Riprendere i dialoghi incontri e percorsi di formazione 2010/2011 2.o Piano Formativo Biennale Area Educazione, Università e Ricerca Comune di Trieste - Area Educazione, Università e Ricerca. 2° Piano Formativo Specialistico Biennale “Riprendere i dialoghi incontri e percorsi di formazione 2010/2011” Indirizzi generali di piano INDICE Altre premesse Capitolo 1- Un triennio alle spalle Capitolo 2 - Contesti in decrescita: pensare una formazione ecologica Capitolo 3 - Curiosità e sperimentazioni in tempi di crisi Capitolo 4 - Scelte strategiche obiettivi priorità Capitolo 5 - I progetti 2010/2011 Bibliografia e filmografia ALTRE PREMESSE Altre premesse, vale a dire che non ci sono più le premesse di prima. Effettivamente, lo stato d’animo e lo stato delle cose riguardo alla formazione sembrano decisamente cambiati rispetto al 2007 quando sono state avviate le prime iniziative. Sono cambiati anche i presupposti su cui riprogettare. Oltre queste affermazioni, però, non si può nascondere la doppia faccia di tale differenza, anzi “alterità”, introducendo da subito la parola chiave del 2° Piano Formativo Specialistico Biennale dell’Area Educazione, Università e Ricerca. Da un lato, per chi ha la responsabilità e l’onere di costruire e realizzare un Piano di Formazione, le basi sono state gettate, il ghiaccio rotto, gli effetti più che incoraggianti. Sembra davvero che, dopo 3 anni, la formazione, per molti di noi, sia vissuta spesso come una desiderabile, fidata compagna di viaggio. Dall’altro, oltre il confine della nostra quotidianità, il mondo continua a complicarsi, i segnali di difficoltà si moltiplicano, la vita dei servizi educativi e delle persone in genere è quanto mai faticosa e incerta. Nascono, pertanto, dubbi su ciò che siamo e su ciò che abbiamo costruito, dentro al paradigma occidentale. Altre premesse dunque vanno individuate per traghettarci, in poco più di un anno, verso un domani tutto da capire ma che, per quanto nebbioso, lancia per chi sa coglierli incoraggianti segnali. Ed è un po’ da qui che Riprendiamo i dialoghi, mantenendo l’approccio di ricerca che ci ha contraddistinto nel primo triennio, cercando di accogliere per quanto possibile le molteplici voci. Il leit motiv del 2° Piano Formativo sarà quello della ricerca dell’”altro” come altro da sé, dalla propria abitudine, dalla propria certezza consolidata. Un po’ come esercizio di surfing nel mondo “liquido”, un po’ per verificare lo stato di salute dei modelli e dei presupposti a noi familiari che forse, a volte, vanno ripensati, magari accogliendo quelli di chi ci sta semplicemente accanto. Il 2° Piano Formativo (biennale per un necessario adeguamento con il Piano Formativo di Ente del Comune di Trieste) presenterà due novità operative: a. b. l’una, la possibilità per ciascuno di scegliere, entro certi limiti ed entro il budget orario, i percorsi formativi ritenuti più interessanti; l’altra, una sperimentazione attraverso il linguaggio visuale e cinematografico, per esplorare le possibilità di uno strumento tipico dei nostri tempi che sembra molto promettente per le pratiche educative. La finalità di un Piano Formativo di un’organizzazione va, tuttavia in questa sede, ribadita: ed è quella di trasformare i concetti, le idee e le metodologie in comportamenti concreti degli operatori attraverso le pratiche quotidiane. La finalità di questo Piano è anche quella di contribuire a costruire una cultura aziendale di Area attraverso la veicolazione di una visione d’insieme sulle “cose da fare” e l’acquisizione di metodologie condivise che servono per rinforzare l’azione dei servizi in una dimensione integrata delle scelte amministrative ed educative. In questo periodo storico in cui le Pubbliche Amministrazioni sono così fortemente interessate da processi di cambiamento, dovendosene fare interpreti e registi, non secondaria importanza hanno quelle iniziative formative tese a rinforzare le capacità educative dei singoli (empowerment) e le capacità performative di tutti i servizi educativi e amministrativi, anche attraverso la consapevolezza che gli obiettivi di miglioramento possono essere raggiunti solo se, definiti in partenza, sono misurabili sulla base di chiari indicatori e verificati nel tempo (risultati). Buona lettura e buon lavoro a tutti, quindi, ritrovando alla fine una perfetta sintonia con le premesse del passato, appellandoci, anche per questa volta, alla ragione e al sentimento. Il Direttore Enrico Conte p.o. Formazione, Prog.Ped.,Comunicazione Donatella Rocco Il gruppo di lavoro della formazione Antonella Brecel Fabrizio Lauria Consuelo Louvier Maria Grazia Monti Gabriella Postogna Patrizia Sepich Cristina Sirugo Mariagrazia Stepan Licia Terrone Giacomo Todaro Gabriella Zubelli e allo staff Luca Berti Gabriella Bianchi Giuliana Possa Fulvia Rizzo Fulvia Moscolin Antonella Vento Capitolo 1 Un triennio alle spalle • La verifica come strumento metodologico di riprogettazione Il Gruppo Formazione conviene da subito che mettere mano ad un 2° Piano Formativo richieda scelte di continuità e di discontinuità. Il Gruppo stesso si assesta con nuovi membri, mantenendo integro il nucleo originario, che sarà l’elemento di coesione in un anno, il 2010, contraddistinto da un percorso molto accidentato. Alle idee di innovazione e sperimentazione, si affianca la chiara consapevolezza di ripartire dall’esistente: le direzioni da sviluppare sono contenute in gran parte nelle restituzioni fornite dai protagonisti delle formazioni nelle numerose ricognizioni effettuate lungo tutti i tre anni. Il rigore nel metodo ha infatti contraddistinto l’andamento del primo PF, applicando con costanza e regolarità azioni di monitoraggio e verifica a tutte le azioni formative. Una regolare somministrazione di questionari di gradimento e l’elaborazione dei rispettivi dati ha guidato nei tre anni di formazione le scelte del gruppo di progetto, riorientando percorsi o confermando le valutazioni iniziali. Lo strumento della verifica, considerato una fase fondamentale del metodo progettuale e nella determinazione dei flussi dei processi di qualsiasi tipo, è stato impegno e guida della progettualità del gruppo. Attraverso l’analisi delle restituzioni dei partecipanti ai percorsi formativi, il Gruppo Formazione ha potuto ipotizzare le nuove piste di lavoro. Ma un momento critico e di particolare impatto anche metodologico sono state le realizzazioni di focus group con il personale dell’Area Educazione. L’applicazione di questo strumento di rilevazione qualitativa ha permesso di elicitare opinioni e orientamenti significativi per la prosecuzione della formazione. • Questionari per capire Il questionario di gradimento negli ultimi anni è uno dei reattivi più in voga in campo economico, del marketing e in seguito nella pubblica amministrazione, per misurare l’adeguatezza dell’offerta e riorientarla. Naturalmente si tratta di uno strumento psicologico molto antico, di cui sono noti gli indiscutibili vantaggi ma di cui vanno padroneggiati con grande competenza gli evidenti limiti nella fase interpretativa (Anastasi, …..). Una sapiente miscela di items aperti e chiusi limita la discrezionalità e la fallibilità dello strumento, fornendo utili piste di riflessione a chi lo deve analizzare. Nel corso del 1° triennio di formazione, ai 50 percorsi formativi realizzati sono stati costantemente somministrati questionari standard (per un totale di …. Questionari), di cui sono stati elaborati i dati quantitativi, con la conseguente produzione di medie di gradimento (vedi Consuntivo dei Percorsi di formazione 2007 e 2008, disponibili anche su www.retecivica.trieste.it). Per quanto riguarda le domande aperte, sono state prodotte delle sintesi utilizzate nel tavolo di formazione per la ri progettazione e nelle discussioni di verifica dei percorsi. Per il 2° Piano Formativo, viene proposta una versione del questionario leggermente ritoccata, che si presume più indicativa per la fase di valutazione successiva (vedi allegato). Non c’è dubbio che, stando ai risultati, la prassi della verifica (utilizzando strumenti sia qualitativi sia quantitativi) ha consentito un andamento fluido dei percorsi di formazione rispetto alle aspettative dei destinatari. Su un piano metodologico, la fase di verifica e valutazione è quindi un passaggio ineliminabile nelle scelte strategiche, garantendo efficacia e trasparenza alle decisioni. Sarebbe davvero auspicabile esportare questa prassi in modo sistematico alle diverse iniziative di un’organizzazione. • I focus group raccontano: un metodo di ricerca qualitativa sul campo Parlando di verifica dei percorsi formativi, grande efficacia e potenzialità informativa (e formativa) sono state fornite dalla realizzazione di alcuni focus group, con un campione rappresentativo della popolazione dell’Area Educazione che ha partecipato alle iniziative dal 2007 fino al convegno del dicembre 2009. I focus group, come noto, sono una tecnica di indagine qualitativa delle scienze sociali ampiamente utilizzata per la ricognizione partecipata delle valutazioni e opinioni di un gruppo sociale rispetto ad un tema dato (Zannoner, Acocella) Il campione è stato costruito (con la regia metodologica del Gruppo Formazione) riportando in proporzione i circa 900 dipendenti dell’Area Educazione, suddivisi nei diversi profili e nei diversi servizi, tenendo conto anche del personale degli uffici. Il gruppo così individuato, più ampio rispetto a quanto suggerisce la letteratura sul tema, è risultato composto da circa 40 persone che hanno espresso i vissuti e visioni personali e spesso dei gruppi di appartenenza rispetto a degli input dati dai conduttori sul tema della formazione svolta. I risultati di tale ricognizione alla fine riportano soddisfazione per il percorso formativo nel suo complesso, con una grande attenzione a proseguire il processo di conoscenza tra i servizi, attraverso progetti di scambio e con metodologie attive. Tra i temi maggiormente sottolineati quello dell’intercultura. Capitolo 2 Contesti in decrescita: pensare una formazione ecologica • Le nuove basi teoriche della formazione “Il contributo più importante del sapere del XX secolo è stata la conoscenza dei limiti della conoscenza. La più grande certezza …. è stata quella dell’ineliminabilità delle incertezze… Una delle principali conseguenze di queste due apparenti sconfitte, in realtà vere e proprie conquiste della mente umana, è di metterci in condizione di affrontare le incertezze e più globalmente il destino incerto di ciascun individuo e di tutta l’umanità” ( Morin, La testa ben fatta, 2003). I riferimenti evocati parlano della rivoluzione epistemologica del ‘900, ovvero la critica della razionalità strumentale e l’abbandono delle pretese di dominio sulla natura da parte dell’uomo. Si tratta di un nuovo paradigma che ridiscute in modo definitivo i presupposti del moderno pensiero scientifico. L’incertezza a cui si allude è tema dei teorici della complessità, una visione del reale che coltiva un pensiero multidimensionale, superando quello causalistico e lineare (Maturana e Varela, Bateson, Bocchi e Ceruti). Cambia profondamente il senso del conoscere, che sottolinea la sua funzione di connessione tra le parti contro alla frammentarietà dei saperi; diviene legame che dà senso. A ciò si riferisce Morin quando propugna una riforma della conoscenza (e dell’insegnamento e della scuola) che altrimenti rischia di non saper pensare la complessità e di creare infelicità. Il superamento della fiducia illuministica in un progresso infinito, con le aberrazioni prodotte dalla società occidentale, porta ad un approccio universale ecologico, che tenga conto del contesto e includa globalmente la complessità (Bruner, Gibson). Nell’urgenza di attingere ad altri modelli, i critici del concetto di sviluppo prospettano un’epoca della decrescita (Latouche) e della sobrietà e sufficienza (Segrè ), concependo lo sviluppo solo come espansione delle libertà reali (Sen). La prospettiva ecologica, oltre che essere multidisciplinare, è politica, nel senso platonico di amore e cura per al polis, la comunità. Reintroduce inoltre la dimensione etica, come condivisione di responsabilità, quale cittadino del mondo, della conservazione degli equilibri del pianeta. Ne I sette saperi necessari per l’educazione del futuro, infatti Morin include la cittadinanza mondiale, ossia la dimensione terrestre e planetaria del vivere attuale, che porta ad interrogarsi sui propri valori non più unici, facendo scaturire un dialogo alla pari con le culture. La società post - moderna è una società multiculturale: il pensiero ecologico è inclusivo di tutte le culture, ricercandone in un continuo equilibrio le contiguità e rispettando le differenze. Il riferimento alla patria terrestre, il recupero dei legami con la natura, l’importanza della relazionalità, il recupero della profondità storica e la dimensione etica sanciscono pertanto in qualche forma un legame indissolubile con un pensiero interculturale. In questo panorama di nuove consapevolezze, emerge un nuovo modo di pensare anche la formazione. Più che dare tecniche, diventa centrale creare sfondi, leggere globalmente i significati degli eventi, fornendo nuovi spunti per generare connessioni tra i saperi. Diventa allora fondamentale mettere al centro il ruolo degli operatori e dei servizi, il loro significato nella società attuale, determinando il sorgere di nuovi e molteplici punti di vista attraverso il confronto di diverse modalità educative. Nella pedagogia sociale, la formazione assume il ruolo di sfida alla società del disincanto, sollecitando una presa di coscienza collettiva e individuale per la tutela aei diritti del cittadino globale (Cambi e al.). • Metodo etnografico e ricerca educativa: una proposta di formazione Negli ultimi anni si sta osservando uno sviluppo molto rapido della pedagogia culturale, un approccio di ricerca educativa sul campo che osserva, registra e interpreta modelli di realtà diverse da quella di appartenenza. Il presupposto di questa disciplina è di tipo egualitario, mettendo tutte le culture sullo stesso piano, riflettendo così l’atteggiamento dell’etnologo e dell’antropologo. Il metodo etnografico rappresenta un approccio ampiamente utilizzato nelle ricerche sul campo riguardo lo sviluppo umano. L’accezione etnografico indica un’indagine empirica che illustra e descrive la vita quotidiana in contesti naturali. Il fulcro ruota attorno la dimensione dei significati: il problema di fondo della ricerca etnografica è capire che cosa significano per i protagonisti le azioni e i comportamenti osservati. La ricerca educativa fa ricorso al metodo etnografico quando vuole studiare dall’interno i meccanismi che regolano le interazioni tra gli individui e i gruppi per comprendere le regole tacite e i modelli che li orientano. Il ricercatore etnologo osserva, filma, descrive, registra, documenta, prende appunti, partecipando ai fenomeni e quindi discutendo con i protagonisti ciò che ha visto. Un percorso di ricerca educativa con il metodo etnografico usa i materiali osservativi come un reattivo per riflettere, spiegarsi, interpretare: un esercizio di antropologia interpretativa e dialogica sul campo, che contiene inevitabilmente un approccio multiculturale. Ne è un esempio la ricerca svolta da Tobin e al. (2000) sul confonto di tre servizi educativi in tre paesi del mondo. Analizzandone l’obiettivo formativo, tale approccio induce il ripensare alla propria esperienza di educatore/genitore/adulto e a interrogarsi sulla validità delle proprie convinzioni, che come dice Susanna Mantovani nell’introduzione al libro “ci sorprenderanno esser meno universali di quanto ci piacerebbe”. Tale metodo pertanto rappresenta un esercizio di revisione critica e di approfondimento per accostarsi attivamente al diverso attraverso una curiosità critica e una passione per il confronto. Capitolo 3 Curiosità e sperimentazioni in tempi di crisi In momenti in cui scarseggiano le risorse, è bene accelerare gli investimenti su innovazione e sperimentazione. Il 2° Piano della Formazione ne propone due: l’introduzione delle tecniche visuali e filmiche, e una diversa visione per il coordinamento pedagogico del futuro. • Cinema e tecniche visuali per la formazione Il cinema è un’arte dei nostri giorni con una indiscutibile capacità di fascinazione; ed è anche a questo che si deve la sua potenzialità nel campo della formazione. La proiezione di un film può essere usata per introdurre o complessificare una tematica, aprire prospettive e suscitare interrogativi, forse più che dare risposte. La ricchezza pedagogica di tale approccio consiste nell’utilizzare la complessità di piani messi in gioco da un film per esplorare, in modo consapevole e guidato, possibilità interpretative e chiavi di lettura. Esaurita la fase di “accecamento” (Mottana), la ricaduta formativa avviene quando si attua una riflessione critico – espressiva sull’esperienza. Il cinema dunque è un potente strumento di formazione, sia per la preparazione professionale sia in termini di formazione umana, come una prassi del tutto consolidata (Agosti, Mancino). Il 2° Piano Formativo pertanto propone alcune esperienze sperimentali, associando 8 seminari tematici ad una sollecitazione attraverso la visione guidata di film. Un aspetto leggermente diverso si lega alle altre forme di tecnologia visuale, anch’esse largamente usate nelle ricerche sul campo di tipo educativo e pedagogico, ma anche antropologico ed etnografico. Si tratta per lo più dell’utilizzo del video come reattivo per creare momenti di confronto e riflessione su un tema dato, sia con la costruzione di video ad hoc, sia con l’analisi di video documentali già realizzati. Utilizzata in campo formativo, promuove un’idea di formazione come maturazione di competenze e sensibilità basate sul dialogo tra ipotesi e interpretazioni, ragionando insieme sui propri e sugli altri modelli. Sono molte e molto ricche le tecniche sollecitate dall’utilizzo della videoregistrazione: una delle più feconde in campo educativo è l’interosservazione, ossia la condivisione in un gruppo di formazione delle proprie descrizioni su una visione, in modo da confrontare e via via negoziare un significato dell’evento osservato (Bozzi). Le tecniche visuali e filmiche consentono inoltre di espandere le potenzialità dell’osservazione sul campo, registrando eventi che in questo modo possono essere ripetuti e quindi analizzati più volte. • I coordinatori pedagogici Se una visione ecologica privilegia una lettura del reale in connessione tra individuo e ambiente, non si può ignorare che i circa 30 coordinatori pedagogici dell’Area Educazione saranno oggetto, in un futuro molto prossimo, di un ripensamento del loro ruolo, davanti ad una prospettiva di gestione di servizi sempre più complessa. Tutto fa pensare ad un sistema che dovrà entro breve rideterminare alcune delle prassi e dei saperi che contraddistinguono attualmente le competenze del cp. A tale scopo, per tentare di far fronte alla crescente incertezza, è stata co – progettata, in due focus group con tutti i coordinatori pedagogici (aprile/giugno 2010), una proposta formativa partecipata, che miri a rinforzare alcuni snodi critici legati a possibili sviluppi organizzativi e professionali. Gli orientamenti emersi indicano quattro principali direzioni, a cui corrispondono altrettante azion formative: a. un aggiornamento di base delle conoscenze psico – pedagogiche; b. il rafforzamento delle competenze comunicative assertive; c. l’approfondimento di temi attinenti all’evoluzione della p.a.; d. un confronto con altri sistemi educativi. In tempi di provvisorietà liquida, è saggio attrezzarsi nel modo migliore e predisporsi positivamente al cambiamento. Capitolo 4 Scelte strategiche obiettivi priorità a. FINALITA’ COMPLESSIVE E VISIONI STRATEGICHE 1. Trasversalità del sistema dei servizi educativi 0/25 2. Qualità e innovazione del sistema dei servizi educativi 3. Costruzione del senso di appartenenza degli operatori all’Area e condivisione dei valori/missiondell’organizzazione 4. Formazione come risorsa e valorizzazione delle risorse umane 5. Promozione all’esterno dei servizi educativi comunali b. OBIETTIVI FORMATIVI 1. dialogare tra le pluralità – incontri e scambi sui territori • • • • • interazione tra i 4 servizi interazione dei linguaggi tecnici interazione generazionale interazione con territorio,comunità e culture interazione con il sistema familiare 2. dialogare facendo – il laboratorio, gli scambi e la prassi educativa come formazione 3. connessione alla progettualità dei servizi e del territorio c. METODOLOGIE 1. cinema – metodologie visuali da utilizzare nelle loro potenzialità formative, secondo i più recenti studi pedagogici ed etno – antropologici 2. laboratori espressivi 3. visite, scambi, confronti 4. formazione interna 5. formazione integrata tra ruoli amministrativi e pedagogici 6. e - learning 7. connessione con Gruppo Nazionale e territoriale Nidi Infanzia d. TARGET 1. personale interno dei servizi educativi 0/25 2. personale amministrativo 3. personale dei servizi educativi 0/25 e scolastico del territorio provinciale e regionale (privato, statale, ecc.) 4. agenzie del territorio (area PPS, ASS n. 1, ecc.) 5. regione, Slovenia, Croazia, Austria e. AREE TEMATICHE 1. intercultura e didattiche interculturali 2. area psico – pedagogica 3. cultura aziendale ed empowerment 4. coordinamento pedagogico 5. prevenzione dell’abuso/maltrattamento 6. disabilità, prevenzione disturbi apprendimento 7. sicurezza D Lgs 81/08 8. attività ludico - sportive 9. sviluppo emotivo 10. passaggio generazionale Capitolo 5 I percorsi formativi 2010/2011 Bibliografia Acocella I., Il focus group. Teoria e tecnica, FrancoAngeli, Milano, 2007 Agosti A., Il cinema per la formazione. Argomentazione pedagogiche e indicazione didattiche, FrancoAngeli, Milano 2004 Allam F., Calopresti M., Come difendersi dal razzismo, Giudizio Universale, Torino, 2010 Augè M., Il mestiere dell’antropologo, Bollati Boringhieri, Torino, 2006 Baricco A., I barbari, Feltrinelli, Milano, 2006 Bocchi G. , Ceruti M., (a cura di), La sfida della complessità, Feltrinelli, Milano,1985 Bove C., Ricerca educativa e formazione, FrancoAngeli, Milano, 2009 Bronfenbrenner U., Ecologia dello sviluppo umano, Il Mulino, Bologna, 1986 Bruner J., La ricerca del significato, Bollati Boringhieri, Torino, 1992 Latouche S., La decrescita felice, Feltrinelli, Milano, 2007. Cambi F., Certini R., Nesti R., Dimensioni della pedagogia sociale, Carocci, 2010 Contini M.G., Il gruppo educativo. Luogo di scontri e di apprendimento, Carocci, Roma, 2000 Gobbo F., Pedagogia interculturale, Carocci, Roma, 2000 Kanitsa S., Che ne pensi? L’intervista nella pratica didattica, Carocci, Roma, 1992 Mancino E., Morin E., La testa ben fatta, Raffaello Cortina ed., Milano, 2000 Morin E., I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina ed., Milano, 2001 Morin E., Oltre l’abisso, Armando ed., Roma, 2010 New R., Mantovani S., Concepts of Community, Civic Participation and Social Responsibility. Childcare as a Metaphor, Progetto di ricerca, Spencer Foundation, 1998/1999 Pennacini C., Filmare le culture. Un’introduzione all’antropologia visiva, Carocci, Roma, 2005 Quaglino G.P., Casagrande S., Castellano A., Gruppo di lavoro, lavoro di gruppo, Raffaello Cortina, Milano, 1992 Rogoff B., La natura culturale dello sviluppo, Raffaello Cortina ed. Milano, 2004 Rogoff B., Imparando a pensare: l’apprendimento guidato nei contesti culturali, Raffaello Cortina ed. Milano, 2006 Sclavi M., Arte di ascoltare e mondi possibili, B. Mondadori, Milano, 2003 Segrè A., Lezioni di eco – stile: vivere, crescere, consumare, B. Mondadori, 2010 Sen A., Lo sviluppo è libertà, A. Mondadori ed. Milano, 2000 Tobin J.J., Wu D., Davidson D.H., Infanzia in tre culture, Raffaello Cortina ed. Milano, 2000 Zammuner V. L., I focus group, Il Mulino, Bologna, 2003 Filmografia Lamerica (1994), di G. Amelio Vai e vivrai (2005) di Radu Mihaileanu La terra dell’abbondanza (2004), di W. Wenders La giusta distanza, (2007), di C. Mazzacurati L’ospite inatteso, (2007), di T. Mc Carthy … e molti altri Comune di Trieste Area Educazione, Università e Ricerca Ufficio Formazione, Progetti Pedagogici e Comunicazione Piazza Vecchia, 1 34100 TRIESTE www.retecivica.trieste.it Donatella Rocco, tel. 040 675 8729, [email protected] Luca Berti, tel. 040 765 4783, [email protected] Gabriella Bianchi, tel. 040 6758044, [email protected] Giuliana Possa, tel. 040 675 8731, [email protected] Fulvia Rizzo, tel. 040 675 8005, [email protected] Fulvia Moscolin, tel. 040 675 8328, [email protected] Antonella Vento, tel. 040 6574685, [email protected]