Alessandro Solbiati Trieste – L’arte della composizione di Alessandro Solbiati, una vita nella forma della musica. Io sono uno che non sa vivere senza scrivere, che vive tutti i giorni scrivendo, dò corpo alle mie energie, ai miei fantasmi proiettandoli in musica, la definizione più corretta è: uno che non sa vivere senza fare musica… Alessandro Solbiati: La prima cosa che mi ha colpito di questo testo è stato il confronto violento Uomo – Morte Trieste – L’arte della composizione di Alessandro Solbiati, una vita nella forma della musica. Tramuta il respiro dell’anima in scrittura musicale, astrazioni corporee in cui dimora l’inafferrabile. A 52 anni dopo numerosissime composizioni sinfoniche e cameristiche la sua prima opera “Il Carro e i Canti” commissionata dalla Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” di Trieste e andata in scena in prima assoluta, dal 17 a 24 aprile 2009, proprio al teatro lirico triestino dove lo abbiamo incontrato. Il Carro e i Canti, può essere intesa come una metafora razionale sulla fragilità esistenziale? Si, la reazione dell’uomo dinanzi alla morte è uno dei tanti aspetti che emergono dall’opera, il rapporto Uomo – Morte è una realtà esistenziale che si vuole rimuovere in tutti i modi e a tutti i costi. Non sono un uomo tragico e non penso in senso tragico, ma la morte dovrebbe far parte della vita. L’opera è poi una sorta d’allegoria sulla superficialità del mondo d’oggi che sceglie di festeggiare per pensare il meno possibile, quindi l’idea di mettere in scena una festa durante la peste serve anche a dare questa immagine. E’ la messa in atto di una protezione? La festa è sicuramente una protezione, un atto di rimozione del nostro mondo sempre in festa, quindi protezione. Avvicinare un testo di Puskin e “tradurlo” in “testo sonoro” cosa vuol dire? La prima cosa che mi ha colpito di questo testo, che non conoscevo, è stato il confronto violento Uomo – Morte. Ma quando ci nuoti dentro per mesi riesci a coglierne gli infiniti aspetti come quello di una struttura e di una simmetria veramente architettonici, come se fosse una volta gotica attorno al passaggio del “carro” che è il centro geografico di Puskin e il centro temporale della mia opera. Molto simbolicamente l’intera struttura ruota intorno ai due canti, – ecco perché ho cambiato anche il titolo, mi sembrava di emettere più in rilievo la struttura puskiniana – i due canti sono la rappresentazione della dicotomia che alimenta l’intera vicenda, l’uno è la nostalgia, l’altro è il tentativo sarcastico di rovesciare le cose, di inneggiare la morte. Quattro personaggi, due uomini, uno baldanzoso e uno pensoso, e due donne, una sarcastica e una nostalgica, due atteggiamenti, due reazioni contrarie, una struttura di relazioni in cui i due canti sono esattamente simmetrici intorno al carro… Un sistema binario…. Si, una specie si sistema binario moltiplicato, io nel mio cuore la definivo una specie di architettura del dolore. Cosa sente un compositore quando la sua arte prende vita su un palcoscenico? Io ho scritto musica sinfonica, cameristica, ma questa è la mia prima opera, c’è molta differenza. Il colpo forte è stato il primo giorno di prove in teatro. Aver sognato qualcosa per quasi un anno e poi vedere circa 150 persone lavorare per quell’idea, e vedere quell’idea incarnarsi attraverso il lavoro meraviglioso di tante persone, quella… è una botta al cuore. Possiamo dire la follia dell’uomo nella genialità dell’artista? In questo caso chi è l’artista? Lei maestro. No, mi stava tirando dentro…. Io sono uno che non sa vivere senza scrivere, che vive tutti i giorni scrivendo, dò corpo alle mie energie, ai miei fantasmi proiettandoli in musica, la definizione più corretta è: uno che non sa vivere senza fare musica. Ha mai scritto, composto colonne sonore, musica da film? No, semplicemente perchè non me lo ha mai chiesto nessuno, è un modo un po’ a se, molto protetto. La ringrazio per questa domanda, che di solito non viene mai fatta, vede, il mondo dei timbri, dei suoni, della musica mi lasci dire “colta” anche se è un aggettivo che detesto, si presterebbe moltissimo ad alzare il tono della musica da film senza spaventare nessuno, sarebbe molto bello ma si continua a pensare alla vecchia maniera, considerandoli due mondi separati, questo un po’ mi spiace. Cosa si aspetta in futuro in campo operistico? Devo scrivere una seconda opera per il Teatro Regio di Torino, in realtà è una commissione precedente a questa ma con tre anni di preavviso. L’argomento, molto forte anche in questo caso, è la leggenda de “Il grande inquisitore” (da I fratelli Karamazov) di Dostoevskij, il titolo sarà proprio “Leggenda “ e andrà in scena nel settembre del 2011. di Antonella Iozzo © Produzione riservata ( 04/05/2009) Articolo correlato: Da Solbiati a Berio – Intervista Alda Caiello Immagine: Alessandro Solbiati , foto di Cristina Moregola Bluarte è su https://www.facebook.com/bluarte.rivista e su Twitter: @Bluarte1 - Sito internet: www.bluarte.it