Capitolo 8 - Modello di regressione lineare

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8. Rappresentazioni analitiche (Regressione lineare semplice)
- Il modello di regressione lineare semplice
Nel capitolo 4 è stato introdotto uno specifico indice per la misura della relazione tra
due caratteri quantitativi: il coefficiente di correlazione lineare di Bravais-Pearson
ρ=
σ xy
σ xσ y
=
σ yx
σ yσ x
=
Codev ( y , x )
Dev ( y ) ⋅ Dev (x )
In quella sede è stato chiarito che il coefficiente stesso deve essere interpretato
esclusivamente come misura di interdipendenza lineare che assume valore ± 1 se e
solo se i due caratteri sono legati da una relazione lineare del tipo
y = a+b x
cioè, se e solo se, noto il valore assunto da uno dei due caratteri, il valore assunto
dall’altro carattere risulta univocamente determinato dal legame lineare.
Ovviamente, nelle situazioni reali, una tale condizione si realizza molto
raramente, molto più frequenti sono, invece, le situazioni in cui è ipotizzabile un
qualche legame tra i due caratteri e nelle quali la relazione lineare viene assunta come
misura di prima approssimazione del legame stesso.
Si supponga ora che le manifestazioni di uno specifico fenomeno, ad esempio la
domanda di un certo bene di consumo, siano rappresentate dal simbolo algebrico y e
che sia possibile osservare n manifestazioni del fenomeno stesso y1 , y 2 ,...., y i ,...., y n .
Si ipotizzi, inoltre, che altri fenomeni, ad esempio reddito disponibile, prezzo del bene,
prezzo di beni sostitutivi, ecc. ,influiscano sulle determinazioni y i . Se con i simboli
algebrici
x1 , x 2 ,...., x j ,...., x m
si rappresentano tali fenomeni, è ipotizzabile tra la
variabile y e le variabili xj una relazione del tipo
y = f (x1 , x 2 ,...., x j ,...., x m )
che, per ciascuna unità statistica di osservazione, diventa
y i = f (x1i , x 2i ...., x ji ,...., x mi ) per i = 1,2,
,n.
Si supponga ora che le m variabili xj possano essere distinte in tre gruppi: le
prime k variabili (x1 , x 2 ,...., x k ) rappresentano fenomeni osservabili e sono molto
influenti sul fenomeno y , le successive h variabili ( x k +1 , x k + 2 ,...., x k + h ) , sempre
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molto influenti su
(xk + h +1 , xk + h + 2 ,...., x m )
Versione 2000 – Cap. 8
y , non sono osservabili, mentre le residue variabili
sono poco influenti su y e/o non sono osservabili.
Per quanto sopra detto e introducendo l’ipotesi di additività degli effetti, si può
riscrivere la relazione precedente nel modo seguente
y = f (x1 , x 2 ,...., x k , x k +1 , x k + 2 ,...., x k + h ) + v
dove v riassume in un’unica variabile l’effetto combinato dei fattori poco influenti.
Essendo, comunque, non osservabili le variabili
( x k +1 , x k + 2 ,...., x k + h )
si è
costretti ad introdurre un’ulteriore approssimazione e, sempre nell’ipotesi di additività
degli effetti, la relazione iniziale diventa
y = f (x1 , x 2 ,...., x k ) + w + v
dove la variabile
w
rappresenta l’effetto di fattori influenti ma non osservabili.
Ovviamente, l’approssimazione ora introdotta potrebbe risultare non del tutto
accettabile e compromettere, quindi, la capacità rappresentativa del modello.
Se si introduce un’ulteriore approssimazione: la linearità (dove la linearità va
intesa nel senso sotto precisato) degli effetti dei fattori influenti ed osservabili si ha
y = β 0 + β 1 ⋅ x1 + .... + β k ⋅ x k + z + w + v
dove z rappresenta l’effetto non lineare su y delle variabili x1 , x 2 ,...., x k .
La relazione (modello analitico rappresentativo del legame tra il carattere y ,
variabile dipendente, ed i caratteri
x1 , x 2 ,...., x k , variabili indipendenti o variabili
esplicative) può essere riscritta nella forma
y = β 0 + β 1 ⋅ x1 + .... + β k ⋅ x k + u
dove u = z + w + v
rappresenta la cosiddetta componente accidentale del modello
usualmente detto di regressione lineare multipla. Da sottolineare in proposito che la
linearità è riferita ai coefficienti β 0 , β 1 ,...., β k e non alle variabili x1 , x 2 ,...., x k , cioè,
la generica variabile xi può rappresentare, sia la manifestazione osservata x di un
fenomeno che si ritiene influente su y , sia qualunque trasformazione nota di tale
manifestazione ad esempio x2, x3, 1/x, log x, ecc, .
Per
k = 1 , e ponendo x1 = x , si ottiene l’espressione del modello di
regressione lineare semplice (una sola variabile esplicativa)
y = ¢ 0 +¢ 1 ⋅ x + u
2
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che, per le n osservazioni disponibili, diventa
y i = ¢ 0 + ¢ 1 ⋅ xi + u i per i = 1,2,...., n
dove, tenendo conto di quanto sottolineato a proposito della linearità,
xi
può
rappresentare, sia la manifestazione diretta (osservazione) del fenomeno rappresentato
con il simbolo algebrico
x
, sia una qualunque trasformazione nota di tale
manifestazione.
La quantità ¢ 0 + ¢ 1 ⋅ xi viene detta componente sistematica del modello mentre
u i viene detta componente accidentale
Usualmente si dispone di n coppie di osservazioni ( y i , xi ) sulle due variabili di
interesse che a seconda della situazione in esame, possono essere rappresentate
graficamente nelle Fig. 1 e Fig. 2 e che evidenziano, rispettivamente, il caso di una sola
osservazione y i (i = 1,2,….,n) in corrispondenza di ciascuna modalità xi (Fig. 1), il
caso di più osservazioni y ij ( i = 1,2,....., s; j = 1,2,...., ni ) in corrispondenza di ciascuna
modalità xi (Fig. 2)..
y
y
.
.
.
.. .
.
.
.
. .
.
. .
.
.
.
x
x
Fig, 1 – Distribuzione ipotetica di coppie di osservazioni (una sola osservazione y in
corrispondenza di ciascuna modalità osservata della x ).
3
B. Chiandotto
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y
.
.
.
ζ
xi
xs
.
.
.
ζ
ζ
..
.
.
.
.
x1
x2
ζ
..
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
x
Fig. 2 - Distribuzione ipotetica di coppie di osservazioni (più osservazioni di y in
corrispondenza di ciascuna modalità osservata della x ).
In entrambe le situazioni prospettate è ipotizzabile una relazione di tipo lineare
tra le due variabili; infatti, si può osservare come le due rette sovrapposte alle nuvole di
punti (Figg: 3 e 4) rappresentino in modo abbastanza soddisfacente l’andamento dei
punti stessi.
y i* = β 0 + β 1 ⋅ xi
per i = 1,2,…..,n.
y
y
.
.
.
.. .
.
.
.
.
.
. .
.
.
.
.
x
x
Fig, 3 – Distribuzione ipotetica di coppie di osservazioni e retta interpolante (una sola
osservazione y in corrispondenza di ciascuna modalità osservata della x ).
4
B. Chiandotto
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y
.
.
.
ζ
.
.
.
.
.
.
.
.
x1
x2
ζ
ζ
..
.
.
xi
xs
.
.
.
ζ
..
.
.
.
.
.
x
Fig. 4 - Distribuzione ipotetica di coppie di osservazioni e retta interpolante(più
osservazioni di y in corrispondenza di ciascuna modalità osservata della x ).
Di rette sovrapponibili ai punti ne esistono un numero infinito, si tratta, allora, di
individuare quella ritenuta migliore sulla scorta di un prefissato criterio di ottimalità, Il
problema dal punto di vista statistico è, dunque, quello di procedere alla stima ottimale
dei due parametri incogniti (coefficienti che definiscono la retta) ¢ 0 e ¢ 1 o, più in
generale, utilizzare le
n
coppie di informazioni campionarie
( y i , xi )
per “fare”
inferenza sul modello lineare che si ritiene possa rappresentare in maniera soddisfacente
il legame che sussiste tra le due variabili di interesse e che in una sorta di popolazione
teorica (super-popolazione) dovrebbe, prescindendo dalla componente accidentale,
risultare di tipo deterministico
Se la relazione fosse perfetta in corrispondenza di ciascun valore
xi
si
dovrebbe osservare un unico valore y i uguale ad y i* , in realtà, come già sottolineato,
una tale eventualità la si riscontra molto raramente nella pratica operativa: la
componente sistematica del modello spiega soltanto una parte della variabile
dipendente; ad esempio, se si pensa che la domanda di un certo bene dipenda dal reddito
disponibile è abbastanza ovvio ipotizzare che non tutti i soggetti in possesso di uno
stesso ammontare di reddito domandino la stessa quantità del bene, la relazione tra
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reddito (variabile x) e quantità del bene domandato ( y ) è, pertanto del tipo y i = y i* +u i
e non yi = y *i .
Nel modello introdotto le quantità note sono dunque
quantità non note sono ¢ 0 , ¢ 1 e, quindi,
yi
ed
xi
mentre le
y i* e u i . Si tratterà allora di utilizzare le
informazioni disponibili per procedere ad una stima (puntuale o di intervallo) delle
entità incognite o, eventualmente, alla verifica di ipotesi statistiche sulle entità stesse. In
realtà, le entità incognite sono i due coefficienti ¢ 0 e ¢ 1 che una volta noti consentono
di trarre conclusioni sia su y i* che su u i .
- Ipotesi di specificazione (Caso A)
Sul modello di regressione lineare semplice vengono usualmente introdotte delle
ipotesi che specificano le condizioni di base che si ritiene debbano essere soddisfatte e
che per la loro natura caratterizzano in modo particolare il modello stesso che viene
detto modello classico di regressione lineare semplice.
Le ipotesi di specificazione riguardano la variabile (esplicativa o indipendente)
xi e, soprattutto la componente accidentale u i :
1. le
xi
(i = 1,2,….,n) sono quantità costanti in ripetuti campioni, sono, cioè, o
variabili matematiche o determinazioni di variabili casuali, in quest’ultimo caso
l’analisi viene effettuata condizionatamente ai valori x1 , x 2 ,...., x n ;
2. le variabili casuali ui hanno valore atteso (media) nullo
E ( u i ) = 0 per i = 1,2,….,n;
3.
le variabili casuali u i hanno varianza costante (omoschedasticità)
Var ( u i ) = E ( u i ) = ³ 2 per i = 1,2,….,n;
4
le variabili casuali u i sono incorrelate (incorrelazione)
Cov ( u i ,u j ) = E ( u i ,u j ) = 0
per i ≠ j = 1,2,….,n.
Le conseguenze sulle variabili yi delle ipotesi introdotte sono:
a.
E ( y i ) = E ( y i /xi ) = ¢ 0 + ¢ 1 ⋅ xi
per i = 1,2,…. ,n;
b.
V ar ( y i ) = Var ( y i /xi ) = ³ 2
per i = 1,2,….,n;
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B. Chiandotto
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C ov ( y i , y j ) = 0
c.
per i ≠ j = 1,2,….,n.
Sulla scorta delle ipotesi di specificazione introdotte, si può procedere alla stima
puntuale dei due coefficienti incogniti β 0 e β 1 .
Se con ¢ˆ 0 e con ¢ˆ 1 si indicano le due stime ottenute, ne risulta di conseguenza
che la stima di y i* è data da
ŷ i* = ¢ˆ 0 + ¢ˆ 1 ⋅ xi per i = 1,2,….,n
mentre la stima di ui e data da û i = y i − ŷ *i che viene detto residuo di regressione o
errore di regressione. Si deve, inoltre, sottolineare che la quantità ¢ˆ 0 + ¢ˆ 1 ⋅ xi il
migliore previsore ( stima) di y i ,cioè, quello che sotto le ipotesi specificate minimizza
l’errore quadratico medio (= alla varianza trattandosi di stimatore non distorto); si potrà,
pertanto, scrivere ŷ i = ŷ *i = ¢ˆ 0 + ¢ˆ 1 ⋅ xi .
- Stima dei minimi quadrati
Si è già avuto modo di segnalare in precedenza al metodo di stima dei minimi
quadrati sottolineando, in particolare, il largo impiego del metodo stesso nell’ambito dei
modelli statistici lineari, il modello classico di regressione lineare costituisce la
specificazione più semplice di tale classe di modelli.
Se si pone
Q ( ¢ 0 ,¢ 1 ) =
∑ (y −y )
n
i
*
i
2
i =1
=
∑ ( y −¢
n
i
i =1
0
− ¢ 1 ⋅ xi
)
2
il metodo di stima dei minimi quadrati si sostanzia nella ricerca dei valori ¢ 0 e ¢ 1
che minimizzano la somma dei quadrati degli scarti sopra definita. Per individuare tale
minimo basterà determinare il punto di stazionarietà (che è sicuramente un punto di
minimo avendo a che fare con una funzione quadratica il cui punto di massimo è
infinito) della funzione Q ( ¢ 0 ,¢ 1 ) che si ottiene risolvendo il sistema:
∂ Q ( ¢ 0 ,¢ 1 )
=0
∂¢ 0
∂ Q ( ¢ 0 ,¢ 1 )
=0
∂¢ 1
che diventa
7
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n
∂ Q ( ¢ 0 ,¢ 1 )
∂  n
 n

2
(
)
y
x
2
y
n¢
=
−
¢
−
¢
⋅
=
−
−
−
¢
⋅

∑
∑
i
0
1
i
i
0
1 ∑ xi  = 0


∂¢ 0
∂ ¢ 0  i =1
i =1
 i =1


n
n
∂ Q ( ¢ 0 ,¢ 1 )
∂ n
 n

2
(
)
y
x
2
y
x
x
xi2  = 0
=
−
¢
−
¢
⋅
=
−
−
¢
−
¢

∑
∑
∑
∑
1
i
i i
0
i
0
1
i


∂¢ 1
∂ ¢ 1  i =1
i =1
i =1

 i =1

cioè
n
n
i =1
i =1
∑ y i = n ¢ 0 + ¢ 1 ∑ xi
n
∑y
i
xi = ¢ 0
i =1
n
∑x
n
i
i =1
+ ¢ 1 ∑ xi2
i =1
Risolvendo il sistema delle due equazioni nelle due incognite β 0 e β 1 si
ottiene
¢ˆ 0 = y − ¢ˆ 1 ⋅ x
n
¢ˆ 1 =
∑ (x
∑ (x
i =1
dove y =
− x )y i
i
i =1
n
− x)
2
i
=
Codev( y , x )
Dev(x )
1 n
1 n
y
e
x
=
∑ i
∑ xi .
n i =1
n i =1
Le stime così ottenute sono (Teorema di Gauss-Markov) di minima varianza
nell’ambito delle stime lineari e corrette (BLUE dall’inglese Best Linear Unbiased
Estimators).
E’ possibile a questo punto riproporre le Figg. 3 e 4 dove le rette interpolanti non
sono più rette generiche ma quelle (Figg. 5 e 6) che derivano dall’applicazione del
metodo dei minimi quadrati (rette dei minimi quadrati). Nella Fig. 6 è stata inserita
anche l’ipotesi di normalità dei valori assunti dalla variabile y in corrispondenza di
ciascun valore assunto dalla variabile x ; ma su quest’ultimo aspetto si avrà modo di
tornare successivamente.
8
B. Chiandotto
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y
.
.
y
.
.
.
.
.. .
.
.
. .
.
. .
.
yˆ i * = yˆ i = βˆ0 + βˆ1 xi
x
x
Fig, 5 – Distribuzione ipotetica di coppie di osservazioni e retta dei minimi quadrati
(una sola osservazione y in corrispondenza di ciascuna modalità osservata
della x ).
y
.
.
.
ζ
.
.
.
.
x1
.
.
.
.
.
.
ζ
.
.
.
ζ
ζ
..
.
.
xi
xk
.
.
.
x2
.
.
.
yˆ i * = yˆ i = βˆ0 + βˆ1 xi
x
Fig. 6 - Distribuzione ipotetica di coppie di osservazioni e retta dei minimi quadrati (più
osservazioni di y in corrispondenza di ciascuna modalità osservata della x ).
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B. Chiandotto
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Le varianze dei due stimatori, come si avrà modo di chiarire nelle pagine
successive, sono date dalle relazioni
Var ( ¢ˆ 0 ) = ³ ¢ˆ20


1
x2
=  + n
n
(xi − x )2

∑
i =1

( )
1
Var ¢ˆ 1 = ³ ¢ˆ21 =
n
∑ (x − x )
⋅³


 ⋅³



2
2
2
i
i =1
Per quanto sopra detto deriva che
ŷ i* = ¢ˆ 0 + ¢ˆ 1 ⋅ xi = y − ¢ˆ 1 x + ¢ˆ 1 xi = y + ¢ˆ 1 (xi − x )
quindi:
( )
V ar ŷ *i = ³
2
ŷ*i
(
)
( )
( )
(
)
= Var ¢ˆ 0 + ¢ˆ 1 ⋅ xi = Var ¢ˆ 0 + xi2Var ¢ˆ 1 + 2 xi Cov ¢ˆ 0 ,¢ˆ 1 =


(xi − x )2
1
=  + n
n
(x j − x )2

∑
j =1



 2
 ⋅³


Come si può osservare le varianze degli stimatori ¢ˆ 0 , ¢ˆ 1 e ŷ i* dipendono dalla
varianza σ 2 , usualmente incognita, della componente accidentale. Una stima corretta
di tale parametro è data da
∑ (y
n
σˆ 2 =
i
− ŷ i*
i =1
(
n−2
dove,come già sottolineato, û i = y i − ŷ *i
)
)
n
2
=
∑ û
2
i
i =1
n−2
rappresentano i residui di regressione (Fig.
7), mentre la stima della varianza della componente accidentale viene usualmente detta
varianza residua e misura la parte (stimata) della variabilità della
yi
(variabile
dipendente) non spiegata dalla variabile esplicativa xi (variabile indipendente).
Da quanto detto risultano le seguenti stime delle varianze degli stimatori
V̂ar ( ¢ˆ 0 ) = ³ˆ ¢ˆ20


1
x2
=  + n
n
(xi − x )2

∑
i =1

10


 ⋅³ˆ 2



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( )
V̂ar ¢ˆ 1
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= ³ˆ ¢2ˆ 1 =
1
n
∑ (x − x )
⋅³ˆ 2
2
i
i =1
( )
= ³ˆ 2ŷ*
V̂ ar ŷi*
i




2
(
1
xi − x )  ˆ 2

=  + n
 ⋅³
n
2
(
)
x
x
−


∑
j
j =1


y
.
ûk
. .
. . .
.
.
.
. .
.
.
û2
.
x1
.
.
.
yˆ i * = yˆ i = βˆ0 + βˆ1 xi
ûi
û1
x2
xi
xn
x
Fig. 7 - Distribuzione ipotetica di coppie di osservazioni e retta dei minimi quadrati e
residui di regressione(una sola osservazione y in corrispondenza di ciascuna
modalità osservata della x ).
-
Ipotesi di specificazione (Caso B: normalità della componente accidentale)
Se alle quattro ipotesi di specificazione introdotte in precedenza si aggiunge
l’ulteriore ipotesi di normalità della distribuzione della componente accidentale
(
ui ∼ N 0 , ³ 2
)
per i = 1,2,….,n
ne deriva,come conseguenza diretta, la normalità della distribuzione delle yi
(
a. yi ∼ N ¢ 0 + ¢ 1 ⋅ xi ,³
2
)
inoltre, ricordando che nel caso di variabili casuali normali la correlazione nulla implica
l’indipendenza, le variabili casuali yi risultano statisticamente indipendenti, da cui:
(
b. β̂ 0 ∼ N ¢ 0 ,³ ¢ˆ 0
11
)
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(
c. β̂ 1 ∼ N ¢ 1 ,³ ¢ˆ 1
(
d. ŷ i* ∼ N y *i ,³
2
ŷ*i
)
)
n
e.
û i2
∑
2
ˆ
(n − 2 )⋅³ ∼ i =1 ∼ χ 2
n−2
³2
σ2
L’ipotesi di normalità già introdotta nella Fig. 6, trova una più esplicita
rappresentazione nella Fig. 8.
f(u)
y
x1
x2
yˆ i * = yˆ i = βˆ0 + βˆ1 xi
xi
x
Fig. 8 – Ipotesi di distribuzione normale della componente accidentale nel modello di
regressione lineare semplice
Le conseguenze espresse ai punti a, b, c, d ed e sono di immediata verifica;
infatti:
i)
le variabili
y i = ¢ 0 + ¢ 1 ⋅ xi + u i
sono distribuite normalmente in quanto
trasformazioni di variabili casuali normali;
ii)
le variabili ¢ˆ 0 , ¢ˆ 1 ⋅ e⋅ ŷ *i sono distribuite normalmente in quanto espresse da
combinazioni lineari di variabili casuali normali indipendenti; infatti
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∑ (x
n
n
1
¢ˆ 0 = y − ¢ˆ 1 ⋅ x = ∑ y j −
n j =1
j
j =1
− x )⋅ y j
n
∑ (x − x )
2
i
i =1
∑ (x
n
¢ˆ 1 =
j
j =1
− x )⋅ y j
n
∑ (x − x )
2
i
i =1
n
ŷ*i = ∑
j =1


1 (x j − x )⋅ x
⋅ x = ∑ − n

j =1 n
(xi − x )2

∑
i =1

n


xj− x
= ∑ n

2
j =1
 ∑ (xi − x )
 i =1
n


⋅ y
 j




⋅ y
 j






1
x
x
 + ( i − ) (x − x ) ⋅ y
j
 j
n n
2
x
x
−
(
)
∑


r
r =1


Meno immediata è la conseguenza espressa al punto e . In proposito si deve
sottolineare che gli (n-2) gradi di libertà derivano dal fatto che rispetto agli n gradi di
libertà originari (le n osservazioni campionarie), due gradi di libertà si perdono nella
operazione di stima; infatti, vengono imposti due vincoli per ottenere le stime di
¢ 0 ⋅ e ⋅¢ 1 . Pertanto, mentre le yi costituiscono n variabili casuali indipendenti , le n
variabili casuali ŷ i*
, devono soddisfare i due vincoli introdotti per ottenere le stime
¢ˆ 0 ⋅ e ⋅ ¢ˆ 1 . Inoltre, nell’universo dei campioni, le due variabili casuali stima ¢ˆ 0 ⋅ e ⋅ ¢ˆ 1
n
hanno distribuzione indipendente dalla variabile casuale W =
sottolineato, una distribuzione di tipo ·
2
∑ û
2
i
i =1
³
2
che ha, come già
con n – 2 gradi di libertà.
Dalle relazioni sopra riportate risulta facile derivare le varianze degli stimatori
¢ˆ 0 , ¢ˆ 1 e ŷ i* introdotte in precedenza, basterà, infatti, ricordare che la varianza di
una combinazione lineare di variabili casuali indipendenti è pari alla combinazione delle
varianze delle singole variabili casuali con coefficienti elevati al quadrato. Nel caso
specifico, se si indicano in modo generico con a i i coefficienti della combinazione

lineare si ha V ar 


n
n
∑ a ⋅ y  = ∑ a
i
i =1
i
i =1
2
i
⋅ Var ( y i
13
n
) = ³ 2 ∑ ai2
i =1
, da cui:
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2
( )
Var ¢ˆ 0






n
(
)
x
x
x
−
⋅
1
j
2
2 


= ³ ⋅∑ − n
= ³ ⋅


2 
j =1 n
(xi − x ) 


∑
i =1







2
x
2  1

=³ ⋅
+ n
 n

( xi − x ) 2 

∑
i =1


( )
Var ¢ˆ 1


n
xj− x
2
= ³ ⋅ ∑ n

2
j =1
 ∑ (xi − x )
 i =1
n
1
∑n
j =1
2
(x
n
+∑


 =



2
2
j − x) ⋅ x
n
[ ∑ ( xi − x ) 2 ] 2
j =1
i =1
2


1
 =³2⋅
n

(xi − x )2

∑
i =1

2




x
x
−
(
)
i
1 +
(x j − x ) =
n
n
(xr − x )2


∑
r =1


n
Var ( ŷi ) = ³ 2 ⋅ ∑
j =1



 n
n
1
2 
= ³ ⋅ ∑ 2 + ∑

 i =1 n
i =1




(xi − x )
n
∑ (x
r =1
− x)
2
r


(x j − x )


2




2
 = ³ 2 ⋅  1 + (xi − x )
n
n

(x j − x )2


∑
r =1








Seguendo la stessa procedura risulta facile anche la derivazione della covarianza
tra le due variabili casuali stima ¢ˆ 0 e ¢ˆ 1 . Si ha
Cov ( ¢ˆ 0 ,¢ˆ 1 ) = ³ 2 ⋅ ∑
n
j =1
L’introduzione


 1 − (x j − x )⋅ x
n n
(xi − x )2

∑
i =1

dell’ipotesi
di
 
 
⋅ xj − x
  n
2
  ∑ (xi − x )
  i =1
normalità


 = ³ 2 ⋅ (


consente
il
x
n
∑ (x − x )
2
)
i
i =1
calcolo
della
verosimiglianza del campione e di procedere, pertanto, all’uso del metodo della
massima verosimiglianza per ottenere la stima dei parametri incogniti β 0 , β1 ⋅ e ⋅ σ 2 .
La verosimiglianza del campione è data da
(
L ¢ 0 , ¢ 1 ,³
=
n
∏
i =1
2
)
/ y1 , y 2 ,...., y n ; x1 , x 2 ,...., x n = L
1
2°³
2
⋅e
−
1
2⋅³
2
⋅( yi −¢ 0 −¢ 1 ⋅ xi ) 2
14
(
= 2 °³
)
(¢
2 − n/ 2
⋅e
0
−
,¢ 1 ,³
n
1
2⋅³
2
2
)=
( yi −¢ 0 −¢ 1 ⋅ xi ) 2
∑
i 1
⋅
=
B. Chiandotto
Metodi statistici per le decisioni d’impresa
Versione 2000 – Cap. 8
- Stime di massima verosimiglianza
Le stime di massima verosimiglianza dei parametri incogniti si ottengono
facilmente derivando ed uguagliando a zero le derivate del logaritmo della
verosimiglianza.
Risulta facile verificare che le stime di massima verosimiglianza
~
~
¢ 0 ⋅ e⋅ ¢ 1
coincidono con le stime dei minimi quadrati ¢ˆ 0 ⋅ e⋅ ¢ˆ 1 ,mentre la stima di massima
n
verosimiglianza della varianza σ 2 è data da
σ~ 2 =
∑ û
i =1
n
2
i
; ovviamente,
u~i = ûi e
~
y i = ŷ i .
Relativamente alle stime di massima verosimiglianza ottenute si deve
~
~
sottolineare che: gli stimatori ¢ 0 ⋅ e⋅ ¢ 1 pur coincidendo numericamente con gli stimatori
¢ˆ 0 ⋅ e⋅¢ˆ 1 da questi si diversificano in quanto (Teorema di Rao) sono di minima varianza
nell’ambito degli stimatori corretti (BUE dall’inglese Best Unbiased Estimators); la
( )
stima σ~ 2 della varianza σ 2 non è corretta, cioè, E σ~ 2 ≠ σ 2 .
-Stime di intervallo
Sulla scorta di quanto sopra scritto sarà facile derivare le stime di intervallo
(intervalli di confidenza) per i prametri incogniti e per le quantità y*i . Infatti, facendo
riferimento alla situazione più usuale, che è quella della non conoscenza del valore
assunto dal parametro di disturbo σ 2 (varianza della componente accidentalea), per α
prefissato si ottengono gli intervalli sotto riportati
(
P ¢ˆ 0 − t¡ 2 ⋅ ³ˆ ¢ˆ 0 ≤ ¢ 0 ≤ ¢ˆ 0 + t¡ 2 ⋅³ˆ ¢ˆ 0
P
( ¢ˆ
1
− t¡ 2 ⋅³ˆ ¢ˆ 1 ≤ ¢ 1 ≤ ¢ˆ 1 + t¡ 2 ⋅³ˆ ¢ˆ 1
) = 1-α
) = 1-α
 (n − 2 ) ⋅ ³ˆ 2
(
n − 2 ) ⋅ ³ˆ 2 
2
P
≤ ³ ≤
 = 1 −¡
2
· 12−¡ /2 
 · ¡ /2
15
B. Chiandotto
Metodi statistici per le decisioni d’impresa
Versione 2000 – Cap. 8
Si segnala che l’ultimo intervallo è stato derivato distribuendo simmetricamente
il valore di α nelle due code della distribuzione e che l’intervallo per ¢ 0 si ottiene
attraverso i passaggi sotto riportati (ragionamento analogo vale per l’intervallo relativo
a ¢ 1 ).
Poiché
(
¢ˆ 0 ∼ N ¢ 0 ,³ ¢ˆ20
)
si avrà
Z¢ˆ 0 =
¢ˆ 0 − ¢ 0
∼ N (0,1)
³ ¢ˆ 0
che non è elemento pivotale essendo incognita la varianza ³ ¢ˆ20 dove è presente la
varianza della componente accidentale; infatti
³ ¢ˆ20


2
1

x
 ⋅³
= + n
2 
n
(xi − x ) 
∑

i =1

2
ma, se si tiene presente che
W=
(n − 2 )⋅³ˆ 2 ∼ · 2
n- 2
2
³
e che Z¢ˆ 0 e W sono variabili casuali indipendenti, si ha
T¢ˆ 0 =
¢ˆ 0 − ¢ 0
¢ˆ − ¢ 0
W
/
= 0
∼ t n−2
(n − 2)
³ ¢ˆ 0
³ˆ ¢ˆ 0
che rappresenta la variabile casuale t di Student con (n-2) gradi di libertà (elemento
pivotale ) che consente la derivazione dell’intervallo sopra riportato applicando il
procedimento di derivazione degli intervalli di confidenza illustrato nel Cap. 6.
L’intervallo di stima relativo alle variabili
y * assume particolare rilevanza;
infatti, un tale intervallo può interessare sia valori y *i corrispondenti a valori osservati
di x , cioè (x1 , x 2 ,...., x n ) , sia valori non osservati di x . Ad esempio, si potrebbe aver
interesse a determinare un intervallo di stima per y0* che corrisponde ad un valore non
osservato
x0
ma assumibile dalla variabile x ; in quest’ultimo caso, l’intervallo
16
B. Chiandotto
Metodi statistici per le decisioni d’impresa
Versione 2000 – Cap. 8
assume la particolare connotazione di intervallo di previsione e la quantità
y0 − ¢ˆ 0 − ¢ˆ 1 x0 viene detto errore di previsione.
Ipotizzando la non conoscenza della varianza ³
2
della componente accidentale,
l’intervallo per un generico valore y i* può essere determinato facendo riferimento alla
variabile casuale t di Student (elemento pivotale)
T ŷ* =
i
ŷ *i − yi*
=
σˆ ŷ*
i
ŷ *i − y i*
1
σˆ ⋅
+
n
=
(xi − x )2
∑ (x
− x)
n
2
j
j =1
ed anche, se interessa l’intervallo di previsione per y0*
T y* =
0
ŷ0* − y0*
=
³ˆ *
ŷ0
ŷ0* − y0*
1
+
³ˆ ⋅
n
(x0 − x )2
∑ (x
− x)
n
2
j
j =1
Gli intervalli, per un prefissato livello di confidenza 1-α, sono rispettivamente
(
)
P ŷ *i − t¡ 2 ⋅³ˆ ŷ* ≤ y *i ≤ ŷi* + t¡ 2 ⋅ ³ˆ ŷ* = 1 - ¡
i
i
ed anche


(xi − x )2
(xi − x )2
1
1
*
*
*

ˆ
ˆ
+ n
≤ y i ≤ ŷ i + t¡ /2 ⋅³ ⋅
+ n
P ŷ i − t¡ /2 ⋅³ ⋅

n
n
2
(x j − x )
(x j − x )2
∑
∑

j =1
j =1

(
P ŷ0* − t¡ 2 ⋅³ˆ ŷ* ≤ y0* ≤ ŷ0* + t¡ 2 ⋅ ³ˆ ŷ*
0
0


 = 1 −¡



) = 1 -¡
ed anche


(x0 − x )2
(x0 − x )2
1
1
*
*
*

ˆ
ˆ
P ŷ i − t¡ /2 ⋅³ ⋅
+ n
≤ y i ≤ ŷ i + t¡ /2 ⋅³ ⋅
+ n

n
n
2
(x j − x )
(x j − x )2
∑
∑

j =1
j =1



 = 1 −¡



Capita spesso, e ciò avviene soprattutto quando si vogliono effettuare previsioni,
di essere interessati alla determinazione di intervalli di stima non per il valore teorico
y * (cioè il valore che dovrebbe assumere la variabile dipendente in assenza di effetti
17
B. Chiandotto
Metodi statistici per le decisioni d’impresa
Versione 2000 – Cap. 8
accidentali e che è uguale, per le ipotesi di specificazione introdotte, al valore medio di
y ) ma per il valore effettivo y (valore osservato od osservabile che include, quindi,
anche l’effetto della componente accidentale).
Per perseguire un tale obiettivo si deve osservare che, come già sottolineato, le
stime puntuali di un generico valore ŷ *h e ŷ h , corrispondente ad una determinazione
x h (h = i o qualunque altro indice) , coincidono, cioè ŷ *h = ŷ h = ¢ˆ 0 + ¢ˆ 1 ⋅ x h , le loro
varianze sono diverse; infatti, se si considera l’errore di previsione û h = y h − ŷ h si ha:
E ( û h
( )
)=
E (¢ 0 + ¢ 1 x h + u h − ¢ˆ 0 + ¢ˆ 1 x h ) = 0
(
)
Var ( û i ) = E û h2 = E ¢ 0 + ¢ 1 x h + u h − ¢ˆ 0 + ¢ˆ 1 x h = E{
( )
( )
(
)
= Var ¢ˆ 0 + Var ¢ˆ 1 + Cov ¢ˆ 0 ,¢ˆ 1 + Var (u h )
Pertanto l’intervallo di confidenza per y h è dato da
(
P ŷ h − t¡ 2 ⋅ ³ˆ ŷ ≤ y h ≤ ŷ h + t¡ 2 ⋅ ³ˆ ŷ
h
h
[ (¢ˆ
0
) (
)
- ¢ 0 + ¢ˆ 1 - ¢ 1 x h + u h


(xh − x )2
1
2 
= ³ ⋅ 1 + + n
n
(x j − x )2

∑
j =1







) = 1 -¡
ed anche


(x h − x )2
(xh − x )2
1
1

ˆ
ˆ
≤ y h ≤ ŷ h + t¡ 2 ⋅³ ⋅ 1 + + n
P ŷ h − t¡ 2 ⋅³ ⋅ 1 + + n

n
n
2
(x j − x )
(x j − x )2
∑
∑

j =1
j =1



 = 1 −¡



L’intervallo di stima per y h risulta più ampio di quello relativo ad y *h ; infatti:
alla variabilità dovuta alla stima di ¢ 0 ⋅ e ⋅ ¢ 1 si aggiunge la variabilità indotta dalla
componente accidentale
u h ; inoltre, l’ampiezza degli intervalli così determinati
dipendono fortemente dallo scarto
(xh − x )
e risultano tanto più ampi quanto più il
valore di ferimento della x si allontana dal suo valore medio x . L’evidenziazione
grafica di tale situazione è riportata nella Fig. 9.
18
]
2
}=
B. Chiandotto
Metodi statistici per le decisioni d’impresa
Versione 2000 – Cap. 8
y
Intervallo di confidenza per yh
ŷ h = ¢ˆ 0 + ¢ˆ 1 ⋅ x h
y
Intervallo di confidenza per
x
x
Fig. 9 – Intervalli di confidenza per i valori medi y *h e per i valori individuali y h .
- Test delle ipotesi
Per quanto detto nelle pagine precedenti e nel Cap. 7, è ora possibile risolvere
facilmente qualunque problema di test delle ipotesi riguardo alle entità incognite
presenti nel modello di regressione lineare semplice. Infatti, sotto la condizione di
normalità della distribuzione della componente accidentale. Basterà fare riferimento alle
variabili casuali (variabili casuali test)
T¢ˆ 0 ,T¢ˆ 1 ,T ŷ" ,T ŷi e W sopra definite.
i
Se, ad esempio, si volesse risolvere il problema di test delle ipotesi
H0 :¢ 1 = 0
H1 :¢ 1 ≠ 0
la regione di rifiuto dell’ipotesi nulla (nessun effetto della supposta variabile esplicativa
x sulla variabile dipendente y ) risulterebbe definita dai semintervalli
-
∞ _____| - tα/2 , tα/2 _____| + ∞ :
Se il problema di test fosse
H0 :¢ 1 = 0
H1 :¢ 1 < 0
19
y *h
B. Chiandotto
Metodi statistici per le decisioni d’impresa
Versione 2000 – Cap. 8
cioè, di effetto nullo contro effetto negativo (e questo potrebbe essere un caso di
interesse quando, ad esempio, x rappresenta il prezzo di un certo bene ed y la
domanda del bene stesso: al crescere del prezzo la domanda del bene dovrebbe
diminuire). La regione critica del test (rifiuto dell’ipotesi nulla) è costituita dal
semintervallo - ∞ ____| - tα .
Le procedure di test sopra richiamate derivano dall’applicazione del test del
rapporto di verosimiglianza che, come già sottolineato, fornisce (quando esiste, ed i casi
considerati rientrano in questa categoria) il test uniformemente più potente, nel caso di
ipotesi alternativa unidirezionale, il test uniformemente più potente nella classe dei test
non distorti, nel caso di ipotesi alternativa bidirezionale.
- Trasformazioni di modelli non lineari nei coefficienti
Si è precisato che la linearità del modello di regressione semplice è riferita ai
coefficienti e non alla variabile; infatti, ad esempio, il modello
y = ¢ 0 +¢ 1 ⋅ x3 è
perfettamente equivalente al modello y = β 0 + β 1 ⋅ x sopra considerato. L’equivalenza
è del tutto ovvia, infatti, se si pone z = x 3 , si ottiene il modello di regressione lineare
semplice y = ¢ 0 + ¢ 1 ⋅ z .
Le considerazioni svolte valgono quindi per tutti i modelli lineari nei parametri
incogniti che li caratterizzano. E’, tuttavia, possibile in molti casi di interesse applicare
le stesse procedure a modelli non lineari nei parametri, è ciò accade tutte le volte in cui
risulta possibile ricondursi alla situazione di linearità operando
opportune
trasformazioni del modello non lineare. Ovviamente, quando si operano delle
trasformazioni sia le ipotesi di specificazioni sia le conclusioni cui si perviene vanno
riferite al modello trasformato e non al modello originario. Alcuni esempi significativi
sono quelli sotto riportati.
i)
y = β 0 ⋅ x β1 ⋅ e u ,
la cui trasformazione logaritmica fornisce (modello doppio logaritmico)
log ⋅ y = log ⋅ ¢ 0 + ¢ 1 ⋅ log ⋅ x + u
ii)
y = e¢ 0 +¢ 1 ⋅ x ⋅ e u
y = ¢ 0 ⋅ e¢ 1 ⋅ x ⋅ e u
20
B. Chiandotto
Metodi statistici per le decisioni d’impresa
Versione 2000 – Cap. 8
e y = ¢ 0 ⋅ x¢ 1 ⋅ e u
le cui trasformate logaritmiche danno (modello semilogaritmico) rispettivamente
log ⋅ y = ¢ 0 + ¢ 1 ⋅ x + u
log ⋅ y = log ⋅ ¢ 0 + ¢ 1 ⋅ x + u
y = log ⋅ ¢ 0 + ¢ 1 ⋅ log ⋅ x + u .
-Coefficiente di correlazione lineare e analisi della varianza
Il coefficiente di correlazione lineare
ρ yx = ρ xy = ρ è stato introdotto come
indice relativo di concordanza (rapporto tra l’indice assoluto di concordanza covarianza
σ yx = σ xy ed il valore massimo che | σ yx | può assumere e ch è dato dal prodotto tra gli
scostamenti quadratici medi σ y ⋅ σ x ), cioè
ρ=
σ yx
σ yσ x
Codev( y , x )
=
Dev( y ) ⋅ Dev(x )
E’ stato detto anche che tale coefficiente può essere visto come media
geometrica dei due coefficienti di regressione
bx/y =
³
yx
³
2
y
=
b y/x =
³
yx
³
2
x
=
Codev( y , x )
Dev(x )
e
Codev( y , x )
.
Dev( y )
E’ ora possibile fornire una piena giustificazione dell’affermazione fatta; infatti,
si è visto come in riferimento al modello
y i = ¢ 0 + ¢ 1 ⋅ xi + u i la stima dei minimi
Codev( y, x )
quadrati (e della massima verosimiglianza) di ¢ 1 sia pari a ¢ˆ 1 =
, se si
Dev(x )
ipotizza un modello lineare del tipo
xi = α 0 + α 1 ⋅ y i + vi e si introducono le usuali
ipotesi di specificazione, la stima dei minimi quadrati (e della massima verosimiglianza)
di α 1 è pari a αˆ 1 =
Codev( y , x )
dal che risulta quanto affermato.
Dev( y )
Una terza, forse la più interessante, interpretazione del coefficiente di
correlazione lineare di Bravais-Pearson deriva dalle osservazioni che seguono.
Dato il modello
y i = ¢ 0 + ¢ 1 ⋅ xi + u i
per i = 1,2,….,n
21
B. Chiandotto
Metodi statistici per le decisioni d’impresa
Versione 2000 – Cap. 8
che soddisfa all ipotesi di specificazione introdotte, la devianza totale della variabile y
è data da
n
n
(
Dev(T) = Dev(y) = ∑ ( y i − y ) = ∑ y i − ŷ *i + ŷ *i − y
2
i =1
(
) + ∑ (ŷ
(
)
n
= ∑ y i − ŷ i*
i =1
n
Dev(r ) = ∑ y i − ŷ *i
dove
i =1
i =1
n
2
*
i
−y
i =1
2
)
)
2
=
= Dev(r ) + Dev(R )
2
viene detta devianza residua e misura la parte della
devianza totale della variabile y che non risulta spiegata dalla supposta relazione con la
(
n
variabile
x ; Dev(R ) = ∑ ŷ i* − y
i =1
)
2
viene detta devianza di regressione e misura
quanta parte della devianza di y è spiegata dalla relazione lineare con la variabile x .
Si deve sottolineare che la scomposizione della devianza quì operata è
perfettamente assimilabile a quella effettuata nel Cap. 4; infatti, in quella sede la
devianza totale della variabile y è stata scissa in devianza entro i gruppi e devianza tra i
gruppi. La devianza entro i gruppi è una misura della diversità attribuibile a fattori di
natura accidentale, mentre la devianza tra i gruppi è una misura della diversità tra
gruppi, cioè la parte della devianza totale di y spiegata dall’appartenenza a gruppi
diversi.
Se in corrispondenza di ciascuna modalità xi (i = 1,2,
,s) della variabile x , si
disponesse di più osservazioni yij (j = 1,2,….,ni), si potrebbe procedere alla seguente
scomposizione della devianza totale della variabile y
(
Dev(T) = Dev(y) = ∑∑ (y ij − y ) = ∑∑ y ij − ŷ *i + ŷ *i − y i + y i − y
ni
s
i = 1 j =1
s
ni
(
= ∑∑ y ij − ŷ i*
i =1 j =1
i =1 j =1
) + ∑∑ (ŷ
2
s
ni
*
i
− yi
i =1 j = 1
(
= ∑∑ (yij − y i ) + ∑∑ y i − ŷ
s
ni
2
i =1 j =1
1
dove: y i =
ni
s
ni
i =1 j =1
ni
s
2
) + ∑∑ (y
2
s
ni
i
− y) =
) + ∑∑ (ŷ
s
*
i
−y
ni
i =1 j = 1
2
=
2
i =1 j =1
* 2
i
)
)
2
ni
∑y
ij
e le tre diverse devianze ottenute dalla scomposizione (si ricorda
j =1
che i doppi prodotti sono tutti nulli) sono di facile interpretazione: in un caso come
primo elemento di riferimento si considerano i valori che si trovano sulla retta di
22
B. Chiandotto
Metodi statistici per le decisioni d’impresa
Versione 2000 – Cap. 8
regressione (si veda anche Fig. 10), nel secondo caso il primo elemento di riferimento
sono i valori (medie di gruppo) che si trovano sulla spezzata di regressione.
y
yi j
.
uˆ i= yi − yˆi
.
.
yi j − y
yˆi − y
ŷi
yˆi − yi
yi
yi − y
y
βˆ0 + βˆ1 xi
x
x
Fig. 10 – Scomposizione della devianza totale della variabile y
Tornando alla scissione della devianza totale della variabile
y
nelle due
componenti: devianza di regressione e devianza totale, si può introdurre l’indice,
usualmente detto di determinazione
R2 =
Dev(R )
Dev(r )
= 1−
Dev(T )
Dev(T )
che, ovviamente, assume valori compresi nell’intervallo 0
_____
1: assume valore 0
quando tutti i valori ŷi = ŷ *i che si trovano sulla retta di regressione sono uguali tra
loro e, quindi, uguali a y (media della variabile y ); assume valore 1 quando tutti gli
scarti
( yi − ŷi )
sono uguali a zero, cioè, quando tutti i punti osservati si trovano sulla
retta di regressione (adattamento totale del modello).
Tenendo presente che
23
B. Chiandotto
Metodi statistici per le decisioni d’impresa
n
n
Versione 2000 – Cap. 8
(
2
Dev(R ) = ∑ ( ŷ i − y ) =∑ ¢ˆ 0 + ¢ˆ 1 ⋅ xi − y
i =1
i =1
n
2
= ¢ˆ 12 ⋅ ∑ (xi − x ) =
i =1
³
2
yx
³
4
x
⋅ n ⋅³
2
x
=n
³
2
yx
³
2
x
) =∑ (y − ¢ˆ
n
2
1
⋅ x + ¢ˆ 1 ⋅ xi − y
i =1
)
2
=
si avrà
n⋅ ³ yx2 / ³
Dev(R )
R =
= =
Dev(T )
n⋅ ³ y2
2
2
x
=
³
2
yx
³ x2 ⋅ ³
2
y
= ±
2
cioè: l’indice di determinazione è uguale al quadrato del coefficiente di correlazione
lineare, il che consente d’interpretare tale quadrato come misura della proporzione della
variabilità totale della variabile y che risulta spiegata dalla supposta relazione lineare
con la variabile x .
Se si vuole sottoporre a test l’ipotesi di un effetto “significativo” della variabile
x sulla variabile y , si può procedere come sopra indicato, cioè formulando l’ipotesi
H0 :¢ 1 = 0
H1 :¢ 1 ≠ 0
od anche facendo ricorso ad un test di bontà di adattamento del modello.
Si è già osservato che
W=
(n − 2 )⋅³ˆ 2
³
2
∼ · n2− 2
se si considera ora la variabile
∑ (ŷ
Dev(R )
V=
=
n
*
i
−y
i =1
³2
)
2
³2
che ha legge di distribuzione · 2 con un grado di libertà ed è indipendente dalla
variabile W ; che si ricorda ha legge di distribuzione χ 2 con (n-2) gradi di libertà, la
24
B. Chiandotto
Metodi statistici per le decisioni d’impresa
Versione 2000 – Cap. 8
variabile (rapporto tra due variabili χ 2 indipendenti divise per i rispettivi gradi di
libertà)
n
W
F=
=
V/ (n − 2 )
∑ (ŷ
− y)
2
i
i =1
³
n − 2 ) ⋅ ³ˆ 2
(
:
/ (n − 2 )
2
³
2
ha, sotto l’ipotesi H 0 : ¢ 1 = 0 (quando l’ipotesi è vera) legge di distribuzione del tipo
F di Fisher-Snedecor con 1 e (n-2) gradi di libertà.
Da rilevare che sotto l’ipotesi H 0 : ¢ 1 = 0 contro l’ipotesi H 1 : ¢ 1 ≠ 0 vale
l’uguaglianza Tn2− 2 = F1,n− 2 , il che porta a concludere che nel caso di regressione lineare
semplice la procedura per sottoporre a test l’ipotesi di adattamento del modello e
l’ipotesi (bidirezionale) sul coefficiente angolare della retta di regressione sono del tutto
equivalenti. In proposito vale la pena, infine, segnalare che tale procedura equivale
anche a quella relativa al test diretto sul coefficiente di correlazione ρ ; infatti, sotto
l’ipotesi H 0 : ± = 0 contro l’ipotesi alternativa H 1 : ± ≠ 0 ,la variabile casuale test di
riferimento è
T±ˆ =
±ˆ ⋅
(n− 2 )
1 − ±ˆ 2
¢ˆ
Dev(x )
Dev(R )
: 1−
/ (n − 2 ) = 1 = T¢ˆ 1
= ¢ˆ 1 ⋅
Dev( y )
Dev(T )
³ˆ ¢ˆ 1
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