“La patologia iatrogenica nella chirurgia col Laser” in La Patologia iatrogenica in
ORL pagg.188-204 Ed. Minerva Medica Torino 1998
in collaborazione con G.Motta jr.M.Mesolella.M.Ruosi,F,Cinquegrani.
LA PATOLOGIA IATROGENA NELLA CHIRURGIA CON IL LASER
Motta Gaetano*, Esposito Erik D.A.V.E.**, Mesolella Massimo**, Ruosi Maurizio*, Cinquegrani Fabio**
* Seconda Universita’ degli Studi di Napoli
** Universita’ degli Studi di Napoli “Federico II”
Le numerose esperienze accumulate negli ultimi due decenni hanno permesso, da un lato, di definire con
precisione i possibili campi di applicazione del laser a CO2 e di codificare le tecniche chirurgiche più idonee
per il trattamento di determinate patologie, e, d’altra parte, di porre l'attenzione sui rischi e sulle
complicanze che tale chirurgia può comportare rispettivamente per il paziente, il personale di sala
operatoria e il chirurgo stesso.
Riporteremo di seguito i risultati della nostra Scuola in relazione alla chirurgia del laringe e dell’orecchio.
I) COMPLICANZE DELLA CHIRURGIA LASER DELLE PATOLOGIE LARINGEE
Nel corso degli interventi in microlaringoscopia diretta in sospensione con l'ausilio del laser a CO2 si
possono osservare complicanze:
A) relative all'utilizzo dell'apparato di sospensione laringeo come proposto da Kleinsasser,
B) dovute specificamente all'impiego del laser a CO2,
C) relative al tipo di patologia in corso di trattamento ed alla particolare tecnica chirurgica.
A) Nel primo caso si possono verificare alcuni inconvenienti relativi alla tecnica di intubazione orotracheale.
Essa va eseguita con la dovuta cautela evitando forzati e bruschi movimenti che possono determinare la
caduta di elementi dentari dell'arcata superiore, la lacerazione della mucosa dei pilastri palatini anteriore o
posteriore e/o dei muscoli in essi contenuti (muscolo glossostafilino e muscolo faringostafilino), parestesie
o disgeusie linguali per la trazione e compressione effettuata con il laringoscopio sui nervi linguale e
glossofaringeo. Per evitare tali inconvenienti occorre procedere all'intubazione solo dopo aver protetto con
opportuni "paradenti" di materiale plastico l’arcata dentaria superiore e posizionare il laringoscopio senza
eccessive trazioni o compressioni sulla lingua.
Una eccessiva iperestensione della testa può inoltre essere causa di lesioni del rachide cervicale in
particolare nei soggetti anziani affetti da artrosi cervicale: a ciò si può ovviare posizionando il paziente in
decubito dorsale con la testa poggiata su un apposito cuscino arrotolato o “ciambella” in modo da avere la
nuca dieci centrimetri al di sopra del piano del tavolo (fig.1). Alcuni chirurghi, di fronte alla difficoltà di
introdurre il laringoscopio, sono portati ad abbassare il capo ponendolo all'altezza del piano di appoggio
delle spalle o addirittura ad un livello più basso; tale posizione é errata ed aumenta le difficoltà di
intubazione
B) Le complicanze relative all'impiego del laser a CO2 possono essere cosi’ schematizzate:
1) accidentali (allorquando l'azione del raggio laser durante l'atto chirurgico diventa dannosa per il cattivo
funzionamento dell'apparecchio ovvero per imperizia del chirurgo):
1.1) il raggio laser colpisce accidentalmente il paziente o il personale di sala operatoria;
1.2) combustione del materiale utilizzato in sala operatoria provocata dal raggio laser;
1.3) inalazione dei fumi prodotti nel corso dell'intervento.
2) post-operatorie, suddivise in relazione al tempo di comparsa in:
2.1) immediate;
2.2) tardive.
B.1.1) L'azione del raggio laser durante l'atto chirurgico può divenire dannosa per cause accidentali, per il
cattivo funzionamento dell'apparecchio, o per imperizia del chirurgo configurandosi, in quest’ultimo caso,
come danno iatrogeno. Il raggio laser può erroneamente colpire gli occhi del paziente determinando lesioni
corneali ovvero retiniche. Parimenti esso può accidentalmente ledere lo smalto dei denti o provocare
ustioni delle labbra o della cute: onde evitare tali danni é necessario coprire gli occhi ed il viso del paziente
con una garza o un telino imbevuti di soluzione fisiologica
Parimenti vanno protetti sia la mucosa tracheale, nel tratto posto al di sotto della sede del processo
patologico, sia l'estremità del tubo di anestesia ed il relativo palloncino, mediante un tampone di garza
imbevuto di soluzione fisiologica. Va segnalata la possibilità che il tampone introdotto in trachea venga
dimenticato: tale incidente può essere evitato se si lega il tampone tracheale ad un filo di seta che
fuoriesca dal laringoscopio.
Alcuni A.A. (1) sostengono inoltre la possibilità di disseminazione di materiale biologico, come dimostrato
sperimentalmente, che può essere trasportato dalla superficie della lesione trattata alle regioni adiacenti
con possibile disseminazione di cellule neoplastiche. Onde prevenire questa evenienza é opportuno
utilizzare il laser in modo pulsato, usando una bassa energia ed un'altra frequenza di ripetizione.
B.1.2) Il materiale utilizzato in sala operatoria nel corso di interventi con il laser deve essere rigorosamente
incombustibile al fine di prevenire eventuali incidenti, determinati dall'azione del laser stesso, che possono
compromettere i risultati chirurgici ed anche la sicurezza del paziente.
In proposito va segnalato che la combustione può interessare sia il tubo endotracheale impiegato per
l'anestesia (2,3,4,5,6) sia la miscela di gas anestetici in esso contenuta (7).
Per ovviare a tali inconvenienti alcuni A.A. hanno proposto l'impiego di sonde endotracheali per anestesia
di materiale particolare; ad esempio:
a) tubi di Teflon (6), che presentano lo svantaggio di essere sprovvisti del sistema di cuffiaggio e di
presentare un costo elevato;
b) tubi di vetro flessibile (8), che presentano il rischio di essere fragili e di scarsa manegevolezza;
c) tubi di metallo (9), che comportano un difficoltoso posizionamento sia per la loro notevole rigidità che per
l'eccessivo diametro. Inoltre la loro superficie metallica può riflettere il raggio laser e sono sprovvisti di
cuffia;
d) tubi di gomma rossa (Rusch) rivestiti da nastro di alluminio autoadesivo riflettente (2), che presentano
una discreta resistenza alla penetrazione del laser e se si incendiano producono poco fumo causando
modesti danni all'albero tracheo-bronchiale;
e) tubi armati e rivestiti di Merocell (costosi), non sempre altrettanto sicuri.
L'adozione dei tubi di gomma rossa protetti con nastro di alluminio autoadesivo viene ritenuta la migliore
soluzione attualmente disponibile (10) (fig.2). Il nastro di alluminio deve essere avvolto intorno al tubo in
gomma con notevole cura, in quanto durante le manovre di intubazione esso può staccarsi in qualche
punto e provocare lesioni della mucosa a livello laringeo o tracheale. Pertanto alcuni A.A. (10) preferiscono
applicare strisce di alluminio partendo dalla porzione prossimale del tubo, anziché da quella distale mentre
altri (11) appongono due strisce di nastro di alluminio lungo l'intero tubo fermate alle estremità con due
piccoli pezzi di cerotto. In letteratura sono stati descritti numerosi altri metodi per la protezione del tubo
quali, ad esempio, l'impiego di un cerotto inumidito (12) o garze chirurgiche imbevute di soluzione salina
(13).
La protezione del tubo é risultata talvolta inefficace per la prevenzione di incendi (2): ciò é determinato dal
fatto che, se si applica una sufficiente energia laser in un determinato punto per un periodo prolungato di
tempo, comunque si sviluppa una combustione (4): é pertanto necessario che il tubo endotracheale non sia
mai bloccato da cerotto o da altro materiale, perché in caso d'incendio ciò impedirebbe la rapidità
dell'estubazione.
Un altro fattore importante da considerare nella comparsa di un incendio é rappresentato dalle miscele di
gas anestetici utilizzati durante l'intervento. Occorre infatti evitare l'uso di gas infiammabili (14) e mantenere
al di sotto del 40% la concentrazione di O2 ovvero, ove possibile, somministrare anestetici per via
endovenosa in sostituzione dei gas (15).
Anche il materiale utilizzato a copertura del letto operatorio deve essere sicuro: in tal senso i telini di carta
sono da evitare anche se trattati con sostanze chimiche ignifughe.
B.1.3) Durante l'atto chirurgico la vaporizzazione dei tessuti produce un fumo denso che costituisce un
ostacolo per la visibilità del campo operatorio, impedisce la speditezza dell'intervento e impegna il chirurgo
nella continua aspirazione. I prodotti di degradazione contenuti nel fumo possono essere tossici a livello
polmonare se inalati dal chirurgo o dal personale della sala operatoria. Inoltre particelle microscopiche di
virus o cellule vitali da tumori maligni possono disseminarsi nell'aria (16). Alcuni studi infatti riportano la
possibilità di inalare cellule cancerose presenti nel fumo prodotto dal laser (17), altri ritengono che le cellule
tumorali siano troppo grandi per essere trasportate nelle volute di fumo (18). Più sicuro invece é il rischio di
disseminazione di virus (17) o DNA virale (19) non solo in rapporto alle lesioni in corso di trattamento, ma
anche in rapporto ad infezioni virali sistemiche (epatiti, HIV) di cui può essere affetto il paziente.
Per tali motivi occorre un’aspirazione dei fumi particolarmente efficace durante gli interventi mediante laser
a CO2. Noi adottiamo una doppia aspirazione, con una sonda disposta parallelamente al tubo,
aumentandone solo di poco il diametro esterno, ed una cannula di aspirazione manovrata direttamente
dall’operatore, in modo da consentire l'allontanamento del fumo generato dalla vaporizzazione dei tessuti
durante l'intervento nell’immediata prossimità dell’azione del raggio. Inoltre il palloncino del tubo
endotracheale, se correttamente gonfiato, impedisce l’inalazione dei fumi di combustione prima che
vengano aspirati dalla cannula.
C) Le complicanze post-operatorie si riferiscono alle esperienze della Scuola di Napoli nel campo della
microchirurgia attuata con l'ausilio del laser a CO2 relative a circa 2000 interventi eseguiti in 16 anni. In
particolare faremo riferimento a:
C.1) Lesioni benigne e discheratosi
C.2) Neoplasie glottiche
C.3) Neoplasie sovraglottiche
C.4) Paralisi laringee in adduzione
C.5) Stenosi laringee
C.6) Papillomatosi laringea
C.1) Lesioni benigne e discheratosi
L'impiego del laser nel trattamento delle neoformazioni laringee benigne, quali i noduli, i polipi o gli edemi di
Reinke, può essere valido ma certo non costituisce la principale indicazione di questa metodica chirurgica.
Infatti l'exeresi dei polipi e dei noduli vocali, ed anche degli edemi di Reinke, può essere sempre effettuata
utilizzando le metodiche di microlaringoscopia tradizionale con risultati eguali o a volte addirittura migliori,
sebbene il laser a CO2 possa presentare dei vantaggi; infatti il suo potere coagulante riduce il
sanguinamento intraoperatorio migliorando la visione endoscopica ed agevola l'esecuzione dell'intervento:
si tratta però di vantaggi nel complesso modesti e non giustificati da un positivo rapporto costi/benefici. Per
la descrizione delle modalità dell'intervento si rimanda a lavori già pubblicati (10,20); in questa sede va
ricordato che l’escissione delle neoformazioni va eseguita per sezione del peduncolo o per scollamento
della base di impianto in quanto la loro vaporizzazione, provocando un innalzamento della temperatura
locale, può determinare lesioni della sottomucosa con conseguenti postumi indesiderati (piccoli noduli
reattivi o cicatrici retraenti) (fig. 3,4,5).
Nell'eseguire l'escissione delle neoformazioni segnalate é comunque necessario:
- salvaguardare l'integrità della commessura anteriore;
- rispettare la sottomucosa e la lamina elastica.
Qualora entrambe le corde vocali siano interessate nel tratto anteriore dal processo patologico occorrerà
anche evitare attentamente di ledere la mucosa del segmento ventrale di una della due corde vocali ed
eseguire l'intervento in due tempi. Se, per un qualsivoglia motivo, la commessura anteriore venisse lesa,
sarà necessario procedere, nei giorni successivi all'intervento, a periodici controlli per allontanare i depositi
di fibrina e prevenirne l'organizzazione con la conseguente costituzione di sinechie.
Per ciò che riguarda le lesioni epiteliali a potenzialità evolutiva (leucoplachie, pachidermie, verruche) é
indispensabile effettuare uno scollamento sottomucoso dell'intera lesione che dovrà essere conservata per
il relativo esame istologico post-operatorio. A tale scopo con il laser si effettuerà un'incisione un millimetro
all'esterno dei margini della lesione discheratosica e si procederà allo scollamento della sua superficie
d'impianto lungo un piano di clivaggio sottomucoso, che rispetti l'integrità della lamina elastica.
Quando la discheratosi interessa la commessura anteriore non é possibile assicurare l'integrità della
mucosa del terzo anteriore di una delle due corde vocali praticando l'intervento in due tempi: nell'intervallo
fra le due operazioni si avrebbe infatti la ricostituzione del processo patologico in quanto la mucosa
discheratosica dal lato non operato si diffonderebbe alla superficie cruentata della commessura anteriore.
in conseguenza di ciò, in questi casi, occorrerà procedere ad una asportazione radicale della discheratosi
ed effettuare quindi nell'immediato periodo postoperatorio numerosi controlli, distanziati l'uno dall'altro di 37 giorni, per allontanare la fibrina e prevenire la costituzione di processi aderenziali.
C.2) Neoplasie glottiche
La nostra Scuola, sin dal 1982, ha sostenuto la possibilità di intervenire con l’impiego del Laser a CO2 nel
trattamento non solo dei tumori che coinvolgono zone limitate delle corde vocali vere, ma anche di quelli
che si estendono a tutto il piano glottico ed a zone contigue.
Le tecniche chirurgiche da noi adottate (10,20) consentono infatti l’exeresi dei tumori del piano glottico,
mono o bilaterali, e di quelli che si estendono alla commessura anteriore, al ventricolo di Morgagni, alle
corde vocali false ed alla regione ipoglottica conservando sempre i criteri di rigorosa radicalità che devono
essere rispettati nella chirurgia oncologica.
La nostra casistica fa riferimento a 516 casi trattati fra il 1981 ed il 1991 classificati secondo i criteri già
esposti in precedenti lavori (10,20):
- 321 casi T1 (194 T1a e 127 T1b);
- 158 casi T2 (104 T2a e 54 T2b)
- 37 casi T3.
Nell'immediato decorso postoperatorio si sono talora verificate delle complicanze che in alcuni casi hanno
richiesto provvedimenti chirurgici di urgenza; in particolare:
C.2.1) in 25 pazienti (5 %) si e' avuta una lesione della membrana cricotiroidea: in essi nelle ore
immediatamente successive all'operazione a seguito di colpi di tosse e' comparso un enfisema
sottocutaneo che interessava il collo e talora si estendeva al torace e al volto. In 11 casi l'enfisema si e'
riassorbito spontaneamente in 3-6 giorni senza alcun provvedimento; in 5 soggetti la complicanza e' stata
dominata eseguendo un'incisione orizzontale al giugulo associata a due incisioni presternocleidomastoidee
ed applicando un drenaggio in aspirazione; in 2 pazienti si e' resa necessaria una tracheotomia;
C.2.2) 8 malati (1,6%) hanno presentato delle emorragie piu' o meno cospicue, che in tutti i casi sono state
dominate eseguendo la diatermocoagulazione dei vasi sanguinanti in microlaringoscopia diretta; in 2 di
questi casi si e' resa necessaria anche una tracheotomia a causa dell'insufficienza respiratoria provocata
dall'edema insorto dopo la causticazione.
C.2.3) le complicazioni tardive piu' frequenti sono le granulazioni, che in genere si costituiscono in
corrispondenza o in prossimita' della commessura anteriore; esse si impiantano sulla cartilagine privata del
suo rivestimento pericondrale.
Attualmente, grazie all’utilizzo di laser pulsati che evitano l’eccessivo surriscaldamento delle strutture
cartilaginee l’incidenza di tali complicanze si é notevolmente ridotta ( 20-30 % dei casi con esposizione
della cartilagine, 10% nei casi in cui non viene raggiunto il pericondrio). Dal punto di vista istologico le
granulazioni presentano una struttura caratterizzata da un' abbondante proliferazione vascolare a cui si
associa un infiltrato infiammatorio e dall’assenza di un epitelio di rivestimento. Le granulazioni insorgono
30-60 giorni dopo l'intervento e di solito tendono ad aumentare di volume con conseguenti disturbi
funzionali (turbe della fonazione, crisi dispnoiche) per cui vanno tempestivamente asportate con le comuni
pinze a cucchiaio in microlaringoscopia in sospensione, causticando accuratamente la loro base di
impianto e la loro recidiva e' eccezionale.
C.2.4) più raramente può insorgere una disfagia post-operatoria piu’ accentuata per i liquidi che per i solidi
che regredisce spontaneamente in un tempo variabile da qualche giorno a qualche mese.
C.3) Neoplasie sopraglottiche
Nelle neoplasie del vestibolo laringeo costituisce in genere il provvedimento chirurgico piu' praticato:
abbiamo sottoposto ad intervento chirurgico in microlaringoscopia diretta con l’ausilio del Laser a CO2 106
pazienti in un periodo di tempo compreso tra il 1980 ed il 1995.
C.3.1) per quanto riguarda le complicanze post-operatorie, 5 (5%) pazienti hanno avuto delle emorragie a
7-10 giorni dall’intervento, a causa del distacco dell’escara formatasi sulla superficie cruentata. In 4 casi
l’emorragia e’ stata dominata in anestesia generale mediante diatermocoagulazione del vaso responsabile
del sanguinamento, mentre in un caso si é avuto l’exitus del paziente per inondazione polmonare prima di
poter intervenire.
C.3.2) nel decorso post-operatorio la disfagia rappresenta una normale complicanza di tali interventi.
Generalmente essa si risolve dopo 2-12 giorni senza richiedere l’apposizione del sondino naso-gastrico.
Nei casi in cui viene eseguita la resezione dell’epiglottide sovraioidea ed in quelli in cui si effettua un’ampia
escissione la disfagia, piu’ accentuata per i liquidi, richiede l’applicazione della sonda naso-gastrica che
viene solitamente rimossa dopo 10-20 giorni.
C.4) Paralisi laringee in adduzione
L'introduzione del laser a CO2 nella chirurgia laringea ne ha permesso un impiego razionale anche nel
trattamento delle paralisi laringee in adduzione. In relazione alle complicanze legate all’intervento di
aritenoidectomia occorre segnalare che la tecnica inizialmente proposta prevedeva la vaporizzazione
dell'apofisi vocale aritenoidea e del tratto adiacente della corda vocale vera. Tale metodica dava luogo ad
un certo numero di insuccessi, con il persistere di una dispnea da sforzo, dovuti:
1) ad un notevole edema post-operatorio;
2) alla formazione di fibrina in corrispondenza della ferita chirurgica;
3) alla formazione di granulazioni in corrispondenza dei residui cartilaginei;
4) ad una ipertrofia compensatoria della corda vocale falsa omolaterale.
Per tali motivi la nostra Scuola ha successivamente proposto di effettuare l’asportazione dell’aritenoide
intera per dissezione associandola all’exeresi del tratto posteriore della corda vocale falsa e vera, con una
considerevole riduzione di tali complicanze.
I nostri risultati si riferiscono a 55 pazienti trattati dal 1985 al 1994 e controllati per un periodo minimo di 12
mesi.
Da quando abbiamo introdotto le modifiche alla tecnica precedentemente descritte non c’é stato più
bisogno di nessun intervento di revisione chirurgica e l’unica complicanza da noi riscontrata é stata la
formazione di depositi di fibrina nei 3-7 giorni immediatamente successivi all’intervento chirurgico, con lievi
fenomeni di insufficienza respiratoria; in tali casi si é proceduto alla rimozione della fibrina in anestesia
locale per evitare la possibile organizzazione della fibrina stessa.
In rari casi si possono verificare dei disturbi della deglutizione che si risolvono spontaneamente.
C.5) Stenosi laringee
Le stenosi laringo-tracheali rappresentano una patologia molto complessa che necessita di soluzioni
chirurgiche differenti in relazione alla localizzazione ed all’estensione della stenosi stessa. Per tale motivo,
facciamo riferimento ad una classificazione che tenga conto dei problemi sopra menzionati in modo da
utilizzare la tecnica chirurgica più adeguata al diverso tipo di patologia; più precisamente abbiamo
suddiviso tali affezioni come segue:
- stenosi della regione sopraglottica e dell’adito laringeo;
- diaframmi o sinechie a livello della regione glottica e/o della regione ipoglottica;
- stenosi diffuse laringo-tracheali.
La nostra casistica fa riferimento a 110 casi trattati con le tecniche chirurgiche illustrate in nostri precedenti
lavori (20) che ci hanno permesso di evidenziare i notevoli vantaggi che l’impiego del Laser consente di
ottenere, rispetto alla chirurgia tradizionale, nel trattamento di tali patologie.
Le complicanze legate al trattamento di queste forme patologiche nella nostra esperienza sono:
- la recidiva del processo cicatriziale, talvolta a distanza dall’intervento chirurgico, anche qualora il
rivestimento epiteliale si sia perfettamente ricostituito;
- la formazione di cicatrici retraenti a livello della commessura anteriore ovvero di quella posteriore a causa
delle manovre chirurgiche con una conseguente dispnea;
- lacerazioni della mucosa e della membrana crico-tiroidea posteriore con la costituzione di fistole tracheoesofagee;
- granulazioni reattive, specialmente quando la tecnica prevede anche l’applicazione di stent endo-tracheali
(tipo Montgomery o di Traissac). Tali neoformazioni si formano in corrispondenza delle estremità dello
stent, provocandone l’ostruzione parziale con la conseguente dispnea;
- disfagia più accentuata ai liquidi, con possibile inalazione e broncopolmonite ab ingestiis;
- estrusione o inalazione dello stent nel caso questo sia stato mal posizionato o sia di dimensioni
inadeguate.
C.6) Papillomatosi laringea
La papillomatosi laringea é stata una delle prime patologie sottoposte all’impiego del Laser a CO2.
Attualmente tutti gli Autori concordano nell’ammettere l’utilità del Laser nel trattamento di questa patologia
tenendo sempre ben presente che la terapia chirurgica non risolve definitivamente il processo morboso per
cui, anche se correttamente asportati mediante il Laser, i papillomi tendono a recidivare comunque.
La nostra casistica si riferisce a 40 soggetti affetti da papillomatosi laringea che abbiamo operato e seguito
per più di 5 anni: le lesioni interessavano principalmente il piano glottico e si estendevano alle regioni
sopraglottica (32/40 casi) e/o a quella ipoglottica (12/40 casi).
Si é inoltre evidenziato un coinvolgimento della commessura anteriore in 12 casi, della commessura
posteriore in 4 casi e la diffusione ad entrambe le commessure in 2 casi.
In riferimento alle complicanze specifiche di questa patologia ricorderemo innanzitutto la possibilità della
costituzione di:
1) depositi di fibrina (50% dei casi);
2) granulazioni (12,5% dei pazienti);
3) lesioni della commessura anteriore con tendenza alla costituzione di sinechie (10% dei casi).
Inoltre, la giovane età dei pazienti che, pertanto, presentano un laringe in via di sviluppo, associata all’alta
frequenza di interventi da effettuare a causa delle recidive papillomatose può comportare il costituirsi di
processi cicatriziali con conseguente irrigidimento della mucosa cordale e disfonia permanente.
Nei casi particolarmente gravi, infine, si può costituire un edema post-operatorio tale da costringere
l’operatore ad effettuare una tracheotomia.
II) COMPLICANZE DELLA CHIRURGIA LASER NELLE PATOLOGIE OTOLOGICHE
Il Laser ha trovato impiego nella chirurgia laringologica sin dal 1972 (21); il suo uso nella chirurgia otologica
ed otoneurologica é, invece, più recente anche se esso ha trovato, con il passare degli anni, un numero
sempre maggiore di applicazioni nel trattamento di patologie di interesse otologico. Il laser, infatti, viene
impiegato nella chirurgia dell’otosclerosi e dell’otite cronica, per la risoluzione di alcune affezioni
dermatologiche dell’orecchio esterno ed in otoneurochirurgia.
Ciò nonostante, la chirurgia dell’otosclerosi rappresenta il campo di applicazione del laser più comune e
maggiormente dibattuto in letteratura e pertanto riteniamo opportuno riferirci a tale patologia per analizzare
le complicanze e le problematiche metodologiche dovute al suo impiego.
Il raggio laser, infatti, venne impiegato per la prima volta nel 1965 quando si effettuarono alcuni
esperimenti su cavie (22,23), però solo tra la fine degli anni 70 e gli inizi degli anni 80, si ebbero i primi
“reports” di Palva, Perkins e DiBartolomeo (24,25,26) in cui veniva dimostrata la sostanziale sicurezza
dell’uso del Laser ad Argon nella chirurgia otologica. Nel 1989, Lesinski e Stein (27) proposero, invece,
l’impiego clinico sistematico anche del raggio a CO2 nella chirurgia della staffa.
Le complicanze legate a tale chirurgia sono essenzialmente dovute a:
1) tipo di radiazione laser impiegata;
2) parametri di impiego.
1) La prima radiazione sottoposta ad applicazione clinica nel trattamento dell’otosclerosi fu quella ad Argon
proposta nel 1980 da Perkins (25). Numerose ricerche sperimentali (27,28,29,30,31) avevano, però,
documentato un’apparente maggiore sicurezza del Laser a CO2 per le sue migliori caratteristiche di
tropismo tissutale; la radiazione ad anidride carbonica, infatti, viene meglio assorbita dalle strutture ossee bianche - e si estingue al primo contatto con i liquidi (endolinfa). Il Laser ad Argon, invece, per le proprie
caratteristiche di lunghezza d’onda, può attraversare le strutture osse ed i liquidi labirintici determinando un
danno diretto delle cellule pigmentate delle strutture membranose labirintiche. L’impiego della radiazione a
CO2 é stato però ritardato per la mancata risoluzione di alcune problematiche tecniche, fra cui la sfasatura
tra raggio incidente e raggio guida e la irregolare distribuzione della potenza, che solo le apparecchiature di
ultima generazione hanno consentito di superare.
Più precisamente, il Laser a CO2 é una luce non visibile e, per tale ragione, necessita di un raggio guida, in
genere ad He-Ne, che ne permetta l’impiego chirurgico. A tal fine, però, é necessario che i due raggi siano
perfettamente allineati affinché lo spot luminoso che illumina la zona da trattare corrisponda perfettamente
alla zona che il raggio a CO2 andrà a colpire. Questo problema é stato oggetto di studi per diversi anni
prima di riuscire ad arrivare alla sua risoluzione.
Come precedentemente accennato, negli scorsi decenni ha rappresentato un notevole ostacolo tecnico
anche l’impossibilità di focalizzare il laser in una regione di spazio definita e ristretta. Nei primi apparecchi
infatti, il fascio laser distribuiva il proprio effetto sulla superficie bersaglio in maniera irregolare lasciando
comunque che una quota di radiazione non trascurabile raggiungesse le zone limitrofe (TEM 20 - fig. 8),
realizzando in definitiva raggi di diametro non inferiore ad 1 mm e pertanto non applicabili nella chirurgia
della staffa. Attualmente, le innovazioni tecnologiche permettono di far confluire l’86% dell’intensità del
fascio in un’area estremamente ristretta (TEM 00 - fig. 8) sino ad arrivare ad un raggio di 0.3 mm. di
diametro.
E’ opportuno sottolineare che é sempre necessario effettuare dei controlli tecnici periodici delle
apparecchiature laser per assicurarsi il perfetto allineamento di raggio guida e raggio incidente e che vi sia
una corretta distribuzione della potenza della radiazione a CO2.
2) I parametri di impiego del Laser sono rappresentati dalla frequenza del raggio, dalla sua potenza e,
soprattutto, dalla modalità con la quale esso viene erogato.
Il laser adottato sulla base dell’esperienza della nostra clinica é stato programmato per l’emissione di
impulsi singoli modulati su una frequenza costante (200Hz); tale modulazione, che non é generata
elettricamente - “superpulse” (fig. 9) - ma meccanicamente, viene definita “chopped” (fig. 9) ed ha il
vantaggio di determinare pause tra un impulso e l’altro, senza residui tra le pulsazioni, evitando così il
surriscaldamento dell’organo bersaglio ed il conseguente danno termico dei tessuti.
I parametri di potenza e modalità di erogazione e, con essi, le relative complicanze, variano sulla base del
tempo chirurgico; più precisamente, il laser é stato adottato:
2.1) per incidere la cute del condotto uditivo esterno, con una intensità di 1-2 Watt ad emissione continua
(fig. 10); l’incisione va effettuata con notevole precisione al fine di evitare una marcata retrazione del lembo
timpano-meatale.
Dopo aver aperto l’orecchio medio, i successivi tempi chirurgici presentano dei rischi di complicanze
comuni. In particolare, infatti, il raggio laser può colpire, erroneamente ovvero a causa di un movimento
inopportuno del paziente - a tal proposito é necessario ricordare che tale intervento si svolge in anestesia
locale -, strutture quali il nervo facciale o la platina. Per ovviare a tali inconvenienti é sufficiente ricoprire tali
zone con soluzione fisiologica ovvero con tamponcini imbevuti di liquido, previamente portato a
temperatura corporea al fine di evitare l’insorgenza di vertigini.
2.2) per sezionare il tendine dello stapedio con una potenza di 2 Watt ad emissione continua ovvero di 3
Watt a singoli impulsi (0,1 sec.) defocalizzati (fig. 11).
2.3) per disarticolare l’articolazione incudo-stapediale, con un’intensità di 3 Watt ad emissione continua;
durante tale tempo chirurgico bisogna, inoltre, prestare attenzione a non colpire il processo lungo
dell’incudine poichè tale evento potrebbe portare ad una maggior incidenza di necrosi dello stesso.
2.4) per fratturare le crura della staffa, con un’intensità di 3 Watt ad emissione continua ovvero di 4-5 Watt
a singoli impulsi (0,2 sec.) defocalizzati (fig. 12).
2.5) per perforare la platina, con una potenza di 7-12 Watt ed uno (o più, in caso di otosclerosi obliterativa)
singoli impulsi (0,05 sec.) defocalizzati, in modo da realizzare un foro di 0,7 mm (fig. 13); a tale riguardo é
necessario segnalare che, per ottenere una corrispondenza ottimale tra i parametri impostati ed il diametro
della platinotomia, il fascio laser dovrà essere orientato con estrema precisione in direzione perpendicolare.
Durante tale tempo chirurgico le complicanze possono essere rappresentate dall’eccessivo
surriscaldamento dei liquidi labirintici ovvero da un danno diretto delle strutture membranose: numerosi
studi (32,33) hanno però dimostrato la scarsa significatività del rialzo termico dei liquidi labirintici
comprovando, ulterirormente, la sicurezza nell’uso della radiazione ad anidride carbonica. Va inoltre
sottolineato che tale tecnica consente di evitare possibili complicanze in presenza di una platina
“basculante” oppure accidentalmente fratturata (34) (figg. 14-15).
Nella nostra casistica che fa riferimento a 199 pazienti affetti da otosclerosi operati di stapedotomia
mediante laser a CO2 fra il 1994 ed il 1997 non é stata mai osservata alcuna complicanza legata
all’impiego del laser.
E’ opportuno sottolineare che l’uso del laser a CO2 ha consentito un minor traumatismo meccanico sulle
strutture labirintiche, documentato non solo dall’assenza di lesioni neurosensoriali post-operatorie, ma
anche dalla assoluta mancanza di manifestazioni vertiginose intra-operatorie durante il tempo chirurgico
della fenestrazione platinare in tutti i pazienti operati.
Il laser va pertanto considerato un importante progresso nella chirurgia otologica ed i risultati e le
complicanze che derivano dal suo impiego sono legati principalmente all’impiego di apparecchiature
adeguate, al riferimento a parametri precisi ed all’abilità e all’esperienza del chirurgo.
CONCLUSIONI
Il laser a CO2 rappresenta un potente ed avanzato strumento nelle mani del chirurgo ma i risultati
dipendono dalle corrette indicazioni e da una tecnica adeguata senza i quali si può andare incontro a gravi
insuccessi e complicanze spesso non facilmente recuperabili.
La chirurgia laringea con laser a CO2 necessita, infatti, di un lungo training specifico, e nessun chirurgo,
per quanto esperto nelle tecniche tradizionali, può improvvisarsi microchirurgo. E’, infatti, necessario, oltre
ad una profonda conoscenza dell’anatomia macroscopica delle strutture interessate, anche una
consuetudine alla visione microscopica delle stesse ed una adeguata esperienza sulle reazioni tissutali e
cicatriziali all’effetto del raggio laser.
Nella chirurgia laser della staffa, per evitare o ridurre al minimo l’incidenza di complicanze é, inoltre,
necessario:
- un’attenta selezione della radiazione laser più idonea;
- il rispetto di precisi parametri d’impiego;
- il controllo periodico delle attrezzature per verificare sia i livelli di potenza che l’emissione del raggio.
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DIDASCALIE
Fig. 1) Posizione corretta del paziente.
a) “ciambella”
Fig. 2) Tubo in gomma rivestito di nastro di alluminio autoadesivo
Fig. 3) Nodulo reattivo della commessura anteriore
Fig. 4) Granulazione della commessura anteriore
Fig. 5) Ampia sinechia della commessura anteriore