Capitolo 1 Introduzione 1.1 Scopi, struttura del libro e prerequisiti. Uno degli scopi principali di questo libro è quello di esporre i fondamenti matematici della Meccanica Quantistica (MQ) in modo matematicamente rigoroso. Tuttavia si tratta di un testo di (Fisica-)Matematica e non di un manuale di Meccanica Quantistica. Escludendo alcune parti del libro, la fenomenologia fisica sarà lasciata sullo sfondo per concentrarci sugli aspetti logicoformali della teoria. In ogni caso daremo delle esemplificazioni fisiche del formalismo per non perdere il contatto con la realtà dei fisici. Il libro può anche essere considerato come un testo introduttivo di analisi funzionale lineare sugli spazi di Hilbert con particolare enfasi su alcuni risultati di teoria spettrale, – come le varie formulazioni del teorema spettrale per operatori normali limitati ed autoaggiunti non necessariamente limitati – indipendentemente dalla formulazione matematica della Meccanica Quantistica. Questo è – di fatto – il secondo scopo del libro. La formalizzazione matematica della MQ è “confinata” nei capitoli 6, 7, 10, 11 e 12 da cui i rimanenti capitoli sono logicamente indipendenti, anche se motivazioni per talune definizioni matematiche si possono trovare nei capitoli 7, 10, 11 e 12. Il terzo scopo del libro è quello di raccogliere in un unico testo diversi utili risultati rigorosi, ma più avanzati di quanto si trova nei manuali di fisica quantistica, sulla struttura matematica della Meccanica Quantistica. Tali risultati sono noti da molto tempo, ma sparsi nella letteratura avanzata. Possiamo menzionare il teorema di Gleason, i teoremi di Stone-von Neumann e di Mackey, il teorema di Kadison, oltre che il più noto teorema di Wigner; oppure argomenti di teoria degli operatori, come il teorema di decomposizione polare per operatorori chiusi non limitati (che ha grande rilevanza nella teoria di Tomita-Takesaki e in meccanica quantistica statistica, in riferimento alla condizione KMS), oppure alcuni risultati, dovuti a Nelson, sulle proprietà di autoaggiunzione di operatori simmetrici come conseguenza all’esistenza di insiemi densi di vettori analitici ed anche, infine, alcuni risultati dovuti a Kato (ma non solo) sull’essenziale autoaggiunzione di certi tipi di operatori e sui loro limiti dal basso dello spettro (risultati in massima parte basati sul teorema di KatoRellich). Il contenuto del libro può coprire una buona parte di un corso avanzato di Metodi Matematici 9 della Fisica, in un corso di laurea specialistico/magistrale in Fisica, assumendo che lo studente sia già familiare con le tecniche elementari della teoria della misura. Alternativamente, il testo può anche essere adoperato in un corso di Fisica Matematica avanzato, che tratti argomenti di Meccanica Quantistica. Se si guarda il testo con l’occhio del fisico più che con quello del matematico, ci si accorge che il libro è diviso in due parti. Nella prima parte, che termina con il capitolo 5 incluso, ci si occupa di enunciare la teoria generale degli operatori in spazi di Hilbert (dando anche alcune nozioni valide per contesti più generali quali gli spazi di Banach e provando risultati generali fondamentali, quali il teorema di Baire, di Hahn-Banach e Banach-Steinhaus e le loro conseguenze elementari). Nella seconda parte viene inizialmente (nel capitolo 9) sviluppata la teoria spettrale in termini di misure a valori di proiezione, fino ad enunciare e provare i teoremi di decomposizione spettrale per operatori autoaggiunti non limitati in spazi di Hilbert, includendo le proprietà delle funzioni di operatori (calcolo funzionale) per funzioni misurabili e non necessariamente limitate, studiandone con cura la proprietà spettrali generali e le proprietà dei loro domini. Con tali strumenti viene quindi sviluppato tutto il formalismo matematico fondazionale della Meccanica Quantistica. Nei capitoli relativi alla formulazione matematica generale della Meccanica Quantistica, dopo una discussione ed una motivazione di carattere fisico, si assume come punto di partenza matematico il fatto che che le proposizioni sui sistemi fisici quantistici siano descritte dal reticolo dei proiettori ortogonali su uno spazio di Hilbert complesso. Insiemi massimali di proposizioni fisicamente compatibili (in senso quantistico) sono descritte da reticoli distributivi ortocomplementati limitati e σ-completi. In questa ottica, la definizione quantistica di osservabile in termini di operatore autoaggiunto risulta essere estremamente naturale come, d’altra parte, la formulazione del teorema di decomposizione spettrale. Gli stati quantistici vengono introdotti come misure sull’insieme di tali proiettori. Tramite il teorema di Gleason, si caratterizzano gli stati come operatori positivi di classe traccia con traccia unitaria. Gli stati puri (i raggi dello spazio di Hilbert del sistema fisico) si ottengono come elementi estremali del corpo convesso degli stati. In questo contesto, e tra diversi altri argomenti, si discute la nozione di simmetria quantistica e di gruppo di simmetria in modo approfondito (riferendosi sia alla nozione dovuta a Wigner, ma anche a quella dovuta a Kadison), includendo lo studio delle le simmetrie dinamiche e la versione quantistica del teorema di Nöther. Come gruppo di simmetria di riferimento, che useremo nelle varie esemplificazioni della teoria delle rappresentazioni unitarie proiettive, ci riferiremo al gruppo di Galileo ed alle sue estensioni centrali ed ai sottogruppi di tale gruppo. Daremo anche una dimostrazione del teorema di Bargmann sull’esistenza di rappresentazioni unitarie per gruppi di Lie semplicemente connessi la cui algebra di Lie soddisfa una certa condizione coomologica. Discuteremo la regola di superselezione della massa dovuta a Bargamnn. Discuteremo anche alcuni utili risultati sulle rappresentazioni unitarie proiettive di gruppi di Lie di simmetrie dovuti a Gårding e Nelson. Tratteremo anche alcuni argomenti importanti, ma presentati in modo poco approfondito sui manuali, come le formulazioni relative all’unicità delle rappresentazioni unitarie delle relazioni di commutazione canonica (teoremi di Stone-von Neumann e Mackey) oppure la difficoltà teorica nel definire operatore tempo come operatore coniugato all’operatore energia (l’hamiltoniano). Discuteremo brevemente le difficoltà matematiche che si incontrano 10 nel voler rtendere rigoroso l’enunciato del teorema di Ehrenfest. Le appendici, in fondo al libro, richiamano le nozioni elementari di topologia generale, geometria differenziale (utile nel capitolo 11) e teoria della misura. La scelta dell’autore è stata di non trattare alcuni argomenti, sia pure importanti, come la teoria degli spazi di Hilbert attrezzati (le famose triplette di Gelfand) perché avrebbe richisto l’introduzione di ulteriore materiale, specialmente riguardante la teoria delle distribuzioni. Prerequisiti matematici necessari per comprendere il contenuto di questo libro sono essenzialmente, oltre ai contenuti di un normale corso completo di algebra lineare, che includa elementi di teoria dei gruppi e delle loro rappresentazioni, uno di analisi per funzioni di una e di più variabili, qualche nozione di topologia elementare degli spazi metrici, i fondamenti della teoria della misura su σ-algebre [Rud82] (riassunti in appendice a fine libro), qualche nozione elementare di teoria delle funzioni analitiche di una variabile complessa. Dal punto di vista fisico è necessaria la conoscenza di alcuni argomenti dei corsi universitari elementari di argomento Fisico. Più precisamente le nozioni di Meccanica elementare con alcuni elementi di Meccanica Analitica (i primi rudimenti della formulazione di Hamilton della dinamica) unitamente ad alcune nozioni di Elettromagnetismo (proprietà elementari delle Onde Elettromagnetiche e fenomeni ondulatori principali quali interferenza, diffrazione, diffusione). Le nozioni meno elementari ed altre nozioni utili solo in alcuni punti verranno comunque riassunte brevemente nel testo (anche negli esempi), presentando i risultati sufficienti per proseguire nella lettura. In una sezione del capitolo 11 si farà uso della nozione di gruppo di Lie e di alcune proprietà e risultati fondamentali della teoria corrispondente. Per tali argomenti ci riferiamo ai testi [War75, NaSt84]. Come già detto, in appendice a fine libro, sono richiamati con un certo dettaglio alcuni risultati di geometria differenziale utili in tale contesto. Nota importante. Gli esempi presentati nei vari capitoli devono considerarsi come parte integrante del testo e non possono essere omessi quasi mai. Alcuni risultati, ottenuti negli esercizi proposti, verranno successivamente usati nel testo come proposizioni note. Gli esercizi in questione saranno comunque corredati di suggerimenti, traccia di soluzione o, addirittura, soluzione completa. 1.2 La MQ come teoria matematica. Dal punto di vista matematico la Meccanica Quantistica rappresenta una rara sintesi di eleganza matematica e profondità descrittiva del contesto fisico. La teoria usa essenzialmente tecniche di analisi funzionale lineare, ma con diverse intersezioni con la teoria della misura, la teoria della probabilità e la logica matematica. Esistono (almeno) due possibili formulazioni matematiche della Meccanica Quantistica elementare. La più antica in ordine storico, dovuta essenzialmente a von Neumann (1932), è formulata usando il linguaggio della teoria degli spazi di Hilbert e della teoria spettrale degli operatori non limitati su tali spazi. La formulazione più recente ed avanzata, sviluppata dalla scuola del matematico Gel’fand nel tentativo di risolvere alcuni problemi fisico-matematici della teoria 11 quantistica dei campi, è presentata nel linguaggio delle algebre astratte (∗-algebre e C ∗ -algebre) costruite sul modello delle algebre di operatori definite e studiate dallo stesso von Neumann (oggi note come W ∗ algebre o algebre di von Neumann), ma emancipandosi dalla struttura di spazio di Hilbert (vedi per es. il testo classico sulle algebre di operatori [BrRo02]). Tale formulazione ha il suo centro nel famoso teorema GNS [Haa96, BrRo02]. La seconda formulazione, in un senso molto specifico che non possiamo chiarire qui, può considerarsi un’estensione della prima formulazione anche per i nuovi contenuti fisici introdotti. In particolare essa permette di dare un senso matematicamente preciso alla richiesta di località delle teorie di campo quantistiche relativistiche [Haa96] e permette l’estensione delle teorie quantistiche di campo in spaziotempo curvo. In questo libro ci occuperemo unicamente della prima formulazione che ha comunque una complessità matematica notevole accompagnata da una notevole eleganza formale. Uno strumento matematico fondamentale per sviluppare la MQ è il cosiddetto teorema spettrale per operatori autoaggiunti (generalmente non limitati) definiti in varietà lineari dense in uno spazio di Hilbert. Tale teorema, che può essere esteso al caso di operatori normali, fu dimostrato per la prima volta proprio da von Neumann nel suo libro fondamentale sulla struttura matematica della MQ [Neu32] che può considerarsi una pietra miliare della fisica matematica oltre che della matematica pura del XX secolo1 . Il legame tra MQ e teoria spettrale è dovuto al seguente fatto. Nell’interpretazione standard della MQ si vede in modo naturale che le grandezze fisiche misurabili su sistemi quantistici possono essere associate ad operatori autoaggiunti non limitati in un opportuno spazio di Hilbert. Lo spettro di ciascuno di questi operatori coincide con l’insieme dei valori assumibili dalla grandezza associata. La procedura di costruzione delle grandezze fisiche a partire dalle proprietà o proposizioni elementari del tipo “il valore della grandezza cade nell’intervallo (a, b]”, che nello schema matematico adottato corrispondono a proiettori ortogonali, non è altro che una procedura di integrazione su una appropriata misura spettrale a valori di proiezione. Tale procedura ricorda molto da vicino il metodo per definire l’integrale di Lebesgue di una funzione misurabile. Il teorema spettrale in sostanza altro non è che un metodo che permette di costruire operatori più complessi partendo da proiettori o, viceversa, di decomporre operatori in termini di misure a valori di proiezione. La formulazione moderna della teoria spettrale è sicuramente differente da quella originale di von Neumann che però conteneva quasi tutti gli elementi fondamentali. Ancora oggi il testo di von Neumann (che è stato scritto nel lontano 1932) rivela una profondità impressionante specie nei problemi più difficili dell’interpretazione fisica del formalismo della MQ di cui, leggendo il libro, si evince che von Neumann era chiaramente conscio a differenza di molti dei suoi colleghi. Sarebbe interessante fare un paragone tra il testo di von Neumann e il, molto più famoso, testo di Dirac [Dir30] sui fondamenti della MQ, cosa che lasciamo al lettore interessato. In ogni caso la profondità dell’impostazione data da von Neumann alla MQ comincia anche ad essere riconosciuta da chi si occupa di fisica sperimentale ed in particolare di misure quantistiche [BrKh95]. Le cosiddette Logiche Quantistiche nascono dal tentativo di formulare la MQ partendo dal 1 La definizione del concetto di spazio di Hilbert infinito dimensionale e gran parte della teoria generale degli spazi di Hilbert cosı̀ come la conosciamo oggi sono anch’essi dovuti a von Neumann e alla sua formulazione della MQ. 12 punto di vista più radicale possibile, attribuendo alla stessa logica usata nel trattare i sistemi quantistici, alcune proprietà differenti da quelle della logica classica e modificando la teoria dell’interpretazione. Per esempio, sono usati più di due valori di verità e il reticolo booleano delle proposizioni è rimpiazzato da una struttura non distributiva più complessa. Nella prima formulazione della logica quantistica, oggi denominata Logica Quantistica Standard, proposta da Von Neumann e Birkhoff nel 1936, la struttura dell’algebra booleana delle proposizioni era rimpiazzata con quella di un reticolo ortomodulare che di fatto ha come modello l’insieme dei proiettori ortogonali su uno spazio di Hilbert ovvero, l’insieme dei sottospazi chiusi su cui proiettano i proiettori [Bon97], unitamente ad alcune regole di composizione. È noto che, a dispetto della sua eleganza, tale modellizzazione contiene diversi difetti quando si cerca di tradurla in termini operativi fisici (o più precisamente operazionali). Accanto alle diverse formulazioni delle Logiche Quantistiche [Bon97, DCGi02, EGL09], esistono oggi formulazioni fondazionali alternative basate su altri punti di vista (come la teoria dei topos). 1.3 La MQ nel panorama della Fisica attuale. La Meccanica Quantistica – genericamente parlando la teoria della fisica del mondo atomico e sub atomico – insieme alla Teoria della Relatività Speciale e Generale (RSG) – genericamente parlando la teoria fisica della gravità, del mondo macroscopico e della cosmologia – costituiscono i due paradigmi attraverso i quali si è sviluppata la fisica del XX secolo e quella dell’inizio del secolo attuale. I due paradigmi si sono fusi in vari contesti dando luogo a teorie quantistiche relativistiche, in particolare alla Teoria Quantistica Relativistica dei Campi [StWi00, Wei99], che ha avuto uno sviluppo impressionante con straordinari successi esplicativi e predittivi nel contesto della teoria delle particelle elementari e delle forze fondamentali. A titolo d’esempio tale teoria ha previsto, all’interno del cosiddetto modello standard delle particelle elementari, l’unificazione della forza debole ed elettromagnetica che è poi stata confermata sperimentalmente alla fine degli anni ’80 con un esperimento spettacolare al C.E.R.N. di Ginevra in cui si sono osservate le particelle Z0 e W ± previste dalla teoria dell’unificazione elettrodebole. La previsione del valore di una grandezza fisica che è stata poi confermata con una delle maggiori precisioni di tutta la storia della Fisica si è avuta nell’elettrodinamica quantistica. Si tratta del valore del cosiddetto rapporto giromagnetico dell’elettrone g. Tale grandezza fisica è un numero puro. Il valore previsto dall’elettrodinamica quantistica per a := g/2 − 1 è: 0.001159652359 ± 0.000000000282 , quello ottenuto sperimentalmente è risultato essere 0.001159652209 ± 0.000000000031 . Molti fisici ritengono che la MQ sia la teoria fondamentale dell’Universo (più profonda delle teorie relativistiche) anche per il fatto che risulta essere valida per scale lineari di lunghezza che variano in uno spettro di ampiezza impressionante: da 1m (condensati di Bose-Einstein) almeno fino a 10−16 m (interno dei nucleoni: quarks). La MQ ha avuto un enorme successo sia teorico 13 che sperimentale anche nella scienza che studia la struttura della materia solida, nell’ottica, nell’elettronica, con diverse importantissime ricadute tecnologiche: ogni oggetto tecnologico di uso comune che sia moderatamente sofisticato (giocattoli per i bambini, telefonini, telecomandi...) da contenere qualche elemento semiconduttore sfrutta proprietà quantistiche della materia. Tornando ai due paradigmi scientifici del XX secolo – MQ e RSG – rimangono diversi punti oscuri in cui i due paradigmi sembrano venire in conflitto, in particolare il problema della cosiddetta “quantizzazione della gravità” e della struttura dello spaziotempo alle scale di Planck – 10−33 cm, 1043 s – le scale di lunghezza e di tempo che si ottengono combinando le costanti fondamentali delle due teorie: la velocità della luce, la costante di gravitazione universale e la costante di Planck. La necessità di una struttura discontinua dello spaziotempo a scale ultramicroscopiche è suggerita anche da alcune difficoltà matematiche (ma anche concettuali) non completamente risolte dalla cosiddetta teoria della Rinormalizzazione quantistica, dovute all’apparire di infiniti che si incontrano nei calcoli dei processi dovuti alle interazioni fondamentali tra le particelle elementari. Tutti questi problemi hanno dato luogo a recenti ed importanti sviluppi teorici, che hanno avuto influenze nello sviluppo della stessa matematica pura, come la teoria delle (super) stringhe (e brane) e le varie versioni di Geometria non commutativa, prima fra tutte quella di A. Connes. La difficoltà nel decidere quale di queste teorie abbia un senso fisico e descriva l’universo alle scale piccolissime è anche di natura tecnologica: la tecnologia attuale non è in grado di preparare esperimenti che permettano il discernimento tra le varie teorie proposte. Altri punti di contrasto tra MQ e RSG, su cui la discussione è oggi un po’ più pacata rispetto al passato, riguardano il rapporto della MQ con concetti di località di natura relativistica (paradosso Einstein-Podolsky-Rosen[Bon97]) in relazione ai fenomeni di entanglement della MQ. Ciò è dovuto in particolare all’analisi di Bell della fine degli anno ’60 ed ai celebri esperimenti di Aspect che hanno dato torto alle aspettative di Einstein, ragione all’interpretazione di Copenaghen, ed hanno provato che la nonlocalità è una caratteristica della natura, indipendentemente dall’accettazione o meno dell’interpretazione standard della MQ. Sembra ormai condivisa dalla maggior parte dei fisici l’idea che l’esistenza di processi fisici non locali, prevista teoricamente dalla MQ, non implichi alcuna reale violazione dei fondamenti della Relatività (l’entanglement quantistico non coinvolge trasmissione superluminare di informazioni e violazione della causalità [Bon97]). Nell’interpretazione standard della MQ detta di Copenaghen, rimangono punti fisicamente e matematicamente poco chiari, ma di estremo interesse concettuale. In particolare non è per nulla chiaro come la meccanica classica si possa ottenere come sottocaso o caso limite della MQ e come si possa fissare un limite (anche provvisorio o impreciso) tra i due mondi. Ulteriormente rimane aperto il problema della descrizione fisica e matematica del cosiddetto processo di misura quantistica di cui parleremo più avanti e che è strettamente connesso a quello del limite classico della MQ. Anche prendendo spunto da questo problema sono nate altre interpretazioni del formalismo della MQ, profondamente differenti dall’interpretazione di Copenaghen. Tra queste nuove interpretazioni, una volta considerate eretiche, di grande interesse è in particolare quella a variabili nascoste di Bohm [Bon97, Des80]. Talvolta vengono sollevate riserve sulla formulazione Meccanica Quantistica e sul fatto che non sia veramente comprensibile, ma che si tratti semplicemente di un elenco di procedure che 14 “materialmente funzionano”, mentre la vera essenza sia qualcosa di inaccessibile. È opinione dell’autore che dietro a questo punto di vista ci sia un pericoloso errore epistemologico. Basato sulla credenza che “spiegare” un fenomeno significhi ridurlo alle categorie dell’esperienza quotidiana. Come se queste fossero qualcosa di più profondo della realtà stessa. L’opinione dell’autore è che sia il esattamente il contrario: le categorie dell’esperienza quotidiana sono state costruite con l’esperienza quotidiana senza, conseguentemente, alcuna pretesa di profondità metafisica. Dietro quel semplice “materialmente funziona” ci potrebbe essere un mare filosofico profondo che ci avvicina alla realtà invece che allontanarcene. La Meccanica Quantistica ci ha insegnato a pensare in un modo differente ed è stata (anzi è ), per questo, un opportunità incredibile per l’esperienza umana. Voltarle le spalle dicendo che non l’abbiamo compresa, perché si rifiuta di ricadere nelle nostre categorie usuali, significa chiudere una porta su qualcosa di enorme. Questo è il parere dell’autore, che è fermamente convinto che il principio di indeterminazione di Heisenberg (ridotto a semplice teorema nella formulazione moderna) sia una delle massime vette raggiunte dall’intelletto umano. 1.4 Convenzioni generali. Nel seguito, se non sarà precisato altrimenti il campo degli scalari di uno spazio di Hilbert sarà sempre C. Il complesso coniugato di un numero c sarà indicato con c. Lo stesso simbolo è anche usato per denotare la chiusura di insiemi o di operatori, ciò non dovrebbe comunque creare fraintendimenti e, dove fosse necessario, un commento preciserà quale deve essere l’interpretazione del simbolo. Il prodotto scalare hermitiano tra due vettori ψ, φ di uno spazio di Hilbert sarà indicato con (ψ|φ). Si supporrà sempre che l’entrata di sinistra del prodotto scalare sia quella antilineare: (αψ|φ) = α(ψ|φ). Il termine operatore significa comunque operatore lineare anche se talvolta questa specificazione è omessa. Un operatore lineare U : H → H′ , dove H e H′ sono spazi di Hilbert, che sia isometrico e surgettivo sarà detto unitario, anche se in altri testi la terminologia è riservata al solo caso in cui valga anche H = H′ . La locuzione sottospazio sarà riservata ai sottospazi rispetto alla semplice struttura di spazio vettoriale anche nel caso in cui esista un’ulteriore struttura (spazio di Hilbert, Banach o altro) nello spazio ambiente. In altri testi, in riferimento alla teoria degli spazi di Hilbert, sottospazio significa quello che noi chiamiamo sottospazio chiuso, mentre un sottospazio rispetto alla sola struttura algebrica è spesso indicato con il nome di varietà lineare. L’operazione di coniugazione hermitiana sarà sempre indicata con ∗ e operatore hermitiano, operatore simmetrico ed operatore autoaggiunto non saranno considerati sinonimi; si vedano le definizioni corrispondenti nel seguito. 15