Indirizzi 2010 11ec - Trieste Iscrizioni online scuola

Riprendere i dialoghi
incontri e percorsi di formazione 2010/2011
2.o Piano Formativo Biennale
Area Educazione, Università e Ricerca
Comune di Trieste - Area Educazione, Università e Ricerca.
2° Piano Formativo Specialistico Biennale
“Riprendere i dialoghi
incontri e percorsi di formazione 2010/2011”
Indirizzi generali di piano
INDICE
Altre premesse
Capitolo 1- Un triennio alle spalle
Capitolo 2 - Contesti in decrescita: pensare una formazione ecologica
Capitolo 3 - Curiosità e sperimentazioni in tempi di crisi
Capitolo 4 - Scelte strategiche obiettivi priorità
Capitolo 5 - I progetti 2010/2011
Bibliografia e filmografia
ALTRE PREMESSE
Altre premesse, vale a dire che non ci sono più le premesse di prima.
Effettivamente, lo stato d’animo e lo stato delle cose riguardo alla formazione
sembrano decisamente cambiati rispetto al 2007 quando sono state avviate le
prime iniziative. Sono cambiati anche i presupposti su cui riprogettare.
Oltre queste affermazioni, però, non si può nascondere la doppia faccia di
tale differenza, anzi “alterità”, introducendo da subito la parola chiave del 2°
Piano Formativo Specialistico Biennale dell’Area Educazione, Università e Ricerca.
Da un lato, per chi ha la responsabilità e l’onere di costruire e realizzare un
Piano di Formazione, le basi sono state gettate, il ghiaccio rotto, gli effetti più che
incoraggianti. Sembra davvero che, dopo 3 anni, la formazione, per molti di noi,
sia vissuta spesso come una desiderabile, fidata compagna di viaggio.
Dall’altro, oltre il confine della nostra quotidianità, il mondo continua a
complicarsi, i segnali di difficoltà si moltiplicano, la vita dei servizi educativi e delle
persone in genere è quanto mai faticosa e incerta. Nascono, pertanto, dubbi su
ciò che siamo e su ciò che abbiamo costruito, dentro al paradigma occidentale.
Altre premesse dunque vanno individuate per traghettarci, in poco più di un
anno, verso un domani tutto da capire ma che, per quanto nebbioso, lancia per
chi sa coglierli incoraggianti segnali.
Ed è un po’ da qui che Riprendiamo i dialoghi, mantenendo l’approccio di
ricerca che ci ha contraddistinto nel primo triennio, cercando di accogliere per
quanto possibile le molteplici voci.
Il leit motiv del 2° Piano Formativo sarà quello della ricerca dell’”altro” come
altro da sé, dalla propria abitudine, dalla propria certezza consolidata. Un po’
come esercizio di surfing nel mondo “liquido”, un po’ per verificare lo stato di
salute dei modelli e dei presupposti a noi familiari che forse, a volte, vanno
ripensati, magari accogliendo quelli di chi ci sta semplicemente accanto.
Il 2° Piano Formativo (biennale per un necessario adeguamento con il Piano
Formativo di Ente del Comune di Trieste) presenterà due novità operative:
a.
b.
l’una, la possibilità per ciascuno di scegliere, entro certi limiti ed
entro il budget orario, i percorsi formativi ritenuti più interessanti;
l’altra, una sperimentazione attraverso il linguaggio visuale e
cinematografico, per esplorare le possibilità di uno strumento
tipico dei nostri tempi che sembra molto promettente per le
pratiche educative.
La finalità di un Piano Formativo di un’organizzazione va, tuttavia in questa
sede, ribadita: ed è quella di trasformare i concetti, le idee e le metodologie in
comportamenti concreti degli operatori attraverso le pratiche quotidiane. La
finalità di questo Piano è anche quella di contribuire a costruire una cultura
aziendale di Area attraverso la veicolazione di una visione d’insieme sulle “cose
da fare” e l’acquisizione di metodologie condivise che servono per rinforzare
l’azione dei servizi in una dimensione integrata delle scelte amministrative ed
educative.
In questo periodo storico in cui le Pubbliche Amministrazioni sono così
fortemente interessate da processi di cambiamento, dovendosene fare interpreti
e registi, non secondaria importanza hanno quelle iniziative formative tese a
rinforzare le capacità educative dei singoli (empowerment) e le capacità
performative di tutti i servizi educativi e amministrativi, anche attraverso la
consapevolezza che gli obiettivi di miglioramento possono essere raggiunti solo se,
definiti in partenza, sono misurabili sulla base di chiari indicatori e verificati nel
tempo (risultati).
Buona lettura e buon lavoro a tutti, quindi, ritrovando alla fine una perfetta
sintonia con le premesse del passato, appellandoci, anche per questa volta, alla
ragione e al sentimento.
Il Direttore
Enrico Conte
p.o. Formazione, Prog.Ped.,Comunicazione
Donatella Rocco
Il gruppo di lavoro della formazione
Antonella Brecel
Fabrizio Lauria
Consuelo Louvier
Maria Grazia Monti
Gabriella Postogna
Patrizia Sepich
Cristina Sirugo
Mariagrazia Stepan
Licia Terrone
Giacomo Todaro
Gabriella Zubelli
e allo staff
Luca Berti
Gabriella Bianchi
Giuliana Possa
Fulvia Rizzo
Fulvia Moscolin
Antonella Vento
Capitolo 1
Un triennio alle spalle
•
La verifica come strumento metodologico di riprogettazione
Il Gruppo Formazione conviene da subito che mettere mano ad un 2° Piano
Formativo richieda scelte di continuità e di discontinuità. Il Gruppo stesso si assesta
con nuovi membri, mantenendo integro il nucleo originario, che sarà l’elemento di
coesione in un anno, il 2010, contraddistinto da un percorso molto accidentato.
Alle idee di innovazione e sperimentazione, si affianca la chiara
consapevolezza di ripartire dall’esistente: le direzioni da sviluppare sono contenute
in gran parte nelle restituzioni fornite dai protagonisti delle formazioni nelle
numerose ricognizioni effettuate lungo tutti i tre anni.
Il rigore nel metodo ha infatti contraddistinto l’andamento del primo PF,
applicando con costanza e regolarità azioni di monitoraggio e verifica a tutte le
azioni formative.
Una regolare somministrazione di questionari di gradimento e l’elaborazione
dei rispettivi dati ha guidato nei tre anni di formazione le scelte del gruppo di
progetto, riorientando percorsi o confermando le valutazioni iniziali.
Lo strumento della verifica, considerato una fase fondamentale del metodo
progettuale e nella determinazione dei flussi dei processi di qualsiasi tipo, è stato
impegno e guida della progettualità del gruppo.
Attraverso l’analisi delle restituzioni dei partecipanti ai percorsi formativi, il
Gruppo Formazione ha potuto ipotizzare le nuove piste di lavoro. Ma un momento
critico e di particolare impatto anche metodologico sono state le realizzazioni di
focus group con il personale dell’Area Educazione. L’applicazione di questo
strumento di rilevazione qualitativa ha permesso di elicitare opinioni e orientamenti
significativi per la prosecuzione della formazione.
•
Questionari per capire
Il questionario di gradimento negli ultimi anni è uno dei reattivi più in voga in
campo economico, del marketing e in seguito nella pubblica amministrazione,
per misurare l’adeguatezza dell’offerta e riorientarla.
Naturalmente si tratta di uno strumento psicologico molto antico, di cui sono
noti gli indiscutibili vantaggi ma di cui vanno padroneggiati con grande
competenza gli evidenti limiti nella fase interpretativa (Anastasi, …..).
Una sapiente miscela di items aperti e chiusi limita la discrezionalità e la
fallibilità dello strumento, fornendo utili piste di riflessione a chi lo deve analizzare.
Nel corso del 1° triennio di formazione, ai 50 percorsi formativi realizzati sono
stati costantemente somministrati questionari standard (per un totale di ….
Questionari), di cui sono stati elaborati i dati quantitativi, con la conseguente
produzione di medie di gradimento (vedi Consuntivo dei Percorsi di formazione
2007 e 2008, disponibili anche su www.retecivica.trieste.it). Per quanto riguarda le
domande aperte, sono state prodotte delle sintesi utilizzate nel tavolo di
formazione per la ri progettazione e nelle discussioni di verifica dei percorsi.
Per il 2° Piano Formativo, viene proposta una versione del questionario
leggermente ritoccata, che si presume più indicativa per la fase di valutazione
successiva (vedi allegato).
Non c’è dubbio che, stando ai risultati, la prassi della verifica (utilizzando
strumenti sia qualitativi sia quantitativi) ha consentito un andamento fluido dei
percorsi di formazione rispetto alle aspettative dei destinatari.
Su un piano metodologico, la fase di verifica e valutazione è quindi un
passaggio ineliminabile nelle scelte strategiche, garantendo efficacia e
trasparenza alle decisioni. Sarebbe davvero auspicabile esportare questa prassi in
modo sistematico alle diverse iniziative di un’organizzazione.
•
I focus group raccontano: un metodo di ricerca qualitativa sul campo
Parlando di verifica dei percorsi formativi, grande efficacia e potenzialità
informativa (e formativa) sono state fornite dalla realizzazione di alcuni focus
group, con un campione rappresentativo della popolazione dell’Area Educazione
che ha partecipato alle iniziative dal 2007 fino al convegno del dicembre 2009.
I focus group, come noto, sono una tecnica di indagine qualitativa
delle scienze sociali ampiamente utilizzata per la ricognizione partecipata delle
valutazioni e opinioni di un gruppo sociale rispetto ad un tema dato (Zannoner,
Acocella)
Il campione è stato costruito (con la regia metodologica del Gruppo
Formazione) riportando in proporzione i circa
900 dipendenti dell’Area
Educazione, suddivisi nei diversi profili e nei diversi servizi, tenendo conto anche del
personale degli uffici.
Il gruppo così individuato, più ampio rispetto a quanto suggerisce la
letteratura sul tema, è risultato composto da circa 40 persone che hanno espresso
i vissuti e visioni personali e spesso dei gruppi di appartenenza rispetto a degli input
dati dai conduttori sul tema della formazione svolta.
I risultati di tale ricognizione alla fine riportano soddisfazione per il
percorso formativo nel suo complesso, con una grande attenzione a proseguire il
processo di conoscenza tra i servizi, attraverso progetti di scambio e con
metodologie attive. Tra i temi maggiormente sottolineati quello dell’intercultura.
Capitolo 2
Contesti in decrescita: pensare una formazione ecologica
•
Le nuove basi teoriche della formazione
“Il contributo più importante del sapere del XX secolo è stata la conoscenza
dei limiti della conoscenza. La più grande certezza …. è stata quella
dell’ineliminabilità delle incertezze… Una delle principali conseguenze di queste
due apparenti sconfitte, in realtà vere e proprie conquiste della mente umana, è
di metterci in condizione di affrontare le incertezze e più globalmente il destino
incerto di ciascun individuo e di tutta l’umanità” ( Morin, La testa ben fatta, 2003).
I riferimenti evocati parlano della rivoluzione epistemologica del ‘900, ovvero la
critica della razionalità strumentale e l’abbandono delle pretese di dominio sulla
natura da parte dell’uomo. Si tratta di un nuovo paradigma che ridiscute in modo
definitivo i presupposti del moderno pensiero scientifico.
L’incertezza a cui si allude è tema dei teorici della complessità, una visione del
reale che coltiva un pensiero multidimensionale, superando quello causalistico e
lineare (Maturana e Varela, Bateson, Bocchi e Ceruti).
Cambia profondamente il senso del conoscere, che sottolinea la sua funzione
di connessione tra le parti contro alla frammentarietà dei saperi; diviene legame
che dà senso. A ciò si riferisce Morin quando propugna una riforma della
conoscenza (e dell’insegnamento e della scuola) che altrimenti rischia di non
saper pensare la complessità e di creare infelicità.
Il superamento della fiducia illuministica in un progresso infinito, con le
aberrazioni prodotte dalla società occidentale, porta ad un approccio universale
ecologico, che tenga conto del contesto e includa globalmente la complessità
(Bruner, Gibson).
Nell’urgenza di attingere ad altri modelli, i critici del concetto di sviluppo
prospettano un’epoca della decrescita (Latouche) e della sobrietà e sufficienza
(Segrè ), concependo lo sviluppo solo come espansione delle libertà reali (Sen).
La prospettiva ecologica, oltre che essere multidisciplinare, è politica, nel
senso platonico di amore e cura per al polis, la comunità. Reintroduce inoltre la
dimensione etica, come condivisione di responsabilità, quale cittadino del
mondo, della conservazione degli equilibri del pianeta.
Ne I sette saperi necessari per l’educazione del futuro, infatti Morin include la
cittadinanza mondiale, ossia la dimensione terrestre e planetaria del vivere
attuale, che porta ad interrogarsi sui propri valori non più unici, facendo scaturire
un dialogo alla pari con le culture.
La società post - moderna è una società multiculturale: il pensiero ecologico è
inclusivo di tutte le culture, ricercandone in un continuo equilibrio le contiguità e
rispettando le differenze.
Il riferimento alla patria terrestre, il recupero dei legami con la natura,
l’importanza della relazionalità, il recupero della profondità storica e la dimensione
etica sanciscono pertanto in qualche forma un legame indissolubile con un
pensiero interculturale.
In questo panorama di nuove consapevolezze, emerge un nuovo modo di
pensare anche la formazione.
Più che dare tecniche, diventa centrale creare sfondi, leggere globalmente i
significati degli eventi, fornendo nuovi spunti per generare connessioni tra i saperi.
Diventa allora fondamentale mettere al centro il ruolo degli operatori e dei
servizi, il loro significato nella società attuale, determinando il sorgere di nuovi e
molteplici punti di vista attraverso il confronto di diverse modalità educative.
Nella pedagogia sociale, la formazione assume il ruolo di sfida alla società
del disincanto, sollecitando una presa di coscienza collettiva e individuale per la
tutela aei diritti del cittadino globale (Cambi e al.).
•
Metodo etnografico e ricerca educativa: una proposta di formazione
Negli ultimi anni si sta osservando uno sviluppo molto rapido della pedagogia
culturale, un approccio di ricerca educativa sul campo che osserva, registra e
interpreta modelli di realtà diverse da quella di appartenenza. Il presupposto di
questa disciplina è di tipo egualitario, mettendo tutte le culture sullo stesso piano,
riflettendo così l’atteggiamento dell’etnologo e dell’antropologo.
Il metodo etnografico rappresenta un approccio ampiamente utilizzato nelle
ricerche sul campo riguardo lo sviluppo umano. L’accezione etnografico indica
un’indagine empirica che illustra e descrive la vita quotidiana in contesti naturali.
Il fulcro ruota attorno la dimensione dei significati: il problema di fondo della
ricerca etnografica è capire che cosa significano per i protagonisti le azioni e i
comportamenti osservati.
La ricerca educativa fa ricorso al metodo etnografico quando vuole studiare
dall’interno i meccanismi che regolano le interazioni tra gli individui e i gruppi per
comprendere le regole tacite e i modelli che li orientano. Il ricercatore etnologo
osserva, filma, descrive, registra, documenta, prende appunti, partecipando ai
fenomeni e quindi discutendo con i protagonisti ciò che ha visto.
Un percorso di ricerca educativa con il metodo etnografico usa i materiali
osservativi come un reattivo per riflettere, spiegarsi, interpretare: un esercizio di
antropologia interpretativa e dialogica sul campo, che contiene inevitabilmente
un approccio multiculturale.
Ne è un esempio la ricerca svolta da Tobin e al. (2000) sul confonto di tre servizi
educativi in tre paesi del mondo.
Analizzandone l’obiettivo formativo, tale approccio induce il ripensare alla
propria esperienza di educatore/genitore/adulto e a interrogarsi sulla validità delle
proprie convinzioni, che come dice Susanna Mantovani nell’introduzione al libro
“ci sorprenderanno esser meno universali di quanto ci piacerebbe”. Tale metodo
pertanto rappresenta un esercizio di revisione critica e di approfondimento per
accostarsi attivamente al diverso attraverso una curiosità critica e una passione
per il confronto.
Capitolo 3
Curiosità e sperimentazioni in tempi di crisi
In momenti in cui scarseggiano le risorse, è bene accelerare gli investimenti
su innovazione e sperimentazione.
Il 2° Piano della Formazione ne propone due: l’introduzione delle tecniche
visuali e filmiche, e una diversa visione per il coordinamento pedagogico del
futuro.
•
Cinema e tecniche visuali per la formazione
Il cinema è un’arte dei nostri giorni con una indiscutibile capacità di
fascinazione; ed è anche a questo che si deve la sua potenzialità nel campo della
formazione.
La proiezione di un film può essere usata per introdurre o complessificare una
tematica, aprire prospettive e suscitare interrogativi, forse più che dare risposte.
La ricchezza pedagogica di tale approccio consiste nell’utilizzare la complessità di
piani messi in gioco da un film per esplorare, in modo consapevole e guidato,
possibilità interpretative e chiavi di lettura. Esaurita la fase di “accecamento”
(Mottana), la ricaduta formativa avviene quando si attua una riflessione critico –
espressiva sull’esperienza.
Il cinema dunque è un potente strumento di formazione, sia per la
preparazione professionale sia in termini di formazione umana, come una prassi
del tutto consolidata (Agosti, Mancino).
Il 2° Piano Formativo pertanto propone alcune esperienze sperimentali,
associando 8 seminari tematici ad una sollecitazione attraverso la visione guidata
di film.
Un aspetto leggermente diverso si lega alle altre forme di tecnologia visuale,
anch’esse largamente usate nelle ricerche sul campo di tipo educativo e
pedagogico, ma anche antropologico ed etnografico.
Si tratta per lo più dell’utilizzo del video come reattivo per creare momenti di
confronto e riflessione su un tema dato, sia con la costruzione di video ad hoc, sia
con l’analisi di video documentali già realizzati. Utilizzata in campo formativo,
promuove un’idea di formazione come maturazione di competenze e sensibilità
basate sul dialogo tra ipotesi e interpretazioni, ragionando insieme sui propri e sugli
altri modelli.
Sono molte e molto ricche le tecniche sollecitate dall’utilizzo della
videoregistrazione: una delle più feconde in campo educativo è
l’interosservazione, ossia la condivisione in un gruppo di formazione delle proprie
descrizioni su una visione, in modo da confrontare e via via negoziare un
significato dell’evento osservato (Bozzi).
Le tecniche visuali e filmiche consentono inoltre di espandere le potenzialità
dell’osservazione sul campo, registrando eventi che in questo modo possono
essere ripetuti e quindi analizzati più volte.
•
I coordinatori pedagogici
Se una visione ecologica privilegia una lettura del reale in connessione tra
individuo e ambiente, non si può ignorare che i circa 30 coordinatori pedagogici
dell’Area Educazione saranno oggetto, in un futuro molto prossimo, di un
ripensamento del loro ruolo, davanti ad una prospettiva di gestione di servizi
sempre più complessa.
Tutto fa pensare ad un sistema che dovrà entro breve rideterminare alcune
delle prassi e dei saperi che contraddistinguono attualmente le competenze del
cp.
A tale scopo, per tentare di far fronte alla crescente incertezza, è stata co –
progettata, in due focus group con tutti i coordinatori pedagogici (aprile/giugno
2010), una proposta formativa partecipata, che miri a rinforzare alcuni snodi critici
legati a possibili sviluppi organizzativi e professionali.
Gli orientamenti emersi indicano quattro principali direzioni, a cui
corrispondono altrettante azion formative:
a.
un aggiornamento di base delle conoscenze psico – pedagogiche;
b.
il rafforzamento delle competenze comunicative assertive;
c.
l’approfondimento di temi attinenti all’evoluzione della p.a.;
d.
un confronto con altri sistemi educativi.
In tempi di provvisorietà liquida, è saggio attrezzarsi nel modo migliore e
predisporsi positivamente al cambiamento.
Capitolo 4
Scelte strategiche obiettivi priorità
a. FINALITA’ COMPLESSIVE E VISIONI STRATEGICHE
1. Trasversalità del sistema dei servizi educativi 0/25
2. Qualità e innovazione del sistema dei servizi educativi
3. Costruzione del senso di appartenenza degli operatori all’Area e
condivisione dei valori/missiondell’organizzazione
4. Formazione come risorsa e valorizzazione delle risorse umane
5. Promozione all’esterno dei servizi educativi comunali
b. OBIETTIVI FORMATIVI
1. dialogare tra le pluralità – incontri e scambi sui territori
•
•
•
•
•
interazione tra i 4 servizi
interazione dei linguaggi tecnici
interazione generazionale
interazione con territorio,comunità e culture
interazione con il sistema familiare
2. dialogare facendo – il laboratorio, gli scambi e la prassi
educativa come formazione
3. connessione alla progettualità dei servizi e del territorio
c. METODOLOGIE
1. cinema – metodologie visuali da utilizzare nelle loro potenzialità formative,
secondo i più recenti studi pedagogici ed etno – antropologici
2. laboratori espressivi
3. visite, scambi, confronti
4. formazione interna
5. formazione integrata tra ruoli amministrativi e pedagogici
6. e - learning
7. connessione con Gruppo Nazionale e territoriale Nidi Infanzia
d. TARGET
1. personale interno dei servizi educativi 0/25
2. personale amministrativo
3. personale dei servizi educativi 0/25 e scolastico del territorio provinciale e
regionale (privato, statale, ecc.)
4. agenzie del territorio (area PPS, ASS n. 1, ecc.)
5. regione, Slovenia, Croazia, Austria
e. AREE TEMATICHE
1. intercultura e didattiche interculturali
2. area psico – pedagogica
3. cultura aziendale ed empowerment
4. coordinamento pedagogico
5. prevenzione dell’abuso/maltrattamento
6. disabilità, prevenzione disturbi apprendimento
7. sicurezza D Lgs 81/08
8. attività ludico - sportive
9. sviluppo emotivo
10. passaggio generazionale
Capitolo 5
I percorsi formativi 2010/2011
Bibliografia
Acocella I., Il focus group. Teoria e tecnica, FrancoAngeli, Milano, 2007
Agosti A., Il cinema per la formazione. Argomentazione pedagogiche e
indicazione didattiche, FrancoAngeli, Milano 2004
Allam F., Calopresti M., Come difendersi dal razzismo, Giudizio Universale, Torino,
2010
Augè M., Il mestiere dell’antropologo, Bollati Boringhieri, Torino, 2006
Baricco A., I barbari, Feltrinelli, Milano, 2006
Bocchi G. , Ceruti M., (a cura di), La sfida della complessità, Feltrinelli, Milano,1985
Bove C., Ricerca educativa e formazione, FrancoAngeli, Milano, 2009
Bronfenbrenner U., Ecologia dello sviluppo umano, Il Mulino, Bologna, 1986
Bruner J., La ricerca del significato, Bollati Boringhieri, Torino, 1992
Latouche S., La decrescita felice, Feltrinelli, Milano, 2007.
Cambi F., Certini R., Nesti R., Dimensioni della pedagogia sociale, Carocci, 2010
Contini M.G., Il gruppo educativo. Luogo di scontri e di apprendimento, Carocci,
Roma, 2000
Gobbo F., Pedagogia interculturale, Carocci, Roma, 2000
Kanitsa S., Che ne pensi? L’intervista nella pratica didattica, Carocci, Roma, 1992
Mancino E.,
Morin E., La testa ben fatta, Raffaello Cortina ed., Milano, 2000
Morin E., I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina ed.,
Milano, 2001
Morin E., Oltre l’abisso, Armando ed., Roma, 2010
New R., Mantovani S., Concepts of Community, Civic Participation and Social
Responsibility. Childcare as a Metaphor, Progetto di ricerca, Spencer Foundation,
1998/1999
Pennacini C., Filmare le culture. Un’introduzione all’antropologia visiva, Carocci,
Roma, 2005
Quaglino G.P., Casagrande S., Castellano A., Gruppo di lavoro, lavoro di gruppo,
Raffaello Cortina, Milano, 1992
Rogoff B., La natura culturale dello sviluppo, Raffaello Cortina ed. Milano, 2004
Rogoff B., Imparando a pensare: l’apprendimento guidato nei contesti culturali,
Raffaello Cortina ed. Milano, 2006
Sclavi M., Arte di ascoltare e mondi possibili, B. Mondadori, Milano, 2003
Segrè A., Lezioni di eco – stile: vivere, crescere, consumare, B. Mondadori, 2010
Sen A., Lo sviluppo è libertà, A. Mondadori ed. Milano, 2000
Tobin J.J., Wu D., Davidson D.H., Infanzia in tre culture, Raffaello Cortina ed. Milano,
2000
Zammuner V. L., I focus group, Il Mulino, Bologna, 2003
Filmografia
Lamerica (1994), di G. Amelio
Vai e vivrai (2005) di Radu Mihaileanu
La terra dell’abbondanza (2004), di W. Wenders
La giusta distanza, (2007), di C. Mazzacurati
L’ospite inatteso, (2007), di T. Mc Carthy
… e molti altri
Comune di Trieste
Area Educazione, Università e Ricerca
Ufficio Formazione, Progetti Pedagogici e Comunicazione
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Fulvia Moscolin, tel. 040 675 8328, [email protected]
Antonella Vento, tel. 040 6574685, [email protected]