IL CAFFÈ 19 ottobre 2014 ilcaffètraparentesi 21 I sapori. Dal bosco alla tavola. Per nutrirsi in modo sostenibile. E low cost Foraging Riempire la dispensa di natura e vero cibo B iscotti di corteccia di betulla, pane con aghi di abete, bacche di rosa canina (tecnicamente si chiamano cinorrodi) tostate in padella con aglio, olio e peperoncino per accompagnare le alici. Gemme e boccioli nell’insalata, tè di foglie di larice, caffè di ghiande di quercia, bacche di ginepro, coccolone con le vongole, gelatina di cipresso. Insomma, se l’idea vi attira, potete recuperare l’antica abitudine di andar per boschi e riscoprire il foraging, cioè la ricerca di delizie da usare in cucina, ingredienti che la natura offre gratis e al supermercato non si trovano. Un’abitudine piuttosto comune nella civiltà contadina, oggi praticata regolarmente nel nord Europa. Tra i pionieri ci sono l’acclamato chef Renè Redzepi che nel suo ristorante di Copenhagen utilizza muschi e licheni, e l’ormai famosissimo Magnus Nilsson, che vive e lavora settecento chilometri a nord di Stoccolma e usa come “dispensa” un terreno di diecimila ettari con boschi, laghi e prati, dove raccoglie radici e germogli per creare i suoi piatti. Definisce la sua cucina “Rektùn Mat”, che vuol dire “cibo vero”. Da noi il foraging si limita a saltuarie incursioni nei boschi per castagne, funghi, asparagi selvatici, fragole e more. Tutto qui. Invece c’è molto di più. E basta andare un po’ indietro nella storia per scoprire delizie nate dall’astuzia di chi (è successo nel diciottesimo secolo) aveva perso il raccolto di grano. In Finlandia il “pettuleipä” (letteralmente “pane pineta“) è stato prodotto durante la guerra civile del 1918. In Norvegia si preparavano le pagnotte con la farina ricavata dalla corteccia interna di parecchi alberi: olmo, frassino, pioppo, sorbo o betulla, pino silvestre. Durante le guerre napoleoniche il muschio entrava negli impasti lievitati. Questo “pane d’emergenza” profumava di bosco e di natura, perché non rifarlo? Valeria Margherita Mosca, antropologa ed etnobotanica (vedi l’intervista a fianco) fondatrice di Wood*ing, la “scuola” dove insegna a utilizzare foglie, cortecce, bacche e fiori, sta riportando l’attenzione su un modo di mangiare buono, sano, etico e low cost. Molte piante selvatiche hanno un elevato potere antiossidante e contengono minerali come magnesio e calcio, ma anche betacarotene e vitamina C. Certo, bisogna studiare. E da subito. L’autunno, infatti, è il momento migliore per la rac- colta delle bacche: di ginepro coccolone, di cipresso, di faggio, di biancospino. Le faggiole somigliano un po’ ai pinoli e sono buonissime nelle insalate, il ginepro verde con le vongole. Le gazzozzole (bacche di cipresso) contengono semini che producono un infuso aromatico, verde o rosato, ottima base per dolci, gelati e meringhe. Gli aghi di alcune conifere sempreverdi (abete rosso, pino silvestre) possono essere mescolati all’impasto per il pane (il profumo è impareggiabile) o macerati in acqua calda per preparare un tè ricco di vitamine. Altre foglie invernali ottime in cucina sono il corbezzolo, i rovi da mora, le fragole, la balsamita (o erba di San Pietro) l’elicrisio e la lavanda. E dovete provare le chips di faggio, foglie fritte come patatine dopo essere state messe in salamoia con aceto balsamico. Poi c’è la linfa. Se in Sicilia si estrae da secoli la linfa di frassino, (la manna) adesso sta diventando di moda quella di betulla, entrata nella dieta Dukan: bevuta la mattina, è purificante e drenante. Lo stesso principio della caffeina si trova nell’agrifoglio, mentre per il decaffeinato vanno benissimo le ghiande di quercia. Si aprono, si tostano i semi, si macinano, e abbiamo il nostro caffè. A questo punto, si apre un mondo: che ne dite di caldarroste servite con mirtilli rossi e faggiole? Andar per boschi avrà un altro significato. [email protected] L’etnobotanica “Nel mio laboratorio i prodotti selvatici fanno invidia agli chef” 8Q FUHGLWR GL &+) Œŏ D XQ WDVVR DQQXR HIIHWWLYR WUD LO H LO IDVFLD GL RVFLOOD]LRQH GHL WDVVL ULPERUVDELOH LQ UDWH PHQVLOL FRPSRUWD XQ FRVWR FRPSOHVVLYR FRPSUHVR WUD &+) ŏ H &+) ,O WDVVR GŒLQWHUHVVH GLSHQGH GDOOD VROYLELOLW¢ GHO FOLHQWH $YYLVR VHFRQGR OD OHJJH OD FRQFHVVLRQH GL FUHGLWL ª YLHWDWD VH FRQGXFH D XQ LQGHELWDPHQWR HFFHVVLYR DUW /&6, &5(',7QRZ ª XQ PDUFKLR GL SURGRWWR GL %$1.QRZ 6$ +RUJHQ ROSELINA SALEMI H LA START-UP Valeria Mosca, 35 anni, ha fondato una start-up innovativa, Wood*ing, il suo laboratorio è a Seregno a cominciato da piccola, sotto la guida della nonna, raccogliendo la malva. Potrebbe essere un elfo dei boschi, abituata com’è a immergersi nella natura. Valeria Margherita Mosca, 35 anni, formazione antropologica, esperta di cibo spontaneo, già scoperta da alcuni chef, fa ricerca nel suo laboratorio di Seregno (Milano), ha fondato una start-up innovativa: Wood*ing e con lei collaborano anche un tossicologo, un biotecnologo e un’erborista. “Nel mio laboratorio i prodotti selvatici fanno invidia agli chef”, assicura. Ma perché fare foraging? “Il cibo selvatico è il massimo, quanto a sostenibilità. Non sono utilizzati combustibili fossili per lavorare la terra, seminare o raccogliere, né fertilizzanti, diserbanti o insetticidi. Meno dannoso per l’ecosistema, ma pure vantaggioso per la salute. Molti prodotti contengono più nutrienti di quelli coltivati.” Com’è cominciata l’avventura in cucina? “Dopo le ricerche sull’uso della corteccia nel pane, ho consigliato a un amico cuoco di utilizzare quella di betulla. L’ho ridotta a pezzettini, l’ho seccata e tostata nel forno a 180° per qualche minuto. Prima che il legno iniziasse a bruciare, l’ho tirata fuori: un profumo intenso e buonissimo ha invaso la stanza, come una calda brezza proveniente dal bosco. Per ottenere i biscotti ho ridotto in polvere la corteccia. Con la farina ho realizzato un unico grande biscotto, sbriciolato tiepido e servito con del gelato al latticello, le falde di alcuni cachi maturi e del miele al sale”. Obiettivo di Wood*ing? “Aprire la strada all’uso delle piante selvatiche alimentari dimenticate. Offriamo oltre 200 tipi di ingredienti in diverse stagioni e periodi dell’anno: foglie, steli, radici, fiori, semi, frutti, legni e cortecce di piante ed alberi, sia in purezza che lavorati in farine e conserve.” Che cosa piace di più? “I biscotti del bosco, con la corteccia di betulla, il succo di abete con acetosa e mele, le chips di faggio, e le insalate con le gemme.” Il foraging può essere un’impresa? “Per me è una passione, sto cercando di farlo diventare un lavoro.” 'D RJJL D GRPDQL VHQ]D ODYRUR SRVVR DVVLFXUDUH LO PLR FUHGLWR FRQWUR XQ HYHQWR GHO JHQHUH" 6® FRQ OD QRVWUD JDUDQ]LD GHO FUHGLWR 9 ,Q FDVR GL LQFDSDFLW¢ DO JXDGDJQR R GLVRFFXSD]LRQH 9 $VVXQ]LRQH GHOOH UDWH PHQVLOL 9 RSSXUH FUHGLWQRZFK 8QD VROX]LRQH VL WURYD VHPSUH