BILDUNG
DIDATTICA DEI PROCESSI FORMATIVI

Direttore
Floriana F
Università degli Studi di Perugia
Comitato scientifico
Pier Cesare R
Università Cattolica del Sacro Cuore
Pier Giuseppe R
Università degli Studi di Macerata
Mina D S
Università degli Studi di Perugia
Miguel Ángel Z B
Universidade de Santiago de Compostela
Rosabel R V
Universidad de Alicante
BILDUNG
DIDATTICA DEI PROCESSI FORMATIVI
Noi osiamo promettere una Grande Didattica cioè un’arte universale di insegnare tutto a tutti: di insegnare in modo certo, sì da conseguire effetti, di insegnare
in modo facile, quindi senza molestia, o noia di docenti e discenti, anzi con loro
grande diletto, di insegnare in modo solido, non superficialmente tanto per fare,
ma per condurre ad una vera cultura, a costumi gentili, a una pietà più intensa
Giovanni Amos C
La collana nasce con l’obiettivo di porre l’attenzione sulla didattica come studio delle
azioni che rendono possibile il processo formativo e la progettazione e organizzazione dei contesti in cui esso si realizza. L’azione didattica, sia in contesto scolastico che
extrascolastico, a qualunque età e in una logica di life long learning, in presenza e a
distanza, consente alle persone di sviluppare le proprie potenzialità e di raggiungere
la propria forma.
Essa rimanda infatti al concetto di formazione intesa come Bildung, processo di
sviluppo del soggetto nella sua articolata globalità, compreso nella plurale declinazione dei modi secondo i quali egli vive e agisce il mondo. Nell’idea di Bildung si
intersecano e si compenetrano le dimensioni corporea, intellettuale e morale del
soggetto che, aprendosi alla relazione con l’universo delle cose, dei segni e simboli
della cultura, si configura nel mondo e nell’intersoggettività secondo le proprie
possibilità attuative e le proprie originali istanze di senso.
L’azione didattica muove dalla riflessione sul presente ma nello stesso tempo, per
individuare ipotesi, ha bisogno del passato, dell’azione precedente e della riflessione
su tale azione. Nello stesso tempo l’azione è aperta al futuro perché dalla riflessione
su di essa può nascere una previsione degli scenari possibili, anche se la prevedibilità
come prescrittura degli eventi che accadranno non può essere accolta rigidamente
in campo formativo. La riflessione però ha bisogno di criteri di riferimento che
consentano di leggere l’azione stessa, non può fare a meno della teoria che dia
respiro, ampliamento di prospettiva, senso allo stesso agire.
I volumi di questa collana vogliono dunque offrire spunti di riflessione teorica ma
anche risultati di ricerca e documentazione di esperienze didattiche, lette attraverso
diverse prospettive disciplinari, per porre l’attenzione su cosa significhino e su come
si realizzino i processi formativi nei diversi contesti e nella complessità e dinamicità
delle situazioni.
Mina De Santis
Il laboratorio
Per una didattica ludica della formazione
Prefazione di
Floriana Falcinelli
Contributi di
Maddalena Barbieri
Roberta Bertinelli
Lorella Lorenza Bianchi
Anna Calò
Sara Di Toro Mammarella
Martina Ercolani
Chiara Massoli
Marika Tirelli
Elisa Verzini
Copyright © MMXVI
Aracne editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: giugno 
Indice

Prefazione
Floriana Falcinelli

Introduzione

Capitolo I
Il laboratorio nella formazione
.. La nuova didattica,  – .. Il valore dell’esperienza, 
– .. Il laboratorio nella scuola italiana,  – .. La didattica
laboratoriale, .

Capitolo II
La didattica ludica
.. Il gioco come metodologia,  – .. La didattica ludica,  –
.. Il valore del gioco, .

Capitolo III
Dentro il Laboratorio
.. Gioco corporeità e linguaggi non verbali,  – .. L’apprendimento in laboratorio,  – .. Giocando s’impara: il progetto, 
– .. Il gruppo di formazione: raccontare/raccontarsi nel gioco, 
– .. Il gioco, il corpo, la narrazione,  – .. Ludendo docere: costruiamo la semantica ludica a scuola,  – .. Il gioco
narrato, .

Indice

Appendice
Progettare e documentare le esperienze di laboratorio

Dritti al punto

Giro girotondo. . . quanto è vario il mondo

Chi trova le forme trova un tesoro

Il cielo in una scuola. Piccoli astronauti a passeggio nel
sistema solare

Gioco SENSazionale

« I like. . . playing with animals and food! »

La Campana dei numeri

Bibliografia

Gli autori
Prefazione
F F∗
Il volume della collega Mina De Santis ha il merito di porre
all’attenzione dei lettori un aspetto ritenuto molto significativo
per la formazione dei futuri docenti: il laboratorio che viene
considerato un’area irrinunciabile per la qualificazione dei curricoli formativi universitari dei futuri docenti, come necessario
complemento, oltre al tirocinio, dei percorsi formativi.
Occorre tuttavia considerare che, anche se nella normativa
di riferimento, è stato riservato un apposito spazio orario per le
attività di laboratorio nella formazione iniziale degli insegnanti,
sul concetto stesso di laboratorio e sulla sua traduzione operativa in ambito didattico esistono molteplici posizioni, in certi
casi addirittura divergenti.
L’idea del laboratorio ha una propria tradizione nelle teorie
pedagogico-didattiche e nella pratica scolastica: basti pensare
per esempio alle teorizzazioni di Kerschensteiner, Dewey, Makarenko, Freinet e al suo ruolo centrale nelle esperienze delle
“scuole nuove” e dell’attivismo.
La realizzazione dei laboratori ha tuttavia assunto nel tempo prospettive diversificate, anche se il concetto di laboratorio
rimanda necessariamente alle idee di progettazione, collegialità,
metodologia della ricerca, costruzione di un prodotto, comunicazione
tra esperienza informale ed esperienza formale scientifica; esso va
inteso come “snodo” tra corsi teorici da un lato e tirocinio dall’altro e come “luogo” (dotato di strumenti e materiali) caratte∗
Professore ordinario di Didattica generale e Tecnologie dell’istruzione e
apprendimento, Università degli Studi di Perugia.


Prefazione
rizzato da un “metodo di lavoro” che prevede sistematicamente
un coinvolgimento diretto degli studenti nelle attività.
Nel saggio di K.K. Metcalf nell’International Encyclopedia
of Teaching and Teacher Education, l’esperienza di laboratorio
viene definita come
un’attività diretta o simulata che permette l’osservazione, l’applicazione, lo studio e l’analisi di eventi o fenomeni educativi in un
setting controllato, generalmente reso più semplice. Nelle esperienze
di laboratorio il grado di realtà, di controllo e di complessità può
variare, tuttavia il requisito è costituto dall’elemento di una o più
variabili in tale contesto. (p. )
Come emerge dalla citazione sopra riportata, il laboratorio
si caratterizza come esperienza didattica in cui gli allievi sono
messi nella condizione di apprendere in modo attivo, costruttivo,
mediante la predisposizione di uno specifico setting.
Sicuramente l’efficacia di tale esperienza dipende da molti
fattori:
a) l’integrazione nel più ampio e organizzato modello curricolare che prevede da un lato i corsi accademici teorici,
dall’altro l’esperienza pratica di tirocinio;
b) la multidimensionalità delle attività proposte nel laboratorio;
c) la forte attenzione prestata alla realizzazione di momenti
di riflessione metadidattica che favoriscano nell’allievo
lo sviluppo delle capacità metacognitive di ricerca e di
produzione creativa;
d) l’uso di sistemi di verifica che permettano una conoscenza partecipata dei risultati conseguiti e favoriscano un
processo di autoanalisi.
In riferimento all’attuale Corso di Laurea in Scienze della
Formazione Primaria occorre inoltre tener conto dei seguenti
aspetti.
Prefazione

a) il corso di laurea prevede un curricolo formativo complesso e polivalente;
b) le Indicazioni nazionali per il curricolo del  privilegiano la conquista da parte dell’allievo di competenze
sia per aree disciplinari che trasversali alle discipline e
prevedono la predisposizione di esperienze di apprendimento complesse, che possono essere analizzate e lette
attraverso gli schemi concettuali, i sistemi linguistici e
l’impianto metodologico delle diverse discipline.
Pertanto occorre che i laboratori siano rivolti a far maturare
negli allievi le capacità di osservare, progettare, valutare contesti
ed esperienze formative, di programmare specifici percorsi
didattici per aree disciplinari e trasversali alle diverse discipline
e di predisporre, anche attraverso attività di manipolazione,
strumenti didattici che prevedano l’uso dei diversi linguaggi.
In questo senso essi richiedono l’integrazione dei saperi disciplinari con le scienze dell’educazione e con il tirocinio e possono
essere coordinati in modo integrato da docenti accademici e
dai tutors del tirocinio stesso.
In questo senso il percorso proposto nel volume è esemplare,
presentando il lavoro realizzato nei laboratori di Metodologia e
tecnica del gioco e dell’animazione e di Didattica ludica, condotti congiuntamente dalla docente e da un tutor di tirocinio,
con costanti richiami alla pratica didattica realizzata in classe.
Il laboratorio in un corso universitario per i futuri docenti si
fonda dunque sulle seguenti idee guida:
a) unitarietà della cultura, trasversalità e integrazione dei saperi, degli attori e delle esperienze, salvaguardando l’esigenza di continuità tra la scuola dell’infanzia e la scuola
primaria e tra le esperienze informali dei bambini e quelle intenzionalmente progettate ed organizzate in ambito
scolastico;
b) operatività: il laboratorio deve configurarsi come un contesto in cui vengono agite concrete esperienze didattiche

Prefazione
che permettano una costruzione della conoscenza e l’acquisizione di competenze ed abilità, in questo senso
valorizzando la dimensione ludica dell’apprendere;
c) osservazione, metacognizione e progettualità: le esperienze
proposte, i materiali presentati innescano negli studenti
induzioni, inferenze e riflessioni che li portano ad osservare ed analizzare le variabili del contesto educativo
e ad acquisire le competenze necessarie in ordine alla
programmazione e alla valutazione di specifici percorsi
didattici;
d) relazionalità, cooperazione, comunicazione: il laboratorio
viene proposto come “situazione accogliente” nella quale contano le condizioni in cui avviene l’apprendimento e in cui gli studenti possono fare esperienza delle
pratiche di gruppo, della collegialità, della capacità di
comunicare;
e) recupero di esperienze significative: attraverso la documentazione delle esperienze realizzate nelle scuole, della
memoria di chi insegna, si introduce nel lavoro laboratoriale sia il vivo della pratica didattica quanto l’idea
dell’insegnante quale professionista riflessivo.
Tutto ciò è ben rappresentato dall’esperienza descritta nel
volume che ha il merito inoltre di ridare pieno valore al gioco
come contesto di apprendimento e di formazione, valorizzandone anche gli aspetti emozionali affettivi.
La collega De Santis ci offre una documentazione accurata,
con preziosi spunti di riflessione, di un’esperienza di didattica
universitaria innovativa, che risulterà utile a tutti coloro che
sono impegnati nella formazione dei futuri docenti e che in tale
impegno sono consapevoli che, solo facendo vivere agli studenti momenti di lavoro come quelli descritti nel volume, si potranno costruire menti aperte all’esplorazione e alla ricerca che
sapranno costruire una pratica didattica attiva e partecipativa.
Introduzione
Il volume ha l’intento di lasciare una traccia dell’esperienza
condotta nei Laboratori di Metodologia del Gioco e dell’Animazione, il Laboratorio di Gioco, Corporeità e Linguaggi non
Verbali e del Laboratorio di Didattica Ludica, attivi in modo
alternato all’interno del Corso di Laurea (CdL) in Scienze della
Formazione Primaria Vecchio Ordinamento, dell’Università
degli Studi di Perugia. La motivazione nasce dall’esigenza di
documentare e lasciare memoria dei dieci anni di esperienza
formativa condotta insieme agli studenti che si accingevano a
diventare futuri insegnanti.
Con l’istituzione del Nuovo Ordinamento del Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria sono stati aboliti il
Corso di Metodologia e Tecnica del Gioco e dell’Animazione,
propedeutico ai laboratori, il Laboratorio di Metodologia del
Gioco e dell’Animazione, di Gioco, Corporeità e Linguaggi
non Verbali e di Didattica Ludica. Il percorso formativo prevedeva attività di laboratorio articolato nei quattro anni del CdL,
con la possibilità, per lo studente, di scegliere tre laboratori per
ogni anno di formazione, tra tutti quelli attivi.
I laboratori si caratterizzano come ambienti all’interno dei quali
si approfondiscono gli apprendimenti, si fa ricerca, si sviluppa la
creatività, soprattutto si costruisce un percorso con finalità formative
transdisciplinari in relazione agli obiettivi generali e specifici del
proprio corso di studi. (De Santis, , p. )
Questa modalità di dare forma al pensiero ha offerto agli
studenti la possibilità di acquisire e affinare capacità specifiche
di problematizzazione, ma soprattutto ha facilitato il percorso
degli studenti nell’acquisire quella professionalità indispensa

Introduzione
bile per capire « come metto insieme tutte le mie conoscenze
disciplinari e le mie esperienze per risolvere uno specifico problema professionale » (Massaro, , p. ). Gioco, Laboratorio
e Formazione sono gli argomenti principali del volume. Verrà
in particolare sottolineata la valenza formativa del gioco e il
rapporto che ha con l’apprendimento.
I percorsi di apprendimento e le Unità di Apprendimento,
realizzate in questi anni all’interno dei suddetti laboratori, presentati di seguito, possono essere una guida non solo per gli
studenti che si preparano a diventare insegnanti ma anche per
coloro che già operano all’interno delle istituzioni scolastiche.
Il lavoro non ha certamente la pretesa di essere esaustivo ma
offre spunti e sollecitazioni perché « l’esperienza vissuta non
è semplicemente una esperienza qualsiasi, ma ha l’occasione
di diventare l’esperienza che fa diventare esperti » (Parmigiani,
, p. ).
I laboratori si caratterizzano come ambienti all’interno dei
quali si fa ricerca, si costruiscono competenze, si sviluppa la
creatività ma soprattutto si dà forma al pensiero e si avvia il
processo di problematizzazione che conduce lo studente verso
l’autonomia.
Si vuole così lasciare una traccia di quello che gli studenti
hanno prodotto all’interno del laboratorio, affinché possa essere motivo di riflessione non solo per gli studenti, ma anche per
gli addetti ai lavori, per gli insegnanti in servizio della scuola
primaria e della scuola dell’infanzia, così che siffatte esperienze
possano essere di stimolo a ridisegnare la professionalità dell’insegnante. Il laboratorio si presenta come l’elemento innovativo
più efficace nella formazione professionale perché è il luogo
della collaborazione, della riflessione, della condivisione, della cooperazione, del dialogo, del confronto, dove si impara a
pensare, si impara a creare e dove la ricerca interdisciplinare e
trasversale attiva percorsi nuovi di conoscenza.
In particolare i Laboratori di Gioco, Corporeità e Linguaggi non Verbali e di Didattica Ludica, aprono le porte ad una
didattica nuova che coinvolge e motiva i ragazzi rendendoli pro-
Introduzione

tagonisti della propria crescita perché, come dice Lotman ()
il gioco non si contrappone mai alla conoscenza, ma rappresenta un mezzo importante per sviluppare apprendimenti. In
questo testo verranno presentate alcune Unità di Apprendimento che gli studenti hanno simulato all’interno del laboratorio,
destinate sia alla Scuola dell’Infanzia, sia alla Scuola Primaria,
in alcuni casi le Unità sono state sperimentate all’interno del
contesto scolastico.
Il laboratorio è stato coadiuvato dalla dott.ssa Lorella Lorenza Bianchi che, come tutor del CdS (Corso di Studi), ha
permesso l’intreccio tra la teoria e la pratica. Un laboratorio
dove il fare è fondato sulla progettualità, sulla interdisciplinarietà, sulla sperimentazione, sull’esperienza, sulla cooperazione e sulla condivisione, permette agli studenti di sviluppare il
pensare attraverso “oggetti situati” quindi, l’agire e il pensare
devono essere non solo situati, ma contestualizzati in un’ottica
processuale (Rivoltella, Rossi, , pp. –).
Questa modalità di lavoro attiva una didattica che si muove
tra la teoresi e l’operatività dove la teoria illumina e dà senso
al fare. Grazie alla rivoluzione mossa dall’Attivismo oggi possiamo parlare di una didattica non più centrata sui libri e sulla
lezione frontale, ma di una didattica che mette al centro dell’apprendimento l’esperienza dello studente, non dimenticando
che, le esperienze, le attività e le metodologie scelte vanno
“pensate, calibrare, strutturate” (Nigris, , p. ).
Nel terzo capitolo si documenta come l’esperienza di questi
anni ha visto la realizzazione di un laboratorio inteso come
territorio di sperimentazione didattica, ma anche un ponte tra
l’istituzione scolastica e il futuro insegnante, un punto di partenza per attivare una riflessione sull’apprendimento attivo e
sulle metodologie didattiche nella scuola dell’infanzia e primaria. Le riflessioni estratte dai diari di bordo delle studentesse
documentano il valore formativo di siffatta esperienza, che ha
permesso loro di ridisegnare stili di insegnamento e di apprendimento, di sviluppare il senso di appartenenza, di apprezzare
e condividere un metodo di lavoro di ispirazione pedagogica.

Introduzione
Nel quarto capitolo le progettazioni dei percorsi di apprendimento offrono spunti e idee per rinnovare quell’agire didattico
che spesso può appassire, se fagocitato dalla routine. Alcune
studentesse stimolate dalle idee sorte all’interno dei laboratori
hanno fatto “prendere vita” alle progettazioni, trasformandole
in concrete situazione di apprendimento. Questo è stato possibile perché il CdS prevede un percorso di tirocinio articolato nei
diversi anni accademici. È stata una occasione interessantissima
e significativa per gli studenti in quanto hanno avuto modo di
comprendere come la progettazione aiuta e orienta la nostra
azione rispondendo ad una logica della complessità che si fonda
su un rapporto di circolarità tra la progettazione, l’azione e la
valutazione, in un dialogo reciproco. Il progetto, è la fase di
ideazione dell’azione ma è in continua interazione con l’azione
stessa e la valutazione. Infatti gli studenti hanno avuto modo di
verificare che la progettazione è sempre in connessione con l’azione e la valutazione grazie alla « conversazione riflessiva con
la situazione, identificabile con la nozione di indagine formulata
da Dewey » (Striano, , p. ) che è necessaria per rivedere,
ri–orientare, ri–definire il percorso e adattarlo alla situazione
e alle variabili interconnesse. Infatti gli studenti nella fase di
implementazione, ossia della fase operativa vera è propria, si
sono confrontati con delle variabili che nella fase progettuale
non erano prevedibili. La possibilità di sperimentare le UdA
è stata una esperienza formativa molto significata perché ha
permesso loro di verificare che la valutazione è un’attività di riflessione, di confronto e di ricerca di significato e non si colloca
come momento finale per accertare lo scarto tra il progettato e
il realizzato, ma diventa occasione per ridefinire
l’ipotesi progettuale iniziale e per una microprogettazione di dettaglio in funzione dello svolgimento dell’azione; non è più il processo
che si adegua al progetto iniziale, ma in qualche misura, si ribaltano le posizioni: è il progetto che si adegua al processo o, meglio,
alle caratteristiche contestuali entro cui si sviluppa l’azione didattica.
(Castoldi, , p. )
Introduzione

Nella UdA dal titolo Gioco Sensazionale la studentessa afferma: « L’imprevisto mi ha comunque dato modo di riflettere
sull’importanza di una progettazione rigorosa, ma all’occasione flessibile » infatti la flessibilità permette di tornare indietro,
riprogettare, ri–tornare in azione e raggiungere quell’obiettivo
di apprendimento prefissato.
Capitolo I
Il laboratorio nella formazione
Se la superiorità intellettuale di un uomo
è quella che più di ogni altra dipende da
lui stesso, è anche vero che tutto ciò che
vi è di unico e personale nelle cose che sa
è tutto ciò che lui ha scoperto da solo.
B, 
.. La nuova didattica
Ripercorrendo la storia della scuola italiana degli ultimi venti anni si evidenzia come il processo di insegnamento–apprendimento
si sia avviato verso lo sviluppo delle competenze, come richiesto a partire dal  dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e successivamente nell’aprile  dalle Raccomandazioni del Quadro europeo delle Qualifiche e dei Titoli per
l’apprendimento permanente.
All’interno di questa cornice, le competenze sono descritte
come « quelle di cui tutti hanno bisogno per la realizzazione e
lo sviluppo personali, la cittadinanza attiva, l’inclusione sociale
e l’occupazione » (Castoldi, , p. ). La scuola ha quindi la
responsabilità di consentire alla persona di poter usare il sapere
per poter rispondere alle esigenze che la vita ci pone. In questa
nuova prospettiva la scuola deve educare il soggetto a pensare
in modo autonomo e creativo e a diventare cittadino adulto e
responsabile.
Non è più pensabile un modello di sapere trasmissivo e
unidirezionale, ma è auspicabile un sapere co–costruito da

Il laboratorio
gli studenti sotto la guida attenta dell’insegnante, in modo da
orientare la persona non solo al conseguimento dei risultati,
ma anche ad intrecciare l’esperienza di apprendimento con la
costruzione della personalità e della vita sociale. Non possiamo a questo punto tralasciare di riflettere attentamente sulle
competenze di coloro che si occupano della formazione della
persona.
Molti documenti della Commissione Europea focalizzano
l’attenzione sulle competenze specifiche degli insegnanti, individuandone dieci specifiche per i processi di insegnamento–
apprendimento e tre per le finalità educative in generale. Quindi
i futuri insegnanti non posso più essere formati attraverso le
metodologie tradizionali, prima tra tante la lezione cattedratica,
ma guardare ad una didattica innovativa che metta nella condizione di poter raggiungere, attraverso traguardi di competenze
specifiche, una qualificata professionalità. Infatti alcuni recenti
documenti della Commissione Europea
cercano sia di chiarire cosa la società si aspetta dagli insegnanti, sia
di supportare appunto, i Paesi nell’adozione di specifiche politiche
e prassi utili a garantire il raggiungimento di più elevati standard
di insegnamento nelle scuole. Per questo il tentativo è, anche qui,
quello di definire il più chiaramente possibile cosa i docenti debbano sapere e saper fare e, quindi di stabilire cosa ci si aspetta dagli
insegnati in termini di: Knowledge and understanding (conoscenza e
comprensione), Skills (abilità) Dispositions (disposizione, cioè credenze, attitudini, valori, responsabilità). (Betti, Ciani, Lovece, Tartufoli,
, pp. –)
I modelli metodologici che potranno aiutarci a raggiungere
questi traguardi saranno quelli centrati su un sapere pratico,
esperito in un contesto reale, luogo nel quale il soggetto quotidianamente vive e all’interno del quale non dovrà sentirsi
disorientato ed estraniato perché non abituato a gestirlo.
Proprio le diverse modalità con cui viene gestita la separazione
tra sapere scolastico e sapere reale consentono di riconoscere due
paradigmi didattici opposti, che percorrono l’intera storia dell’in-