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Large Animals Review, Anno 7, n. 2, Aprile 2001
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AFFEZIONI GASTROENTERICHE
DEI SUINI DELLE NURSERY*
SCOTT DEE, DVM, PhD
SUINI
University of Minnesota
Riassunto
Con l’avvento dello svezzamento precoce, le malattie gastroenteriche dei suini hanno fatto riscontrare un aumento di importanza e gravità, a causa della necessità di (e della mancanza di) una gestione eccellente, un ambiente adeguato e diete formulate correttamente. Tutti questi fattori sono particolarmente importanti perché l’immunità passiva nei confronti di un certo numero di microrganismi gastroenterici viene meno durante il periodo delle nursery. La colibacillosi continua ad essere la causa
principale della diarrea nei soggetti svezzati precocemente, spesso in associazione con agenti virali come il virus della gastroenterite trasmissibile o il rotavirus. I grandi sistemi produttivi richiedono trattamenti farmacologici di massa mediante antibiotici ed elettroliti, spesso somministrati attraverso l’acqua.
Summary
With the advent of early weaning, gastrointestinal diseases of pigs have increased in significance and severity because of
the need for (and lack of) excellent management, a proper living environment, and correctly formulated diets. All of these factors are particularly important as passive immunity to a number of gastrointestinal microorganisms expires during the nursery period. Colibacillois continues to be the leading cause of diarrhea in early weaners, frequently in combination with such
viral agents as transmissible gastroenteritis virus or rotavirus. Large production systems require mass medication using antibiotics and electrolytes frequently administered via water.
In questo lavoro vengono presi in considerazione in
particolare gli agenti patogeni in grado di causare malattie
intestinali nei soggetti allo svezzamento, come E. coli, il virus della gastroenterite trasmissibile (TGE) ed il rotavirus.
Saranno passate in rassegna la patogenesi, la diagnosi, la
terapia e la prevenzione di ciascuno di essi, allo scopo di
fornire informazioni utili ai veterinari pratici e capaci di
dare un contributo alla soluzione dei problemi esistenti
nelle nursery commerciali.
COLIBACILLOSI
La causa primaria della colibacillosi postsvezzamento è E.
coli. La malattia insorge spesso 4-7 giorni dopo lo svezzamento e di solito è dovuta alla perdita dell’immunità di origine materna, all’elevata stimolazione batterica, allo stress
dello svezzamento ed alle improvvise variazioni della dieta.
E. coli è un commensale del tratto gastroenterico; tuttavia, i
suoi ceppi patogeni appartengono ad un ristretto numero di
sierogruppi capaci di produrre fattori di virulenza.
*Da “The Compendium on Continuing Education for the Practicing
Veterinarian” Vol. 22, N. 2, febbraio 2000, 30. Con l’autorizzazione
dell’Editore.
La sierotipizzazione ha portato all’identificazione di 170
antigeni somatici (O), 70 capsulari (K), e 56 flagellari (H); i
sierogruppi più comunemente riscontrati sono O138,
O139, O141, O147 ed O157.1 I ceppi patogeni producono
enterotossine e sono stati indicati come E. coli enterotossigeni. L’aderenza alla superficie della mucosa del piccolo intestino è mediata da una varietà di adesioni proteinacee
dette pili o fimbriae (F). Le fimbrie più comuni nei casi di
colibacillosi postsvezzamento sono rappresentate da F4
(K88) ed occasionalmente F5 (K99).2 Le enterotossine primarie prodotte sono indicate come STa ed STb (termostabili), LT (termolabili) e VT (verocitotossiche). Le enterotossine STa attivano la guanilatociclasi, esitando in un incremento della produzione del guanosinmonofosfato ciclico. Ciò porta all’inibizione del sistema di trasporto del cloruro di sodio, riducendo l’assorbimento di acqua ed elettroliti dall’intestino. Le tossine STb sono scarsamente caratterizzate al momento, ma si ritiene che agiscano in modo
analogo. Le tossine LT stimolano l’adenilatociclasi, attivano
la produzione dell’adenosinmonofosfato ciclico e portano
ad un incremento della secrezione di sodio, cloro, bicarbonato ed acqua nel lume intestinale. Nel complesso, gli effetti di queste tossine esitano in disidratazione, acidosi metabolica e morte. Le tossine VT sono prodotte dai sierogruppi O138, O139 ed O141 e svolgono un ruolo nell’edema e
nella gastroenterite emorragica postsvezzamento.
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Affezioni gastroenteriche dei suini delle nursery
Punti chiave
■ I ceppi enterotossici di Escherichia coli esitano in una
diarrea ipersecretoria e, di conseguenza, in perdita di fluidi
ed elettroliti, acidosi metabolica, disidratazione e morte.
■ La diarrea prodotta da E. coli determina un pH alcalino,
mentre quella dovuta al virus della gastroenterite trasmissibile ed al rotavirus è acida.
■ Un’estesa atrofia dei villi intestinali è indicativa di infezione da virus della gastroenterite trasmissibile.
■ Il virus della gastroenterite trasmissibile è stato isolato
dalle feci di gatti, cani e storni e viene anche veicolato
dalle mosche.
Epidemiologia
Dopo lo svezzamento, si verificano contemporaneamente
un calo dell’immunità di origine materna ed un aumento
dell’esposizione agli E. coli patogeni che portano all’insorgenza della diarrea. La gravità della colibacillosi è influenzata dallo stress dello svezzamento, dalla drastica modificazione della dieta e dalla gestione dell’ambiente.2 La scarsa igiene e la presenza di residui di detriti fecali dovuta a non corrette procedure di pulizia o alla mancanza del sistema di
flusso dei suini secondo il principio del tutto pieno-tutto
vuoto può portare ad un aumento del livello di agenti patogeni. Le variazioni della dieta, come il passaggio da una fonte di nutrizione altamente digeribile (ad es., il latte di scrofa)
ad una contenente ingredienti scarsamente digeribili può accentuare la proliferazione batterica nel lume intestinale. Infine, se i suini vengono ulteriormente stressati dal freddo (ad
es., fluttuazioni di temperatura di 1° C o più nell’arco delle
24 ore) si può avere un’esacerbazione della colibacillosi.
Segni clinici
La morbilità della colibacillosi postsvezzamento può arrivare al 10-20%, ma la mortalità è di solito molto più bassa. I
suinetti possono apparire disidratati e depressi e si può avere
una grave perdita di peso. Le feci si presentano tipicamente
di colore bianco-grigiastro e possono contenere particelle di
cibo indigerito. Il pH fecale è alcalino. I riscontri macroscopici sono rappresentati da disidratazione, stomaco vuoto e
ingrossamento del grosso e piccolo intestino, che si presentano pieni di liquido. Le lesioni microscopiche consistono nella presenza di strati di E. coli adesi all’epitelio della mucosa
del digiuno dell’ileo. Può essere presente un’atrofia dei villi,
in particolare se si è avuta una coinfezione con altri agenti virali come il rotavirus o il virus della TGE.
Diagnosi e trattamento
La diagnosi della colibacillosi postsvezzamento viene di
solito formulata sulla base delle osservazioni cliniche e dei
risultati colturali. E. coli è un microrganismo bastoncellare
Gram-negativo che può essere facilmente isolato su agar
sangue e terreno di MacConkey dopo incubazione per 24
ore a 37°C.3 I ceppi F4 positivi sono tipicamente emolitici
e determinano una notevole crescita mucoide su agar sangue. E. coli risulta tipicamente positivo/positivo/negativo/negativo al test IMViC (indolo/rosso metile/VogesProskauer/citrato), è lattosio-positivo e produce acido nel
tratto inclinato ed in quello opposto di una provetta con
triplo zucchero ferro agar. Poiché E. coli è un commensale, risulta di importanza critica anche il riscontro istopatologico di un processo correlato alla colibacillosi. Infine, è
importante esaminare dei campioni per accertare la presenza o meno di concomitanti agenti virali.
Il trattamento della colibacillosi postsvezzamento consiste frequentemente nella somministrazione di massa di farmaci ad un gruppo colpito attraverso l’acqua da bere. Gli
antibiotici comunemente utilizzati sono rappresentati da
apramicina, gentamicina, trimethoprim/sulfamidici, neomicina e spectinomicina.2 Si raccomanda anche la terapia elettrolitica per contrastare l’acidosi metabolica e la disidratazione esistenti. Il controllo di E. coli postsvezzamento può
essere difficile. La vaccinazione sembra essere di scarso valore poiché la sua attuazione per via intramuscolare non è in
grado di stimolare l’immunità della mucosa. Viene spesso
praticata la somministrazione di routine di farmaci ed elettroliti attraverso l’acqua per 5-7 giorni dopo lo svezzamento; tuttavia, sebbene possa apparire inizialmente un successo, il suo impiego a lungo termine comporta costi elevati,
spreco di farmaci dovuto alle dispersioni idriche ed aumento dello sviluppo della resistenza batterica. Misure più efficaci sono rappresentate dalla modificazione della gestione e
dalla variazione dell’alimentazione dopo lo svezzamento.
L’adozione del flusso dei suini secondo lo schema tutto pieno-tutto vuoto consente un’adeguata pulizia delle strutture,
riducendo così l’accumulo di materiale fecale. La restrizione
dell’alimentazione impedisce l’ingestione di alimenti stantii,
riduce la massa di carboidrati presente nel lume dell’intestino e comporta un minore spreco di cibo. Infine, risulta di
importanza critica la minimizzazione delle fluttuazioni delle
temperature ambientali nell’arco delle 24 ore, per ridurre il
raffreddamento. Se si utilizza una pavimentazione in grigliato metallico, ai suinetti può essere maggiormente gradita
l’offerta di cibo su tavole o mangiatoie.
VIRUS DELLA GASTROENTERITE TRASMISSIBILE
Il virus della gastroenterite trasmissibile appartiene alla
famiglia Coronaviridae. È dotato di envelope, ha un diametro di 60-260 nm e contiene dei singoli filamenti di RNA a
polarità positiva. I virioni intatti hanno una densità di galleggiamento di 1,18-1,20 g/ml in saccarosio e contengono 3
proteine strutturali principali: il nucleocapside, la membrana e la glicoproteina di spike o peplomero.4
Il virus è stabile anche fino a 6-18 mesi quando viene
congelato a –20°C e perde rapidamente l’infettività in seguito all’essiccamento, riscaldamento o disinfezione chimica
con formalina, fenolo, etere, composti ammonici quaternari
o ipoclorito di sodio.5 È anche molto stabile a livelli di pH
pari o inferiori a 3, e ciò ne assicura la sopravvivenza nello
stomaco. La gastroenterite trasmissibile è stata descritta come una malattia virale enterica altamente contagiosa del suino, con epizoozie caratterizzate da livelli di mortalità del 90100% in animali con meno di due settimane di vita. È stata
anche descritta una forma enzootica cronica che colpisce
principalmente i suinetti allo svezzamento. L’infezione durante il periodo di finissaggio sembra comportare scarsi effetti dannosi. La recente identificazione del coronavirus respiratorio del suino (PRC) ha portato ad una certa confusione nell’interpretazione dei test sierologici per TGE che utilizzano il metodo della sieroneutralizzazione.7
Epidemiologia
È stata descritta la diffusione del virus della TGE attraverso gli storni (Sturnus vulgaris),8 che, insieme alle sue capacità
di sopravvivere alle temperature fredde, determina un aumento dell’incidenza delle epizoozie in inverno. La TGE epizootica esita in elevati valori di morbilità e mortalità nei giovani suini, con vomito e diarrea come segni clinici primari.
La TGE enzootica è dovuta alla persistenza del virus nelle
nursery, conseguente alla continua introduzione di suini svezzati con uno status infettivo misto in una popolazione
infetta.9 Le scrofe precedentemente esposte assicurano la trasmissione di anticorpi colostrali che vengono meno dopo lo
svezzamento. L’infezione è causata dagli animali più anziani
delle nursery, precedentemente infetti.6 Questo problema
può persistere se alla popolazione da riproduzione infetta
vengono continuamente aggiunte delle femmine di rimonta
mai esposte al virus senza un appropriato acclimatamento.
Sono state descritte anche altre potenziali fonti del virus,
quali gatti, cani, volpi e mosche comuni. Secondo quanto è
stato segnalato, gli storni eliminano il virus nelle feci anche
per 32 ore dopo l’esposizione per via alimentare. Anche le
mosche sottoposte ad inoculazione sperimentale presentano
un’escrezione di virus per periodi fino a 3 ore.10 Il virus è stato isolato da suini portatori mediante coltura di omogenati
intestinali anche a distanza di 104 giorni dall’infezione.11 Uno
studio ha dimostrato attraverso test sierologici che l’aggiunta
di suini sentinella alle popolazioni infette a 3, 4 o 5 mesi postinfezione non esita nell’infezione delle sentinelle stesse.12
Segni clinici
I segni clinici della TGE enzootica postsvezzamento sono
rappresentati da diarrea ricorrente, scarso accrescimento,
perdita di peso e disidratazione. Il ciclo di malattia può durare anche per 6-14 giorni dopo lo svezzamento e colpire il
10-20% della popolazione.6 I livelli di mortalità sono di solito molto bassi. Possono essere presenti gli agenti precedentemente descritti in grado di causare una diarrea postsvezzamento (ad es. E. coli) che aggravano la condizione clinica. I
riscontri clinici nei suini con TGE cronica sono rappresentati da disidratazione, perdita di peso ed atrofia dei villi con
presenza di diarrea acquosa nel tratto intestinale.13 La parete
enterica risulta trasparente a causa della distruzione dei villi.
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gnosi di laboratorio e si devono prelevare campioni di piccolo e grosso intestino da destinare all’immunofluorescenza ed all’istologia. È auspicabile l’esecuzione di raschiati di
mucosa del digiuno o dell’ileo. Se il prelievo dei tessuti viene effettuato troppo tardi nel corso della malattia, si possono avere risultati falsi negativi, dovuti alla distruzione delle
cellule epiteliali con infezione cronica.6 L’antigene virale è
stato anche dimostrato nel contenuto intestinale e nelle feci
attraverso la microscopia elettronica.6
L’accurata identificazione sierologica degli anticorpi specifici per il virus della TGE è stata difficile per la presenza di
reazioni crociate degli anticorpi anti-PRCV (Porcine Respiratory Coronavirus) in seguito all’impiego del test di sieroneutralizzazione. Tuttavia, la recente disponibilità di un test ELISA ha migliorato la diagnosi sierologica.7 Benché l’isolamento virale non costituisca una procedura di routine, è stato descritto in linee cellulari derivate da testicoli di suino, reni,
ghiandole salivari e cellule tiroidee. Nel complesso, quelle del
testicolo o del rene sembrano essere le linee cellulari d’elezione, in cui il caratteristico effetto citopatico è rappresentato da
allungamento cellulare e degenerazione ballonizzante.
Il trattamento dell’infezione da virus della TGE viene di
solito concentrato sul controllo dei batteri patogeni secondari. Sono state anche descritte misure palliative come l’integrazione con elettroliti, ma il successo complessivo di questi protocolli è stato incostante.6 Il controllo della TGE enzootica
prevede di solito il mantenimento del flusso tutto pieno-tutto
vuoto, che sembra essere di importanza critica per la prevenzione della diffusione del virus fra suini con infezione cronica
ed animali svezzati mai esposti al virus. La vaccinazione delle
femmine di rimonta nel pool delle giovani scrofe e le inoculazioni di richiamo nelle scrofe gestanti e nelle giovani scrofe 5
e 2 settimane prima del parto può accentuare il livello dell’immunità materna. Sono state tentate varie strategie vaccinali, comprendenti vie differenti di somministrazione e prodotti sia inattivati che a virus vivo modificato.14 Anche se
sembra avere una scarsa capacità di prevenire le epizoozie
acute della TGE, la vaccinazione può essere utile nei tentativi
di controllare la TGE postsvezzamento. Per il controllo della
malattia viene anche comunemente praticato il feed-back fecale, che consiste nel somministrare come cibo la diarrea ed il
contenuto intestinale alle giovani scrofe di rimonta ed alle
scrofe da riproduzione. Tuttavia, questa modalità non deve
essere utilizzata nelle scrofe che si trovano a 2-3 settimane di
distanza dal parto, a causa del potenziale rischio di introduzione di scrofe viremiche nell’area da parto. Infine, il virus
della TGE sembra essere facilmente eliminato attraverso le
tecniche di svezzamento in segregazione. Gli studi pubblicati
riferiscono che non è stato possibile rilevare anticorpi anti-virus della TGE nei suini ai quali è stato permesso di assumere
il latte di scrofe precedentemente esposte al virus e poi svezzati a 14-21 giorni di età in nursery in segregazione.15
ROTAVIRUS
Diagnosi e trattamento
Mentre la diagnosi di TGE epizootica può essere formulata facilmente sulla base dell’osservazione diretta di un allevamento di scrofe colpito, arrivare ad una diagnosi accurata della forma cronica è difficile. Altre malattie enteriche
dei suini svezzati (ad es. colibacillosi, diarrea da rotavirus)
possono somigliare alla TGE enzootica. È essenziale la dia-
Il rotavirus appartiene alla famiglia Reoviridae ed ha una
simmetria icosaedrica con un nucleocapside che misura circa 75 nm di diametro.15 Si tratta di un virus ad RNA che si
presenta a forma di ruota all’esame al microscopio elettronico. I rotavirus sono patogeni in molte specie animali e l’infezione esita in una malattia enterica. Anche se è principalmente associato alla diarrea neonatale del suino, alcune se-
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Affezioni gastroenteriche dei suini delle nursery
gnalazioni hanno descritto la diarrea da rotavirus come un
problema significativo dopo lo svezzamento. Anche alcune
descrizioni cliniche di campo indicano la possibilità di un
intervento dei rotavirus nei casi di diarrea dei suini svezzati.
Epidemiologia
Il rotavirus è resistente a molte condizioni ambientali e
molti disinfettanti. Nelle preparazioni fecali, risulta stabile
a 60° C per 30 minuti ed a 18-20 °C per 7-9 mesi.17 È anche stabile entro un range di pH di 3-9 e risulta resistente
al trattamento con etere o cloroformio. È ubiquitario negli
allevamenti suini e le indagini condotte hanno indicato
percentuali di sieroprevalenza del 77% negli Stati Uniti.16
Il virus viene diffuso attraverso la via orofecale e può essere eliminato nelle feci per periodi di durata anche fino a
14 giorni con andamento ricorrente. La diarrea da rotavirus presenta una prevalenza maggiore nei suini svezzati allevati in condizioni di flusso continuo. L’atto dello svezzamento determina l’unione di popolazioni di suini con livelli anticorpali misti e lo stress dello svezzamento può esitare in un’eliminazione intermittente e nell’infezione degli
animali suscettibili. L’immunità passiva sembra durare per
3-5 settimane, con le figliate delle giovani scrofe che di solito mostrano una maggiore suscettibilità all’infezione.18,19
micina, la gentamicina, il ceftiofur, l’enrofloxacin o il trimethoprim/sulfamidico. La disidratazione deve essere superata con la somministrazione di elettroliti. Il controllo della
diarrea da rotavirus ottiene la massima efficacia se le modalità di gestione dell’allevamento prevedono un flusso di suini
di tipo tutto pieno-tutto vuoto. Le nursery devono essere
completamente svuotate e ripulite utilizzando uno specifico
disinfettante, notoriamente in grado di inattivare i rotavirus.
La vaccinazione intramuscolare antirotavirus esita frequentemente nell’incapacità di stimolare gli anticorpi IgA.
Le scrofe possono essere vaccinate prima del parto, ma
dopo lo svezzamento l’intervento risulta di scarsa utilità a
causa del rapido decadimento degli anticorpi colostrali. La
somministrazione intraperitoneale di prodotti inattivati ai
suini allo svezzamento può essere il miglior modo per stimolare una risposta locale.
Bibliografia
1.
2.
3.
4.
Segni clinici
I segni clinici sono rappresentati da diarrea transitoria.
La mortalità è bassa nei suini con più di 14 giorni di vita al
momento della prima infezione; tuttavia, si possono avere
perdita di peso e disidratazione anche nel 10-20% della
popolazione.20 I segni clinici sono più gravi se le infezioni
sono di natura mista, in particolare in caso di coinvolgimento del virus della TGE o di E. coli.
Il rotavirus si replica nel citoplasma delle cellule epiteliali
dei villi del piccolo e grosso intestino e nelle cellule M.21 La
degenerazione cellulare porta ad atrofia dei villi con squilibri
idrici ed elettrolitici. Le lesioni macroscopiche possono essere assenti o lievi. Lo stomaco può essere vuoto e la superficie
sierosa del tratto intestinale può essere trasparente, col il lume colmo di diarrea voluminosa. Tipicamente, i dotti chiliferi non contengono chilo.20 Sono state documentate variazioni di ceppi e differenze di virulenza fra quelli isolati.21
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Diagnosi e trattamento
15.
La diagnosi viene formulata attraverso l’esame al microscopio elettronico del contenuto fecale o mediante immunofluorescenza su campioni di digiuno o ileo.16 I test sierologici hanno scarso valore. Può anche essere utile l’esame
istopatologico del tenue. Attualmente, per la diagnosi del
rotavirus del suino vengono utilizzati kit ELISA destinati
all’impiego nell’uomo. Anche se possono sembrare utili,
tali kit possono rilevare soltanto i rotavirus del gruppo A
ed hanno un livello di sensibilità del 70%.
Data l’elevata frequenza della concomitante infezione da
E. coli, di solito quando si osservano problemi da rotavirus è
indicata la somministrazione di antibiotici. Quelli più frequentemente utilizzati attraverso l’acqua da bere sono l’apra-
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