Palazzo Pandolfini Palazzo Pandolfini è uno dei più bei palazzi del tardo rinascimento a Firenze e si trova in via San Gallo, 74. Storia Prima del palazzo Il palazzo fu il primo ad essere costruito in questa parte della città, considerata periferica e in parte ancora destinata all'uso agricolo, sede soprattutto di ospedali e istituzioni religiose. Palazzo Pandolfini Dettaglio architettonico In quest'area esisteva infatti l'antico monastero di San Silvestro, abitato da monache benedettine dette le Santucce, che nel XV secolo era così in crisi da essere arrivato a contare una sola suora, perciò i suoi beni erano stati incamerati dal vicino monastero di Sant'Agata. L'edificio era invece passato alla compagnia dell'arcangelo Raffaello e, dal 1447, ai frati di Montesenario, i quali lo affittarono in parte (una casa con orto) a Giannozzo Pandolfini, vescovo di Troia (in Puglia) di origine fiorentina. Affezionatosi al luogo, usò il suo prestigio personale per ottenere da Papa Leone X una bolla (1515, durante la visita fiorentina del papa) e una breve (1520) che permettesse di vendere i beni ecclesiastici su via San Gallo (che appartenevano alla diocesi) a patto che fosse mantenuto il luogo consacrato dell'oratorio, che infatti venne inglobato nel palazzo come cappella privata, sebbene dotata anche di un ingresso esterno. Il progetto di Raffaello In quel tempo Raffaello Sanzio, secondo quanto riportato dal Vasari, fu incaricato di disegnare il progetto del palazzo (probabilmente tra il 1513 e il 1514), su richiesta personale del Pandolfini che aveva conosciuto il grande artista a Roma, quando soprintendeva alla fabbrica della basilica di San Pietro in Vaticano. L'amicizia del Pandolfini con il Papa, nata a Firenze quando il papa Medici era ancora cardinale, dovette anche aiutare nell'impresa. La costruzione iniziò già dal 1516. Raffaello però non poteva venire a Firenze a seguire i lavori, per cui inviò un suo assistente di fiducia, Giovanfrancesco da Sangallo. Nel 1525 Giannozzo Pandolfini morì lasciando il palazzo in eredità al nipote Ferdinando (o Ferrando), che aveva ottenuto anche l'incarico di vescovo di Troia nel 1522. Quando il Sangallo morì nel 1530 durante l'assedio di Firenze i lavori subirono un arresto temporaneo, e ripresero in seguito con la nomina a capo-architetto del fratello Bastiano da Sangallo detto Aristotile. Fu probabilmente un'iniziativa di Ferdinando la decorazione del fregio del cornicione del palazzo con un'iscrizione dedicata a Leone X e Clemente VII, in segno di gratitudine per i tanti favori ottenuti dai due papi medicei per sé e per conto di suo zio. Il giardino ed il palazzo per esempio erano stati arricchiti con statue, fontane con giochi d'acqua, donati da Leone X. Vi erano coltivati inoltre una grande quantità di fiori e piante. Ferdinando morì nel 1560 e il palazzo rimase in seguito di proprietà della famiglia, che lo possiede tutt'oggi. Il conte Alessio Pandolfini nella seconda metà del XIX secolo avviò un restauro generale dell'edificio, con l'abolizione dell'antico oratorio di San Silvestro. Sei e Settecento Veduta su via Salvestrina Il palazzo ebbe in città una sua singolare notorietà come centro di cultura, oltre che ai tempi di Ferrante, anche con Filippo (1600 circa), Roberto (1750 circa) ed altri membri della famiglia. Nel 1620 venne risistemato e allargato il giardino dal senatore Filippo Pandolfini, acquistando alcune proprietà confinanti. Alla fine del 1700 il così detto "ramo del Palazzo" della famiglia Pandolfini si sarebbe estinto se Eleonora, figlia di Agnolo Pandolfini, non avesse adottato il nipote Alessio Hitrof. Fu lei a far sistemare il giardino secondo la moda romantica dell'epoca e a far costruire una serra per custodire in inverno le collezioni di piante ornamentali. Con lei il palazzo tornò ad ospitare artisti e letterati come nel Rinascimento. Dall'Ottocento a oggi Prospetto interno del palazzo con la loggetta-limonaia Il giardino decorato da statue Dal 1870 al 1885 circa fu Alessio Pandolfini a procedere alla ristrutturazione del palazzo tramite l'architetto Cesare Fortini. Venne modificata la scala e fu sostituita la porta esterna dell'antico Oratorio di San Silvestro con una finestra uguale alle altre, così che il piccolo luogo di culto divenne esclusivamente la cappella privata di famiglia. In seguito l'edificio venne sconsacrato e vi fu costruito al suo posto un ingresso collegato all'androne del grande portale monumentale alla romana; gli arredi sacri vennero trasferiti nella vicina chiesa di San Giovanni dei Cavalieri. La moglie del Conte Alessio, Sofronia Stibbert, si dedicò all'abbellimento del giardino e divenne lei stessa un'esperta giardiniera. Sono famose le sue collezioni di camelie e cinerarie, di cui alcune rarità botaniche furono premiate alla fine dell'800 dalla Società Botanica dell'Orticultura. Il figlio Roberto per la moglie Beatrice Corsini costruì una serra per le orchidee sopra al giardino d'inverno, che fu l'ultima modifica apportata alla splendida residenza dei Pandolfini. A questo restauro ne sono seguiti altri due nel 1954/56 e nel 1994/96 per opera di Filippo Pandolfini padre degli attuali proprietari Roberto e Niccolò. Architettura Il palazzo è di impostazione tipicamente romana, ma adattata per la realtà di Firenze, con un insieme maestoso e solenne, ma al tempo stesso sobrio e armonico. Molto controversa è la questione di quanto il progetto del palazzo originale di Raffaello corrisponda all'aspetto odierno; può darsi che sia stato modificato dai Sangallo, ma anche che lo stesso urbinate avesse previsto l'originale soluzione di un palazzo a due soli piani (piano terra e piano nobile) invece dei canonici tre. Non è inoltre chiaro se il portale, che oggi dà sul giardino, dovesse trovarsi al centro di una facciata di dimensioni ben più grande, con un corpo di fabbrica di dimensioni raddoppiate. Lo stesso Vasari parlava di un progetto alla sua epoca incompleto. Inoltre la prima raffigurazione iconografica del palazzo come lo si vede oggi risale solo al 1779, mentre planimetrie più antiche non riportano una pianta come quella attuale. In ogni caso il fabbricato alla destra del portone non risale che ad un'aggiunta databile tra il 1731 e il 1783, che riprese lo stile della parte più antica. nonostante l'irregolarità il palazzo è degno di ammirazione, con la terrazza scoperta all'altezza del primo piano che dà respiro e ampiezza a un quartiere nobile non particolarmente vasto. Il bugnato in pietra serena e pietra bigia evidenzia gli spigoli, mentre la facciata principale, su via San Gallo, è intonacata color ocra, con i dettagli architettonici che vi "emergono" sottolineati dall'uso della pietra bigia: la serie delle eleganti finestre timpanate, e al primo piano dotate anche di balaustra e affiancate da semicolonnine; la cornice marcapiano, il fregio all'altezza delle architravi delle finestre e il maestoso cornicione, sotto il quale spicca l'iscrizione a lettere cubitali che si svolge lungo tutto il perimetro dell'edificio: « Iannoctius Pandolfinius. Eps. Troianus Leonis X et Clementis VII Pont. Max. Beneficiis Auctus a Fundamentis Erexit An. Sal. M.D.XX. » Un marcapiano decorato fascia senza soluzione di continuità la palazzina. Questo divide il piano nobile dal pian terreno sul lato a due livelli e costituisce l'appoggio visvo per la terrazza ed i balconcini sul lato destro della facciata. Sul portale a bugnato rustico si innalza un balcone più grande. La facciata interna del giardino è decorata da una loggia che rappresentava l'ingresso originario del palazzo. Molti dei pezzi del mobilio e delle decorazioni sono originali del Cinquecento. Il giardino Il giardino odierno Il giardino cinquecentesco è descritto dal poeta Benedetto Varicensio nel 1525, che parla di un ambiente ombroso decorato da una fontana con giochi d'acqua, un prato e alcuni alberi di arancio. Ai primi dell'Ottocento sopravviveva ancora l'impostazione come giardino all'italiana, articolato in due parti quadrangolari: una più piccola su via San Gallo e una più grande tra via Salvestrina e via Cavour. La vasca con puttino, elemento decorativo di raccordo tra le due sezioni, si trova oggi nell'atrio di ingresso del palazzo. Nel giardino "grande", diviso in quattro aiuole, esisteva una collinetta artificiale al centro, con un boschetto di cedri e limoni, una ragnaia di alloro e lecci, uno stanzone-limonaia, alberi da frutto e viti sistemate a spalliera. La trasformazione a parco all'inglese risale verosimilmente all'inizio del XIX secolo, dopo che Eleonora Pandolfini nel 1806 ne prese proprietà. La prima testimonianza del nuovo assetto risale al 1876, ma i lavori dovettero avvenire tra il 1830 e il 1840. Nel 1853 venne creato il giardino d'inverno, come una loggia chiusa da vetrate, tuttora addossato al muro di cinta lungo via Salvestrina. Oggi è dominato da un prato centrale, circondato da siepi ed alberi ad alto fusto, che nascondono i muri perimetrali, dal palazzo e dalla loggia della limonaia. Sull'asse del portone su via San Gallo si trovano una fila di statue decorative in marmo, con soggetti mitologici. Altre immagini Veduta esterna del giardino Battente della porta del giardino Bibliografia Sandra Carlini, Lara Mercanti, Giovanni Straffi, I Palazzi parte prima. Arte e storia degli edifici civili di Firenze, Alinea, Firenze 2001. Marcello Vannucci, Splendidi palazzi di Firenze, Le Lettere, Firenze 1995 ISBN 887166230X Toscana Esclusiva XIII edizione, Associazione Dimore Storiche Italiane, Sezione Toscana, 2008.