In un sistema economico nel quale è destinata a contrarsi la quota di valore aggiunto ad alta intensità di capitale tangibile, le possibilità di sviluppo e innovazione non possono che essere rappresentate dalla capacità di generare ricchezza dal capitale intangibile, investendo sulla conoscenza individuale e collettiva. Queste radici della ricchezza non sono solo elementi interni all’impresa. Essi sono strettamente collegati con il territorio e la comunità in cui l’impresa opera, perché è nel territorio e nelle comunità che si sedimentano storicamente i saperi e si realizzano quelle relazioni che consentono trasferimenti di conoscenza, in un processo osmotico di arricchimento reciproco (Quaderni della Fondazione Olivetti, n. 7-­‐2013) Pensando alle cose da dire per questo appuntamento mi è venuta voglia di fare una ricerca su Google con queste parole: incubatore discorso inaugurazione. E quel che usciva come risultati erano le graduatorie mondiali di riferimento nell’ambito dello sviluppo tecnologico che piazzavano gli incubatori italiani, la cui gestione è legata normalmente ai politecnici, al 4 posto (Torino) al 28° (Milano) e così via. Siamo ancora alle graduatorie: a chi è più bravo per n. di brevetti depositati, fatturato, dipendenti, e le solite cose insomma. Insomma siamo ormai quasi alla fine del 2013 e tutto sommato dei territori e delle loro caratterizzazioni non importa poi tanto, perché queste graduatorie sono stimate con valori che sulla carta riguardano le città, più o meno grandi. Non migliorano il posizionamento territoriale, la qualità della vita, ma sono solo performanti. Non interessa la cultura di provenienza, le reti locali, e quelle più estese, ma solo i dati numerici, il rapporto status/benefit che generano. Voi qui quanti brevetti fate? Nella mia testa non funziona così: le città italiane posseggono meno del 20% del territorio nazionale, il resto è fatto da piccole città, da microrealtà, da microimrpese, che non brevettano, che non inventano prodotti nuovi su scala industriale, che affidano la propria gestione d’impresa, quando va bene, ad un file di excel. Non siamo abbastanza urbani…. Un altro dato, che serve ad esemplificare lo scenario di oggi, e poi dico cosa facciamo: Marzo 2013: Esce un bando regionale rivolto alle imprese che finanzia con somme a fondo perduto, la realizzazione di contratti di rete tra almeno tre imprese. Benissimo. Il mio lavoro è stato quello di generare contratti di imprese tra le imprese che seguiamo e fare in modo che si candidassero per l’utilizzo di questo fondo. Un grandissimo incubatore della bergamasca invece ha fatto LUI un contratto di imprese con un spa e un’altra società di consulenza per l’utilizzo di quel fondo. Non so se è chiara la differenza. Piccole discrepanze sul concetto di vision e mission, potremmo dire così. Lodinnova nasce come centro servizi alle imprese a cui poi ha affiancato da quest’anno un incubatore di imprese. Ad oggi sono più di dieci le start up incubate, abbiamo anche in incubazione una rete di imprese, arriveremo quasi a 20 entro la fine dell’anno e solo nell’ultimo anno abbiamo servito più di 100 imprese. Come funziona: è una struttura grande, con annessa sala convegni e centro fieristico di 3000 metri. PRIMO PASSAGGIO: E’ una struttura snella: ci lavoriamo in due: io e il resp. Della struttura che si occupa della manutenzione dello stabile. Anziché avere costi come dipendenti dedicati, abbiamo scelto di aprire convenzioni con centri pubblici e privati per fare insieme quello che non sapevamo fare da soli. SECONDO PASSAGGIO: abbiamo realizzato che non ci interessava e non potevamo essere un incubatore stile politecnico, tutto brevetti e ricerca e ci siamo inventati un mestiere e una vocazione: la vocazione è fare l’incubatore territoriale: Lodinnova vuole essere un "luogo per la comunità" che può SOSTENERE le imprese che vogliono ed hanno i numeri per farcela, ma che opera con REALISMO nei confronti delle aziende che presentano oggettive difficoltà o fini non chiari. Il mestiere è stato quello di investire fortemente nell’accoglienza di imprese legate al terziario avanzato (logistica, formazione, consulenza d’impresa), brave nella comunicazione, nell’utilizzo dei social, perché TERZO PASSAGGIO: ci interessa fortemente crescere insieme. Questa è una scelta fondamentale, una logica strategica e non un ripiego. Con le nostre start up e non le spa esterne a noi. Con le nostre start up abbiamo avviato un percorso di reciproca conoscenza e utilità. Abbiamo realizzato un network che si chiama Lodi 3.0 polispecialistico: siamo bravi dal marketing alla finanza agevolata, dall’ufficio stampa alla comunicazione strategica al social web, eccetera. L’impresa cliente che viene da noi con un giro di sedie trova almeno l’80% di quello che cercava (ovvero: l’esperto di marketing, un parco aziende con cui potenzialmente fare rete, se va bene anche un contatto commerciale, l’esperto di finanza agevolata, il grafico pubblicitario che si occupa anche di comunicazione strategica, l’informatico sistemista che produce software ad hoc) e soprattutto un laboratorio di idee creative, nuove, potenzialmente efficaci. Le regole del network: serietà, prezzi equi, eticità, gestione comune del cliente, scambio, genesi di nuove idee. QUARTO PASSAGGIO: Ci siamo inventati uno strumento multimediale che ci permette di andare in onda sul web e comunicare quello che facciamo, come se fossimo un’emittente televisiva che contemporaneamente può accogliere in diretta chiunque abbia uno smartphone, un accoount skipe. Questo è il nostro laboratorio per la creazione di contenuti digitali fortemente innovativi. Accenderemo questa diretta multimediale tra una quindicina di giorni circa: tempi tecnici di installazione di una rete satellitare e siamo pronti. Per fare cosa? QUINTO PASSAGGIO: Per connettere spazi, luoghi, persone, relazioni, belle esperienze: ad esempio: facciamo una serie di trasmissione sullo sviluppo rurale, ed in diretta abbiamo la Fondazione Gal Oltrepo qualche altro soggetto istituzionale, ma anche contemporaneamente le imprese agricole di Varzi e noi di lodi per i possibili interessi comuni da sviluppare. Creiamo un network interessato alle tematiche sviluppate che ci segua durante le trasmissioni, ma anche dopo, perché CREIAMO PARTECIPAZIONE, perché tutto quello che faremo in diretta verrà poi elaborato come piccoli filmati che migreranno su you tube, sui portali/siti dei nostri partner, sui siti delle imprese che ospitiamo in trasmissione, sui siti istituzionali dei territori rappresentati, posizionando la nostra visibilità esattamente come si fa quando si posiziona un sito. Il tutto a costo zero. ZERO perché? SESTO PASSAGGIO: Perché lo facciamo con le nostre start up, nella duplice finalità di promuovere le loro abilità e competenze, e soprattutto per raccontare che si possono fare tante cose semplicemente accettando la sfida del BENE COLLETTIVO, del GRUPPO prima del SINGOLO, dello scambio delle IDEE prima del brevetto, del CO bisness, CO working, CO marketing. Dopo le nostre trasmissioni, tutte le tematiche affrontate si concluderanno con la realizzazione di una mezza giornata seminariale/conferenziale, che si terrà a Lodi, presso la nostra sala convegni e sarà quella l’occasione per conoscersi fisicamente , e per eventuali progetti futuri. Abbiamo una ulteriore ambizione: SETTIMO PASSAGGIO: non solo permettere alle start up di fare business con questo modello di intervento (fortemente centrato sulla metodologia della rete, che non è una parola magica, ma richiede tempo, metodo, rigore, semplicità e regole uguali per tutti, scambio, comunicazione, definizione di strategie comuni, ricerca di risultati comuni, gestione concertata del cliente, comunicazione condivisa. Non solo questo vogliamo fare, ma vogliamo utilizzare questa modalità di comunicazione multimediale come strategia di marketing territoriale. Vogliamo far incontrare i territori: Varzi e Lodi, da Sant’angelo lodigiano alla via del sale. Vogliamo promuovere i territori far mergere le eccellenze, la storia la ricchezza turistica enogastronomica e tutto quello che può essere utile per traghettare verso Expo. Non dobbiamo dimenticarci che siamo alle porte di Milano. Dobbiamo essere bravi ad attrarre, ad organizzare esperienze, percorsi, ad organizzare le reti locali per inventare e imparare a raccontare quel che il territorio esprime affinché gli altri siano interessati a noi e vengano a vedere le nostre meraviglie. Dobbiamo meravigliare. Non perché brevettiamo qualcosa di nuovo. Ma perché ci reinventiamo, ogni giorno, riscoprendo ciò che già ci appartiene: la nostra identità: il nostro saper fare, la nostra quotidianità, il nostro saper essere. Gli altri aspettano noi, siamo noi che dobbiamo essere pronti. Pronti al cambiamento. Che significa: valorizzare i punti di forza dei nostri territori e comunicarli. Questa è la sfida. Una delle sfide. OTTAVO PASSAGGIO Altra sfida: richiamare le istituzioni ad assumere i propri ruoli, ad essere dei partner attivi. Non so come vada qui da voi, ma da noi non è facile. In questo periodo di crisi politica, di cambiamenti strutturali (per esempio il ruolo delle provincie) i decisori politici sono fortemente in difficoltà nell’assunzione di strategie di lungo ma anche medio periodo. Si rischia di rimanere immobili troppo a lungo in attesa che un determinato piano di azione venga compreso, e poi gestito. E’ per questo che crediamo si debbano trovare soluzioni low cost ma capaci di generare sviluppo. Il web sicuramente è tra queste. Ma di per se non è un obiettivo, ma solo uno strumento, poi bisogna identificare delle strategie e delle finalità di utilizzo, altrimenti è una scatola vuota. Un ultimo appunto: la metodologia per fare tutto questo non l’abbiamo inventata: l’abbiamo semplicemente importata da un habitat in cui normalmente si lavora così: dal terzo settore, dal non profit, dal volontariato. Si chiama gratuità, cooperazione, gestione dei processi di rete, relazione educativa, perché, anche il peggiore dei business è fatto essenzialmente di persone e le persone sono prima di tutto sistemi relazionali. Se facciamo crescere le persone e permettiamo alle stesse di sviluppare relazioni significative, di senso, consentiamo alle stesse di generare imprese capaci di guardare al business come ad un risultato collettivo, che riguarda e interroga la collettività, intesa come valore da preservare e non solo come massa o target da sfruttare commercialmente. E si chiama anche generosità della condivisione che trova la sua dinamica di remunerazione in questa autostrada fatta appunto dall'accellerazione dei traguardi, dei contatti, delle vendite. La fatica non è scegliere se allinearsi in questa condivisione/generosità ma se restare indietro o iniziare a camminare con la velocità del resto del mondo