con il viso rivolto a
destra, un oggetto d’incerta lettura nella mano destra sollevata e la sinistra abbassata, che tocca un
altro elemento. Indossa forse un chitone e sopra a
questo un indumento di aspetto non usuale, bordato anteriormente di scuro e il cui contorno inferiore, descrivendo una linea simile a un omega rovesciato, sembra coincidere con una frattura della
parete del vaso.
Stando alle indicazioni di Vasilios Nostrakis, a
questo cratere si riferisce anche la foto tav. XXXII, b,
sebbene non esista certezza circa la connessione tra
i personaggi nella zona dell’ansa A/B (se si ammette che quello sopra esaminato sia il lato principale) e le figure più avanti descritte: ciò non sarebbe
in contrasto con il profilo del vaso e (per quanto
è possibile distinguere) con i dettagli delle rotture
sull’ansa eventualmente condivisa dalle nostre due
immagini (tav. XXXII a e b). Se è così, in corrispondenza dell’ansa (ma riferibile ancora al lato A) è
rappresentato un satiro verso sinistra, con un braccio sollevato e una gamba appoggiata su un rilievo del terreno (forse parzialmente obliterata dalla
veste di un personaggio non riconoscibile, piutto-
Robertson 1992, p. 290. Eretria: Valavanis 1991, pp. 260-312; cfr. Robertson 2000, p. 244; Simon 2002, pp. 119-120 (con spunti relativi non solo ai vasi dipinti, ma anche ad opere di scultura). Per la cronologia del Gruppo L. C., cfr. altresì le tabelle in
Papanastasiou 2004, pp. 129 (pelikai), 130 (crateri a calice).
62
Per questa interpretazione Metzger 1951, loc. cit. a nota 39; una discussione sul tema ivi, pp. 110-125; sull’iconografia di
Ariadne e la difficoltà di distinguerla da una menade cfr. altresì Paul-Zinserling 1994, pp. 42-43; e ivi, p. 66, nota 833 per il
tirso come attributo di figure del seguito di Dioniso; sul tirso anche Krauskopf 2001, pp. 47-52.
61
2008-2009]
VASI DISPERSI, VASI RITROVATI. OSSERVANDO VECCHIE FOTOGRAFIE D’ARCHIVIO
sto che da una pelle ricadente da un braccio), davanti al quale un Erote vola verso sinistra tenendo le ginocchia flesse; sotto quest’ultimo, il braccio
abbassato di un personaggio femminile. Alle spalle del satiro, infine, sempre sopra l’ansa del vaso,
un bacino lustrale.
Del lato B del pezzo (ornato sulla vasca da un
tralcio di alloro con foglie a sinistra), a destra rispetto alla presunta ansa A/B, rimarrebbero quindi
un satiro imberbe, in atteggiamento simile al confratello ma rivolto in direzione opposta, appoggiato al tirso con la sinistra e un corno potorio posato
a terra in posizione verticale; davanti al satiro, tracce della parte inferiore di un’altra figura.
Tornando brevemente al lato A, tranne nel caso
di Dioniso ed Eros l’identificazione dei personaggi
rimane incerta, sebbene per la donna seduta si possa pensare ad Ariadne quale consorte del dio 63. Sul
piano compositivo svolgono un ruolo importante
anche le altre due figure femminili, che impostate
su livelli diversi inquadrano il personaggio assiso:
l’una in atto di reggere uno scrigno, un dono comune in contesto nuziale, in corrispondenza dell’asse centrale della raffigurazione; l’altra che impugna un oggetto visibile in minima parte e di ardua
interpretazione – posizione e tipo di impugnatura
ap­paio­no tuttavia compatibili con uno specchio 64.
Quale lo status delle due figure, quale la funzione
dei rispettivi attributi e quale, soprattutto, la situazione (verosimilmente nella cornice di un luogo sacro 65) cui lo spettatore è rinviato? L’incertezza della
lettura sia nel suo complesso che riguardo alle singole figure, come pure l’assenza di documentazione
del lato opposto del vaso (sempre che esista una relazione tra le due scene) rende ancora più speculativa ogni ipotesi. Per il momento pare opportuno la-
155
sciare il quesito in sospeso, tenendo presente anche
l’impostazione ‘aperta’ della scena, con gli sguardi che sembrano indirizzati al di là dei limiti della
composizione. Allo stesso modo, meriterebbe di essere approfondito adeguatamente l’inquadramento
stilistico del cratere a partire da aspetti di dettaglio
quali il delicato profilo di Dioniso, la resa del tirso con la caratteristica foglia arcuata verso l’interno 66 (particolare ripetuto nella zona sopra l’ansa,
se il segno chiaro sul tirso è riservato, e non una
linea di frattura); o ancora la decorazione all’altezza delle anse – una catena di loti e palmette sfioriti, versione impoverita di un motivo impiegato su
crateri più antichi 67, con i contorni marcati da ondulazioni che riecheggiano infiorescenze simili su
vasi di produzione corrente 68.
g. («N. 3, alt. 40, fr. 400») Cratere a calice. Ricomposto da frammenti e integrato, con scheggiature su
orlo e piede. Le immagini Nostrakis (tav. XXXIII, a,
b) si riferiscono a uno dei due lati del vaso. La decorazione sussidiaria comprende un fregio di ovuli sul labbro e un tralcio di alloro all’altezza delle
anse. Al centro del campo figurato una menade, con
peplo fermato su una spalla e cinto in vita, il viso
rivolto indietro, muove verso destra reggendo un
timpano nella sinistra protesa; uno strumento dello
stesso tipo si trova davanti alla menade, che è preceduta da un satiro rappresentato di scorcio (è incerto se barbato): costui avanza a lunghi passi nella
stessa direzione, volge la testa all’indietro e sembra
percuotere un tamburello; una pelle maculata ricade dal suo braccio sinistro. Un altro satiro (in preda
all’eccitazione?), accanto al quale è poggiata contro
il terreno un’anfora, incalza la menade, protendendosi verso la sua veste con il busto piegato innanzi;
davanti a questa figura si riconosce un Erote, che
63
Cfr. nota precedente; LIMC III, cit., p. 509, s.v. Dionysos; CVA Athens, Benaki Museum 1, cit., p. 49, commento a tavv. 4546.
64
Cofanetto: in contesto nuziale ad es. sul lebes gamikos Atene 1371 (ARV 2, p. 1506, n. 2; Oakley, Sinos 1993, p. 21, fig. 41); su
un cratere non lontano dal nostro per argomento e stile, lo scrigno è offerto da un Erote: Atene, Kanellopoulos 179 (ChoremiSpetsieri, Zarkadas [a cura di] 2006, pp. 148-149, n. 90 [A. Zarkadas]); in generale Brümmer 1985, pp. 138-151. Specchio: cfr.
ad es. la scena di preparazione della sposa sulla lekanis S. Pietroburgo St. 1791 (ARV 2, p. 1476, n. 3; Para, p. 496; Add 2, p. 381;
Oakley, Sinos 1993, p. 23, fig. 45), o la menade a fianco di Dioniso sul cratere Tübingen S./10 1349 (sopra, nota 51).
65
Si noti il perirrhanterion/louterion raffigurato nella zona dell’ansa; per il rapporto tra bacini di questo genere e spazi sacri,
ThesCRA V, 2005, p. 179, s.v. Kultinstrumente (I. Krauskopf).
66
Incurvata all’esterno ad es. su Atene 12598, Pittore di Erbach (ARV 2, p. 1418, n. 2; Kathariou 2002, p. 416, tav. 59 g); Atene
12488 (sopra, nota 60).
67
Cfr. ad es. Atene 1435, Pittore di Oinomaos (ARV 2, p. 1440, n. 4; Robertson 1992, p. 279, fig. 280; Simon 1998, p. 163, figg.
14.2-3).
68
Cfr. i contorni smerlati di palmette su squat lekythoi che recano come sola decorazione questo motivo (Robinson 1950, tav.
105, 108-109; sul tipo, datato non oltre la metà del IV secolo, ivi, pp. 146-150, tavv. 101-106; ma per i contesti vedi anche Gex
1993, p. 62, con rinvii).
156
ORAZIO PAOLETTI
pare librarsi sopra le sue braccia. In corrispondenza
dell’ansa a sinistra una menade rappresentata con
il busto di prospetto, un tirso nella sinistra e la destra sollevata, con veste manicata, stretta in vita da
una cintura e con lunga ricaduta, si volge a guardare mentre si allontana. Ritocchi in bianco sulla
carnagione della menade con il timpano e sul suo
strumento, come pure sul carnato di Eros.
Come già accennato, per il suo profilo snello il
cratere appartiene ad una variante tarda della forma; in ugual modo, lo stile del disegno depone per
[RdA 32-33
una datazione più avanzata rispetto a quella dei
crateri e e f visti in precedenza, ormai prossima al
tramonto della pittura vascolare attica a figure rosse 69. Per quanto ravvisabile nelle fotografie fornite da Vasilios Nostrakis al Museo Archeologico fiorentino, satiri e menadi prendono parte, in questa
circostanza senza il comune protettore Dioniso 70, a
una scena che evoca lo stato di beatitudine concesso dall’appartenenza al suo seguito, in quello che
è stato felicemente definito come una sorta di ‘komos dionisiaco’ 71.
Sigle e abbreviazioni bibliografiche
ARV 2
= J. D. Beazley, Attic Red-figure Vase-Painters2, Ox ford 1963.
Bonghi Jovino M. 1982, La necropoli preromana di Vico Equense, Cava dei Tirreni.
CVA
Brümmer E. 1985, Griechische Truhenbehälter, in JdI 100, pp.
1-168.
= Corpus Vasorum Antiquorum.
LIMC
= Lexicon Iconographicum Mythologiae Classicae,
Zürich-München, Düsseldorf 1981–.
Para
= J. D. Beazley, Paralipomena: Additions to ABV
and ARV 2, Oxford 1971.
ThesCRA = Thesaurus Cultus et Rituum Antiquorum I-V, Los
Angeles 2004-2005.
Ahlberg G. 1971, Prothesis and Ekphora in Greek Geometric
Art, Göteborg.
Andreiomenou A. K. 1994, T nekrotafeon t Akraifa.
Agr I. Kllia. Mro I, in AEphem [1996], pp. 155254.
— 1995, Archaische böotische Terrakotten und Tongefässe aus
Akraiphia, in AM 110 [1997], pp. 103-170.
— 1999, H e  Akraifa stlh Mmasiyeou e rgon Filorgou.
T e pgramma, in AEphem [2000], pp. 81-127.
Barringer J. 2001, The Hunt in Ancient Greece, BaltimoreLondon.
Beazley J. D. 1989, Some Attic Vases in the Cyprus Museum,
ed. riv. a cura di D. C. Kurtz, Oxford.
Boardman J. 1989, Athenian Red Figure Vases: The Classical
Period, London.
Büsing-Kolbe A. 1978, Frühe griechische Türe, in JdI 93, pp.
66-174.
Campenon C. 1994, La céramique attique à figures rouges autour de 400 avant J.-C., Paris.
Choremi-Spetsieri A., Zarkadas A. (a cura di) 2006, The Paul
and Alexandra Canellopoulos Museum of Ancient Art, Athens.
Csapo E. 1993, Deep ambivalence: notes on a Greek cockfight, in
Phoenix 47, pp. 1-28.
Diehl E. 1964, Die Hydria, Mainz.
Garezou M.-X. 1997, Whitebait or pottery? A case of an Attic import in fourth-century Boeotia, in J. H. Oakley, W. D. E.
Coulson, O. Palagia (a cura di), Athenian Potters and Painters, Oxford, pp. 371-384.
Gex K. 1993, Eretria IX. Rotfigurige und weissgrundige Keramik, Lausanne.
Golden M. 1984, Slavery and homosexuality in Athens, in Phoe­
nix 38, pp. 308-324.
Güntner W. 1995, Ein attisch schwarzfiguriger Skyphos mit erotischen Werbeszenen, in E. Simon und Mitarbeiter, Nachrichten
aus dem Martin von Wagner Museum, in AA, pp. 487-495.
Hahland W. 1930, Vasen um Meidias, Berlin.
— 1998, Early Greek Vase Painting, London.
Iozzo M. 2002, La collezione Astarita nel Museo Gregoriano
Etrusco, Città del Vaticano.
Bohen B. 1988, Kerameikos XIII. Die geometrischen Pyxiden,
Berlin-New York.
Isler Kerényi C. 1982, Il trionfo di Dioniso, in NumAntCl 11,
pp. 137-160.
Cfr. al riguardo le considerazioni in Robertson 1992, pp. 290-291.
Per l’impostazione della menade retrospiciente cfr. Atene 1379 (ARV 2, p. 1457, n. 17; Schefold 1934, tav. 41, 2); per il braccio con timpano della seconda figura femminile, Bonn 80a: CVA 1, tav. 21, 3-4, datato verso la metà del IV sec. a.C. (A. Greifenhagen). Un’anfora deposta a terra, tra vari esempi, su Hannover 1906.161 (sopra, nota 59).
71
Per questa formulazione LIMC VIII, 1997, p. 800, s.v. Mainades (I. Krauskopf, E. Simon); cfr. ivi, p. 787. Per satiri e menadi
in scene di danza, talora in presenza di Eros, ad es. sui crateri del Gruppo L. C. più volte richiamato, cfr. tra gli altri Atene
1458 (ARV 2, p. 1459, n. 50; Schefold 1934, tav. 41, 4) e Atene E 99 (ARV 2, p. 1459, n. 51; Para, p. 493).
69
70
2008-2009]
VASI DISPERSI, VASI RITROVATI. OSSERVANDO VECCHIE FOTOGRAFIE D’ARCHIVIO
— 1983, Dionysos auf einer attischen Vase des vierten Jahrhunderts: Mythologie oder Utopie?, in D. Metzler, B. Otto, C.
Müller-Wirth (a cura di), Antidoron, Festschrift für Jürgen
Thimme, Karlsruhe, pp. 95-100.
Jacobsthal P. 1927, Ornamente griechischer Vasen, Berlin.
Kathariou K. 2002, To ergastrio tou Zgrfou tou
Melegrou, Thessaloniki.
Kilinski K., II 1990, Boeotian Black Figure Vase Painting of the
Archaic Period, Mainz.
Kleine B. 2005, Bilder tanzender Frauen in frühgriechischer Zeit,
Rahden.
Kogioumtzi D. 2006, Untersuchungen zur attisch-rotfigurigen
Keramikproduktion des 4. Jhs. v. Chr., Berlin.
Kourou N. 1998, Euboea and Naxos in the Late Geometric period: the Cesnola Style, in M. Bats, B. d’Agostino (a cura di),
Euboica. La presenza euboica in Calcidica e in Occidente, Napoli, pp. 167-177.
Krauskopf I. 2001, Thystla, Thyrsoi und Narthekophoroi, in Thetis 8, pp. 47-52.
Langlotz E. 1932, Griechische Vasen in Würzburg, München.
Manakidou E. 2005, «Idion deinai Dionsou»: cor kai
mousik s nan attik melanmorfo skfo sto Mouseo
Ekmagen tou Aristotleio Panepisthmo Yessalonkh, in
Egnatia 9, pp. 11-34.
Manakidou c.s., Frauentänze für Dionysos in der attischen
spätarchaischen Vasenmalerei.
Matheson S. B. 1983, Polygnotos: An Iliupersis scene at the
Getty Museum, in Greek Vases in the J. Paul Getty Museum 3,
Malibu, pp. 101-114.
— 1995, Polygnotos and Vase Painting in Classical Athens, Madison.
Meyer M. 1988, Männer mit Geld, in JdI 103, pp. 87-125.
Metzger H. 1951, Les représentations dans la céramique attique
du IV e siècle, Paris.
Moore M. B. 1997, The Athenian Agora XXX. Attic Red-figur­
ed and White-ground Pottery, Princeton.
Moore M. B., Philippides M. Z. P. 1986, The Athenian Agora
XXIII. Attic Black-figured Pottery, Princeton.
Neils J., Oakley J. H. (a cura di) 2003, Coming of Age in Ancient Greece, New Haven-London.
Oakley J. H., Sinos R. H., The Wedding in Ancient Athens,
Madison.
157
Papanastasiou A. 2004, Relations between Red-figured and
Black-glazed Vases in Athens in the 4th Century B.C., Oxford.
Paul-Zinserling V. 1994, Der Jena-Maler und sein Kreis,
Mainz.
Recke M. 2002, Gewalt und Leid, Istanbul.
Robertson M. 1992, The Art of Vase-Painting in Classical
Athens, Cambridge.
— 2000, Thoughts on the Marsyas Painter and his Panathenaics,
in Periplous. Papers in Classical Art and Archaeology Presented
to Sir John Boardman, London, p. 244.
Robinson D. M. 1950, Olynthus XIII. The Vases Found in 1934
and 1938, Baltimore.
Schefold K. 1934, Untersuchungen zu den Kertscher Vasen,
Berlin.
Scheibler I. 2000, Attische Skyphoi für attische Feste, in AntK
43, pp. 17-43.
Schild-Xenidou 2008, Corpus der boiotischen Grab- und Weihreliefs des 6. bis 4. Jahrhunderts v. Chr., AM 20. Beiheft, Mainz.
Schröder B. 1914, Nike und Paionios, in JdI 29, pp. 123-168.
Shapiro H. A. 1981, Courtship scenes in Attic vase-painting, in
AJA 85, pp. 133-143.
Simon E. 1998, Attische Monatsbilder, in Ausgewählte Schriften
I, Mainz, pp. 161-172.
— 2002, Zur Stele von Taman, in Autour de la Mer Noire. Hommage à Otar Lordkipanidze, Besançon-Paris, pp. 115-123 (= Simon 2009, pp. 17-21).
— 2009, Ausgewählte Schriften III, Ruhpolding-Mainz.
Sutton R. F. 1981, The Interaction between Men and Women
Portrayed on Attic Red-Figure Pottery, diss. Chapel Hill.
Tosto V. 1999, The Black-figure Pottery Signed NIKOSENE­
SE­POIESE, Amsterdam.
Tzedakis I. (ed.) 1995, Ap th Mdeia sth Sapf (Catalogo
della mostra), Athena.
Ure P. N. 1927, Sixth and Fifth Century Pottery from Rhitsona, London.
Valavanis P. 1991, Panayhnako amfore ap thn Ertria,
Athenai.
Verdelis N. 1937, Eruyrmorfo dra to Eyniko
Mouseou, in AEphem, III [1956], pp. 754-766.
Zervoudaki E. et al. 1998, Eynik Arcaiologik Mouseo, in
ADelt 53, [2004] B 1, pp. 1-9.
TAV. XXVI [RdA 32-33, 2008-2009]
PAOLETTI - VASI DISPERSI, VASI RITROVATI
a)
b)
a) Skyphoi aici a figure nere (foto nell’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici della
Toscana, Firenze); b) Skyphos aico a figure nere. Würzburg, Martin von Wagner Museum H 5971 (da
Archäologischer Anzeiger 1995)
...
PAOLETTI - VASI DISPERSI, VASI RITROVATI
...
[RdA 32-33, 2008-2009]
TAV. XXVII
a)
b)
a - b) Hydria aica a figure rosse (foto nell’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici
della Toscana, Firenze)
TAV. XXVIII [RdA 32-33, 2008-2009]
PAOLETTI - VASI DISPERSI, VASI RITROVATI
a)
b)
a) Hydria aica a figure rosse (foto nell’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici
della Toscana, Firenze); b) Hydria aica a figure rosse. Atene, Museo Archeologico Nazionale 14983
(da Arcaiologikä Efhmeríq 1937)
...
PAOLETTI - VASI DISPERSI, VASI RITROVATI
...
[RdA 32-33, 2008-2009]
a)
b)
a) Hydria aica a figure rosse. Atene, Museo Archeologico Nazionale 14983
(da Arcaiologikä Efhmeríq 1937); b) Cratere aico a figure rosse (foto nell’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, Firenze)
TAV. XXIX
a)
PAOLETTI - VASI DISPERSI, VASI RITROVATI
a - b) Cratere aico a figure rosse (foto nell’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, Firenze)
b)
TAV. XXX [RdA 32-33, 2008-2009]
...
a - b) Cratere aico a figure rosse. Atene, Museo Archeologico Nazionale
[RdA 32-33, 2008-2009]
b)
...
a)
PAOLETTI - VASI DISPERSI, VASI RITROVATI
TAV. XXXI
a)
a - b) Cratere aico a figure rosse (foto nell’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, Firenze)
b)
TAV. XXXII [RdA 32-33, 2008-2009]
PAOLETTI - VASI DISPERSI, VASI RITROVATI
...
a - b) Cratere aico a figure rosse (foto nell’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, Firenze)
[RdA 32-33, 2008-2009]
b)
...
a)
PAOLETTI - VASI DISPERSI, VASI RITROVATI
TAV. XXXIII