Implementazione in sistemi EMC VPLEX di Microsoft Hyper-V

Implementazione in sistemi EMC VPLEX di
Microsoft Hyper-V e SQL Server con
supporto potenziato del clustering di failover
Tecnologia applicata
Riepilogo
Questo white paper prende in esame l’implementazione e l’integrazione delle soluzioni Microsoft Hyper-V e
Microsoft SQL Server nei sistemi di storage federation EMC® VPLEX™. I dettagli relativi all’implementazione
con i sistemi VPLEX sono documentati con esempi pratici ad uso di amministratori di storage e di database.
Maggio 2010
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P/N h7116
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Sommario
In sintesi .............................................................................................................. 4 Introduzione ........................................................................................................ 4 Destinatari .................................................................................................................................... 4
Panoramica della tecnologia VPLEX ................................................................. 4 VPLEX Local ................................................................................................................................ 6 VPLEX Metro ............................................................................................................................... 6 Federation degli storage device ................................................................................................... 7 Indicazioni relative alla connettività .................................................................. 8 Connettività back-end per lo storage ........................................................................................... 8 Connettività front-end per gli host ................................................................................................ 9 Provisioning dello storage con VPLEX ........................................................... 11 Inserimento di VPLEX in un ambiente SQL Server ........................................ 12 Mapping degli oggetti di storage di SQL Server ........................................................................ 13 Richiesta di volumi di storage con VPLEX................................................................................. 15 Definizione dei dispositivi incapsulati ......................................................................................... 17 Configurazione dei dispositivi in una visualizzazione VPLEX ................................................... 20 Accesso agli host e registrazione .............................................................................................. 20 EMC VPLEX e i cluster di failover di Microsoft Windows Server.................. 21 Clustering di failover di Windows e Windows Hyper-V .............................................................. 22 Windows Hyper-V Live Migration ........................................................................................... 22
Configurazione dello storage VPLEX come Hyper-V pass-through .......................................... 23 VPLEX Metro e i volumi condivisi nel cluster................................................. 27 Definizione di un cluster di failover di Windows a distanza ....................................................... 27 Creazione di storage device remoti ........................................................................................ 29 Definizione di storage device distribuiti .................................................................................. 30 Abilitazione dell’accesso del nodo remoto ............................................................................. 32 Funzionalità aggiuntive del cluster VPLEX Metro .......................................... 33 Volumi esportati ......................................................................................................................... 33 Conclusioni ....................................................................................................... 35 Implementazione in sistemi EMC VPLEX di Microsoft Hyper-V e SQL Server con
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In sintesi
La famiglia di prodotti EMC® VPLEX™ con sistema operativo EMC GeoSynchrony™ fornisce numerose
nuove caratteristiche e funzionalità per l’era del cloud computing. Il sistema VPLEX consente di rimuovere
le barriere fisiche all’interno, su e tra data center e permette agli utenti di accedere a volumi di storage
federati in sedi distanti, utilizzando la tecnologia EMC AccessAnywhere™. Questa visualizzazione
coerente di tutti i sistemi di storage eterogenei e tra diverse sedi fisiche aumenta le ampie possibilità
offerte dalla soluzione EMC, a partire dal clustering di failover di Windows.
Grazie all’introduzione della storage federation all’interno di un singolo sito, le soluzioni VPLEX Local
consentono di utilizzare tutte le risorse di storage in un’unica visualizzazione coerente. In associazione
alle funzionalità di Hyper-V Live Migration permettono inoltre agli amministratori di storage di eseguire
migrazioni dinamiche e operazioni di bilanciamento del carico senza alcun impatto sull’availability
delle applicazioni. In configurazioni multisito, VPLEX Metro supporta un’unica visualizzazione federata
delle risorse di storage su diversi siti ed estende la funzionalità di VPLEX Local consentendo di utilizzare
soluzioni di disaster recovery per più siti. VPLEX Metro consente inoltre di eseguire il bilanciamento
dinamico del carico delle risorse delle macchine virtuali sui siti e di sfruttare le funzionalità di
Hyper-V Live Migration in modo ottimale, tramite l’estensione della singola visualizzazione
di federated storage con AccessAnywhere.
Un sistema EMC VPLEX costituisce quindi l’estensione ideale di un ambiente di virtualizzazione basato
su tecnologie Microsoft. La capacità della famiglia EMC VPLEX di fornire local federation e distributed
federation consente la collaborazione trasparente di elementi fisici relativi ai dati, all’interno di un singolo
sito o su due siti a distanza, e consente agli amministratori IT di abbattere le barriere fisiche e di ampliare
il cloud basato su Windows e Hyper-V. Le sinergie rese possibili dall’utilizzo di una piattaforma
di virtualizzazione Hyper-V connessa a un sistema EMC VPLEX consente quindi di ridurre i costi
complessivi di gestione e fornisce al contempo efficienza ottimizzata tramite un servizio dinamico
in grado di rispondere rapidamente alle esigenze in costante evoluzione delle aziende.
Introduzione
Questo white paper prende in esame l’implementazione e l’integrazione delle soluzioni Microsoft Hyper-V
e Microsoft SQL Server nei sistemi di storage federation EMC VPLEX. I dettagli relativi all’implementazione
con i sistemi VPLEX sono documentati con esempi pratici ad uso di amministratori di storage e di database.
Destinatari
Questo documento si rivolge agli amministratori di Microsoft SQL Server e Windows Hyper-V, agli
architetti e agli amministratori di storage, ai clienti ed al personale specializzato EMC che desiderano
informazioni sull’implementazione di nuove funzionalità e funzioni che possono fornire ulteriori vantaggi
in un ambiente EMC VPLEX.
Panoramica della tecnologia VPLEX
EMC VPLEX è una soluzione di federation di classe enterprise basata su SAN che consente di aggregare
e gestire pool di storage array con collegamento Fibre Channel, collocati sia in un singolo data center
che in più data center, a distanze supportate dalle reti metropolitane (MAN, Metropolitan Area Network).
EMC VPLEX Metro fornisce funzionalità di gestione dei volumi e di spostamento di dati eterogenei senza
interruzione, tra data center remoti in modalità sincrona. Grazie alla speciale architettura completamente
scalabile, il caching avanzato dei dati e la coerenza della cache distribuita del sistema VPLEX consentono
massima resilienza e condivisione automatica dei carichi di lavoro, bilanciamento e failover dei domini
di storage, nonché accesso locale e remoto ai dati con livelli di servizio prevedibili.
La piattaforma Microsoft Windows Server consente alle aziende di fornire supporto per gli ambienti
aziendali di più ampie dimensioni. Microsoft SQL Server in esecuzione in un ambiente Microsoft Windows
Server offre la possibilità di implementare ambienti di database altamente scalabili, che forniscono una
gamma di soluzioni OLTP, di data warehouse e di business intelligence leader del settore. La tecnologia
di virtualizzazione dei server Microsoft Hyper-V consente agli amministratori di combinare la scalabilità
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di entrambe le piattaforme Windows Server e dei prodotti Microsoft server associati, incluso Microsoft
SQL Server, per approntare ambienti aziendali scalabili che soddisfino i requisiti di scalabilità delle due
applicazioni e permettano un reale risparmio sui costi IT. EMC VPLEX offre valore aggiunto alle soluzioni
per ambienti dinamici e resilienti come quelli descritti e fornisce supporto completo per il clustering di
failover di Windows Server in configurazioni singole o geograficamente distribuite. L’utilizzo di EMC
AccessAnywhere per i federated storage device consente di utilizzare configurazioni in cluster di tipo
attivo/attivo su più siti, ottimizzando il modello di implementazione CSV (Cluster Shared Volume)
di Hyper-V.
EMC VPLEX è un’architettura di nuova generazione per la mobilità dei dati e l’accesso alle
informazioni, basata sugli oltre 20 anni di esperienza EMC nella progettazione, nell’implementazione e
nel perfezionamento di soluzioni di classe enterprise nell’ambito delle cache intelligenti e della protezione
distribuita dei dati. La local federation consente la collaborazione trasparente degli elementi di storage fisici
all’interno di un sito, mentre la distributed federation supporta lo stesso tipo di collaborazione tra due siti
a distanza. La distributed federation è resa possibile da una tecnologia all’avanguardia disponibile con
VPLEX, AccessAnywhere, che supporta la condivisione, l’accesso e il riposizionamento a distanza di
una singola copia di dati.
La famiglia EMC VPLEX comprende due prodotti:
•
VPLEX Local: è la soluzione più adatta per la storage federation di sistemi omogenei ed eterogenei
all’interno di un data center e per la gestione della mobilità dei dati tra entità fisiche di storage dei dati.
•
VPLEX Metro: è la soluzione rivolta ai clienti che intendono sfruttare l’accesso simultaneo e la
mobilità dei dati tra due siti remoti in modalità sincrona. VPLEX Metro consente anche a un sito
VPLEX Metro remoto di presentare LUN senza che sia necessario lo storage fisico di queste LUN
sul sito remoto.
Le soluzioni della famiglia EMC VPLEX, con le attuali caratteristiche delle rispettive architetture, sono
illustrate nella Figura 1.
Figura 1. Famiglia EMC VPLEX
Il sistema EMC VPLEX soddisfa inoltre le aspettative dei clienti in termini di availability dello
storage high-end. L’availability high-end è molto più di una semplice ridondanza, significa operazioni
e aggiornamenti senza interruzioni e possibilità di essere sempre on-line. EMC VPLEX fornisce:
•
Implementazione di AccessAnywhere, che fornisce connettività completa delle risorse sui diversi
cluster e sulle configurazioni di Metro-Plex
•
Opzioni di migrazione e mobilità dei dati sugli storage array eterogenei
•
Capacità di preservare funzionalità e livelli di servizio con la crescita del consolidamento
•
Controllo semplificato per il provisioning in ambienti complessi
• Bilanciamento dinamico del carico dei dati tra risorse degli storage array.
Molte delle nuove funzioni fornite dalla piattaforma EMC VPLEX sono in grado di ridurre i costi operativi
dei clienti che implementano soluzioni SQL Server o Windows Hyper-V e di ottimizzare la funzionalità
per fornire vantaggi ancora maggiori. Il white paper descrive in dettaglio le funzionalità di cui sopra,
che forniscono vantaggi significativi ai clienti che utilizzano Microsoft SQL Server e Windows Hyper-V.
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VPLEX Local
Una configurazione EMC VPLEX Local è definita da un massimo di quattro motori VPLEX, integrati
in un’unica immagine cluster, mediante le interconnessioni complete e ridondanti delle fabric tra i motori.
VPLEX è progettato per fornire estrema scalabilità, da configurazioni di tipo entry-level, a configurazioni
in cluster di dimensioni molto ampie per la massima high availability.
Figura 2. Caratteristiche hardware di EMC VPLEX
Come illustrato nella Figura 2, VPLEX è una soluzione per la storage federation sia di storage EMC che
non EMC. VPLEX risiede tra i server e le risorse di storage eterogeneo e introduce una nuova architettura
dalle caratteristiche esclusive:
•
Hardware clustering scalabile che consente di cominciare con una piccola implementazione iniziale
e ampliarla successivamente, con livelli di servizio prevedibili
•
Caching avanzato dei dati, che utilizza cache SDRAM su vasta scala per migliorare le prestazioni
e ridurre la latenza di I/O e le contese tra array
•
Coerenza della cache distribuita per condivisione, bilanciamento e failover automatici di I/O nel cluster
•
Vista coerente di una o più LUN sui cluster VPLEX, sia a distanza minima all’interno del data
center sia su data center remoti in modalità sincrona, per nuovi modelli di high availability
e riposizionamento dei carichi di lavoro
VPLEX Metro
VPLEX utilizza una speciale architettura di clustering per consentire alle aziende di eliminare le barriere
nei data center e permettere ai server in più data center di avere accesso simultaneo in lettura/scrittura
a storage device in blocchi condivisi. Un cluster VPLEX, illustrato nella Figura 3, è completamente
scalabile, sia mediante l’aggiunta di più motori, sia tramite la connessione di più cluster, per comporre una
configurazione VPLEX Metro Nella release iniziale, un sistema VPLEX Metro supporta un massimo di due
cluster, che possono risiedere all’interno dello stesso data center o in due diversi siti, in modalità sincrona
(distanti fino a un massimo di 100 chilometri circa). Le configurazioni di VPLEX Metro consentono agli
utenti di spostare in modo trasparente e di condividere i carichi di lavoro, di consolidare i data center
e di ottimizzare l’utilizzo delle risorse sui data center. Inoltre, i cluster VPLEX forniscono mobilità
dei dati senza interruzioni, gestione dello storage eterogeneo e availability migliorata delle applicazioni.
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Figura 3. Una configurazione EMC VPLEX Metro
Un cluster VPLEX è composto da uno, due o quattro motori. Il motore è responsabile della federation del
flusso di I/O ed effettua il collegamento agli host e allo storage utilizzando connessioni Fibre Channel
per il trasporto dei dati. Un cluster VPLEX di piccole dimensioni è costituito da un motore e dai
componenti principali:
•
Due director, che eseguono il software GeoSynchrony e si collegano a storage, host e altri director nel
cluster con connessioni Fibre Channel e gigabit Ethernet
•
Un alimentatore SPS (Standby Power Supply), che fornisce alimentazione di emergenza per supportare
il motore in caso di interruzioni di corrente temporanee
• Due moduli di gestione, che contengono interfacce per la gestione remota di un motore VPLEX
Ogni cluster è costituito anche di:
•
Un management server, che gestisce il cluster e fornisce un’interfaccia da una stazione
di gestione remota
• Un cabinet EMC 40U standard che contiene tutte le apparecchiature del cluster
In aggiunta, i cluster che contengono più di un motore sono dotati anche di:
•
Una coppia di switch Fibre Channel utilizzata per le comunicazione da un director all’altro,
tra diversi motori
•
Una coppia di alimentatori universali che fornisce alimentazione di emergenza agli switch
Fibre Channel e consente al sistema di superare le interruzioni di corrente temporanee
“VPLEX Metro e i volumi condivisi nel cluster”Nella sezione 27 di questo documento l’argomento
viene discusso in maggiore dettaglio.
Federation degli storage device
EMC VPLEX consente di fornire i livelli di storage federation illustrati nella Figura 4. Gli oggetti di
storage fisico forniti dagli storage array sul back-end possono essere definiti dispositivi incapsulati,
tramite i quali il volume di storage sottostante viene effettivamente presentato agli host configurati sul
front-end come uno storage device di tipo pass-through. Questo tipo di connettività può essere utilizzato
in caso VPLEX venga inserito in una configurazione esistente. In questi casi, lo storage dei dati sulle LUN
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può essere conservato mediante l’uso dell’incapsulamento. Anche in tali configurazioni, i livelli di
astrazione consentono la connessione di mirror locali o remoti oppure l’esecuzione di migrazioni dei
dati sui dispositivi di destinazione.
Figura 4. Panoramica del provisioning dello storage di VPLEX
Se l’incapsulamento degli interi volumi di storage non è necessario, è possibile utilizzare VPLEX per
creare estensioni multiple da volumi di storage associati. Tali estensioni possono quindi essere combinate
in volumi aggregati, per fornire distribuzione dei carichi e protezione aggiuntive. VPLEX supporta
RAID 1, RAID 0 o RAID-C, che consentono rispettivamente lo striping in mirroring, concatenato o
definito dall’utente. Poiché l’astrazione dei volumi di storage viene eseguita in questo modo, i volumi
virtuali creati su tali oggetti possono essere sottoposti a mirroring per scopi di availability o di migrazione.
Indicazioni relative alla connettività
Le configurazioni di Symmetrix VPLEX forniscono un ambiente per la connettività ad high availability,
che consente di creare ambienti virtualizzati scalabili e resilienti. La connettività sia di tipo back-end
(array) che di tipo front-end (host) deve essere impostata all’interno di una configurazione ridondante e
ad high availability. In tal modo si eliminano i single point of failure dalle configurazioni, che diventano
scalabili per gli ambienti aziendali più complessi.
Connettività back-end per lo storage
La connettività dello storage per le risorse di array è di tipo Fibre Channel ed è garantita da una serie
di porte sui due director in ogni configurazione cluster VPLEX. Per la protezione dai single point of
failure delle risorse degli storage array è necessario configurare più connessioni discrete su fabric
Fibre Channel separate.
Nella Figura 5 è rappresentata una metodologia che garantisce connettività ad high availability sulle
porte dei director VPLEX. La connettività degli storage array verrà configurata in più fabric con switch
Fibre Channel che non sono rappresentate nella raffigurazione. Si tratta di fabric ridondanti che non solo
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forniscono ridondanza per eliminare i single point of failure, ma che rendono disponibile anche un
meccanismo scalabile per la connettività a più storage array.
Figura 5. Connettività di storage scalabile e ad high availability
Per gestire il potenziale carico di lavoro sulle risorse di storage di cui si è eseguito il provisioning,
la connettività deve essere impostata in modo scalabile sulle risorse back-end. Le porte disponibili per
la connettività di qualsiasi storage array dipendono dalle specifiche caratteristiche dell’array; tuttavia,
è indispensabile fornire in tutti i casi una sufficiente connettività delle porte così come è necessario
gestire i carichi di lavoro degli host.
Connettività front-end per gli host
La Figura 6 rappresenta una vista logica di un motore VPLEX e della connettività front-end per due
ambienti Windows Server fisici. La configurazione prevede l’implementazione di un’architettura altamente
scalabile e ad high availability in cui gli host Windows Server hanno percorsi doppi e ciascuno dei percorsi
è collegato a due moduli front-end separati su director differenti. In questa figura non vengono illustrate
le fabric SAN, che devono essere configurate anch’esse in modalità di high availability.
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Figura 6. Connettività ad high availability per gli host di Windows Server
In istanze in cui viene configurato un cluster VPLEX, per la connettività host deve essere prevista una
configurazione ridondante e ad high availability, in cui gli host Windows Server sono connessi alle porte
front-end fornite da tutti i motori all’interno di un cluster. Questo tipo di connettività fornisce ridondanza
dei percorsi per le specifiche implementazioni di software sui server. Inoltre, i percorsi multipli forniscono
un’interconnessione di storage scalabile, che consente l’inoltro delle richieste di I/O di un’istanza SQL
Server attiva o la soddisfazione dei requisiti dei carichi di lavoro aggregati di un’implementazione Hyper-V
e delle susseguenti domande delle macchine virtuali e dei carichi di lavoro delle relative applicazioni.
Si consiglia di configurare almeno due HBA per host Windows Server, con l’obiettivo di presentare più
percorsi univoci al cluster VPLEX sui diversi director all’interno di un cluster.
Per fornire il massimo livello di high availability, tutti i single point of failure devono essere eliminati.
Pur non essendo una pratica da mettere in atto regolarmente, potrebbe essere necessario eseguire di tanto in
tanto la manutenzione del director. Si tratta di procedure per cui potrebbe rendersi necessaria la rimozione
del director e della relativa connettività dal sistema VPLEX. Ogni host Windows Server deve essere
pertanto dotato di percorsi ridondanti a più director front-end. Tutti gli host Windows Server devono
essere connessi a entrambi i director di un singolo motore VPLEX e su tutti i director all’interno di un
cluster VPLEX, in base alle possibilità.
Per ciascuna porta HBA, è necessario configurare almeno una porta front-end discreta. Si consiglia di
configurare ogni porta HBA per due porte front-end VPLEX sui due director di un determinato motore.
Questa metodologia per la connettività garantisce l’utilizzo di tutti i director front-end e di tutti i
processori,assicurando il massimo delle prestazioni e il bilanciamento del carico per ambienti SQL
Server e Windows Hyper-V con intensa attività di I/O.
Le configurazioni con più percorsi alle LUN di storage richiedono una soluzione software di gestione dei
percorsi sull’host Windows. La soluzione software a percorsi multipli consigliata è EMC PowerPath®,
il software di gestione dei percorsi leader del settore, che offre i seguenti vantaggi:
•
Migliori failover dei percorsi e logica di ripristino a seguito di guasto
•
Throughput di I/O migliorato in base ad avanzati algoritmi di bilanciamento del carico e a policy
di failover
•
Facilità di gestione, grazie anche a snap-in dell’interfaccia utente di Microsoft Management Console
(MMC) e a utility della CLI per il controllo di tutte le funzionalità di PowerPath
• Funzionalità a valore aggiunto, inclusa la tecnologia RAS di crittografia dei dati
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•
Maturità del prodotto con affidabilità collaudata da anni di attività di sviluppo e di impiego negli
ambienti aziendali più complessi.
Nonostante l’uso di PowerPath sia altamente consigliato, un’alternativa è rappresentata dall’utilizzo delle
funzionalità native di I/O a percorsi multipli (MPIO) del sistema operativo Windows. Il framework MPIO
è disponibile per Windows da molti anni; tuttavia, solo dalla release di Windows Server 2008 è stato
incluso un modulo specifico Microsoft per dispositivi (DSM), che consente la gestione dei dispositivi
Fibre Channel. Per ulteriori informazioni sull’implementazione di Windows MPIO DSM, consultare il
documento “Multipath I/O Overview” disponibile al seguente percorso:
http://technet.microsoft.com/en-us/library/cc725907.aspx.
Provisioning dello storage con VPLEX
EMC VPLEX fornisce agli amministratori un modello flessibile e semplificato per il provisioning dello
storage. Questo nuovo modello di provisioning dello storage introduce un livello di virtualizzazione dello
storage che fornisce la basi per un’infrastruttura dinamica.
Agli amministratori viene da sempre chiesto di rendere disponibili relazioni di tipo statico tra gli storage
device visibili dell’host e lo storage array sottostante, nonché di procedere ai mapping di tali dispositivi
ai director front-end per la connettività host. Gli amministratori gestiscono inoltre le operazioni di masking
per garantire agli host la possibilità di accedere agli storage device richiesti. Questa metodologia è sempre
stata utile agli amministratori, che dovevano in genere eseguire tali operazioni solo una volta.
Oggigiorno gli amministratori devono occuparsi di ambienti sempre più dinamici, in cui l’introduzione
di server, macchine virtuali e nuovi sistemi di storage avviene regolarmente. La migrazione dei dati da
uno storage array esistente a un nuovo array viene spesso richiesta ai fini dell’aggiornamento tecnologico
o dell’avvicendamento hardware. Tali processi sono spesso molto complessi, richiedono l’interruzione
delle attività e mettono a rischio le operazioni in corso nelle applicazioni aziendali.
EMC VPLEX fornisce ampie funzionalità nell’infrastruttura di storage, per consentire migrazioni dei dati
online ottimali all’interno e sugli storage array, anche in caso non si tratti di funzionalità essenziali dello
storage array. Le migrazioni eterogenee su più storage array forniscono agli amministratori non solo la
possibilità di passare a nuovi sistemi di storage, ma anche di eseguire il bilanciamento dinamico dei
carichi di lavoro su tutte le risorse disponibili nell’infrastruttura di storage.
Le implementazioni delle istanze in clustering sia di database SQL Server che di ambienti Hyper-V sono
diventate molto comuni con il sempre maggiore consolidamento di applicazioni e risorse. Per consentire
agli amministratori di creare relazioni flessibili tra le risorse delle applicazioni e il loro collocamento
all’interno o su più data center, VPLEX offre una metodologia di provisioning flessibile dello storage.
Gli amministratori possono ora definire le relazioni tra oggetti di storage e connettività host e implementare
la connettività richiesta grazie alla connettività di storage di VPLEX. Questa capacità di creare relazioni
logiche tramite visualizzazioni consente anche di includere automaticamente nelle modifiche i dispositivi
appropriati. Ad esempio, in una configurazione cluster solo un singolo pool di storage device deve essere
definito per un determinato cluster VPLEX. Le visualizzazioni create in base a questo pool di dispositivi
assicurano che ogni host (definito dai rispettivi initiator) incluso in tali visualizzazioni potrà accedere ai
dispositivi richiesti. Si tratta di una differenza sostanziale rispetto a molte soluzioni implementate, che
richiedono agli amministratori di intervenire manualmente per garantire la creazione delle immissioni
di masking e mapping.
La procedura che segue delinea i requisiti per l’implementazione della funzionalità di provisioning
di VPLEX:
1.
Richiedere lo storage presentato al cluster VPLEX. Questo presuppone che gli storage array rilevanti
siano stati connessi a tutte le porte back-end necessarie per il cluster VPLEX e che sia di conseguenza
disponibile un’infrastruttura di storage back-end scalabile e ad high availability.
2.
Definire le estensioni sugli storage device richiesti. Ciò consente l’allocazione di alcune aree (o di tutte
le aree) dello storage device richiesto, in modo che possa essere rappresentato come un’estensione. Le
estensioni potranno essere successivamente utilizzate per la definizione dei volumi virtuali.
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3.
Definire i volumi virtuali che verranno infine presentati ai server host.
4.
Definire la visualizzazione host, che include i WWN degli HBA che vengono utilizzati dall’host,
le porte di VPLEX che vengono utilizzate per la connettività dello storage e tutti i dispositivi che
vengono presentati agli host.
Sarà necessario disporre delle configurazioni di zoning appropriate in ognuna delle fabric, per consentire ai
rispettivi HBA di connettersi alle porte dei director.
Inserimento di VPLEX in un ambiente SQL Server
In molte istanze, i clienti implementeranno ambienti VPLEX con ambienti preesistenti. Questo tipo di
implementazione viene chiamato inserimento di VPLEX. La migrazione di ambienti applicativi Microsoft
esistenti in un ambiente VPLEX può essere implementata velocemente, con interruzioni minime delle
attività. Le migrazioni possono essere di diverso tipo, ad esempio tutti i database del sistema e degli utenti
possono essere spostati in un ambiente VPLEX oppure ci possono essere implementazioni in cui viene
eseguita la migrazione delle sole collocazioni dei database utente. L’ultimo caso viene discusso nella
sezione che segue, dato che si tratta dell’utilizzo più tipico. Sono possibili altri scenari di migrazione,
inclusi quelli che impiegano operazioni di copia basate su host per il trasferimento dei dati dalla LUN di
origine alla destinazione. Nello scenario oggetto del test, i dati continuano a risiedere nelle LUN originali,
ma tali dispositivi vengono federati mediante VPLEX.
Per dimostrare il modo in cui un’istanza di database SQL Server può essere spostata in una configurazione
VPLEX, è stata messa a punto una configurazione in un ambiente di prova, come mostrato nella Figura 7.
Un database SQL Server esistente su server LICOC211 che utilizza tre storage device Symmetrix
VMAX™ deve essere spostato in un ambiente VPLEX. Questo inserimento di VPLEX richiede di
rieseguire il mapping delle risorse di storage dal server fisico all’ambiente di destinazione tramite
l’ambiente VPLEX.
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Figura 7. Inserimento di VPLEX
Nella configurazione testata, l’ambiente di destinazione è costituito da una configurazione cluster di
failover di Windows Server 2008 a quattro nodi. Questo allo scopo di dimostrare i meccanismi necessari
per il provisioning di volumi federati a più server Windows che costituiscono un singolo cluster di failover
di Windows. Gli ambienti in cui l’ambiente server non deve cambiare vengono supportati in modo simile
e richiedono semplicemente la modifica della presentazione degli storage device, analogamente a quanto
descritto per l’ambiente cluster di destinazione.
Inoltre, anche se l’esempio illustra una migrazione di Microsoft SQL Server, si tratta di fasi simili a quelle
richieste per qualsiasi ambiente applicativo; tuttavia, le fasi della procedura potrebbero differire da quelle
necessarie per un ambiente SQL Server, per cui viene utilizzata una procedura specifica. Per gli ambienti
Hyper-V, ad esempio, potrebbe essere necessario mettere off-line tutte le risorse delle macchine virtuali
residenti nella stessa LUN, poiché lo storage device viene controllato da VPLEX.
Mapping degli oggetti di storage di SQL Server
Per molte implementazioni aziendali di Microsoft SQL Server o di Windows Hyper-V, gli ambienti
richiedono invariabilmente la migrazione di più LUN. Queste LUN rappresentano le varie aree di storage
di un’istanza di database o lo storage VHD di macchine virtuali o dischi pass-through. La Figura 8 fornisce
i dettagli relativi a un database SQL Server denominato “DBtoMigrate”, inizialmente residente su
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dispositivi Symmetrix VMAX. Lo storage utilizzato da questa istanza di database SQL Server comprende
tre volumi Windows NTFS collocati su tre LUN di Symmetrix VMAX.
Figura 8. Visualizzazione di un’istanza di database SQL Server esistente prima
delle migrazione
Il passaggio allo storage gestito VPLEX richiede una breve interruzione del funzionamento delle
applicazioni che utilizzano gli storage device di destinazione, poiché vengono gestiti da VPLEX e
poiché ne viene effettuato il provisioning ai server host. Si tratta di un’operazione da eseguire una sola
volta per spostare lo storage nell’ambiente VPLEX. Sarà necessario pertanto mettere il database off-line o
scollegarlo, in base alle esigenze. In questo esempio viene eseguita la migrazione del database su un nuovo
hardware server, in una configurazione cluster, e viene quindi scollegato il database dopo il mapping dei
file di database e degli oggetti di storage del disco.
Sarà necessario assicurarsi che tutti i dispositivi esistenti siano identificati adeguatamente per la
migrazione, al fine di garantire la collocazione dell’ambiente risultante in un’istanza di database valida.
Come metodo alternativo per identificare tutti i file (sia i file di dati che i registri delle transazioni)
è possibile utilizzare la stored procedure di SQL Server “sp_helpdb”. L’utilizzo e l’output del comando
sono illustrati nella Figura 9, come da esecuzione in SQL Server Management Studio. Si può notare che
tutti i file di dati, rappresentati dal valore “filename”, si trovano nelle unità “K:” e “L:” e che il registro
delle transazioni si trova sull’unità “M:”: rappresentano gli storage device di cui deve essere eseguito
un provisioning appropriato al cluster VPLEX di destinazione.
Figura 9. Utilizzo di sp_helpdb per visualizzare tutti i documenti di un database
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Le utility della riga di comando di EMC Solutions Enabler consentono di eseguire il mapping dei volumi
di Windows su oggetti dei dischi di Windows e quindi sui dispositivi degli storage array. La Figura 10
illustra il mapping delle risorse dei dischi di Windows sui dispositivi Symmetrix che utilizzano il comando
SYMDEV di EMC Solutions Enabler. Nell’esempio raffigurato, il dispositivo 01DA di Symmetrix viene
visto dal server come unità fisica 1.
Figura 10. Esempio di mapping degli storage device con il comando SYMCLI
Una volta identificati i dispositivi, sarà necessario eseguire le operazioni del caso sugli storage array,
per assicurarsi che tali dispositivi possano essere sottoposti a mapping sulle porte back-end di VPLEX
richieste. Nell’ambiente di test sono stati utilizzati gruppi di provisioning automatico di Symmetrix VMAX
per presentare gli storage device alle porte back-end di VPLEX, dopo lo scollegamento del database, e le
risorse dei dischi sono state messe off-line sul server Windows di origine.
Richiesta di volumi di storage con VPLEX
Una volta apportate le necessarie modifiche all’ambiente di storage, per semplificare la presentazione
dei volumi di storage rilevanti al cluster VPLEX, è necessario richiedere i volumi di storage. Il processo di
richiesta garantisce che solo gli oggetti di storage necessari vengano elaborati in fasi successive. La richiesta
dei volumi di storage viene eseguita mediante la procedura guidata di richiesta dello storage, disponibile
tramite l’interfaccia web di VPLEX. Una volta selezionato il sistema di storage e cominciata la procedura di
richiesta, viene immessa una designazione dello storage definita dall’utente, come mostrato nella Figura 11.
Figura 11. Provisioning dello storage VPLEX – Richiesta di storage
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15
L’interfaccia di VPLEX eseguirà quindi un processo di selezione degli storage device appropriati e
disponibili. Allo scopo di identificare i volumi di storage richiesti, VPLEX implementa un meccanismo
per consentire l’applicazione agli storage device di nomi definiti dall’utente. Nella Figura 12, la procedura
guidata di richiesta consente di denominare un livello di storage. In questo esempio, il valore “_SQL” viene
applicato per identificare tali volumi come appartenenti all’ambiente SQL Server in fase di elaborazione.
Figura 12. Nome definito dall’utente per un livello di storage richiesto
Una volta definito il livello, in una finestra di dialogo successiva verranno presentati gli storage device
disponibili per lo specifico storage array, come illustrato nella Figura 13. Poiché tre storage device che
costituivano le LUN di storage per l’ambiente di database SQL Server sono stati sottoposti a mapping sul
cluster VPLEX, gli stessi vengono visti come volumi di storage disponibili. Vengono inoltre visualizzati il
nome assegnato ai volumi di storage, generato dal numero di serie di Symmetrix VMAX (le ultime quattro
cifre del numero di serie), il livello definito dall’utente e l’ID del dispositivo Symmetrix.
Figura 13. Visualizzazione degli storage device non richiesti e disponibili
Una volta completato il processo di richiesta dei volumi di storage, i tre storage device verranno resi
disponibili per l’elaborazione seguente. I tre nuovi storage device sono mostrati nell’elenco dei
volumi di storage dello storage array VMAX nella Figura 14. L’elenco include volumi di storage
elaborati precedentemente.
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Figura 14. Visualizzazione di tutti gli storage device richiesti
Definizione dei dispositivi incapsulati
Poiché i volumi di storage già contengono volumi definiti da Windows e di conseguenza volumi Windows
NTFS, i file di dati richiesti e il registro delle transazioni, i volumi verranno configurati come incapsulati.
Tali volumi incapsulati saranno in seguito presentati all’host Windows richiesto.
La prima fase del processo consiste nel definire le estensioni dei volumi sui volumi di storage richiesti,
come mostrato nella Figura 15.
Figura 15. Creazione di nuove estensioni dei volumi
La procedura guidata di creazione delle estensioni consente di definire le estensioni di storage. L’obiettivo
in questo caso è semplicemente quello di trasferire i dispositivi federati direttamente all’host Windows
di destinazione e di non creare alcuna segmentazione del volume di storage sottostante. Nella Figura 16
i dispositivi precedentemente selezionati sono stati aggiunti e verranno utilizzati per definire le estensioni.
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Figura 16. Finestra di selezione per la creazione delle estensioni
Una volta effettuata la selezione dei dispositivi richiesti, l’utente può definire le dimensioni delle
estensioni, che possono essere allocazioni più piccole dell’intero storage device. In questo caso lo scopo
consiste nell’utilizzare l’intero storage device e passare attraverso il volume Windows NTFS esistente e
i file del database SQL Server in esso contenuti; di conseguenza, l’allocazione dello storage complessivo
viene utilizzata come mostrato nella Figura 17.
Figura 17. Definizione dell’allocazione di storage per le estensioni
Dopo avere definito le estensioni di storage appropriate, la procedura guidata visualizzerà le nuove
estensioni create. Nella Figura 18 lo stato dei volumi di storage è indicato come “usato” e i volumi
non dispongono di ulteriore spazio di storage disponibile. Le estensioni di storage verranno generate
dai volumi di storage e utilizzate per le fasi successive.
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Figura 18. Visualizzazione delle estensioni di storage create
Nella Figura 19 sono mostrate le estensioni di storage create. Alle estensioni viene assegnato un
nome generato automaticamente, che include il nome del volume di storage con un prefisso “extent_”.
Le estensioni di storage all’interno di VPLEX possono essere definite in varie configurazioni, in modo
da fornire configurazioni avanzate a scopi di ridondanza e affidabilità decisamente superiori a quelle
fornite dallo storage array sottostante.
Figura 19. Creazione di storage device virtuali
Per gli scopi dell’ambiente di test, è stata definita una relazione uno a uno tra volumi di storage, estensioni
di storage create su tali volumi e volumi virtuali di livello superiore. La Figura 20 illustra la selezione
delle tre estensioni definite. Va inoltre sottolineata la selezione della casella di controllo Create a Virtual
Volume on each device. Questa operazione definisce ciascuna estensione come volume separato
e completamente incapsulato, di cui è possibile eseguire il mapping sull’ambiente di server appropriato.
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Figura 20. Opzioni di selezione per la definizione dei volumi di storage virtuali
Configurazione dei dispositivi in una visualizzazione VPLEX
Dopo avere definito gli storage device incapsulati, è necessario includere i nuovi volumi virtuali creati in
una visualizzazione di accesso all’host. In questa istanza è stata definita una visualizzazione host esistente
“PRDCluster”. Tale visualizzazione di accesso all’host include gli initiator dell’host, le porte VPLEX
associate e i volumi virtuali preesistenti, come illustrato nella Figura 21. L’aggiunta di nuovi volumi
ha richiesto solo l’inserimento degli stessi nella visualizzazione esistente.
Figura 21. Modifica delle visualizzazione host per aggiungere volumi logici
Una volta aggiunti in nuovi volumi a una visualizzazione di storage, l’accesso all’host viene garantito
dagli host definiti. Nella configurazione testata l’ambiente host di destinazione era costituito da una
configurazione cluster di failover di Windows Server 2008 e includeva tutti gli initiator degli host sui
quattro nodi di Windows Server definiti all’interno del cluster.
L’utilizzo di una metodologia di visualizzazione dello storage riduce significativamente la complessità
per gli amministratori di storage e di sistema, poiché le visualizzazioni riducono il numero di operazioni
richieste. L’accesso ai nuovi elementi aggiunti ai volumi è garantito per tutti gli host associati.
Accesso agli host e registrazione
L’accesso ai volumi sarà possibile da tutti gli host definiti mediante l’inserimento dei relativi initiator nella
visualizzazione. In questa istanza tutti gli host costituiscono parte di una singola configurazione cluster di
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failover di Windows e saranno in grado di accedere al volume virtuale definito. Proprio perché gli ambienti
a dischi condivisi possono mostrare l’accesso immediato, gli ambienti Windows Server implementano una
policy predefinita per i dischi, che consente di mettere i nuovi storage device in modalità off-line. Questa
modalità può essere gestita sia tramite l’interfaccia utente di Disk Management che tramite l’interfaccia
della riga di comando DISKPART. In questa istanza, per convalidare l’incapsulamento degli storage device
e il processo di importazione, i dispositivi a disco sono stati portati in modalità on-line, come mostrato nella
Figura 22. I volumi incapsulati hanno fornito le stesse etichette dei volumi NTFS e gli stessi contenuti dei
dati di quando venivano direttamente presentati all’host originario.
Figura 22. Visualizzazione disco di Windows dei nuovi volumi collocati in modalità on-line
Tuttavia, poiché lo scopo finale è presentare i dispositivi in una macchina virtuale di Hyper-V e proteggere
l’availability delle macchine virtuali e l’istanza di SQL Server come una risorsa cluster, i dischi sono stati
in seguito portati off-line per essere configurati come risorse pass-through per un’istanza di SQL Server.
I dispositivi a disco sono stati quindi configurati come risorse per una macchina virtuale di Hyper-V,
definibile all’interno di un cluster di failover di Windows come macchina virtuale ad high availability.
Il processo viene spiegato in dettaglio nelle sezioni seguenti di questo white paper.
EMC VPLEX e i cluster di failover di
Microsoft Windows Server
Il clustering di failover di Microsoft Windows Server fornisce ai clienti una soluzione per la protezione
delle applicazioni aziendali. I cluster di failover possono scalare fino a 16 nodi di Windows Server
e supportare gli ambienti applicativi di ogni dimensione in uso presso i clienti. I componenti di clustering
vengono creati su una base di risorse di storage condivise. Il principio di progettazione del clustering
di failover di Windows richiede che lo storage utilizzato dall’applicazione sia accessibile da ognuno dei
nodi supportati al momento in cui il servizio delle applicazioni viene avviato o ripreso. Tali meccanismi
richiedono soluzioni di storage robuste e scalabili.
Il clustering di failover di Windows Server 2008 ha come obiettivo principale quello di mantenere
l’availability delle macchine virtuali nei casi in cui la macchina virtuale diventi indisponibile a causa di
un guasto imprevisto. Tuttavia, questo tipo di protezione non sempre implica che lo stato della macchina
virtuale verrà mantenuto durante le fasi di transizione. Un tipico esempio di tale protezione è il caso di
guasto a uno dei nodi fisici quando una o più macchine sono in esecuzione. Il clustering di failover di
Windows rileverà che le macchine virtuali non sono operative e che uno dei nodi non è più disponibile,
quindi tenterà di riavviare le macchine virtuali su uno dei nodi rimanenti all’interno della configurazione
cluster. Operazioni come la precedente richiedono un processo di riavvio e di conseguenza il riavvio
completo di tutte le applicazioni in esecuzione.
EMC VPLEX è un prodotto di storage federation compatibile con le configurazioni di cluster di
failover di Windows. Inoltre, poiché la storage federation avviene mediante i cluster VPLEX,
è possibile implementare soluzioni per cui lo storage sottostante potrebbe non essere conforme.
Ad esempio, il clustering di failover di Windows Server 2008 richiede sistemi di storage per supportare
le PGR (Persistent Group Reservation) SCSI-3 utilizzate per implementare la funzionalità di risoluzione dei
conflitti tra dispositivi come un componente della progettazione di high-availability. I sistemi di storage che
non fossero intrinsecamente dotati da tale funzionalità possono essere supportati da VPLEX in un ambiente
di cluster di failover di Windows 2008. Tutti i meccanismi conformi SCSI-3 vengono preservati
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dall’ambiente VPLEX tramite i volumi virtuali definiti. Il sistema di storage deve solo gestire il carico
di lavoro di I/O degli host e delle applicazioni, anziché l’eliminazione dei conflitti tra i volumi.
La soluzione di federation fornita da EMC VPLEX supporta e soddisfa completamente tutti i requisiti
del clustering di failover di Windows Server 2008. In realtà, poiché le soluzioni VPLEX sono progettate
in base a requisiti di scalabilità e connettività ridondante per gli ambienti applicativi più aggressivi,
costituiscono il naturale ampliamento della progettazione ad high availability fornita dal clustering
di failover di Windows.
Clustering di failover di Windows e Windows Hyper-V
Le implementazioni di Microsoft Windows Server Hyper-V vengono supportate sui cluster di failover di
Windows Server per fornire soluzioni per le applicazioni solide e ad high availability. Windows Hyper-V
utilizza funzionalità dell’ambiente di clustering di failover di Windows per potenziare ed estendere
determinate funzioni di availability e costituire una base per soluzioni quali Hyper-V Live Migration
e Cluster Shared Volumes (CSV).
Un’istanza delle macchine virtuali di Windows Hyper-V importata in una configurazione ad high
availability dovrà includere tutti gli storage device su disco correlati utilizzati dalla macchina virtuale stessa
e da qualsiasi applicazione all’interno della VM, in modo che la macchina virtuale possa essere gestita
correttamente. L’importazione di una macchina virtuale in un cluster Windows avviene con l’esecuzione
della procedura guidata di conversione fornita dall’interfaccia utente della Gestione cluster di failover di
Windows. La procedura guidata ad high availability non avrà esito positivo se non sarà possibile includere
tutto lo storage configurato per la macchina virtuale all’interno dell’ambiente in cluster. EMC VPLEX,
grazie alla funzionalità di visualizzazione dello storage, semplifica notevolmente questo processo
e migliora l’affidabilità. L’aggiunta successiva di storage device su disco richiede che anche il nuovo
storage venga configurato in maniera appropriata come storage condiviso all’interno del cluster.
Le macchine virtuali di Windows Hyper-V sono in grado di accedere agli storage device in molti modi.
Il più comune prevede il provisioning dello storage come VHD (Virtual Hard Drive) sulla partizione
principale e la successiva assegnazione alla macchina virtuale. Utilizzando questo metodo, lo storage
verrà visualizzato dalla macchina virtuale come collegato a livello locale. Si tratta di un metodo in genere
impiegato per l’area iniziale del sistema operativo. Lo storage può anche essere presentato direttamente
alla macchina virtuale mediante il sistema principale come destinazioni SCSI in cui tali dispositivi sono
configurati come storage pass-through. L’ultimo metodo per rendere accessibile lo storage alla macchina
virtuale consiste nell’implementazione di storage con collegamento iSCSI sulla macchina virtuale,
mediante l’infrastruttura di rete.
Nell’esempio, il provisioning degli storage device avviene sia come storage VHD per l’uso da parte della
macchina virtuale, sia come storage pass-through. Lo storage utilizzato dall’istanza di database SQL Server
di cui è stata eseguita la migrazione nell’ambiente VPLEX è stato definito come dispositivi pass-through.
Windows Hyper-V Live Migration
La migrazione delle macchine virtuali all’interno di un cluster, vale a dire una richiesta di
spostamento proattiva effettuata da un amministratore o da qualche strumento automatizzato, può sfruttare
le funzionalità di Windows Hyper-V Live Migration per ridurre eventuali indisponibilità delle applicazioni.
Tali richieste proattive consentono al meccanismo del clustering di failover di richiamare i processi
disponibili per coordinare e proteggere lo stato della macchina virtuale.
Quando viene eseguita una migrazione con Live Migration, il clustering di failover comincerà un processo
per la replica della configurazione della macchina virtuale e dello stato di memoria sul nodo di destinazione
della migrazione. Verranno eseguiti più cicli di replica dello stato di memoria, allo scopo di ridurre le
modifiche che devono essere replicate nei cicli successivi della replica di memoria. L’esecuzione di
questo processo di replica di memoria può essere visualizzato mediante la console della Gestione cluster
di failover. Poiché grazie alla connettività di rete è possibile eseguire un tempestivo trasferimento dello
stato, il processo di migrazione, come fase finale, sospenderà momentaneamente l’istanza della macchina
e trasferirà tutte le risorse su disco sul nodo di destinazione. Dopo questo processo, la macchina virtuale
riprenderà immediatamente l’elaborazione. Il passaggio della macchina virtuale deve essere completato
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22
in un intervallo di timeout TCP/IP, in modo da evitare qualsiasi perdita di connettività delle
applicazioni client.
Configurazione dello storage VPLEX come
Hyper-V pass-through
Nell’esempio delineato nella sezione “Inserimento di VPLEX in un ambiente SQL Server” i dispositivi di
database comprendevano tre volumi di storage. Tali volumi venivano presentati al cluster VPLEX, quindi
configurati come volumi virtuali incapsulati e presentati ai nodi all’interno del cluster di destinazione.
In una configurazione di cluster di failover di Windows che supporta macchine virtuali Hyper-V, si
consiglia di non distribuire le applicazioni come Microsoft SQL Server nelle partizioni principali. Di
conseguenza, è stata creata una macchina virtuale di Hyper-V per implementare l’ambiente di database
di SQL Server. Questo implica anche la configurazione degli storage device come storage pass-through
sulla macchina virtuale.
Figura 23. Aggiunta di storage device come risorse del cluster
Nella Figura 23, viene utilizzata la procedura guidata di aggiunta di un disco per iniziare il processo di
allocazione dei dispositivi supportati da VPLEX nella configurazione di cluster di failover di Windows.
La procedura guidata consente di implementare un controllo di convalida per accertare che solo gli storage
device condivisi tra tutti i nodi membri siano disponibili per essere aggiunti alla configurazione. Come
menzionato in precedenza, l’uso del meccanismo di visualizzazione dei volumi di storage di VPLEX
garantisce la corretta assegnazione di tutti i nodi ai volumi corretti. I tre volumi si vedono nella Figura 24.
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Figura 24. Storage device condivisi disponibili per tutti i nodi del cluster
Dopo avere selezionato tutti gli storage device applicabili, cosa che in questo esempio richiede i tre
volumi utilizzati per i file di database SQL Server, gli storage device vengono aggiunti all’elenco delle
risorse dei dischi nel cluster. È quindi necessario assegnare tali dispositivi alla macchina virtuale che
esegue l’istanza di database SQL Server. Nella Figura 25 gli storage device vengono assegnati alla
macchina virtuale “CSV1SRV1”. Tale assegnazione garantisce l’associazione degli storage device
alla macchina virtuale e nel caso in cui quest’ultima venga spostata per l’esecuzione in un diverso
nodo all’interno del cluster, lo storage su disco sarà accessibile.
Figura 25. Storage device in cluster assegnati a un’istanza di macchina virtuale
Oltre all’aggiunta delle risorse su disco come risorse in cluster, la definizione della macchina virtuale deve
essere modificata in modo da includere le risorse su disco come storage device collegati localmente, sotto
forma di storage device di tipo pass-through. Nella Figura 26 i tre storage device vengono definiti come
storage pass-through tramite la loro assegnazione a un controller SCSI come risorse del disco rigido
fisico. Questo processo rende lo storage su disco direttamente accessibile alla macchina virtuale.
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Figura 26. Definizione di storage device di tipo pass-through per la macchina virtuale
Poiché gli storage device originali contenevano volumi NTFS validi e i file di database SQL Server
all’interno dei volumi, convalidati nel momento dell’accesso ai dispositivi da parte dei nodi del cluster,
anche gli storage device di tipo pass-through visualizzeranno gli stessi attributi. La visualizzazione degli
storage device accessibili dalla macchina virtuale CSV1SRV1 è rappresentata nella Figura 27. Nella
visualizzazione si possono individuare le etichette dei volumi di storage originali, nonché eseguire le
normali operazioni di gestione dei dischi. Ad esempio, le assegnazioni delle lettere delle unità a disco
sono state modificate per i volumi NTFS all’interno della macchina virtuale, in modo che corrispondano
a quelle originariamente assegnate sul sistema di origine.
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Figura 27. Visualizzazione della gestione dei dischi dalla macchina virtuale
Se i volumi di storage sono accessibili e il software di SQL Server adatto è installato nella macchina
virtuale, è possibile eseguire il mounting dell’istanza di database SQL Server rappresentata dai file
collocati all’interno dei volumi. Per gli scopi dell’ambiente di test, la è stata utilizzata la stored
procedure sp_attach_db, la cui esecuzione è mostrata in Figura 28.
Figura 28. Collegamento di un ambiente di database SQL Server
L’istanza di database SQL Server risultante ha superato i test relativi a tutti gli scenari, incluse le
esecuzioni DBCC CHECKDB che hanno convalidato tutte le pagine dei dati e le strutture all’interno dei
file di database. La configurazione ottenuta si è rivelata una soluzione ad high availability per un ambiente
SQL Server.
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VPLEX Metro e i volumi condivisi nel cluster
Grazie ad availability e flessibilità migliorate, VPLEX Local consente ai clienti di implementare soluzioni
su più siti utilizzando la configurazione di VPLEX Metro. Si tratta di una configurazione multisito che
offre vantaggi impareggiabili all’interno delle soluzioni di clustering di failover di Windows, mediante
il supporto di solide configurazioni di tipo attivo/attivo.
Le tradizionali soluzioni di replica dello storage in blocco solitamente supportano solo l’accesso a storage
device sul sito di origine. La continua variabilità dei blocchi di dati sul sito di destinazione raramente ha
uno stato che ne consente l’utilizzo da parte delle applicazioni. A partire da Windows Server 2008 R2,
Microsoft supporta una funzionalità chiamata Cluster Shared Volumes o CSV. Progettato in particolare
per l’implementazione di soluzioni Hyper-V ad high availability, l’ambiente CSV consente a tutti i nodi
membri all’interno di una configurazione cluster di mantenere accesso diretto a uno spazio dei nomi
comune che rappresenta tali volumi condivisi. Generalmente il formato dello spazio dei nomi
è “C:\SharedStorage\”, allegato a un elemento significatore dello specifico volume per ogni CSV.
La soluzione CSV supporta configurazioni in cui i dischi rigidi della macchina virtuale o VHD possono
essere collocati insieme sugli storage device comuni. Viene scelto un nodo coordinatore tra i nodi membri
del cluster, che controllerà che ogni file VHD sia accessibile unicamente da un nodo, nello specifico dal
nodo che supporta correntemente la macchina virtuale. Per essere libero, il volume condiviso è totalmente
accessibile da tutti i nodi membri e solo ai VHD viene bloccato l’accesso al nodo che esegue la macchina
virtuale. In questo modo è possibile consolidare un numero elevato di VHD in un minor numero di CSV
e le macchine virtuali distribuite su tutti i nodi membri possono accedere ai rispettivi VHD da un singolo
volume di storage. Ogni nodo membro genera operazioni di I/O per lo storage device accessibile
localmente mediante gli HBA locali.
L’implementazione dei CSV in un cluster di failover di Windows fornisce la possibilità di creare
implementazioni di grandi dimensioni di macchine virtuali, limitando al contempo la complessità
gestionale che deriva da un numero elevato di volumi di storage discreti. Inoltre, l’accesso locale diretto
agli storage device da parte di tutti i nodi membri consente, in caso di spostamento o migrazione di una
macchina virtuale da un nodo all’altro, di fare a meno della funzionalità di risoluzione dei conflitti tra
dischi. In questo modo il tempo richiesto dal failover o da Live Migration si riduce considerevolmente
e i problemi associati alla registrazione dei dischi saranno meno gravi.
I CSV vengono supportati in configurazioni a distanza, ma questa soluzione non consente l’accesso
asimmetrico allo storage condiviso fornito mediante tipici storage device in blocco, di cui viene eseguita
la replica tra sistemi. Le implementazioni di CSV presuppongono la completa accessibilità degli storage
device indipendentemente dalla natura dei diversi siti.
VPLEX Metro fornisce supporto per configurazioni di storage attivo/attivo in implementazioni multisito,
grazie alla possibilità di definire i volumi di storage distribuiti utilizzando la tecnologia AccessAnywhere.
I volumi di storage distribuiti vengono configurati come dispositivi completamente accessibili per tutti
i cluster VPLEX e quindi per tutte le risorse collegate. Grazie all’utilizzo di un meccanismo avanzato per la
coerenza della cache, VPLEX Metro fornisce supporto completo per configurazioni multisito del clustering
di failover di Windows, impiegando i CSV con accesso attivo/attivo per tutti i nodi membri.
Inoltre, le configurazioni di VPLEX Metro supportano l’uso di storage array eterogenei su siti diversi.
Ciò consente ai clienti di selezionare lo storage array più adatto in ogni sito e di affidarsi ai cluster VPLEX
per semplificare la replica. Tradizionalmente la replica veniva invece collegata a una specifica funzionalità
dello storage array.
Definizione di un cluster di failover di Windows a distanza
Un singolo cluster di failover di Windows, distribuito su più siti distanti, consente ai clienti di disporre
di livelli eccezionali di high availability e disaster tolerance delle applicazioni. Il clustering di Microsoft
Windows è in grado di supportare tali configurazioni, ma richiede che lo storage condiviso definito
all’interno dell’ambiente sia effettivamente in grado di eseguire la replica dei dati tra i siti e di
coordinare l’accesso agli storage device in base alle necessità.
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Le configurazioni di EMC VPLEX Metro forniscono l’infrastruttura per il supporto delle configurazioni
distribuite del cluster di failover di Windows e forniscono inoltre supporto per gli storage device condivisi
di tipo attivo/attivo. Quest’ultima funzionalità consente il supporto dei cluster dislocati in siti distanti per
soluzioni come Windows Hyper-V e CSV.
L’ambiente di test è stato inizialmente definito per l’utilizzo di CSV, per 20 macchine virtuali su una
configurazione VPLEX Local. In principio sono stati configurati quattro dispositivi CSV per siti VHD
con sistema operativo, mentre quattro CSV sono stati configurati per i VHD associati alle applicazioni
utilizzate dalle macchine virtuali all’interno del cluster. I VHD del sistema operativo supportano ognuno
cinque VHD delle macchine virtuali, per cinque macchine virtuali discrete. I nomi delle macchine virtuali,
come appare nell’interfaccia di gestione del cluster di failover, sono stati definiti dal volume CSV utilizzato
per archiviare il VHD (da CSV1 a CSV4), quindi un ID univoco per l’istanza della specifica macchina
virtuale sul CSV (da SRV1 a SRV5). In questo modo è facile identificare CSV1SRV1 come la prima
istanza del server il cui file VHD è collocato sul primo volume di storage CSV.
La configurazione iniziale di VPLEX Local è stata potenziata aggiungendo un ambiente cluster VPLEX
remoto e quindi creando una configurazione VPLEX Metro. Questo ambiente di destinazione è illustrato
in Figura 29. La connettività tra siti è stata definita in modo ridondante e scalabile, similmente alla
configurazione della connettività front-end e back-end, come discusso in precedenza.
Figura 29. Configurazione geo-cluster con l’utilizzo di VPLEX Metro
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Nella configurazione definita, i dispositivi distribuiti erano supportati dallo storage locale, il cui
provisioning era effettuato su ciascun ambiente cluster VPLEX. Gli storage device distribuiti erano
collocati sull’array Symmetrix VMAX. I dati contenuti su questi volumi di storage venivano replicati
dalla funzionalità dei volumi distribuiti di VPLEX sullo storage il cui provisioning era effettuato
dall’array CLARiiON® CX4.
Creazione di storage device remoti
Per fornire risorse di storage locali, il provisioning degli storage device avveniva dall’array CX4,
per garantire la corrispondenza con i volumi di storage di origine. Poiché esistevano otto volumi
di storage definiti come storage device CSV, sono stati creati otto dispositivi corrispondenti.
I volumi di storage di CX4 sono illustrati in dettaglio nella Figura 30 e sono stati utilizzati per creare
estensioni dei volumi che corrispondono alla configurazione sulla configurazione di origine di VMAX.
Figura 30. Volumi di storage con provisioning effettuato tramite CLARiiON
Poiché gli storage device in questa istanza sono stati creati anch’essi come dispositivi incapsulati, in cui
l’estensione veniva creata solo da un singolo volume di storage, le dimensioni delle estensioni definite
sono state stabilite in modo che corrispondessero alle estensioni originarie. Nella Figura 31, le estensioni
corrispondono alle dimensioni dei dispositivi originali, pari a 250 GB ognuno.
Figura 31. Creazione di estensioni di storage
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Una volta create le estensioni di destinazione e implementata la connettività VPLEX Metro, i volumi
di storage originali potrebbero essere implementati come volumi distribuiti, che forniscono protezione
locale e remota in forma di dispositivi distribuiti sottoposti a mirroring (RAID 1).
Definizione di storage device distribuiti
La creazione di storage device distribuiti richiede che qualsiasi volume virtuale esistente sul dispositivo
da implementare come dispositivo distribuito venga rimosso. Questa operazione si rende necessaria per
implementare la definizione di un nuovo dispositivo che possa essere replicato. Il processo richiede quindi
che l’accesso al volume virtuale esistente cessi, per consentire la creazione dello storage device distribuito.
Grazie all’implementazione delle visualizzazioni di storage di VPLEX, il processo viene notevolmente
semplificato, poiché è possibile rimuovere i volumi virtuali da una visualizzazione, reimplementarli come
storage distribuito e reinserirli nella visualizzazione. I contenuti dei dati dei volumi virtuali esistenti
vengono conservati nel corso di tutto il processo e sono sottoposti automaticamente a mirroring sullo
storage device remoto.
Dato che i dispositivi esistenti sono già utilizzati nell’ambiente “PRDCluster”, è stato necessario mettere
in pausa o arrestare tutte le macchine virtuali su un determinato dispositivo CSV, poiché lo storage device
doveva essere ricostruito. Una volta messe in pausa o arrestate tutte le macchine virtuali per il dispositivo
CSV, il volume è stato collocato in modalità di manutenzione tramite la Gestione cluster di failover.
Questo processo colloca in effetti lo storage device off-line e sospende tutte le verifiche di sistema
per il dispositivo. Ciò consente di intervenire sul dispositivo in base alle esigenze e rende possibile
modificare in misura minima l’ambiente, per facilitare l’esecuzione delle variazioni richieste.
In Figura 32 il processo di definizione di un nuovo dispositivo distribuito è iniziato. Il processo guida
la definizione del nuovo dispositivo distribuito.
Figura 32. Creazione di un nuovo dispositivo distribuito
Prima delle fasi qui delineate, il volume virtuale esistente è stato rimosso dal dispositivo sottostante. In
questo esempio il dispositivo “Dev_MS_VOL_1” era il dispositivo originale utilizzato dal volume virtuale
che rappresenta il primo dispositivo CSV.
Per reimplementare il dispositivo locale come membro di un nuovo dispositivo distribuito, è necessario
aggiungerlo in qualità di membro del dispositivo distribuito, come illustrato in Figura 33. Il dispositivo
distribuito disporrà di un dispositivo con mirroring remoto rappresentato dal “device_CX4_377_LUN1_1”
sullo storage array CX4 remoto.
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Figura 33. Definizione del nuovo dispositivo distribuito
Lo storage device distribuito appena creato verrà chiamato “Windows_CSV_1” e sarà automaticamente
dotato di un volume virtuale appositamente definito.
Una volta completata la definizione dello storage device distribuito, sarà possibile visualizzare il
dispositivo e ottenere i dettagli relativi ai membri del dispositivo distribuito. La visualizzazione in
Figura 34 mostra i dettagli del dispositivo creato, incluse le estensioni dei componenti nei rispettivi
cluster dell’ambiente VPLEX Metro.
Figura 34. Visualizzazione dello storage distribuito appena creato
Dopo la creazione del nuovo dispositivo distribuito, il nuovo volume virtuale dovrà essere aggiunto
alla visualizzazione di storage appropriata. Per dare inizio al processo, si accede alla visualizzazione
tramite l’interfaccia di VPLEX e si seleziona l’opzione Add/Remove Virtual Volumes, come illustrato
in Figura 35.
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Figura 35. Aggiunta di un dispositivo distribuito alla visualizzazione di storage
Nella Figura 36 il dispositivo viene nuovamente aggiunto alla visualizzazione “PRDCluster”
e questo consentirà ai nodi del cluster di riottenere l’accesso allo storage device.
Figura 36. Aggiunta del nuovo volume virtuale alla visualizzazione di storage
Per completare il processo per la configurazione del cluster di failover di Windows è semplicemente
necessario disattivare la modalità di manutenzione on-line in cui si trova il dispositivo, quindi riavviare
o riprendere le operazioni sulle macchine virtuali. La trasformazione dello storage in uno storage device
distribuito è completata.
Abilitazione dell’accesso del nodo remoto
L’implementazione dei dispositivi in storage device distribuiti è un componente critico per la definizione di
un cluster dislocato in più siti supportato da VPLEX Metro. Per completare la configurazione, è necessario
implementare una visualizzazione di storage sul cluster VPLEX remoto, in modo da fornire l’accesso agli
storage device distribuiti. Il processo è identico a quello di definizione della visualizzazione di storage
iniziale e differisce unicamente per quanto riguarda i componenti esclusivi del sito (indirizzi degli
initiator host, porte del cluster VPLEX e così via).
Poiché gli storage device distribuiti sono identificati come gli stessi storage device nei siti locali e remoti,
non sono necessarie ulteriori modifiche alla configurazione del cluster di failover di Windows. In effetti, la
configurazione dei cluster è totalmente inconsapevole del fatto che gli storage device sono distribuiti. Tutti
i nodi membri tratteranno gli storage device come se fossero storage device locali. Tutti i meccanismi del
cluster di failover di Windows si applicano ai dispositivi distribuiti nello stesso modo in cui sono applicati
allo storage locale.
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Funzionalità aggiuntive del cluster VPLEX Metro
Oltre alle funzionalità precedentemente delineate, fornite dalle configurazioni di VPLEX Metro,
numerose altre funzioni offrono valore aggiunto agli ambienti del cluster di failover di Windows. Oltre a
fornire supporto per gli storage device distribuiti, VPLEX Metro fornisce supporto per una configurazione
in cui gli storage device disponibili in un sito possono essere resi accessibili agli host collocati in un sito
remoto. A differenza degli storage device distribuiti di cui si è discusso in precedenza, i volumi esportati
non richiedono l’allocazione dello storage remoto.
Volumi esportati
Spesso i clienti hanno necessità di fornire accesso remoto ai dati collocati su sistemi di storage in un unico
sito. A volte si tratta di una necessità legata all’esigenza di fornire funzionalità di generazione report o di
estrarre i dati sui sistemi remoti. Non è quasi mai indispensabile conservare i dati nel sito remoto, quindi
anche il provisioning dello storage è una necessità limitata e a volte nulla. In questi casi, i volumi esportati
rappresentano un vantaggio unico fornito dalle configurazioni di VPLEX Metro.
Nello scenario del test per l’incapsulamento dei dispositivi di SQL Server, gli storage device vengono
presentati solo dallo storage array Symmetrix VMAX sottostante. Inoltre, questi dispositivi non sono stati
definiti come storage device distribuiti, di conseguenza rimangono accessibili solo ai nodi locali all’interno
del sito in cui è collocato il sistema Symmetrix VMAX.
Nella Figura 37, i dispositivi incapsulati locali vengono definiti come volumi esportati. Ciò consente
effettivamente al cluster VPLEX remoto, che è collocato sul sito remoto, di fornire accesso ai volumi
esportati come se si trattasse di dispositivi locali. Tutte le operazioni di I/O verranno gestite tramite
l’interconnessione del cluster VPLEX tra i due cluster VPLEX.
Figura 37. Definizione dei volumi virtuali come dispositivi esportati
Questa fase conferma che i volumi selezionati verranno esportati sul cluster VPLEX remoto, come
illustrato in Figura 38. I volumi appariranno quindi all’interno del cluster VPLEX remoto e diventeranno
disponibili come risorse di storage che possono essere incluse nelle visualizzazioni di storage.
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Figura 38. Conferma dei volumi esportati
Una volta che i volumi esportati sono accessibili in corrispondenza del cluster VPLEX remoto, sarà
necessario includere questi nuovi volumi all’interno della visualizzazione che gestisce l’accesso ai nodi.
Per i nodi “remoti” definiti all’interno della configurazione, la visualizzazione di gestione dell’accesso era
“RMTCluster”. Nella Figura 39 viene illustrato l’inizio del processo di aggiunta dei volumi esportati, per
consentire l’accesso ai nodi interni al sito.
Figura 39. Aggiunta di volumi esportati nella visualizzazione cluster remoti
Poiché i volumi appena esportati sono gli unici volumi che non sono stati definiti nella visualizzazione
e poiché è necessario fornirli a tutti i nodi all’interno del cluster, nella Figura 40 i tre volumi esportati sono
stati tutti aggiunti alla visualizzazione.
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Figura 40. Selezione dei volumi esportati
Dopo il completamento di questo processo, sarà necessario utilizzare la funzione di Gestione disco di
Windows per rieseguire una scansione per i nuovi dispositivi su ciascun nodo o, in alternativa, riavviare
i server. I dispositivi appena presentati diventeranno accessibili. Il clustering di failover di Windows
riconoscerà automaticamente i nuovi dispositivi aggiunti come risorse dei dischi del cluster.
La funzionalità completa del clustering di failover di Windows sarà disponibile per i volumi esportati,
poiché appariranno totalmente accessibili come risorse dei dischi locali. In questo modo sarà possibile
spostare i gruppi delle risorse del cluster che contengono gli oggetti di storage tra i siti, incluse le
operazioni di Hyper-V Live Migration, se tali volumi sono utilizzati dalle macchine virtuali.
Ovviamente l’accessibilità dei volumi esportati dipende dall’availability del cluster VPLEX e dal sistema
di storage che conserva i dati. Nel caso in cui il sito proprietario diventi inaccessibile, i volumi esportati
diventeranno anch’essi inaccessibili. Si tratta di una circostanza diversa da quella dei volumi distribuiti
che sono definiti per disporre di copie mirror locali.
L’uso di volumi esportati all’interno di un cluster di failover di Windows e per i server Windows in
genere viene completamente supportato. Questa funzionalità fornisce una soluzione praticabile in scenari
in cui non si desidera fornire una copia duplicata completa al sito remoto, ma limita l’high availability
a condizioni in cui è disponibile l’accesso completo al cluster proprietario.
Conclusioni
EMC VPLEX Local e VPLEX Metro introducono una nuova strategia per quanto riguarda le soluzioni
di storage federation per applicazioni come Microsoft SQL Server e Microsoft Hyper-V. Forniscono un
significativo valore aggiunto ai clienti grazie al supporto per la gestione dinamica degli storage device.
Tra i vantaggi offerti vi sono:
•
Supporto della storage federation su un numero di sistemi di storage eterogenei, che consente
agli amministratori di distribuire le applicazioni su più storage device e di eseguirne la
migrazione dinamica.
•
Supporto di storage array eterogenei in un sistema VPLEX Metro
•
Supporto di volumi esportati che forniscono accesso al sito remoto senza requisiti di storage locale
•
Pieno supporto per il clustering di failover di Windows
•
Supporto potenziato per il clustering multisito in configurazioni di tipo attivo/attivo. Soluzioni
avanzate per Hyper-V e CSV
Queste nuove tecnologie forniscono una modalità più semplice ed affidabile di eseguire il provisioning
dello storage in ambienti Microsoft Windows Server, SQL Server e Hyper-V e consentono una mobilità
dei dati scalabile e flessibile tra livelli di storage, su diversi siti e sistemi di storage.
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