www.rivistabancaria.it MINERVA BANCARIA RIVISTA BANCARIA N. 2-3/2012 RIVISTA BANCARIA ANNO LXVIII ISTITUTO DI CULTURA BANCARIA «FRANCESCO PARRILLO» Marzo-Giugno 2012 Tariffa Regime Libero:-Poste Italiane S.p.a.-Spedizione in abbonamento Postale-70%-DCB Roma 2-3 RIVISTA BANCARIA MINERVA BANCARIA COMITATO SCIENTIFICO (Editorial board) PRESIDENTE (Editor): GIORGIO DI GIORGIO, Università LUISS - Guido Carli, Roma MEMBRI DEL COMITATO (Associate Editors): Per rinnovare o attivare un nuovo abbonamento effettuare un versamento su: c/c postale n. 17944208 (IBAN IT 30 G 07601 01600 000017944208) c/c bancario n. 32703 UBI - Banco di Brescia Via Silvio Pellico 10 - Milano (IBAN IT 83 C 03500 01630 000000032703) ADALBERTO ALBERICI, Università di Milano GIOVANNI FERRI, Università di Bari PIETRO ALESSANDRINI, Università Politecnica delle Marche LUCA FIORITO, Università di Palermo PAOLO ANGELINI, Banca d’Italia MICHELE FRATIANNI, Indiana University oppure inviare una richiesta a: PIERFRANCESCO ASSO, Università di Palermo EUGENIO GAIOTTI, Banca d’Italia CONCETTA BRESCIA MORRA, Università del Sannio GUR HUBERMANN, Columbia University [email protected] FRANCESCO CANNATA, Banca d’Italia DONATO MASCIANDARO, Università Bocconi, Milano ALESSANDRO CARRETTA, Università di Roma, Tor Vergata FABRIZIO MATTESINI, Università di Roma, Tor Vergata NICOLA CETORELLI, Federal Reserve Bank of New York PINA MURÈ, Università di Roma, Sapienza FABIANO COLOMBINI, Università di Pisa FABIO PANETTA, Banca d’Italia MARIO COMANA, Università LUISS – Guido Carli Roma ALBERTO FRANCO POZZOLO, Università del Molise RITA D’ECCLESIA, Università di Roma, Sapienza ZENO ROTONDI, Unicredit Group GIAMPAOLO DELL’ARICCIA, International Monetary Fund ANDREA SIRONI, Università Bocconi, Milano GIANNI DE NICOLÒ, International Monetary Fund MARIO STELLA RICHTER, Università di Roma, Tor Vergata CARMINE DI NOIA, Assonime MARTI SUBRAHMANYAM, New York University LUCA ENRIQUES, Consob ALBERTO ZAZZARO, Università Politecnica delle Marche COMITATO ACCETTAZIONE SAGGI E CONTRIBUTI: GIORGIO DI GIORGIO (editor in chief) - ALBERTO POZZOLO (co-editor) MARIO STELLA RICHTER (co-editor) - DOMENICO CURCIO (assistant editor) ISTITUTO DI CULTURA BANCARIA intestati a: Editrice Minerva Bancaria s.r.l. 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Via Silvio Pellico, 12 – 20121 MILANO – Tel. 02/8052146 – Fax 02/867391 e.mail: [email protected] PRESIDENTE CLAUDIO CHIACCHIERINI (Pubblicità inferiore al 70%) CONSIGLIO CARLO BELLINI, TANCREDI BIANCHI, MARIO CATALDO, GIAN GIACOMO FAVERIO, ANTONIO FAZIO, GIUSEPPE GUARINO, ANTONIO MARZANO, PINA MURÈ, FULVIO MILANO, GIOVANNI PARRILLO, CARLO SALVATORI, MARIO SARCINELLI, FRANCO VARETTO Autorizzazione Tribunale di Milano 6-10-948 N. 636 Registrato Proprietario: Istituto di Cultura Bancaria “Francesco Parrillo”, Milano Gli articoli firmati o siglati rispecchiano soltanto il pensiero dell’autore e non impegnano la Direzione della Rivista. Per le recensioni, i libri vanno inviati in duplice copia alla Direzione. È vietata la riproduzione degli articoli e note senza preventivo consenso della Direzione. Segretario LUIGI BELLINI Fotocomposizione, stampa e allestimento SEA s.r.l. Via Bruno Pontecorvo, 14 - Loc. Setteville 00012 Guidonia Montecelio (Rm) Tel. 06 227581 In copertina: “Un banchiere e sua moglie” di Marinus Van Reymerswaele (1493 c. - 1567) Musée des Beaux Arts - Nantes Finito di stampare nel mese di giugno 2012 00 sommario_1_2_001_Sommario.qxd 06/06/12 15.37 Pagina 1 RIVISTA BANCARIA MINERVA BANCARIA ANNO LXVIII (NUOVA SERIE) MARZO-GIUGNO 2012 N. 2-3 SOMMARIO G. DI GIORGIO L. ARCIERO M. CACCAVAIO J. CARMASSI G. DI GIORGIO M. SPALLONE M. CALZOLARI Editoriale Le “nuove” banche centrali: obiettivi, strumenti, responsabilità » 3 Saggi Evaluating the impact of shock in the supply of overnight unsecured money market funds on the TARGET2-Banca d’Italia functioning: a simulation approach » 7 » 31 Interventi Frammentazione dei mercati e marginalizzazione della piazza finanziaria italiana » 69 Contributi SMEs and the challenge to go public Rubriche Il sistema delle agevolazioni creditizie per gli artigiani e le PMI gestito da Artigiancassa: analisi e prospettive (G. Ienzi) » 79 Sistemi di rating e processo override: quali implicazioni per le politiche creditizie delle banche (A. Cordani - I. Gianfrancesco) » 82 Differenza nel comportamento a contenzioso di crediti erogati correttamente e scorrettamente (A. Barazzetti) » 94 Le frodi creditizie non conoscono crisi (Osservatorio Crif) » 114 Bankpedia: Finanza derivata ed enti locali italiani (C. Oldani); Sostenibilità d’impresa (V. Gentile) » 117 Recensioni P. Savona, Eresie, esorcismi e scelte giuste per uscire dalla crisi. Il caso Italia (L. Paliotta) » 125 F. Colombini - A. Calabrò, Crisi Finanziarie. Banche e Stati. L’insostenibilità del rischio di credito (E.M. Cervellati) » 129 C.M. Reinhart - K.S. Rogoff, Questa volta è diverso.Otto secoli di follia finanziaria (G.N. De Vito) » 133 Presidente del Comitato Scientifico: Giorgio Di Giorgio Direttore Responsabile: Giovanni Parrillo Comitato di Redazione: Eloisa Campioni, Mario Cataldo, Vincenzo Formisano, Stefano Marzioni, Giovanni Scanagatta, Giuseppe Zito e.mail: [email protected] Amministrazione: Editrice Minerva Bancaria S.r.l. - Via Silvio Pellico, 12 - 20121 Milano - tel. 02/8052146 - fax 02/867391 Spedizione in abbonamento postale - Pubblicazione bimestrale - 70% - Roma ISSN: 1594-7556 Econ.Lit 14 rec_125_134_Layout 1 07/06/12 10.16 Pagina 125 RECENSIONI P. SAVONA, Eresie, esorcismi e scelte giuste per uscire dalla crisi. Il caso Italia, Soveria Mannelli, Rubettino, 2012, pp. 104, euro 12. È sufficiente scorrere il Prologo di questo pamphlet per capire subito a quale crisi si riferisce il prof. Savona e soprattutto qual è l’approccio che egli predilige per mettere a fuoco le cause che sono alla base dei recenti accadimenti economici italiani. Nel trattare una materia che ha implicazioni politiche e sociali, sovente anche drammatiche, egli usa infatti un linguaggio accattivante che oscilla tra lo spicciolo, l’ironico e lo scherzoso. I mali dell’Italia (alto debito pubblico, istruzione insufficiente, comportamenti carenti di carattere-sincerità-serietà) sono atavici, secondo l’A., se già Giolitti nel 1899 e Prezzolini nel 1908 li mettevano in evidenza. Come dire che forse essi affondano le radici nella nostra antropologia culturale. Se sulla natura della crisi del 1929-33 ancora oggi si discute, su quella iniziata nel 2007 vi è ampio consenso. Le cause degli squilibri monetari e finanziari non sono state individuate per tempo in quanto si è creduto troppo nella perfetta razionalità dei mercati. L’A. sostiene che la crisi si è estesa all’economia reale per l’ingresso sul mercato di oltre tre miliardi di nuovi lavoratori a basso costo che hanno fatto aumentare la domanda di materie prime ed anche l’offerta di beni finali creati dai nuovi produttori. La diagnosi più accreditata vede l’inizio della crisi nell’enorme crescita dei crediti sub-prime negli Usa. In particolare, due banche a statuto pubblico hanno concesso mutui per l’acquisto di abitazioni senza valutare l’effettiva capacità di rimborso dei mutuatari. Ma rispetto ad analoghe esperienze del passato, questa volta la finanza innovativa ha confezionato titoli derivati costituiti da quote di sub-prime miscelate ad altri titoli a medio basso rischio. Inoltre, le agenzie di rating, invece di svolgere un ruolo obiettivo, hanno espresso una valutazione positiva che ha permesso la vendita del prodotto finanziario creando una “piramide di carta” incommensurabile. L’ubriacatura finanziaria si è trasmessa all’economia reale. La facilità di ottenere finanziamenti e mutui edilizi ha indotto gli operatori a speculare nel settore delle costruzioni. Redditi, consumi e occupazione sono cresciuti artificialmente ed i governi, consapevoli o no, ne hanno tratto vantaggi politici. L’eccesso di consumi ha fatto crescere il disavanzo della bilancia commerciale americana e indebolito il dollaro. Le casse cinesi si sono gonfiate di dollari ed anche per diversificare il portafoglio la Cina ha iniziato a convertire i dollari in euro dando ancora più forza all’euro, tant’è che esso ha sfiorato il rapporto di 1,6 nei confronti del dollaro. Le esportazioni europee non sono state penalizzate perché la domanda mondiale tirava e taluni prodotti di alta qualità hanno re- RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 2-3/2012 125 14 rec_125_134_Layout 1 07/06/12 10.16 Pagina 126 RECENSIONI sistito all’apprezzamento dell’euro. Se ne dedusse che questo apprezzamento fosse irrilevante per lo sviluppo dell’Europa. La grande crescita dei paesi asiatici, i ritmi sostenuti degli Usa e quelli soddisfacenti dell’Europa hanno spinto il mondo a vivere uno dei momenti di maggior sviluppo della storia moderna. Gli economisti americani - si pensi ai Nobel Sargent e Sims e alla teoria delle “aspettative razionali” - credevano di aver scoperto la pietra filosofale che tramuta tutto in oro. Ma il risveglio è stato per tutti drammatico. Nell'aprile 2007 un fondo d'investimento francese dichiarò di non poter fronteggiare il rimborso delle quote di partecipazione perché aveva investito in derivati che contenevano crediti sub-prime che non erano stati rimborsati, finendo per “intossicare” anche quelli sani con cui coabitavano. Dall’inventario di tali crediti è scaturita la decisione delle banche e delle finanziarie di non farsi più credito reciproco e di diminuire quello concesso alla clientela. Se i crediti sub-prime non fossero stati usati dalla finanza speculativa, con il beneplacito delle agenzie di rating, forse il mercato globale sarebbe stato colpito in misura molto minore. Ma banche, finanza e autorità non erano in condizione di capire la gravità della crisi e quando questa è venuta alla luce hanno iniziato a discutere di “azzardo morale” perpetrato dagli operatori. Per dare una lezione al mercato, si è lasciata fallire la Lehman Brothers con un costo totale quattro volte superiore a quello che gli Usa avrebbero sopportato se avessero garantito il rimborso dei 2.000 miliardi di dollari di crediti sub-prime. Le autorità monetarie e di controllo americane, 126 secondo l’A., si sono caricate di responsabilità che oggi tentano di scaricare solo sulle banche e sulle finanziarie. Anche l’Europa ha accusato le banche di non aver capito per tempo gli effetti dell’inondazione finanziaria americana, ma, quando la solvibilità di alcuni debiti sovrani è stata messa in dubbio, essa, invece di fare da prestatore di ultima istanza, ha tirato fuori idee di rigore ed egoismi nazionali mai sopiti. La crisi è stata quindi trasferita dal settore privato a quello pubblico spostando i rischi di non rimborso dei debiti sui titoli statali. Le banche italiane all’inizio sono rimaste immuni dalle conseguenze patite dalle banche estere, ma la trasmissione degli squilibri finanziari all’economia reale ha accresciuto le insolvenze sui crediti e fatto flettere il rendimento del capitale proprio in un momento in cui gli accordi internazionali ne chiedevano l’aumento. La caduta del saggio di crescita reale ha ridotto le entrate e aumentato le spese sociali, peggiorando la finanza pubblica. Inoltre, l’Europa ha chiesto di intervenire con politiche deflattive. I vecchi e i nuovi problemi dell’Italia si sono sommati. Sull’onda delle emozioni gli effetti negativi si moltiplicano tant’è che si è giunti ad accusare l’Italia d’essere l’epicentro della crisi europea, trascurando il fatto che l’euro è di costituzione debole in quanto politicamente “zoppo”. Nel quadrante europeo c’è uno scambio di accuse fra i singoli paesi membri e l’Unione Europea. Così come a livello mondiale gli Usa accusano la Cina e viceversa. Ogni Stato insomma rivendica il diritto di sbagliare da sé, immemore degli errori compiuti in passato. Per sanare la crisi in atto, ognuno in Italia ha la sua ricetta, anche se essa rispon- 14 rec_125_134_Layout 1 07/06/12 10.16 Pagina 127 RECENSIONI de più agli interessi di parte che a quelli generali. In particolare, c’è chi dà la colpa alla concorrenza globale sfrenata, chi all’euro, chi al Patto di stabilità senza sviluppo, chi all’immigrazione extra-comunitaria, chi alle ruberie ed alle evasioni fiscali, chi alla scuola, alla malasanità, ai servizi pubblici, alla legge elettorale. Pochi italiani sono disposti ad accettare la necessità di cambiare modalità di vita a causa dei profondi mutamenti geopolitici avvenuti dopo la caduta del Muro di Berlino e l’ascesa dei paesi emergenti. Il capitalismo oggi sopravvive spingendo verso il basso i salari, soprattutto nei paesi a democrazia carente, e puntando sulle infinite possibilità della finanza. Quando poi le cose vanno male si invoca l’intervento pubblico, secondo la più classica logica di privatizzare i profitti e socializzare le perdite. Attività e passività finanziarie sono contabilmente speculari per cui basta chiamare attività ciò che è passività (qui sta il trucco, secondo l’A.) e la gente crede di essere più ricca. Quando la finanza è esplosa aveva raggiunto la dimensione di oltre una dozzina di volte il prodotto reale globale ed ha richiesto il trasferimento delle perdite dal settore privato a quello pubblico che già di per sé era avviato sulla via del default. Crollato il regime di Bretton Woods prima e il Muro di Berlino dopo, il mondo si è trovato nella quasi anarchia istituzionale dove l’uomo non è più governato da leggi ma da altri uomini che governano l’economia globale secondo nuove regole, scritte e non, che se non applicate portano le società di valutazione ad assegnare alle democrazie un rating di non collocabilità sul mercato del loro indebitamento. Secondo uno studio americano, il 96% delle transazioni in derivati viene deciso da cinque grandi banche su sette miliardi di abitanti del Pianeta. Ma se guardiamo in casa nostra, si nota come in ciascuna delle risposte date dagli italiani ci sia un pizzico di verità. Però nessun italiano si domanda se è lui stesso parte del problema, perché siamo convinti che “Italiani sono sempre gli altri” (Francesco Cossiga, Mondadori, 2007). Nel recente passato si è guardato al mercato come supremo produttore di benessere ma anche di insoddisfazioni. Si torna perciò a bussare alla porta della politica perché il cittadino è preoccupato non tanto per sé quanto per il futuro dei figli. La percezione della maggioranza è che siamo in declino ma quella che veramente conta proviene dalla Borsa valori, dominata dalle interpretazioni che i media danno del loro paese, ben sfruttate da quei pochi operatori che dettano il bello e il cattivo tempo sul mercato. Nel luglio 2011, prima che l’Italia entrasse nel mirino della speculazione mondiale, il deficit della sua bilancia commerciale era tre volte inferiore a quello della Gran Bretagna. Il deficit del bilancio pubblico rispetto al Pil era la metà di quello inglese. La disoccupazione nei due paesi era quasi pari. La crescita reale avvantaggiava di poco gli inglesi mentre l’inflazione li penalizzava essendo il doppio di quella italiana. Epperò l’Italia pagava sul proprio debito pubblico decennale un interesse di un terzo maggiore rispetto a quello inglese. Parte la speculazione e lo spread dei BTP italiani rispetto ai Bund tedeschi sale a oltre il doppio del valore iniziale. La vera diversità che giustifica questo diverso trattamento tra Italia e Regno Uni- RIVISTA BANCARIA - MINERVA BANCARIA N. 2-3/2012 127 14 rec_125_134_Layout 1 07/06/12 10.16 Pagina 128 RECENSIONI to sta nel rapporto tra debito pubblico e prodotto nazionale che per noi è del 120% e per loro dell’80%. Epperò la ricchezza delle famiglie italiane, che è una garanzia per il debito italiano, è più elevata rispetto a quella posseduta dalle famiglie inglesi. Ed allora, perché il nostro debito pubblico è a rischio di insolvenza e quello inglese no? Qualcosa dunque non funziona nel mercato per le norme e le persone che lo governano. Con questo lavoro, il prof. Savona mira proprio all'accertamento di queste discrasie. Egli esamina le decisioni di politica economica susseguitesi in Italia dalla nazionalizzazione dell’industria elettrica in poi, definendole “eresie”, ossia dottrine contrarie ai dogmi della razionalità economica, le quali hanno dato vita a puri “esorcismi”, cioè riti che hanno lasciato le cose come prima. Infatti, nonostante le promesse di tagli, la spesa pubblica è continuata a crescere imperterrita, con maggior forza della pressione fiscale, facendo così lievitare l’indebitamento pubblico. Lo Stato si è impossessato di metà del reddito annuo del paese e non pare ancora soddisfatto. La “manovra”, secondo l’A., è la madre di tutti i mali. La crisi che stiamo vivendo deriva dagli errori commessi dagli Usa quando, dopo Bretton Woods, non hanno adeguato le regole 128 sul piano della moneta e dei cambi, nonché dall’UE quando, dopo il Trattato di Maastricht, non ha attuato il disegno di unificazione politica che l’aveva indotta a creare l’euro. Egli ammette che l’Italia ha le sue colpe, ma esse sono solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso, già colmo di squilibri economici e dissapori mondiali sul da farsi. Il lavoro, dopo aver indicato le “scelte giuste” da prendere per riportare l’Italia sul sentiero della ripresa produttiva e dell’occupazione, si chiude con un esame critico della manovra Monti e delle decisioni prese a Bruxelles il 9 dicembre 2011. Lo stesso A. avverte che tutto quello che ha scritto è solo un esercizio. Non può essere la verità, perché secondo la scienza moderna la verità non esiste e intorno ad essa si può solo discutere (K. Popper). In altre parole, l’economia ha una scatola nera dove è difficile scrutare dentro per tentare di vederci chiaro. Da questo punto di vista, il volume del prof. Savona, rappresenta un tassello importante in questa ricerca continua, un monito per tutti per individuare le cause originarie piuttosto che i loro effetti. (Lorenzo Paliotta)