Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di

Mensile di aggiornamento e approfondimento
in materia di
immobili, ambiente, edilizia e urbanistica
Numero 16 - dicembre 2014
n. 16 – chiuso in redazione il 3 dicembre 2014
Sommario
Pagina
NEWS
Ambiente, edilizia e urbanistica, immobili
4
RASSEGNA DI NORMATIVA
Leggi, decreti, circolari: sintesi e classificazione
19
RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
Ambiente, edilizia e urbanistica, immobili
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APPROFONDIMENTI
Condominio
LE "MAPPE" DEL CONDOMINIO – L’USO DEL LASTRICO SOLARE
Il diritto di godimento che i condomini hanno sul lastrico solare si avvicina molto,
quanto a modalità esplicative, a quello che riguarda il tetto in quanto entrambe tali
strutture (tetto e lastrico) forniscono la medesima utilità e hanno la stessa funzione che
è poi quella di fungere da “copertura” dell’edificio, proteggerlo dagli agenti atmosferici
esterni e di determinarne la consistenza volumetrica.
Luigi Salciarini, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, Edizione del 15 novembre
2014, n. 963
Compravendita immobiliare
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TRASPARENZA FISCALE 2014-2016 - OPZIONE ENTRO FINE ANNO
E' possibile che, contestualmente alla stipula di un contratto di compravendita, venga
previsto il versamento da parte dell'acquirente di una somma in denaro. Tale importo
può essere qualificato ai fini fiscali e civilistici in modo diverso, a seconda dei casi, come
acconto (anticipo) o come caparra. In particolare, nel settore della compravendita
immobiliare....
Roberta Braga, La Settimana Fiscale, Edizione del 10 dicembre 2014, n. 46
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L’ESPERTO RISPONDE
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Ambiente, edilizia e urbanistica, immobili
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
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 Mercato immobiliare
 Nel primo trimestre compravendite immobiliari +1,3%, mutui +5%
Compravendite immobiliari e richiesta di mutui in ripresa nel primo trimestre dell’anno, «dopo
due anni di variazioni negative in tutti i comparti immobiliari, le convenzioni notarili di
compravendita per unità immobiliari, sia a uso residenziale sia a uso commerciale, registrano
nuovamente valori positivi». Lo rende noto l’ISTAT. In particolare, nel primo trimestre 2014,
rileva ISTAT, sono 140.716 le convenzioni notarili per trasferimenti di proprietà di unità
immobiliari, in crescita dell’1,3% tendenziale (–10,3% nel primo trimestre 2013 rispetto allo
stesso periodo del 2012). Il 93,1% delle convenzioni rogate ha riguardato trasferimenti di
proprietà di immobili a uso abitativo e accessori (131.072), il 6,3% unità immobiliari a uso
economico (8.860) e lo 0,6% unità immobiliari a uso speciale e multiproprietà (784).
Anche le convenzioni notarili per mutui, finanziamenti e altre obbligazioni con costituzione di
ipoteca immobiliare stipulati con banche o soggetti diversi dalle banche (63.084) registrano
una crescita del 5% (–6,3% nel primo trimestre del 2013 rispetto allo stesso periodo del
2012). Le compravendite per passaggi di immobili a uso abitazione sono aumentate dell’1,5%
(–10,3%) e quelle relative ai trasferimenti di unità immobiliari a uso economico dell’1,6% (–
10,1%). La crescita registrata sul fronte dello scambio immobiliare, secondo ISTAT, è in parte
attribuibile alla riforma della tassazione dei trasferimenti immobiliari a titolo oneroso: «molti
acquirenti – si sottolinea in una nota – per beneficiare di una disciplina più vantaggiosa, hanno
rinviato l’atto di trasferimento della proprietà immobiliare al 2014, con il duplice effetto di
contrarre l’andamento delle transazioni nel corso dell’ultimo trimestre del 2013 e accentuare la
crescita registrata nella prima parte dell’anno 2014». A livello territoriale, per il complesso dei
trasferimenti di unità immobiliari importanti segnali di recupero si registrano al Centro
(+8,1%) e al Nord-Est (+3,6%). Variazioni negative si rilevano al Sud (–2,9%), nelle Isole (–
2,7%) e nel Nord-Ovest (–0,7%). Gli archivi notarili distrettuali con sede nelle città
metropolitane hanno maggiormente beneficiato sia della ripresa delle compravendite
immobiliari (+4,3%), sia di quella di mutui, finanziamenti e obbligazioni (+7,4%).
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 18 novembre 2014)
 Dai mutui spinta insufficiente
A fine anno il valore dei mutui erogati dovrebbe far registrare un aumento del 14% sul 2013 (e
attestarsi a quota 24,5 miliardi circa), contribuendo alla ripresa delle compravendite, che
segneranno +3,7% a livello nazionale (oltre 418mila scambi) e +5,5% nelle grandi città. Trend
che si potrebbe rafforzare l'anno prossimo, quando gli scambi dovrebbero salire di un altro 1213%, con prezzi ancora in assestamento verso il basso. Sono le stime dell'ultimo Osservatorio
Nomisma, secondo cui «la ripresa dell'immobiliare si sta rivelando molto più lenta e
problematica di quanto ipotizzato».
Per anni la difficoltà di ottenere un mutuo – in seguito alla stretta creditizia post Lehman e alla
svalutazione dei portafogli immobiliari "in pancia" alle banche – è stata dai più considerata la
prima causa della mancata ripresa delle compravendite residenziali. Da circa un anno a questa
parte, però, il mercato dei mutui sembra essere ripartito: le banche hanno aumentato l'offerta,
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gli spread – adeguandosi almeno in parte, e seppur con un sensibile ritardo, alle dinamiche dei
differenziali tra i titoli di stato – sono diminuiti. Secondo il bollettino Abi di novembre, il tasso
medio sui mutui si è ridotto al 2,92%, ritornando ai livelli di 4 anni fa. Accesso al credito
dunque più conveniente e più facile, almeno per chi ha lavori meno precari e chiede di
finanziare un importo che non copra una parte troppo sostanziosa del valore della casa (basso
loan to value). Eppure il mercato immobiliare è ripartito con meno slancio di quello che ci si
potesse aspettare guardando il trend dei finanziamenti. Secondo le elaborazioni di Nomisma su
dati Bankitalia, l'erogato è cresciuto a livello tendenziale (cioè sugli stessi periodi del 2013) del
5,8% nel primo semestre, dell'8% nel secondo e del 6,9% nel terzo. Sul fronte delle
compravendite residenziali, invece, nel primo trimestre l'Agenzia del Territorio ha registrato
una crescita del 4,1%, ma nel secondo si è tornati al segno meno (-1%). Si attendono per oggi
i dati ufficiali sul terzo trimestre che, coerentemente con lo scenario tracciato dall'istituto
bolognese, dovrebbero tornare a segnare una crescita significativa degli scambi. Sarà poi
determinante il risultato del quarto trimestre, dove in genere si concentra il maggior numero di
scambi. Ma con ogni probabilità non sarà pari allo sprint dei mutui. A spiegare le differenze di
livello tra i due trend c'è da un lato l'"effetto surroghe", che coprono almeno il 20% dei nuovi
contratti. Dall'altro lato va considerato che la componente di acquisti effettuati attraverso un
finanziamento è limitata (al 60% dei casi secondo l'ultimo dato Nomisma). Quindi l'aumento
dei mutui pesa in modo proporzionalmente inferiore sul totale delle compravendite. C'è poi da
considerare la diversa composizione dei panieri e il fatto che da un lato si tratta di flussi
finanziari e dall'altro del numero di transazioni.
Il credito non è più dunque sul banco degli imputati? «A incidere in negativo ha inevitabilmente
concorso l'ennesimo deterioramento del quadro macroeconomico e con esso le prospettive
reddituali e il livello di fiducia delle famiglie – commenta Luca Dondi, direttore generale di
Nomisma – ma l'elemento credito è ancora determinante per la ripresa del mercato. L'aumento
delle erogazioni era atteso e quasi fisiologico, ma occorre considerare che ancora negli ultimi
mesi del 2014 e nel corso del 2015 si prevede un livello di flussi di erogato inferiore a quello
medio del quadriennio 2009-2012. C'è infatti una perdurante selettività del sistema creditizio
nei confronti del settore a causa del lascito sui bilanci bancari di una stagione di eccessi».
(Emiliano Sgambato, Il Sole 24 ORE – Norme e tributi, 20 novembre 2014)

Prezzi in discesa anche nel 2015
Rispetto ai trend storici, il ciclo attuale tende ad allungarsi e così aumenta il ritardo
nell'adeguamento dei valori al crollo degli scambi
Nonostante i timidi segnali di ripresa delle compravendite, è ancora lontano il punto di
equilibrio sul mercato e di conseguenza i prezzi scenderanno non solo quest'anno, ma almeno
ancora per tutto il 2015 (seppur in misura più contenuta). A meno di ulteriori aggravamenti
della situazione congiunturale, una timida ripresa dei valori è attesa, nelle aree urbane, non
prima del 2016. Sul fronte prezzi, è un quadro quindi in peggioramento quello svelato
dall'ultimo report di Nomisma, che è costretta a rivedere al ribasso le previsioni effettuate negli
scorsi due semestri: a fine 2014 la quotazione media delle abitazioni nelle 13 grandi città
monitorate lascia sul terreno un ulteriore 4% per il nuovo e il 4,4% per l'usato, portando al
20% il calo registrato dal 2008. A questo si andrà a sommare il -2% del 2015; una modesta
risalita è prevista solo per il 2016 (+0,9%) e il 2017 (2%).
Per elaborare queste stime, Nomisma ha analizzato gli andamenti storici dei cicli del mercato
immobiliare dal 1970 a oggi, notando che ciascun periodo tende ad espandersi per durata
rispetto al precedente. Dal '71 al '78 il ciclo è durato 7 anni, con 3 anni di crescita e 4 di calo
dei prezzi; il secondo ciclo, dal 1978 al 1987, è salito a 9 anni (3 di crescita e 6 di calo); il
terzo periodo analizzato va dal 1987 al 1999, con una durata di 12 anni, 5 di crescita e 7 di
calo. Infine il ciclo attuale, iniziato nel lontano 1999-2000 e ancora in corso: dopo 9 anni di
crescita dei prezzi, ce ne sono stati già sei di calo, che nelle previsioni di Nomisma, saliranno
almeno a 7. Oltre all'allungamento dei cicli, si nota una sorta di "schiacciamento" delle curva,
cioè i valori tendono a salire e scendere molto più lentamente del passato: il calo medio annuo
dei prezzi reali (senza considerare quindi l'inflazione) è stato solo del 2,9% circa nella fase
attuale, contro un calo del 4% annuo dopo il 1992 e dopo il 1981, quando però, elemento
discriminante, il mercato non aveva avuto il tracollo registrato negli ultimi anni. Secondo
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Nomisma, nella fase attuale, «i prezzi delle abitazioni hanno subito una contrazione in misura
ancora contenuta se paragonata alla brusca caduta registrata nelle compravendite». Il 2014,
comunque, si presenta come «l'anno di inversione ciclica, con una ripresa delle quantità
scambiate, che si preannuncia piuttosto contenuta». Se la crescita degli scambi sarà del 3,7%
a livello nazionale, la stessa si era attestata al 17% nel 1985 e al 9% nel 1997.
Dal lato dell'offerta pesa un eccesso di case in vendita e il ritardo dei proprietari ad adeguarsi
al livello del mercato. Di conseguenza i tempi di trattativa rimangono lunghi: in media ci
vogliono 8,3 mesi per vendere una casa usata in una grande città (8,9 mesi per il nuovo). Lo
stesso vale per gli "sconti": la differenza tra prezzo iniziale e finale è del 16% per l'usato e
sfiora il 12% per il nuovo. Dall'altro lato, anche la domanda è debole (e condizionata dalle
ancora non superate difficoltà di accesso al credito), ma non al punto di giustificare da sola i
bassi livelli del mercato. Se infatti è vero che «le intenzioni di acquisto a breve si sono
significativamente ridotte, appare altrettanto evidente il divario tra la domanda potenziale e il
numero di transazioni».
Tra le città monitorate, Roma, Milano e Venezia (lagunare) rimangono quelle con le quotazioni
più elevate (sopra i 3mila euro al mq) nonostante cali dei prezzi rispettivamente del 4,1%,
3,2% e 4,8 per cento. A perdere più valore nel 2014 sono state Bologna, Mestre e Padova, (tra
il 5 e il 5,3%). Lo "sconto" medio più elevato per l'usato è a Palermo (20%) seguito da Bari
(19,2%) e Napoli (-17,5%). Si tratta di meno invece a Milano (13,5% di margine), Bologna e
Venezia (attorno al 14%). I tempi più lunghi per "concludere l'affare" sono invece a Padova
(9,5 mesi) e Venezia Mestre (9,5 mesi); mentre si vende un po' più "velocemente" a Palermo e
Bari (7 e 7,5 mesi).
(Il Sole 24 ORE – Norme e tributi, 20 novembre 2014)
 Immobili

Abitazioni di lusso: cantine, soffitte e parti comuni condominiali non rilevano nel
computo della metratura
Con Ordinanza del 4 novembre 2014, n. 23507, la Corte di Cassazione si è pronunciata in
merito alla corretta interpretazione da attribuire agli artt. 5 e 6 del d.m. 2/8/1969 che
individuano i requisiti affinché un'abitazione possa essere definita di lusso. Per verificare se
un'abitazione sia "di lusso" rilevano esclusivamente i parametri fissati dal d.m. 2/8/1969.
In altri termini, va presa in considerazione, la sola superficie effettivamente abitabile
dell'immobile e non è lecito comprendere nel calcolo della metratura quelle porzioni di
immobile destinate per definizione ad altri usi (ricovero auto od oggetti) oppure esterne
all'immobile sia contigue (tipo balconi e terrazze) che non contigue (es: giardino condominiale
o altre parti comuni). Neanche può rimandarsi alla superficie rilevante sotto il profilo
commerciale che, come noto, comprende, anche garage, posti auto, cantine ed, in parte,
balconi e terrazze. Da rilevare, infine, che la Suprema Corte, accogliendo il ricorso incidentale
del contribuente e contrastando la prassi invalsa presso le Commissioni Tributarie di
compensare le spese del giudizio in mancanza di soccombenza reciproca anche quando non
ricorrono i "giusti motivi" ai quali rimanda l'art. 92, comma 2 del c.p.c., rinvia alla
Commissione Tributaria del Lazio per la determinazione dei compensi sia del giudizio di
Cassazione che di quello di secondo grado.
(Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 10 novembre 2014)
 Caldaie e condizionatori allineati al nuovo libretto
L’obbligo del nuovo modello di libretto per le caldaie, i sistemi di riscaldamento e i
condizionatori, sulla carta, è scattato il 15 ottobre. Ma condomini, uffici e famiglie non
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dovranno affannarsi per mettersi in regola: potranno farlo in occasione del primo controllo utile
sull’efficienza dei propri dispositivi.
L’adempimento deriva dal Dm 10 febbraio 2014 (che a sua volta attua il?Dpr 74/2013) e
prevede che le caldaie tradizionali, già in passato dotate di un libretto, debbano rinnovarlo con
la compilazione del nuovo modello. Inoltre, la stessa documentazione è estesa in via
obbligatoria anche ai condizionatori (in Lombardia, per effetto della legge regionale, solo quelli
sopra i 12 kW) e all’intero universo dei sistemi di riscaldamento, dalle pompe di calore ai
cogeneratori, dal teleriscaldamento ai dispositivi alimentati da fonte rinnovabile. Gli unici
impianti “dispensati” sono gli scaldacqua per uso igienico-sanitario a servizio di singole unità
immobiliari, purché siano a uso abitativo. Se si parla, ad esempio, di un apparecchio installato
in una palestra o in un centro sportivo, allora il libretto è necessario.
Che cosa è il libretto
È la carta di identità dell’impianto, lo segue dalla prima accensione alla fine del servizio e alla
successiva demolizione, registra tutte le modifiche, sostituzioni di apparecchi e componenti,
interventi di manutenzione e di controllo, valori di rendimento nel corso della vita utile, cambi
di proprietà. Rispetto all’edizione in uso fino a oggi, il modello in vigore dal 15 ottobre non si
fonda più su due tipologie di moduli (uno riferito alle centrali e l’altro al singolo impianto) ma
su un modulo unico, personalizzabile, costituito da tante schede, usate e assemblate in
funzione delle componenti dell’impianto.
Chi compila il libretto
La responsabilità della compilazione iniziale (per un impianto termico nuovo) è della ditta
installatrice. Al contrario, l’aggiornamento, così come (ad esempio nel caso di un
condizionatore) la compilazione ex novo per un sistema già esistente, spetta al responsabile
dell’impianto, cioè, nel caso di un appartamento, la persona che fisicamente ci abita o, nel caso
di un condominio, l’amministratore (che a sua volta può delegare a un terzo responsabile). «Il
modello può essere scaricato dal sito del Mise» – spiega Giorgio Bighelli, della società di
consulenza e-training. «Tuttavia, visto che si presenta identico, sia che riguardi un apparato da
20kW sia uno di 300 kW, è troppo complesso perché il singolo cittadino possa predisporlo
senza l’aiuto di un tecnico». Per questa ragione, lo stesso Ministero ha chiarito che
l’adeguamento dei documenti potrà essere effettuato in occasione del primo controllo,
obbligatorio, sull’efficienza energetica dell’impianto (fissato ogni due o ogni quattro anni, in
genere dalle Regioni). Ma per chi ha un contratto di manutenzione di caldaie e condizionatori,
l’adeguamento può essere effettuato anche prima, in occasione della prima ispezione
programmata. «È sempre buona norma comunque per il cittadino che ha la responsabilità
dell’impianto – conclude Bighelli – farsi spiegare dal manutentore come è compilato il modello
e fare una verifica con le istruzioni allegate al modello in bianco. Perché, alla fine, la
responsabilità è sempre sua».
In Lombardia, per i condizionatori sotto i 12kW, non è richiesta la compilazione di un libretto:
una differenza sostanziale rispetto allo Stato, tenendo anche conto che gli impianti domestici in
genere oscillano fra 1 e 6 kW.
Il vecchio libretto
Il vecchio libretto, già in uso per le caldaie tradizionali, non va buttato. Anzi, deve essere
conservato. Così era già accaduto nel 2003, quando il modello di libretto era stato aggiornato
la prima volta. Un apparato installato nel 2002, ad esempio, dovrà avere tre versioni di
libretto, quella che fa capo al modello del 1993, quella del 2003 e quella del 2014.
L’efficienza energetica
Tra le novità del Dm del 10 febbraio 2014 c’è anche l’aggiornamento della modulistica per
inviare il rapporto di controllo al termine delle verifiche di efficienza dell’impianto. Questo
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documento si distingue in 4 tipologie (riscaldamento a fiamma e combustione,
condizionamento, teleriscaldamento, co e trigenerazione) e scatta solo nel caso di impianti di
riscaldamento con potenza maggiore di 10 kW e di condizionamento con potenza maggiore di
12 kW. La compilazione spetta ai tecnici, che inviano il rapporto all’ente preposto a tenere il
catasto degli impianti, pagando l'importo del bollino, secondo un tariffario che cambia persino
da Comune a Comune.
Le sanzioni
Le sanzioni stabilite dal Dlgs 192/2005, vanno da 500 a 3mila euro a carico di proprietario,
conduttore, amministratore di condominio o terzo responsabile che non ottemperino ai propri
obblighi. «Il rischio reale che scattino le verifiche – prosegue Bighelli – è comunque
proporzionato all’esistenza o meno, a livello regionale, del catasto degli impianti termici e
all’operatività degli enti preposti a effettuare gli accertamenti. In Lombardia, ad esempio,
l’assenza di libretto comporta una multa da 100 a 600 euro».
Termini & vincoli
Il libretto d’impianto
Il libretto di impianto, fino a ieri in vigore per le caldaie tradizionali (legge 10/91 e Dm 17
marzo 2003) oggi è esteso a tutti gli impianti termici, installati per la climatizzazione invernale
ed estiva degli ambienti.
Riguarda, pertanto, anche condizionatori e sistemi di climatizzazione più vari, dalle pompe di
calore ai cogeneratori, dal teleriscaldamento ai dispositivi alimentati da fonte rinnovabile. Sono
esclusi gli scaldacqua per uso igienico-sanitario installati in unità ad uso abitativo, così come le
stufe o altri dispositivi non fissi
Il rapporto di controllo
Il rapporto (cioè l’obbligo dell’invio di un documento tecnico che attesta la verifica di efficienza
effettuata all’ente preposto su ogni territorio alla gestione del catasto impianti) scatta solo per
impianti di riscaldamento con potenza maggiore di 10 kW e di condizionamento con potenza
maggiore di 12 kW. A differenza del libretto si distingue in 4 tipologie (riscaldamento a fiamma
e combustione, condizionamento, teleriscaldamento, co- e trigenerazione). In Lombardia è
previsto anche un rapporto di controllo per gli impianti a biomassa
La manutenzione periodica
La manutenzione è la revisione periodica dell’impianto termico, che viene svolta
conformemente alle prescrizioni e con la periodicità contenute nelle istruzioni tecniche
dell’apparato. In genere, è definita all’atto dell’installazione dall’impresa esecutrice. Le
informazioni relative alla manutenzione sono contenute in un documento separato rispetto al
libretto e che viaggia in parallelo. Normalmente, specie nei condomini, viene firmato un
contratto di manutenzione che prevede una serie di controlli in date stabilite
La verifica di efficienza
La verifica dell’efficienza è fissata per legge e serve a controllare che, nel tempo, l’impianto
continui a consumare una stessa quantità di energia a fronte del fabbisogno necessario per
garantire un uso standard.
La periodicità delle verifiche è prevista dal Dpr 74/2013, a seconda della potenza e tipologia
dell’impianto. Le Regioni, che hanno legiferato con proprie leggi in materia, hanno via via
stabilito sui territori periodicità di controllo diverse da quelle statali
(Silvio Rezzonico, Maria Chiara Voci, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 10 novembre 2014)
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 Riclassamento sempre motivato
È illegittimo il riclassamento catastale che non indichi gli elementi necessari per giustificare le
ragioni della variazione. Lo sottolinea la Cassazione con la sentenza 23247 del 2014, che
annulla un classamento che l'Amministrazione aveva operato con un richiamo solo generico
alle espressioni contenute nella norma che prevede modifiche di classe (nel caso specifico,
l'articolo 1, comma 335 della legge 311/2004). «Questa sentenza – sottolinea il presidente di
Assoedilizia Achille Colombo Clerici – è la prova della fondatezza della nostra posizione critica
nei confronti di tutti quegli accertamenti».
In particolare, si discuteva di un castello composto da 38 unità, a nove delle quali l'Agenzia
delle entrate aveva negato l'attribuzione della specifica categoria (A 9: castelli, palazzi con
eminenti pregi artistici o storici). Per fare ciò, l'ufficio si era limitato a richiamare la circostanza
che il Comune avesse richiesto la revisione del classamento, e aveva richiamato una generica
«evoluzione del mercato immobiliare» per negare a nove unità immobiliari la categoria A 9.
Secondo la Cassazione, invece, per modificare un classamento e cioè il valore degli immobili
presenti nella micro zona, sarebbe stato necessario dimostrare un significativo scostamento del
rapporto tra valore di mercato e valore catastale nella micro zona stessa, indicando il suddetto
rapporto e le dimensioni del relativo scostamento. Di qui l'annullamento del provvedimento
dell'Agenzia delle entrate, ed è il ritorno delle nove immobiliari nella categoria A 9. Accogliendo
le tesi del contribuente, la Cassazione tributaria illustra la procedura che l'Agenzia deve
effettuare quando attribuisce un nuovo classamento a seguito di variazioni: se la variazione si
ricollega a trasformazioni edilizie subite dall'unità immobiliare, l'atto deve recare l'analitica
indicazione di tali trasformazioni; se il nuovo classamento è adottato nell'ambito di una
revisione dei parametri catastali delle microzone in cui l'immobile situato, a causa di un
significativo scostamento del rapporto tra valore di mercato e valore catastale nella micro zona
stessa rispetto all'analogo rapporto tra valore di mercato e catastale nell'insieme delle micro
zone comunali, l'Agenzia deve indicare i suddetti rapporti tra valori e lo scostamento che
emerge tra i valori stessi (di mercato e catastale).
(Guglielmo Saporito, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 12 novembre 2014)
 Immobile gravato da vincoli. Si può chiedere la risoluzione del preliminare
Se il promittente venditore dichiara falsamente che l’immobile è libero da vincoli, il promissario
acquirente non può agire per l’annullamento del preliminare per errore vizio del consenso, ma
può chiedere la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento della controparte.
È quanto sancito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 21681 del 14 ottobre 2014.
La Suprema Corte richiama i propri precedenti arresti in materia e ricorda che il promissario
acquirente non può valersi della disciplina relativa alla garanzia dei vizi della cosa venduta (art.
1490 c.c.) o di quella di cui all’art. 1497 c.c., relativa alla garanzia per mancanza di qualità
della cosa venduta, le quali presuppongono la conclusione del contratto definitivo e sono
estranee al contratto preliminare. Questo, infatti, ha per oggetto non un “dare”, ma un
“facere” (l’obbligo di concludere un contratto successivo a definitivo di compravendita), in
ordine al quale quelle garanzie non trovano giustificazione (ex plurimis, Cass. civ. n.
16969/2005 e n. 477/2010).
Il promissario acquirente di un immobile gravato da pesi o vincoli, cui sia stato promesso il
pieno, libero e pacifico acquisto del dominio sul bene, può avvalersi invece del disposto degli
artt. 1481, 1482, primo comma e 1489, secondo comma, c.c., applicabili per analogia al
preliminare di vendita, e così può rifiutare il proprio consenso alla stipulazione del contratto
definitivo fino a quando non gli sia stata fornita la dimostrazione della libertà del fondo (ex
plurimis, Cass. civ. n. 781/1994; n. 3450/1984).
La vicenda all’esame oggetto della sentenza in commento riguarda un preliminare di vendita
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avente ad oggetto un appezzamento di terreno edificabile. Alla firma del preliminare, la società
promissaria acquirente versava alla promittente venditrice 100 milioni di vecchie lire, ma il
rogito definitivo veniva più volte rinviato perché, a detta società, la proprietaria non aveva
provveduto (come promesso) ad eliminare le servitù di elettrodotto gravanti sul terreno. Per
tale motivo la società agiva in giudizio per l’annullamento per vizio del consenso, ovvero per la
risoluzione per inadempimento del contratto preliminare, con restituzione delle somme versate
e risarcimento del danno. La promittente venditrice si opponeva alla domanda e, in via
riconvenzionale, chiedeva l’esecuzione in forma specifica del preliminare e, in subordine, la
risoluzione dello stesso per inadempimento della società e il risarcimento dei danni.
In primo grado, il Tribunale rigettava la domanda attrice ed accoglieva la riconvenzionale,
dichiarando risolto il contratto preliminare per inadempimento della società. La sentenza,
tuttavia, veniva ribaltata in appello, dove venivano invece accolte le ragioni della società, con
annullamento del preliminare per vizio del consenso.
Per la Corte d’Appello, la promissaria venditrice aveva taciuto l’esistenza della servitù e si era
anzi impegnata a vendere il terreno libero da vincoli, ipoteche e servitù di qualsiasi genere e
natura, con la conseguenza che l’esistenza della servitù di elettrodotto aveva cagionato un
vizio del consenso della società, configurando la fattispecie dell’errore essenziale ex art. 1429
c.c.
Secondo la Corte di Cassazione la decisione d’appello è errata, in quanto applica al preliminare
di vendita un istituto (l’annullabilità del contratto per errore essenziale) che è propria del
contratto di compravendita e presuppone, dunque, la sottoscrizione del rogito definitivo.
In altri termini, il promissario acquirente non può valersi della disciplina relativa alla garanzia
dei vizi della cosa venduta o a quella della mancanza di qualità, le quali presuppongono la
conclusione del contratto definitivo di compravendita. Ancora: la verifica dell’adempimento da
parte del promittente venditore deve essere compiuta con riferimento alla stipula del contratto
definitivo, cioè nel momento in cui si realizzano gli interessi negoziali, e non rispetto al
momento “genetico” della stipula del preliminare che, tra l’altro, risulta ampiamente superato
dal comportamento delle parti, con i successivi inviti a stipulare.
Nel caso di specie, peraltro, non sembra comunque configurabile l’errore determinante il
consenso. Nel preliminare sottoscritto dalle parti, infatti, risulta che il fondo era picchettato.
Ciò significa, secondo la Corte, che le parti, a quella data, avevano proceduto a delimitare il
fondo e che, di conseguenza, la promissaria aveva avuto modo di verificare la consistenza del
fondo e constatare la presenza della servitù di elettrodotto. Sembra dunque da escludere la
erronea rappresentazione della realtà al momento della sottoscrizione del preliminare.
La parola torna alla Corte d’Appello.
(Giuseppe Donato Nuzzo, Il Sole 24 ORE – Tecnici24, 26 novembre 2014)
 Vietato «dribblare» la permuta
L’abuso del diritto, in materia di registro, si può annidare anche in un atto di vendita
immobiliare che viene qualificato dall’Ufficio come atto di permuta. A dirlo è stata la Ctr Emilia
Romagna con la sentenza 1926/10/14 (presidente D’Orazi, relatore D’Amato) che ha
confermato totalmente la sentenza di primo grado. Quest’ultima, però, parlando di elusione,
aveva escluso l’applicabilità delle sanzioni.
La vicenda prende origine dalla stipula di un atto pubblico di vendita, qualificato dall’Ufficio
come permuta con attribuzione a favore di terzo. Con tale atto è stato previsto che tre signore
cedevano ad una società immobiliare un immobile di poco superiore ai 650mila euro. La
società immobiliare aveva già pagato questo immobile in parte (circa 240mila euro) con
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assegni, in parte (circa 400mila euro) mediante cessione di altro immobile e nella rimanente
minima parte (circa 10mila euro) mediante lavori da eseguire su questo ultimo immobile.
Poiché la società immobiliare aveva l’intenzione di procedere alla ristrutturazione dell’immobile
e un signore – terzo comparente nell’atto – era interessato al suo acquisto e all’esecuzione
delle opere di ristrutturazione, la società aveva deciso di non intestarsi il bene e di non
assumere, quindi, in proprio il rischio di impresa connesso all’esecuzione dei lavori e alla
ricerca di idonei acquirenti. Così come affermato in un punto specifico dell’atto notarile, infatti,
la società ha scelto di attribuire al terzo direttamente gli effetti della rogito.
Pertanto, l’immobile di circa 650mila euro veniva trasferito direttamente dalle tre signore
venditrici all’acquirente terzo. L’atto veniva tassato con imposte di registro, catastali e
ipotecarie calcolate con i benefici della prima casa (spettante all’acquirente).
Contemporaneamente, però, un secondo immobile (quello di circa 400mila euro) veniva
trasferito – a parziale pagamento del primo (da 650mila euro) – dalla società immobiliare alle
tre signore venditrici e veniva tassato con Iva calcolata in base all’aliquota agevolata sulla
prima casa (spettante alle signore).
L’agenzia delle Entrate, ritenendo che le parti non avevano configurato una permuta, come
invece avrebbero dovuto, ha emesso un avviso di liquidazione per abuso del diritto basato sul
presupposto che il primo immobile è stato prima dato in permuta alla società immobiliare e,
solo in un secondo momento, ceduto al terzo. In estrema sintesi, l’Ufficio ha recuperato
imposte di registro e ipocatastali del 10% sul valore venale di circa 650mila euro dell’immobile
oggetto dell’atto notarile a rogito, definito come atto di permuta con attribuzione a favore del
terzo. Le parti avevano ritenuto di tassarlo come semplice compravendita in regime agevolato,
mentre l’Ufficio ha ritenuto di doverlo ulteriormente tassare anche come permuta.
Contro questo avviso di accertamento la società ha proposto opposizione in Commissione
tributaria provinciale. La Ctp ha accolto parzialmente il ricorso, dichiarando inapplicabili le
sanzioni e confermando nel resto l’accertamento. Secondo i giudici di primo grado non
risultavano dall’atto notarile le finalità perseguite dalle parti e il contribuente non aveva
precisato i motivi del suo comportamento che – secondo i giudici - potevano essere ricondotti
solo al perseguimento di un puro risparmio di imposta.
Secondo la Ctr è corretto affermare che l’atto di permuta con attribuzione ad un acquirente
terzo del risultato non opera alcun effetto traslativo sotto il profilo civilistico (in quanto la
società nel caso in esame non si è intestata alcun bene), ma è sbagliato sostenere lo stesso
principio sul piano tributario sostanziale. Con la riforma tributaria degli anni Settanta il
legislatore aveva scelto di dare importanza agli effetti giuridici dell’atto, che in questo caso per
la società non ci sono stati, posto che la società non ha acquistato nulla.
(Francesco Falcone, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 1 dicembre 2014)
 Condominio

La polizza non è d’obbligo
Nubifragi e altre calamità naturali che stanno flagellando la Penisola spingono a chiedersi se ci
siano delle reponsabilità (del sindaco o del prefetto, della Protezione civile e anche
dell’amministratore di condominio) e se ci sia, per il professionista, l’obbligo di assicurare
l’edificio a tutela delle parti comuni e di compiere tutti quegli atti conservativi e quelle azioni a
tutela della sicurezza del condominio.
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Nonostante il comune convincimento che l’amministratore sia tenuto per legge ad assicurare
l’immobile a lui affidato, la normativa nulla prevede al riguardo. In particolare, la
giurisprudenza di legittimità (Cassazione civile, sezione III, n. 15872 del 6 luglio 2010,
confortata dalla Cassazione civile 8233 del 3 aprile 1997 e 15735 del 13 agosto 2004) ha
affermato che «l’amministratore non è legittimato a concludere il contratto di assicurazione del
fabbricato se non abbia ricevuto l’autorizzazione da una deliberazione dell’assemblea dei
partecipanti alla comunione».
La Corte aggiunge che l’articolo 1130, n. 4 del Codice civile obbliga l’amministratore a eseguire
gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, intendendo con ciò riferirsi
ai soli atti materiali (riparazione dei muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro
comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la salvaguardia della integrità
dell’edificio.
Tra questi atti non si può far rientrare il contratto di assicurazione, perché questo non ha gli
scopi conservativi ai quali si riferisce la norma, avendo, viceversa, come suo unico e diverso
fine quello di evitare pregiudizi economici ai proprietari dell’edificio danneggiato.
Il Governo, dopo averci provato invano con il Dl 59/2012, che prevedeva l’obbligo di estendere
la garanzia assicurativa anche alle calamità naturali, consentendo uno sgravio fiscale (ma
questa parte non fu convertita in legge), ora sta effettuando studi per introdurre
l’obbligatorietà dell’assicurazione sui fabbricati in caso di calamità naturali, senza che questo
comporti, come invece oggi accade nelle zone a rischio, un eccessivo aumento dei premi
assicurativi per il privato.
Ma che cosa succede all’amministratore quando il fabbricato viene colpito da un evento
climatico estremo? La Cassazione, con ordinanza 3767 del 18 febbraio 2014, esprimendosi in
un caso in cui il responsabile poteva essere considerato il Comune, ha ritenuto che la
responsabilità oggettiva per le cose in custodia in base all’articolo 2015 del Codice civile, che
ben può essere attribuita all’amministratore per i beni e gli impianti comuni in condominio, può
essere esclusa solamente dal caso fortuito che interrompe il nesso causale tra i beni sottoposti
alla sua custodia e il danno lamentato, intendendosi come «caso fortuito» un fatto estraneo,
eccezionale e imprevedibile e, quindi, inevitabile.
Insomma, la Corte ha individuato il caso fortuito nel nubifragio che colpì il Comune di Acri tra
la notte del 27 e 28 novembre 1984, e che comportò l’allagamento del fabbricato che si
sarebbe comunque verificato, a prescindere dalla idoneità o meno delle opere poste in essere
dall’amministratore a evitare o contenere tale evento.
Chiarito questo aspetto, occorre affrontarne un altro. L’amministratore di condominio, in caso
di un evento naturale di estrema entità e gravità, può essere ritenuto responsabile
penalmente? La responsabilità penale dell’amministratore va ricondotta nell’ambito della
disposizione di cui all’articolo 40, secondo comma, del Codice penale, per cui «non impedire un
evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo». Per rispondere del
mancato impedimento di un evento, quindi, è necessario che esista un obbligo giuridico di
attivarsi allo scopo.
È quindi chiaro che l’amministratore non ha l’obbligo di assicurare il fabbricato, se non su
espressa autorizzazione dell’assemblea di condominio e che questi eventi climatici sono
considerati casi fortuiti che interrompono il nesso causale nella responsabilità oggettiva dei
beni e degli impianti in custodia dell’amministratore. Quindi, anche sotto questo profilo
l’amministratore non potrà essere ritenuto responsabile delle conseguenze e dei danni
cagionati dall’evento medesimo.
In sintesi
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01 LA CASSAZIONE
L’amministratore non è legittimato a concludere il contratto di assicurazione del fabbricato se
non abbia ricevuto l’autorizzazione da una deliberazione dell’assemblea dei partecipanti alla
comunione
02 LA LEGGE
L’articolo 1130, n. 4 del Codice civile obbliga l’amministratore a eseguire gli atti conservativi
dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio ma tra questi non si può far rientrare il
contratto di assicurazione
03 LE RESPONSABILITÀ
Quando il fabbricato è colpito da un evento «estremo» si configura generalmente il «caso
fortuito» che esclude la responsabilità dell’amministratore perché interrompe il nesso causale
tra i beni sottoposti alla sua custodia e il danno lamentato, intendendosi come «caso fortuito»
un fatto estraneo, eccezionale e imprevedibile e, quindi, inevitabile
(Paola Pontanari, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 25 novembre 2014)
 Bed & breakfast senza permessi
Aguzzare l'ingegno e inventarsi un mestiere, soprattutto quando le offerte di lavoro sono
ridotte al lumicino, può rivelarsi la scelta giusta. Se poi l'impiego in questione si svolge
direttamente a casa e comporta investimenti contenuti, l'idea comincia a essere davvero
appetibile. È il caso dei bed and breakfast e degli asili nido famiglia, due modi intelligenti per
guadagnare utilizzando l'alloggio in cui si risiede, sia esso di proprietà o in affitto.
Il bed and breakfast è un'attività a carattere saltuario, svolta a conduzione familiare da privati
che utilizzano parte della propria casa per offrire un servizio di alloggio e prima colazione. In
condominio non è necessaria l'approvazione dell'assemblea, a meno che gli atti notarili di
acquisto o il regolamento condominiale non vietino espressamente questo tipo di attività,
differente dalla pensione o dall'affittacamere.
Con la sentenza 24707 del 20 novembre 2014, confermando la decisione della Corte d'appello,
la Cassazione ha inoltre stabilito che l'attività di b&b è consentita anche in presenza di un
regolamento condominiale che vieti, come nel caso specifico, di «destinare gli appartamenti a
uso diverso da quello di civile abitazione o di ufficio professionale privato». Secondo il giudice
di appello «l'utilizzo degli appartamenti a tale scopo non comporta il cambio di destinazione
d'uso ai fini urbanistici» e, cosa ancora più importante, proprio la definizione di “civile
abitazione” citata nel regolamento, risulta essere un presupposto fondamentale per lo
svolgimento dell'attività di b&b.
Il condòmino può anche realizzare tutte le opere che ritiene opportune, a patto che non
provochino danni alle cose comuni o pregiudizi alle proprietà esclusive altrui.
Per prima cosa, occorre recarsi allo Sportello unico della attività produttive del Comune
d'appartenenza e compilare la Scia, la segnalazione certificata di inizio attività. Non serve
nessuna iscrizione alla sezione speciale del registro delle imprese, mentre devono essere
rispettati alcuni requisiti, come quelli igienico-sanitari previsti dal regolamento edilizio e dal
regolamento d'igiene comunale, oltre alla normativa vigente in materia di sicurezza e di
somministrazione di cibi e bevande. In linea di massima, anche se ogni regione detta le proprie
regole, è necessario che le stanze abbiano dimensioni adeguate e siano presenti due servizi
igienici (se l'attività si svolge in più di una stanza). E ancora occorre garantire: l'accesso diretto
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alle camere da letto destinate agli ospiti; il cambio di biancheria almeno tre volte alla
settimana (e all'arrivo di ogni nuovo ospite) e la pulizia quotidiana dei servizi.
Il responsabile dell'attività, oltre a registrare le presenze e comunicarle alle autorità di pubblica
sicurezza, è tenuto a sottoscrivere una polizza assicurativa di responsabilità civile, per
eventuali danni arrecati agli ospiti. Le tariffe, sono decise liberamente e vanno comunicate alla
Provincia, che ogni anno redige un elenco dettagliato con le strutture ricettive operanti nel
territorio di competenza.
Per quanto riguarda gli asili nido in famiglia, bisogna prestare un po' più di attenzione al
regolamento condominiale. Qualora, ad esempio, non siano consentiti «assembramenti o
passaggi più o meno consistenti di persone che possano determinare un disturbo per la
collettività condominiale», anche se non esplicitamente indicato il servizio può essere vietato.
Appurata la possibilità di iniziare l'attività in condominio, occorre presentare il progetto a
Comune e Asl, con la descrizione dettagliata della propria attività. Anche in questo caso ci sono
dei requisiti da rispettare e, come per i b&b, ogni regione ha dettato le proprie norme. A
cominciare dai locali in cui si svolge il servizio: c'è bisogno di uno spazio per l'accoglienza;
un'area gioco protetta; una zona riposo con lettini separata dal resto della casa; un bagno con
fasciatoio e una cucina dove preparare i pasti.
In Trentino, la regione italiana dove il nido famiglia è più diffuso, il responsabile dell'attività è
obbligato a seguire un corso di formazione da 250 ore, con lezioni in aula e tirocinio pratico.
Solitamente, si possono accudire fino a un massimo di sei bambini e i costi variano dai 3 ai 6
euro all'ora, senza nessuna quota d'iscrizione.
In sintesi
01 IL REGOLAMENTO
Con la sentenza 24707 del 20 novembre 2014 la Cassazione ha inoltre stabilito che l’attività di
b&b è consentita anche in presenza di un regolamento condominiale che vieti, come nel caso
specifico, di «destinare gli appartamenti a uso diverso da quello di civile abitazione o di ufficio
professionale privato»
02 NIENTE PARTITA IVA
L’attività di bed and breakfast non è considerata un vero e proprio lavoro e quindi non
necessita di iscrizione alla Camera di Commercio e apertura di partita Iva
03 LA SOSPENSIONE
Il responsabile dell’attività è però obbligato a sospenderla per tre mesi l’anno, anche non
consecutivi, e affittare un numero massimo di tre camere per sei posti letto.
04 L’ASILO NIDO
Un po’ più complesso è avviare un nido famiglia. In molti casi è obbligatorio un titolo di studio,
in altri è sufficiente seguire un corso ad hoc.
Non è sempre necessario costituire un’impresa o far parte di una cooperativa: se, ad esempio,
ad avviare l’asilo è una famiglia, basterà una scrittura privata tra le famiglie associate.
Attenzione al regolamento: se, esempio, non siano consentiti «assembramenti o passaggi più o
meno consistenti di persone che possano determinare un disturbo per la collettività
condominiale», anche se non esplicitamente indicato il servizio può essere vietato
(Silvio Rezzonico, Maria Chiara Voci, Il Sole 24ORE, Norme e Tributi, 2 dicembre 2014)
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
Villette a schiera nel condominio
La nozione di «condominio» in senso proprio non riguarda solamente gli edifici che si
estendono in verticale ma si può applicare anche ai corpi di fabbrica adiacenti orizzontalmente
(come i villini «a schiera»). Anche questi ultimi possono essere dotati di strutture portanti e di
impianti essenziali comuni «se non risulta il contrario dal titolo» (Cassazione, sentenza
8066/2005). Un principio che è divenuto norma, contenuta nell’articolo 1117 bis del Codice
civile (introdotto dalla legge 220/2012).
La Corte di cassazione (sentenza 20986/2014) si è occupata, di recente, della fattispecie
riguardante i proprietari di una villetta (attori) che convenivano in giudizio il condominio per
accertare che la villa di loro proprietà non faceva parte della compagine condominiale. Questi
condòmini non avevano pagato le spese e avevano ricevuto un decreto ingiuntivo, al quale
avevano fatto opposizione.
I giudici della Cassazione, preliminarmente, precisavano che, per parlare di condominio, è
necessario non solo indagare sulla funzione delle parti comuni ma anche sull’atto d’acquisto (il
«titolo»). Solo così si può rimuovere ogni dubbio sulla comproprietà (in comunione) di
determinati beni. La Corte d’appello aveva ritenuto che la comproprietà di alcuni beni derivasse
direttamente dal titolo d’acquisto della proprietà, in ragione della formulazione letterale
dell’atto. Atto dove peraltro non risultavano individuate le parti comuni tra l’edificio acquistato
dai ricorrenti e gli altri edifici inseriti nel complesso immobiliare, ma si prevedeva
espressamente l’acquisto della quota di 39/100 dei diritti sulle parti comuni del condominio di
cui l’immobile faceva parte. La Cassazione, acquisendo il ragionamento della Corte d’appello,
ha ritenuto che la partecipazione dei padroni delle villette alla comunione non poteva
comunque essere esclusa dall’accertamento che l’immobile non fruisse dei beni e servizi
comuni.
L’accertamento della natura non condominiale di un bene – per mancanza del presupposto
della relazione di accessorietà strumentale e funzionale con le unità immobiliari comprese nel
condominio - non esclude quindi l’eventuale comunione su di esso instaurata per volontà delle
parti, sulla base del contenuto dell’atto di acquisto dell’immobile. I proprietari delle villette
sono stati così giudicati vincolati al pagamento degli oneri condominiali.
(Luana Tagliolini, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 2 dicembre 2014)
 Edilizia e Urbanistica
 Semplificazioni e recupero, spinta all'edilizia
Con lo Sblocca-Italia (decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla legge 11
novembre 2014, n. 164, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 262 dell'11 novembre) si allarga il
raggio di azione dell'edilizia libera, gli interventi cioè di manutenzione e piccola trasformazione
realizzabili con semplice comunicazione di inizio attività (Cil) asseverata da un progettista.
Diventano in particolare liberi, e gratuiti (purché non venga alterata la volumetria complessiva
dell'edificio), i frazionamenti o accorpamenti di unità immobiliari, e più in generale tutte le
manutenzioni straordinarie che comportino anche modifiche a volumi e superfici delle singole
unità.
È questa la semplificazione più chiara e di impatto più ampio, potenzialmente in grado di
interessare tutti i circa 26 milioni di italiani proprietari di casa, tra quelle introdotte dallo
Sblocca-Italia. Inoltre, dopo le modifiche alle superfici degli alloggi, grazie allo Sblocca-Italia
sarà possibile affidare al Comune tutte le pratiche di modifica catastale con semplice
comunicazione di fine lavori.
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In tutto nel Dl 133/2014 ci sono 48 modifiche al Testo unico edilizia (Dpr 380/2001), che si
pongono tre obiettivi: allargare l'edilizia autocertificata, favorire il recupero e la riqualificazione
(con sconti agli oneri, varianti semplificate, incentivi in cubature per delocalizzare, cambio
d'uso più facile), semplificare la disciplina edilizia (pompe di calore in Cil ordinaria, tempi rapidi
sui permessi di costruire, proroghe e varianti non essenziali più facili, debutto del permesso di
costruire convenzionato).
Le procedure
L'edilizia realizzabile con semplice "asseverazione" del progettista abilitato, anziché dover
aspettare il provvedimento espresso del Comune, ha debuttato nel 1997 (governo Prodi I) con
la Dia, e da allora si è via via allargata con un orientamento legislativo sostanzialmente
condiviso, pur con sfumature. Il Pd, ad esempio, ha aggiunto in commissione Ambiente alla
Camera un emendamento allo Sblocca-Italia che impone alle Regioni di rafforzare i controlli
sull'attività edilizia libera (Cil e Cil asseverata).
Il recupero
Il secondo filone dello Sblocca-Italia sono gli incentivi al recupero. Il contributo costo di
costruzione è sempre ridotto del 20%, rispetto ai casi di nuova costruzione, per gli interventi di
recupero o riuso di immobili dismessi o in via di dimissione, purché non in variante. Altri sconti
agli oneri e al contributo sono invece subordinati all'attuazione comunale.
Si cerca di spingere i Comuni (ma la norma è di indirizzo) a riqualificare aree con edifici
incongrui anche con «forme di compensazione rispondenti all'interesse pubblico». Poco
incisive, e soggette all'attuazione regionale, sembrano anche le norme che dovrebbero
facilitare i cambi di destinazione d'uso.
Sempre per incentivare il recupero si ammette la richiesta, da parte dei privati, di permessi di
costruire in deroga al Prg per interventi di ristrutturazione edilizia, previa deliberazione del
consiglio comunale. La norma è però controversa, tant'è che il Parlamento ha tolto l'estensione
anche alla ristrutturazione urbanistica.
I tempi
In materia di semplificazione, viene eliminato il raddoppio del termine per l'istruttoria (da 60 a
120 giorni) per i Comuni con oltre 100mila abitanti; è prevista la possibilità di chiedere la
proroga della validità del permesso per difficoltà tecniche o fatti sopravvenuti; possibile infine
chiedere con semplice Scia alcune varianti non essenziali al progetto. Tre modifiche che
puntano a semplificare un po' la vita ai cittadini anche in caso di interventi più complessi
(ristrutturazioni edilizie con cambio di volume o prospetti, ampliamenti, nuove costruzioni).
Debutta infine a livello nazionale il permesso di costruire convenzionato, già presente in alcune
leggi regionali.
C'è poi il regolamento edilizio unico. Atteso da professionisti e imprese per eliminare la babele
di regole comunali diverse una dall'altra, il regolamento unico resta tuttavia, per ora, solo un
obiettivo dopo le norme dello Sblocca-Italia.
I punti chiave
LA COMUNICAZIONE D'INIZIO ATTIVITÀ
Il decreto Sblocca-Italia - nel testo approvato in Parlamento per la conversione in legge introduce alcune modifiche alla disciplina del Testo unico dell'edilizia sull'attività edilizia libera,
ossia sugli interventi per i quali non è richiesto alcun titolo abilitativo e che si possono fare
liberamente.
Per quanto concerne gli interventi esenti anche dalla comunicazione d'inizio lavori, si rilevano
alcune novità riguardanti la manutenzione ordinaria.
In particolare, il decreto inserisce un richiamo normativo al fine di definire gli interventi di
manutenzione ordinaria: gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione,
rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie a integrare o
mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti
LA SCIA
La Scia prende il posto a tutti gli effetti della Dia, cioè si applica in tutti i casi intermedi rispetto
a quelli di calibro superiore all'edilizia libera (articolo 6 Dpr 380/2001, edilizia libera), e di
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calibro inferiore all'attività che richiede permesso di costruire (articolo 10 Dpr 380/2001). È
necessaria una doppia valutazione, cioè di coerenza alla previsione e di conformità alle
previsioni di strumenti urbanistici, regolamenti edilizi e della disciplina urbanistica edilizia
vigente. L'errore non è consentito (Cassazione penale 43576/2014) perché se vi è discordanza
tra le previsioni del Testo unico e le normative locali, prevale la norma più di dettaglio e cioè
quella che motivatamente imponga un titolo diverso dalla Scia. Il limite massimo per
modificare con Scia il permesso di costruire, è rappresentato dal momento finale (agibilità) e
quindi dalla dichiarazione di ultimazione dei lavori
IL PERMESSO DI COSTRUIRE
Sono due le modifiche che riguardano il permesso di costruire. La prima riguarda il termine per
l'istruttoria: non è più prevista una durata doppia, ossia 120 e non 60 giorni, per i Comuni con
popolazione superiore ai 100mila abitanti (la possibilità di avere tempi più lunghi per
l'istruttoria resta solo per i progetti particolarmente complessi)
In tutti i Comuni, quindi, il permesso di costruire deve quindi essere rilasciato entro 90 giorni
(60 giorni per l'istruttoria della domanda e 30 per la decisione).
Il decreto legge Dl Sblocca-Italia ha inoltre ampliato i casi in cui è possibile ricorrere alla
proroga del permesso di costruire mentre rimangono invariati i termini di decadenza del titolo
edilizio: un anno dal rilascio per l'avvio dei lavori e tre anni, successivi all'avvio, per il
completamento dell'opera
I PERMESSI IN DEROGA
Per facilitare e incentivare gli interventi di recupero edilizio e riqualificazione urbana, il Dl
133/2014 ha previsto che i permessi di costruire possano essere in deroga (anche alle
destinazioni d'uso) per gli interventi privati di ristrutturazione edilizia, attuati anche in aree
industriali dismesse.
Questo permette di intervenire anche sforando i limiti del piano regolatore, quali destinazioni
d'uso, altezze, indici edilizi, previo accertamento dell'interesse pubblico con specifica delibera
del consiglio comunale.
Il mutamento di destinazione d'uso non deve però comportare «un aumento della superficie
coperta prima dell'intervento di ristrutturazione» ossia un aumento di superficie coperta
«rispetto a quella esistente» prima dell'intervento
LE SANZIONI
Rafforzate le sanzioni previste per la mancata presentazione della comunicazione d'inizio
lavori.
L'omessa trasmissione della comunicazione dell'inizio dei lavori - prevista per alcune opere di
edilizia libera - o della comunicazione asseverata da un tecnico abilitato - per gli interventi di
manutenzione straordinaria e per le opere di modifica interna sulla superficie coperta dei
fabbricati adibiti all'esercizio di impresa, o di modifica della destinazione d'uso degli stessi comporta la sanzione pecuniaria di mille euro, ridotta di due terzi nel caso in cui la
comunicazione di inizio lavori venga effettuata spontaneamente se l'intervento è ancora in
corso di esecuzione. L'incremento della sanzione si deve, in primo luogo, al tentativo di
combattere il fenomeno dell'abusivismo edilizio
I COSTI
Le semplificazioni contenute nel Dl 133/2014 hanno un contrappeso di tipo economico. In
particolare, alle agevolazioni burocratiche, che consentono un più semplice riordino delle unità
immobiliari, corrisponde la possibilità, da parte delle amministrazioni comunali, di modulare gli
oneri di concessione. Questi si suddividono in costo di costruzione e oneri di urbanizzazione: i
primi sono una percentuale sul valore delle opere che si realizzano; i secondi corrispondono
all'aumento del peso urbanistico dell'intervento e quindi delle spese che l'ente locale sopporta
per consentire standard qualitativi adeguati. Mentre si esclude il contributo di costruzione per
le opere di manutenzione straordinaria, vi è uno sconto del 20% sui costi di costruzione per le
ristrutturazioni, ma solo per le ristrutturazioni ed il recupero di immobili dismessi
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IL RENT TO BUY
L'articolo 23 del Dl 133/2014 ha disciplinato, sotto il profilo civilistico, il contratto di rent to buy
regolandone la trascrizione in forza dell'articolo 2645 bis del Codice civile. Prima delle novità
intervenute a seguito dell'approvazione dell'articolo 23 del citato decreto avevano iniziato a
diffondersi prassi contrattuali indirizzate verso la ricerca di meccanismi idonei a consentire da
una parte, il godimento anticipato dell'immobile da parte dell'utilizzatore differendo in futuro,
al tempo stesso, gli effetti finali dell'operazione di compravendita. In questo modo i potenziali
venditori, utilizzando questa prassi contrattuale, avrebbero ottenuto a loro volta il beneficio di
individuare in anticipo i potenziali acquirenti interessati all'immobile concesso in godimento. La
norma non fornisce una definizione del rent to buy, ma individua i contenuti che lo
caratterizzano
LA DEDUZIONE DEI CANONI DI LOCAZIONE
Arriva la deduzione per le persone fisiche che acquistano un immobile di tipo residenziale per
destinarlo successivamente alla locazione. Lo "sconto" Irpef spetta esclusivamente per gli
acquisti effettuati nel periodo 1 gennaio 2014 fino al 31 dicembre 2017 di immobili
(residenziali) di nuova costruzione rimasti invenduti alla data di entrata in vigore (12
novembre 2014) della legge 164 di conversione o che abbiano formato oggetti di interventi di
ristrutturazione edilizia o di restauro e di risanamento conservativo (articolo 3, comma 1,
lettera c) e d) del Testo unico dell'edilizia). La deduzione Irpef è pari al 20% del prezzo di
acquisto dell'immobile risultante dall'atto di compravendita, nel limite massimo della spesa pari
a 300mila euro. L'importo massimo della deduzione non potrà superare i 60mila euro e il
risparmio fiscale dipenderà dall'aliquota marginale del contribuente
GLI APPALTI
Con l'obiettivo di velocizzare i principali programmi di investimento nell'edilizia, il Dl 133/2014
prevede una serie di deroghe alle procedure ordinarie per l'affidamento dei lavori pubblici nelle
situazioni di «estrema urgenza». Non è più necessario indire gare per gli interventi urgenti di
messa in sicurezza delle scuole, delle opere anti-dissesto idrogeologico, di prevenzione del
rischio sismico, di tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale, fino a 5,2 milioni. Il Codice
appalti già prevedeva queste eccezioni, ma solo per «circostanze imprevedibili» e «non
imputabili» alle stazioni appaltanti. Ora per assegnare il «patentino» di opera urgente basterà
un'autocertificazione dell'ente che dichiari «come indifferibili gli interventi anche su impianti,
arredi e dotazioni funzionali»
LE BONIFICHE
Possibile realizzare alcuni interventi edilizi all'interno dei siti contaminati, a prescindere dal
fatto che siano in corso o meno le attività di messa in sicurezza e di bonifica. Devono però
riguardare opere lineari di pubblico interesse e non pregiudicare la bonifica né determinare
rischi per i lavoratori e gli altri fruitori dell'area.
Il Dl Sblocca-Italia ha anche introdotto una nuova disciplina anche con riferimento ai materiali
di scavo e rivisto le procedure semplificate per le bonifiche disciplinate dall'articolo 242 bis del
Codice ambientale.
È inoltre possibile individuare e sperimentare innovative tecnologie di bonifica in situ: la
Regione può autorizzare l'applicazione a scala pilota, in campo, di quelle innovative, purché il
tutto sia possibile in condizioni di sicurezza sanitaria e ambientale
(Alessandro Arona, Il Sole 24 ORE, Norme e Tributi, 19 novembre 2014)
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
18
Legge e prassi

(G.U. 3 dicembre 2014, n. 281)
 Economia, Fisco
COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
DELIBERA 1 agosto 2014
Relazioni sul Sistema Monitoraggio investimenti pubblici (MIP) e Codice unico di progetto (CUP)
relative al primo e secondo semestre 2013.
(G.U. 4 novembre 2014, n.256)
LEGGE 30 ottobre 2014, n. 161
Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione
europea - Legge europea 2013-bis.
(G.U. 10 novembre 2014, n. 261, S.O. n. 83)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 24 settembre 2014
Riordino degli interventi di sostegno alla nascita e allo sviluppo di start-up innovative in tutto il
territorio nazionale.
(G.U. 13 novembre 2014, n. 264)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
DECRETO 7 novembre 2014
Approvazione del modello tipo della Dichiarazione Sostitutiva Unica a fini ISEE,
dell'attestazione, nonche' delle relative istruzioni per la compilazione ai sensi dell'articolo 10,
comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 dicembre 2013, n. 159.
(G.U. 17 novembre 2014, n. 267, S.O. n. 87)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 23 settembre 2014
Attuazione dell'art. 6, comma 1, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con
modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, relativo al contributo tramite voucher alle
micro, piccole e medie imprese per la digitalizzazione dei processi aziendali e
l'ammodernamento tecnologico.
(G.U. 19 novembre 2014, n. 269)
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 17 novembre 2014, n. 172
Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 10
marzo 1998, n. 76, in materia di criteri e procedure per l'utilizzazione della quota dell'otto per
mille dell'Irpef devoluta alla diretta gestione statale.
(G.U. 26 novembre 2014, n. 275)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 20 ottobre 2014
Rideterminazione del cofinanziamento nazionale pubblico a carico del Fondo di rotazione di cui
alla legge n. 183/1987 per il Programma Operativo Regionale (POR) Umbria FESR dell'obiettivo
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
19
Competitivita' regionale e occupazione, programmazione 2007-2013, per le annualita' dal 2007
al 2013 al netto del prefinanziamento del 7,5 per cento.
(G.U. 26 novembre 2014, n. 275)
DECRETO LEGISLATIVO 21 novembre 2014, n. 175
Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata.
(G.U. 28 novembre 2014, n. 277)
 Energia
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 6 novembre 2014
Rimodulazione degli incentivi per la produzione di elettricita' da fonti rinnovabili diverse dal
fotovoltaico spettanti ai soggetti che aderiscono all'opzione di cui all'articolo 1, comma 3, del
decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni, in legge 21 febbraio
2014, n. 9.
(G.U. 18 novembre 2014, n. 268)

Pubblicato il decreto per le fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico
Nella gazzetta ufficiale del 18.11.2014 è stato pubblicato il decreto del Ministero dello Sviluppo
Economico relativo alla rimodulazione volontaria degli incentivi per le fonti rinnovabili elettriche
diverse dal fotovoltaico.
Questo decreto dà attuazione alla previsione contenuta all’articolo 1 comma 3 lettera b del
Decreto-Legge 23 dicembre 2013 n.145 (Decreto convertito, con modificazioni, in Legge 21
febbraio 2014, n. 9) il quale prevede che al fine di contenere l'onere annuo sui prezzi e sulle
tariffe elettriche degli incentivi alle energie rinnovabili e massimizzare l'apporto produttivo nel
medio-lungo termine dagli esistenti impianti, i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili
titolari di impianti che beneficiano di incentivi sotto la forma di certificati verdi, tariffe
omnicomprensive ovvero tariffe premio possono, per i medesimi impianti, in misura
alternativa:
a) continuare a godere del regime incentivante spettante per il periodo di diritto residuo. In tal
caso, per un periodo di dieci anni decorrenti dal termine del periodo di diritto al regime
incentivante, interventi di qualunque tipo realizzati sullo stesso sito non hanno diritto di
accesso ad ulteriori strumenti incentivanti, incluso ritiro dedicato e scambio sul posto, a carico
dei prezzi o delle tariffe dell'energia elettrica;
b) optare per una rimodulazione dell'incentivo spettante, volta a valorizzare l'intera vita utile
dell'impianto. In tal caso, a decorrere dal primo giorno del mese successivo al termine di cui al
comma 5, il produttore accede a un incentivo ridotto di una percentuale specifica per ciascuna
tipologia di impianto, definita con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con
il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con parere dell'Autorita' per
l'energia elettrica e il gas, entro 60 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, da
applicarsi per un periodo rinnovato di incentivazione pari al periodo residuo dell'incentivazione
spettante alla medesima data incrementato di 7 anni.
Il decreto in commento stabilisce le modalità per la rimodulazione dell’incentivo secondo
l’opzione b sopra indicata, e si applica agli impianti a fonti rinnovabili diversi dal fotovoltaico ad
eccezione di:
a) impianti per i quali il periodo di diritto agli incentivi termina entro il 31 dicembre 2014
ovvero entro il 31 dicembre 2016 per gli impianti a biomasse e a biogas di potenza non
superiore a 1 MW;
b) gli impianti di cui all’articolo 1, comma 6, del d.l. n. 145 del 2013. Pertanto l’opzione b non
trova applicazione per: a) gli impianti incentivati ai sensi del provvedimento del Comitato
interministeriale dei prezzi n. 6 del 29 aprile 1992; b) i nuovi impianti incentivati ai sensi del
decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 luglio 2012, pubblicato nel supplemento
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
20
ordinario n. 143 alla Gazzetta Ufficiale n. 159 del 10 luglio 2012, fatta eccezione per gli
impianti ricadenti nel regime transitorio di cui all'articolo 30 dello stesso decreto.
Il decreto ha rimodulato gli incentivi sulla base del principio di equivalenza dei flussi economici
degli originari incentivi con quelli conseguenti alla riduzione dell’incentivo e all’incremento del
periodo di diritto, riconoscendo i costi indotti dall’operazione di rimodulazione.
(Fausto Indelicato, Il Sole 24 Ore – Tecnici24, 20 novembre 2014)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
COMUNICATO
Risoluzione anticipata della convenzione Cip6 per gli impianti alimentati da combustibili di
processo o residui o recuperi di energia.
(G.U. 20 novembre 2014, n. 270)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 20 ottobre 2014
Cofinanziamento nazionale pubblico a carico del Fondo di rotazione di cui alla legge n.
183/1987 delle attivit dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo
economico sostenibile (ENEA) per il programma Euratom, anno 2013.
(G.U. 26 novembre 2014, n. 275)
 Immobili
AGENZIA DEL DEMANIO
DECRETO 3 novembre 2014
Rettifica dei decreti n. 25933 del 19 luglio 2002 e n. 28212 del 26 novembre 2013 relativi a
beni immobili di proprieta' dello Stato
(G.U. 10 novembre 2014, n. 261)
AGENZIA DEL DEMANIO
DECRETO 3 novembre 2014
Rettifica del decreto n. 28216 del 26 novembre 2013 relativo ai beni immobili di proprieta'
dello Stato.
(G.U. 10 novembre 2014, n. 261)
AGENZIA DEL DEMANIO
DECRETO 27 novembre 2014
Individuazione di beni immobili di proprieta' dello Stato. (Decreto n. 30331).
(G.U. 2 dicembre 2014, n. 280)
AGENZIA DEL DEMANIO
DECRETO 27 novembre 2014
Rettifica dell'allegato A del decreto n. 25933 del 19 luglio 2002 e del decreto n. 28212 del 26
novembre 2013, recante: «Individuazione di beni immobili di proprieta' dello Stato.». (Decreto
n. 30337).
(G.U. 2 dicembre 2014, n. 280)
AGENZIA DEL DEMANIO
DECRETO 27 novembre 2014
Rettifica dell'allegato A del decreto n. 28216 del 26 novembre 2013, recante: «Individuazione
di beni immobili di proprieta' dello Stato.». (Decreto n. 30335).
(G.U. 2 dicembre 2014, n. 280)
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
21
Giurisprudenza

Compravendita immobiliare
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile
Sentenza 10 novembre 2014, n. 23950
Compravendita immobiliare - Preliminare - Domanda di accertamento di nullità - Clausola
compromissoria - Effetti - Art. 1419 c.c.
Corte di Cassazione, Sezione 2 civile
Sentenza 24 ottobre 2014, n. 22718
Vendita immobiliare - Porzione di fondo - Contratto preliminare - Completamento del
frazionamento ad opera del promissario acquirente - Difetto - Stipula del contratto definitivo Termine - Proroga - Inadempimento - Termine non essenziale - Risoluzione di diritto ex art.
1457 c.c. - Esclusione - Inosservanza del termine che superi il limite di tolleranza Inadempimento di non scarsa importanza - Consegue - Risoluzione del contratto a norma
dell'art. 1453 c.c.
 Condominio

Tribunale di Salerno – Sezione III civile – Ordinanza 4 novembre 2014
Condominio, l'impresa si rivale sul nuovo acquirente per i lavori non pagati
Massima attenzione da parte di chi compra un immobile agli eventuale debiti lasciati dal
venditore nei confronti di imprese che hanno fatto lavori di manutenzione condominiale.
Secondo il tribunale di Salerno, ordinanza 4 novembre 2014, infatti, il terzo creditore del
condominio può agire in danno del nuovo acquirente anche per le obbligazione sorte
antecedentemente all'acquisto della proprietà.
Il caso - La vicenda prende le mosse dall'opposizione ad un atto di precetto per oltre 100mila
euro (più 23mila di spese legali) notificato nel 2014 dalla società che aveva eseguito i lavori di
manutenzione ad una signora che nel gennaio del 2008 aveva acquistato un appartamento
nello stabile. Il ‘conto' però riguardava lavori deliberati nel 1991 e terminati nel 1994, dunque
vent'anni prima. A questo punto, l'acquirente si era difeso sostenendo di non dovere alcunché
all'impresa in quanto l'articolo 63 delle disposizioni di attuazione al codice civile limita la sua
responsabilità ai contributi non versati dal precedente proprietario per l'anno in corso e quello
precedente. Al contrario, per l'impresa creditrice le obbligazioni relative alle spese per la
manutenzione della parti comuni dell'edificio hanno il carattere di obbligazioni «propter rem»
con la conseguenza che esse accompagnano il titolare del diritto reale, in quanto ad esso
connesse.
La n atura del c ondominio - Una tesi condivisa dalla Corte salernitana che allarga il
ragionamento chiarendo che le regole cambiano a seconda che in ballo ci siano: rapporti
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
22
interni al condominio, tra acquirente e venditore oppure tra questi ultimi ed il terzo creditore.
In quest'ultimo caso le cose cambiano.
Infatti, osserva l'ordinanza, il condominio non è un soggetto giuridico dotato di propria
personalità in quanto è «un semplice ente di gestione, il quale opera in rappresentanza e
nell'interesse comune dei partecipanti». Ed i partecipanti vanno individuati «in base al loro
rapporto con le singole unità immobiliari site all'interno del condominio». Per cui, prosegue la
Corte, appare «opportuno» fare riferimento al concetto di «obligatio propter rem».
Azione diretta - A questo punto, però, accade che il terzo che vanta un credito nei confronti
del condominio «potrà farlo valere nei confronti dei soggetti che, nel momento in cui agisce,
vantano un diritto reale sull'immobile». Una soluzione di certo penalizzante per chi acquista ma
che secondo l'ordinanza «risponde innanzi tutto a criteri di certezza e di ragionevolezza» e non
contrasta con il codice civile.
Infatti, argomenta la III Sezione civile, «ove si ritenesse che il terzo creditore possa agire solo
nei confronti dei soggetti che erano proprietari nel momento in cui sorse l'obbligazione, si
graverebbe il creditore di un duplice e, tutto sommato, ingiustificato onere». Da una parte,
infatti, per il principio della parziarietà delle obbligazioni condominiali, egli non può agire nei
confronti di un singolo condomino per la soddisfazione dell'intero credito, dovendo promuovere
azioni pro quota. Dall'altra, sarebbe tenuto a verificare per ciascuna unità immobiliare i singoli
soggetti succedutisi nel tempo, «al fine di individuare quello che era proprietario al momento in
cui sorse la propria obbligazione». Una ricerca, spiega l'ordinanza, che potrebbe rivelarsi
«quanto mai difficoltosa» soprattutto a distanza di anni e dopo molti passaggi di mano.
Mentre, le medesime difficoltà «non sono riscontrabili ove i rapporti siano interni al condominio
».
Rivalsa - Del resto, osserva ancora il tribunale, mostrando una visione ottimistica quanto
meno sui tempi di realizzo, una simile soluzione non costituisce neppure «un pregiudizio
eccessivo» per l'acquirente che potrà comunque rivalersi sul venditore. E neppure, sempre
secondo la corte di merito, sarebbe di ostacolo l'articolo 63 delle disposizioni di attuazione in
quanto regola unicamente i «contributi» condominiali e dunque non si applica ai terzi creditori.
(Francesco Machina Grifeo, Il Sole24 ORE – Guida al Diritto, 10 novembre 2014)
 Immobili

Suprema Corte di Cassazione - Seconda sezione civile - Sentenza n. 23708 del 6
novembre 2014
Nulla la servitù di parcheggio
Un contratto che intenda riconoscere come già esistente, oppure costituire ex novo, una
servitù di parcheggio di autovetture, è nullo per impossibilità dell'oggetto: il caso esaminato
dalla Cassazione è di grande rilevanza perché le situazioni del genere, nei condomìni e non
solo, sono molte. Così la suprema Corte, seconda sezione civile (Presidente ed estensore
Triola), con sentenza n. 23708 del 6 novembre 2014, ha concluso dopo aver esaminato un atto
di vendita che conteneva una clausola in cui i contraenti affermavano che il terreno
compravenduto era «gravato da servitù di parcheggio limitatamente a due auto» in favore
della proprietà di un terzo.
Nel negare la validità di questa scrittura, la Cassazione chiarisce che il parcheggio di
autovetture non può mai essere posto a contenuto di un diritto di servitù, in quanto fa ad esso
difetto la "realità", cioè la riferibilità dell'utilità al fondo dominante, come anche la riferibilità
del corrispondente peso al fondo servente (si vedano anche le sentenze della Cassazione del
28 aprile 2004, n. 8137; del 21 gennaio 2009, la quale negava l'azione di spoglio del possesso
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
23
di servitù, proposta dai condomini di un fabbricato nei confronti di un soggetto che aveva
recintato un'area condominiale da quelli utilizzata a fini di parcheggio; e del 7 marzo 2013, n.
5769).
La semplice comodità di parcheggiare l'auto per specifiche persone (anche numericamente
limitate) equivale insomma, per la Corte, all'attribuzione di un vantaggio personale per
costoro, vantaggio che è però estraneo alla funzione di utilità fondiaria essenziale per la
configurabilità di una servitù prediale. Diverso discorso sarebbe ipotizzare, in base al principio
dell'autonomia contrattuale di cui all'articolo 1322 Codice civile, che le parti, semmai in quanto
proprietarie di fondi confinanti, diano luogo ad un rapporto di natura meramente personale,
che non consista, perciò, nell'imposizione di un peso su un fondo (servente) per l'utilità di un
altro (dominante), ovvero in una relazione di asservimento del primo al secondo, quanto nella
pattuizione di un obbligo e di un corrispettivo diritto di parcheggio, previsto per il vantaggio
della persona o delle persone indicate nel relativo atto costitutivo.
(Antonio Scarpa, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 11 novembre 2014)
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
24
Condominio


Le "mappe" del condominio – L’uso del lastrico solare
Luigi Salciarini, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, Edizione del 15 novembre 2014, n.
963
art.
art.
art.
art.
1102
1120
1122
1139
cod. civ.;
cod. civ.;
- bis cod. civ.
cod. civ.
L’utilizzazione del lastrico
Il diritto di godimento che i condomini hanno sul lastrico solare si avvicina molto, quanto
a modalità esplicative, a quello che riguarda il tetto (vedi mappa precedente) in quanto
entrambe tali strutture (tetto e lastrico) forniscono la medesima utilità e hanno la stessa
funzione che è poi quella di fungere da “copertura” dell’edificio, proteggerlo dagli agenti
atmosferici esterni e di determinarne la consistenza volumetrica. Di conseguenza, anche
nel caso del lastrico solare il singolo condomino può porre in essere varie modalità di
utilizzazione, a condizione, però, che siano del tutto compatibili con la predetta funzione
(che, nel concreto, non potrebbe essere eliminata e/o pregiudicata), come, peraltro,
prescrive espressamente l’art. 1102 cod. civ.
La comproprietà
Va innanzitutto precisato
che il diritto di utilizzazione
del
lastrico
solare
condominiale
spetta
ai
singoli partecipanti nella
misura in cui detto lastrico
sia in comproprietà tra
tutti i condomini (o anche
tra una parte “ristretta” di
essi - cfr., soprattutto e
per quanto riguarda la
ripartizione delle relative
spese, il comma 2 dell’art.
1123 cod. civ.) e tutti
costoro siano titolari della
relativa
facoltà.
Tale
situazione giuridica (di uso
comune),
quindi,
è
estranea a quella prevista
dall’art. 1126 cod. civ. che,
Superficie e “ pari u so”
Nel caso dell’utilizzazione della
superficie del lastrico solare,
inevitabile
nel
caso
di
installazione di pannelli solari,
l’aspetto “quantitativo” di detta
modalità
di
godimento
è
fondamentale
per
determinarne la sua legittimità
(o
meno).
Infatti,
tali
particolari manufatti richiedono
un’area piuttosto estesa per
poter genera r e sufficiente
energia (a favore della singola
unità immobiliare). Caso per
caso, dovrà valutarsi se è
possibile
un’identica
utilizzazione da parte degli
“altri” condomini, o se invece
sarà necessario procedere a
una ripartizione della superficie
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
L’installazione di
una
canna fumaria
Un discorso a parte va fatto
per l’installazione (effettuata
dal singolo condomino) di
una canna fumaria (quindi,
esclusiva) sul lastrico solare
condominiale. La fattispecie
appare
divergere
completamente da quella di
identica
installazione
realizzata,
però,
sulla
facciata
perimetrale
dell’edificio (nel concreto,
con
collazione
della
tubazione “in appoggio” alla
parete). Infatti, se in questo
secondo caso (di utilizzo
della muratura perimetrale)
la giurisprudenza ne ha
riconosciuto l’ammissibilità
25
sempre con riferimento (cfr.
“nuovo”
alla regolamentazione delle bis cod. civ.).
spese, riguarda l’ipotesi
del lastrico che è in “uso
esclusivo” (a favore di un
singolo, e non degli altri
condomini).
Tipologie
Per quanto riguarda il
lastrico
solare
(come
detto, nel caso che sia
“comune”) le modalità di
utilizzo individuate dalla
giurisprudenza sono quelle
che
rispettano
la
destinazione
di
tale
“parte”, e non comportano
un
pregiudizio
del
cosiddetto
“pari
uso”
spettante
a
tutti
i
partecipanti
(ferma
restando la legittimità di
un uso “più intenso ” , o
“particolare” da parte del
singolo). In tale ottica,
sono
state
ritenute
legittime quelle tipologie di
godimento che consistono
nel deposito temporaneo di
mobili (correlato alle opere
di ristrutturazione di unità
immobiliare
esclusiva
facente parte dello stesso
edificio - Cass., sent. n.
686/1982),
nello
stendimento
dei
panni
(Trib.
Milano,
sent.
14.1.1991), nonché n ella
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
art.
1122- (sulla
scorta
dell’affermazione per cui
l’appoggio di tubazioni è
compatibile
con
la
“destinazione” delle facciate,
salvo il decoro), nell’ipotesi
dell’inserimento della canna
fumaria
sul
lastrico
il
giudizio è stato nettamente
opposto. Si è affermato,
infatti,
che
il
singolo
condomino che inserisce
stabilmente e con opere
murarie una canna fumaria
di dimensioni non limitate in
corrispondenza
dell’esiguo
cordolo
perimetrale
del
lastrico solare destinato a
stenditoio, pone in essere
un’occupazione
stabile
e
duratura, non consentita
dall’art. 1102 cod. civ.,
sottraendo
la
relativa
porzione di superficie al
godimento
di
tutti
i
condomini.
L’installazione di pannelli
solari
Altra tipica modalità di
utilizzazione
del
lastrico
solare condominiale da parte
del singolo partecipante è
quella
che
consiste
nell’installazione
dei
cosiddetti “pannelli solari”
(“termici” o “fotovoltaici”).
Occorre subito precisare che
non si tratta del caso di
opere
deliberate
dall’assemblea
(destinate
all’utilità comune, con costi
a carico di tutti) ma di
manufatti
collocati
autonomamente
dal
condomino e a sue spese. In
relazione a tale ipotesi,
sorge
il
problema
del
rispetto del cosiddetto “pari
uso”,
in
quanto,
solitamente, per la relativa
installazione è necessaria
una notevole porzione di
superficie,
26
collocazione
tubazione.
di
una
L’uso del lastrico
• Anche il lastrico deve essere utilizzato
nel rispetto dei parametri dell’art. 1102
cod. civ.;
• quindi, non potrà alterarsi la destinazione
di tale parte;
• e dovrà essere conservato il cosiddetto
“pari uso”;
• ovviamente, si tratta del lastrico comune
(e non di quello esclusivo);
• l’installazione di canna fumaria potrebbe
essere illegittima;
• mentre l’installazione di pannelli solari
potrebbe ledere il “pari uso”.
Art. 1102 cod. civ. - Uso della cosa comune
Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e
non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può
apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa.
Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri
partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.
Art. 1120 cod. civ. - Innovazioni
I condomini, con la maggioranza indicata dal comma 5 dell’art. 1136, possono disporre tutte le
innovazioni dirette al miglioramento o all’uso più comodo o al maggior rendimento delle cose
comuni.
I condomini, con la maggioranza indicata dal comma 2 dell’art. 1136, possono disporre le
innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno a oggetto:
1. le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli
impianti;
2. le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento
del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità
immobiliari o dell’edificio, nonché per la produzione di energia mediante l’utilizzo di impianti di
cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi
che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o
di altra idonea superficie comune;
3. l’installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a
qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi
collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, a esclusione degli impianti che non
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
27
comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli
altri condomini di farne uso secondo il loro diritto.
L’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro 30 giorni dalla richiesta anche di un
solo condomino interessato all’adozione delle deliberazioni di cui al precedente comma. La
richiesta deve contenere l’indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione
degli interventi proposti. In mancanza, l’amministratore deve invitare senza indugio il
condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni.
Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del
fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni
dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.
Art. 1122- bis cod. c iv. - Impianti n on c entralizzati di r icezione r adiotelevisiva e di
produzione di energia da fonti rinnovabili
Le installazioni di impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a
qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi
collegamenti fino al punto di diramazione per le singole utenze sono realizzati in modo da
recare il minor pregiudizio alle parti comuni e alle unità immobiliari di proprietà individuale,
preservando in ogni caso il decoro architettonico dell’edificio, salvo quanto previsto in materia
di reti pubbliche.
È consentita l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati
al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie
comune e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato.
Qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l’interessato ne dà
comunicazione all’amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione
degli interventi.
L’assemblea può prescrivere, con la maggioranza di cui al comma 5 dell’art. 1136, adeguate
modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della
sicurezza o del decoro architettonico dell’edificio e, ai fini dell’installazione degli impianti di cui
al comma 2, provvede, a richiesta degli interessati, a ripartire l’uso del lastrico solare e delle
altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di
condominio o comunque in atto.
L’assemblea, con la medesima maggioranza, può altresì subordinare l’esecuzione alla
prestazione, da parte dell’interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali.
L’accesso alle unità immobiliari di proprietà individuale deve essere consentito ove necessario
per la progettazione e per l’esecuzione delle opere. Non sono soggetti ad autorizzazione gli
impianti destinati alle singole unità abitative.
Art. 1139 cod. civ. - Rinvio alle norme sulla comunione
Per quanto non è espressamente previsto da questo capo, si osservano le norme sulla
comunione in generale.
N.B.: le ampie modificazioni apportare dalla “riforma” (legge 220 dell’11 dicembre 2012, in
vigore dal 18 giugno 2013) nonché le integrazioni introdotte dal successivo decreto “correttivo”
(D.L. 145 del 23 dicembre 2013, convertito con legge 9 del 21 febbraio 2014, in vigore dal 22
febbraio 2014) alla disciplina codicistica applicabile complessivamente alla fattispecie
condominiale, comportano la conseguenza che tutta la giurisprudenza precedente, e i principi
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affermati nelle pronunce di riferimento, devono essere fatti oggetto di una puntuale verifica al
fine di accertare se ne permane la validità.
La proprietà del lastrico
Cass., sent. 7 aprile 1995, n. 4060 - Il lastrico solare, ai sensi dell’art. 1117 cod. civ, è oggetto
di proprietà comune dei diversi proprietari dei piani o porzioni di piano dell’edificio se il
contrario non risulta, in modo chiaro e univoco, dal titolo, per tale intendendosi gli atti di
acquisto dei singoli appartamenti o delle altre unità immobiliari, nonché il regolamento di
condominio accettato dai singoli condomini.
Il lastrico solare con manto erboso
Trib. Parma, sent. 18 dicembre 1995, n. 940 - La copertura a lastrico, sovrastata da terra e da
manto erboso, che assolva anche alla funzione di sostenere un’area verde condominiale,
rientra sulle parti necessariamente comuni.
La (duplice) funzione del lastrico solare comune
Cass., sent. 1° giugno 1990, n. 5162 - Il lastrico solare quale superficie terminale dell’edificio
esercita l’indefettibile funzione primaria di protezione dell’edificio medesimo, pur potendo
essere utilizzato in altri usi accessori, come quello del terrazzo. L’anzidetta funzione accessoria
del lastrico solare a terrazza in uso esclusivo di un solo condomino, come non fa venir meno la
sua destinazione primaria all’uso comune, così in mancanza di un titolo contrario lascia
inalterata la presunzione di proprietà comune di cui all’art. 1117 cod. civ.
Pret. Torre Annunziata, sent. 19 marzo 1982, n. 42 - Il lastrico solare riveste, nel quadro della
sua normale destinazione, una duplice attitudine: quella tipica di copertura del fabbricato
sottostante e quella di superficie praticabile (arg. ex art. 1126 cod. civ.). Il condomino che,
non impedendo un pari uso agli altri partecipanti e lasciando inalterate le possibilità delle
concorrenti utilizzazioni, realizzi ex novo una fruizione del secondo tipo per mezzo di opere che
consentono un uso più intenso e agevole di quello precedente (nella specie si tratta di una
scala a chiocciola costruita nella proprietà esclusiva del condomino, attraverso la quale il
medesimo accede al lastrico solare di proprietà comune, lasciando inalterato il vecchio
passaggio, con scala a pioli, in precedenza utilizzato, in comune, dai vari condomini) non altera
per ciò stesso la destinazione del bene, trasformandolo in terrazzo, né viene a integrare una
ipotesi di uso esclusivo ovvero di interferenza sull’equilibrio dei contrapposti interessi
condominiali. La sua azione, al contrario, si mantiene nei limiti di normalità di cui all’art. 1102
cod. civ.
Uso del lastrico: installazione di canna fumaria
Trib. Roma, sent. 9 febbraio 2006, n. 2983 - Il condomino che, senza previa autorizzazione
inserisce stabilmente e con opere murarie una canna fumaria di dimensioni non limitate (cm
35x35x143 di altezza massima, posta a 45 gradi) in corrispondenza dell’esiguo cordolo
perimetrale del lastrico solare destinato a stenditoio, pone in essere un’occupazione stabile e
duratura, non consentita dall’art. 1102 cod. civ., sottraendo la relativa porzione di bene
comune all’uso e al godimento di condomini.
Cass., sent. 7 marzo 1992, n. 2774 - Il condomino che inserisce la propria canna fumaria nel
lastrico solare comune, incorporandone una porzione, con opere murarie, al servizio esclusivo
del proprio appartamento, pone in essere un atto di utilizzazione particolare della cosa che non
ne compromette necessariamente la destinazione e che deve essere, pertanto, considerato del
tutto legittimo se, trattandosi dell’occupazione di una zona periferica di una parte del tutto
trascurabile rispetto alla superficie complessiva del lastrico, possa, in concreto, escludersi, che
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la predetta utilizzazione, menomi la funzione di copertura e calpestio del lastrico o le possibilità
di uso degli altri comproprietari.
Cass., sent. 6 maggio 1987, n. 4201 - Il condomino che inserisce una canna fumaria nel
lastrico solare comune, incorporandola stabilmente con opere murarie al servizio esclusivo del
proprio appartamento, pone in essere un atto di utilizzazione della cosa comune non consentita
dall’art. 1102 cod. civ. atteso che a differenza dell’installazione di canne fumarie nei muri
perimetrali, che non ne altera la principale funzione, la collocazione di canne fumarie nel
lastrico solare comporta una sottrazione della relativa porzione di bene comune all’uso degli
altri condomini con limitazione della utilizzazione del piano di calpestio e la compromissione
della sua funzione di copertura.
Cass., sent. 8 settembre 1986, n. 5465 - Il diritto di comproprietà dei condomini sulle parti
comuni dell’edificio deve ritenersi leso ogni qual volta uno dei partecipi abbia attratto la cosa
comune in tutto o in parte nella propria disponibilità esclusiva, sottraendola alla possibilità di
sfruttamento collettivo. (Nella specie, la S.C., in base all’enunciato principio, ha confermato la
decisione del giudice del merito che aveva riconosciuto l’illegittimità dell’opera con cui un
condomino aveva occupato con la parte terminale della canna fumaria una porzione del lastrico
solare comune adibito anche a stenditoio, determinando in tal modo l’alterazione di tale
destinazione anche per le immissioni di calore e di fumo).
Cass., sent. 4 dicembre 1982, n. 6608 - Costituiscono esplicazione del diritto di comproprietà
ex art. 1102 cod. civ., e in quanto tali non richiedono la preventiva autorizzazione
dell’assemblea condominiale, le modificazioni della cosa comune eseguite dal singolo
condomino ai fini di un suo uso particolare diretto al miglior godimento della medesima (e,
quindi, anche in assenza di una necessità in senso assoluto), che non implichino alterazioni
della consistenza e della destinazione della cosa stessa e non pregiudichino i diritti di uso e di
godimento degli altri condomini. Sono, invece, innovazioni le modificazioni che importino
alterazioni della consistenza della cosa comune o ne mutino la destinazione e che, ai sensi
dell’art. 1120, comma 1, cod. civ., richiedono, perché possano essere disposte, la maggioranza
assembleare di cui al comma 5 del successivo art. 1136 cod. civ.
Uso esclusivo del lastrico solare
Cass., sent. 16 febbraio 2005, n. 3102 - Il lastrico solare, ai sensi dell’art. 1117 cod. civ., è
oggetto di proprietà comune dei diversi proprietari dei piani o porzioni di piano dell’edificio, ove
non risulti il contrario, in modo chiaro e univoco, dal titolo (per tale intendendosi gli atti di
acquisto dei singoli appartamenti, o delle altre unità immobiliari, nonché il regolamento di
condominio accettato dai singoli condomini), e, quale superficie terminale dell’edificio, esso
svolge l’indefettibile funzione primaria di protezione dell’edificio medesimo, pur potendo essere
utilizzato in altri usi accessori, e in particolare come terrazzo, nel qual caso anche l’uso
esclusivo da parte di un solo condomino non integra violazione dell’art. 1102 cod. civ., non
venendo comunque meno la suindicata funzione primaria.
Uso del lastrico: antenna per telefonia cellulare
Trib. Milano, sent. 23 ottobre 2002 - È invalida la delibera di un condominio con cui si autorizza
l’installazione sulla parte comune dell’edificio di un impianto per telefonia mobile non preceduta
dalla necessaria informazione dei condomini in ordine ai possibili rischi per la salute derivanti
dall’esposizione a onde elettromagnetiche.
Trib . Piacenza, sent. 13 febbraio 1998 - L’installazione su un di lastrico solare di proprietà di
un condomino di un ripetitore per telefonia cellulare, con utilizzo delle cose comuni che
consista esclusivamente nell’ancoraggio dell’impianto suddetto ai muri esterni, non configura
alcuna violazione dell’art. 1102 cod. civ.
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Uso del lastrico: stendimento dei panni
Trib. Milano, sent. 14 gennaio 1991 - È invalida la delibera assembleare che faccia divieto di
accedere alla terrazza comune - destinata esclusivamente a copertura - per stendere i panni e
battere i tappeti in quanto tale diritto si fonda sul principio di cui all’art. 1102 cod. civ. in virtù
del quale ognuno può servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione.
Uso del lastrico: deposito (temporaneo) di mobili
Cass., sent. 6 dicembre 1982, n. 686 - Integra una molestia possessoria la regolamentazione
dell’uso delle cose comuni da parte dell’amministratore di un condominio, anche se adottata
nel convincimento d’agire nel legittimo esercizio delle attribuzioni a lui devolute dall’art. 1130
n. 2 cod. civ. - in difetto di esplicite limitazioni stabilite nel regolamento di condominio e
sempre che tale regolamentazione non risulti giustificata da particolari ragioni connesse, per
esempio, alla sicurezza dei condomini o dei terzi o alla salvaguardia della stessa conservazione
della cosa comune - che attenti al contenuto del diritto che su di esse compete a ciascun
condomino, in violazione dei principi che regolano l’uso delle cose comuni da parte dei singoli
partecipanti alla comunione. È, pertanto illegittimo il divieto dell’uso del lastrico solare per
limitare a temporanee esigenze connesse al trasporto di alcuni mobili da un appartamento
all’altro stesso fabbricato nonché il divieto di usare l’ascensore per il trasporto di materiale
edilizio, ove non si accerti che tale uso risulti concretamente dannoso sia compromettendo la
buona conservazione delle strutture portanti e del relativo abitacolo, sia ostacolando la
tempestiva e conveniente utilizzazione del servizio da parte degli altri condomini in relazione
alla frequenza giornaliera del suddetto uso particolare e agli inconvenienti che possono
derivare al decoro dell’edificio, tenuto conto delle cautele che vengono o meno adoperate in
ciascun caso concreto per la custodia del materiale trasportato, del numero degli utenti che
normalmente si servono dell’ascensore per accedere alle varie unità immobiliari, nonché di
ogni altra circostanza rilevante per accertare le eventuali conseguenze pregiudizievoli che, in
ciascun caso concreto possono realmente derivare dal suindicato uso particolare
dell’ascensore.
Uso del lastrico: collocazione di una tubazione
Cass., sent. 9 giugno 1975, n. 2293 - Poiché nel condominio di edifici le parti oggetto di
proprietà possono essere usate da ciascun partecipante in modo che non ne sia alterata la
destinazione, e poiché l’uso non conforme alla destinazione usuale della cosa non ne comporta
l’alterazione, quando essa destinazione usuale non sia pregiudicata per gli altri condomini,
deve ritenersi lecita la collocazione di un tubo d’acqua potabile sul tetto di un edificio, purché
la funzione propria del tetto non ne venga menomata.
Uso del lastrico: installazione di pannelli solari
Cass., sent. 4 febbraio 2013, n. 2500 - Deve considerarsi illegittima la sostituzione della
copertura del tetto condominiale, operata dal condomino abitante all’ultimo piano, con una
struttura a terrazzo per uso personale, atteso che esclude la possibilità di pari godimento da
parte degli altri condomini. È ininfluente la considerazione che non sia variata la funzione di
copertura cui assolverebbe anche la parte di tetto sostituita con la terrazza, perché detta
utilizzazione non è l’unica possibile, non potendosi escludere in ipotesi utilizzazione future,
quali l’appoggio di antenne o di pannelli solari, o di altre possibili e oggi inimmaginabili utilità.
Trib. Palermo, sez. dist. Bagheria, ord. 28 febbraio 2012 - Nel caso in cui l’assemblea deliberi
l’installazione di “pannelli solari” sul lastrico comune, questa dizione deve ritenersi
omnicomprensiva di tutti i dispositivi tecnologici annoverabili in quel genere (termici o
fotovoltaici). Deve, infatti, affermarsi che l’espressione “pannelli solari” va ritenuta espressiva
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di un insieme variegato di dispositivi che utilizzano per il loro funzionamento la luce solare,
ricomprendendosi, al suo interno, sia i “pannelli solari termici”, sia i “pannelli solari
fotovoltaici”.
App. Napoli, sent. 13 maggio 1983, n. 163 - L’installazione di pannelli solari dalle dimensioni
ingombranti sulla copertura dell’edificio condominiale, da parte di un singolo condominio,
riduce la possibilità di utilizzazione usuale della cosa comune, alterando il rapporto di equilibrio
tra le facoltà di utilizzazione attuali e potenziali degli altri condomini.
Trib. Salerno, sent. 17 settembre 1982 - È consentito al singolo condomino installare pannelli
solari sulla parte comune, qualora ciò non venga a incidere sulla entità materiale della cosa
comune e non ne alteri la sostanza, arrecando pregiudizio al fabbricato o mutando la
destinazione, in modo da menomarne l’uso anche di un solo comunista, in tal caso risolvendosi
detta installazione, in una innovazione vietata ai sensi del comma 2 dell’art. 1120 cod. civ.
Trib. Salerno, sent. 16 marzo 1982 - L’installazione da parte di un condomino di pannelli solari
su parte comune dell’edificio condominiale (nella specie, sul lastrico di copertura del vano
scale), che non alteri la cosa comune e non impedisca agli altri comproprietari di farne
parimenti uso secondo il loro diritto, non costituisce innovazione, a norma degli art. 1120 e
1121 cod. civ., ma legittimo uso della cosa comune.
Trib. Salerno, sent. 17 febbraio 1982 - È consentito al singolo condomino, istallare pannelli
solari sulla parte comune, qualora ciò non venga a incidere sull’entità materiale della cosa
comune e ne alteri la sostanza, arrecando pregiudizio al fabbricato o ne muti la destinazione,
in modo da menomare l’uso anche di un solo comunista, in tal caso risolvendosi, detta
istallazione, in una innovazione vietata, ai sensi del comma 2 dell’art. 1120 cod. civ.
Installazione dei pannelli: permessi e condizioni
TAR Perugia (Umbria), sent. 5 maggio 2014, n. 232 - Ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. d ),
TU Edilizia, approvato con D.P.R. 380 del 6 giugno 2001, l’istallazione sugli edifici di pannelli
solari, fotovoltaici e termici deve ritenersi ammessa senza alcuna limitazione (con o senza
serbatoio di accumulo), ma sempre che siano rispettate le altre condizioni che la norma
prevede, e cioè previa comunicazione, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori dalla parte
interessata all’Amministrazione comunale, conservazione della sagoma e dell’aspetto esteriore
degli edifici e dei tetti, estraneità alla zona costituente il centro storico.
Cost., sent. 27 gennaio 2014, n. 11 - È costituzionalmente illegittimo l’art. 37, L.R. Toscana 69
del 3 dicembre 2012, nella parte in cui modifica l’art. 17, comma 2, lett. a ) e b ), L.R. Toscana
39 del 24 febbraio 2005. Premesso che la normativa del D.Lgs. 28/2011 è espressione della
competenza statale in materia di energia, poiché detta il regime abilitativo per gli impianti non
assoggettati all’autorizzazione unica, da applicarsi in tutto il territorio nazionale, le disposizioni
censurate, le quali prevedono che non necessitano di titolo abilitativo i seguenti interventi
laddove realizzati secondo le condizioni stabilite dal Paer e dai provvedimenti attuativi dello
stesso: a) l’installazione di pannelli solari termici di sviluppo uguale o inferiore a 20 metri
quadrati; b) l’installazione di pannelli solari termici per applicazioni nel settore florovivaistico,
nell’estendere il regime semplificato della mera comunicazione a interventi ulteriori rispetto a
quelli previsti dalla normativa statale, violano il principio fondamentale nella materia
dell’energia costituito dalla disciplina del regime dei titoli abilitativi dettata dall’art. 7 del D.Lgs.
28/2011.
TAR L’Aquila (Abruzzo), sent. 23 gennaio 2014, n. 25 - La collocazione di pochi pannelli solari
di piccole dimensioni deve ritenersi soggetta alla sola dichiarazione di inizio dell’attività. E,
infatti, con riguardo agli interventi inerenti l’istallazione di impianti tecnologici che si pongono
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in rapporto di strumentalità rispetto agli edifici preesistenti, deve ritenersi applicabile la
disciplina dettata per gli interventi edilizi minori e cioè degli interventi soggetti a mera
denuncia di inizio dell’attività. Ciò stante, ai sensi dell’art. 37, comma 1, del D.P.R. 380/2001,
in caso di realizzazione senza titolo abilitativo, non può essere adottata l’ordinanza di
demolizione ma la sola sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento di valore
dell’immobile.
TAR Brescia (Lombardia), sent. 21 dicembre 2011, n. 1781 - È illegittimo e deve essere
annullato per carenza di motivazione il diniego di autorizzazione paesistica che ha inibito
l’esecuzione di un intervento edilizio di posa di un impianto fotovoltaico. Infatti, la presenza di
un atteggiamento favorevole espresso dal legislatore (D.Lgs. 387 del 29 dicembre 2003) per
gli impianti di generazione elettrica quali i pannelli solari, utili per risolvere i ben noti problemi
creati dall’inquinamento atmosferico, porta a dedurre che la loro installazione, se pur non può
considerarsi consentita a priori, nemmeno può ritenersi preclusa senza necessità di una
congrua motivazione. Nel caso di specie l’immobile per il quale è causa non risulta
assoggettato ad alcuno specifico vincolo e il provvedimento di diniego nemmeno evidenzia in
alcun modo un suo particolare pregio architettonico o paesaggistico che lo potrebbe rendere
meritevole di speciale tutela. Nemmeno poi spiega in cosa consisterebbero le “coperture
tradizionali” che verrebbero alterate dall’installazione dei pannelli in questione e non dice quale
“insieme unitario”, ovvero “quadro panoramico generale”, sia stato considerato per ravvisarne
un’alterazione in negativo.
Cass. (pen.), sent. 27 aprile 2011, n. 19328 - In tema di reati ambientali, l’installazione di
pannelli solari su di un immobile necessita di previa autorizzazione paesaggistica, in quanto
intervento idoneo a incidere negativamente sull’assetto paesaggistico.
Cons. Stato , sent. 1° ottobre 2008, n. 4744 - In tema di installazione degli impianti
tecnologici (nei quali ricondurre anche quelli di telefonia mobile), le norme urbanistico-edilizie,
come recepite nel D.P.R. 380 del 6 giugno 2001, prevedono una disciplina differenziata, a
seconda che gli stessi siano in rapporto di necessaria strumentalità rispetto a edifici
preesistenti (situazione rapportabile a caldaie, condizionatori, pannelli solari e simili), ovvero di
autonomia funzionale dei medesimi (come nel caso di tralicci e impianti, destinati a essere
parte di una rete di infrastrutture) e solo per i primi risulta applicabile - in base al citato TU - la
disciplina dettata per gli interventi edilizi ritenuti minori, soggetti a mera denuncia di inizio
attività (cosiddetta DIA) a norma dell’art. 4 del D.L. 398 del 5 ottobre 1993, convertito con
modificazioni dalla legge 493 del 4 dicembre 1993, come modificato dall’art. 2, comma 60,
della legge 662 del 23 dicembre 1996 e integrato dall’art. 1, comma 6, della legge 443 del 21
dicembre 2001 (fino all’entrata in vigore - il 30 giugno 2003 - del D.P.R. 380/2001, TU edilizia
- che raccoglie le disposizioni legislative e regolamentari contenute nel D.Lgs. 378/2001 e nel
D.P.R. 379/2001).
TAR Napoli (Campania), sent. 5 giugno 2008, n. 5245 - L’installazione dei pannelli solari, del
serbatoio in acciaio e delle tre unità esterne per condizionatori rientra tra gli interventi di
manutenzione straordinaria, trattandosi di opere finalizzate a integrare i servizi igienicosanitari e tecnologici, che non alterano i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e
non comportano modifiche delle destinazioni di uso.
TAR Roma (Lazio), sent. 17 aprile 2007, n. 3323 - In base al TU edilizia (D.P.R. 380 del 6
giugno 2001), può considerarsi sussistente una disciplina differenziata, in caso di rapporto di
strumentalità necessaria degli impianti rispetto a edifici preesistenti (situazione rapportabile a
caldaie, condizionatori, pannelli solari e simili) ovvero di autonomia funzionale dei medesimi
quali nuove costruzioni (come appunto nel caso di tralicci e impianti, destinati a essere parte di
una rete di infrastrutture). Solo per i primi, fra gli impianti sopra indicati, risulta applicabile - in
base al citato TU - la disciplina dettata per gli interventi edilizi ritenuti minori, soggetti a mera
denunzia di inizio attività (cosiddetta DIA) a norma dell’art. 4, D.L. 398 del 5 ottobre 1993,
convertito con modificazioni dalla legge 493 del 4 dicembre 1993, come modificato dall’art. 2
comma 60, legge 662 del 23 dicembre 1996 e integrato dall’art. 1, comma 6, legge 443 del 21
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dicembre 2001, fino all’entrata in vigore - il 30 giugno 2003, D.P.R. 380 del 6 giugno 2001 TU delle disposizioni legislative in materia edilizia - che raccoglie le disposizioni legislative e
regolamentari contenute nel D.Lgs. 380/2001 e nel D.P.R. 379/2001. Per gli impianti di
emissione elettromagnetica, come quello del caso di specie, il D.Lgs. 380/2001 prescrive - nel
combinato disposto degli artt. 10 e 3 comma 1, lett. e2 , e3 ed e4 - il permesso di costruire,
introdotto dalla medesima normativa come nuova qualificazione formale della concessione
edilizia.
Cass. (pen.), sent. 9 ottobre 1984, n. 11327 - Per l’impianto di pannelli solari per la
produzione di energia elettrica al servizio di un preesistente edificio alberghiero, non è
necessaria la concessione edilizia, ma è sufficiente l’autorizzazione del sindaco. La mancanza
dell’autorizzazione non costituisce alcuno dei reati previsti dall’art. 17 legge 10 del 28 gennaio
1977, perché la materia relativa a tali autorizzazioni è stata autonomamente disciplinata dal
legislatore, con i successivi artt. 31 e 48 della legge 457 del 5 agosto 1978 e art. 7 del D.L. 9
del 23 gennaio 1982, convertito in legge 94 del 15 marzo 1982.
Natura pertinenziale dei pannelli solari
TAR Trento (Trentino-Alto Adige), sent. 19 giugno 2008, n. 152 - La natura pertinenziale di un
impianto fotovoltaico rispetto a un’opera già esistente non può essere esclusa se la distanza
che lo separa da quest’ultima è breve e il posizionamento dei pannelli solari in un’area libera,
discosta dall’edificio principale, si giustifica con la necessità di esporli alla maggiore
illuminazione solare possibile.
Pannelli solari e normativa sulle distanze
Pret. Pietrasanta, sent. 2 aprile 1985 - All’installazione di pannelli solari è applicabile l’art. 890
cod. civ. in materia di distanze legali, con la conseguenza che, in mancanza di specifiche
norme di regolamenti locali che impongano una distanza minima dal confine, spetta al giudice
di valutare la pericolosità dell’impianto e le conseguenti distanze dello stesso dai confini (nella
specie è stata esclusa la pericolosità dei pannelli e pertanto ritenuta legittima la loro
installazione a ridosso del muro di confine). Ai sensi dell’art. 889, comma 2, cod. civ., le
tubazioni che, conducendo il fluido riscaldato, collegano i pannelli solari alla struttura cui sono
asserviti devono essere posti a una distanza di un metro dal confine.
I pannelli solari per il riscaldamento non possono essere paragonabili alle “cisterne” o ai “tubi”
di cui all’art. 889 cod. civ., essendo, invece, assimilabili al bruciatore o caldaia, per gli impianti
a nafta o a energia elettrica. Ne consegue che per la distanza di tali pannelli dal confine deve
farsi riferimento al regolamento locale o, in mancanza, alle norme di comune prudenza. (Nella
specie, in applicazione di tali principi, essendo carente un regolamento locale, il giudicante,
escluso, in concreto, un pericolo di danno per la solidità, sicurezza e salubrità del fondo vicino,
ha ritenuto che tali pannelli potessero essere sul confine tra le due proprietà finitime).
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Compravendita
Immobiliare


Trasparenza fiscale 2014-2016 - Opzione entro fine anno Roberta Braga, La Settimana Fiscale, Edizione del 10 dicembre 2014, n. 46 Artt. 1385, 1386 e 2234, c.c.
Art. 6, D.P.R. 633/1972
Artt. 6, 10 e 40, e Tariffa, art. 9, D.P.R. 131/1986
E' possibile che, contestualmente alla stipula di un contratto di compravendita, venga
previsto il versamento da parte dell'acquirente di una somma in denaro. Tale importo può
essere qualificato ai fini fiscali e civilistici in modo diverso, a seconda dei casi, come acconto
(anticipo) o come caparra. In particolare, nel settore della compravendita immobiliare, la
dazione della caparra confirmatoria in sede di preliminare sconta l'imposta di registro dello
0,50%, mentre per l'acconto, qualora la compravendita sia assoggettata a imposta di
registro, si rende applicabile la più gravosa imposta proporzionale del 3%. Parimenti, la
rilevazione in contabilità dell'acconto segue regole differenti rispetto a quelle valide per la
caparra.
Caparra e acconto - Differenze e analogie
Sia la caparra, che può essere confirmatoria o penitenziale, che l'acconto consistono in
un'anticipazione di denaro versato in relazione ad un contratto di compravendita di beni o
servizi.
Tuttavia, la caparra confirmatoria, a differenza dell'acconto, non è un anticipo sul prezzo o
corrispettivo pattuito. Infatti, i due istituti giuridici assolvono funzioni e ruoli notevolmente
differenti ed assumono una particolare rilevanza nel settore delle compravendite immobiliari.
La caparra conf irmatoria assume una funzione ris arcitoria in caso di inadempimento
contrattuale e, pertanto, consiste in una liquidazione convenzionale anticipata del danno
qualora si verifichi l'inadempimento di una delle parti.
Conseguentemente, risulta differenziato il trattamento
dell'acconto e della caparra come risulta di seguito illustrato.
civilistico,
fiscale
e
contabile
Caparra confirmatoria - Aspetti civilistici
La caparra confirmatoria consiste nella consegna alla controparte di una somma di denaro o,
più raramente, di una quantità di cose fungibili o ancora nella promessa di versamento di una
somma di denaro effettuata al momento della conclusione del contratto (art. 1385, c.c.).
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La caparra mira a risarcire o comunque indennizzare il soggetto che ha subito
l'inadempienza, mentre, in caso di adempimento del contratto, la caparra perde la sua
funzione risarcitoria e diventa parte del corrispettivo della cessione o della prestazione (tranne
nel caso in cui le parti optino per la restituzione della stessa).
Nell'ipotesi di adempimento, la caparra viene restituita o imputata alla prestazione dovuta.
Se si rende inadempiente chi ha ricevuto la caparra, l'altra parte può chiedere l'esecuzione
del contratto o il risarcimento del danno subito oppure può recedere dal contratto ed esigere il
doppio della caparra, mentre, se è inadempiente chi ha dato la caparra, l'altro contraente può
recedere dal contratto trattenendo la caparra ricevuta oppure trattenere la caparra e chiedere
l'esecuzione del contratto o il risarcimento del danno subito.
La caparra confirmatoria è una somma versata a fini di garanzia (preventiva liquidazione del
danno), di autotutela (chi la riceve può risolvere il contratto in caso di inadempimento senza
dover proporre azione giudiziaria o intimare la diffida, ma semplicemente comunicandolo alla
parte inadempiente) e di predeterminazione del danno.
In aggiunta, se la caparra confirmatoria è di notevole consistenza (ad esempio pari alla metà
dell'importo dovuto) ciò può far escludere che si tratti di somme aventi la sola funzione
risarcitoria anche se nel contratto tali somme sono definite caparre (Cass. Sent. 7056/1992).
Infine, nelle compravendite immobiliari, con la stipula del contratto definitivo, la caparra
confirmatoria muta la propria natura giuridica assumendo quella di acconto sul prezzo di
vendita del bene o servizio, considerato anche che costituisce presupposto per la dazione della
caparra confirmatoria la non contemporaneità tra la conclusione del contratto e la sua
completa esecuzione.
Si osserva che, se, nel contratto preliminare di vendita immobiliare, non viene specificato il
tipo di caparra versata, si presume il carattere confirmatorio della caparra se non risulta che
le parti si sono riservate attraverso di essa il diritto di recedere dal contratto (Cass. Sent.
5119/1991 e Sent. 437/1985).
Caparra confirmatoria - Aspetti fiscali
Secondo la Ctc 6067/1989 e la Cass. Sent. 10874/1994 e Sent. 3833/1977, nel dubbio se la
somma di denaro sia stata versata a titolo di acconto sul prezzo o a titolo di caparra, si ritiene
che l'anticipo sia avvenuto a titolo di acconto sul prezzo.
Pertanto, occorre che nel contratto preliminare sia esplicitamente dichiarato che la somma
viene data a titolo di caparra confirmatoria e non di acconto.
Se il contratto preliminare riporta la dicitura "somma versata a titolo di caparra e principio
di pagamento" o simili, l'importo in parola si considera acconto e va fatturato.
Con R.M. 501824/1974, R.M. 411673/1977 e R.M. 251127/1985 è stato chiarito che la caparra
confirmatoria non va di per se stessa assoggettata a fatturazione né a Iva (Ctc Sent.
6430/1998).
Qualora il contratto preliminare preveda la dazione di somme a titolo di caparra confirmatoria,
su tali somme si applica l'imposta di registro (artt. 6 e 10, D.P.R. 26.4.1986, n. 131).
Per la R.M. 197/E/2007, le somme versate, anteriormente alla stipula di un contratto
definitivo, in base a quanto pattuito in un contratto preliminare, sono da considerare come
caparra e, quindi, soggette a imposta di registro con l'aliquota dello 0,5%, solo se nel
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
36
contratto preliminare è espressamente prevista la destinazione delle somme a rappresentare
una pena per l'inadempimento di una delle parti contrattuali.
La caparra non si ricollega necessariamente al contratto preliminare di vendita immobiliare e,
quindi, configura un atto tassabile in modo autonomo e distinto ex art. 21, co. 1, D.P.R.
131/1986.
Si osserva che, nel caso di in cui non si stipuli il contratto definitivo, le somme già riscosse in
sede di registrazione di quello preliminare restano definitivamente acquisite all'Erario (C.M.
37/1986).
Se la caparra confirmatoria è imputata al corrispettivo defi nitivo che è soggetto a Iva, il
contratto definitivo è sottoposto ad imposta di registro in misura fissa (in tale ipotesi, non è
previsto il rimborso dell'imposta di registro pagata sulla dazione della caparra).
Si segnala che, secondo la Corte di Giustizia UE, Sent. 18.7.2007, causa C-277/05, non
scontano l'Iva le somme versate a titolo di caparra, nell'ambito di contratti relativi a
prestazioni alberghiere soggette a Iva, qualora il cliente si avvalga della facoltà di disdetta
consentitagli e le somme stesse siano trattenute dall'albergatore quali indennità forfetarie di
recesso versate per risarcire il danno subito a seguito della rinuncia del cliente, senza che
esista alcun nesso diretto con un qualsiasi servizio reso a titolo oneroso.
Il versamento di una caparra rende necessario il rilascio di una ricevuta che è soggetta ad
imposta di bollo per importi superiori a Euro 77,47.
Caparra penitenziale - Aspetti civilistici
La caparra è detta penitenziale se costituisce solo il corrispettivo, stabilito
convenzionalmente, dato dal promissario acquirente al promittente venditore per riservarsi
esplicitamente il diritto di recesso dal contratto, abbandonando la caparra (lo stesso diritto
spetta al promittente venditore se restituisce il doppio della stessa) a norma dell'art. 1386, c.c.
Si precisa che la parte adempiente può pretendere solo la caparra e non anche il risarcimento
del danno subito. Se recede la parte che ha dato la caparra, l'altra può trattenere la caparra
senza chiedere altro, mentre, se recede la parte che l'ha ricevuta, la controparte può esigere il
doppio della caparra versata senza poter chiedere altro.
Caparra penitenziale - Aspett i fisc ali Sulla caparra penitenziale non si applica l'Iva, in
quanto è esclusa dal campo di applicazione del tributo (Riunione ispettori compartimentali
21.11.1987, n. 187).
E' invece dovuta l'imposta di registro proporzionale del 3% in base all'art. 9 della Tariffa,
D.P.R. 131/1986 (R.M. 310388/1990).
Il versamento della caparra rende necessario il rilascio di una ricevuta che è soggetta ad
imposta di bollo.
ACCONTO E CAPARRA - TRATTAMENTO CIVILISTICO E FISCALE
NOZIONE
GIURIDICA
Caparra
E' la somma di
confirmatoria denaro o, più di
rado, la quantità
di cose fungibili
FUNZIONE
GIURIDICA
IVA/IMPOSTA DI
REGISTRO
DOCUMENTO
PROBATORIO
Garantisce l'esatto
adempimento dei
patti contrattuali.
La
caparra
Non è soggetta
a Iva. Solo nel
momento in cui
si
verifica
Quietanza/ricevuta
soggetta a bollo
(Euro
2,00
per
ammontari
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
37
consegnata alla
controparte
ovvero
la
promessa
di
versamento
di
una somma di
denaro effettuata
al momento della
conclusione
del
contratto
(art.
1385 c.c.).
confirmatoria (art.
1385, c.c.) è una
somma versata a
fini di garanzia, di
autotutela
e
predeterminazione
del danno.
superiori
l'adempimento
e, quindi, viene 77,47).
meno
l'eventualità di
un danno da
inadempimento,
perde la sua
funzione
originaria
e
diventa
parte
del corrispettivo
imponibile.
Se il contratto
preliminare
prevede
la
dazione
di
somme a titolo
dicaparra
confirmatoria, è
dovuta l'imposta
di
registro
proporzionale
dello0,50%
(artt. 6 e 10,
D.P.R.
131/1986).
Caparra
penitenziale
E' una somma
avente
natura
risarcitoria
che
una delle parti
contraenti versa
anticipatamente
all'altra
(art.
1386, c.c.).
Serve a far fronte
al presunto danno
che
la
parte
contraente che la
versa arrecherebbe
all'altra in caso di
recesso.
E' esclusa da
Iva, in quanto
non rappresenta
un corrispettivo
di
servizio.
E' soggetta a
imposta
di
registro
proporzionale
del 3%.
Quietanza/ricevuta
soggetta a bollo
(Euro
2,00
per
ammontari
superiori a Euro
77,47).
Acconto
Costituisce
un'anticipazione
di una quota del
prezzo fissato dal
proponente
(o
pattuito
dai
contraenti).
Garantisce
al
proponente
la
serietà
delle
intenzioni
di
addivenire
alla
stipula da parte del
potenziale
accettante.
Ex art. 6, D.P.R.
633/1972,
l'acconto
è
soggetto ad Iva
all'atto
dell'incasso (al
momento
del
passaggio
di
proprietà,
nell'ipotesi
di
compravendita
di
immobili).
Vale il criterio di
alternatività
Iva/registro
(art. 40, D.P.R.
131/1986), con
riferimento alla
compravendita
immobiliare.
Fattura
con
addebito
dell'Iva
e/o rogito notarile
(nell'ipotesi
di
compravendita
immobiliare).
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
a
Euro
38
Nel caso della
compravendita
immobiliare, si
applica l'imposta
di
registro
proporzionale
del 3% ai sensi
dell'art. 9 della
Tariffa,
parte
prima, all. al
D.P.R. 131/1986
o, in alternativa,
l'Iva e l'imposta
di registro in
misura fissa, se
si tratta di un
trasferimento
soggetto a tale
ultima imposta
(criterio
di
alternatività
Iva/registro
sancito dall'art.
40,
D.P.R.
131/1986).
Acconto - Aspetti civilistici
A norma dell'art. 2234, c.c., salvo che abbia preso diversi accordi, in una compravendita, il
cliente è tenuto a:
› anticipare al prestatore d'opera le spese necessarie per compiere l'opera;
› corrispondere, secondo gli usi, gli acconti sul compenso.
Infatti, la regola ordinaria è quella secondo cui il compenso va pagato solo dopo l'esecuzione
dell'opera (post-numerazione).
Tuttavia, è possibile, in base agli usi, corrispondere al prestatore un acconto sul compenso.
Nelle compravendite immobiliari, l'acconto è la somma data dall'acquirente al venditore all'atto
del compromesso come anticipazione del prezzo.
Si segnala che l'acconto va restituito se la compravendita non giunge a conclusione.
Acconto - Aspetti fiscali
Se le somme versate anteriormente alla stipula del contratto definitivo di compravendita non
abbiano alcuna p articolare qu alificazione o siano qualificate come somme destinate a
svolgere una funzione di anticipazione parziale del prezzo dovuto o ancora siano qualificate sia
come somme destinate a svolgere una funzione di anticipazione del prezzo sia come somme
destinate a svolgere funzione di pena per l'inadempimento, i versamenti sono fiscalmente da
trattare come acconti. In tal caso, tali importi rilevano ai fini Iva e dell'imposta di registro e il
cedente o prestatore è tenuto ad emettere la relativa fattura fin dal momento del ricevimento
dell'acconto (art. 6, D.P.R. 26.10.1972, n. 633).
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
39
Nel caso della compravendita immobiliare, si applicano i seguenti tributi indiretti (in
alternativa):
› l'imposta di registro proporzionale del 3% ai sensi dell'art. 9 della Tariffa, parte prima,
D.P.R. 131/1986;
› l'Iva e l'imposta di registro in misura fissa, se si tratta di un trasferimento soggetto a tale
ultima imposta, in virtù del principio di alternatività Iva/registro sancito dall'art. 40, D.P.R.
131/1986 (R.M. 197/E/2007).
Inoltre, in caso di cessione di immobili, il presupposto impositivo si verifica al momento del
loro passaggio di proprietà a norma dell'art. 6, co. 1 e 4, D.P.R. 633/1972 (Cass. Sent.
6487/2007).
Nell'ipotesi di versamento di un anticipo del prezzo in previsione degli effetti reali, l'operazione
si reputa effettuata alla data del pagamento limitatamente alla somma versata (nella
fattispecie del contratto preliminare di compravendita immobiliare, il rilascio di cambiali implica
l'obbligo di fatturazione per il prenditore solo per la parte di importo per la quale è attuale
l'obbligo di pagamento e non per quella rispetto alla quale il debitore ha solo promesso il
pagamento delle cambiali non ancora scadute).
Rilevazione contabile della caparra
Sotto il profilo contabile, per i soggetti che si avvalgono della tenuta della contabilità ordinaria,
occorre distinguere il caso della caparra data a fornitori da quello della caparra ricevuta da
clienti.
Le caparre pagate a fornitori non configurano un diritto ad un corrispettivo in denaro (credito)
quanto piuttosto ad una cessione di beni (principio contabile nazionale Oic 15 ). Le caparre
pagate a fornitori vengono rilevate nelle voci dell'attivo dello Stato patrimoniale così
identificate (alternativamente):
› B.I.6 (Immobilizzazioni immateriali in corso e acconti);
› B.II.5 (Immobilizzazioni materiali in corso e acconti);
› C.I.5 (Rimanenze - acconti, all'interno dell'attivo circolante).
Le caparre ricevute vengono classificate nelle voci del passivo dello Stato patrimoniale così
individuate (alternativamente):
› D.6 (Acconti);
› D.14 (Altri debiti).
Nei conti d'ordi ne, il promittente e il promissario devono indicare l'avvenuta stipula del
preliminare di vendita immobiliare fornendo un'adeguata informativa in nota integrativa.
Qualora il contratto non si concludesse, il beneficiario deve rilevare il componente positivo di
reddito alla voce A.5 (Altri ricavi), se il versamento della ca parra rientra nella prassi abituale
del settore oppure alla voce E.20 (Proventi straordinari) in tutti gli altri casi.
ESEMPIO N. 1
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
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In sede di stipula del contratto preliminare di compravendita di immobile, la società X
s.r.l. versa con bonifico bancario alla società edile Bolaffi e Berri S.n.c. la somma di Euro
2.000,00 a titolo di caparra confirmatoria. Il contratto non viene concluso nel termine
pattuito per inadempimento del promittente venditore. La caparra viene restituita
raddoppiata.
Le scritture contabili del promittente venditore sono le seguenti:
Analogamente, in caso di mancata conclusione del contr atto, il soggetto che perde la
caparra deve contabilizzare il costo corrispondente alla voce B.14 (Oneri diversi di gestione),
se il versamento della caparra è prassi abituale per il settore (ad esempio, settore immobiliare
o alberghiero) ovvero alla voce E.21 (Oneri straordinari) in caso contrario.
Rilevazione contabile dell'acconto
Sotto il profilo contabile, l'acconto (anticipo) dato a fornitori va differenziato rispetto
all'acconto ricevuto da clienti.
Gli anticipi a fornitori vengono imputati alle seguenti voci specifiche di Stato patrimoniale
(attivo):
› B.I.6 (Immobilizzazioni immateriali in corso e acconti);
› B.II.5 (Immobilizzazioni materiali in corso e acconti);
› C.I.5 (Rimanenze - acconti);
› C.II.5 (Crediti verso altri).
Invece, gli anticipi da clienti hanno una collocazione indistinta nel passivo dello Stato
patrimoniale (voce D.6 - acconti).
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
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ESEMPIO N. 2
Viene versato dalla società Beta S.p.a. tramite conto corrente bancario un anticipo di
Euro 488,00 ad un fornitore per l'acquisto di materie prime. L'anticipo è stornato al
momento del ricevimento della fattura il cui totale, comprensivo dell'acconto di Euro
488,00, ammonta a Euro 2.000,00 + Iva.
Le scritture contabili dell'acquirente sono le seguenti:
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
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Casi pratici
 Immobili e agevolazioni
 AGEVOLAZIONI PER L'ACQUISTO DI UN'UNITÀ RISTRUTTURATA
D. Ho acquistato un immobile al grezzo dalla società A nel settembre scorso. Ho affidato ad
una ditta X i lavori di miglioramento termico, per i quali ho intenzione di avvalermi della
detrazione fiscale pari al 65% per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici. La
società A ha intestato un permesso di costruzione per un intervento di ristrutturazione edilizia
con modifiche a volume e sagoma, rilasciato dal Comune nel 2009 e valido fino al 2015. Al
termine dei lavori, effettuati dalla ditta B, la società A procederà alla chiusura parziale del
permesso di costruire (parziale in quanto relativa solo all’immobile di mia proprietà), con
richiesta al Comune dell’abitabilità, dell’agibilità e con l’accatastamento dell’immobile stesso
all'agenzia del Territorio con la categoria A/4 (attualmente risulta come categoria F/3). Posso
godere della detrazione per gli acquirenti di immobili ristrutturati (pari al 50% del 25%
forfetario del prezzo di vendita) pur avendo acquistato prima che i lavori di ristrutturazione
fossero chiusi?
----R. La risposta è negativa, proprio in quanto l’acquisto nel caso di specie è avvenuto prima del
termine dei lavori di ristrutturazione. Inoltre, nel caso di specie, sembra sussistere anche un
intervento di ampliamento volumetrico che impedisce l’applicazione dei benefici fiscali. Per
favorire la realizzazione degli interventi di ristrutturazione edilizia sulle unità immobiliari a
destinazione residenziale, il legislatore ha potenziato la detrazione Irpef del 36% (articolo 16bis Dpr 917/1986 – Tuir). In particolare, per le spese sostenute, mediante bonifico, dal 26
giugno 2012 (data di entrata in vigore del Dl 83/2012) al 31 dicembre 2015 (articolo 8, Ddl
Stabilità 2015), la percentuale di detrazione spettante viene aumentata dal 36% al 50%, nel
limite massimo di spesa che, da 48.000, passa a 96.000 euro, ferme restando tutte le altre
modalità applicative dell’agevolazione. Il potenziamento del beneficio riguarda anche la
fattispecie indicata nel comma 3 del predetto articolo 16-bis, che agevola l’acquisto di
abitazioni poste in edifici interamente ristrutturati da imprese di costruzione, o da cooperative
edilizie, che provvedano, entro 6 mesi dalla fine dei lavori, alla vendita dell’immobile. Come
noto, per tale fattispecie, la detrazione del 36%-50% “a regime” viene riconosciuta (solo
all’acquirente privato e non all’impresa costruttrice), forfetariamente sul 25% del corrispettivo
d’acquisto dell’abitazione, nel limite massimo di 48.000 euro (ora 96.000), a condizione che
l’intervento di recupero abbia interessato l’intero fabbricato (l’applicabilità della maggiore
detrazione anche a tale fattispecie è stata riconosciuta nelle istruzioni alla dichiarazione dei
redditi 2013, modello Unico e 730/2013 e nella circolare 29/E del 2013) e la cessione dell’unità
immobiliare avvenga entro 6 mesi dall’ultimazione dei lavori. Nel caso di specie, tale
condizione non è stata rispettata e quindi la detrazione non trova applicazione. Se, invece,
l’intervento di ristrutturazione riguarda una singola unità immobiliare (ad esempio
un'abitazione monofamiliare), la detrazione del 50% si rende applicabile solo se vi sia stata
formale immissione in possesso dell’abitazione prima del rogito, a condizione che si provveda
alla registrazione del contratto preliminare e che in sede di dichiarazione dei redditi siano
indicati gli estremi di registrazione del medesimo preliminare nell’apposito spazio predisposto
per gli estremi di registrazioni del contratto di locazione o comodato (circolari 57/E e 121/E del
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
43
1998). In ogni caso, anche se si tratta di abitazione unifamiliare, e si è in presenza di
compromesso registrato, l’ampliamento volumetrico comunque non consente l’applicazione
della detrazione, al caso di specie. Nel caso del lettore, infatti, l’immobile è classificato nella
categoria catastale denominata «F3 - unità in corso di costruzione», alla quale non viene
associata alcuna rendita catastale. In altri termini, il fabbricato in corso di costruzione viene
iscritto in catasto con la categoria F/3, ma senza attribuzione di rendita in quanto l’immobile
non si può ancora ritenere un fabbricato «abitabile o servibile all’uso cui è destinato». Come
tale, il 36%-50% (articolo 16 bis Tuir 917/1986, articolo 1, comma 139, legge 147/2013) non
è applicabile in quanto limitato agli interventi eseguiti su fabbricati già ultimati e accatastati
prima dell’inizio del recupero (vedi guida al 36% su www.agenziaentrate.it). In assenza di
aumento volumetrico, invece, la detrazione, in presenza di preliminare registrato, si potrebbe
applicare anche se, all'atto dell'intervento il fabbricato in corso di ristrutturazione risulta
accatastato in F4, (in corso di definizione, con foglio di mappa e particella e subalterno) e
come tale da considerarsi comunque esistente, sempre a condizione che al termine dei lavori lo
stesso risulti accatasto in A, come abitazione, con esclusione dell'A/10.
(Marco Zandonà, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 1 dicembre 2014).
 CON IL NUOVO «TITOLO» RIPARTE IL CONTEGGIO
D. Nel 2013 ho parzialmente ristrutturato un immobile, per una spesa di 98.000 euro. Ora
sono in corso ulteriori lavori ammissibili, che si concluderanno nel 2015. Alcune fatture di
acconto, relative alle prestazioni professionali del progettista, sono state già pagate come sono
stati pagati gli oneri concessori al Comune. Debbo portare in detrazione nella prossima
dichiarazione dei redditi 2015 queste spese, oppure attendere la fine dei lavori? Inoltre, debbo
informare l'agenzia delle Entrate che i lavori proseguiranno nel 2015?
----R. Nel caso di specie, occorre distinguere se nel 2014 proseguono lavori iniziati nel 2013 o se
si tratta di nuovi lavori. Se si tratta di prosecuzione degli interventi eseguiti negli anni
precedenti, il limite complessivo massimo detraibile è di 96.000 euro; essendo questo limite
già superato, le nuove spese non sono detraibili (articolo 16 bis del Tuir 917/86 e articolo 1,
comma 139, legge 147/2013; articolo 8 Ddl Stabilità 2015; guida al 50% su
www.agenziaentrate.it). Viceversa, se il contribuente esegue nel 2014 e nel 2015 differenti
lavori abilitati da un differente provvedimento urbanistico, anche se trattasi di interventi
eseguiti sullo stesso immobile, la detrazione si applica separatamente per un ulteriore importo,
pari al 50% di 96.000 euro, in quanto non si tratta di prosecuzione degli interventi eseguiti gli
anni precedenti. Per le spese, vale il principio di cassa (cioè conta l’anno di pagamento con
bonifico e non quello di esecuzione dei lavori o emissione della fattura). Pertanto, anche se i
lavori vengono eseguiti in parte nel 2014 e in parte nel 2015, le spese sostenute e pagate con
bonifico bancario o postale nel 2014 possono essere detratte a partire dalla dichiarazione dei
redditi 2015, anche se i lavori saranno ultimati nel 2015. Si ricorda che gli oneri concessori
possono essere pagati anche con strumenti diversi da bonifico e che gli stessi sono comunque
detraibili conservando, comunque, la ricevuta di pagamento rilasciata dal Comune.
(Marco Zandonà, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 1 dicembre 2014).
 IL 50% SULLA SOSTITUZIONE DELL'IMPIANTO SATELLITARE
D. La sostituzione di un impianto satellitare presso una abitazione, a mezzo di contratto di
appalto, è assoggettata all'aliquota Iva del 10%. Si chiede se, ai fini del 50%, tale opera può
essere considerata analoga a quella di sostituzione dell'impianto citofonico, espressamente
indicata nella Guida ristrutturazioni edilizie dell'agenzia delle Entrate.
-----
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
44
R. Trattandosi di intervento di manutenzione straordinaria su edificio residenziale, le spese
sostenute per la sostituzione dell’antenna, con una satellitare, consente l’accesso alla
detrazione del 50% (articolo 16 bis del Tuir 917/1986 e articolo 1, comma 139, legge
147/2013; articolo 8 Ddl Stabilità 2015; guida al 36%-50% su www.agenziaentrate.it). A tal
fine, le fatture devono essere pagate con bonifico bancario o postale. Se il fornitore
dell’antenna provvede anche alla installazione, l’Iva si applica con l’aliquota del 10% (articolo
2, comma 11, legge 191/2009, circolare 71/E/2000).
(Marco Zandonà, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 1 dicembre 2014).
 Immobili e locazioni
 «OBBLIGATORI» GLI INTERESSI SUL DEPOSITO CAUZIONALE
D. In un contratto di affitto per civile abitazione, di 4 anni, (legge 431/1998), gli interessi
legali sul deposito cauzionale sono dovuti anche se non se ne fa menzione nel contratto? Per
quanto riguarda l'aggiornamento Istat, la dizione del contratto («... nella misura della
variazione assoluta dell'indice prezzi ...») si riferisce al 100% o, per tali tipologie di contratto,
deve intendersi il 75%?
----R. L’articolo 11 della legge 392/78 – norma tuttora vigente, anche se derogabile – dispone che
«il deposito cauzionale … è produttivo di interessi legali che debbono essere corrisposti al
conduttore alla fine di ogni anno». E, dunque, si ritiene che in assenza di una diversa
pattuizione, sulla somma consegnata a titolo di deposito cauzionale siano dovuti gli interessi
legali, in favore del conduttore, dalla data della consegna della somma. Per quanto attiene
all’aggiornamento Istat, invece, l’articolo 24 della legge 392/78, che prevedeva
l’aggiornamento in misura pari al 75% della variazione accertata dall’Istat, è stato
espressamente abrogato, dall’articolo 14, comma 4, della legge 431/98. Conseguentemente ove in un contratto stipulato ai sensi dell’articolo 2, comma 1, della legge 431/98 (con durata
di quattro anni più quattro) sia previsto l’aggiornamento Istat, senza la precisazione «nei limiti
del 75%» - l’aggiornamento del canone può essere calcolato utilizzando il dato Istat al 100%.
(Matteo Rezzonico, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 24 novembre 2014).
 LA PROROGA DEL CONTRATTO SENZA OBBLIGO DELL'«APE»
D. Ho in corso un contratto di locazione a canone concordato (di 3 anni + 2). A dicembre
scadono i primi 3 anni, per cui a gennaio 2015 dovrei prorogarlo per gli altri 2. Desidero sapere
se al momento della proroga sono obbligato alla consegna dell'Ape.
---R. In caso di proroga del contratto di locazione, l’Ape (Attestato di prestazione energetica) non
è necessario. E infatti - in assenza di una specifica normativa regionale in materia - vale la
normativa nazionale e, in particolare, il Dlgs 192/2005 (e successive modifiche e integrazioni).
Per l’articolo 6, comma 3, del richiamato Dlgs, l’Ape è necessaria relativamente ai «nuovi
contratti di locazione di edifici o di singole unità immobiliari soggetti a registrazione… ».
(Matteo Rezzonico, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 24 novembre 2014).
 Condominio
 VOLONTARIA GIURISDIZIONE PER STABILI «A RISCHIO»
D. Abito al piano rialzato di una palazzina composta da tre appartamenti. Non abbiamo
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
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l'amministratore e gli appartamenti (disabitati da anni) sopra il mio sono lasciati a se stessi: i
canali di scolo del tetto sono bucati e perdono acqua, la facciata dello stabile, ancora grezza,
avrebbe bisogno di una tinteggiatura per renderla un poco decorosa.Gli altri due proprietari,
visto che non ci abitano, vogliono lasciare lasciare lo stabile al suo destino, nell' abbandono più
totale, non tenendo in considerazione che questa è la mia casa principale. Come posso fare per
ristrutturare almeno la facciata e i canali, tenendo presente che non ho la maggioranza? Posso
eventualmente eseguire l'opera di tasca mia, senza tenere conto degli altri inquilini? Nel caso
potessi eseguire i lavori della facciata perimetrale, sarebbero costretti a partecipare alle spese
gli altri due proprietari?
---R. I danari anticipati senza autorizzazione dell'assemblea non possono essere richiesti in
restituzione. Occorre che il lettore convochi i suoi condòmini in assemblea. Non essendoci
l'amministratore, anche uno solo dei proprietari può provvedere alla convocazione. All'ordine
del giorno si dovranno mettere le opere ritenute necessarie per la conservazione del palazzo.
Nel caso in cui gli altri condòmini non si presentassero, o non si raggiungesse la maggioranza
necessaria (maggioranza degli intervenuti e almeno la metà dei millesimi), il lettore, secondo
l'articolo 1105 del Codice civile, potrà rivolgersi al tribunale. Questo, preso atto della mancata
formazione della volontà e della necessità delle opere, autorizzerà l'esecuzione. Non si tratta di
un contenzioso con i conseguenti lunghi tempi. Si tratta, invece, di un procedimento di
volontaria giurisdizione che in pochi mesi può avere luogo.
(Edoardo Ricco, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 1 dicembre 2014)

DIRITTO DI ABITAZIONE E PRESENZA IN ASSEMBLEA
D. Sono titolare del "diritto di abitazione" di un appartamento, di proprietà di un trust. Per
effetto di tale diritto, provvedo a tutti gli adempimenti fiscali. Dal punto di vista della gestione
del condominio, l'amministratore ritiene che, per partecipare alle assemblee, devo avere
delega dal trust. Ha ragione?
---R. L’articolo 67 delle disposizioni di attuazione del Codice civile stabilisce che l’usufruttuario di
un piano o porzione di piano esercita il diritto di voto negli affari che attengono all’ordinaria
amministrazione o al semplice godimento delle cose e dei servizi comuni. La riforma del
condominio (legge 220/2012, entrata in vigore il 18 giugno 2013) ha integrato questa
disposizione, stabilendo che nelle altre delibere il diritto di voto spetta ai proprietari, salvi i casi
in cui l’usufruttuario abbia eseguito a sue spese miglioramenti, addizioni oppure riparazioni che
sarebbero state a carico del proprietario, ma che quest'ultimo non ha effettuato. In questi casi,
l’avviso di convocazione dev'essere comunicato a entrambi. La norma non estende
espressamente i diritti attribuiti all’usufruttuario anche al titolare del diritto di uso o abitazione.
Tuttavia, l’articolo 1026 del Codice civile stabilisce che le norme relative all’usufrutto si
applicano, in quanto compatibili, all’uso e all’abitazione. Ciò, si ritiene, anche nel caso
dell’articolo 67 delle disposizioni di attuazione del Codice civile per la partecipazione alle
delibere da parte del titolare del diritto di abitazione, senza necessità di delega da parte del
proprietario.
(Cesarina Vittoria Vegni, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 1 dicembre 2014)
 TENUTA DELLA CONTABILITÀ CON REGOLE «ORDINARIE»
D. L'articolo 2219 del Codice civile prescrive che tutte le scritture devono essere tenute
secondo le norme di un'ordinata contabilità, senza spazi in bianco, senza interlinee e senza
trasporti in margine, e che non si possono fare abrasioni, aggiungendo che, se è necessaria
qualche cancellazione, questa deve eseguirsi in modo che le parole cancellate siano leggibili».
Ciò vale anche per le scritture condominiali?
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
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----R. Il rendiconto condominiale che l'amministratore deve presentare annualmente comprende
un registro di contabilità (ex articolo 1130-bis del Codice civile), che dev'essere redatto
secondo le norme di una ordinata contabilità. Pertanto, pur in mancanza di un espresso
richiamo alla norma citata dal lettore, le scritture contabili condominiali devono essere redatte
senza spazi in bianco, interlinee, trasporti in margine, abrasioni eccetera.
(Pierantonio Lisi, Il Sole 24 ORE – Esperto Risponde, 1 dicembre 2014).
FIAIP News24, numero 16 – dicembre 2014
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